Ucraina Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/ucraina/ Settimanale di informazione regionale Fri, 03 May 2024 09:42:02 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Ucraina Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/ucraina/ 32 32 La voce (isolata) del Papa che non perde occasione per dare alito alla sete di pace https://www.lavoce.it/voce-isolata-papa-non-perde-occasione-dare-alito-sete-pace/ https://www.lavoce.it/voce-isolata-papa-non-perde-occasione-dare-alito-sete-pace/#respond Thu, 02 May 2024 11:53:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75948

Il metro per misurare il livello generale della nostra rassegnazione alla guerra è l’informazione che sui conflitti internazionali ormai indulge quasi esclusivamente sulla comparazione delle potenze di fuoco, sugli approvvigionamenti di armi e sistemi di armi delle forze in campo, sul numero del personale militare e sulle strategie di fuoco adottate. Soprattutto rispetto al conflitto in terra di Ucraina non vi è più notizia di tentativi di mediazione e di negoziati in corso ma solo della richiesta di munizioni e armamenti da parte del governo ucraino. Peraltro invece tutti gli esperti concordano nell’affermare che in quel conflitto non vi potrà essere possibilità di soluzione per via militare e che sarebbe una tremenda illusione anche solo immaginarlo. È il buon senso, allora, a suggerire la tragica domanda sul perché di tanti morti, del pianto dei familiari dei soldati, dei mutilati a vita nel corpo e nell’anima, delle case, delle aziende e delle infrastrutture distrutte che bisognerà ricostruire, delle risorse impegnate nello spreco di uno sforzo tanto grande quanto inutile. E scandalosamente dannoso. Ma ancor di più scoraggia l’appiattimento pressoché unanime nel dare microfono, penna e tastiera solo alla forza della violenza della guerra. Isolata resta la voce di un anziano pontefice che non perde occasione per dare alito alla sete di pace che non sia il risultato illusorio e amaro della violenza.]]>

Il metro per misurare il livello generale della nostra rassegnazione alla guerra è l’informazione che sui conflitti internazionali ormai indulge quasi esclusivamente sulla comparazione delle potenze di fuoco, sugli approvvigionamenti di armi e sistemi di armi delle forze in campo, sul numero del personale militare e sulle strategie di fuoco adottate. Soprattutto rispetto al conflitto in terra di Ucraina non vi è più notizia di tentativi di mediazione e di negoziati in corso ma solo della richiesta di munizioni e armamenti da parte del governo ucraino. Peraltro invece tutti gli esperti concordano nell’affermare che in quel conflitto non vi potrà essere possibilità di soluzione per via militare e che sarebbe una tremenda illusione anche solo immaginarlo. È il buon senso, allora, a suggerire la tragica domanda sul perché di tanti morti, del pianto dei familiari dei soldati, dei mutilati a vita nel corpo e nell’anima, delle case, delle aziende e delle infrastrutture distrutte che bisognerà ricostruire, delle risorse impegnate nello spreco di uno sforzo tanto grande quanto inutile. E scandalosamente dannoso. Ma ancor di più scoraggia l’appiattimento pressoché unanime nel dare microfono, penna e tastiera solo alla forza della violenza della guerra. Isolata resta la voce di un anziano pontefice che non perde occasione per dare alito alla sete di pace che non sia il risultato illusorio e amaro della violenza.]]>
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Inaugurazione della bacheca della pace realizzata all’Emporio Bimbi della San Vincenzo De Paoli https://www.lavoce.it/inaugurazione-della-bacheca-della-pace-realizzata-allemporio-bimbi-della-san-vincenzo-de-paoli/ Sat, 04 Mar 2023 11:45:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70707 bacheca della pace

Sabato 4 marzo alle ore 16 al parco Ciaurro a Terni, ci sarà l'inaugurazione della bacheca della pace, realizzata dai bambini ucraini frequentanti l’Emporio Bimbi della San Vincenzo de’ Paoli, insieme ai bambini di altre nazionalità e ai giovani vincenziani. Frutto del progetto Liberi di sognare. Liberi di crescere è una struttura metallica bifacciale di 180x120 cm con il disegno della sagoma della cartina dell’Ucraina in cui sono poste delle mattonelle in ceramica, per ricordare l’accoglienza a Terni dei piccoli profughi e delle loro mamme, e soprattutto in ricordo di tutti i bambini vittime di guerre e di violenza.

Un progetto nell’ambito delle manifestazioni valentiniane

Il progetto, è inserito nel Patto di collaborazione con il Comune di Terni e nell’ambito delle manifestazioni valentiniane 2023 San Valentino testimone dell’amore, ed è stato realizzato con l’opera di Marò ceramiche di Terni. L’inaugurazione della bacheca della pace, sarà arricchita da testimonianze su San Valentino testimone di Pace e di Amore con una performance dell’attore Stefano De Majo, di testimonianze sulla II guerra mondiale di Adriano Marinensi, canti e balli delle varie Nazioni, giochi e laboratori per bambini e la benedizione del vescovo Francesco Antonio Soddu. "Con l’arrivo delle famiglie ucraine che scappavano dalla guerra -ricorda la coordinatrice dell’Emporio Bimbi, Antonella Catanzani- composte principalmente da mamme con bambini, nel mese di marzo dello scorso anno la San Vincenzo di Terni si è prontamente attivata sia con l’Emporio Bimbi che con le varie conferenze presenti sul territorio della diocesi di Terni-Narni-Amelia per dare un sostegno materiale ed affettivo per fare sentire meno il peso della guerra e il dover avere lasciato i propri affetti a distanza di migliaia di chilometri.

Oltre cento bambini ucraini assistiti

Tutti i bambini arrivati all’Emporio hanno provato una sensazione di benessere, già solo per il fatto che la struttura è colorata a tinte vivaci ed è piena di giochi, ambiente favorevole anche per ogni attività didattica. La presenza di altri coetanei di varie nazionalità è stato uno stimolo a frequentare per fare nuove amicizie imparando nuove cose. È nata da qui l’idea di un laboratorio di pittura su ceramica, volto alla realizzazione di mattonelle create e dipinte dai bambini ucraini. Lavorare la creta che proviene proprio dall’Ucraina, fa sentire i bambini vicini alla loro terra e rafforza negli altri che interagiscono nel progetto il sentimento di condivisione del legame che ognuno ha con la propria patria". L'Emporio Bimbi nel contesto dell’emergenza Ucraina, ha assistito centodiciassette bambini profughi (0-14 anni) e continua ad oggi ad accogliere molti di questi bambini, offrendo uno spazio dove socializzare, esprimersi, condividere giochi, merende, esperienze, disegnare, per esprimere i propri sentimenti.]]>
bacheca della pace

Sabato 4 marzo alle ore 16 al parco Ciaurro a Terni, ci sarà l'inaugurazione della bacheca della pace, realizzata dai bambini ucraini frequentanti l’Emporio Bimbi della San Vincenzo de’ Paoli, insieme ai bambini di altre nazionalità e ai giovani vincenziani. Frutto del progetto Liberi di sognare. Liberi di crescere è una struttura metallica bifacciale di 180x120 cm con il disegno della sagoma della cartina dell’Ucraina in cui sono poste delle mattonelle in ceramica, per ricordare l’accoglienza a Terni dei piccoli profughi e delle loro mamme, e soprattutto in ricordo di tutti i bambini vittime di guerre e di violenza.

Un progetto nell’ambito delle manifestazioni valentiniane

Il progetto, è inserito nel Patto di collaborazione con il Comune di Terni e nell’ambito delle manifestazioni valentiniane 2023 San Valentino testimone dell’amore, ed è stato realizzato con l’opera di Marò ceramiche di Terni. L’inaugurazione della bacheca della pace, sarà arricchita da testimonianze su San Valentino testimone di Pace e di Amore con una performance dell’attore Stefano De Majo, di testimonianze sulla II guerra mondiale di Adriano Marinensi, canti e balli delle varie Nazioni, giochi e laboratori per bambini e la benedizione del vescovo Francesco Antonio Soddu. "Con l’arrivo delle famiglie ucraine che scappavano dalla guerra -ricorda la coordinatrice dell’Emporio Bimbi, Antonella Catanzani- composte principalmente da mamme con bambini, nel mese di marzo dello scorso anno la San Vincenzo di Terni si è prontamente attivata sia con l’Emporio Bimbi che con le varie conferenze presenti sul territorio della diocesi di Terni-Narni-Amelia per dare un sostegno materiale ed affettivo per fare sentire meno il peso della guerra e il dover avere lasciato i propri affetti a distanza di migliaia di chilometri.

Oltre cento bambini ucraini assistiti

Tutti i bambini arrivati all’Emporio hanno provato una sensazione di benessere, già solo per il fatto che la struttura è colorata a tinte vivaci ed è piena di giochi, ambiente favorevole anche per ogni attività didattica. La presenza di altri coetanei di varie nazionalità è stato uno stimolo a frequentare per fare nuove amicizie imparando nuove cose. È nata da qui l’idea di un laboratorio di pittura su ceramica, volto alla realizzazione di mattonelle create e dipinte dai bambini ucraini. Lavorare la creta che proviene proprio dall’Ucraina, fa sentire i bambini vicini alla loro terra e rafforza negli altri che interagiscono nel progetto il sentimento di condivisione del legame che ognuno ha con la propria patria". L'Emporio Bimbi nel contesto dell’emergenza Ucraina, ha assistito centodiciassette bambini profughi (0-14 anni) e continua ad oggi ad accogliere molti di questi bambini, offrendo uno spazio dove socializzare, esprimersi, condividere giochi, merende, esperienze, disegnare, per esprimere i propri sentimenti.]]>
Ucraina, appello dei frati del Sacro Convento di Assisi per aiutare i confratelli nel paese martoriato dalla guerra https://www.lavoce.it/ucraina-appello-dei-frati-del-sacro-convento-di-assisi-per-aiutare-i-confratelli-nel-paese-martoriato-dalla-guerra/ Wed, 11 Jan 2023 16:14:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69975 frati-conventuali-ucraina

Continua la campagna di solidarietà dei frati minori conventuali della Basilica di San Francesco in Assisi a sostegno dei conventi francescani in Ucraina.

"I nostri confratelli -ha dichiarato fra Giulio Cesareo, OFMConv, direttore ufficio comunicazione Sacro Convento- continuano ad accogliere e aiutare chi cerca salvezza e riparo dalla guerra, dalla fame, dal freddo glaciale e dall’isolamento a causa dei continui bombardamenti. A quasi un anno dall’inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia sembra ancora molto lontana la pace.

La guerra sta causando morti e distruzioni. Il popolo ucraino, martoriato dal freddo e dai continui bombardamenti alle centrali elettriche e alle infrastrutture civili, ha bisogno costante di aiuto".

Cittadini allo stremo senza luce e riscaldamento

La maggior parte degli abitanti delle città è priva di riscaldamento e i black out energetici riguardano tutto il Paese. I nostri frati francescani in Ucraina nei propri conventi e nelle parrocchie loro affidate accolgono le persone, che possano così riscaldarsi, prendere un pasto caldo e soprattutto recuperare per un po’ normalità e gioia nelle relazioni, soprattutto durante le feste natalizie appena trascorse.

"In molte zone del Paese -ha dichiarato il Custode provinciale dell'Ucraina, fra Stanislaw Kawa, OFMConv- l'elettricità è presente solo per poche ore al giorno, e in queste condizioni, è necessario disporre di fonti di energia alternative come i generatori di corrente.

I nostri conventi e le nostre chiese, essendo riscaldati con combustibile solido e dotati di generatori di corrente in caso di interruzione della rete elettrica, fungono da rifugio, riparo e conforto per la popolazione. Nei nostri conventi forniamo quotidianamente aiuti alimentari, pasti caldi e coperte. Grazie per tutto quello che potrete fare. Il Signore vi benedica e vi conceda la pace".

Un aiuto concreto che deve continuare

I frati del Sacro Convento di Assisi, ribadiscono il proprio appello nel chiedere a tutte le donne e gli uomini di buona volontà di continuare ad aiutarli ad aiutare:

"La guerra -ricordano- è un mostro a cui per ora possiamo rispondere solo con la preghiera, l’amicizia e la vicinanza concreta, secondo le possibilità di ciascuno.

E’ possibile aiutare i frati in Ucraina inviando un’offerta alla Caritas Francescana del Sacro Convento di Assisi al link: https://bit.ly/3Gv9v4G

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frati-conventuali-ucraina

Continua la campagna di solidarietà dei frati minori conventuali della Basilica di San Francesco in Assisi a sostegno dei conventi francescani in Ucraina.

