vaccino Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/vaccino/ Settimanale di informazione regionale Wed, 01 Dec 2021 11:27:57 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg vaccino Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/vaccino/ 32 32 Contro il Covid solo una risposta globale https://www.lavoce.it/contro-il-covid-solo-una-risposta-globale/ Wed, 01 Dec 2021 11:24:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63453

Al di là delle stucchevoli diatribe fra no-vax e sì-vax, si sta facendo strada l’idea che il problema del virus sia planetario e che anche le difese, per essere efficaci e utili, debbano essere messe in atto su scala planetaria. Detto in modo più chiaro: non basta che siamo vaccinati “noi” (noi italiani, noi europei, noi del Nord del mondo), bisogna che nello stesso tempo si vaccinino tutti gli altri. E se “loro” non riescono a farlo, “noi” dobbiamo impegnarci perché ci riescano; per amore loro, se siamo buoni cristiani, come il Papa ci esorta a fare; ma almeno per amore nostro, perché non saremo al sicuro finché non lo saranno anche loro. Fin qui tutto è abbastanza chiaro. Il difficile è passare dalle parole ai fatti.

Abolire i brevetti o donare i vaccini ai paesi poveri

Molti dicono che il primo passo dovrebbe essere l’abolizione dei brevetti. Ma in realtà sarebbe un’illusione: eliminare un brevetto vuol dire dare a tutti il permesso legale di copiare. Ma come si fa a “copiare” un vaccino? Mica è come la ricetta della carbonara, che si scrive su un foglietto, poi tutti sono bravi. Per produrre un vaccino di ultima generazione ci vuole personale esperto e superspecializzato, attrezzature complicate e costose, lunghi tempi di lavorazione. Meglio, allora, se i Paesi ricchi donassero a quelli poveri le dosi già pronte e confezionate. Ma non basterebbe ancora; perché poi ci vorrebbe un apparato sanitario e logistico funzionante in ogni angolo del territorio.

Portare medici e ospedali da campo per vaccinare

Nell’Europa occidentale c’è un medico ogni 250 persone. In Congo, in Uganda, in Camerun uno su 10.000, in Somalia uno su 25.000, in Sierra Leone uno su 50.000, in Liberia uno su 100.000; e hanno già abbastanza da fare per potersi dedicare alla vaccinazione a tappeto. Allora mandiamo in ciascuno di quei Paesi un collega del generale Figliuolo con gli ospedali da campo e relativo personale militare o volontario? Magari ne fossimo capaci! Ma poi lì bisogna fare i conti con realtà difficili: ci sono (certo non dappertutto) regimi dittatoriali e/o corrotti, guerriglie etniche, rivolte; ricordiamo l’ambasciatore Attanasio ucciso in Congo. È vero, non ci si salva se non tutti insieme. Ma non si improvvisa dall’oggi al domani, né a costo zero.

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Al di là delle stucchevoli diatribe fra no-vax e sì-vax, si sta facendo strada l’idea che il problema del virus sia planetario e che anche le difese, per essere efficaci e utili, debbano essere messe in atto su scala planetaria. Detto in modo più chiaro: non basta che siamo vaccinati “noi” (noi italiani, noi europei, noi del Nord del mondo), bisogna che nello stesso tempo si vaccinino tutti gli altri. E se “loro” non riescono a farlo, “noi” dobbiamo impegnarci perché ci riescano; per amore loro, se siamo buoni cristiani, come il Papa ci esorta a fare; ma almeno per amore nostro, perché non saremo al sicuro finché non lo saranno anche loro. Fin qui tutto è abbastanza chiaro. Il difficile è passare dalle parole ai fatti.

Abolire i brevetti o donare i vaccini ai paesi poveri

Molti dicono che il primo passo dovrebbe essere l’abolizione dei brevetti. Ma in realtà sarebbe un’illusione: eliminare un brevetto vuol dire dare a tutti il permesso legale di copiare. Ma come si fa a “copiare” un vaccino? Mica è come la ricetta della carbonara, che si scrive su un foglietto, poi tutti sono bravi. Per produrre un vaccino di ultima generazione ci vuole personale esperto e superspecializzato, attrezzature complicate e costose, lunghi tempi di lavorazione. Meglio, allora, se i Paesi ricchi donassero a quelli poveri le dosi già pronte e confezionate. Ma non basterebbe ancora; perché poi ci vorrebbe un apparato sanitario e logistico funzionante in ogni angolo del territorio.

