Venerdì santo Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/venerdi-santo/ Settimanale di informazione regionale Wed, 05 Apr 2023 10:12:18 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Venerdì santo Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/venerdi-santo/ 32 32 Debolezza che diventa forza https://www.lavoce.it/debolezza-diventa-forza/ https://www.lavoce.it/debolezza-diventa-forza/#respond Wed, 05 Apr 2023 09:31:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71066

La perdita di un familiare, di un amico, di una persona cara ci fa pensare spesso che la sensazione di fatica, di tristezza e di morte possa schiacciare ogni nostra speranza di vita e di futuro. Così come tante altre “croci” che ci capita di portare nel corso della nostra esistenza: i fallimenti, la malattia, la perdita del lavoro, la situazione del mondo che ci circonda.

Il peso della croce appare sempre più insostenibile, il respiro sempre più corto e soffocato, il dolore dei chiodi più lacerante e la paura delle tenebre e della morte sempre più incalzante. Nella ciclicità del percorso di fede di ognuno e delle nostre comunità, la Passione del Signore ci fa riflettere ogni anno sullo “scandalo” di una religione cristiana che costruisce le sue fondamenta sul supplizio della croce, strumento di tortura e di morte. Come può cominciare tutto da lì? – ci si può domandare con un pensiero esclusivamente umano e terreno. Un interrogativo che richiama alla mente le parole di san Paolo e tutto il loro straordinario paradosso. “Quando sono debole, è allora che sono forte”, scrive ai Corinzi.

Come può la nostra debolezza diventare una forza? Può farlo solo attraverso un cammino, che è quello della fiducia in Dio, della nostra fede in Lui. Riconoscere e accettare la nostra debolezza, appunto, non è una sconfitta se riusciamo a fare il passo successivo: fidarsi di Dio e chiedere a lui l’aiuto e la forza che sgorgano dalla Risurrezione. Solo se sapremo svuotarci di noi stessi, potremo lasciare a Dio lo spazio della luce, della gioia e della forza che rigenera e fa nuove tutte le cose.

Qui tornano in mente le parole di un altro “apostolo”, stavolta dei nostri giorni. Don Tonino Bello ha dato della croce una delle definizioni più belle: “collocazione provvisoria”. Pur nella sofferenza più grande e nella morte, per ciascuno di noi arriverà la deposizione dalla croce. La sosta sul Golgota, nel Venerdì santo, dura solo da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco allora la nostra speranza più grande, che si rinnova ogni volta che Gesù fa rotolare la pietra del sepolcro e fa trovare vuota la sua tomba. “Coraggio – è l’invito di don Tonino –, tra poco il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga”. È l’augurio che vogliamo farci per una Pasqua che sia di autentica Risurrezione, per ciascuno di noi.

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La perdita di un familiare, di un amico, di una persona cara ci fa pensare spesso che la sensazione di fatica, di tristezza e di morte possa schiacciare ogni nostra speranza di vita e di futuro. Così come tante altre “croci” che ci capita di portare nel corso della nostra esistenza: i fallimenti, la malattia, la perdita del lavoro, la situazione del mondo che ci circonda.

Il peso della croce appare sempre più insostenibile, il respiro sempre più corto e soffocato, il dolore dei chiodi più lacerante e la paura delle tenebre e della morte sempre più incalzante. Nella ciclicità del percorso di fede di ognuno e delle nostre comunità, la Passione del Signore ci fa riflettere ogni anno sullo “scandalo” di una religione cristiana che costruisce le sue fondamenta sul supplizio della croce, strumento di tortura e di morte. Come può cominciare tutto da lì? – ci si può domandare con un pensiero esclusivamente umano e terreno. Un interrogativo che richiama alla mente le parole di san Paolo e tutto il loro straordinario paradosso. “Quando sono debole, è allora che sono forte”, scrive ai Corinzi.

Come può la nostra debolezza diventare una forza? Può farlo solo attraverso un cammino, che è quello della fiducia in Dio, della nostra fede in Lui. Riconoscere e accettare la nostra debolezza, appunto, non è una sconfitta se riusciamo a fare il passo successivo: fidarsi di Dio e chiedere a lui l’aiuto e la forza che sgorgano dalla Risurrezione. Solo se sapremo svuotarci di noi stessi, potremo lasciare a Dio lo spazio della luce, della gioia e della forza che rigenera e fa nuove tutte le cose.