"I nostri confratelli -ha dichiarato fra Giulio Cesareo, OFMConv, direttore ufficio comunicazione Sacro Convento- continuano ad accogliere e aiutare chi cerca salvezza e riparo dalla guerra, dalla fame, dal freddo glaciale e dall’isolamento a causa dei continui bombardamenti. A quasi un anno dall’inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia sembra ancora molto lontana la pace.

La guerra sta causando morti e distruzioni. Il popolo ucraino, martoriato dal freddo e dai continui bombardamenti alle centrali elettriche e alle infrastrutture civili, ha bisogno costante di aiuto".

Cittadini allo stremo senza luce e riscaldamento

La maggior parte degli abitanti delle città è priva di riscaldamento e i black out energetici riguardano tutto il Paese. I nostri frati francescani in Ucraina nei propri conventi e nelle parrocchie loro affidate accolgono le persone, che possano così riscaldarsi, prendere un pasto caldo e soprattutto recuperare per un po’ normalità e gioia nelle relazioni, soprattutto durante le feste natalizie appena trascorse.

"In molte zone del Paese -ha dichiarato il Custode provinciale dell'Ucraina, fra Stanislaw Kawa, OFMConv- l'elettricità è presente solo per poche ore al giorno, e in queste condizioni, è necessario disporre di fonti di energia alternative come i generatori di corrente.

I nostri conventi e le nostre chiese, essendo riscaldati con combustibile solido e dotati di generatori di corrente in caso di interruzione della rete elettrica, fungono da rifugio, riparo e conforto per la popolazione. Nei nostri conventi forniamo quotidianamente aiuti alimentari, pasti caldi e coperte. Grazie per tutto quello che potrete fare. Il Signore vi benedica e vi conceda la pace".

Un aiuto concreto che deve continuare

I frati del Sacro Convento di Assisi, ribadiscono il proprio appello nel chiedere a tutte le donne e gli uomini di buona volontà di continuare ad aiutarli ad aiutare:

"La guerra -ricordano- è un mostro a cui per ora possiamo rispondere solo con la preghiera, l’amicizia e la vicinanza concreta, secondo le possibilità di ciascuno.

E’ possibile aiutare i frati in Ucraina inviando un’offerta alla Caritas Francescana del Sacro Convento di Assisi al link: https://bit.ly/3Gv9v4G

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Noi siamo di parte https://www.lavoce.it/siamo-parte/ Thu, 20 Oct 2022 11:17:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69004

Lo ammettiamo: siamo di parte. Per quanto piccoli e irrilevanti possiamo essere nel frastuono globale originato dal conflitto tra Russia e Ucraina, ci teniamo a dire che siamo di parte. È davvero difficile, forse quasi impossibile, pur nel mondo iperconnesso di oggi, distinguere con chiarezza tutti i tasselli che compongono un mosaico come quello del conflitto iniziato a febbraio scorso nel cuore dell’Europa. Lo tsunami di messaggi che investe da mesi ciascuno di noi - un’alluvione informativa che passa attraverso media vecchi e nuovi - ci lascia disorientati.

Non sempre si riesce a capire se il “vero” sia tutto da una parte o dall’altra, se i racconti siano viziati da una “tifoseria”, se le immagini siano condivise per farci cambiare idea, se le versioni ufficiali vogliano giustificare un interesse economico o qualcos’altro. La guerra è sui mezzi di comunicazione allo stesso modo che sul campo di battaglia. Il mondo che torna a polarizzarsi in due pericolosi schieramenti contrapposti, lo spettro ormai più che agitato

delle armi nucleari, vittime e carnefici, invasori e invasi, fornitori di armi “buone” e spacciatori di ordigni “cattivi”. E in mezzo: tante storie piccole, di gente comune che sta tra l’incudine e il martello, di vittime a destra e a manca, di popoli che scappano, chi dall’essere invaso e chi dal dover invadere. Solo poche parole ci danno speranza e ci invitano a tirar su le maniche, ognuno col poco o tanto che può fare. Tra queste parole ci sono quelle di Papa Francesco.

“Tacciano le armi - ha detto il Santo Padre - e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili”. Un appello che ha ispirato la grande manifestazione nazionale “Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace” che ci sarà a Roma sabato 5 novembre. Ecco, noi siamo di parte. Siamo da questa parte.

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Lo ammettiamo: siamo di parte. Per quanto piccoli e irrilevanti possiamo essere nel frastuono globale originato dal conflitto tra Russia e Ucraina, ci teniamo a dire che siamo di parte. È davvero difficile, forse quasi impossibile, pur nel mondo iperconnesso di oggi, distinguere con chiarezza tutti i tasselli che compongono un mosaico come quello del conflitto iniziato a febbraio scorso nel cuore dell’Europa. Lo tsunami di messaggi che investe da mesi ciascuno di noi - un’alluvione informativa che passa attraverso media vecchi e nuovi - ci lascia disorientati.

Non sempre si riesce a capire se il “vero” sia tutto da una parte o dall’altra, se i racconti siano viziati da una “tifoseria”, se le immagini siano condivise per farci cambiare idea, se le versioni ufficiali vogliano giustificare un interesse economico o qualcos’altro. La guerra è sui mezzi di comunicazione allo stesso modo che sul campo di battaglia. Il mondo che torna a polarizzarsi in due pericolosi schieramenti contrapposti, lo spettro ormai più che agitato

delle armi nucleari, vittime e carnefici, invasori e invasi, fornitori di armi “buone” e spacciatori di ordigni “cattivi”. E in mezzo: tante storie piccole, di gente comune che sta tra l’incudine e il martello, di vittime a destra e a manca, di popoli che scappano, chi dall’essere invaso e chi dal dover invadere. Solo poche parole ci danno speranza e ci invitano a tirar su le maniche, ognuno col poco o tanto che può fare. Tra queste parole ci sono quelle di Papa Francesco.

“Tacciano le armi - ha detto il Santo Padre - e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili”. Un appello che ha ispirato la grande manifestazione nazionale “Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace” che ci sarà a Roma sabato 5 novembre. Ecco, noi siamo di parte. Siamo da questa parte.

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Le scorte non bastano https://www.lavoce.it/scrte-non-bastano/ Sat, 15 Oct 2022 06:30:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68972

di Nicola Salvagnin

Il governo Draghi ha fissato alcuni paletti per il consumo del metano negli edifici, con modalità più restrittive rispetto al passato. Orbene, nessuno potrà mai controllare se la “famiglia Rossi” terrà il termostato a 20 piuttosto che a 19 gradi. Se le docce saranno un rapido momento di igiene personale o un lungo e costoso momento di benessere. Ma si tratta di un segnale chiarissimo: bisogna tirare la cinghia.

C’è un perché detto, e uno no. È necessario consumare meno gas perché dalla Russia ne arriverà meno, per nostra scelta. Ma il problema vero è se non ne arriverà proprio, per scelta di Vladimir Putin. Finora, per i russi il taglio delle forniture ai clienti europei non ha comportato grandi disagi economici, perché nel frattempo il prezzo del gas è quadruplicato. Noi abbiamo dovuto riempire le riserve strategiche durante l’estate per essere più tranquilli in inverno, purtroppo comprando metano a prezzi esorbitanti (molte piccole e medie aziende distributrici hanno i serbatoi vuoti e sono vicine al collasso).

Ma la realtà è che tale riserva non basta e non basterà se la Russia dovesse azzerare le vendite nelle prossime settimane. E il pericolo temuto è proprio questo: ricordiamoci che siamo dentro una guerra economica (e non solo) con i russi, laddove noi vogliamo piegare loro con le sanzioni economiche; e loro, noi con le forniture di idrocarburi.

Quindi niente di più probabile di una causa – vera o inventata – che blocchi i metanodotti che collegano Russia ed Europa. A quel punto dovremmo sperare che l’inverno non sia particolarmente freddo; che gli italiani capiscano e si adeguino; che le industrie ce la facciano, o in caso contrario che siano salvaguardate. E che le riserve strategiche non siano pesantemente intaccate.

Il fatto è che i giacimenti in cui è stato immesso il gas di scorta non possono essere svuotati anche per questioni tecniche (calerebbe eccessivamente la pressione per l’estrazione). A quel punto andrebbero ripristinati, ma se non c’è gas in arrivo? E a quel punto, quanto lo pagheremmo il poco in circolazione conteso da tutti i clienti europei? Questo, i russi lo sanno benissimo. Una situazione che fa tremare – di freddo o di paura, poco importa. Si rischiano blackout programmati nelle forniture, soprattutto nella fascia oraria 16-21, verso febbraio-marzo. Nel frattempo, regoliamoci tutti e preghiamo per un inverno mite e piovoso.

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di Nicola Salvagnin

Il governo Draghi ha fissato alcuni paletti per il consumo del metano negli edifici, con modalità più restrittive rispetto al passato. Orbene, nessuno potrà mai controllare se la “famiglia Rossi” terrà il termostato a 20 piuttosto che a 19 gradi. Se le docce saranno un rapido momento di igiene personale o un lungo e costoso momento di benessere. Ma si tratta di un segnale chiarissimo: bisogna tirare la cinghia.

C’è un perché detto, e uno no. È necessario consumare meno gas perché dalla Russia ne arriverà meno, per nostra scelta. Ma il problema vero è se non ne arriverà proprio, per scelta di Vladimir Putin. Finora, per i russi il taglio delle forniture ai clienti europei non ha comportato grandi disagi economici, perché nel frattempo il prezzo del gas è quadruplicato. Noi abbiamo dovuto riempire le riserve strategiche durante l’estate per essere più tranquilli in inverno, purtroppo comprando metano a prezzi esorbitanti (molte piccole e medie aziende distributrici hanno i serbatoi vuoti e sono vicine al collasso).

Ma la realtà è che tale riserva non basta e non basterà se la Russia dovesse azzerare le vendite nelle prossime settimane. E il pericolo temuto è proprio questo: ricordiamoci che siamo dentro una guerra economica (e non solo) con i russi, laddove noi vogliamo piegare loro con le sanzioni economiche; e loro, noi con le forniture di idrocarburi.

Quindi niente di più probabile di una causa – vera o inventata – che blocchi i metanodotti che collegano Russia ed Europa. A quel punto dovremmo sperare che l’inverno non sia particolarmente freddo; che gli italiani capiscano e si adeguino; che le industrie ce la facciano, o in caso contrario che siano salvaguardate. E che le riserve strategiche non siano pesantemente intaccate.

Il fatto è che i giacimenti in cui è stato immesso il gas di scorta non possono essere svuotati anche per questioni tecniche (calerebbe eccessivamente la pressione per l’estrazione). A quel punto andrebbero ripristinati, ma se non c’è gas in arrivo? E a quel punto, quanto lo pagheremmo il poco in circolazione conteso da tutti i clienti europei? Questo, i russi lo sanno benissimo. Una situazione che fa tremare – di freddo o di paura, poco importa. Si rischiano blackout programmati nelle forniture, soprattutto nella fascia oraria 16-21, verso febbraio-marzo. Nel frattempo, regoliamoci tutti e preghiamo per un inverno mite e piovoso.

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Celebrata la veglia per la pace nella cattedrale di Perugia https://www.lavoce.it/celebrata-veglia-pace-cattedrale-perugia/ Fri, 07 Oct 2022 08:55:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68881

"È bello ed è doveroso pregare per la pace". Così l’arcivescovo mons. Ivan Maffeis ha salutato i numerosi fedeli che ieri sera, 5 ottobre, si sono ritrovati nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, accogliendo l’invito del Charis, il Rinnovamento carismatico cattolico, a partecipare alla Veglia di preghiera per la pace in Ucraina e in tutte le aree del mondo in guerra, promossa in molte altre comunità diocesane italiane. Una veglia che a Perugia è iniziata con la celebrazione della messa, seguita dall’adorazione eucaristica meditata e conclusa con la supplica davanti all’icona della venerata Madonna delle Grazie. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="68887,68888,68890,68891"]

Conseguenze anche a Perugia

"Oltre che sulle popolazioni stremate dalla violenza e dalla morte - ha ricordato mons. Maffeis all’omelia - , la mancanza di pace sta portando le sue conseguenze su tutti, anche sulla nostra comunità diocesana, in termini di preoccupazione, di tensioni sociali, di impoverimento, di crisi alimentare con prezzi e logiche speculative che a tanti rendono difficile se non impossibile l’accesso a beni primari".