Portare medici e ospedali da campo per vaccinare

Nell’Europa occidentale c’è un medico ogni 250 persone. In Congo, in Uganda, in Camerun uno su 10.000, in Somalia uno su 25.000, in Sierra Leone uno su 50.000, in Liberia uno su 100.000; e hanno già abbastanza da fare per potersi dedicare alla vaccinazione a tappeto. Allora mandiamo in ciascuno di quei Paesi un collega del generale Figliuolo con gli ospedali da campo e relativo personale militare o volontario? Magari ne fossimo capaci! Ma poi lì bisogna fare i conti con realtà difficili: ci sono (certo non dappertutto) regimi dittatoriali e/o corrotti, guerriglie etniche, rivolte; ricordiamo l’ambasciatore Attanasio ucciso in Congo. È vero, non ci si salva se non tutti insieme. Ma non si improvvisa dall’oggi al domani, né a costo zero.

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Chi litiga sul pass… e chi non ha nulla https://www.lavoce.it/chi-litiga-sul-pass-e-chi-non-ha-nulla/ Wed, 04 Aug 2021 14:17:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61624

Mentre in Europa si moltiplicano manifestazioni, dibattiti, riflessioni e approfondimenti sul green pass, la maggior parte del pianeta non ha alcuna possibilità di scegliere tra la vaccinazione o niente. Si calcola che attualmente il 73% della popolazione mondiale non ha ricevuto nessun vaccino, e che nei Paesi a basso reddito il 99% della gente è ancora in attesa della prima dose. Le politiche di accaparramento dei brevetti e delle dosi ha fatto in modo che le campagne di vaccinazione si realizzassero soltanto in alcuni Paesi del Nord del mondo.

Si verifica così una desertificazione miope della solidarietà, dato che - come si sa - le varianti che minacciano l’efficacia dei vaccini provengono proprio dalle aree non ancora protette dal vaccino. Il programma Covax varato dell’Ue ha distribuito finora 150 milioni di dosi, troppo poco a fronte di 4 miliardi di dosi somministrate nel mondo.

Il modello che si è realizzato nella lotta all’Aids dovrebbe guidarci ancora. Il trasferimento di conoscenze scientifiche e di produzione di farmaci nei Paesi più poveri si rivelò allora decisivo anche nell’abbattimento dei costi dei retrovirali. Non converrà alle case farmaceutiche, ma salverà migliaia di vite umane.

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Mentre in Europa si moltiplicano manifestazioni, dibattiti, riflessioni e approfondimenti sul green pass, la maggior parte del pianeta non ha alcuna possibilità di scegliere tra la vaccinazione o niente. Si calcola che attualmente il 73% della popolazione mondiale non ha ricevuto nessun vaccino, e che nei Paesi a basso reddito il 99% della gente è ancora in attesa della prima dose. Le politiche di accaparramento dei brevetti e delle dosi ha fatto in modo che le campagne di vaccinazione si realizzassero soltanto in alcuni Paesi del Nord del mondo.

Si verifica così una desertificazione miope della solidarietà, dato che - come si sa - le varianti che minacciano l’efficacia dei vaccini provengono proprio dalle aree non ancora protette dal vaccino. Il programma Covax varato dell’Ue ha distribuito finora 150 milioni di dosi, troppo poco a fronte di 4 miliardi di dosi somministrate nel mondo.

Il modello che si è realizzato nella lotta all’Aids dovrebbe guidarci ancora. Il trasferimento di conoscenze scientifiche e di produzione di farmaci nei Paesi più poveri si rivelò allora decisivo anche nell’abbattimento dei costi dei retrovirali. Non converrà alle case farmaceutiche, ma salverà migliaia di vite umane.

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