Qui tornano in mente le parole di un altro “apostolo”, stavolta dei nostri giorni. Don Tonino Bello ha dato della croce una delle definizioni più belle: “collocazione provvisoria”. Pur nella sofferenza più grande e nella morte, per ciascuno di noi arriverà la deposizione dalla croce. La sosta sul Golgota, nel Venerdì santo, dura solo da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco allora la nostra speranza più grande, che si rinnova ogni volta che Gesù fa rotolare la pietra del sepolcro e fa trovare vuota la sua tomba. “Coraggio – è l’invito di don Tonino –, tra poco il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga”. È l’augurio che vogliamo farci per una Pasqua che sia di autentica Risurrezione, per ciascuno di noi.

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Processione del Cristo Morto per le vie di Terni presieduta dal vescovo Soddu https://www.lavoce.it/processione-del-cristo-morto-per-le-vie-di-terni-presieduta-dal-vescovo-soddu/ Sat, 16 Apr 2022 14:51:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66220 processione del cristo morto terni

Molte persone, famiglie, gruppi parrocchiali, i sacerdoti di Terni centro, dame e cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Romei di San Michele arcangelo, hanno partecipato venerdì sera alla processione del Cristo morto presieduta dal vescovo Francesco Soddu. Presente anche il sindaco di Terni Leonardo Latini.

Una tradizione che si rinnova dopo i due anni di restrizioni anti Covid con la processione aux flambeaux con la statua del Cristo morto e della Madonna addolorata, partita dalla chiesa di San Francesco, che si è snodata lungo le vie centrali della città, passando per piazza della Repubblica, dove c’è stata la sosta davanti all’edicola della Madonna del Popolo con la lettura del vangelo e la meditazione, per proseguire poi fino alla Cattedrale.

"Vogliamo essere in comunione con tutti i crocefissi della terrà e annunciare la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte -è stato letto all’inizio della liturgia- come ha affermato Papa Francesco in questi giorni: Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli".

Sono stati letti brano del Vangelo di Giovanni e preghiere di invocazione, perchè cessino barbarie e violenze dei nostri giorni:

"Perdonaci Signore, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi. Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte".

Il vescovo ha ricordato come il momento della celebrazione del venerdì santo con la processione cittadina del Cristo morto e della Madonna Addolorata dia testimonianza dell’amore di Gesù, specie in questo particolare momento:

"Gesù è stato obbediente all’amore che ci è stato donato, preghiamo questa sera per tutte le disobbedienze all’amore che ancora oggi vengono per perpetrate con violenza fratricida, attraverso la guerra, ma anche attraverso le piccole grandi divisioni che esistono tra di noi e nelle nostre famiglie.

Oggi Gesù continua ad aver sete: spetta a noi dargli l’acqua della nostra esistenza oppure l’aceto del nostro quieto vivere, della nostra arroganza, del nostro dolce far niente, tutto ciò che di negativo può albergare nel proprio cuore. Chiediamo a Maria santissima la capacità di poter sondare nelle profondità del nostro cuore della nostra vita e dare a lui l’acqua buona delle nostre sorgenti".

Nella Cattedrale di Terni il vescovo ha ricordato come la celebrazione della processione del Cristo morto non sia un fare il funerale a Gesù, ma stiamo rivivendo il mistero della nostra salvezza Cristo morto e risorto.

"Non bisogna dimenticare i tanti corpi che sono stato in questo periodo ammassati in fosse comuni, quelli che i mezzi di comunicazione ci hanno trasmesso, nascondendo l’efferatezza di molti altri crimini, che per dimenticanza e oblio o per trascuratezza non arrivano neanche agli onori delle cronache".

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processione del cristo morto terni

Molte persone, famiglie, gruppi parrocchiali, i sacerdoti di Terni centro, dame e cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Romei di San Michele arcangelo, hanno partecipato venerdì sera alla processione del Cristo morto presieduta dal vescovo Francesco Soddu. Presente anche il sindaco di Terni Leonardo Latini.