La forza non costruisce la pace

"Questa sera, in comunione con tante altre Comunità che hanno aderito all’iniziativa promossa dal Rinnovamento carismatico cattolico - ha proseguito l’arcivescovo - , ci ritroviamo in preghiera. Con san Francesco siamo animati dalla speranza che - come diceva ieri (il 4 ottobre, n.d.r.) il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei – “il lupo terribile della guerra possa essere addomesticato”. La via per farlo non passa dalla violenza, che non risolve mai i conflitti: anche quando un atto di forza può essere necessario come forma di difesa, non è con la forza che si costruisce la pace. La pace vive  di rispetto dei diritti dei popoli, della giustizia e della dignità umana. Vive di stima e accoglienza reciproca, di rapporti fraterni e solidali. Vive di fiducia in Dio, che in Cristo ci ha perdonati e riconciliati".

Alla sorgente della preghiera

"Questa fiducia - ha commentato mons. Maffeis, avviandosi alla conclusione dell’omelia - è alimentata alla sorgente della preghiera. Una preghiera che, con le parole di Gesù, nasce dalla scoperta della paternità di Dio e invoca l’avvento del suo Regno, ossia del suo disegno sul mondo, sull’umanità. Questo Regno è già presente: in ogni atto di amore, di servizio, di gratuità di cui si nutre la vita di ciascuno". Il testo integrale dell’omelia è consultabile e scaricabile sul sito: www.diocesi.perugia.it (sezione “arcivescovo”).]]>

"È bello ed è doveroso pregare per la pace". Così l’arcivescovo mons. Ivan Maffeis ha salutato i numerosi fedeli che ieri sera, 5 ottobre, si sono ritrovati nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, accogliendo l’invito del Charis, il Rinnovamento carismatico cattolico, a partecipare alla Veglia di preghiera per la pace in Ucraina e in tutte le aree del mondo in guerra, promossa in molte altre comunità diocesane italiane. Una veglia che a Perugia è iniziata con la celebrazione della messa, seguita dall’adorazione eucaristica meditata e conclusa con la supplica davanti all’icona della venerata Madonna delle Grazie. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="68887,68888,68890,68891"]

Conseguenze anche a Perugia

"Oltre che sulle popolazioni stremate dalla violenza e dalla morte - ha ricordato mons. Maffeis all’omelia - , la mancanza di pace sta portando le sue conseguenze su tutti, anche sulla nostra comunità diocesana, in termini di preoccupazione, di tensioni sociali, di impoverimento, di crisi alimentare con prezzi e logiche speculative che a tanti rendono difficile se non impossibile l’accesso a beni primari".

La forza non costruisce la pace

"Questa sera, in comunione con tante altre Comunità che hanno aderito all’iniziativa promossa dal Rinnovamento carismatico cattolico - ha proseguito l’arcivescovo - , ci ritroviamo in preghiera. Con san Francesco siamo animati dalla speranza che - come diceva ieri (il 4 ottobre, n.d.r.) il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei – “il lupo terribile della guerra possa essere addomesticato”. La via per farlo non passa dalla violenza, che non risolve mai i conflitti: anche quando un atto di forza può essere necessario come forma di difesa, non è con la forza che si costruisce la pace. La pace vive  di rispetto dei diritti dei popoli, della giustizia e della dignità umana. Vive di stima e accoglienza reciproca, di rapporti fraterni e solidali. Vive di fiducia in Dio, che in Cristo ci ha perdonati e riconciliati".

Alla sorgente della preghiera

"Questa fiducia - ha commentato mons. Maffeis, avviandosi alla conclusione dell’omelia - è alimentata alla sorgente della preghiera. Una preghiera che, con le parole di Gesù, nasce dalla scoperta della paternità di Dio e invoca l’avvento del suo Regno, ossia del suo disegno sul mondo, sull’umanità. Questo Regno è già presente: in ogni atto di amore, di servizio, di gratuità di cui si nutre la vita di ciascuno". Il testo integrale dell’omelia è consultabile e scaricabile sul sito: www.diocesi.perugia.it (sezione “arcivescovo”).]]>
Narrare la guerra https://www.lavoce.it/narrare-la-guerra/ Thu, 08 Sep 2022 15:25:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68225

di Paolo Bustaffa

“Il lettore, indignato sul momento, non è un lettore consapevole, né un lettore informato. È un lettore emozionato. L’emozione, senza contesto, serve a poco”. Così la giornalista Francesca Mannocchi commenta quella narrazione della guerra che assomiglia a un documentario di autore ignoto. È interessante che sia proprio una professionista a mettere in guardia sia coloro che narrano morti e distruzioni sia coloro che ascoltano e guardano. È la critica di un modo frettoloso di fare informazione.

Con un conseguente altro rischio, che è quello di spegnere il televisore e chiudere il giornale per non essere emozionati. A rendere più complessa la situazione è la velocità della tecnica. Internet e altre nuove tecnologie, come torrenti in piena, riempiono gli occhi immagini e parole “forti”. Difficilmente lasciano tempo per l’approfondimento. Il giornalista se ne rende conto, si sente sollecitato a cambiare la narrazione per renderla capace di suscitare il desiderio di entrare nella complessità per capirla.

La collega Mannocchi non ha dubbi: occorre che la notizia, oltre i suoi elementi essenziali, offra uno stimolo per comprendere meglio il contesto, l’insieme, le radici. Sarà necessaria una rivoluzione nella narrazione giornalistica, sarà necessario mettere in gioco il senso e il valore di una professione che ogni giorno si confronta con quello che la giornalista chiama “l’inganno della velocità”.

Sarà necessario che anche il lettore, il teleutente, il navigatore riconoscano che un inganno sono anche le emozioni che complicano la ricerca di cause ed effetti, annullano il magistero della memoria, sono alla base della fragilità e dell’inconsistenza delle valutazioni.

C’è un equilibrio da raggiungere per evitare che sia la verità la prima sconfitta delle guerre, ma anche di conflitti sociali, economici e politici. Un equilibrio raggiungibile solo se il pensiero critico, che ha bisogno di tempo per formarsi, non viene confuso con l’astrattezza, oppure considerato un esercizio inutile.

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di Paolo Bustaffa

“Il lettore, indignato sul momento, non è un lettore consapevole, né un lettore informato. È un lettore emozionato. L’emozione, senza contesto, serve a poco”. Così la giornalista Francesca Mannocchi commenta quella narrazione della guerra che assomiglia a un documentario di autore ignoto. È interessante che sia proprio una professionista a mettere in guardia sia coloro che narrano morti e distruzioni sia coloro che ascoltano e guardano. È la critica di un modo frettoloso di fare informazione.

Con un conseguente altro rischio, che è quello di spegnere il televisore e chiudere il giornale per non essere emozionati. A rendere più complessa la situazione è la velocità della tecnica. Internet e altre nuove tecnologie, come torrenti in piena, riempiono gli occhi immagini e parole “forti”. Difficilmente lasciano tempo per l’approfondimento. Il giornalista se ne rende conto, si sente sollecitato a cambiare la narrazione per renderla capace di suscitare il desiderio di entrare nella complessità per capirla.

La collega Mannocchi non ha dubbi: occorre che la notizia, oltre i suoi elementi essenziali, offra uno stimolo per comprendere meglio il contesto, l’insieme, le radici. Sarà necessaria una rivoluzione nella narrazione giornalistica, sarà necessario mettere in gioco il senso e il valore di una professione che ogni giorno si confronta con quello che la giornalista chiama “l’inganno della velocità”.

Sarà necessario che anche il lettore, il teleutente, il navigatore riconoscano che un inganno sono anche le emozioni che complicano la ricerca di cause ed effetti, annullano il magistero della memoria, sono alla base della fragilità e dell’inconsistenza delle valutazioni.

C’è un equilibrio da raggiungere per evitare che sia la verità la prima sconfitta delle guerre, ma anche di conflitti sociali, economici e politici. Un equilibrio raggiungibile solo se il pensiero critico, che ha bisogno di tempo per formarsi, non viene confuso con l’astrattezza, oppure considerato un esercizio inutile.

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Perché tornare in Ucraina https://www.lavoce.it/perche-tornare-in-ucraina/ Thu, 23 Jun 2022 13:57:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67416

Semplicemente per non rassegnarsi a una soluzione militare. Per dire che la vita delle persone è il bene di gran lunga più importante, da preservare prima di ogni altra conquista geopolitica, di ogni territorio e ragione. Per questo, con “Stop the war now” (stopthewarnow.eu) continuiamo a organizzare carovane di pace nonviolenta verso l’Ucraina; e per questo continuiamo a inviare messaggi di pace alle cittadine e ai cittadini russi. Condividere è essenziale. Dagli aiuti umanitari allo stare semplicemente accanto, fino a chiedere alla politica di riattivare tutti i canali possibili per il dialogo e la diplomazia che non dichiarano vincitori e vinti, ma restituiscono dignità a tutti. Che non distruggono e non uccidono, né feriscono l’anima dei bambini, ma costruiscono un futuro di convivenza pacifica e di mutuo riconoscimento. In questi giorni partiamo ancora per l’Ucraina - forse solo per cercare di seminare piccoli gesti nemmeno “notiziabili” (come dicono i professionisti della comunicazione), ma sicuramente in grado di generare un altro domani.]]>

Semplicemente per non rassegnarsi a una soluzione militare. Per dire che la vita delle persone è il bene di gran lunga più importante, da preservare prima di ogni altra conquista geopolitica, di ogni territorio e ragione. Per questo, con “Stop the war now” (stopthewarnow.eu) continuiamo a organizzare carovane di pace nonviolenta verso l’Ucraina; e per questo continuiamo a inviare messaggi di pace alle cittadine e ai cittadini russi. Condividere è essenziale. Dagli aiuti umanitari allo stare semplicemente accanto, fino a chiedere alla politica di riattivare tutti i canali possibili per il dialogo e la diplomazia che non dichiarano vincitori e vinti, ma restituiscono dignità a tutti. Che non distruggono e non uccidono, né feriscono l’anima dei bambini, ma costruiscono un futuro di convivenza pacifica e di mutuo riconoscimento. In questi giorni partiamo ancora per l’Ucraina - forse solo per cercare di seminare piccoli gesti nemmeno “notiziabili” (come dicono i professionisti della comunicazione), ma sicuramente in grado di generare un altro domani.]]>
Positivo bilancio della Raccolta fondi per l’Ucraina nella Diocesi di Perugia https://www.lavoce.it/positivo-bilancio-della-raccolta-fondi-per-lucraina-nella-diocesi-di-perugia/ Thu, 09 Jun 2022 13:21:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67119 Raccolta fondi per l’Ucraina

Positivo bilancio della Raccolta fondi per l’Ucraina, promossa dalla Archidiocesi di Perugia- Città della Pieve. Lo sottolinea il vescovo e amministratore diocesano monsignor Marco Salvi, nel rendere noti i frutti dell'iniziativa svolta.

"Anche la nostra comunità -commenta il presule- attraverso parrocchie, famiglie religiose e con il coinvolgimento della locale comunità ucraina di rito greco-cattolico, non ha fatto mancare il suo sostegno spirituale e materiale a quanti sono fuggiti dall’Ucraina per sottrarsi alla guerra e ad una violenza inaudita contro la persona e i suoi affetti più cari".

Una raccolta diocesana avviata subito dopo l’inizio delle ostilità, per finanziare le iniziative messe in campo dalla Caritas e da altre realtà socio-caritative ecclesiali nell’assistere dignitosamente più di duecento nuclei familiari composti in gran parte da donne e minori. Significativo anche il dato delle novantotto famiglie perugine che hanno messo a disposizione una loro abitazione e quello di coloro che hanno accolto in casa profughi ucraini riservandogli una camera (attualmente sono quattordici).

"Desidero ringraziarvi tutti di cuore -scrive monsignor Salvi in un messaggio- per la generosità dimostrata in occasione della Raccolta fondi per l’Ucraina e dei diversi altri gesti di solidarietà concreta promossi dalla nostra Archidiocesi: un segnale di grande attenzione verso il prossimo che ci fa sentire interpreti veri della carità evangelica".

