uomo e donna Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/uomo-e-donna/ Settimanale di informazione regionale Fri, 21 Jul 2023 17:32:50 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg uomo e donna Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/uomo-e-donna/ 32 32 SINODO. L’intervento di delegati fraterni e uditori laici https://www.lavoce.it/sinodo-lintervento-di-delegati-fraterni-e-uditori-laici/ Fri, 16 Oct 2015 15:44:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43943 La veglia di preghiera in piazza San Pietro per l'apertura del Sinodo sulla Famiglia
La veglia di preghiera in piazza San Pietro per l’apertura del Sinodo sulla Famiglia

La mattina del 16 ottobre, nel corso della 12ma Congregazione generale, sono intervenuti i 12 delegati fraterni. Ne hanno riferito il patriarca Stephanos, primate della Chiesa ortodossa di Estonia, e Tymothty Thornton, della Comunione anglicana, nel briefing in sala stampa vaticana.

Giovedì pomeriggio (15 ottobre), ha reso noto padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, ci sono stati in totale 30 interventi, tra previsti e liberi, cui hanno fatto seguito i primi interventi di tre coppie di uditori e di uditrici. Dopo l’intervento dei 12 delegati fraterni, il 16 ottobre ci sono stati gli altri 27 interventi di uditori e uditrici.

La Chiesa deve farsi paladina della “necessità della realtà della differenza tra uomo e donna”, ha esordito Stephanos parlando ai giornalisti della sua esperienza al Sinodo. “La coppia – ha ricordato – non è costituita da due uomini e due donne, è costituita da un uomo e da una donna: cancellare questa realtà significa cancellare la differenza, senza la quale non è possibile l’evoluzione”.
Quando si parla di famiglia, “tutte le Chiese si trovano oggi di fronte agli stessi problemi, in una società che legifera sulle situazioni nuove in cui si trovano le famiglie”. Si tratta, ha spiegato il patriarca, della “ricerca di sostituirsi al modo in cui la Chiesa ha sempre parlato di famiglia, in nome della ricerca della parità”. Tutto ciò, però, sfocia “in un nichilismo in cui tutto è permesso, che si situa a un livello diverso rispetto a quella che è la realtà della vita”.

Interpellato sulla specificità della “via penitenziale” delle Chiese ortodosse per i divorziati risposati, Stephanos ha spiegato: “L’esclusione non ci appartiene: cerchiamo di fare tutto il possibile perché le persone possano tornare alla comunione eucaristica”. “Quando una coppia si sposa non lo fa per arrivare al divorzio”, ha precisato il patriarca: “Nella Chiesa romana si parla di unità del matrimonio, nella Chiesa ortodossa di unicità del matrimonio: ci si sposa per l’eternità, ma ci sono dei momenti della vita in cui l’amore cambia senso e gli sposi si autodistruggono. È una condizione di peccato e di disperazione: il vescovo può sciogliere il matrimonio, si tenta di dare la possibilità alla persona di ricostruirsi, ma è necessario un momento penitenziale”.

“Non si scioglie automaticamente il matrimonio, il vescovo non è obbligato a scioglierlo”, ha precisato Stephanos: “Nel momento in cui la persona è sincera nella sua voglia di ricostruirsi, la sia aiuta nei suoi momenti di debolezza e di peccato”. “La seconda cerimonia matrimoniale non è trionfale come la prima, ma penitenziale”, ha spiegato: “Le due persone che vivono questo cammino penitenziale devono essere sintonizzate bene con il loro amore, guardare la verità in faccia”.

Al Sinodo “il dialogo è cruciale”, e “nessuno si rivolge al Papa con intenzione distruttiva”. Stephanos e Thornton hanno risposto in questi termini all’ennesima domanda su quella che ormai viene chiamata la “lettera dei 13” al Papa. “Sono deluso, nessuno mi ha chiesto di firmare la lettera”, ha detto scherzosamente Thornton. “È importante mantenere il dialogo aperto”, ha aggiunto.
“Bisogna che i media vedano il lato positivo, non lo scandalo”, l’invito di Stephanos: “Non sappiamo bene di cosa parli la lettera. Ciò che conta è che c’è un Sinodo: se vogliamo costruire, e non distruggere, ovviamente devono esserci posizioni diverse”. “Se il Santo Padre riceve una lettera – ha proseguito – non è perché bisogna creare scandali o divisioni: i padri sinodali non si rivolgono al Papa con intenzione distruttiva. Sembra quasi che si cerchi, da parte dei media, di tastare il terreno, di vedere chi parteggia per l’uno o per l’altro”. “Io vedo dei vescovi lieti, contenti, consapevoli delle preoccupazioni dei loro fedeli – ha testimoniato Stephanos – ognuno con la propria visione della pastorale”.

Non è mancato, negli interventi dei delegati fraterni, un riferimento all’emigrazione a causa della guerra in Siria e in Iraq, che ha creato nuove sfide per le famiglie cristiane, emigrate sia nei Paesi vicini, sia in Europa.

 

]]>
SINODO. Nei Circoli Minori si parla anche della teoria del gender https://www.lavoce.it/sinodo-nei-circoli-minori-si-parla-anche-della-teoria-del-gender/ Mon, 12 Oct 2015 13:44:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43819 Vaticano-6-ottobre-i-lavori-del-Sinodo-sulla-famigliaIl 9 ottobre, venerdì, nel corso della quarta Congregazione generale della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sono state presentate in aula le Relazioni dei 13 Circoli Minori che nei giorni scorsi (dal 6 all’8 ottobre) si sono riuniti per riflettere sull’introduzione e sulla prima parte dell’Instrumentum laboris, alla luce dei contributi emersi in aula nel corso del dibattito svolto nelle prime tre congregazioni generali.
La quarta Congregazione generale si è aperta con un nuovo intervento del Papa, che ha esortato a pregare per la riconciliazione e la pace in Medio Oriente, rivolgendo un appello alla comunità internazionale per risolvere i conflitti in corso: “Aiutare efficacemente le parti interessate, allargare i propri orizzonti al di là degli interessi immediati e usare gli strumenti del diritto internazionale, della diplomazia, per risolvere i conflitti in corso.

Usare “un tono aperto”, che “favorisca il dialogo con i nostri contemporanei” e sappia adottare “il punto di vista della vita delle famiglie, senza limitarsi a quella delle coppie e al matrimonio”, questioni comunque “essenziali da affrontare”. In uno dei circoli francesi, moderato dal cardinale Gerald Cyprien Lacroix, si segnala una “certa inquietudine” dei padri rispetto al fatto che i “Modi” prodotti dai Circoli siano tutti compresi nella Relazione Finale, patendo dalla constatazione, emersa durante i lavori di questa prima settimana, che “l’Africa francofona, del Medio e Vicino Oriente, della Francia, della Svizzera e del Canada sono diverse, e le parole della lingua francese non rivestano lo stesso significato da una parte o dall’altra dell’Atlantico o del Mediterraneo”.
Tra i rischi segnalati dal Circolo minore francese moderato dal cardinale Robert Sarah, quello di presentare una visione “troppo europea col rischio di vedere le cose attraverso una certa prospettiva”.

Nel dibattito tra i padri sinodali ha trovato ampio spazio di discussione la “teoria del gender”, definita “ideologica, specialmente quando è diffusa o imposta da alcune organizzazioni internazionali”. Nel Circolo di lingua italiana moderato dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, si è chiesto di mettere “più chiaramente in luce il carattere ideologico” della “teoria del gender”, offrendo alle famiglie “un aiuto per riprendersi il loro originario diritto all’educazione dei figli nel dialogo responsabile con gli altri soggetti educativi”. Di “gender” si è parlato anche nel gruppo francofono moderato da monsignor Maurice Piat, in cui si è ricordato che “queste diverse teorie del ‘gender’ sono state sviluppate in sociologia e in filosofia, ma quando queste teorie diventano degli assoluti tendono a produrre un sistema di ‘pensiero unico’ che dissolve la famiglia, la genitorialità, l’amore umano in ciò che esso ha di più nobile e umanizzante”.

Più attenzione alle questioni legate alle migrazioni e alle famiglie “marginalizzate” o escluse. Nel Circolo minore di lingua inglese moderato dal cardinale George Pell “grande attenzione è stata data alle famiglie che migrano, che richiedono un’ulteriore e speciale generosità della comunità di fede e dei governi per fare il benvenuto a queste famiglie”. Nel Circolo anglofono moderato dal cardinale Vincent Gerard Nichols la menzione dei migranti è inserita all’interno delle famiglie “escluse” e “marginalizzate”, e a quelle che hanno a che fare con “problemi sociali come alloggi inadeguati, disoccupazione, abuso di droghe”.

“L’unico modello di famiglia che corrisponde alla dottrina della Chiesa è quello fondato sul matrimonio tra uomo e donna”. È quanto ricorda il Circolo minore di lingua italiana moderato dal cardinale Francesco Montenegro. Un appello al “realismo pastorale” viene anche dal Circolo italiano moderato dal cardinale Edoardo Menichelli, in cui i padri hanno ricordato tra l’altro che “la pari dignità fra uomo e donna ha radici evangeliche”. Di qui la necessità di rilanciare “la realtà della donna e del suo ruolo all’insegna della reciprocità valorizzando l’uguaglianza e la differenza, evitando eccessi e unilateralità”, evitando però “i limiti di un femminismo all’insegna della sola uguaglianza che schiaccia la figura della donna su quella dell’uomo e i limiti di quello all’insegna della sola differenza che tenta di allontanare le identità uomo-donna”.

Per approfondimenti segui www.vatican.va

]]>
La Chiesa riparte dalle situazioni reali delle famiglie https://www.lavoce.it/la-chiesa-riparte-dalle-situazioni-reali-delle-famiglie/ Wed, 16 Sep 2015 14:45:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43322 Sinodo-famiglia-ottobre-2014
I lavori di apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia nell’ottobre 2014

Un “nuovo passo”, per un “accompagnamento differenziato” delle famiglie, particolarmente quelle ferite e fragili, tramite un “discernimento prudente e misericordioso” e “la capacità di cogliere nel concreto la diversità delle singole situazioni”.