Una tradizione che si rinnova dopo i due anni di restrizioni anti Covid con la processione aux flambeaux con la statua del Cristo morto e della Madonna addolorata, partita dalla chiesa di San Francesco, che si è snodata lungo le vie centrali della città, passando per piazza della Repubblica, dove c’è stata la sosta davanti all’edicola della Madonna del Popolo con la lettura del vangelo e la meditazione, per proseguire poi fino alla Cattedrale.

"Vogliamo essere in comunione con tutti i crocefissi della terrà e annunciare la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte -è stato letto all’inizio della liturgia- come ha affermato Papa Francesco in questi giorni: Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli".

Sono stati letti brano del Vangelo di Giovanni e preghiere di invocazione, perchè cessino barbarie e violenze dei nostri giorni:

"Perdonaci Signore, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi. Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte".

Il vescovo ha ricordato come il momento della celebrazione del venerdì santo con la processione cittadina del Cristo morto e della Madonna Addolorata dia testimonianza dell’amore di Gesù, specie in questo particolare momento:

"Gesù è stato obbediente all’amore che ci è stato donato, preghiamo questa sera per tutte le disobbedienze all’amore che ancora oggi vengono per perpetrate con violenza fratricida, attraverso la guerra, ma anche attraverso le piccole grandi divisioni che esistono tra di noi e nelle nostre famiglie.

Oggi Gesù continua ad aver sete: spetta a noi dargli l’acqua della nostra esistenza oppure l’aceto del nostro quieto vivere, della nostra arroganza, del nostro dolce far niente, tutto ciò che di negativo può albergare nel proprio cuore. Chiediamo a Maria santissima la capacità di poter sondare nelle profondità del nostro cuore della nostra vita e dare a lui l’acqua buona delle nostre sorgenti".

Nella Cattedrale di Terni il vescovo ha ricordato come la celebrazione della processione del Cristo morto non sia un fare il funerale a Gesù, ma stiamo rivivendo il mistero della nostra salvezza Cristo morto e risorto.

"Non bisogna dimenticare i tanti corpi che sono stato in questo periodo ammassati in fosse comuni, quelli che i mezzi di comunicazione ci hanno trasmesso, nascondendo l’efferatezza di molti altri crimini, che per dimenticanza e oblio o per trascuratezza non arrivano neanche agli onori delle cronache".

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A Terni e Amelia “Passione secondo Giovanni” in musica https://www.lavoce.it/a-terni-e-amelia-passione-secondo-giovanni-in-musica/ Sun, 10 Apr 2022 15:03:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66050

La Passione secondo Giovanni di Johann Sebastian Bach, uno dei massimi capolavori della musica di tutti i tempi, conclude la prima edizione del festival “Sacro Incanto” con due appuntamenti: martedì 12 aprile nel Duomo di Amelia e mercoledì 13 nella chiesa di San Pietro a Terni, sempre alle 20.30.

La “Passione” di J. S. Bach

La Passione secondo Giovanni è la prima in ordine cronologico delle Passioni composte da Bach e venne eseguita per la prima volta a Lipsia in occasione dei Vespri del venerdì santo del 1724 (ma Bach continuò a perfezionarla in occasione di successive esecuzioni, fino al 1749, dunque fino ad un anno prima della morte). Un tenore, indicato nella partitura come Evangelista, narra la passione di Gesù riprendendo le parole del Vangelo secondo San Giovanni. Al testo evangelico sono interpolati arie, duetti e cori su testi tratti da corali luterani, che commentano egli eventi della Passione. Il compositore perugino Francesco Morlacchi, che era vissuto a lungo in Germania, fu il primo a proporre l’esecuzione delle Passioni di Bach in Italia nei primi decenni dell’Ottocento. Ma i tempi non erano ancora maturi e il suo progetto non si realizzò.

