Unioncamere Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/unioncamere/ Settimanale di informazione regionale Thu, 11 May 2023 14:43:14 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Unioncamere Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/unioncamere/ 32 32 Terni. Dopo 6 anni di crisi, più ombre che luci https://www.lavoce.it/terni-dopo-6-anni-di-crisi-piu-ombre-che-luci/ Thu, 30 Apr 2015 10:17:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32339 Panorama della zona industriale di Terni
Panorama della zona industriale di Terni

Dopo sei anni di crisi, sono evidenti i segni di sofferenza dell’economia ternana, in particolare per quanto riguarda il mercato del lavoro. In attesa di scoprire se la ripresa prevista in Italia per il 2015 coinvolgerà anche le imprese del Ternano, se si guarda alla fotografia del più recente passato (dati del 2014), non si può non notare che le ombre prevalgono decisamente sulle luci.

Nel 2014 il numero complessivo di persone disoccupate in provincia di Terni è arrivato a 12.000, il che porta il tasso di disoccupazione provinciale al 12,2%, un livello quasi triplo rispetto al 2008, quando la disoccupazione si era attestata al 4,3%. Le vicende che hanno visto protagonista la siderurgia ternana lo scorso anno hanno inciso solo marginalmente su questi andamenti, tuttavia hanno portato allo scoperto la fragilità e l’incertezza di tutta l’economia locale. I dati statistici confermano, quindi, una consapevolezza ormai ben radicata nella società ternana. Sul fronte dell’occupazione si contano 85.000 persone con un posto di lavoro. Di queste, 58.000 sono impiegate nei servizi e 15.000 occupate nell’industria, escluse le costruzioni. Il tasso di occupazione calcolato sul totale della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni è pari al 58,4%, decisamente più basso del 61,9% registrato in provincia di Perugia.

Il sistema locale

Se, anziché all’intera provincia, si guarda più da vicino al “sistema locale del lavoro” ternano, ossia l’unità territoriale formata dai 18 Comuni maggiormente integrati con il capoluogo, si nota dal 2008 al 2013 un calo del tasso di occupazione di soli 2 punti percentuali, probabilmente grazie al ricorso agli ammortizzatori sociali, che ha tamponato parzialmente gli effetti della crisi. Tuttavia, nello stesso arco di tempo, il tasso di disoccupazione è più che raddoppiato, arrivando quasi all’11% (riferito alle forze lavoro con più di 15 anni). Numeri che dicono chiaramente che negli anni della grande crisi, a fronte della perdita di posti di lavoro e di reddito,e malgrado le prospettive tuttaltro che favorevoli, la reazione prevalente delle famiglie non è stata di scoraggiamento e di ritiro dal mercato del lavoro. Al contrario sono aumentati gli sforzi di ricerca di un lavoro, che hanno visto coinvolte anche componenti della popolazione che prima della crisi rimanevano al di fuori del mercato.

Niente fughe… per ora

I dati indicano anche che, malgrado il perdurare delle difficoltà, non si è ancora manifestato alcun fenomeno evidente di trasferimento verso altre regioni. Al contrario, dal 2008 al 2013 la popolazione è aumentata di oltre 4.000 unità nel sistema locale. Evidentemente, il carattere nazionale della crisi scoraggia la mobilità territoriale. Soprattutto lavoratori con bassi livelli di qualifica o avanti nell’età incontrerebbero comunque difficoltà di ricollocamento. Non si può escludere, tuttavia, che si stia verificando -intensificandosi nei prossimi anni – un processo più selettivo di mobilità, che potrebbe coinvolgere in particolare i giovani, soprattutto quelli più qualificati, per i quali appaiono estremamente basse le opportunità di trovare in questa parte dell’Umbria un impiego coerente con l’istruzione acquisita, come testimonia chiaramente l’ultima indagine relativa alle previsioni di assunzioni da parte delle imprese. Questa indicava, ancora nel 2014, prospettive complessivamente al ribasso: i saldi tra assunzioni e uscite previste erano negativi in tutti i comparti, particolarmente sfavorevoli nelle costruzioni, nei servizi avanzati alle imprese e nel turismo e ristorazione. Ciò significa che l’anno scorso le imprese non prevedevano neanche di rimpiazzare tutti i lavoratori che, per pensionamento, dimissioni o licenziamento, avrebbero lasciato l’azienda.