È l’Instrumentum laboris per la 14a Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi (4-25 ottobre). Il testo è frutto della Relatio Synodi – di cui vengono confermate ampie parti – integrato con le 99 risposte ai Lineamenta, oltre a 359 osservazioni “inviate liberamente da diocesi e parrocchie, associazioni ecclesiali e gruppi spontanei di fedeli, movimenti e organizzazioni civili, numerose famiglie e singoli credenti”.

A fornire i dati in conferenza stampa è stato il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi.

“Per la Chiesa – si legge nell’Instrumentum laboris – si tratta di partire dalle situazioni concrete delle famiglie di oggi, tutte bisognose di misericordia, cominciando da quelle più sofferenti”. Il documento si articola in tre parti: l’ascolto delle sfide sulla famiglia, il discernimento della sua vocazione, la riflessione sulla sua missione.

Ci vuole una “morale della grazia” per far “scoprire e fiorire la bellezza delle virtù proprie della vita matrimoniale” e far passare ai giovani la paura di sposarsi per paura di fallire.

Altra verità da ribadire è la differenza tra uomo e donna; sulla contraccezione, il riferimento imprescindibile resta l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI.

Il ruolo delle donne

Una delle novità dell’Instrumentum laboris è l’affermazione che “può contribuire al riconoscimento del ruolo determinante delle donne una maggiore valorizzazione della loro responsabilità nella Chiesa: il loro intervento nei processi decisionali; la loro partecipazione, non solo formale, al governo di alcune istituzioni; il loro coinvolgimento nella formazione dei ministri ordinati”.

Divorziati risposati

Niente “esclusione” dei divorziati risposati: anzi, “sempre maggiore integrazione nella comunità cristiana”, tramite “cammini” preceduti “da un opportuno discernimento da parte dei pastori circa l’irreversibilità della situazione e la vita di fede della coppia in nuova unione”. Accoglienza e integrazione le due parole-chiave, nell’ottica di “una legge di gradualità rispettosa della maturazione delle coscienze”.

“C’è un comune accordo sull’ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente che si trovano in situazione di convivenza irreversibile”, si apprende dall’Instrumentum laboris, in cui alcuni Padri suggeriscono “un percorso di presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica dell’eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza”.

Altri Padri, tuttavia, “per via penitenziale intendono un processo di chiarificazione e di nuovo orientamento, dopo il fallimento vissuto, accompagnato da un presbitero a ciò deputato”. Questo processo “dovrebbe condurre l’interessato a un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazione per poter far uso della potestà di legare e sciogliere in modo adeguato alla situazione”.

Unioni omosessuali

“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. È la posizione della Chiesa sulle unioni gay, ripresa dalla lettera in materia della Congregazione per la dottrina della fede, citata sia nella Relatio Synodi sia nell’Instrumentum laboris.

“Ogni persona – ricorda però il nuovo documento – indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società”. Si propone quindi: “Sarebbe auspicabile che i progetti pastorali diocesani riservassero una specifica attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale, e di queste stesse persone”.

 

]]>
La novità del comandamento https://www.lavoce.it/la-novita-del-comandamento/ Wed, 06 May 2015 14:22:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32852 Il Vangelo di domenica narra del testamento che Gesù lasciò ai suoi discepoli nell’Ultima Cena, prima di andare verso l’orto del Getsemani; è davvero la “divina Charta della carità di Dio verso di noi, e della carità nostra verso tutti”. Gesù sente, per la morte ormai vicina, di dover aprire il suo cuore agli apostoli donando loro ciò che ha di più prezioso: l’amore trinitario, la natura stessa del legame che da sempre esiste in Dio. È un brano di vita intima, di grandissima confidenza, di commozione. Quello narrato da Giovanni in questi versetti è l’apice della missione di Gesù tra gli uomini: il dono che li abilita ad amare, anzi a ri-amare con lo stesso Amore suo. La novità assoluta, sconvolgente, impensabile, tanto attesa e da sempre agognata dall’uomo: amare di un amore che porta la felicità. Due realtà che l’uomo ha perso quel giorno in cui voltò le spalle a Dio nell’Eden; le due cose che ogni uomo cerca spasmodicamente. E spesso le cerca insieme perché intuisce che sono legate tra loro. Cerca amore e felicità nel rapporto tra uomo e donna, quasi come nostalgia di quell’Eden dove la prima coppia era fedele immagine di Dio.

Desideriamo amare ed essere amati, e soffriamo perché non riusciamo ad amare e ad essere amati come vorremmo, o come pensiamo di dover essere amati. Gesù sazia per sempre questo desiderio, e lo fa nell’ora più oscura della sua vita terrena – quella del fallimento e sconfitta segnata dalla condanna a morte – che si rivela come l’ora della “glorificazione”. In lui, che ama fino al dono della propria vita, si manifesta la vera natura della potenza di Dio, che è potenza di Amore. Per questo “Dio è stato glorificato in lui” ( Gv 17,31). È la più grande delle teofanie! Quello che avviene è l’abbraccio dell’uomo da parte di un Dio innamorato da sempre di lui, che gli si svela ora con il linguaggio del cuore. L’amore reciproco che gli umani possono avere tra loro inizia da questo Amore su cui l’uomo può contare sempre, da ora, e con il quale può generare rapporti realmente nuovi a immagine di quelli trinitari. Così tra coniugi, in famiglia, nelle comunità.

Gesù lascia come testamento un comandamento che è “nuovo” per la perfezione a cui lui l’ha portato, e perché costituisce il distintivo dei discepoli: “Figlioli, amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. Giovanni vede nell’amore reciproco il comandamento per eccellenza della Chiesa, la cui vocazione è appunto essere comunione, essere unità. Poteva Gesù lasciarci un testamento più bello di questo? Nella comunità, la cui profonda vita è l’amore reciproco, Gesù può rimanere efficacemente presente. Attraverso la comunità egli può continuare a rivelarsi al mondo, può continuare ad influire sul mondo. Con il comandamento nuovo, lega i suoi discepoli a ciò che ha vissuto, dona loro di amare come lui ama. Quella sera, ha pregato: “L’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17,26). Non dà una parola da osservare: dona se stesso. Con il dono del comandamento nuovo, Gesù fa dono della sua presenza. In casa, tra moglie e marito, con i figli, gli altri parenti, prima di lavorare, prima di studiare, prima di andare a messa, prima di ogni attività, possiamo verificare se regna fra noi il mutuo amore. Se è così, su questa base, tutto ha valore. Senza questo fondamento, nulla è gradito a Dio.

Il comandamento è nuovo, è capace di produrre novità. “Cieli nuovi e terra nuova” sono oggi l’aspirazione di tutti gli uomini e donne che sono impegnati in un superamento dell’attuale sistema sociale, così carico di ingiustizie e sfruttamenti. L’uomo da solo non riesce; cade con facilità nella tentazione di provarci con la forza e la violenza, ma il centro propulsore della storia non sono la lotta e la violenza. Per questo, prima di patire e morire, il Signore Gesù ha lasciato ai suoi il “comandamento nuovo”, che si ricapitola tutto nell’amore vicendevole, manifestazione dell’amore divino che circola tra il Padre e il Figlio. Se noi, che siamo discepoli del Signore e quindi suoi amici, dovessimo fare di questo testamento la regola della nostra vita, tutti dovrebbero riconoscerci proprio perché il nostro “dirci” cristiani non sarebbe una parola vuota, ma testimonianza di amore e di vita. È per questo amore che Cielo e terra sono collegati come da una grande corrente. Per questo amore, la comunità cristiana è portata nella sfera di Dio, e la realtà divina vive in terra dove i credenti si amano.

 

]]>
Alleanza d’amore https://www.lavoce.it/alleanza-damore/ Wed, 22 Apr 2015 13:18:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31671 “Il Creatore presenta Eva ad Adamo” (Monreale, duomo)
“Il Creatore presenta Eva ad Adamo” (Monreale, duomo)

Nell’udienza generale di mercoledì in piazza San Pietro, Papa Francesco ha proseguito la catechesi sulla famiglia sul tema “Maschio e femmina li creò”, tratto dalla Genesi.

“Lo Spirito santo – ha affermato -, che ha ispirato tutta la Bibbia, suggerisce per un momento l’immagine dell’uomo solo: gli manca qualcosa, senza la donna. E suggerisce il pensiero di Dio, quasi il sentimento di Dio che lo guarda, che osserva Adamo solo nel giardino: è libero, è signore… ma è solo. E Dio vede che questo non è bene: è come una mancanza di comunione, gli manca una comunione, una mancanza di pienezza. ‘Non è bene’ dice Dio, e aggiunge: ‘Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda’ (Gen 2,18).

Allora Dio presenta all’uomo tutti gli animali. L’uomo dà a ognuno di essi il suo nome (e questa è un’altra immagine della signoria dell’uomo sul creato), ma non trova in alcun animale l’altro simile a sé. L’uomo continua solo. Quando finalmente Dio presenta la donna, l’uomo riconosce esultante che quella creatura, e solo quella, è parte di lui: ‘Osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne’ (2,23)”.

“Finalmente – ha proseguito Francesco – c’è un rispecchiamento, una reciprocità. Quando una persona vuole dare la mano a un’altra, deve avere qualcun altro davanti a sé”. Se uno dà la mano ma non ha nessuno di fronte a sé, “gli manca la reciprocità. Così era l’uomo, gli mancava qualcosa per arrivare alla sua pienezza, gli mancava reciprocità”.

La donna – ha quindi sottolineato il Papa – “non è una ‘replica’ dell’uomo. Viene direttamente dal gesto creatore di Dio. L’immagine della costola non esprime affatto inferiorità o subordinazione, ma, al contrario, che uomo e donna sono della stessa sostanza e sono complementari, e che hanno questa reciprocità. Il fatto che, sempre nella ‘parabola’, Dio plasmi la donna mentre l’uomo dorme, sottolinea proprio che lei non è in alcun modo una creatura dell’uomo, ma di Dio.

E suggerisce anche un’altra cosa: per trovare la donna – e possiamo dire, per trovare l’amore nella donna – l’uomo prima deve sognarla, e poi la trova”.

Poi, la crisi: “La fiducia di Dio nell’uomo e nella donna, ai quali affida la terra, è generosa, diretta, e piena. Si fida di loro. Ma ecco che il Maligno introduce nella loro mente il sospetto, l’incredulità, la sfiducia. E infine arriva la disobbedienza al comandamento che li proteggeva. Cadono in quel delirio di onnipotenza che inquina tutto e distrugge l’armonia. Anche noi lo sentiamo dentro di noi, tante volte, tutti.