Protagonisti del concerto

La Passione secondo Giovanni è eseguita da un gruppo di interpreti particolarmente apprezzati proprio nel campo della musica del Settecento. I cantanti solisti sono: Dario Ciotoli (Gesù, baritono), Carlo Putelli (Evangelista, tenore), Patrizia Polia (soprano), Elisabetta Pallucchi (contralto), Roberto Mattioni (tenore) e Federico Benetti (basso). Con loro la Corale Amerina (Maestro del coro Gabriele Catalucci), il coro da camera Canticum Novum (Maestro del coro Fabio Ciofini) e l’orchestra barocca In Canto. Tutti sotto la direzione di Fabio Maestri, che ha già diretto questo capolavoro. Ingresso libero e gratuito per i due concerti. L'evento “Sacro Incanto” è curato dall’associazione “InCanto” e realizzato con il contributo della Fondazione Carit - Cassa di Risparmio di Terni e Narni.]]>

La Passione secondo Giovanni di Johann Sebastian Bach, uno dei massimi capolavori della musica di tutti i tempi, conclude la prima edizione del festival “Sacro Incanto” con due appuntamenti: martedì 12 aprile nel Duomo di Amelia e mercoledì 13 nella chiesa di San Pietro a Terni, sempre alle 20.30.

La “Passione” di J. S. Bach

La Passione secondo Giovanni è la prima in ordine cronologico delle Passioni composte da Bach e venne eseguita per la prima volta a Lipsia in occasione dei Vespri del venerdì santo del 1724 (ma Bach continuò a perfezionarla in occasione di successive esecuzioni, fino al 1749, dunque fino ad un anno prima della morte). Un tenore, indicato nella partitura come Evangelista, narra la passione di Gesù riprendendo le parole del Vangelo secondo San Giovanni. Al testo evangelico sono interpolati arie, duetti e cori su testi tratti da corali luterani, che commentano egli eventi della Passione. Il compositore perugino Francesco Morlacchi, che era vissuto a lungo in Germania, fu il primo a proporre l’esecuzione delle Passioni di Bach in Italia nei primi decenni dell’Ottocento. Ma i tempi non erano ancora maturi e il suo progetto non si realizzò.

Protagonisti del concerto

La Passione secondo Giovanni è eseguita da un gruppo di interpreti particolarmente apprezzati proprio nel campo della musica del Settecento. I cantanti solisti sono: Dario Ciotoli (Gesù, baritono), Carlo Putelli (Evangelista, tenore), Patrizia Polia (soprano), Elisabetta Pallucchi (contralto), Roberto Mattioni (tenore) e Federico Benetti (basso). Con loro la Corale Amerina (Maestro del coro Gabriele Catalucci), il coro da camera Canticum Novum (Maestro del coro Fabio Ciofini) e l’orchestra barocca In Canto. Tutti sotto la direzione di Fabio Maestri, che ha già diretto questo capolavoro. Ingresso libero e gratuito per i due concerti. L'evento “Sacro Incanto” è curato dall’associazione “InCanto” e realizzato con il contributo della Fondazione Carit - Cassa di Risparmio di Terni e Narni.]]>
TERRA SANTA. Slitta al 13 settembre la data dell’annuale Colletta del Venerdì Santo https://www.lavoce.it/terra-santa-slitta-al-13-settembre-2020/ Thu, 09 Apr 2020 06:57:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56754

Slitta l’annuale Colletta per la Terra Santa, che di solito aveva luogo il Venerdì santo. Il motivo è ovviamente l’emergenza coronavirus. La raccolta di offerte a favore dei cristiani che vivono dove visse Gesù richiede un’ampia partecipazione alla liturgia. La data stabilita dalla Congregazione per le Chiese Orientali il 27 marzo scorso è il 13 settembre 2020. “In questo modo si legge nel sito della Custodia - la Chiesa universale potrà assicurare l’aiuto necessario alla terra dove sono le radici della nostra fede, facendo uno sforzo nella solidarietà e comunione nella sofferenza. I Commissari di Terra Santa informeranno le Chiese locali dei rispettivi territori La Colletta pontificia Pro Terra Sancta, si terrà domenica 13 settembre 2020, vigilia della festa della Esaltazione della Croce che ricorda la Dedicazione della Basilica del Santo Sepolcro avvenuta IV secolo”.