La qualifica non serve

Ma al di là degli degli andamenti quantitativi, l’indagine Excelsior svolta da Unioncamere consente di tracciare anche il profilo qualitativo dei nuovi posti di lavoro creati dalle imprese nella provincia di Terni. Anche da questo punto di vista, la realtà si mostra in progressivo deterioramento. Solo l’8% delle assunzioni previste per lo scorso anno riguardava figure ad alta qualifica (dirigenti, specialisti e tecnici), ben al di sotto dell’11% regionale e del 16% nazionale. Al contrario, il 41% di tutte le assunzioni attese si è concentrato nella fascia delle figure operaie (31% in Umbria e 23% in Italia). Le professioni più richieste sono, in particolare, operatori di macchine, cuochi, camerieri, baristi, e le professioni non qualificate nel commercio e nei servizi. Nel totale, questi gruppi professionali assorbono quasi la metà di tutte le assunzioni previste nella provincia.

Laureati non cercansi

Ugualmente poco incoraggiante il quadro che si evince dai numeri relativi ai titoli di studio richiesti dalle imprese locali per le assunzioni previste. Per ogni 100 assunzioni, solo 5 sono destinate a laureati. Una percentuale decisamente insoddisfacente anche se raffrontata con quella media regionale, pari all’8%, e ancor più rispetto a quella media nazionale, che pure non supera un modesto 11%. Per quasi la metà dei nuovi posti di lavoro disponibili presso le imprese della provincia non è richiesto alcun particolare titolo di studio (la stessa quota era pari al 27% nel 2013). La crisi economica attraversata dal territorio ternano non lascia intravedere l’emergere di nuove realtà, più dinamiche e capaci di generare posti di lavoro qualificati. L’economia locale fin qui si è come rattrappita sotto i colpi della crisi, ritraendosi nei settori meno qualificati. Anche esempi imprenditoriali interessanti e innovativi sono rimasti, fin qui, casi isolati che non riescono a fare sistema e a caratterizzare in modo nuovo il profilo della struttura economica locale.

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Sviluppiamo giovani talenti https://www.lavoce.it/sviluppiamo-giovani-talenti/ Fri, 05 Dec 2014 13:33:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29355 Uno studente in azienda durante un’esperienza scuola-lavoro
Uno studente in azienda durante un’esperienza scuola-lavoro

Il lavoro non cade dal cielo è il titolo di un opuscolo distribuito in occasione della Giornata del lavoro e del fare impresa svoltasi il 27 novembre presso la Camera di commercio di Perugia. Titolo che è anche il messaggio trasmesso ai giovani nell’ambito dell’iniziativa dell’Unioncamere “Scuola elevata al Lavoro” per migliorare il collegamento tra il mondo scolastico e le esigenze delle imprese, e per offrire agli studenti una formazione sul campo con esperienze dirette, anche all’estero, nelle aziende e in altri ambienti lavorativi. In particolare con il progetto “Job Day” la Camera di commercio di Perugia ha permesso a 45 giovani di nove istituti scolastici della provincia di vivere una giornata di lavoro in studi professionali, laboratori, e aziende. Con il progetto “Improve Your Talent” (“Sviluppa i tuoi talenti!”), 25 laureati e laureandi delle due Università perugine hanno la possibilità di compiere tirocini di 4 mesi, con uno stipendio mensile di 900 euro, in altrettante sedi delle Camere di commercio all’estero in tutto il mondo, dall’America all’Asia. La Giornata del lavoro è stata quindi l’occasione per illustrare agli studenti e ai loro insegnanti queste opportunità di formazione e di avvicinamento al mondo del lavoro, ma anche per ascoltare alcuni giovani che hanno già compiuto queste esperienze. Lo si è fatto in un incontro moderato dal direttore del Giornale dell’Umbria, Giuseppe Castellini, cui hanno partecipato Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio di Perugia, e Nicola Modugno, dirigente della Fondazione Its (Istituto tecnico superiore) dell’Umbria. Oggi – è stato detto – anche a causa della crisi economica, i giovani incontrano sempre maggiori difficoltà nel progettare il proprio futuro professionale e nel cercare le strade e i percorsi formativi per realizzarlo. “Troppe volte – ha detto con forza Mencaroni – sono come polli di allevamento chiusi in una gabbia, dove hanno da bere e da mangiare, ma fuori dalla realtà del mondo del lavoro”. Con un tasso di disoccupazione giovanile al 42 per cento c’è il rischio di un “salto generazionale”, ossia di cancellare ed escludere dalla vita sociale e produttiva un’intera generazione, come avvenuto ai tempi delle due guerre mondiali. Ecco perché – ha aggiunto – la Camera di commercio di Perugia, in collaborazione con Unioncamere e Assocamereestero, ha realizzato questi progetti per avvicinare i giovani al mondo del lavoro già in età scolastica. Lo ha sottolineato anche Nicola Modugno della Fondazione Its: i giovani non devono aspettare il diploma o la laurea per cominciare il loro cammino professionale. “È giusto – ha detto – che la scuola formi l’individuo con conoscenze teoriche, ma servono anche le competenze tecnico-amministrative spendibili nel mondo del lavoro. Competenze che si acquisiscono solo con un’esperienza diretta e con percorsi formativi che tengano conto delle esigenze presenti, e soprattutto future, delle aziende”.