Il peccato genera diffidenza e divisione fra l’uomo e la donna. Il loro rapporto verrà insidiato da mille forme di prevaricazione e di assoggettamento, di seduzione ingannevole e di prepotenza umiliante, fino a quelle più drammatiche e violente. La storia ne porta le tracce. Pensiamo, ad esempio, agli eccessi negativi delle culture patriarcali. Pensiamo alle molteplici forme di maschilismo, dove la donna era considerata di seconda classe. Pensiamo alla strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica.

Ma pensiamo anche alla recente epidemia di sfiducia, di scetticismo, e persino di ostilità che si diffonde nella nostra cultura, in particolare a partire da una comprensibile diffidenza delle donne, riguardo a un’alleanza tra uomo e donna che sia capace, al tempo stesso, di affinare l’intimità della comunione e di custodire la dignità della differenza”.

“Se – ha esortato – non troviamo un soprassalto di simpatia per questa alleanza, capace di porre le nuove generazioni al riparo dalla sfiducia e dall’indifferenza, i figli verranno al mondo sempre più sradicati da essa, fin dal grembo materno. La svalutazione sociale per l’ alleanza stabile e generativa dell’uomo e della donna è certamente una perdita per tutti. Dobbiamo riportare in onore il matrimonio e la famiglia!

La Bibbia dice una cosa bella: l’uomo trova la donna, si incontrano, e l’uomo deve lasciare qualcosa per trovarla pienamente. ‘Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre’ per andare da lei. È bello! Questo significa incominciare una strada. L’uomo è tutto per la donna, e la donna è tutta per l’uomo”.

Il Papa ha così concluso: “La custodia di questa alleanza dell’uomo e della donna, anche se peccatori e feriti, confusi e umiliati, sfiduciati e incerti, è dunque, per noi credenti, una vocazione impegnativa e appassionante nella condizione odierna.

Lo stesso racconto della creazione e del peccato, nel suo finale, ce ne consegna un’icona bellissima: ‘Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelle e li vestì’ (Gen 3,21). È un’immagine di tenerezza verso quella coppia peccatrice, che ci lascia a bocca aperta: la tenerezza di Dio per l’uomo e per la donna! È un’immagine di custodia paterna della coppia umana. Dio stesso cura e protegge il Suo capolavoro”.

 

]]>
No alla cultura dell’unisex https://www.lavoce.it/no-alla-cultura-dellunisex/ Fri, 06 Mar 2015 11:12:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30699 Padre Paolo Benanti durante il suo intervento
Padre Paolo Benanti durante il suo intervento

Lo scorso 27 febbraio alla scuola politica “Giuseppe Toniolo” padre Paolo Benanti ha tenuto una vivacissima relazione sulla questione del gender. Si tratta di un tema di grande attualità rispetto al quale molti cattolici non prendono posizione. Padre Benanti ha evidenziato in più occasioni che esiste una differenza fondamentale tra il gender e la “teoria” del gender.

C’è un indubitabile elemento biologico della sessualità, ma c’è anche una dimensione socio-culturale che attraversa tutte le dimensioni della persona. Il gender indica il modo di essere maschi e femmine. Sesso e genere non costituiscono due dimensioni contrapposte, ma interdipendenti: sui caratteri biologici s’innesca l’identità di genere. Maschi e femmine si nasce, uomini e donne si diventa. Un secolo fa nella cultura dominante gli uomini andavano in guerra e le donne rimanevano ad aspettarli a casa: si trattava di una questione di gender. In tanti luoghi del mondo la donna vale poco o niente, e si tratta di una questione culturale legata al sesso.

Ma la soluzione del problema non è la libertà dell’orientamento sessuale o la teoria del gender. Diversa dal gender, infatti, è la “teoria del gender” che annulla l’elemento biologico per sostenere esclusivamente quello socio-culturale. Secondo tale teoria, l’identità sessuale non corrisponde a quanto iscritto nella natura di ciascuno, ma è qualcosa di socialmente costruito: un fattore culturale, un principio di convivenza che non ha niente a che fare con l’elemento sessuale.

“La teoria del gender – ha affermato il relatore – è un autentico progetto politico che ha come obiettivo il superamento delle identità di maschio e femmina, per arrivare a definire un’identità comprensiva di più fattori. Si tratta di un ideologia… L’assoluta novità politica di tale ideologia è che non c’è un avversario da combattere”.

Nel corso della lezione padre Benanti ha proiettato molti video per dimostrare la novità assoluta del linguaggio attraverso il quale si esprime la teoria del gender. La normalizzazione dell’omosessualità è un punto chiave del movimento gender, primo passo per scindere l’identità sessuale dalla natura biologica. La definizione sessuale diventa una variabile che può mutare più volte nel corso della vita. Stiamo assistendo – ha aggiunto – a un radicale cambiamento culturale, costruito e voluto da quanti sostengono la teoria del gender. Da una cultura in cui vigeva una forte distinzione tra i sessi siamo passati a una cultura dell’unisex.

Anche il lessico sta lentamente cambiando sotto l’impulso della teoria del gender, tanto che sono posti in discussione alcuni legami identitari: non si parla più di padre e madre ma di “progetto parentale” o “genitorialità”. È evidente che questa rivoluzione antropologica richiede attenzione educativa da parte di chi è chiamato a formare e orientare i giovani, i quali si trovano a crescere in un contesto che mette in discussione un elemento fondamentale quale la differenza sessuale tra uomo e donna.

]]>
La questione femminile tra identità e differenza https://www.lavoce.it/la-questione-femminile-tra-identita-e-differenza/ Fri, 20 Feb 2015 10:51:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30388 gente-donneAnche nell’epoca dei bigdata, della sovrainformazione e dei polveroni mediatici la cultura sa creare spazi per pensare. È già disponibile on line il testo della traccia dei lavori per l’Assemblea plenaria sulle culture femminili presso il Pontificio Consiglio della cultura in occasione del convegno “Le culture femminili: uguaglianza e differenza”, che si è concluso sabato 7 febbraio.

Il documento dichiara fin da subito la problematicità di provare a pensare una cultura femminile, che riesca a valorizzare l’innegabile peculiarità femminile, pur muovendo dall’analisi dei ruoli ai quali nella storia è stata ridotta la differenza tra uomo e donna. Da un indiscriminato indifferentismo, infatti, consegue l’esclusione pratica di ogni differenza, a svantaggio dell’intera società e a svantaggio delle donne: queste di nuovo vedrebbero scomparire dalla dimensione pubblica le loro proprie modalità di partecipazione alla vita collettiva. Ovvero, l’uniformità procede insieme alla emarginazione, sottolinea il documento. Occorre dunque pensare in maniera consistente e fondata il rapporto tra identità personale e genere di appartenenza, come anche il rapporto tra biologia e cultura. Il documento stimola a interrogarsi se la “questione di ‘genere’ può essere legata in qualche maniera a questa visione ‘disuguale’ tra uomo e donna, da cui deriva la pretesa di crearsi una identità ‘culturale’”. In altre parole, il “genere” può essere una “reazione” alla “disuguaglianza”, per cui diventa urgente però superare la “reazione” per trovare una “soluzione”. D’altra parte la Parola di Dio è chiara sul valore e l’importanza della differenza per dare pienezza all’essere umano, ma anche la biologia attesta questa diversità (dimorfismo sessuale). Questa impostazione del problema non significa negare che ci siano situazioni che con difficoltà rientrano in questa spiegazione o che ne esulano, ma invita a trovare un quadro teoretico che dia soddisfacenti risposte: tenere insieme identità e contraddizione. Non si può infatti risolvere banalmente il problema appiattendo femminile e maschile su immagini stereotipate e concettualmente povere, incapaci di dare una piena risposta alla cultura del nostro tempo. L’obiettivo è piuttosto la promozione della ricchezza che può derivare da una nuova alleanza tra mondo maschile e mondo femminile. D’altra parte è innegabile che pensare la “donna” costringe a pensare l’“uomo”: definire questa relazione come complementare non dà sufficientemente conto della “reciprocità” tra i due, della dinamicità della relazione. Su questa dinamicità si fonda l’identità di ognuno dei due. Si tratta in fondo del classico problema filosofico: la coniugazione tra l’identico e il diverso. Questo problema, che nella storia della filosofia è stato esplorato ampiamente nel campo della logica e della metafisica, non è stato invece troppo esplorato in merito alla questione del maschile e del femminile, come evidenziava un testo di Geneviève Fraisse (La differenza tra i sessi, Bollati Boringhieri, Torino 1996). È urgente una risposta.

Molti altri spunti sono offerti dal documento dell’Assemblea plenaria, che riflette anche sulla simbologia della generatività e sul rapporto tra donne e religione. L’obiettivo è la ricerca di un equilibrio, che certamente è poco attraente sul piano mediatico ma sollecita e stimola la capacità riflessiva di coloro che sono interessati al problema e di tanti cristiani.

]]>
Il nostro “avvocato”: l’Amore https://www.lavoce.it/commento-al-vangelo-19/ Fri, 23 May 2014 12:45:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25014 La liturgia prosegue la lettura del capitolo 14 di Giovanni. Oggi il tema centrale è la testimonianza del Cristo e del suo amore: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. I miei comandamenti, quelli che vi ho lasciato e vi ho insegnato con la mia vita – sembra dire Gesù. Allora il comandamento è quello che nel Vangelo di Giovanni si riassume nell’amore fraterno.

“Se mi amate”, sembra dirci, guardate a me, al mio esempio, e anche voi amate in nome mio nello stesso modo: il coniuge, i figli, i genitori anziani, e magari anche qualche collega o vicino di casa scomodo. Nessuna imposizione o coercizione, ma solo l’invito dolce di Gesù a lasciarsi plasmare dal suo amore, a farlo entrare nel nostro quotidiano e a metterci in cammino. Non a caso la Parola usa il verbo “osservare” al futuro, non al presente come ci si aspetterebbe. Questa scelta linguistica ci parla di una progressività che ci rende così intimi a Gesù, così appassionati di Lui da lasciare che la nostra vita ne sia cambiata totalmente.

