Ogni cristiano come cittadino misura la sua fede sulle opere che è chiamato a fare nei confronti dei fratelli, soprattutto i più bisognosi. Questo il principio ispiratore dell’incontro-dibattito “Lavorare perché, lavorare per chi? Chiesa e lavoro in Umbria. Spazio di discernimento sul lavoro in Umbria”, tenutosi il 31 ottobre alla sala dei Notari e promosso dall’Azione cattolica italiana in collaborazione con Acli, Unione cristiana imprenditori e dirigenti, Movimento cristiano lavoratori e Coldiretti dell’Umbria, in preparazione alla 46a Settimana sociale dei cattolici italiani. Il delegato regionale di Azione cattolica Stefano Sereni, in apertura, ha sottolineato il senso dell’incontro parlando di amicizia. Amicizia è ciò che nasce dalla consuetudine, da affinità di sentimento e da reciproca stima e considerazione. L’amicizia, che scaturisce dalla collaborazione tra diverse istituzioni, ma soprattutto l’amicizia che è bene comune, è voler bene. Sereni ha detto: “Noi vogliamo bene alle città della nostra regione e alle persone che le abitano. Vogliamo bene ai gruppi che lavorano e si prodigano per il bene della gente, vogliamo bene a quanti si fanno portatori delle gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, vogliamo bene a chi tenta di dare risposte alle loro sofferenze”. Bisogna impegnarsi, allora, per un lavoro ritrovato, non solo come posto fisico ma come stabilità e valore nella famiglia e nella società, come “architrave” della vita. Silvia Angeletti della Commissione regionale Ceu affari sociali, lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del creato e coordinatrice del progetto “L’Umbria e il bene comune” ha presentato il lavoro della Commissione sul tema del bene comune rivolto alla realtà dell’Umbria. Un progetto che, affrontando il tema grave e urgente della sicurezza sul lavoro, si fonda sull’idea di bene comune come fine distinto e convergente di tutte le sfere sociali: economica, religiosa, politica e culturale. Un bene comune che non è finalità esclusiva o dominante della politica e dei Governi ma spetta ai cittadini, ai gruppi sociali, ai poteri civili, alla Chiesa, ciascuno a suo modo. Insieme si può, così, ricollocare e ripensare la realtà del lavoro tenendo conto della sua dignità, della sua tutela, della garanzia dei diritti della persona legati a esso, al ruolo dello Stato e di tutte le altre organizzazioni politiche. In questo quadro s’inserisce l’analisi socio-economica di Augusto Magliocchetti, presidente Meic della diocesi di Terni-Narni-Amelia, che ha sottolineato l’importanza dell’etica sociale, principio unificatore forte e condiviso che porta l’individuo a identificarsi in una realtà più grande di lui, per cui è disposto a rinunciare all’interesse particolare, e non permette di credere che la società è costituita dalla semplice sommatoria dei singoli cittadini. Franco Miano, presidente nazionale di Ac, per concludere, ha evidenziato come questo momento di sosta, di dialogo, di confronto-scontro tra principi ideali e realtà del mondo del lavoro sia il compito di ciascun credente, chiamato a cercare una mediazione anche senza risultati immediati. Perché solo il discernimento in famiglia e nei gruppi parrocchiali crea forme d’impegno e riflessione, e fa comprendere che il lavoro offre mezzi e spazio per la libertà e la creatività di ciascuno.
Tensioni e paura per il lavoro
Dibattito su “Lavorare perché, lavorare per chi? Chiesa e lavoro in Umbria. Spazio di discernimento sul lavoro” nella nostra regione
AUTORE:
Veronica Rossi