Parlano i ragazzi passati per un giorno dai banchi al lavoro

Per un giorno, 45 studenti di 9 istituti scolastici della provincia di Perugia sono entrati nei cicli produttivi di imprese manifatturiere, laboratori artigiani, uffici pubblici e studi professionali. Una studentessa del “Casimiri” di Gualdo Tadino, Federica, nel suo stage di 24 ore presso un’agenzia di investigazioni ha potuto addirittura vivere l’emozione di un pedinamento.

La sua compagna di scuola, Beatrice, ha condiviso una giornata di lavoro con una cooperativa di assistenza sociale. “Nella mia vita – dice – ho ricevuto l’aiuto di tante persone. Ho scelto di fare questa esperienza che spero possa diventare per me anche una professione”.

Riccardo, dell’Iis “Polo-Bonghi” di Assisi, ha lavorato in un’azienda che produce birra: “Parlando con i due giovani titolari di questa impresa innovativa, ho capito che nel lavoro servono fantasia e passione, oltre all’impegno e alla dedizione”.

C’è chi invece – come Francesco del “Ciuffelli” di Todi – ha capito che non gli piacerebbe lavorare nello studio di un commercialista. Ma il Job Day – ha detto il presidente della Camera di commercio, Giorgio Mencaroni – doveva servire anche a questo, a farsi una idea più chiara su mestieri e professioni.

Studenti e docenti hanno esortato la Camera di commercio a ripetere e ampliare questa esperienza. “Speriamo! – ha risposto Mencaroni. – Ma il Governo per il prossimo anno ci ha tagliato dell’85% le risorse da spendere per il territorio”.

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Il Pil cresce il lavoro no https://www.lavoce.it/il-pil-cresce-il-lavoro-no/ Fri, 20 Dec 2013 11:42:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21265 impresa-immigratiLa tempesta forse è passata ma il sole ancora non spunta. A fine anno si raccolgono dati, studi ed analisi sull’andamento dell’economia e si fanno previsioni per il futuro. Che non sono del tutto positive perchè se anche il Pil, dopo anni di recessione, tornerà a crescere per gli esperti non creerà nuovi posti di lavoro. Almeno nell’immediato. Anzi ci saranno ancora tante piccole e medie aziende costrette a chiudere per i consumi interni che non crescono, le banche che non prestano soldi, lo Stato che paga in ritardo i fornitori ma punisce con le tasse più alte d’Europa il lavoro. In un quadro sociale e politico di grande instabilità.

Questo è il panorama nazionale e l’Umbria non fa eccezione. Nel terzo trimestre di quest’anno i dati dell’Osservatorio congiunturale sul manifatturiero ed il commercio in provincia di Perugia evidenziano qualche cenno di miglioramento ma – ha detto il presidente della Camera di commercio Giorgio Mencaroni – “servono altri numeri per uscire dalla recessione”. Anche in provincia di Terni, ha commentato il presidente della locale Camera di commercio Enrico Cipiccia, si può cominciare “a parlare di attenuazione degli effetti della crisi, ma non ancora di inizio della ripresa”.

