Nella celebrazione della notte di Natale nella Cattedrale di Terni, il vescovo Giuseppe Piemontese ha ricordato la gioia e la speranza che viene dal Natale, la grandezza dell’amore di Dio che diventa uomo e «prende su di sé le qualità, i limiti, le sofferenze e le dinamiche di ogni uomo per farsi vicino, prossimo ad ogni uomo».
E poi un monito ai cristiani a vivere pienamente e il mistero del Natale e la sua spiritualità: «Alcuni hanno smarrito il senso del Natale, non solo del presepio, ma si consolano con surrogati di luci, di spari, di consumi, di baldoria e di regali. Altri, novelli Erode, vorrebbero cancellare, quasi usando il tasto del computer “canc-delete” il Natale di Gesù. Sappiamo che chi vuole cancellare Dio, immancabilmente uccide l’uomo e smarrisce sé stesso. Anche noi, lasciandoci abbagliare da tante luci artificiali o volgendo lo sguardo altrove di fronte all’umanità affamata, in guerra, in cerca di condizioni di vita dignitose, deformiamo il senso del presepe e del Natale. Questa notte, questo giorno, ognuno di noi alimenti nel suo cuore, nella sua casa, nella sua famiglia il presepio vivo, faccia destare e rendere palpitante quella statuina di Gesù bambino, come avvenne con san Francesco. Diamo vita a Gesù, che dorme nel nostro cuore, destiamolo nel cuore del prossimo, dei bambini, degli uomini e delle donne, tutti fratelli. Quel bambinello porta pace, gioia, amore e benessere. In questo tempo mortifero della pandemia affidiamoci alla forza e alla grazia del Bambino di Betlemme, che veramente nasce tra noi e per noi».
La messa è stata concelebrata dal parroco della Cattedrale don Alessandro Rossini e dal viceparroco don Saul Bileo e animata dalla coro del Duomo. Di seguito l’omelia della notte di Natale di mons. Piemontese:
“Uno dei capolavori della letteratura italiana, delle rappresentazioni teatrali è certamente “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo. Gli amanti del teatro, dei buoni sentimenti e soprattutto della recitazione di De Filippo in questo periodo sono indotti dall’emozione oltre che dal gusto artistico a rileggere tale commedia.
Nello sviluppo della messinscena si descrivono, alternandosi e confondendosi, la realtà dell’esistenza familiare con i problemi di sussistenza, i piccoli e grandi drammi dei singoli componenti, le relazioni, cariche di contraddizioni tra di loro e soprattutto le manie del capofamiglia Luca Cupiello.
La tradizione natalizia, profondamente attaccata al contesto sociale e popolare napoletano, con i suoi riti e le sue espressioni fantastiche, viene riproposta nei giorni intorno alla festa di Natale, nei quali Luca Cupiello non vede l’ora di potersi dedicare all’allestimento del Presepe, nonostante le critiche della moglie e del figlio, che lo ritengono anacronistico.
Protagonisti sono, oltre il capofamiglia, il presepio con i personaggi rappresentati dalle statuine, diventate ormai personaggi di famiglia, la ritualità ricorrente ogni anno nell’allestire il mondo dove nasce Cristo. E poi la precisione maniacale e la cura dell’ordine perché ogni personaggio sia integro, al suo posto e in armonia con tutto il contesto. In vista di una gioiosa soddisfazione per la memoria natalizia, sintesi delle nostre rimembranze dell’infanzia e della giovinezza e premessa della speranza di tempi migliori e del benessere materiale, morale e sentimentale dei componenti la famiglia.
Proprio la famiglia, ricomposta e risanata dalle molteplici contraddizioni in cui viene a trovarsi, è il sogno di Luca Cupiello, che aspira all’intreccio tra rappresentazione del presepe, allestito nella sua casa, presepe celeste che intravede mentre è in preda alle allucinazioni dell’agonia, e pacificazione degli animi umani.
Questa notte rivolgo a ciascuno di voi la domanda di Luca Cupiello: “te piace ‘o presepe?”. Ovviamente non mi riferisco principalmente al presepio, che viene allestito nelle case, nei negozi, nelle scuole, che pure molti vorrebbero abolire. Mi riferisco al mistero, amabilmente rappresentato secondo l’invenzione di san Francesco, e che ci ricorda che duemila anni addietro, nel paesino di Betlemme in Palestina, Gesù Cristo, figlio di Dio e di Maria di Nazareth è diventato uomo. Mi riferisco alle condizioni di disagio nelle quali, come recitano i vangeli, è nato Gesù. Mi riferisco alla gioia dei pastori e di tanta gente semplice nel contemplare un mistero di cui non avevano piena conoscenza. Mi riferisco ai sapienti venuti da oriente, attratti dalla stella, simbolo della sapienza umana e divina, a cui l’uomo aspira. Mi riferisco a quel Bambino, impastato della nostra stessa carne, che è per noi segno e premessa di speranza, senso dell’esistenza e inizio di un futuro gioioso.
Alcuni hanno smarrito il senso del Natale, non solo del presepio, ma si consolano con surrogati di luci, di spari, di consumi, di baldoria e di regali. Altri, novelli Erode, vorrebbero cancellare, quasi usando il tasto del computer “canc-delete” il Natale di Gesù. Sappiamo che chi vuole cancellare Dio, immancabilmente uccide l’uomo e smarrisce sé stesso. Anche noi, lasciandoci abbagliare da tante luci artificiali o volgendo lo sguardo altrove di fronte all’umanità affamata, in guerra, in cerca di condizioni di vita dignitose, deformiamo il senso del presepe e del Natale.
Questa notte, questo giorno, ognuno di noi alimenti nel suo cuore, nella sua casa, nella sua famiglia il presepio vivo, faccia destare e rendere palpitante quella statuina di Gesù bambino, come avvenne con San Francesco. Diamo vita a Gesù, che dorme nel nostro cuore, destiamolo nel cuore del prossimo, dei bambini, degli uomini e delle donne, tutti fratelli. Quel bambinello porta pace, gioia, amore e benessere.
In questo tempo mortifero della pandemia affidiamoci alla forza e alla grazia del Bambino di Betlemme, che veramente nasce tra noi e per noi. Ad ognuno di voi, dicendo Buon Natale, auguro la pace e la gioia, promessa agli uomini, amati dal Signore”.