«Questa mensa, oltre ad essere un fatto concreto di aiuto e di sostegno a chi vive in un bisogno straordinario, è il segno tangibile che siamo tutti fratelli e che tutti possiamo stare seduti alla stessa mensa, come fratelli, che trascorrono la loro vita nello stesso tempo, nello stesso luogo, dove nessuno deve avere necessità e bisogni estremi».
Il vescovo Giuseppe Piemontese così ha salutato i 20 anni di attività della mensa “San Valentino”, alla presenza del sindaco di Terni Leonardo Latini, dell’assessore al Welfare e Servizi sociali Cristano Ceccotti, dei rappresentanti delle associazioni e della Polizia di Stato.
«I problemi sono grandi e vanno risolti – ha aggiunto il vescovo – con l’azione concomitante delle istituzioni, delle associazioni filantropiche e della chiesa, che diventa motore di tutto questo, ma che non deve sostituirsi agli altri, piuttosto integrare, spingere perché tutti avvertono la responsabilità di vivere in una comunità di fratelli. La mensa, allora, deve diventare un segno forte, perché ciò che si fa qui, dovremmo farlo tutti quanti nelle nostre case, nelle nostre famiglie, questo per i cristiani è importante. Chiunque viene qui, di qualunque razza, nazionalità, religione e condizione sociale, è accolto, anche se non ha bisogno».
Storia della mensa
La mensa, opera della Caritas diocesana e associazione San Martino, ha iniziato l’attività di distribuzione pasti caldi e cestini il 3 giugno 2001. Da allora molto è stato fatto a favore dei più bisognosi e molte sono stati i cambiamenti avvenuti per l’affacciarsi di nuove povertà e poi della pandemia da Covid 19, che hanno portato a nuove forme di servizio, accoglienza e aiuto.
«Nel 2001 siamo partiti in sordina con una presenza a cena di circa 10 persone – ricorda il presidente dell’associazione San Martino Francesco Venturini -. Oggi, alla ripresa dopo un rallentamento dovuto alla pandemia e alle disposizioni sul distanziamento, siamo arrivati a circa 90 persone al giorno tra coloro che la sera vengono a cena e altri che prendono il sacchetto, molti dei quali non si fermano a cena perché non hanno il Green pass. Durante gli anni ci sono state evoluzioni nelle presenze alla mensa: siamo partiti con famiglie italiane e di immigrati, poi c’è stato il grosso picco nel 2011 – 2015 con immigrati dell’emergenza sbarchi. Poi sono venuti gli italiani e in questo momento come target da prima della pandemia ad oggi abbiamo quasi al 99% italiani, persone sole, anziani e nuclei familiari che vengono a cena».
I servizi della mensa
«Da sempre – continua Venturini – c’è un servizio colazione, in modo particolare durante l’emergenza freddo, c’è l’asporto dei sacchetti per il pranzo. La mensa è diventata un riferimento della gente che viene, bussa e noi diamo quello di cui hanno bisogno. Anche la presenza dei volontari ha avuto un’evoluzione: da una ventina iniziale siamo arrivati anche a 100 volontari tanto che era diventato difficile anche gestirli in spazi non grandissimi come sono i locali della mensa. Oggi, per ragioni legate alla pandemia, abbiamo circa 30 volontari che svolgono il servizio in cucina e ai tavoli, e ci sono dei medici che curano l’aspetto sanitario delle persone fragili».
Ogni anno mediamente sono stati distribuiti 32mila pasti e accolte 70 persone al giorno. Nel corso degli anni, la mensa è stata dotata di nuove strutture per la cucina e per la sala, con la possibilità di accoglienza anche esterna con l’installazione di un gazebo riscaldato e arredato per poter consumare il cibo.
La mensa è aperta tutti i giorni e il pasto in presenza oggi viene servito il pomeriggio dalle 16.30 alle 17.30; la mattina è aperta alle 8.30 per la colazione anche da asporto, alle 12 si può ritirare un sacchetto viveri con un pasto completo.
La mensa è diventata una famiglia
L’aspetto più rilevante è che la mensa, in questi anni per molti è divenuta una famiglia, proprio perché non è solo un luogo dove consumare un pasto, ma dove famigliarizzare: ci si siede vicino, si dà un sorriso e si dialoga.
«Ne sono passate tante di persone e tantissimi volontari che hanno aiutato – ricorda la direttrice della mensa Fernanda Scimmi -. In questi anni le povertà sono cambiate. All’inizio avevamo poveri che venivano sporchi, laceri, affamatissimi, che abbiamo cercato di educare, facendo fare una doccia, facendogli cambiare vestiti, quindi la nostra mensa oggi non si vedrà più gente che esteriormente sta in condizioni precarie, ma è psicologicamente diversa la situazione. Le persone hanno bisogno di mangiare ma soprattutto hanno bisogno del sostegno psicologico, di un riferimento, hanno bisogno di una speranza. Anche l’organizzazione del servizio è cambiata perché prima di tutto facciamo un ascolto di queste persone e cerchiamo di capire tutti i loro bisogni. Molti volontari sono di supporto di molti poveri e sostengono mensilmente con il proprio aiuto diretto delle famiglie bisognose».
Il “grazie” del Vescovo
Ed infine la benedizione e il grazie del vescovo Piemontese: «Siamo veramente grati al Signore perché ha posto nel cuore di tante persone il desiderio di servire, di organizzare ed impostare questa mensa. Diciamo anche grazie a tutti coloro che si sono fatti strumento della provvidenza del Signore: i volontari, quelli di antica data e quelli recenti, le persone semplici e buone che donano non soltanto il loro tempo, ma danno il loro amore, a volte in maniera silenziosa, senza tanti fronzoli. Un grazie anche alle istituzioni che sostengono questa realtà, alle associazioni che veramente non faranno mancare il loro aiuto alla nostra realtà, che in questi anni in tanti, in maniera piccola e in maniera più grande, ci hanno aiutato ad andare avanti»