Per sette volte, nel brevissimo brano di questa domenica, Gesù usa espressioni come: sarò con voi, presso di voi, in voi; parole che ci parlano di questa voglia di prossimità e di vera intimità. Quanto è bello sentire questo desiderio d’amore per noi! Quanto ci riempie il cuore sapere che Gesù vuole solo trovare uno spazio nei nostri cuori dove nascere e abitare, così che noi possiamo veramente sentirci figli prediletti, tralci della sua vite, membra della sua amata Chiesa! Solo in questo modo saremo in grado di raccogliere l’invito di Pietro che leggiamo nella seconda lettura: “Siate sempre pronti a rispondere a chi vi domanda ragione della speranza che è in voi”. Non solo; l’Apostolo prosegue dicendo che bisogna farlo con “dolcezza e rispetto”, senza fanatismi, senza eccessi, senza chiusure. È questo infatti lo stile di Gesù, lo stile della tenerezza che dovremmo lasciare abitare anche in noi.

Certo, la vita di tutti i giorni spesso ci risucchia in dinamiche tutt’altro che ispirate al messaggio evangelico. Conosciamo la provvisorietà, la fragilità dei nostri cuori e la sensazione di brancolare nel buio di fronte a scelte di fede. Eppure non dobbiamo temere. Il viaggio che Egli ci ha chiamato a fare ci servirà a imparare l’amore e a imparare ad amare. Lo sappiamo bene, noi sposi, che dopo la bellezza dell’innamoramento siamo chiamati a confermare il nostro stare insieme imparando giorno dopo giorno ad amare anche i difetti dell’altro. Lo sanno bene i sacerdoti, che, nonostante le difficoltà e spesso la solitudine che vivono nelle proprie parrocchie, continuano a lavorare per amore di Gesù e dei loro fratelli. Lo sanno bene i tanti coniugi lacerati dalla separazione, che, nonostante il dolore, riescono ancora una volta a perdonare e a testimoniare ai propri figli il valore della famiglia, nonostante tutto.

Allora il viaggio serve a rendere capaci i nostri cuori di accedere alla forza della grazia che ci viene da Dio, con la certezza che Gesù non ci ha lasciato soli; sa bene che da soli non possiamo farcela. “Non vi lascio orfani”. Questa la bellissima notizia con cui ha preparato i suoi al distacco, e con cui consola e incoraggia ogni uomo e donna di buona volontà. C’è per noi il Paraclito, lo Spirito santo. Dopo che Gesù ha dato la vita per noi, siamo così amati da Lui che ci viene donato un nuovo “avvocato difensore”. Ecco per noi il richiamo a metterci in cammino, ognuno secondo la strada pensata per lui dal Padre, in famiglia, in comunità, nella parrocchia, ma mai da soli. Questo Vangelo sembra condurci per mano alla scoperta della Pentecoste, al momento in cui la promessa che è stata fatta oggi trova compiutezza, quando l’amore incommensurabile tra il Padre e il Figlio diviene forza dirompente per i nostri cuori, compagna del viaggio d’amore a cui siamo chiamati, coraggio e passione nella testimonianza.

]]>
Amati e chiamati a “uscire” https://www.lavoce.it/commento-al-vangelo-17/ Fri, 09 May 2014 12:21:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24767 La Parola di questa domenica ci offre un brano che temporalmente si colloca durante la missione di Gesù, e che oggi siamo chiamati ad ascoltare con orecchie e cuore resi nuovi dall’esperienza viva della Risurrezione. Come i discepoli di Emmaus, che abbiamo lasciato la scorsa domenica nella gioia di chi ha finalmente “compreso”, anche noi ora siamo invitati a riflettere su una Parola che assume pienezza alla luce del Signore risorto. Gesù è l’unico “buon” e “bel” pastore! Gesù è l’unica porta che apre alla felicità.

È il Pastore che conosce le sue pecore nel profondo e nell’unicità del proprio essere; è il Pastore che “odora di pecore” come ha detto di recente Papa Francesco, invitando i sacerdoti a esserlo anche loro. È il Pastore di tutti e di ciascuno, dove la contraddizione tra “universalità” e “particolarità” è conciliata nella Sua tenerezza incarnata (cfr. don Carlo Rocchetta, Teologia della Tenerezza). È il Pastore dei “recinti aperti”, che non rinchiude i suoi figli in una fede fatta di precetti morali o disincarnata. Egli apre alla vita, quella vera, fatta di libertà e fiducia. È Lui che segna il cammino, è Lui che si fa bell’esempio da seguire per trovare la felicità. Perché egli è il Cristo, ed è anche “porta”, passaggio, apertura verso la pienezza della nostra vocazione, di ogni vocazione. Non a caso, la Chiesa in questa domenica celebra anche la Giornata mondiale per le vocazioni. Solo con Lui come guida, la nostra sequela e il nostro apostolato non conosceranno la paura dei ladri e dei briganti, e noi avremo la vita in abbondanza.

Raggiungere allora la pienezza del Divino nella nostra vita vuol dire, prima di tutto, raggiungere la pienezza dell’Umano cui siamo chiamati dal Padre. La Parola di oggi invita ogni uomo e donna di buona volontà a realizzare tale pienezza secondo la propria vocazione specifica: i Pastori e i religiosi nelle proprie parrocchie o comunità, e noi famiglie nel nostro più “piccolo recinto”. Tutti e insieme, siamo chiamati a vivere ognuno la propria chiamata particolare non nella chiusura ma nell’apertura e nell’accoglienza, perché si realizzi l’idea di una “Chiesa in uscita” che sta tanto a cuore a Papa Francesco e di cui ha parlato anche nella Evangelii gaudium (nn. 23-24).

In particolare, per noi famiglie la Parola contiene il richiamo forte a dare l’esempio di una vita matrimoniale che esce dal proprio recinto, dalle proprie sicurezze per aprirsi agli altri e, in comunione con i sacerdoti, suggerire nuove vie pastorali alla Chiesa, con la certezza che Lui ci porterà “a pascoli erbosi e ad acque tranquille”, come annuncia il Salmo 22 di questa liturgia domenicale. Dovremo avere la forza e la convinzione di raccontare ai nostri figli, nella quotidianità, che si può spendere la propria vita per Lui, nelle molte chiamate e vocazioni che il Padre ha pensato per l’uomo, non solo attraverso la vita sponsale, ma anche come sacerdoti o religiosi.

Dovremo avere il coraggio di testimoniare per primi, a chi ci sta accanto, che siamo chiamati a vivere i misteri che spesso la vita ci mette dinanzi (un lutto, la crisi economica, l’incomprensione con i figli…), sapendo che solo Lui è la porta che apre a vie nuove dove ritrovare la vita, non come semplice “sopravvivere”, ma come tornare a vivere in pienezza. Quale tenerezza del Signore si rivela in quest’abbondanza evangelica! Un’abbondanza che promette il centuplo quaggiù e l’eternità in cielo, che elargisce un perdono che si ripete settanta volte sette, e che dona pani e pesci in quantità. Quanta bellezza nel sentirsi così amati da non avere più paura di abbandonare i nostri recinti! Quanta pienezza nel comprendersi come Suoi figli!

]]>
Sentinelle in piedi: reazioni eccessive https://www.lavoce.it/sentinelle-in-piedi-reazioni-eccessive/ Thu, 03 Apr 2014 15:15:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24105 SentinelleCirca trecento persone sono state ferme, in piedi, con un libro in mano, in piazza della Repubblica, sabato 29 marzo, davanti alla sede del Pd, a manifestare per difendere la libertà di opinione rispetto alla teoria del gender.

La protesta è stata promossa dal gruppo perugino delle “Sentinelle in piedi”, movimento che si è diffuso portando in molte città italiane la protesta silenziosa e pacifica con la quale esprimono la contrarietà all’approvazione del progetto di legge Scalfarotto con il quale all’“omofobia” verrebbe applicata la stessa legge (e relative pene) prevista per i reati di terrorismo e di razzismo.

Se dovesse passare questa legge, avvertono i promotori della manifestazione, non sarebbe più possibile neppure per un prete dire che l’omossessualità è un peccato, e un genitore che dovesse dire al proprio figlio e ai suoi piccoli amici, che da grande si innamorerà di una bella ragazza potrebbe essere accusato, anche lui, del reato di omofobia al quale verrebbe applicata la legge “Reale” varata per combattere il terrorismo, e dunque potrebbe essere condannato a scontare anni di carcere.

I gruppi delle “Sentinelle in piedi”, così come i gruppi della “Manif pour tous”, vogliono sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema e sulla connessa campagna sostenuta da potenti lobby per diffondere la teoria del “gender” nella cultura (non c’è più film o fiction in tv in cui siano presenti gay), nelle istituzioni (con la battaglia, per esempio, per eliminare i termini uomo e donna o madre e padre) e anche nelle scuole (da ultimo la vicenda dei libri dell’Unar).

Delle trecento persone nessuna ha risposto agli insulti e alle provocazioni urlati con megafono da un piccolo gruppo di attivisti Lgtb che hanno definito i dimostranti “un gruppo di clerico-fascisti reazionari” che “alimenta pregiudizi contro le persone omosessuali e transessuali”.

Nelle redazioni dei giornali sono giunti il comunicato dell’associazione “Omphalos-Arcigay” di Perugia, parte del ramo giovanile del Pd, e di un gruppo definitosi “Perugia rainbow”. Entrambi i comunicati grondano di violenza verbale contro le “Sentinelle in piedi” definendo, Perugia rainbow, la manifestazione e le sue ragioni un “attacco liberticida al diritto e ai desideri di quelli che vogliono decidere e autodeterminare i propri corpi”. Per l’Omphalos è stata “una manifestazione di stile fascista nei modi e nei contenuti” alla quale avrebbe partecipato “la destra fanatica e i movimenti religiosi integralisti, tutti uniti a favore del disprezzo e della discriminazione” verso le persone omosessuali. Reazioni fuori misura.

]]>
Papa Francesco, un anno di Tenerezza https://www.lavoce.it/papa-francesco-un-anno-di-tenerezza/ Thu, 13 Mar 2014 15:16:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23635 papa-francesco-elezione-201313 marzo 2014, un anno di pontificato di Papa Francesco. Stiamo imparando uno stile, lo stile della tenerezza come elemento di apertura e dialogo anche verso quei luoghi che psicologicamente a noi cristiani sono spesso sembrati inaccessibili (cf. B. Baffetti – F. Marcacci, La tenerezza salverà il mondo! Imparare l’Amore alla scuola di Papa Francesco, Porziuncola, Assisi 2014, in libreria dal 2 aprile).