Si può donare online

Nel frattempo, è comunque sempre possibile fare donazioni tramite la Custodia francescana di Terra Santa (le modalità di bonifico online sono indicate nel loro sito web). È inoltre importante ricordare che le offerte fatte alla comunità cristiana e alle istituzioni della Chiesa in quell’angolo di Medio Oriente hanno ricadute a favore dell’intera società locale, indipendentemente dall’appartenenza religiosa. La Custodia francescana infatti gestisce strutture pastorali, educative, sanitarie e sociali. I territori che beneficiano della Colletta in diverse forme includono, oltre a Gerusalemme e ai territori di Palestina e Israele, anche Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq. Di norma la Custodia di Terra Santa riceve il 65% della raccolta delle offerte. Il restante 35% va alla Congregazione pontificia per le Chiese orientali. Lo utlizza per la formazione dei seminaristi, il sostegno al clero, l’attività scolastica, la formazione culturale e i sussidi alle varie circoscrizioni ecclesiastiche. Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, card. Leonardo Sandri, ricorda che gli scopi sono quelli di “provvedere a un’educazione di qualità attraverso le scuole. Sono fondamentali per salvaguardare l’identità cristiana e per costruire una convivenza fraterna, specialmente con i musulmani. Mettere a disposizione case per i giovani che desiderano formare una nuova famiglia, così come per creare opportunità di lavoro. Provvedere un aiuto materiale concreto là dove si presentano forme di povertà endemica, come pure bisogni sanitari ed emergenze umanitarie legate ai flussi di rifugiati”.

Paolo VI e la Colletta

La “custodia” dei luoghi cristiani in Terra Santa è stata affidata dal Papa ai Francescani fin dal 1342. Nei secoli si sono succedute raccolte a favore di quei territori. Per come è strutturata attualmente la Colletta, decisiva è stata l’azione di Paolo VI attraverso l’esortazione apostolica Nobis in animo del 1974. Dario Rivarossa]]>

Slitta l’annuale Colletta per la Terra Santa, che di solito aveva luogo il Venerdì santo. Il motivo è ovviamente l’emergenza coronavirus. La raccolta di offerte a favore dei cristiani che vivono dove visse Gesù richiede un’ampia partecipazione alla liturgia. La data stabilita dalla Congregazione per le Chiese Orientali il 27 marzo scorso è il 13 settembre 2020. “In questo modo si legge nel sito della Custodia - la Chiesa universale potrà assicurare l’aiuto necessario alla terra dove sono le radici della nostra fede, facendo uno sforzo nella solidarietà e comunione nella sofferenza. I Commissari di Terra Santa informeranno le Chiese locali dei rispettivi territori La Colletta pontificia Pro Terra Sancta, si terrà domenica 13 settembre 2020, vigilia della festa della Esaltazione della Croce che ricorda la Dedicazione della Basilica del Santo Sepolcro avvenuta IV secolo”.

Si può donare online

Nel frattempo, è comunque sempre possibile fare donazioni tramite la Custodia francescana di Terra Santa (le modalità di bonifico online sono indicate nel loro sito web). È inoltre importante ricordare che le offerte fatte alla comunità cristiana e alle istituzioni della Chiesa in quell’angolo di Medio Oriente hanno ricadute a favore dell’intera società locale, indipendentemente dall’appartenenza religiosa. La Custodia francescana infatti gestisce strutture pastorali, educative, sanitarie e sociali. I territori che beneficiano della Colletta in diverse forme includono, oltre a Gerusalemme e ai territori di Palestina e Israele, anche Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq. Di norma la Custodia di Terra Santa riceve il 65% della raccolta delle offerte. Il restante 35% va alla Congregazione pontificia per le Chiese orientali. Lo utlizza per la formazione dei seminaristi, il sostegno al clero, l’attività scolastica, la formazione culturale e i sussidi alle varie circoscrizioni ecclesiastiche. Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, card. Leonardo Sandri, ricorda che gli scopi sono quelli di “provvedere a un’educazione di qualità attraverso le scuole. Sono fondamentali per salvaguardare l’identità cristiana e per costruire una convivenza fraterna, specialmente con i musulmani. Mettere a disposizione case per i giovani che desiderano formare una nuova famiglia, così come per creare opportunità di lavoro. Provvedere un aiuto materiale concreto là dove si presentano forme di povertà endemica, come pure bisogni sanitari ed emergenze umanitarie legate ai flussi di rifugiati”.