Quanto ha fruttato la Raccolta fondi per l’Ucraina

La Raccolta fondi ha fruttato ventisette mila euro di cui ventitre mila euro erogati alla Caritas diocesana per le attività di accompagnamento e integrazione delle famiglie ucraine, per l’apprendimento della lingua italiana, per spese sanitarie, per l’acquisto di materiale didattico e per attività del dopo scuola di centotrenta minori. I restanti  quattro mila euro sono stati stanziati per l’attività di Centro di accoglienza profughi della società cooperativa Unitatis Redintegratio (duemilacinquecento euro) e per le spese legate ai servizi socio-assistenziali necessari a sostenere le attività in favore dei profughi (millecinquecento euro). Va anche rendicontata la solidarietà spontanea di migliaia di perugini, che hanno donato diverse tonnellate di beni di prima necessità a favore degli ucraini sia rimasti in patria che per quelli giunti nel capoluogo umbro.

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Raccolta fondi per l’Ucraina

Positivo bilancio della Raccolta fondi per l’Ucraina, promossa dalla Archidiocesi di Perugia- Città della Pieve. Lo sottolinea il vescovo e amministratore diocesano monsignor Marco Salvi, nel rendere noti i frutti dell'iniziativa svolta.

"Anche la nostra comunità -commenta il presule- attraverso parrocchie, famiglie religiose e con il coinvolgimento della locale comunità ucraina di rito greco-cattolico, non ha fatto mancare il suo sostegno spirituale e materiale a quanti sono fuggiti dall’Ucraina per sottrarsi alla guerra e ad una violenza inaudita contro la persona e i suoi affetti più cari".

Una raccolta diocesana avviata subito dopo l’inizio delle ostilità, per finanziare le iniziative messe in campo dalla Caritas e da altre realtà socio-caritative ecclesiali nell’assistere dignitosamente più di duecento nuclei familiari composti in gran parte da donne e minori. Significativo anche il dato delle novantotto famiglie perugine che hanno messo a disposizione una loro abitazione e quello di coloro che hanno accolto in casa profughi ucraini riservandogli una camera (attualmente sono quattordici).

"Desidero ringraziarvi tutti di cuore -scrive monsignor Salvi in un messaggio- per la generosità dimostrata in occasione della Raccolta fondi per l’Ucraina e dei diversi altri gesti di solidarietà concreta promossi dalla nostra Archidiocesi: un segnale di grande attenzione verso il prossimo che ci fa sentire interpreti veri della carità evangelica".

Quanto ha fruttato la Raccolta fondi per l’Ucraina

La Raccolta fondi ha fruttato ventisette mila euro di cui ventitre mila euro erogati alla Caritas diocesana per le attività di accompagnamento e integrazione delle famiglie ucraine, per l’apprendimento della lingua italiana, per spese sanitarie, per l’acquisto di materiale didattico e per attività del dopo scuola di centotrenta minori. I restanti  quattro mila euro sono stati stanziati per l’attività di Centro di accoglienza profughi della società cooperativa Unitatis Redintegratio (duemilacinquecento euro) e per le spese legate ai servizi socio-assistenziali necessari a sostenere le attività in favore dei profughi (millecinquecento euro). Va anche rendicontata la solidarietà spontanea di migliaia di perugini, che hanno donato diverse tonnellate di beni di prima necessità a favore degli ucraini sia rimasti in patria che per quelli giunti nel capoluogo umbro.

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Un aiuto alle famiglie ucraine accolte dalla Caritas di Perugia da Banco Bpm https://www.lavoce.it/un-aiuto-alle-famiglie-ucraine-accolte-dalla-caritas-di-perugia-da-banco-bpm/ Wed, 08 Jun 2022 10:41:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67113 solidarietà famiglie ucraine

Tra i diversi benefattori-sostenitori delle attività della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve per l’accompagnamento delle famiglie ucraine fuggite dalla guerra e accolte da tre mesi presso la Chiesa locale, c'è Banco Bpm, che ha erogato nei giorni scorsi un contributo economico per l’acquisto di generi di prima necessità destinati a oltre duecento nuclei familiari, per un totale di trecentotrentadue adulti e duecentoventisette minori, di materiale per l’apprendimento della lingua italiana per centocinquanta persone e materiale ludico-didattico per le attività del dopo scuola per centotrenta bambine e bambini. Plauso e gratitudine per questo gesto di solidarietà sono stati espressi dall’amministratore diocesano monsignor Marco Salvi, dal cardinale Gualtiero Bassetti e dal direttore della Caritas diocesana don Marco Briziarelli durante la visita, del 7 giugno, al Villaggio della Carità di Perugia del responsabile Direzione Tirrenica di Banco Bpm Adelmo Lelli, accompagnato da Gabriele Chiti della struttura Terzo Settore ed Enti Religiosi. A seguire il pranzo alla mensa Don Gualtiero recentemente inaugurata. "In questi ultimi due anni -ricorda don Marco Briziarelli- le condizioni socio-economiche di molte famiglie si sono deteriorate a causa degli effetti della pandemia. I recenti sviluppi sul fronte internazionale, dovuti alla guerra, hanno ulteriormente aggravato la situazione. Ad oggi un numero crescente di famiglie residenti sul nostro territorio non sono più in condizione di fare una spesa alimentare, e questa tendenza include sempre di più famiglie e persone che hanno un lavoro ma il cui reddito non è in grado di fare fronte ai continui aumenti del costo della vita. Inoltre, da diverse settimane le nostre comunità ospitano mamme con bambini e persone anziane fuggite dall’Ucraina dopo aver perso tutto sotto i bombardamenti. Questa sorta di effetto domino determina un impatto negativo che si traduce non solo in un significativo aumento della condizione di povertà, ma anche in una maggiore difficoltà a rendere sostenibili i servizi di prossimità e di cura attivati in risposta alle povertà tradizionali ed emergenti". Un plauso per l'iniziativa a favore delle famiglie ucraine fuggite dalla guerra, è stata espressa anche da parte di Adelmo Lelli, responsabile Direzione Tirrenica di Banco Bpm. "Questa iniziativa -ha ricordato- è possibile grazie alla raccolta fondi #SOStegnostraordinario da noi avviata lo scorso marzo. Grazie allo sforzo comune di banca, clienti e colleghi stiamo supportando tante Caritas locali impegnate nell'emergenza umanitaria in atto, a conferma del nostro costante impegno per la solidarietà e per il territorio".]]>
solidarietà famiglie ucraine

Tra i diversi benefattori-sostenitori delle attività della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve per l’accompagnamento delle famiglie ucraine fuggite dalla guerra e accolte da tre mesi presso la Chiesa locale, c'è Banco Bpm, che ha erogato nei giorni scorsi un contributo economico per l’acquisto di generi di prima necessità destinati a oltre duecento nuclei familiari, per un totale di trecentotrentadue adulti e duecentoventisette minori, di materiale per l’apprendimento della lingua italiana per centocinquanta persone e materiale ludico-didattico per le attività del dopo scuola per centotrenta bambine e bambini. Plauso e gratitudine per questo gesto di solidarietà sono stati espressi dall’amministratore diocesano monsignor Marco Salvi, dal cardinale Gualtiero Bassetti e dal direttore della Caritas diocesana don Marco Briziarelli durante la visita, del 7 giugno, al Villaggio della Carità di Perugia del responsabile Direzione Tirrenica di Banco Bpm Adelmo Lelli, accompagnato da Gabriele Chiti della struttura Terzo Settore ed Enti Religiosi. A seguire il pranzo alla mensa Don Gualtiero recentemente inaugurata. "In questi ultimi due anni -ricorda don Marco Briziarelli- le condizioni socio-economiche di molte famiglie si sono deteriorate a causa degli effetti della pandemia. I recenti sviluppi sul fronte internazionale, dovuti alla guerra, hanno ulteriormente aggravato la situazione. Ad oggi un numero crescente di famiglie residenti sul nostro territorio non sono più in condizione di fare una spesa alimentare, e questa tendenza include sempre di più famiglie e persone che hanno un lavoro ma il cui reddito non è in grado di fare fronte ai continui aumenti del costo della vita. Inoltre, da diverse settimane le nostre comunità ospitano mamme con bambini e persone anziane fuggite dall’Ucraina dopo aver perso tutto sotto i bombardamenti. Questa sorta di effetto domino determina un impatto negativo che si traduce non solo in un significativo aumento della condizione di povertà, ma anche in una maggiore difficoltà a rendere sostenibili i servizi di prossimità e di cura attivati in risposta alle povertà tradizionali ed emergenti". Un plauso per l'iniziativa a favore delle famiglie ucraine fuggite dalla guerra, è stata espressa anche da parte di Adelmo Lelli, responsabile Direzione Tirrenica di Banco Bpm. "Questa iniziativa -ha ricordato- è possibile grazie alla raccolta fondi #SOStegnostraordinario da noi avviata lo scorso marzo. Grazie allo sforzo comune di banca, clienti e colleghi stiamo supportando tante Caritas locali impegnate nell'emergenza umanitaria in atto, a conferma del nostro costante impegno per la solidarietà e per il territorio".]]>
Putin ha paura della pace! https://www.lavoce.it/putin-ha-paura-della-pace/ Thu, 12 May 2022 13:27:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66736 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Di Putin si potrà dire tutto il male possibile, ma si deve ammettere che finora ha aperto la porta a tanti leader di Governi schierati decisamente dalla parte opposta che hanno chiesto di incontrarlo. Le immagini del tavolone bianco con i primi ministri francese, tedesco, austriaco, brasiliano, turco… e delle telefonate pubbliche possono essere considerate oramai un’icona storica. L’unico rappresentante a cui non risponde, o risponde di no, è Papa Francesco che ha dichiarato pubblicamente di averglielo chiesto.

A pensarci bene, a differenza di molti di coloro con cui ha accettato di parlare, Francesco non ha inviato armi all’Ucraina, non ha congelato beni russi nel suo Stato, né ha deciso embarghi sui prodotti russi. È come se Putin avesse paura di incontrare chi rappresenta la mitezza, chi ha il potere di parlare alla sua coscienza piuttosto che al Capo di Stato. Putin ha paura.

Ha paura di fare quella pace che, nella sua “sensibilità”, equivarrebbe a un segno di debolezza. Possibile che a nessuno venga in mente che la strada per costruire la pace potrebbe essere quella di Francesco d’Assisi con Melik al-Kamil o con il lupo di Gubbio? Putin ha paura della pace.

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Di Putin si potrà dire tutto il male possibile, ma si deve ammettere che finora ha aperto la porta a tanti leader di Governi schierati decisamente dalla parte opposta che hanno chiesto di incontrarlo. Le immagini del tavolone bianco con i primi ministri francese, tedesco, austriaco, brasiliano, turco… e delle telefonate pubbliche possono essere considerate oramai un’icona storica. L’unico rappresentante a cui non risponde, o risponde di no, è Papa Francesco che ha dichiarato pubblicamente di averglielo chiesto.

A pensarci bene, a differenza di molti di coloro con cui ha accettato di parlare, Francesco non ha inviato armi all’Ucraina, non ha congelato beni russi nel suo Stato, né ha deciso embarghi sui prodotti russi. È come se Putin avesse paura di incontrare chi rappresenta la mitezza, chi ha il potere di parlare alla sua coscienza piuttosto che al Capo di Stato. Putin ha paura.

Ha paura di fare quella pace che, nella sua “sensibilità”, equivarrebbe a un segno di debolezza. Possibile che a nessuno venga in mente che la strada per costruire la pace potrebbe essere quella di Francesco d’Assisi con Melik al-Kamil o con il lupo di Gubbio? Putin ha paura della pace.

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Le Chiese e la guerra https://www.lavoce.it/le-chiese-e-la-guerra/ Sat, 07 May 2022 15:25:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66540 Logo rubrica Il punto

Qualche giorno fa, Alberto Melloni, autorevole studioso di storia del cristianesimo, ha osservato che fra gli effetti negativi della guerra in Ucraina c’è la fine dell’ecumenismo. Si riferiva in particolare al dialogo fra i cattolici e gli ortodossi, e alle posizioni del Patriarca Kirill. Per noi cattolici il rapporto con gli ortodossi è molto importante, perché sono quelli a noi più vicini. Per la Chiesa cattolica, preti e vescovi ortodossi sono ordinati validamente dal punto di vista sacramentale, e quindi tutti i sacramenti da loro amministrati sono validi, non solo il battesimo. E così è anche per altre Chiese orientali di antica tradizione (armeni, copti e altri) che pure non appartengono alla Ortodossia in senso stretto.