La tenerezza aiuta a verificare il proprio cammino cristiano, poiché la tenerezza è la “cartina tornasole” dell’amore: non può esserci vera cura e attenzione per l’altro se non sono impastate di tenerezza. Senza ovviamente perdere di vista i contenuti della nostra fede e della nostra dottrina, in un dialogo necessario e costruttivo tra tenerezza e verità: la tenerezza produce il suo effetto sano e duraturo quando non è tenerume e quando è in grado di fondarsi sulla verità dell’incontro con Gesù, sulla Verità di Gesù. Questa Verità costringe ad affinare i nostri argomenti e i nostri modi di ragionare, poiché come la fede cresce anche la fede pensata.

Proviamo allora a commentare qualche luogo comune che ironicamente allude a un atteggiamento di sconfitta e rammarico verso i nostri tempi: anziché accogliere la grandezza della nostra storia come un’opportunità unica per il Vangelo, viviamo spesso sulle difensive.

Papa Francesco sta chiedendo proprio di convertirci al Vangelo anche su questo livello esistenziale, nel rapporto con il mondo. Con buona pace del sarcastico Voltaire che beffeggiava Leibniz, questo nostro mondo può davvero essere il migliore dei mondi possibili per vivere e annunciare il Vangelo. Senza dimenticare l’urgenza di intervenire nei dibattiti del nostro tempo, ne cogliamo invece l’opportunità. E combattiamo laddove nessuno combatte: penso alla promozione di una sana cultura del rapporto di coppia, per ovvia esperienza personale nella Casa della Tenerezza.

Ma potrei fare tanti altri esempi, anche solo tratti dal territorio perugino.

Piove, governo ladro: disincanto verso le istituzioni e verso la politica, crisi economica. Che si annunci la profondità del settimo comandamento, che si riveli la grandezza dell’idea cristiana di “lavoro”, che si promuova il valore dell’economia cristianamente vissuta, che si pretenda la giustizia. E già Papa Benedetto XVI definiva la crisi come un’opportunità per acquisire uno stile di vita sobrio e umile. Una vera occasione da non perdere “per farsi” più cristiani, anche difendendo i più deboli che come sempre sono i primi a rimetterci quando c’è crisi.

Non ci sono più le mezze stagioni: il rapporto con il creato è disastroso, non sappiamo se e quali conseguenze avrà lo sfruttamento disordinato delle risorse. Che meraviglia il Cantico di san Francesco, per promuovere il senso cristiano della natura, alla quale apparteniamo fin dentro ogni cellula del nostro corpo. Non ecologia, ma ecotenerezza, per vivere la nostra dimensione corporale come una lode continua a Dio.

Si stava meglio quando si stava peggio: distruzione della famiglia, relativismo generalizzato, emergenza educativa. Proprio nel nostro contesto sociale, ben più variegato e molteplice di cinquant’anni fa, la famiglia cristiana può risplendere con forza. Proprio oggi possiamo far riecheggiare la bellezza della reciprocità tra uomo e donna e essere grati quando si vive questo dono. E per l’emergenza educativa, sapere che nella società plurale (ben più che liquida), ricca di opinioni diverse ma anche di risorse comunicative, è possibile far rimbalzare nel mondo idee sane e buone. Per segnare questo tempo come un tempo di svolta, pieno di speranza verso un futuro certamente bello per chi abbraccia Gesù.

]]>
Fin sul Tabor… e ritorno https://www.lavoce.it/commento-al-vangelo-n-10-del-2014/ Thu, 13 Mar 2014 14:37:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23486 Il racconto della Trasfigurazione del Vangelo di questa domenica, potremmo dividerlo in tre momenti: salire in disparte con Gesù, vedere Gesù che si trasfigura, scendere dal monte. Gesù “conduce in disparte, su un alto monte”. Dio si fa conoscere nella montagna. L’evangelista Luca specifica maggiormente il contesto: “Salì sul monte a pregare, e mentre pregava l’aspetto del suo volto divenne…” (9,28-29), collocando l’episodio in un contesto di preghiera. Gesù rivela la sua divinità in un luogo ‘altro’ rispetto al normale quotidiano.

È l’esperienza a cui noi cristiani veniamo chiamati. Gesù ci invita a vivere momenti di intimità con lui per farsi conoscere, per parlarci, per manifestarsi. Cosa unisce Pietro, Giacomo e Giovanni con Gesù? Senza dubbio un forte legame di amicizia. Pietro, addirittura, sei giorni prima, alla domanda di Gesù: “Chi dite che io sia?” aveva risposto: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Questa affermazione non era un semplice punto di arrivo, ma un punto da cui partire, l’inizio di un percorso umano da parte di Pietro per capire la vera identità di Gesù e il senso di quello che sarebbe accaduto. Tale percorso si concluderà solo con la Pentecoste. Gesù, infatti, aveva cominciato a preannunciare ai discepoli i fatti che di lì a poco sarebbero accaduti, ma umanamente, i “suoi” non riuscivano a capirlo. Gesù “fu trasfigurato davanti a loro”. I discepoli vedono. “Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come luce”.

Dall’umanità comune, Gesù passa a manifestare la sua divinità gloriosa come anticipo di quello che poi si sarebbe compiuto il giorno di Pasqua con la sua risurrezione. I discepoli fanno esperienza dell’autentica bellezza e, estasiati, desiderano fermarsi per vivere ininterrottamente lo stato di gioia in cui Gesù cade nell’amore del Padre. Ecco perché le tre capanne! Come se volessero che il tempo si fermasse in quell’istante. Quante volte rischiamo anche noi di vivere l’esperienza di Gesù come un semplice fatto privato, come una gioia da godere ma non da trasmettere. Poi una nube luminosa li avvolge, li “copre”, e dopo il facile entusiasmo riescono a cogliere meglio il senso dello splendore di Dio. È dunque un’esperienza nell’esperienza che rende chiaro ai discepoli che riconoscere in Gesù il Figlio di Dio significa ascoltarlo e accoglierlo fino in fondo e nonostante tutto.

L’assaggio della gioia della Trasfigurazione, pur annunciando l’esultanza della Pasqua, non prescinde dal passaggio per Gerusalemme. Ecco allora il terzo momento a conclusione del brano: “scendevano dal monte”. Dopo l’esperienza della manifestazione divina di Gesù, occorre rientrare nel nostro quotidiano e ordinario vivere, con la consapevolezza che anche le varie difficoltà, gli insuccessi e la stanchezza sono parte di quel cammino che porta tutti noi a poter contemplare la Trasfigurazione gloriosa. Il nostro itinerario di vita cristiana, infatti, non prescinde dall’esperienza della fatica. È fatica nascere, cominciare a camminare, istruirsi, crescere, costruire una famiglia, invecchiare. Con la sua trasfigurazione, Gesù annuncia che vi è comunque un fine  “altro”, una gioia che dà autentico senso a tutto.

Anche la famiglia cristiana nasce in disparte, come intima relazione tra un uomo e una donna che, sostenuti dalla grazia di Dio nel sacramento del matrimonio, cominciano un cammino verso una vera e propria trasfigurazione: il “noi”, maschio e femmina, diviene immagine di Dio. Così come Dio è relazione tra Padre, Figlio e Spirito santo, la famiglia è relazione tra uomo e donna; e così come Dio crea, l’uomo e la donna generano e partecipano loro stessi alla creazione. La famiglia deve salire spesso sul monte per fare esperienza di Lui anche nella preghiera. Non può però poi arroccarsi, ma deve scendere e aprirsi agli altri per essere nel mondo vero modello di Dio: “A immagine di Dio li creò, maschio e femmina” (Gen 2,27).

]]>
“Con quel buonasera da buon parroco ha ridotto le distanze” https://www.lavoce.it/con-quel-buonasera-da-buon-parroco-ha-ridotto-le-distanze/ Mon, 10 Mar 2014 15:49:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23474 Rio-de-Janeiro,-22-luglio--Papa-Francesco-arriva-nella-città-carioca-dove-si-tiene-la-XXVIII-Gmg.-Il-saluto-ai-giovani-2Il Papa? “Uno psicologo”, che annulla le distanze con la gente per raggiungere tutti. E’ l’identikit tracciato da Anna Oliverio Ferraris, psicologa e psicoterapeuta, che traccia per noi un bilancio del primo anno di pontificato a partire dalla parola-chiave della “tenerezza”. E per le donne nella Chiesa, da laica, ci confida un sogno: vedere le donne sacerdote. Nella società, “le donne hanno dimostrato di poter svolgere tutti i ruoli”.

Fin dall’inizio, la tenerezza è stata una delle parole-chiave per “narrare” il pontificato di Papa Francesco. Basti pensare soltanto alla benedizione silenziosa chiesta alla piazza subito dopo la sua elezione…

“Un anno fa, ha stupito il mondo il fatto che Papa Francesco abbia cambiato completamente stile: rispetto ai suoi predecessori, questo Papa ha uno stile più pastorale, si presenta come un buon parroco che conosce bene i suoi fedeli. Il registro della tenerezza, in particolare, riduce le distanze, perché va a toccare i sentimenti. E’ questo che riduce la distanza tra il Papa e le persone: molti rimangono impressionati dal rapporto molto intimo che Francesco riesce a instaurare con la gente, annullando quella distanza che un tempo c’era tra il Pontefice e i fedeli: penso a Pio XII, alla sua figura ieratica, che ha caratteristiche esattamente opposte a quelle di Papa Francesco. Lui ha capovolto completamente prospettiva, già da quel ’buonasera’ con cui si è presentato alla piazza”.

Cosa comporta questa capacità?

“Con il suo ridurre le distanze, il Papa fa molto lo psicologo. Nei suoi discorsi attinge spesso all’esperienza quotidiana, come quando parla del rapporto tra genitori e figli o quando ha proposto la ‘misericordina’ come medicina… In questo modo, Papa Francesco va a toccare tematiche psicologiche, e così inevitabilmente crea vicinanza: le persone si sentono coinvolte nella loro intimità, nei loro sentimenti, nelle loro emozioni… Per di più, tutto questo è molto mediatico. Il Papa quando parla non pensa soltanto alle persone che sono in piazza, ma anche a chi guarda la televisione: usa un linguaggio efficace anche per gli spettatori”.