Giudizi confermati anche nel Focus sulla economia umbra curato dall’Ires Cgil, secondo il quale se anche ci sarà una ripresa del Pil questo non creerà occupazione. L’Umbria – è detto nel rapporto dell’Istituto di ricerche economiche e sociali del sindacato – “è una regione su cui la recessione ha assestato un duro colpo, con una elevata disoccupazione, produttività bassa, produzione industriale che rimane ancorata ad un modello da cui non riesce a sganciarsi, consumi sempre più in basso ed un export complessivo in calo”. Mali – sottolinea l’Ires – in gran parte preesistenti alla crisi che li ha accentuati.

Ci sono meno soldi in giro ed anche in vista del Natale continua il calo dei consumi che per la prima volta incidono anche sulle vendite di supermercati, ipermercati e grande distribuzione in genere. A Terni, ad esempio, nei primi sei mesi del 2013 famiglie ed imprese non hanno onorato debiti per sei milioni di euro. “Sono 30 mila euro al giorno che i ternani non sono riusciti a pagare” ha sottolineato il presidente della Camera di commercio.

Se gli umbri e gli italiani spendono di meno anche le nostre aziende incassano di meno. Quelle più moderne e competitive (ed in Umbria per fortuna ne abbiamo parecchie) si sono lanciate con successo nei mercati internazionali, soprattutto dei paesi emergenti dove il “lusso” ed il ”made in Italy” in genere sono molto apprezzati e richiesti. Lo conferma anche l’ultimo rapporto di Umbria Innovazione ed Unioncamere che ha studiato bilanci ed attività nel 2012 di 210 aziende piccole e medie della regione. Il 40 per cento hanno avuto un calo del fatturato che è invece cresciuto in quel 32 per cento che hanno puntato sui mercati internazionali, soprattutto extra europei, a dimostrazione – sottolinea il rapporto – che “innovazione tecnologica ed organizzativa sono un fattore strategico di successo delle imprese”.

Purtroppo però nel complesso anche l’export umbro è in calo, soprattutto per il crollo della produzione e vendita dell’acciaio prodotto negli stabilimenti di Terni. Nei primi nove mesi di quest’anno, secondo i dati Istat, le esportazioni umbre sono calate del 6,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (in Italia la diminuzione è stata dello 0,3 mentre nelle vicine Marche sono cresciute addirittura del 12,7 per cento). Preoccupa inoltre il fatto che è proprio nei paesi extraeuropei, dove i consumi ed il benessere sono in crescita, che l’export umbro ha avuto un tracollo di oltre il 10 per cento.

L’attenzione dell’opinione pubblica è ovviamente concentrata sulla crisi delle grandi imprese (Merloni, Sangemini, Acciaierie Terni per citarne alcune) ma sono quelle più piccole, con meno di 9 addetti – rileva lo studio dell’Osservatorio congiunturale delle Camere di commercio – a perdere terreno. Per il futuro il 23 per cento degli imprenditori delle oltre 500 aziende prese in esame si attende un miglioramento della situazione, il 39 degli intervistati “stabilità”, mentre il 37,7 per cento si aspetta ancora una diminuzione della propria attività.

Più stranieri imprenditori

C’ è meno lavoro per tutti e quindi anche per gli stranieri arrivati in Italia per cercare una vita ed un futuro migliore. Ed allora gli immigrati si inventano un lavoro da soli. Infatti uno studio della Unioncamere Umbria su questo fenomeno rileva che nella nostra regione cresce il numero di imprese create da stranieri che sono ormai quasi 7.000, l’ 8,2 per cento del totale. Sono aziende piccole, (più dell’ 80 per cento sono individuali), che operano soprattutto nel settore delle costruzioni e del commercio. Giuliana Pandoro, segretario generale di Unioncamere Umbria, ha commentato che la crescita di imprese straniere dimostra che ”sempre più lavoratori da braccianti diventano imprenditori ed accettano il rischio di fare impresa. Ormai in Italia una nuova impresa giovanile su 5 è straniera. Spesso – ha proseguito – queste attività soddisfano fabbisogni non coperti da lavoratori italiani. Colmano un vuoto ed assicurano un apporto economico fondamentale all’ economia dell’ Umbria”.