Ma più che il rapporto con i cattolici, è in crisi l’unità della Chiesa ortodossa al suo interno. Questo accade perché, come è noto, quella Chiesa non ha, e non vuole avere, un’autorità centrale paragonabile al Papato.

Tradizionalmente il Patriarca di Costantinopoli ha un primato di onore; il massimo che può fare è convocare un sinodo di tutte le Chiese ortodosse. E in effetti Bartolomeo lo aveva convocato per il 19 giugno 2016 dopo 55 anni di preparazione (ripeto: 55 anni). Ma all’ultimo momento saltò perché quattro delle quattordici Chiese che avevano aderito chiesero, con un pretesto, un rinvio a tempo indeterminato. A capo dei dissidenti c’era (lo indovinate?) il Patriarca di Mosca - che da solo rappresenta più fedeli di tutti gli altri messi insieme - e senza di lui il sinodo si poteva anche fare ma non aveva più senso. E qual era (ed è) il vero motivo del dissidio?

Il fatto che Bartolomeo accetta la decisione degli ortodossi ucraini di staccarsi dal Patriarcato di Mosca e di eleggere un loro Patriarca con sede in Kiev. Quelle Chiese, mancando di un’autorità centrale, sono strutturate su base nazionale, e da nazionali a nazionaliste e governative il passo è breve. Oggi possiamo essere critici verso la costruzione del Papato come una monarchia assoluta, ma è grazie anche a quella storia che oggi la Chiesa romana è veramente universale e transnazionale, cattolica nel senso migliore della parola.

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Logo rubrica Il punto

Qualche giorno fa, Alberto Melloni, autorevole studioso di storia del cristianesimo, ha osservato che fra gli effetti negativi della guerra in Ucraina c’è la fine dell’ecumenismo. Si riferiva in particolare al dialogo fra i cattolici e gli ortodossi, e alle posizioni del Patriarca Kirill. Per noi cattolici il rapporto con gli ortodossi è molto importante, perché sono quelli a noi più vicini. Per la Chiesa cattolica, preti e vescovi ortodossi sono ordinati validamente dal punto di vista sacramentale, e quindi tutti i sacramenti da loro amministrati sono validi, non solo il battesimo. E così è anche per altre Chiese orientali di antica tradizione (armeni, copti e altri) che pure non appartengono alla Ortodossia in senso stretto.

Ma più che il rapporto con i cattolici, è in crisi l’unità della Chiesa ortodossa al suo interno. Questo accade perché, come è noto, quella Chiesa non ha, e non vuole avere, un’autorità centrale paragonabile al Papato.

Tradizionalmente il Patriarca di Costantinopoli ha un primato di onore; il massimo che può fare è convocare un sinodo di tutte le Chiese ortodosse. E in effetti Bartolomeo lo aveva convocato per il 19 giugno 2016 dopo 55 anni di preparazione (ripeto: 55 anni). Ma all’ultimo momento saltò perché quattro delle quattordici Chiese che avevano aderito chiesero, con un pretesto, un rinvio a tempo indeterminato. A capo dei dissidenti c’era (lo indovinate?) il Patriarca di Mosca - che da solo rappresenta più fedeli di tutti gli altri messi insieme - e senza di lui il sinodo si poteva anche fare ma non aveva più senso. E qual era (ed è) il vero motivo del dissidio?

Il fatto che Bartolomeo accetta la decisione degli ortodossi ucraini di staccarsi dal Patriarcato di Mosca e di eleggere un loro Patriarca con sede in Kiev. Quelle Chiese, mancando di un’autorità centrale, sono strutturate su base nazionale, e da nazionali a nazionaliste e governative il passo è breve. Oggi possiamo essere critici verso la costruzione del Papato come una monarchia assoluta, ma è grazie anche a quella storia che oggi la Chiesa romana è veramente universale e transnazionale, cattolica nel senso migliore della parola.

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Ogni giorno, chiediamo pace! https://www.lavoce.it/ogni-giorno-chiediamo-pace/ Wed, 04 May 2022 15:26:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66544 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Il cantiere per la costruzione della pace in Ucraina non deve conoscere soste. Non si deve smettere di alimentare la speranza che per i credenti ha il nome e il volto di Cristo. Bisogna tentare infaticabilmente tutte le strade, ciascuno per la propria parte, ciascuno col proprio mattone di comportamenti e scelte quotidiane, di elevazione del cuore a Dio nella preghiera affinché l’atto del suo dono di pace vinca le nostre chiusure e resistenze, di pressione politica.

In questi giorni la rete Stop the war - Facciamo la pace, composta da 170 organizzazioni locali e nazionali, si rivolge al popolo russo affinché esprima il dissenso rispetto alle scelte del proprio governo. L’appello al popolo russo sarà esposto in italiano e russo sui palazzi delle istituzioni e circolerà nei social per vincere la censura e parlare direttamente ai cittadini che, ne siamo convinti, non condividono né sostengono quella politica di morte.

Si legge nell’appello: “Riprendete, riprendiamo in mano il destino della nostra storia e chiediamo di fermare ogni forma di violenza. Ve lo chiediamo in ginocchio a nome delle vittime: pretendete dal vostro governo la fine della guerra” . Chi volesse postare, far circolare o chiedere di esporre l’appello, può trovarlo su www. stopthewarnow.eu.

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Il cantiere per la costruzione della pace in Ucraina non deve conoscere soste. Non si deve smettere di alimentare la speranza che per i credenti ha il nome e il volto di Cristo. Bisogna tentare infaticabilmente tutte le strade, ciascuno per la propria parte, ciascuno col proprio mattone di comportamenti e scelte quotidiane, di elevazione del cuore a Dio nella preghiera affinché l’atto del suo dono di pace vinca le nostre chiusure e resistenze, di pressione politica.

In questi giorni la rete Stop the war - Facciamo la pace, composta da 170 organizzazioni locali e nazionali, si rivolge al popolo russo affinché esprima il dissenso rispetto alle scelte del proprio governo. L’appello al popolo russo sarà esposto in italiano e russo sui palazzi delle istituzioni e circolerà nei social per vincere la censura e parlare direttamente ai cittadini che, ne siamo convinti, non condividono né sostengono quella politica di morte.

Si legge nell’appello: “Riprendete, riprendiamo in mano il destino della nostra storia e chiediamo di fermare ogni forma di violenza. Ve lo chiediamo in ginocchio a nome delle vittime: pretendete dal vostro governo la fine della guerra” . Chi volesse postare, far circolare o chiedere di esporre l’appello, può trovarlo su www. stopthewarnow.eu.

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Ucraina, ad Assisi “Le vie della pace” alla vigilia della Marcia https://www.lavoce.it/ucraina-assisi-pace-marcia/ Sat, 23 Apr 2022 14:39:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66362 ucraina assisi pace marcia

Tre "postulati" per la pace in Ucraina sono stati elencati dal custode del Sacro convento di Assisi, fra Marco Moroni, nel suo saluto all'incontro dal titolo "La via della pace", alla vigilia dell'edizione straordinaria della marcia Perugia-Assisi di domenica 24 aprile, per chiedere la fine del conflitto nel cuore dell'Europa.

Le vie indicate ad Assisi

Il primo postulato - ha affermato padre Moroni - è "una condanna senza se e senza ma della brutale aggressione scatenata dal governo russo contro l'Ucraina, evento terribile che sta causando la morte e il ferimento di migliaia di persone, la devastazione di città e dell'ambiente, la fuga dei profughi, l'accrescersi della miseria economica. Evento che di fatto ci ha indotti ad incontrarci qui, ma per guardare oltre". Il secondo è "la ferma certezza della sacralità e quindi dell'intangibilità della vita umana. Di ogni vita: dell'aggredito e dell'aggressore, del civile e del soldato, senza alcuna distinzione, con la consapevolezza che, se ogni uomo è mio fratello, ogni guerra è un fratricidio, come ha scritto papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2020. Dal punto di vista strettamente cristiano tutto questo va di pari passo con l'insegnamento di Gesù, che sovverte la mentalità corrente arrivando a riconoscere come fratello anche chi è sentito o si dichiara nemico". Il terzo: "Ogni guerra, questa guerra tremenda alle porte dell'Europa e le altre in corso e semidimenticate, così come quelle del passato - e possiamo purtroppo immaginare anche del futuro - è un drammatico fallimento della diplomazia e della stessa ragione umana, ed è originata da una logica di paura, di dominio, di violenza e di contrapposizione, dove l'altro è visto necessariamente come un antagonista, dove perciò occorre aumentare gli arsenali, pronti a farne ricorso all' occorrenza. In questo senso ogni guerra non è una meteora che appare all' improvviso, ma ha una gestazione lunga, in cui è possibile riconoscere come tutte le parti in causa abbiano delle responsabilità, pur a livelli diversi".
La diretta dell'incontro "La via della pace", riflessioni e proposte alla vigilia della Marcia Perugia - Assisi della pace e della fraternità, sulla pagina Facebook di Umbria Radio.
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ucraina assisi pace marcia

Tre "postulati" per la pace in Ucraina sono stati elencati dal custode del Sacro convento di Assisi, fra Marco Moroni, nel suo saluto all'incontro dal titolo "La via della pace", alla vigilia dell'edizione straordinaria della marcia Perugia-Assisi di domenica 24 aprile, per chiedere la fine del conflitto nel cuore dell'Europa.

Le vie indicate ad Assisi

Il primo postulato - ha affermato padre Moroni - è "una condanna senza se e senza ma della brutale aggressione scatenata dal governo russo contro l'Ucraina, evento terribile che sta causando la morte e il ferimento di migliaia di persone, la devastazione di città e dell'ambiente, la fuga dei profughi, l'accrescersi della miseria economica. Evento che di fatto ci ha indotti ad incontrarci qui, ma per guardare oltre". Il secondo è "la ferma certezza della sacralità e quindi dell'intangibilità della vita umana. Di ogni vita: dell'aggredito e dell'aggressore, del civile e del soldato, senza alcuna distinzione, con la consapevolezza che, se ogni uomo è mio fratello, ogni guerra è un fratricidio, come ha scritto papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2020. Dal punto di vista strettamente cristiano tutto questo va di pari passo con l'insegnamento di Gesù, che sovverte la mentalità corrente arrivando a riconoscere come fratello anche chi è sentito o si dichiara nemico". Il terzo: "Ogni guerra, questa guerra tremenda alle porte dell'Europa e le altre in corso e semidimenticate, così come quelle del passato - e possiamo purtroppo immaginare anche del futuro - è un drammatico fallimento della diplomazia e della stessa ragione umana, ed è originata da una logica di paura, di dominio, di violenza e di contrapposizione, dove l'altro è visto necessariamente come un antagonista, dove perciò occorre aumentare gli arsenali, pronti a farne ricorso all' occorrenza. In questo senso ogni guerra non è una meteora che appare all' improvviso, ma ha una gestazione lunga, in cui è possibile riconoscere come tutte le parti in causa abbiano delle responsabilità, pur a livelli diversi".
La diretta dell'incontro "La via della pace", riflessioni e proposte alla vigilia della Marcia Perugia - Assisi della pace e della fraternità, sulla pagina Facebook di Umbria Radio.
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All’abbazia di Montecorona concerto di beneficenza “Per la pace e la libertà” https://www.lavoce.it/abbazia-montecorona-concerto-pace-e-liberta/ Mon, 18 Apr 2022 14:44:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66275