La tenerezza traspare anche dalla gestualità e dalla capacità di “comunicare” con il corpo…

“Certamente Papa Francesco è anche un Papa dei gesti: nel suo codice sono importanti le espressioni mimiche, il tono della voce, gli aspetti non verbali della comunicazione, come le pause, l’ironia, le battute, la capacità di calarsi in situazioni molto particolari… E’ un Papa che non ha paura di baciare, di accarezzare, che fa un uso sereno e consapevole del suo corpo: da un lato tutto ciò stupisce, all’altro crea una comunicazione molto diretta e una vicinanza anche fisica con le persone che incontra. A volte, di fronte a certi atteggiamenti, siamo portati a chiederci: ‘è così che deve comportarsi un papa?’. Poi il Papa lo fa, e spiazza… A volte tratta i fedeli in maniera molto semplice, e può portare i più ‘colti’ dal punto di vista spirituale a storcere il naso. Ma lo fa perché vuole raggiungere tutti. Vuole far parte della vita della gente, si ferma con la folla, cerca il contatto, quasi indugia”.

Alla tenerezza è associato lo sguardo femminile: Papa Francesco ha auspicato maggiore spazio per le donne nella Chiesa, anche nei luoghi “dove si decide”…

“La Chiesa ha sempre dato molto spazio alla riflessione sulla questione femminile, a cominciare dalla rilevanza assoluta della figura della Madonna. Il cambiamento vero sarebbe se finalmente la donna potesse entrare nella gerarchia ecclesiastica: con Papa Francesco, da laica, mi aspetto la donna sacerdote. Nei fatti, la Chiesa resta sempre maschilista, tutte le funzioni sono svolte dagli uomini: preti, vescovi, cardinali… E’ arrivato il momento per le donne, visto che Papa Francesco è un rivoluzionario e sta mettendo mano alla riforma della Curia. Dare accesso alle donne al sacerdozio ridurrebbe, inoltre, di molto il discorso sulla pedofilia: è un dato di fatto che le donne pedofile sono ben poche, e ciò darebbe maggiore sicurezza nella lotta contro questa piaga…Già Papa Luciani diceva che la Chiesa è uomo e donna: nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali ci sono donne che hanno posti da leader, e nella società ormai le donne hanno dimostrato di poter svolgere tutti i ruoli, compresi quello di capo di governo. Io vedrei benissimo donne sacerdote e donne vescovo: donne che rivestano ruoli di responsabilità, anche decisionali, in ambito ecclesiale”.

Intanto, Papa Francesco cita spesso le nonne e i loro preziosi consigli.

“Oggi c’è un gran bisogno dei nonni, non solo perché quando entrambi i genitori lavorano, sono loro che garantiscono una ‘supervisione’ ai figli. La cultura giovanile ha separato le generazioni: per secoli, la cultura è stata la stessa per giovani e anziani, che trasmettevano la loro cultura ai giovani. Poi, dopo il ’68, anche per lo sfruttamento del mercato, i giovani hanno la loro musica, le loro letture, i loro luoghi d’incontro… Ma questa separazione non è molto produttiva: è vero che i giovani di oggi sono maestri nelle nuove tecnologie, e possono insegnare questa loro abilità ai nonni, ma è anche vero che i nonni possono trasmettere ai giovani qualcosa sulla vita, la via, la direzione in cui muoversi. Possono calmarli e spiegare loro che le cose si sistemano, quando c’è una turbolenza”.

M. Michela Nicolais

Biografia: Anna Oliverio Ferraris

Psicologa e psicoterapeuta, dirige la rivista degli psicologi italiani “Psicologia Contemporanea”. E’ autrice di saggi, numerosi articoli scientifici e testi scolastici in cui affronta i temi dello sviluppo normale e patologico, dell’educazione, della famiglia, della scuola, della formazione, della comunicazione in contesti diversi, del rapporto con tv e nuovi media, delle dinamiche identitarie nella società contemporanea. Dal 1980 è professore ordinario di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza. E’ stata membro della Consulta Qualità della Rai e del Comitato Nazionale di Bioetica. Ha partecipato e continua a partecipare a numerosi convegni culturali e conferenze, sia in Italia che all’estero. Ha organizzato e partecipato in qualità di docente a corsi di formazione sui problemi della crescita, i nuovi media, il disadattamento, il bullismo, i fattori protettivi e il recupero, l’adolescenza, la devianza minorile, la pedofilia, l’adozione, la comunicazione in classe e in famiglia, rivolti a insegnanti, pediatri, psicologi, psicoterapeuti e associazioni di genitori.

 

]]>
Per il Sinodo sulla famiglia (2014-2015) si richiede il parere di… tutti https://www.lavoce.it/per-il-sinodo-sulla-famiglia-2014-2015-si-richiede-il-parere-di-tutti/ Thu, 07 Nov 2013 14:42:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20455 FamigliaTrentotto domande che interpellano le Chiese del mondo e coinvolgono tutte le componenti del “popolo di Dio”: è il questionario con cui si conclude il documento preparatorio (clicca qui per il pdf completo) del Sinodo sulla famiglia, sul tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Lo si celebrerà in due tappe: l’assemblea generale straordinaria (5-19 ottobre 2014), che servirà a “raccogliere testimonianze e proposte dei vescovi”, e l’assemblea generale ordinaria, prevista per il 2015, al fine di “cercare linee operative per la pastorale della persona umana e della famiglia”. Al primo Sinodo convocato da Papa Francesco saranno presenti anche uditori laici, uomini e donne, sia in qualità di esperti che di persone impegnate a varo titolo nella pastorale, ha annunciato mons. Lorenzo Baldisseri, nuovo segretario generale del Sinodo dei vescovi, durante la conferenza stampa di presentazione del documento preparatorio. L’intenzione del Papa, che ha presieduto la riunione del Consiglio del Sinodo dell’ottobre scorso, è di “rendere l’istituzione sinodale un vero ed efficace strumento di comunione attraverso il quale si esprima e si realizzi la collegialità auspicata dal Concilio”. Era dal 1981 che il Sinodo dei vescovi non si occupava di famiglia. Le risposte al questionario saranno raccolte entro la fine di gennaio dell’anno prossimo: a febbraio è in programma una riunione del Consiglio della Segreteria per analizzarle ed elaborare – a maggio – l’Instrumentum laboris, in modo da permettere ai Padri sinodali di apportare il loro contributo in tempo utile prima della celebrazione del Sinodo.

Le problematiche. “Dalla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio e a volte ne escludono l’idea, alle unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado è consentita l’adozione di figli”. Sono queste alcune “problematiche inedite fino a pochi anni fa” che sfidano la concezione cristiana della famiglia, minacciata anche dalla “cultura del non-impegno” e del “pluralismo relativista”, oltre che dall’influenza dei media “sulla cultura popolare” e da “proposte legislative che svalutano la permanenza e la fedeltà del patto matrimoniale”. Particolare attenzione, nel documento preparatorio, viene data ai “matrimoni irregolari”: tema su cui “le attese sono amplissime”, visto che oggi molti ragazzi e giovani nati da queste unioni “potranno non vedere mai i loro genitori accostarsi ai sacramenti”. Soffermandosi sulle domande del questionario, il card. Péter Erdo, relatore generale della terza Assemblea generale straordinaria, ha citato le “unioni di fatto senza riconoscimento né religioso né civile”, che statisticamente sono un fenomeno “ancor più vasto” rispetto al problema dei divorziati risposati civilmente. Quanto alla questione delle “situazioni matrimoniali irregolari”, la relativa domanda “presuppone chiaramente che la Chiesa avvicina questo problema con grande apertura e ricerca le modalità della preparazione ai sacramenti, la loro amministrazione e l’accompagnamento dei bambini e adolescenti che hanno ricevuto questi sacramenti”.

Mai contro qualcuno. “Mettersi in ascolto dei problemi e delle attese che vivono oggi tante famiglie”: è questa, ha detto mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo, l’impostazione di fondo del documento preparatorio. L’intento è “mostrare i caratteri profondamente umanizzanti della proposta cristiana sulla famiglia, che non è mai contro qualcuno, ma sempre ed esclusivamente a favore della dignità e della bellezza della vita di tutto l’uomo in ogni uomo, per l’intera società”. “Attenzione, accoglienza e misericordia”, ha aggiunto, costituiscono “lo stile che Papa Francesco testimonia e chiede di avere verso tutti, comprese le famiglie lacerate e quanti vivono in situazioni irregolari dal punto di vista morale e canonico”. Certo, “dare spazio all’ascolto significa anche correre rischi”, ha ammesso il presule rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva cosa succederebbe, ad esempio, se dall’opinione pubblica cattolica venisse la richiesta di dare la comunione ai divorziati risposati. “Il riferimento ultimo è il discernimento di Pietro”, ha precisato. Quanto al metodo del Sinodo, “non è decidere a maggioranza, ma certamente ignorare che una consistente parte dell’opinione pubblica ha un’istanza, sarebbe sbagliato”. Interpellato sui “toni entusiastici” con cui le associazioni dei gay hanno salutato il questionario, mons. Forte ha detto che “un punto fermo che Papa Francesco ha ribadito, ma è già presente nei documenti della Chiesa cattolica, è il massimo rispetto per la persona, e dunque anche per le persone gay. L’atteggiamento pastorale nei confronti di questo mondo ha una sua consistenza che deve essere approfondita. Non ho una risposta pronta – ha concluso. – Credo che il Santo Padre chieda aiuto anche all’opinione pubblica cattolica. Per la Chiesa, il messaggio fondamentale è quello del matrimonio tra uomo e donna, ma ciò non significa discriminare altri”.