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Economia umbra: come uscire dal tunnel https://www.lavoce.it/15627/ Fri, 15 Mar 2013 16:09:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=15627 ECONOMIAI numeri dell’indagine di Unioncamere Umbria sulla salute del sistema produttivo regionale nel quarto trimestre 2012 sono quasi tutti con il segno “meno” e descrivono una situazione peggiore di quella delle altre regioni del centro Italia. Calo di produzione, di fatturato e ordinativi per le imprese manifatturiere, calo dei consumi e quindi delle vendite per quelle commerciali, con tante aziende che chiudono.
L’economia umbra è quindi ancora nel tunnel dopo quattro anni di crisi, ma ci sono anche segnali positivi. Il primo è che in Umbria l’export continua a crescere e che le aziende che riescono a vendere e operare nei mercati internazionali sono in salute, investono ed assumono. L’altro elemento positivo è che in una regione dove per decenni si è vissuto all’insegna dello slogan “piccolo è bello” adesso crescono le società di capitale, meglio strutturate per confrontarsi anche sui mercati internazionali dove, con la globalizzazione, ci sono più concorrenza ma anche più opportunità di sviluppo.
“Non stiamo vivendo un momento di crisi ma un cambiamento epocale” ha detto il presidente di Unioncamere Umbria, Giorgio Mencaroni, illustrando alla stampa l’indagine congiunturale. La crescita dell’export del made in Umbria, l’incremento delle società di capitale e la voglia di investire da parte di molte aziende sono la dimostrazione che tra gli imprenditori c’è “coraggio e capacità di reagire”. “Non sono più i tempi – ha aggiunto – di imprenditori che nascono e muoiono operando nello stesso settore. Bisogna avere il coraggio di rivedere e, se necessario, anche di stravolgere organizzazione ed attività delle nostre aziende”.
Quali sono dunque i settori strategici? Secondo il presidente di Unioncamere, la qualità della vita, i paesaggi e le bellezze artistiche sono una risorsa che l’Umbria deve tutelare e promuovere. Il turismo è sicuramente uno dei “cavalli di battaglia” della nostra regione, ma anche i prodotti della terra e il settore agroalimentare. Le “norcinerie”, ad esempio, non sono sufficientemente promosse.
Per l’agricoltura, l’Umbria deve sfruttare di più il fascino dell’ambiente incontaminato, puntando sul biologico e su prodotti con un valore aggiunto, dove la qualità prevale sulla quantità. Vino e olio vanno legati di più alle suggestioni del territorio, privilegiando il marchio Umbria rispetto a quello delle varie zone di produzione. Per il manifatturiero bisogna puntare su alcune eccellenze, come dimostra il successo del cashmere e delle aziende dell’innovazione che sono diventate leader mondiali in settori come quelli dell’aereospazio e delle energie rinnovabili.
Secondo Mencaroni, può esserci spazio anche per le aziende di costruzione, un settore molto importante e molto in crisi in Umbria. Servono però scelte politiche ed urbanistiche che mirino al recupero del territorio, facendo diventare più conveniente l’abbattimento e la riconversione di edifici esistenti rispetto alla costruzione di quelli nuovi. Senza dimenticare poi l’importanza della cultura e a Perugia, in particolare, dell’Università che è anche una significativa realtà economica, con migliaia di studenti provenienti da fuori regione.
“La crescita dell’export in un momento così difficile – ha sottolineato Mencaroni – è anche la dimostrazione del successo delle iniziative di sostegno e promozione del nostro sistema imprenditoriale condotte da Camere di commercio, Regione ed istituzioni locali”.

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L’Umbria che varca i confini. L’export fa crescere il fatturato https://www.lavoce.it/piu-export-per-rilanciare-lumbria/ Fri, 14 Sep 2012 13:28:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=12780 TUTTI GLI ARTICOLI DI QUESTA SETTIMANA

Aziende che chiudono, disoccupazione che cresce e consumi che calano: la crisi non risparmia l’Umbria. Ma ci sono anche aziende che in tempi difficili aumentano il fatturato, e creano nuovi posti di lavoro. Sono quelle che hanno puntato sull’innovazione e sulla qualità, e si sono affermate sui mercati internazionali. L’internazionalizzazione delle imprese e l’export sono una strada obbligata per rilanciare l’economia e creare nuovi posti di lavoro: di questo si è discusso nei giorni scorsi nel forum promosso dalla rivista Obiettivo impresa della Camera di commercio di Perugia.

L’export umbro anche nei primi mesi di quest’anno è cresciuto più della media nazionale, ma accanto a questo dato positivo ve ne è un altro negativo: le aziende umbre che esportano sono ancora troppo poche, e la percentuale delle esportazioni in rapporto al Pil regionale è ancora inferiore alla media italiana.