Si intitola "Per la Pace e la Libertà" ("Za Myr i Svobodu" in lingua ucraina) il concerto di beneficenza, promosso dal Chorus Fractae Ebe Igi e patrocinato dal Comune di Umbertide e dall'Associazione Regionale Cori dell'Umbria (Arcum), che viene prodotto da diverse realtà musicali della città e dal territorio, tutte unite dall'intento di aiutare le vittime della guerra in Ucraina.
Sabato 23 aprile alle 21 all'Abbazia di Montecorona la Banda Città di Umbertide diretta dal maestro Galliano Cerrini, l'orchestra giovanile "I Concertisti" diretta dal maestro Gianfranco Contadini, la soprano Alessandra Benedetti, il Chorus Fractae "Ebe Igi" (promotore dell'evento) e il coro gospel Altotiberino diretti dal maestro Paolo Fiorucci e il coro "Città di Piero-Domenico Stella" di Sansepolcro diretto dai maestri Bruno Sannai e Paolo Fiorucci, daranno vita a un ricco e assortito programma musicale. I tre cori saranno accompagnati al pianoforte e organo digitale dal maestro Lorenzo Tosi.
Sarà un vera e propria riscoperta del lavoro di queste importanti realtà musicali locali che dopo la pandemia tornano a diffondere le loro note armoniose; il tutto si unisce al nobile scopo dell'iniziativa. Infatti saranno raccolte offerte da devolvere al Comitato di Zona della Croce Rossa per supportare le famiglie ucraine presenti nel territorio.
Il concerto vuole portare un grande messaggio di pace, con tanti artisti all'interno dell'Abbazia, che vogliono ricordare l’urgenza di fermare le violenze che da settimane colpiscono la popolazione dell’Ucraina, sensibilizzando tutti al dialogo e alla cooperazione per una costruzione costante della pace.
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Si intitola "Per la Pace e la Libertà" ("Za Myr i Svobodu" in lingua ucraina) il concerto di beneficenza, promosso dal Chorus Fractae Ebe Igi e patrocinato dal Comune di Umbertide e dall'Associazione Regionale Cori dell'Umbria (Arcum), che viene prodotto da diverse realtà musicali della città e dal territorio, tutte unite dall'intento di aiutare le vittime della guerra in Ucraina.
Sabato 23 aprile alle 21 all'Abbazia di Montecorona la Banda Città di Umbertide diretta dal maestro Galliano Cerrini, l'orchestra giovanile "I Concertisti" diretta dal maestro Gianfranco Contadini, la soprano Alessandra Benedetti, il Chorus Fractae "Ebe Igi" (promotore dell'evento) e il coro gospel Altotiberino diretti dal maestro Paolo Fiorucci e il coro "Città di Piero-Domenico Stella" di Sansepolcro diretto dai maestri Bruno Sannai e Paolo Fiorucci, daranno vita a un ricco e assortito programma musicale. I tre cori saranno accompagnati al pianoforte e organo digitale dal maestro Lorenzo Tosi.
Sarà un vera e propria riscoperta del lavoro di queste importanti realtà musicali locali che dopo la pandemia tornano a diffondere le loro note armoniose; il tutto si unisce al nobile scopo dell'iniziativa. Infatti saranno raccolte offerte da devolvere al Comitato di Zona della Croce Rossa per supportare le famiglie ucraine presenti nel territorio.
Il concerto vuole portare un grande messaggio di pace, con tanti artisti all'interno dell'Abbazia, che vogliono ricordare l’urgenza di fermare le violenze che da settimane colpiscono la popolazione dell’Ucraina, sensibilizzando tutti al dialogo e alla cooperazione per una costruzione costante della pace.
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La Confraternita della Misericordia accoglie una famiglia ucraina https://www.lavoce.it/confraternita-misericordia-famiglia-ucraina/ Wed, 13 Apr 2022 08:52:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66135 confraternita misericordia famiglia ucraina

"Un grande grazie alla Confraternita della Misericordia di Perugia, per aver messo a disposizione un appartamento di sua proprietà, in pieno centro storico, ad una famiglia ucraina arrivata nei giorni scorsi in città". Ad annunciarlo è il direttore della Caritas diocesana, don Marco Briziarelli, di ritorno dal viaggio in Polonia (9-12 aprile), promosso dalle Edizioni Frate Indovino e dai Frati Cappuccini della Provincia Serafica dell'Immacolata Concezione. Un viaggio missionario che ha permesso di portare un ingente quantitativo di beni di prima necessità per il fabbisogno di profughi in fuga dalla guerra. "Mettere in condivisione immobili inutilizzati in un momento storico come questo - ha sottolineato don Briziarelli - dove anche tante famiglie del nostro territorio sono in uno stato di grave emergenza abitativa, è una scelta da sostenere e incoraggiare".

Atto di cura, gesto di misericordia

Don Briziarelli ringrazia il Governatore della Confraternita della Misericordia, per aver aderito all’invito ai perugini possessori di immobili ad ospitare famiglie profughe; invito rivolto, sin dall’inizio del conflitto, dal cardinale Gualtiero Bassetti e dalla stessa Caritas diocesana. "A tutt’oggi sono quasi un centinaio i proprietari di appartamenti che si sono resi disponibili per quest’accoglienza. Si tratta di un bel segno di condivisione e solidarietà umana e cristiana con quanti fuggono da violenze inaudite e distruzioni devastanti – commenta il direttore della Caritas –. Questi fratelli e sorelle hanno bisogno di vivere in luoghi di pace e serenità per cercare di tornare il prima possibile all’autonomia che tanto desiderano. Nella consapevolezza che questo processo richiederà un tempo, il gesto compiuto dalla Confraternita della Misericordia diventa un vero e proprio atto di cura, come quello di tanti perugini".

Scuola di carità dal 1570

La Confraternita della Misericordia (nata con il nome di Confraternita dell'Orazione e della Morte) è operativa a Perugia dall’anno 1570, ad imitazione di quella che era sorta a Roma nel 1538, divenendo 'scuola di carità' per tante generazioni di perugini nell’attuare concretamente il Vangelo del buon samaritano e le opere di misericordia corporale. La Confraternita è proprietaria del palazzo di città dove è situato l’appartamento di circa 100 mq messo a disposizione della famiglia ucraina, della chiesa della Misericordia (chiesa della Buona Morte nella tradizione orale) in piazza Piccinino, data in comodato gratuito alla Parrocchia dei Ss. Andrea e Lucia in Cattedrale, e della cappella cimiteriale, che ricomprende la chiesa, all'interno del Cimitero Monumentale di Perugia.]]>
confraternita misericordia famiglia ucraina

"Un grande grazie alla Confraternita della Misericordia di Perugia, per aver messo a disposizione un appartamento di sua proprietà, in pieno centro storico, ad una famiglia ucraina arrivata nei giorni scorsi in città". Ad annunciarlo è il direttore della Caritas diocesana, don Marco Briziarelli, di ritorno dal viaggio in Polonia (9-12 aprile), promosso dalle Edizioni Frate Indovino e dai Frati Cappuccini della Provincia Serafica dell'Immacolata Concezione. Un viaggio missionario che ha permesso di portare un ingente quantitativo di beni di prima necessità per il fabbisogno di profughi in fuga dalla guerra. "Mettere in condivisione immobili inutilizzati in un momento storico come questo - ha sottolineato don Briziarelli - dove anche tante famiglie del nostro territorio sono in uno stato di grave emergenza abitativa, è una scelta da sostenere e incoraggiare".

Atto di cura, gesto di misericordia

Don Briziarelli ringrazia il Governatore della Confraternita della Misericordia, per aver aderito all’invito ai perugini possessori di immobili ad ospitare famiglie profughe; invito rivolto, sin dall’inizio del conflitto, dal cardinale Gualtiero Bassetti e dalla stessa Caritas diocesana. "A tutt’oggi sono quasi un centinaio i proprietari di appartamenti che si sono resi disponibili per quest’accoglienza. Si tratta di un bel segno di condivisione e solidarietà umana e cristiana con quanti fuggono da violenze inaudite e distruzioni devastanti – commenta il direttore della Caritas –. Questi fratelli e sorelle hanno bisogno di vivere in luoghi di pace e serenità per cercare di tornare il prima possibile all’autonomia che tanto desiderano. Nella consapevolezza che questo processo richiederà un tempo, il gesto compiuto dalla Confraternita della Misericordia diventa un vero e proprio atto di cura, come quello di tanti perugini".

Scuola di carità dal 1570

La Confraternita della Misericordia (nata con il nome di Confraternita dell'Orazione e della Morte) è operativa a Perugia dall’anno 1570, ad imitazione di quella che era sorta a Roma nel 1538, divenendo 'scuola di carità' per tante generazioni di perugini nell’attuare concretamente il Vangelo del buon samaritano e le opere di misericordia corporale. La Confraternita è proprietaria del palazzo di città dove è situato l’appartamento di circa 100 mq messo a disposizione della famiglia ucraina, della chiesa della Misericordia (chiesa della Buona Morte nella tradizione orale) in piazza Piccinino, data in comodato gratuito alla Parrocchia dei Ss. Andrea e Lucia in Cattedrale, e della cappella cimiteriale, che ricomprende la chiesa, all'interno del Cimitero Monumentale di Perugia.]]>
Ucraina, missione interreligiosa dei Frati Minori https://www.lavoce.it/ucraina-frati-minori/ Mon, 11 Apr 2022 09:46:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66104 ucraina frati minori

Continuano da tutto il mondo le manifestazioni di solidarietà per il popolo Ucraino in fuga dalla guerra e a sostenere le attività dei tanti volontari al confine ci sono anche i rappresentanti dell'Ordine dei Frati Minori. Da domenica fino a sabato prossimo, 16 aprile, il ministro generale dell'Ordine fra Massimo Fusarelli, accompagnato dal ministro provinciale di Assisi, fra Francesco Piloni, è partito per una visita in Romania, Ucraina e Polonia. Il ministro generale, "in rappresentanza di tutta la sua famiglia e realtà francescana, dei fratelli consacrati, amici della famiglia laicale e dei volontari tutti, sarà così presente nel territorio del conflitto e paesi limitrofi per ascoltare, accogliere ed essere segno di prossimità per tutti coloro che oggi vivono e soffrono le ferite profonde della guerra", si legge in una nota.

Pellegrinaggio interreligioso

Da domenica a martedì 12 aprile, Fusarelli è parte di una delegazione internazionale di leader religiosi per un 'Pellegrinaggio Interreligioso di solidarietà con il popolo ucraino'. Obiettivo ultimo della missione - organizzata del Peace Department e Elijah Interfaith Institute cogliendo l'ispirazione dl Glocalities - è "dimostrare con l'esempio che in tempi di guerra e di divisione possiamo e dobbiamo continuare ad appellarci ai più alti valori dell' umanità che ci uniscono e che accomunano tutte le fedi religiose". La delegazione di leader religiosi - che visiteranno i campi dei rifugiati e la città di Chernivtsi - è composta dall'arcivescovo di Canterbury (emerito), Rowan Williams (anglicano, Regno Unito), il rabbino Jonathan Wittenberg (ebreo, Regno Unito), il Gran Mufti emerito Mustafa Ceric (musulmano, Bosnia), l' arcivescovo Nikitas Lulias (arcivescovo ortodosso del Regno Unito), Grand Imam Yahya Pallavacini (musulmano, Italia), Swami Sarvapriyananda (hindu, India/Usa) e la badessa Suor Giac Nghiem (buddista, Francia). Apice della visita della delegazione sarà un evento pubblico che si terrà martedì 12 aprile nel teatro principale di Chernivtsi in Ucraina. Le parole dei partecipanti alla delegazione saranno accompagnate dalle testimonianze di rifugiati. Questo sarà il primo evento pubblico consentito al teatro dall'inizio della guerra. È un evento e occasione che riveste una importanza storica.

La missione dei Frati

La delegazione partita dall'Italia, farà poi una breve visita ai Frati francescani della Transilvania nel santuario mariano di Cs¡ksomlyo e quindi a Suceava in Romania e poi a Chernovtsy in Ucraina. Dal 13 aprile, il ministro generale proseguirà la sua missione visitando una casa dei frati di rito greco cattolico e due case dei frati della provincia di San Michele, incontrando anche lì i rifugiati e le persone che hanno bisogno di assistenza. Concluderà la sua visita in Polonia incontrando a Kalwaria i frati e i tanti rifugiati che vi hanno trovato accoglienza. Fra Massimo Fusarelli ha accolto questo invito "per farsi vicino, a nome di tutti i frati dell'ordine, a questa terra e a queste tutte le persone ferite dalle conseguenze dal conflitto".]]>
ucraina frati minori

Continuano da tutto il mondo le manifestazioni di solidarietà per il popolo Ucraino in fuga dalla guerra e a sostenere le attività dei tanti volontari al confine ci sono anche i rappresentanti dell'Ordine dei Frati Minori. Da domenica fino a sabato prossimo, 16 aprile, il ministro generale dell'Ordine fra Massimo Fusarelli, accompagnato dal ministro provinciale di Assisi, fra Francesco Piloni, è partito per una visita in Romania, Ucraina e Polonia. Il ministro generale, "in rappresentanza di tutta la sua famiglia e realtà francescana, dei fratelli consacrati, amici della famiglia laicale e dei volontari tutti, sarà così presente nel territorio del conflitto e paesi limitrofi per ascoltare, accogliere ed essere segno di prossimità per tutti coloro che oggi vivono e soffrono le ferite profonde della guerra", si legge in una nota.