]]>
Famiglia è bellezza https://www.lavoce.it/famiglia-e-bellezza/ Thu, 26 Sep 2013 11:28:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=19276 assemblea-folignoAll’inizio dell’anno pastorale la Chiesa di Foligno ha celebrato nella serata di venerdì 20 settembre, in un affollato Auditorium San Domenico, l’Assemblea diocesana, che quest’anno – seguendo le indicazioni degli organismi di partecipazione della diocesi – ha scelto il tema cruciale della famiglia. Dopo la preghiera dei vespri hanno avuto inizio i lavori con un’introduzione al tema dell’assemblea: la bellezza della famiglia, Chiesa domestica da porre al centro della vita pastorale come soggetto di evangelizzazione. Il titolo dell’assemblea, “Maschio e femmina lo creò”, è tratto dall’inizio del Libro della Genesi e vuole sottolineare l’identità di Dio come creatore e dell’uomo come creatura ad immagine di Dio e capace di vivere in relazione, tra maschio e femmina e con Dio. Giuseppe e Maria Rita Leone, dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, hanno presentato chi è la famiglia: comunità di persone formata dagli sposi, dai figli e dai parenti e che cresce nell’amore. Essa è fondata sulla diversità tra uomo e donna e vive l’amore di Dio preparando le nozze tra Cristo e la Chiesa. Federico e Luisa Plebani, di Brescia, hanno testimoniato cosa fa la famiglia, ricordando innanzi tutto che il matrimonio è ordinato al servizio alla comunità ed ha una specifica missione evangelizzatrice orientata alla testimonianza dell’amore di Dio. Dopo la cena, consumata nel chiostro di San Francesco, i partecipanti hanno pregato nel vicino santuario della Beata Angela, con la gradita sorpresa della visita di cinque vescovi libanesi giunti a Foligno per venerare le reliquie di san Marone. Durante la preghiera, che ha tratto ispirazione dall’incontro di Francesco con il Crocifisso di San Damiano ed è stata presieduta dal vescovo di Batrun dei Maroniti mons. Mounir Khairallah, il Vescovo di Foligno ha affidato agli organismi diocesani l’idea di celebrare un Sinodo diocesano delle Famiglie. Sabato 21 si è tenuto l’evento regionale di evangelizzazione “Fede, perdono, riconciliazione”. Domenica 22, infine, l’anniversario della dedicazione della Cattedrale, con un motivo di festa in più dato dal conferimento del ministero del lettorato al seminarista Simone Marchi.

]]>
Ricostruire la coppia dopo il terremoto dei sentimenti https://www.lavoce.it/ricostruire-la-coppia-dopo-il-terremoto-dei-sentimenti/ Thu, 07 Feb 2013 14:32:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=14966 divorzioLa crisi di coppia può anche, paradossalmente, rappresentare un’opportunità di rinascita per gli sposi, per ri-innamorarsi e rinnovare la propria scelta. Un momento fondamentale di crescita in cui, dopo il “terremoto”, si può ricostruire una “casa antisismica”. È l’idea ispiratrice del lavoro sulle coppie che viene svolto presso la Casa della Tenerezza a Perugia, dove il fondatore della comunità per famiglie, don Carlo Rocchetta, teologo e psicologo, continua a tenere incontri (comunitari e individuali) in soccorso alle coppie in crisi, ai fidanzati, ai giovani sposi e anche ai separati e divorziati.

Don Carlo, quali sono le difficoltà delle coppie che si rivolgono alla Casa della Tenerezza?

“La difficoltà nasce quando l’uno o l’altro si sentono soli, non amati dall’altro, non accolti, e vengono qui dicendo: ‘Non sono più felice’. In genere sono le donne a percepire per prime questo stato di crisi, perché sono più introspettive e hanno un mondo interiore più sensibile sul piano dei sentimenti, mentre gli uomini li danno più per scontati”.

Da cosa nascono queste solitudini e queste infelicità?

“Al fondo della solitudine c’è sempre un’immaturità affettiva, sia soggettiva sia di coppia, e un’impreparazione alla vita di coppia che non permette ai coniugi di affrontare in maniera matura la problematica. Come coppia spesso si dà per scontato che dopo il matrimonio il rapporto vada a posto da sé, non si immagina che ci sia un continuo lavoro da fare per stare bene con l’altro. Anche la scarsa preparazione al matrimonio fa sì che dopo un po’ di tempo gli sposi non facciano più nulla per ri-scoprirsi e ri-innamorarsi. Per questo molti decidono di lasciarsi. Anche il contesto sociale e culturale in cui viviamo facilita questa scelta, che in realtà è drammatica”.

E i casi di tradimento?

“Quelli, assieme a tutti gli altri comportamenti dolorosi per la coppia, sono solo alcuni degli effetti della solitudine e dell’immaturità”.

Quando due coniugi sono in crisi il dramma si estende a tutta la famiglia: cosa possono fare i familiari per aiutare la coppia?

“Noi alla Casa della Tenerezza diciamo sempre che salvare un matrimonio significa salvare un mondo intero. Quando una coppia si lascia, infatti, il dramma si ripercuote innanzitutto sui figli, sul loro futuro, ma anche sulle famiglie di origine, sugli amici e su tutte le persone vicine ai due. È successo di rado che venissero in colloquio i genitori di coniugi in crisi, perché il problema va affrontato con i diretti interessati. Capisco però la grande sofferenza dei parenti”.

Il percorso proposto alla Casa della Tenerezza nasce in una dimensione cristiana. Accogliete anche coppie non sposate?

“Certamente. Da noi vengono moltissimi conviventi, ed è nostro dovere aiutarli a stare bene insieme, soprattutto quando ci sono dei figli, perché dal benessere e dalla felicità dei genitori dipende anche quello dei figli. Naturalmente la nostra ispirazione è cristiana, ma rispettosa di tutti: non obblighiamo nessuno a sposarsi! Succede in almeno il 50% dei casi, però, che dopo un percorso di rinascita la coppia decida di celebrare le nozze in chiesa. È un’esigenza che molti sentono dopo aver superato una grave difficoltà”.

Esistono altre realtà come la Casa della Tenerezza o istituzioni che aiutino le coppie in crisi?

“In Italia esiste un movimento chiamato Retrouvaille che ha base internazionale, ed è sempre di ispirazione cristiana; altrimenti in alcune diocesi c’è qualche centro di accoglienza, ma sono casi rari. Io sono spesso in giro per l’Italia per incontri sul tema della coppia e della tenerezza e propongo sempre di creare dei centri simili al nostro, ma non è facile. Nella Chiesa la problematica delle coppie in crisi è sentita sul piano teorico, ma di fatto non si fa molto. Si fa di più per i separati e divorziati, ad esempio. Noi operiamo incontrando le coppie su appuntamento con consulenti familiari professionali (attualmente abbiamo nella comunità due coppie di consulenti più un’altra che sta terminando il percorso di formazione). I consulenti non sono dei mediatori, cercano innanzitutto di aiutare la coppia a ricostruirsi”.

I percorsi offerti

I percorsi per coppie proposti dalla Casa della Tenerezza sono di vario genere: incontri singoli su temi specifici, percorsi annuali con cadenza mensile, ritiri. È in programma per questo fine settimana, 8-10 febbraio, proprio un ritiro sul tema “Le difficoltà di coppia, un’opportunità di riscoperta e di crescita nella tenerezza nuziale”. Per tutte le altre iniziative si può consultare il sito www. casadellatenerezza.it. “La crisi di coppia – dice don Carlo Rocchetta – investe sia coppie giovani che coppie dalla storia già lunga perché è un evento fisiologico nella vita di due persone che decidono di dividere tutta la vita. Ma con l’aiuto di persone formate si può uscire dalla difficoltà. Del resto, le coppie più durature sono quelle che hanno superato con intelligenza una crisi”.

]]>
Re-innamorarsi per uscire dalle crisi https://www.lavoce.it/re-innamorarsi-per-uscire-dalle-crisi/ Thu, 13 Dec 2012 13:15:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=14230 Il primo incontro di formazione per le famiglie, le coppie e gli adulti, organizzato dalla Pastorale familiare con don Carlo Rocchetta a Trestina, aveva come titolo “Le difficoltà di coppia, un’occasione per re-innamorarsi”.

Il relatore ha preso in considerazione i sintomi della crisi dei matrimoni: “crisi”, parola che non indica solo una cosa negativa, ma anche una opportunità di crescita che permette di andare oltre. Prevenire la crisi è meglio che curare, e la cura consiste nel seguire il cammino dei matrimoni, nel convincimento che riescono maggiormente matrimoni sui quali si opera un serio discernimento, per capire che spesso in un matrimonio c’è un vissuto compresso di difficoltà e problemi.

Sposarsi non è cosa semplice: sposi non si nasce, è necessario prepararsi per accettare l’altro perché la differenza diventi integrazione, così che dai Due nasca l’Uno.

Deve essere chiaro che la crisi prima o poi arriva. Per questo motivo nessuno deve sentirsi sicuro, perciò è necessario essere attenti e saper leggere i segnali di crisi che, quindi, deve essere messa in programma, per essere preparati per quando questa arriva. In questo caso quale è la possibile soluzione: tirare a campare non lo è, la separazione è fuggire la realtà. L’unica vera soluzione è “re-innamorarsi”, riscoprirsi amati e apprezzati.

Quattro sono i sintomi che preavvertono la crisi e sui quali è necessario lavorare. Primo, la solitudine: la mancanza di dialogo profondo, l’incapacità a trovare momenti per stare insieme e la mancanza di voglia per stare insieme. Così si crea il vuoto nella coppia e la ricerca di compensazioni.

Secondo, la monotonia: la fossilizzazione della convivenza, lo smarrimento del senso dello stupore, la frustrazione, la mancanza del linguaggio della carezza a causa della quale tutto diventa funzionale.

Terzo, lo stato permanente di litigio e di rivincita. Il sentirsi avversari, continuamente scontrosi, sentirsi in competizione, vivere tutto in stile commerciale (facendo del matrimonio un do ut des, vivendo la pretesa di ricevere sempre delle ricompense dal patner), anche l’intimità.

Quarto, l’assenza di spiritualità: la mancanza di educazione ad ascoltare Dio, che aiuta a diventare capaci di ascoltare l’altro/a. Tutto quello che è fatto deve essere fatto non separatamente.

Con molto rammarico, vista la competenza del relatore, fondatore ed animatore della “Casa della Tenerezza” di Perugia, è stata annotata la scarsissima partecipazione all’incontro, che doveva essere diocesano. Fin d’ora segnaliamo che il prossimo incontro con don Rocchetta si terrà il 13 gennaio e avrà per tema “La tenerezza, co-progetto di vita per gli sposi”. Appuntiamolo sul calendario.