Paolo VI e la Colletta

La “custodia” dei luoghi cristiani in Terra Santa è stata affidata dal Papa ai Francescani fin dal 1342. Nei secoli si sono succedute raccolte a favore di quei territori. Per come è strutturata attualmente la Colletta, decisiva è stata l’azione di Paolo VI attraverso l’esortazione apostolica Nobis in animo del 1974. Dario Rivarossa]]>
VIDEO | Settimana Santa. Rivivendo la Passione in noi e tra noi https://www.lavoce.it/settimana-santa-rivivendo-la-passione/ Mon, 30 Mar 2020 08:30:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56641 logo rubrica domande sulla liturgia

Per antica consuetudine nel Venerdì santo, dedicato alla contemplazione della passione di Gesù, non è celebrata l’eucarestia; ma in un’ora pomeridiana - il Messale parla delle 3 del pomeriggio, a meno che non intervengano altri motivi pastorali - viene celebrata la Passione del Signore. La religiosità popolare e il sentire del popolo ha spostato l’accento, in questo giorno santo, su manifestazioni di pietà (Via crucis o processione del Cristo morto) che in realtà non fanno parte del Triduo pasquale. Certamente danno la possibilità alla comunità cristiana di contemplare la “via dolorosa” che Gesù percorse dalla sua condanna a morte al Golgota. Essa non può oscurare il Triduo pasquale, il quale propone nel Venerdì santo una densa e significativa liturgia. La celebrazione della Passione del Signore difatti è composta da tre momenti:
  • liturgia della Parola
  • adorazione della croce
  • comunione eucaristica

La liturgia della Parola

Dopo che il sacerdote, con le vesti liturgiche rosse, si è diretto verso l’altare e si prostra a terra mentre tutti pregano nel silenzio, si apre la liturgia della Parola che vede proclamare Isaia 52,13 - 53,12, il quarto “Canto del Servo”, che la tradizione cristiana li ha sempre letti in chiave messianica. Segue poi la Lettera agli Ebrei 4,14-16; 5,7-9 dove è sottolineata la figura sacerdotale di Cristo, che in obbedienza al Padre sacrificò se stesso per la salvezza eterna. Apice della liturgia della Parola è la Passione del Signore tratta dal vangelo di Giovanni (18,1 - 19,42), che, con la possibilità di essere proclamata a più voci, assume un tono drammatico così da condurre il popolo alla contemplazione del Mistero che si sta celebrando. La liturgia della Parola si conclude con una lunga preghiera universale in cui si intercede per la Chiesa, il Papa, il popolo di Dio, i catecumeni, per l’unità dei cristiani, per gli ebrei (dove l’accento è spostato sulla fedeltà all’Alleanza piuttosto che sulla loro conversione, come un tempo). Per i non cristiani, per i non credenti, per i governanti e per i tribolati.

Adorazione della croce

Segue poi l’adorazione della croce nella quale, attraverso la sua ostensione, il popolo possa adorarla. Ci si dirige processionalmente verso di essa per genuflettersi e baciarla, accompagnati dal canto di antichi inni.

Comunione eucaristica

Segue infine la terza parte, quella della Comunione. In questa parte viene ricoperto l’altare da una tovaglia (alla fine della precedente Messa in Coena Domini era avvenuta la sua spogliazione), e viene portato lì il Santissimo Sacramento che, dopo il Padre nostro, è ai fedeli. Questo rito della Comunione senza consacrazione potremmo farlo risalire alla messa detta dei ‘presantificati’ (santificati prima), prassi ancora presente nelle Chiese d’Oriente nel tempo di Quaresima. Nella Chiesa latina invece solo in questo giorno si accede alla Comunione senza la consacrazione, perché “il ricordo del sacrificio compiuto oggi sul Calvario occupa talmente il pensiero della Chiesa che essa rinuncia a rinnovare sull’altare l’immolazione della vittima divina” (P. Guéranger, L’anno liturgico). https://www.youtube.com/watch?v=Et3Yid7YB1s]]>
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Per antica consuetudine nel Venerdì santo, dedicato alla contemplazione della passione di Gesù, non è celebrata l’eucarestia; ma in un’ora pomeridiana - il Messale parla delle 3 del pomeriggio, a meno che non intervengano altri motivi pastorali - viene celebrata la Passione del Signore. La religiosità popolare e il sentire del popolo ha spostato l’accento, in questo giorno santo, su manifestazioni di pietà (Via crucis o processione del Cristo morto) che in realtà non fanno parte del Triduo pasquale. Certamente danno la possibilità alla comunità cristiana di contemplare la “via dolorosa” che Gesù percorse dalla sua condanna a morte al Golgota. Essa non può oscurare il Triduo pasquale, il quale propone nel Venerdì santo una densa e significativa liturgia. La celebrazione della Passione del Signore difatti è composta da tre momenti:
  • liturgia della Parola
  • adorazione della croce
  • comunione eucaristica