“Il trend positivo dell’export – ha detto il presidente della Camera di commercio di Perugia Giorgio Mencaroni – incoraggia, ma l’apertura verso i mercati esteri del nostro sistema produttivo è ancora basso. Non bastano le tante missioni all’estero per promuovere l’Umbria e per cercare di vendere i nostri prodotti. Il sistema locale – ha aggiunto – è costituito per il 95% da imprese di piccole dimensioni che da sole hanno grandi difficoltà a misurarsi con la competizione internazionale. A queste deve rivolgersi la nostra azione di sostegno e supporto, fatta di risorse finanziarie, ma anche di servizi promozionali e assistenza sull’intero processo di export. È necessario ragionare per filiere, per reti di impresa, così da presentarsi sui mercati esteri con la forza necessaria a sostenere una competizione acuita dalla crisi economica”.

“La Camera di commercio di Perugia si muove in questa direzione – ha ricordato Mencaroni –, coordinando le proprie iniziative con quelle delle altre istituzioni locali, a cominciare dalla Regione insieme alla quale e con la Camera di commercio di Terni abbiamo dato vita al nuovo Centro estero dell’Umbria. Il primo pericolo da sconfiggere è infatti la parcellizzazione degli interventi, quasi sempre scoordinati tra loro, che finiscono per produrre un effetto contrario a quello sperato, sia in termini operativi che di immagine”.

“Ognuno ha cercato di vendere il proprio territorio, con azioni strategiche frammentate – ha detto Alessandro Pettinato, vice segretario generale di Unioncamere nazionale – con il risultato di produrre, invece di un vantaggio competitivo, un danno all’immagine del Paese e all’export”.

“Per lanciare una nuova stagione di sviluppo – secondo Gaetano Fausto Esposito, direttore di Assocamerestero – l’economia umbra deve sempre più aprirsi a livello internazionale, valorizzando le caratteristiche che la rendono una terra di soft e green economy, ma capace di esprimere punte di eccellenza anche in comparti come quello siderurgico, energetico e della moda. Senza dimenticare il turismo, importante volano per l’economia umbra”.

Anche per Luigi Rossetti, dirigente della Regione, per esportare, le piccole aziende umbre devono stabilire “relazioni stabili con operatori esteri”. La Regione intende aiutarle “ad investire su mercati esteri selezionati che presentano prospettive di crescita importanti” ed ha scelto di puntare sui mercati di due delle nuove potenze mondiali, Brasile e Cina. “Occorre – ha detto Luca Ferrucci, docente dell’Università di Perugia – internazionalizzare merci e servizi, ma anche persone e capacità. Oggi invece esportiamo cervelli e importiamo manodopera generica. È necessario però internazionalizzare anche le istituzioni, a cominciare dalle Università, così che abbiano le caratteristiche e la mentalità per asssistere realmente le imprese che guardano oltre il mercato interno”.

Tanti problemi e tante proposte dunque per fare crescere l’export e rilanciare l’economia umbra creando nuovi posti di lavoro. Tenendo però anche conto delle riflessioni fatte dal prof. Gianfranco Gavazzoni, docente di Economia all’Università di Perugia: nel mondo – ha detto – ci sono sette miliardi di persone. Di queste un miliardo sono i “ricchi, un altro miliardo i poveri e gli altri cinque miliardi sono gli affamati. Il futuro di tutti noi e della nostra economia – ha sottolineato Gavazzoni – dipende dalla capacità di risolvere i problemi di quei cinque miliardi di persone. La vera internazionalizzazione delle imprese infatti può funzionare soltanto con nuove formule imprenditoriali, che tengano conto della realtà e di dove passa la storia. Con un nuovo sistema socio-economico che non si preoccupi soltanto del miliardo di privilegiati”.