]]>
Essere uomo o donna è una verità scritta dentro di noi https://www.lavoce.it/essere-uomo-o-donna-e-una-verita-scritta-dentro-di-noi/ Thu, 29 Dec 2011 07:50:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=210 Nei giorni di venerdì 25 e sabato 26 novembre Perugia ha ospitato il X Congresso nazionale della Società italiana di bioetica e comitati etici (Sibce), che riunisce i maggiori centri italiani di bioetica ad impostazione personalista, tra i quali il Centro di bioetica “Filéremo” di Perugia.
L’idea di ospitare, prima volta nella nostra città, il Congresso nazionale Sibce, nacque nel 2009 in occasione del Congresso nazionale di Capua, allorché il neonato Centro “Filéremo” offrì la propria candidatura, ottenendo il prestigioso incarico per il 2011.
Nella suggestiva cornice del convento di S. Francesco al Monte a Monteripido si sono riuniti i maggiori esperti italiani di bioetica, per confrontarsi sullo “stato dell’arte” nel complesso e controverso tema dell’identità di genere, portando ciascuno un contributo nell’ambito della propria disciplina specifica. I lavori congressuali sono stati aperti dalla prof.ssa Francesca Barone, presidente del centro “Filéremo”, seguita dalla prolusione di mons. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, e dal saluto dei membri del Consiglio direttivo Sibce.
Successivamente, mons. Ignacio Carrasco De Paula, presidente della Pontificia accademia pro vita, ha tenuto una lectio magistralis sull’identità di genere alla luce del rapporto tra scienza e fede, con un forte richiamo alla necessità di rivalutazione della legge morale naturale come elemento fondante della relazione sessuata uomo-donna.
A partire da venerdì pomeriggio, si sono succedute le tre sessioni “tecniche”: in primo luogo la biopsicologica, che ha chiarito alcuni punti fondamentali sulla relazione tra natura e cultura nell’ambito dell’identità di genere, ma soprattutto come la struttura neuronale, neurofisiologica e neuropsicologica dell’uomo e della donna differiscano in maniera sostanziale, tanto da non poter essere interpretate in chiave di ambiguità. Dalle relazioni è emerso come la dissociazione tra componente psichica e corporea, il distacco da elementi naturali per portare la sessualità nel terreno della sola libertà, comporti gravi squilibri psichici e rischi di configurare elementi di tipo patologico della personalità.
La sessione socio-antropologica ha puntualizzato come la “teoria gender”, originariamente nata nel contesto della lotta di classe e del femminismo militante, sia evoluta in seguito verso una matrice teorica di stampo decostruzionista, che riduca la differenza tra uomini e donne alla costruzione sociale di ruolo sessuali. Le frontiere del maschile e del femminile sono confuse e possono cambiare nella stessa persona e nei diversi periodi della vita: la differenza sessuale non si definisce più in rapporto alla generazione ma in relazione all’interpretazione soggettiva del desiderio sessuale di ciascuno, divenendo in tal modo un orientamento. Ciascuno può scegliere il proprio genere, indipendentemente dal proprio sesso, potendo spaziare in una gamma opzionale che va dall’eterosessualità all’omosessualità, transessualismo, lesbismo, bisessualità, fino a giungere alla “teoria queer”, in cui il soggetto è svincolato da ogni inquadramento e libero di passare attraverso le varie esperienze della sessualità/genitalità prima di scegliere in quale contesto collocarsi o se rimanere come un’entità fluttuante.
La sessione biogiuridica ha affrontato infine il tema del diritto alla luce della determinazione di genere tra biologia ed interpretazione soggettiva. I relatori hanno sottolineato come a tutt’oggi esistano solo indicazioni generiche sulla lettura delle differenze sessuali in chiave giuridica, ma non esistano ancora adeguati strumenti legislativi in grado di ottemperare alle indicazioni impartite a livello comunitario.
Come sottolineato in conclusione di lavori dal prof. Filippo Maria Boscia, presidente della Sibce, per la prima volta è stato affrontato in maniera interdisciplinare il problema dell’identità di genere, delle sue rilevanze cliniche, psicologiche, antropologiche e giuridiche, senza trascurare le ripercussioni sull’istituto della famiglia. Dal congresso è emerso il messaggio che, di fronte ad un panorama culturale dominato dal pensiero debole e dal relativismo etico, dal mondo cattolico si richiedono risposte forti e proposte che, pur nel rispetto del dialogo, mantengano tuttavia la fedeltà ad un messaggio di coerenza fondato su principi antropologici forti.

]]>
Aiuto a coppie in crisi https://www.lavoce.it/aiuto-a-coppie-in-crisi/ Thu, 31 Mar 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9251 Sposarsi e poi… dividersi. Non capita a tutte le coppie, certo, ma la “crisi” è sempre più un evento con esito doloroso: la fine di un matrimonio, e spesso, purtroppo, con dei figli. I dati Istat dicono che in Umbria nel 2007 ci sono state 2.186 richieste di separazione e divorzio ricevute dal tribunale civile. Di queste richieste, 1.766 sono state accolte. Sono 2.048 i figli che hanno assistito alla disgregazione della propria famiglia, con tutte le inevitabili ripercussioni personali e sulla società. Un numero che dovrebbe far riflettere quanti si occupano di pastorale familiare è che il 72,7% di separazioni e il 79,9% dei divorzi in Umbria provengono da matrimoni religiosi. Di questa problematica la Chiesa umbra prende atto e si confronta per dare una risposta, attraverso un seminario per gli operatori pastorali dedicato alle coppie in difficoltà come nuova sfida pastorale che si terrà a Terni il 2 e 3 aprile prossimi. Come relatori esperti del tema saranno chiamati, fra gli altri, i coniugi Paolo e Alessandra Tomassoni, operatori – assieme al fondatore don Carlo Rocchetta – presso la Casa della Tenerezza, a Perugia, centro che da quasi dieci anni assiste tante coppie di coniugi e fidanzati nel loro cammino. “La crisi di coppia non va vista come un evento straordinario – spiega Paolo Tomassoni – ma è un evento fisiologico perché viene dalla fragilità della natura umana e dal peccato originale. Secondo la nostra esperienza, ci sono vari stadi della crisi”. Tra le motivazioni principali rintracciate dagli operatori del Centro familiare, appaiono le immaturità personali (ad esempio affettive), le dinamiche di fuga dal confronto, l’immaturità relazionale causata in alcuni casi dalle famiglie di origine ed anche la rivalità di genere. “Un percorso umano e di fede può aiutare ad affrontare questi nuclei di morte nella coppia – prosegue Tomassoni – soprattutto quando si affrontano le motivazioni e si ricostruisce il rapporto su basi nuove. È così che la crisi, da evento fallimentare, diventa occasione di rinascita per la coppia, e in molti casi abbiamo notato che il rapporto fa un vero salto di qualità”. Infine il messaggio più importante per gli operatori pastorali vuol essere quello di saper riconoscere e seguire le coppie che vivono una sofferenza, mettendo in atto strumenti idonei sia con la fede, sia, se necessario, chiamando degli aiuti specialistici. “Sarebbe auspicabile – conclude Tomassoni – che la coppia in crisi entrasse anche nel magistero della Chiesa come tipologia di coppia, che fa parte del popolo di Dio. Perché dalla crisi di coppia è molto difficile uscire da soli”.

]]>
Spazio vitale per la coppia https://www.lavoce.it/spazio-vitale-per-la-coppia/ Thu, 03 Feb 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9092 Tempo, lavoro e denaro: tre temi che scandiscono la vita quotidiana di ciascuno di noi, nonché delle famiglie e delle coppie di sposi. Proprio in quest’ultimo caso, quando la gestione di una di queste tre tematiche si ingolfa, allora possono sorgere problemi di coppia che – quando trascurati – possono generare una vera e propria crisi matrimoniale. In un momento di grande incertezza economica come quello attuale, quando sia “lui” che “lei” sono costretti a lavorare fuori casa per sostentare la famiglia, facilmente accade che la gestione del tempo si complichi. I coniugi non riescono più a ritagliarsi dei momenti per parlarsi, per guardarsi negli occhi, dimenticando valori e priorità nell’organizzazione del tempo familiare: in questi casi si rischia facilmente di uccidere il matrimonio. Problemi che ben conosce don Carlo Rocchetta, che di coppie ne incontra molte personalmente e nel centro familiare Casa della Tenerezza, con il quale ha promosso per il 5 e 6 febbraio un ritiro per coppie proprio su “La ferialità della tenerezza: tempo, lavoro e denaro nella vita di coppia”. “Si tratta di tre temi vastissimi – spiega don Rocchetta, fondatore e anima pulsante del Centro familiare. – In alcuni casi ne abbiamo trattato uno solo dei tre, proprio per le mille implicazioni di ciascuno di essi nel quotidiano degli sposi e delle famiglie”. Secondo l’esperienza maturata dal sacerdote e dalle coppie di consulenti che accolgono quotidianamente tantissimi coniugi in difficoltà, gran parte delle cristi matrimoniali derivano dalla gestione di queste problematiche. In concreto, ad esempio, nel caso del denaro: “Quando se ne fa un fine e non un mezzo – testimonia ancora don Rocchetta – allora il matrimonio è in pericolo, perché tutto viene finalizzato al guadagno. Il tema del denaro è correlato a quello del lavoro, che anch’esso può diventare un idolo, uccidendo il dialogo quotidiano tra gli sposi. Quante coppie si impegnano con tanto lavoro, specie in questi tempi di crisi economica, magari perché c’è un mutuo da pagare; poi, pagato il mutuo, si separano! Anche tra i benestanti abbondano le separazioni, perché magari spesso si vive di effimero e ci si dimentica di ri-innamorarsi ogni giorno”. Anche davanti alle difficoltà più grandi, però, emerge un dato confortante: in media, infatti, sei coppie su dieci riescono a tornare insieme, quando vengono offerti loro gli strumenti adatti e l’ascolto. Una delle formule vincenti proposte dall’équipe della Casa della Tenerezza suggerisce agli sposi di dedicare almeno un’ora alla settimana, un giorno al mese, una settimana all’anno interamente alla coppia. La Casa della Tenerezza compie quest’anno nove anni. Sono nove le coppie che ne fanno parte.. Si tratta di una famiglia di famiglie, che vivono però ciascuno nella propria casa. I momenti di comunità sono molti e ogni coppia ha un proprio compito da svolgere. Sono tante le attività che vengono proposte a chi si avvicina alla Casa della Tenerezza: fidanzati, coppie in crisi o anche separati e divorziati, per i quali esiste un percorso dedicato.

]]>