La liturgia della Parola

Dopo che il sacerdote, con le vesti liturgiche rosse, si è diretto verso l’altare e si prostra a terra mentre tutti pregano nel silenzio, si apre la liturgia della Parola che vede proclamare Isaia 52,13 - 53,12, il quarto “Canto del Servo”, che la tradizione cristiana li ha sempre letti in chiave messianica. Segue poi la Lettera agli Ebrei 4,14-16; 5,7-9 dove è sottolineata la figura sacerdotale di Cristo, che in obbedienza al Padre sacrificò se stesso per la salvezza eterna. Apice della liturgia della Parola è la Passione del Signore tratta dal vangelo di Giovanni (18,1 - 19,42), che, con la possibilità di essere proclamata a più voci, assume un tono drammatico così da condurre il popolo alla contemplazione del Mistero che si sta celebrando. La liturgia della Parola si conclude con una lunga preghiera universale in cui si intercede per la Chiesa, il Papa, il popolo di Dio, i catecumeni, per l’unità dei cristiani, per gli ebrei (dove l’accento è spostato sulla fedeltà all’Alleanza piuttosto che sulla loro conversione, come un tempo). Per i non cristiani, per i non credenti, per i governanti e per i tribolati.

Adorazione della croce

Segue poi l’adorazione della croce nella quale, attraverso la sua ostensione, il popolo possa adorarla. Ci si dirige processionalmente verso di essa per genuflettersi e baciarla, accompagnati dal canto di antichi inni.

Comunione eucaristica

Segue infine la terza parte, quella della Comunione. In questa parte viene ricoperto l’altare da una tovaglia (alla fine della precedente Messa in Coena Domini era avvenuta la sua spogliazione), e viene portato lì il Santissimo Sacramento che, dopo il Padre nostro, è ai fedeli. Questo rito della Comunione senza consacrazione potremmo farlo risalire alla messa detta dei ‘presantificati’ (santificati prima), prassi ancora presente nelle Chiese d’Oriente nel tempo di Quaresima. Nella Chiesa latina invece solo in questo giorno si accede alla Comunione senza la consacrazione, perché “il ricordo del sacrificio compiuto oggi sul Calvario occupa talmente il pensiero della Chiesa che essa rinuncia a rinnovare sull’altare l’immolazione della vittima divina” (P. Guéranger, L’anno liturgico). https://www.youtube.com/watch?v=Et3Yid7YB1s]]>
“Tollere”: farsi carico di https://www.lavoce.it/tollere-farsi-carico-di/ Wed, 25 Mar 2020 14:00:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56549 logo abat jour, rubrica settimanale

Tollere come “condonare” o tollere come “farsi carico di”.

Qual è il senso giusto da attribuire all’offerta che Gesù ha fatto a Dio al posto nostro, quando ha deciso di tollere i nostri peccati?

