Abbiamo vissuto nei giorni passati un periodo di intensa partecipazione a fatti, che sono grandi eventi che hanno trascinato folle ed hanno impresso forti emozioni in tutto il mondo. La Chiesa riceve l’attenzione dell’umanità e sta al centro della storia, con dignità e nello stesso tempo con umiltà, quella che proviene dal concepire che tutto è dono, tutto è grazia, che non esiste la grazia pretesa.
La pretesa della grazia è una contraddizione in termini. Se dici: tu mi devi fare la grazia di tua spontanea volontà senza che io la chieda o che mi penta e riconosca un qualche sbaglio è un linguaggio contraddittorio. La Chiesa chiede perdono in ogni circostanza, nelle liturgie di ogni domenica di fronte a Dio e di fronte ai fratelli e invoca la grazia della misericordia. Ricordate il duemila, il grande Giubileo, con il santo papa Giovanni Paolo II che fece una pubblica e solenne confessione dei peccati accumulati dal popolo di Dio lungo i secoli? Ricordate anche le scuse e i pentimenti e le sanzioni e i risarcimenti per i casi di pedofilia del clero? Ebbene, questa è la Chiesa santa e bisognosa sempre di avere la grazia della misericordia e del perdono.
Ma oggi siamo al paradosso di chi ritiene di aver sempre ragione e di volerla affermare con le buone o con le cattive, a tutti i costi, facendo anche stragi e vittime innocenti, come nelle uccisioni di donne, mogli o amanti, o di bambini, nelle vendette e violenze di ogni tipo nel mondo. E c’è sempre qualcuno che storce il naso quando si parla di Chiesa o di cristiani e distoglie lo sguardo esaltando gruppi di credenti diversi e invitando, come hanno fatto due giornali nei giorni scorsi, uno a visitare la moschea e l’altro la sala del regno dei testimoni di Geova. Minuscoli e meschini pur legittimi, tentativi di distogliere l’attenzione da quanto avveniva a Roma.
L’attuale mentalità, impregnata di relativismo e indifferenza, rimane comunque scossa dalla libertà della Chiesa e del suo primo pastore che non teme di allacciare dialoghi e rapporti con persone che non fanno parte delle pecore segnate dal sigillo della fede, e tuttavia non escluse dal circuito vitale della carità. La Chiesa non si vanta, non si gonfia, non rifiuta il contatto, non considera nessuno uno scarto, né da scartare. Neppure gli embrioni. Figuratevi!
Francesco, quello antico del lebbroso e quello nuovo, attuale, vestito di bianco, ma con le scarpe ordinarie e il passo sbilenco, quello di Lampedusa e del bacio al piede dei poveracci nella lavanda del giovedì santo, non si arrogano alcun diritto o pretesa, se non quello di predicare la gioia e la misericordia, l’accoglienza e la pace, l’uguaglianza e la fraternità.
Un docente universitario mi ha domandato chi fosse il teologo francese che ha teorizzato la “risurezione totale”. Dopo qualche incertezza siamo arrivati al gesuita scienziato, geologo e teologo, Theilard de Chardin. Egli afferma che l’evoluzione del cosmo seguirà per fasi successive la traiettoria che Cristo, “nel quale sono state create e costituite tutte le cose”, ha predeterminato il passaggio dalla morte alla vita piena e al compimento del disegno di Dio. L’amico docente attribuisce ciò al “gesuita proibito”, così definito per le sue teorie sospettate di eresia. In realtà questo è scritto nella Bibbia: saranno cieli nuovi e terra nuova, una nuova umanità.
I fatti di questi giorni suscitano e favoriscono tali pensieri.