La Provincia dell’Umbria dei frati minori Cappuccini ha di recente dato alle stampe il volume L’arte dei Cappuccini dell’Umbria, frutto di un lavoro di ricognizione e catalogazione di tutto il patrimonio mobile a oggi conservato presso i conventi sparsi sul territorio regionale. “Di convento in convento abbiamo preso coscienza di una ‘collezione’ alquanto ricca di opere d’arte, la maggior parte delle quali mai o poco studiata, detenenti una qualità di tutto rispetto” scrive nella presentazione Marco Droghini, lo storico dell’arte che, insieme alla restauratrice Daniela De Ritis, ha portato avanti il lavoro, coadiuvato da fra’ Daniele Giglio, responsabile per la tutela del patrimonio culturale della provincia, e su particolare interesse di padre Antonio Maria Tofanelli, ministro provinciale dei Cappuccini dell’Umbria. Nel giro di due anni e mezzo è stato ispezionato tutto il patrimonio, valutandone lo stato di conservazione e schedando dipinti, mosaici, disegni, incisioni, cornici di quadri, sculture, paramenti liturgici, arredi sacri, oreficeria, oggetti d’uso quotidiano e varie suppellettili. Scoprendo che – sottolinea ancora Droghini – “si tratta solo di una minima parte di quanto esistente nel passato, soprattutto se riferita al periodo di massima floridezza, cioè al Settecento”. Il patrimonio della provincia dei Cappuccini nei secoli successivi fu infatti oggetto di una forte diaspora dei propri beni mobili e immobili, sia a seguito della soppressione degli Ordini religiosi che per le requisizioni napoleoniche.
Dalla ricerca risulterebbero dispersi circa gli 8/10 dell’antico patrimonio. “Fattore questo – spiega ancora Droghini – che crea seri problemi nella ricostruzione filologica dell’arte dei Cappuccini in Umbria”. Nel volume l’autore ha voluto introdurre la disamina del patrimonio artistico con un contributo dedicato alla ricostruzione della storia della provincia cappuccina, con l’elencazione di tutti i conventi che l’hanno composta, partendo subito dopo l’anno 1525, epoca a cui si fa risalire la diffusione in Umbria dell’Ordine cappuccino. Nel 1605 c’erano 42 conventi (il numero massimo raggiunto in Umbria) che non vennero costruiti tutti ex novo ma anche adattando fabbricati esistenti, tra cui primeggiano quelli già occupati dai Benedettini e piccoli romitori di campagna. Tali conventi con le soppressioni post-unitarie si ridussero di due terzi. La loro forma era ispirata “all’altissima povertà”, come stabilito dalle Costituzioni dell’Ordine, così come “piccole, povere ed honeste” dovevano essere le chiese, e altrettanto le suppellettili, il corredo liturgico e i paramenti. Altri capitoli sono dedicati alla trattazione delle vie principali di composizione del patrimonio artistico, fino alla problematica della loro dispersione.
Nella seconda parte del volume, introdotta da un capitolo dedicato agli artisti caratterizzanti i Cappuccini dell’Umbria quali Durante Alberti, Paolo Piazza e altri, vengono presentate le opere più significative rinvenute: dipinti d’altare e dai conventi, ritratti di san Francesco e dei Cappuccini, stampe e sculture. Un capitolo a parte viene dedicato al ritrovamento più significativo, il “Crocifisso con la Vergine e i santi Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, Francesco, Chiara e angeli” (1610-15), assegnabile a Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia 1548 – 1628), tra i pittori più celebri del suo tempo. Un lavoro di grande potenza artistica, attualmente depositato nel convento dell’Immacolata Concezione di Assisi ma, secondo quanto tramanda la tradizione orale, rintracciato arrotolato nei primi decenni del Novecento nel convento di Spoleto, il quale al momento non è certo se si tratti della collocazione originaria. Attualmente l’opera, alquanto illeggibile nei colori come nelle figure, è sottoposta a un delicato restauro da parte di Daniela De Ritis.