Qui a Gubbio, come in tante altre comunità d’antica tradizione, la processione del Venerdì santo parte al tramonto. Parte da Porta Metauro e attraversa tutta la città. Ore di cammino dietro a Lui, che stamane, deposto dalla croce, è stato adagiato sul catafalco. Le donne del quartiere di San Martino gli hanno unto le piaghe con olio vergine e profumi di prima qualità. Circa 200 uomini di ogni classe sociale, divisi in due cori, stanno per intonare il Miserere in latino, a due voci, quattro note traboccanti di passione che ci arrivano dal cuore del grande Medioevo e attraversano tutta la città; un coro dietro a Lui, l’altro dietro a sua Madre. Decine e decine sono quelli che, incappucciati per il dolore e la vergogna, reggono il baldacchino o portano i simboli della Passione. https://www.youtube.com/watch?time_continue=134&v=VnsvEHpLTiY&feature=emb_logo Eccolo lì, il volto scavato, il corpo lacerato, le braccia larghe, eccolo lì: schiacciato da un peso invisibile ma immenso, il peso che Lui ha scelto di tollere, di caricare su se stesso, il peso dei nostri peccati. Dio mio, come l’ha ridotto il male del mondo! Era quello il costo della satisfactio vicaria che lui offriva a Dio al posto nostro. Mi dissero, più di 50 anni fa, i miei docenti al Laterano che la logica dell’offesa e la logica della riparazione dell’offesa sono profondamente diverse. Lo spessore dell’offesa va valutato sulla persona che viene offesa: quando è Dio che viene offeso, la gravità del fatto è inaudita. L’efficacia della riparazione dell’offesa è invece legata alla statura morale di colui che la chiede. E dunque, pensare che un uomo possa riparare adeguatamente l’offesa che lui e i suoi hanno fatto a Dio, è da pazzi. Solo un Dio può offrire a Dio una riparazione adeguata. Gesù, vero uomo e vero Dio, solo Lui poteva offrire l’azione riparatrice adeguata (satis-factio, satis facere). E l’ha fatto offrendo al Padre il suo sangue. Il sangue nella sua materialità era gradito al dio degli aztechi, la cui benevolenza ogni giorno a mezzogiorno ne faceva congrua provvista, succhiandolo da due ventenni inermi. Ma per noi cristiani il sangue è un segno: il sangue di Gesù è il segno della sofferenza e della morte dovute al fatto di essersi fatto carico dei nostri peccati. Qui la grande domanda: perché quella sofferenza, perché quella morte?]]>
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Tollere come “condonare” o tollere come “farsi carico di”.

Qual è il senso giusto da attribuire all’offerta che Gesù ha fatto a Dio al posto nostro, quando ha deciso di tollere i nostri peccati?

Qui a Gubbio, come in tante altre comunità d’antica tradizione, la processione del Venerdì santo parte al tramonto. Parte da Porta Metauro e attraversa tutta la città. Ore di cammino dietro a Lui, che stamane, deposto dalla croce, è stato adagiato sul catafalco. Le donne del quartiere di San Martino gli hanno unto le piaghe con olio vergine e profumi di prima qualità. Circa 200 uomini di ogni classe sociale, divisi in due cori, stanno per intonare il Miserere in latino, a due voci, quattro note traboccanti di passione che ci arrivano dal cuore del grande Medioevo e attraversano tutta la città; un coro dietro a Lui, l’altro dietro a sua Madre. Decine e decine sono quelli che, incappucciati per il dolore e la vergogna, reggono il baldacchino o portano i simboli della Passione. https://www.youtube.com/watch?time_continue=134&v=VnsvEHpLTiY&feature=emb_logo Eccolo lì, il volto scavato, il corpo lacerato, le braccia larghe, eccolo lì: schiacciato da un peso invisibile ma immenso, il peso che Lui ha scelto di tollere, di caricare su se stesso, il peso dei nostri peccati. Dio mio, come l’ha ridotto il male del mondo! Era quello il costo della satisfactio vicaria che lui offriva a Dio al posto nostro. Mi dissero, più di 50 anni fa, i miei docenti al Laterano che la logica dell’offesa e la logica della riparazione dell’offesa sono profondamente diverse. Lo spessore dell’offesa va valutato sulla persona che viene offesa: quando è Dio che viene offeso, la gravità del fatto è inaudita. L’efficacia della riparazione dell’offesa è invece legata alla statura morale di colui che la chiede. E dunque, pensare che un uomo possa riparare adeguatamente l’offesa che lui e i suoi hanno fatto a Dio, è da pazzi. Solo un Dio può offrire a Dio una riparazione adeguata. Gesù, vero uomo e vero Dio, solo Lui poteva offrire l’azione riparatrice adeguata (satis-factio, satis facere). E l’ha fatto offrendo al Padre il suo sangue. Il sangue nella sua materialità era gradito al dio degli aztechi, la cui benevolenza ogni giorno a mezzogiorno ne faceva congrua provvista, succhiandolo da due ventenni inermi. Ma per noi cristiani il sangue è un segno: il sangue di Gesù è il segno della sofferenza e della morte dovute al fatto di essersi fatto carico dei nostri peccati. Qui la grande domanda: perché quella sofferenza, perché quella morte?]]>