Che cosa, dove

Personale specializzato al lavoro in un laboratorio di produzione di cashmere

Anche nel primo trimestre di quest’anno l’Umbria ha mostrato un tasso di crescita superiore alla media nazionale: 5,8% contro il 5,5 italiano. Nel 2011 però l’aumento era stato del 13,6 per cento, con un fatturato di 3,6 miliardi che aveva consentito di recuperare pienamente la flessione subita dal 2009. Il numero delle aziende esportatrici è tornato a crescere e l’anno scorso è stato di 2.800. Erano però 3.190 nel 2002 ed erano scese a 2.424 nel 2007. L’Umbria esporta prevalentemente prodotti siderurgici, che rappresentano un terzo dell’export regionale, ma i mercati internazionali hanno apprezzato anche macchinari ed apparecchi prodotti in Umbria, i prodotti alimentari e quelli dell’abbigliamento, in particolare il cashmere. Le aziende umbre esportano soprattuto nei Paesi dell’Unione europea e nell’America del Nord. Il primo mercato è quello della Germania, seguito dalla Francia. Con un fatturato nel 2011 di appena 75 milioni di euro, il mercato della nuova grande potenza mondiale, la Cina, resta invece marginale per l’export umbro. Per questo la Regione ed il Centro estero Umbria hanno deciso di rafforzare le iniziative promozionali nel Paese asiatico, a cominciare dalla partecipazione alla Beijing Design Fair che si svolgerà a Pechino dal 28 settembre al 2 ottobre prossimi.

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Segnali positivi, “anche se” https://www.lavoce.it/segnali-positivi-anche-se/ Thu, 12 May 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9359 L’Umbria arranca verso l’uscita dal tunnel della crisi. Il sole fa capolino tra nubi ancora minacciose. I dati delle Camere di commercio di Perugia e Terni presentati nella Giornata dell’economia, contengono finalmente qualche segno “più” ma si sono fatti solo pochi passi in avanti dopo la retromarcia del biennio terribile 2008-2009. Il fatto più importante, indipendentemente dalle basse percentuali di crescita del sistema produttivo regionale, è che si torna a registrare un certo ottimismo, soprattuto nelle previsioni per i prossimi anni, anche se le preoccupazioni restano tante, in particolare per quanto riguarda l’occupazione. Sarà infatti una “ripresina” che non dovrebbe portare ad un aumento apprezzabile del totale dei posti di lavoro in Umbria. In provincia di Perugia nel 2010 le esportazioni sono cresciute del 13 per cento rispetto al 2009, quando però il crollo era stato del 20 per cento. In crescita il manifatturiero, anche se permangono zone d’ombra per l’artigianato (nell’ultimo anno il saldo negativo è stato di 160 aziende), le piccole imprese, soprattutto quelle a carattere familiare, e l’occupazione. Il tasso di disoccupazione provinciale è arrivato al 6,9 per cento, il più alto dal 2004, ma comunque inferiore a quello nazionale (8,4). Preoccupa l’alta percentuale di giovani tra i 15 e 29 anni che non vanno a scuola o all’università e che, almeno apparentemente, hanno rinunciato anche alla ricerca del lavoro. Del resto diminuiscono da parte delle aziende umbre le richieste di laureati. Tuttavia “il nostro sistema d’impresa è tuttora sano – ha affermato il presidente della Camera di commercio Giorgio Mencaroni – e fondato su un desiderio di intraprendere e una determinazione che la crisi non è riuscita a sfibrare”. Le imprese iscritte alla Camera di commercio di Perugia nel 2010 sono aumentate dell’1% rispetto al 2009, la crescita annua più elevata registrata nell’ultimo quinquennio, e superiore alla media nazionale dello 0,4%. Significativa la presenza di imprenditori extracomunitari: sono più 5.000. Un fatto questo da tenere presente quando si discute del problema dell’immigrazione. Il bilancio tra le aziende nate e quelle che hanno cessato l’attività (con un aumento di 716 unità, è il migliore saldo dal 2006) segna quindi un marcato punto di svolta sulla strada della ripresa economica. Più critica la situazione in provincia di Terni, dove rallenta il ritmo di crescita del numero delle imprese attive (più 0,3 per cento). “Dunque – ha spiegato il presidente della Camera di commercio Enrico Cipiccia – si conferma la maggiore difficoltà rispetto al passato di intraprendere una nuova attività imprenditoriale”. Fanno però eccezione le imprese al femminile, che sono diventate il 28,1 per cento di quelle iscritte nel Registro camerale, una percentuale di 4 punti superiore alla media nazionale. Anche in provincia di Terni non ci sono per ora buone notizie sul fronte dell’occupazione. Il 2011 non sarà ancora l’anno della ripresa. “Le stime previsionali – spiega Cipiccia – fotografano infatti una debole crescita dello 0,2%, inferiore sia alla media regionale che nazionale“. Nel 2012 e 2013 secondo le stime di Unioncamere la crescita sarà un po’ più consistente, lo 0,5%, in linea con il dato umbro ma ancora leggermente inferiore al dato nazionale. Nel complesso la crescita del Pil in Umbria nel 2011 dovrebbe attestarsi sullo 0,9 per cento, sotto la media nazionale.