Pellegrinaggio interreligioso

Da domenica a martedì 12 aprile, Fusarelli è parte di una delegazione internazionale di leader religiosi per un 'Pellegrinaggio Interreligioso di solidarietà con il popolo ucraino'. Obiettivo ultimo della missione - organizzata del Peace Department e Elijah Interfaith Institute cogliendo l'ispirazione dl Glocalities - è "dimostrare con l'esempio che in tempi di guerra e di divisione possiamo e dobbiamo continuare ad appellarci ai più alti valori dell' umanità che ci uniscono e che accomunano tutte le fedi religiose". La delegazione di leader religiosi - che visiteranno i campi dei rifugiati e la città di Chernivtsi - è composta dall'arcivescovo di Canterbury (emerito), Rowan Williams (anglicano, Regno Unito), il rabbino Jonathan Wittenberg (ebreo, Regno Unito), il Gran Mufti emerito Mustafa Ceric (musulmano, Bosnia), l' arcivescovo Nikitas Lulias (arcivescovo ortodosso del Regno Unito), Grand Imam Yahya Pallavacini (musulmano, Italia), Swami Sarvapriyananda (hindu, India/Usa) e la badessa Suor Giac Nghiem (buddista, Francia). Apice della visita della delegazione sarà un evento pubblico che si terrà martedì 12 aprile nel teatro principale di Chernivtsi in Ucraina. Le parole dei partecipanti alla delegazione saranno accompagnate dalle testimonianze di rifugiati. Questo sarà il primo evento pubblico consentito al teatro dall'inizio della guerra. È un evento e occasione che riveste una importanza storica.

La missione dei Frati

La delegazione partita dall'Italia, farà poi una breve visita ai Frati francescani della Transilvania nel santuario mariano di Cs¡ksomlyo e quindi a Suceava in Romania e poi a Chernovtsy in Ucraina. Dal 13 aprile, il ministro generale proseguirà la sua missione visitando una casa dei frati di rito greco cattolico e due case dei frati della provincia di San Michele, incontrando anche lì i rifugiati e le persone che hanno bisogno di assistenza. Concluderà la sua visita in Polonia incontrando a Kalwaria i frati e i tanti rifugiati che vi hanno trovato accoglienza. Fra Massimo Fusarelli ha accolto questo invito "per farsi vicino, a nome di tutti i frati dell'ordine, a questa terra e a queste tutte le persone ferite dalle conseguenze dal conflitto".]]>
L’arma della comunicazione https://www.lavoce.it/larma-della-comunicazione/ Sat, 02 Apr 2022 07:02:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65968

di Andrea Casavecchia

Purtroppo, il conflitto in Ucraina prosegue nella sua efferatezza, come tutti i conflitti. Questo lo sentiamo più vicino di tanti altri. I Paesi dell’Unione europea sono stati pronti ad aprire le porte ai profughi: oltre 3,5 milioni di loro hanno già attraversato i confini per fuggire alla guerra, secondo le stime della Unhcr, l’agenzia per i rifugiati dell’Onu.

C’è molta solidarietà. Lo vediamo dalle colonne di Tir che partono da tanti paesi per portare vettovagliamento e abiti; lo vediamo dalle carovane di pullman e auto che arrivano sul posto a prendere i bambini con le loro mamme o i loro nonni, per portarli in posti più sicuri. Arrivano nelle nostre case, alcuni iniziano a essere accolti nelle nostre scuole. Ci sentiamo tutti coinvolti. Vediamo immagini drammatiche di palazzi bombardati, città devastate, persone che si nascondono all’interno delle reti metropolitane o in rifugi per scampare ai missili.

La comunicazione sta giocando un ruolo centrale. Forse non cambierà le sorti della guerra, ma ha un’incidenza sull’opinione pubblica dei Paesi democratici. Già questo ha provocato una reazione comune, specialmente tra gli Stati dell’Unione europea, e ha avuto l’effetto di mettere in pratica un embargo efficace e molto duro verso il Paese invasore.

Ci saranno dei sacrifici da sostenere: l’aumento della benzina è un segnale immediato, ma le proteste non sono state poi così aspre.

Forse è la prima volta che in maniera così consistente la comunicazione penetra prepotentemente nel conflitto, perché l’informazione non passa solo per le vie istituzionali, non è affidata in esclusiva ai professionisti. Le immagini ci arrivano dalle piattaforme: foto, video, canzoni sono postate sui diversi canali social e si diffondono. La comunicazione è sempre stata un’arma della propaganda. Lo vediamo nella censura applicata in Russia, dove non si può utilizzare la parola guerra o invasione, ma “operazione militare speciale”, e nell’utilizzo dello scenario dello stadio per parlare alla nazione. Lo vediamo nella capacità comunicativa del Presidente ucraino, che riesce attraverso comunicazioni video a rivolgersi al suo popolo per incoraggiarlo nella resistenza, e agli altri Paesi per chiedere sostegno.

Con questa guerra osserviamo che le notizie oggi si connettono tra loro, diventano materiale con il quale alimentiamo la nostra capacità di interpretare la realtà. I piani si intrecciano le piattaforme digitali e i mass media tradizionali si integrano. Tutti diventiamo comunicatori e tutti costruiamo contenuti.

Le informazioni che inviamo sono sempre “costruite”. Per questo bisogna avere maggiore accortezza, perché diventa sempre più complicato trovare informazioni affidabili, credibili. Diventa più difficile rispettare l’etica, che chiede di rispettare alcune regole, a partire dalla dignità e la tutela delle persone.

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di Andrea Casavecchia

Purtroppo, il conflitto in Ucraina prosegue nella sua efferatezza, come tutti i conflitti. Questo lo sentiamo più vicino di tanti altri. I Paesi dell’Unione europea sono stati pronti ad aprire le porte ai profughi: oltre 3,5 milioni di loro hanno già attraversato i confini per fuggire alla guerra, secondo le stime della Unhcr, l’agenzia per i rifugiati dell’Onu.

C’è molta solidarietà. Lo vediamo dalle colonne di Tir che partono da tanti paesi per portare vettovagliamento e abiti; lo vediamo dalle carovane di pullman e auto che arrivano sul posto a prendere i bambini con le loro mamme o i loro nonni, per portarli in posti più sicuri. Arrivano nelle nostre case, alcuni iniziano a essere accolti nelle nostre scuole. Ci sentiamo tutti coinvolti. Vediamo immagini drammatiche di palazzi bombardati, città devastate, persone che si nascondono all’interno delle reti metropolitane o in rifugi per scampare ai missili.

La comunicazione sta giocando un ruolo centrale. Forse non cambierà le sorti della guerra, ma ha un’incidenza sull’opinione pubblica dei Paesi democratici. Già questo ha provocato una reazione comune, specialmente tra gli Stati dell’Unione europea, e ha avuto l’effetto di mettere in pratica un embargo efficace e molto duro verso il Paese invasore.

Ci saranno dei sacrifici da sostenere: l’aumento della benzina è un segnale immediato, ma le proteste non sono state poi così aspre.

Forse è la prima volta che in maniera così consistente la comunicazione penetra prepotentemente nel conflitto, perché l’informazione non passa solo per le vie istituzionali, non è affidata in esclusiva ai professionisti. Le immagini ci arrivano dalle piattaforme: foto, video, canzoni sono postate sui diversi canali social e si diffondono. La comunicazione è sempre stata un’arma della propaganda. Lo vediamo nella censura applicata in Russia, dove non si può utilizzare la parola guerra o invasione, ma “operazione militare speciale”, e nell’utilizzo dello scenario dello stadio per parlare alla nazione. Lo vediamo nella capacità comunicativa del Presidente ucraino, che riesce attraverso comunicazioni video a rivolgersi al suo popolo per incoraggiarlo nella resistenza, e agli altri Paesi per chiedere sostegno.

Con questa guerra osserviamo che le notizie oggi si connettono tra loro, diventano materiale con il quale alimentiamo la nostra capacità di interpretare la realtà. I piani si intrecciano le piattaforme digitali e i mass media tradizionali si integrano. Tutti diventiamo comunicatori e tutti costruiamo contenuti.

Le informazioni che inviamo sono sempre “costruite”. Per questo bisogna avere maggiore accortezza, perché diventa sempre più complicato trovare informazioni affidabili, credibili. Diventa più difficile rispettare l’etica, che chiede di rispettare alcune regole, a partire dalla dignità e la tutela delle persone.

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Usa e Ue non c’entrano niente https://www.lavoce.it/usa-e-ue-non-centrano-niente/ Wed, 30 Mar 2022 17:27:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65909 Logo rubrica Il punto

Diversi commentatori continuano a sostenere che una parte di colpa dell’aggressione all’Ucraina spetta ai Paesi occidentali, Stati Uniti in testa. Addebitano loro di avere isolato e “umiliato” la Russia, come nel 1919 le potenze vincitrici della Prima guerra mondiale avevano fatto con la Germania, e così avevano acceso la miccia che avrebbe fatto scoppiare, dopo venti anni, la seconda. Questa narrazione è puramente di fantasia. La Russia non è stata sconfitta in nessuna guerra (neppure quella fredda) e nessuno le ha imposto nulla. Il ferreo sistema di potere creato da Lenin e Stalin non è crollato per effetto di una guerra perduta o di una rivoluzione interna, ma perché lo hanno deciso i suoi ultimi titolari, in particolare l’allora capo supremo del Pcus, Gorbacev, con il consenso generale della popolazione. L’Unione Sovietica, questa enorme superpotenza, si è sciolta per una decisione collettiva dei capi delle 15 Repubbliche federate che la componevano: Russia, Ucraina, Bielorussia e le altre.

Nessuno da fuori lo aveva chiesto né tanto meno imposto. L’ispiratore era stato Boris Eltsin, in quel momento presidente della Repubblica federativa russa (quella di cui è ora presidente Putin); che in questo modo ha tolto di mezzo Gorbacev, rimasto per un giorno presidente nominale di un’Urss che non esisteva più. Se c’erano problemi di rettifiche di confini fra le ex Repubbliche sovietiche divenute Stati indipendenti come fra la Russia e l’Ucraina -, era quello il momento in cui se ne doveva discutere.

Ma tutti avevano fretta di far scomparire l’Urss e la bandiera rossa, e non ne parlarono. Non è stato l’Occidente a sobillare gli ucraini contro Mosca. A Eltsin stava a cuore solo una cosa: farsi riconoscere dal mondo come il nuovo occupante del seggio all’Ou - con incorporato diritto di veto - che era stato creato per Stalin e l’Urss. Più tardi, a Putin è venuta la voglia di rimettere insieme i pezzi dell’antico impero russo, ma quelli non hanno intenzione di starci. Almeno in questo caso, l’America e l’Europa non hanno colpe.

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Diversi commentatori continuano a sostenere che una parte di colpa dell’aggressione all’Ucraina spetta ai Paesi occidentali, Stati Uniti in testa. Addebitano loro di avere isolato e “umiliato” la Russia, come nel 1919 le potenze vincitrici della Prima guerra mondiale avevano fatto con la Germania, e così avevano acceso la miccia che avrebbe fatto scoppiare, dopo venti anni, la seconda. Questa narrazione è puramente di fantasia. La Russia non è stata sconfitta in nessuna guerra (neppure quella fredda) e nessuno le ha imposto nulla. Il ferreo sistema di potere creato da Lenin e Stalin non è crollato per effetto di una guerra perduta o di una rivoluzione interna, ma perché lo hanno deciso i suoi ultimi titolari, in particolare l’allora capo supremo del Pcus, Gorbacev, con il consenso generale della popolazione. L’Unione Sovietica, questa enorme superpotenza, si è sciolta per una decisione collettiva dei capi delle 15 Repubbliche federate che la componevano: Russia, Ucraina, Bielorussia e le altre.

Nessuno da fuori lo aveva chiesto né tanto meno imposto. L’ispiratore era stato Boris Eltsin, in quel momento presidente della Repubblica federativa russa (quella di cui è ora presidente Putin); che in questo modo ha tolto di mezzo Gorbacev, rimasto per un giorno presidente nominale di un’Urss che non esisteva più. Se c’erano problemi di rettifiche di confini fra le ex Repubbliche sovietiche divenute Stati indipendenti come fra la Russia e l’Ucraina -, era quello il momento in cui se ne doveva discutere.