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Salviamo una economia in cocci https://www.lavoce.it/salviamo-una-economia-in-cocci/ Thu, 09 Sep 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8697 Fare sistema. Alberto Mossone, professionista del marketing da oltre quarant’anni, ne è fermamente convinto: è questa la soluzione giusta per far uscire il mondo economico ed imprenditoriale umbro dallo stallo in cui si trova. Lo ha affermato nel corso della presentazione del suo ultimo libro Il mondo è cambiato. Cambiamo l’Umbria, (Sabbioni editore), svoltosi martedì 7 settembre scorso, a palazzo Cesaroni, cogliendo così l’occasione per lanciare un messaggio alle imprese umbre, e all’Umbria tutta perché esca dal suo policentrismo, che da “legittimo riconoscimento delle diversità territoriali, si è trasformato in pericolosa deriva campanilistica”. La soluzione per Mossone è dunque convincere mondo produttivo e istituzioni a fare sistema per far crescere le tante eccellenze dell’Umbria. La pubblicazione raccoglie tutta una serie di articoli sull’economia umbra dal 2006 al 2009, comparsi su alcuni dei principali giornali dell’Umbria, tra cui anche La Voce. A presentarlo c’era la vice presidente della II Commissione consiliare Maria Rosi che ha spiegato che “ci sono momenti, come questi che stiamo attraversando, in cui è essenziale un dialogo costruttivo fra la politica e il mondo delle imprese, fatto anche di quelle piccole e medie imprese che più caratterizzano il tessuto economico dell’Umbria”. Mossone, nel corso dell’incontro, si è trattenuto soprattutto sulle problematiche del comparto della ceramica, a cui ha dedicato l’ultima parte del volume. Negli ultimi anni grandi mostre di ceramica sono state realizzate a Gubbio, Deruta, Gualdo Tadino, Perugia; alcune sono state ben pubblicizzate, altre di meno, ma purtroppo non ve n’è traccia sul sito dell’Associazione italiana della ceramica. Alcune – sottolinea ancora con rammarico – con cataloghi solo in italiano: come si fa a farle conoscere all’estero? Allora aggreghiamoci per fare rete insieme. Negli anni Venti del ’900 – ha proseguito – le aziende umbre si associarono fra loro per creare dei marchi e cataloghi unici, fino ad aprire un importante punto vendita nella famosa via Montenapoleone a Milano. Oggi invece i singoli artigiani vanno da soli, spesso senza un catalogo, senza un interprete. Alle sfide della globalizzazione – ribadisce – si deve rispondere senza improvvisazioni in concordia con tutti i soggetti interessati”. “Alberto Mossone ha ragioni da vendere – sostiene Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio di Perugia e di Unioncamere Umbria, nella prefazione al volume –, cento campanili sono una ricchezza solo se lavorano in modo coordinato, se seguono una logica comune. E il carro regionale può uscire dal pantano della crisi solo se tutti spingiamo, insieme, nella stessa direzione”. Al policentrismo accennato all’inizio dall’autore fa riferimento nel suo contributo Giuseppe Calzoni, economista e docente universitario: “Un policentrismo che può superare l’ostacolo solo se saprà trasformarsi in un policentrismo coeso che riesca a combinare gli aspetti della concorrenza con quelli della collaborazione. In sostanza bisogna trasformare il talento dei solisti in sistema. Certo – sostiene – la scienza economica è naturalmente subordinata alla politica e più generalmente alla morale. Ma se nell’azione politica il ruolo della classe dirigente si riduce a un esercizio di autoreferenzialità sclerotizzata nel tempo, come si fa a parlare di coesione e di bene comune?”. Con la pubblicazione dei suoi articoli – sottolinea Anna Mossuto, direttore del Corriere dell’Umbria nell’introduzione al libro – Mossone non vuole fare critica o denuncia, ma, dopo aver fotografato lo status quo, propone un percorso, una rotta per raggiungere il traguardo, uno sviluppo”. Il volume contiene anche una prefazione di Mario Roych.

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