Ma tutti avevano fretta di far scomparire l’Urss e la bandiera rossa, e non ne parlarono. Non è stato l’Occidente a sobillare gli ucraini contro Mosca. A Eltsin stava a cuore solo una cosa: farsi riconoscere dal mondo come il nuovo occupante del seggio all’Ou - con incorporato diritto di veto - che era stato creato per Stalin e l’Urss. Più tardi, a Putin è venuta la voglia di rimettere insieme i pezzi dell’antico impero russo, ma quelli non hanno intenzione di starci. Almeno in questo caso, l’America e l’Europa non hanno colpe.

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L’Atto di consacrazione all’Immacolato Cuore di Maria della Russia e dell’Ucraina https://www.lavoce.it/atto-consacrazione-limmacolato-cuore-di-maria-ucraina-russia/ Fri, 25 Mar 2022 21:23:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65768

"Grazie fratelli e sorelle, sacerdoti e autorità di essere qui presenti. Stasera non è stato il vescovo a convocarvi, a chiamarvi nella nostra cattedrale, ma è stata personalmente la Vergine Maria che ha voluto che tutta la nostra Chiesa fosse qui riunita, perché noi siamo obbedienti anche a tutta la sua tradizione. Sempre, quando ci sono stati dei pericoli imminenti, di tenebre intense, di grida di guerra per il mondo e per la società cristiana, come stiamo vivendo in questo momento, sempre si è invocato il nome del Padre e di Maria. Grazie ancora e che il Signore, attraverso la Beata Vergine a cui ci affidiamo e ci consacriamo stasera, ascolti e accolga le nostre preghiere". Così il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel saluto introduttivo della celebrazione eucaristica della Consacrazione all’Immacolato Cuore di Maria della Russia e dell’Ucraina, in comunione spirituale con papa Francesco, nella preghiera per la pace, venerdì 25 marzo, nella cattedrale di San Lorenzo. Alla celebrazione hanno partecipato diversi sacerdoti, i rappresentanti delle Istituzioni civili e militari, di Ordini cavallereschi e di confraternite e numerosi fedeli. La messa si è conclusa dinanzi alla splendida e molto venerata immagine della Madonna delle Grazie con l’Atto di Consacrazione e l’omaggio floreale del cardinale Bassetti all’icona della Beata Vergine. "Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande – ha evidenziato il cardinale nell’omelia –. Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa. Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera. Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo 'sì'. Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà - come diranno gli angeli ai pastori - la “pace a tutti gli uomini amati dal Signore” (cf. Lc 2,14)". Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul significato della festa dell’Annunciazione a Maria (25 marzo) si è chiesto "che senso potrà mai avere in un contesto così doloroso e drammatico? Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel 'Non temere', detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti". [gallery ids="65789,65784,65788,65787,65777,65778,65780,65783,65785"]

Testo integrale dell’omelia del card. Gualtiero Bassetti

Carissimi fratelli e sorelle, accogliendo l’invito del Santo Padre Francesco, ci siamo anche noi raccolti questa sera in cattedrale per celebrare la santa eucaristia e pronunciare l’atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina all’Immacolato Cuore di Maria, perché per intercessione della Madre di Dio torni a regnare la pace in quelle terre e in tutto il mondo. Unito con tutti i pastori della Chiesa, pronuncerò le parole dell’atto di consacrazione al cuore di Maria, in cui desidero racchiudere, ancora una volta, le speranze e le angosce della Chiesa per questo nostro mondo. Si tratta di un gesto non nuovo. Infatti, più volte i pontefici hanno affidato al cuore di Maria la speranza della pace e della concordia nel mondo. Lo ha fatto due volte Pio XII, durante la seconda guerra mondiale, poi ancora negli anni Cinquanta, vedendo dinanzi a sé le esperienze dolorose dell’intera famiglia umana. Lo hanno rinnovato i santi pontefici Paolo VI, durante il pellegrinaggio a Fatima nel 1967, e poi Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro nel giorno di oggi del 1984. In particolare, il grande pontefice polacco, inginocchiato dinanzi all’immagine della Santa Vergine, così pregò: «O Madre degli uomini e dei popoli, tu che conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al Tuo Cuore: abbraccia, con amore di madre e di serva del Signore, questo nostro mondo umano, che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli». Stasera è Papa Francesco, che in questi giorni ha seguito con grande trepidazione e sofferenza la tragica situazione della guerra in Ucraina, a chiedere di rivolgerci a Maria per invocare il dono supremo della pace. Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande. Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa. Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera. Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo “sì”. Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà – come diranno gli angeli ai pastori – la «pace a tutti gli uomini amati dal Signore» (cf. Lc 2,14). Che senso potrà mai avere, carissimi fratelli e sorelle, celebrare l’Annunciazione a Maria in un contesto così doloroso e drammatico?  Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel «Non temere», detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti. Ecco perché, in questo 25 marzo, tutta la Chiesa, con i Vescovi e le comunità del mondo intero, è unita a Papa Francesco. Egli ha desiderato compiere un atto di consacrazione al cuore di Maria che non solo richiama le apparizioni a Fatima, ma che ha radici ancora più profonde, già nella Sacra Scrittura. Un grande esegeta come il cardinale Carlo Maria Martini spiegava che «il cuore è l’intimo dell’uomo, il centro della persona, il luogo profondo in cui la nostra persona prende coscienza di sé, riflette sugli avvenimenti, medita sul senso della realtà, assume comportamenti responsabili verso i fatti della vita e verso lo stesso mistero di Dio». Anche Papa Francesco, ultimamente, nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, ha scritto che «nel cuore sono le nostre vere intenzioni, ciò che realmente cerchiamo e desideriamo». Ecco perché – scrive ancora il Papa – Dio «cerca di parlarci nel cuore» (83). Come Dio parla al nostro cuore, noi oggi, in questo tempo di prova per l’Europa, per il mondo, per le Chiese in Ucraina, noi oggi con tutto il nostro cuore vogliamo parlare al cuore di Dio, attraverso la consacrazione al cuore di Maria. Con grande fiducia e speranza, mi inginocchierò, al termine di questa celebrazione, dinanzi alla venerata immagine della Santa Vergine, madre della Chiesa perugino-pievese onorata da secoli come Madonna delle Grazie, cui si sono rivolti i perugini nelle loro spirituali e materiali necessità, ottenendo aiuto e liberazione. Vogliamo perciò stasera far rivivere non solo la devozione, ma la fede nel patrocinio di Maria, che è, prima di tutto, madre della divina grazia che è Gesù, e quindi “madre del popolo cristiano” e cioè “della Chiesa”, ma anche ausiliatrice e mediatrice “di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace” (Prefazio). Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Amen! Gualtiero Card. Bassetti Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve]]>

"Grazie fratelli e sorelle, sacerdoti e autorità di essere qui presenti. Stasera non è stato il vescovo a convocarvi, a chiamarvi nella nostra cattedrale, ma è stata personalmente la Vergine Maria che ha voluto che tutta la nostra Chiesa fosse qui riunita, perché noi siamo obbedienti anche a tutta la sua tradizione. Sempre, quando ci sono stati dei pericoli imminenti, di tenebre intense, di grida di guerra per il mondo e per la società cristiana, come stiamo vivendo in questo momento, sempre si è invocato il nome del Padre e di Maria. Grazie ancora e che il Signore, attraverso la Beata Vergine a cui ci affidiamo e ci consacriamo stasera, ascolti e accolga le nostre preghiere". Così il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel saluto introduttivo della celebrazione eucaristica della Consacrazione all’Immacolato Cuore di Maria della Russia e dell’Ucraina, in comunione spirituale con papa Francesco, nella preghiera per la pace, venerdì 25 marzo, nella cattedrale di San Lorenzo. Alla celebrazione hanno partecipato diversi sacerdoti, i rappresentanti delle Istituzioni civili e militari, di Ordini cavallereschi e di confraternite e numerosi fedeli. La messa si è conclusa dinanzi alla splendida e molto venerata immagine della Madonna delle Grazie con l’Atto di Consacrazione e l’omaggio floreale del cardinale Bassetti all’icona della Beata Vergine. "Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande – ha evidenziato il cardinale nell’omelia –. Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa. Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera. Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo 'sì'. Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà - come diranno gli angeli ai pastori - la “pace a tutti gli uomini amati dal Signore” (cf. Lc 2,14)". Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul significato della festa dell’Annunciazione a Maria (25 marzo) si è chiesto "che senso potrà mai avere in un contesto così doloroso e drammatico? Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel 'Non temere', detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti". [gallery ids="65789,65784,65788,65787,65777,65778,65780,65783,65785"]

Testo integrale dell’omelia del card. Gualtiero Bassetti

Carissimi fratelli e sorelle, accogliendo l’invito del Santo Padre Francesco, ci siamo anche noi raccolti questa sera in cattedrale per celebrare la santa eucaristia e pronunciare l’atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina all’Immacolato Cuore di Maria, perché per intercessione della Madre di Dio torni a regnare la pace in quelle terre e in tutto il mondo. Unito con tutti i pastori della Chiesa, pronuncerò le parole dell’atto di consacrazione al cuore di Maria, in cui desidero racchiudere, ancora una volta, le speranze e le angosce della Chiesa per questo nostro mondo. Si tratta di un gesto non nuovo. Infatti, più volte i pontefici hanno affidato al cuore di Maria la speranza della pace e della concordia nel mondo. Lo ha fatto due volte Pio XII, durante la seconda guerra mondiale, poi ancora negli anni Cinquanta, vedendo dinanzi a sé le esperienze dolorose dell’intera famiglia umana. Lo hanno rinnovato i santi pontefici Paolo VI, durante il pellegrinaggio a Fatima nel 1967, e poi Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro nel giorno di oggi del 1984. In particolare, il grande pontefice polacco, inginocchiato dinanzi all’immagine della Santa Vergine, così pregò: «O Madre degli uomini e dei popoli, tu che conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al Tuo Cuore: abbraccia, con amore di madre e di serva del Signore, questo nostro mondo umano, che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli». Stasera è Papa Francesco, che in questi giorni ha seguito con grande trepidazione e sofferenza la tragica situazione della guerra in Ucraina, a chiedere di rivolgerci a Maria per invocare il dono supremo della pace. Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande. Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa. Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera. Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo “sì”. Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà – come diranno gli angeli ai pastori – la «pace a tutti gli uomini amati dal Signore» (cf. Lc 2,14). Che senso potrà mai avere, carissimi fratelli e sorelle, celebrare l’Annunciazione a Maria in un contesto così doloroso e drammatico?  Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel «Non temere», detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti. Ecco perché, in questo 25 marzo, tutta la Chiesa, con i Vescovi e le comunità del mondo intero, è unita a Papa Francesco. Egli ha desiderato compiere un atto di consacrazione al cuore di Maria che non solo richiama le apparizioni a Fatima, ma che ha radici ancora più profonde, già nella Sacra Scrittura. Un grande esegeta come il cardinale Carlo Maria Martini spiegava che «il cuore è l’intimo dell’uomo, il centro della persona, il luogo profondo in cui la nostra persona prende coscienza di sé, riflette sugli avvenimenti, medita sul senso della realtà, assume comportamenti responsabili verso i fatti della vita e verso lo stesso mistero di Dio». Anche Papa Francesco, ultimamente, nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, ha scritto che «nel cuore sono le nostre vere intenzioni, ciò che realmente cerchiamo e desideriamo». Ecco perché – scrive ancora il Papa – Dio «cerca di parlarci nel cuore» (83). Come Dio parla al nostro cuore, noi oggi, in questo tempo di prova per l’Europa, per il mondo, per le Chiese in Ucraina, noi oggi con tutto il nostro cuore vogliamo parlare al cuore di Dio, attraverso la consacrazione al cuore di Maria. Con grande fiducia e speranza, mi inginocchierò, al termine di questa celebrazione, dinanzi alla venerata immagine della Santa Vergine, madre della Chiesa perugino-pievese onorata da secoli come Madonna delle Grazie, cui si sono rivolti i perugini nelle loro spirituali e materiali necessità, ottenendo aiuto e liberazione. Vogliamo perciò stasera far rivivere non solo la devozione, ma la fede nel patrocinio di Maria, che è, prima di tutto, madre della divina grazia che è Gesù, e quindi “madre del popolo cristiano” e cioè “della Chiesa”, ma anche ausiliatrice e mediatrice “di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace” (Prefazio). Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Amen! Gualtiero Card. Bassetti Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve]]>