Benedetto Tuzia Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/tuzia/ Settimanale di informazione regionale Fri, 15 May 2020 13:47:52 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Benedetto Tuzia Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/tuzia/ 32 32 Mons. Sigismondi entra in Diocesi il 28 giugno. Ha incontrato a Orvieto le autorità religiose e civili del territorio https://www.lavoce.it/mons-sigismondi-entra-in-diocesi-il-28-giugno-ha-incontrato-a-orvieto-le-autorita-religiose-e-civili-del-territorio/ Fri, 15 May 2020 13:42:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57160

Mons. Gualtiero Sigismondi s’insedierà ufficialmente nella diocesi di Orvieto-Todi il prossimo 28 giugno con una solenne messa in cattedrale alle ore 18. La notizia è stata data lunedì mattina nel corso di un incontro tra lo stesso Vescovo e una ristretta delegazione composta dall’amministratore apostolico Benedetto Tuzia, il vicario generale Stefano Puri, i consultori, alcuni componenti degli uffici di curia e i sindaci di Orvieto e Todi. In tempo di pandemia molte cose sono capovolte e così, in tale circostanza, la delegazione non si è recata a Foligno ma ha accolto mons. Gualtiero giunto in visita ad Orvieto. La prima parte dell’incontro ha avuto luogo nella sala Urbani dell’Opera del duomo. Dopo i saluti di mons. Tuzia, del presidente dell’Opsm Gianfelice Bellesini, che ha fatto gli onori di casa, e di don Puri, i presenti hanno ascoltato con attenzione le parole del nuovo Vescovo, che ha ringraziato subito per la calorosa accoglienza. “Non vi nascondo – ha poi detto - che in questo momento il turbamento è grande, per un ragione molto semplice: non solo perché arrivo in una realtà nuova ma perché devo lasciare una realtà che ho servito per 12 anni. Non lascio una scrivania, ma lascio un popolo”. E se da un lato il coronavirus ha allungato i tempi dell’ingresso, dall’altro mons. Gualtiero ha avuto la possibilità – come lui stesso ha riferito – di dedicarsi a letture per conoscere meglio la storia della diocesi che ora gli è affidata.

Le parole di Sigismondi

Nel prosieguo del discorso hanno poi risuonato parole ed espressioni che caratterizzano la sua persona, il suo stile e il suo agire: ‘in punta di piedi, semplicità, umiltà, libertà, obbedienza, gratitudine, sinodalità, grande devozione per la Vergine Maria, maternità della Chiesa…’. “Ecco, arrivo e voglio arrivare – ha ribadito - in punta di piedi, non perché me lo impone il coronavirus ma perché è un po’ il mio stile. L’ingresso avviene poi concretamente avvicinando i preti, le parrocchie. Così come in punta di piedi, ovviamente, lascio Foligno”. Un distacco non privo di inevitabile sofferenza ma vissuto nell’obbedienza e gratitudine al Papa, attraverso cui si manifesta la volontà di Dio. Il primo passo da fare, ovviamente in punta di piedi, per il Vescovo che ha sempre insegnato Ecclesiologia, sarà quello di inserirsi in un cammino, approfondendone la storia, con la consapevolezza di doverlo guidare ma con lo stile della sinodalità, da tradurre in atto. Da grande devoto poi di Maria santissima, non poteva non rimanere impressionato dal fatto che sia il duomo di Orvieto che quello di Todi siano ad essa intitolati, rispettivamente all’Assunta e all’Annunciata. Don Primo Mazzolari, prima di morire, scriveva nell’ultimo editoriale che ‘la Chiesa non ha confini da difendere o territori da occupare ma solo una maternità da allargare’: un pensiero questo che “mi ha sempre orientato, mi orienterà anche in questo cammino”. La comunità diocesana, che l’attende con gioia, ne è certa e le augura un fecondo cammino insieme!

Visita in Cattedrale

Terminato l’incontro, tutti i presenti si sono trasferiti in cattedrale. Lì, un momento di preghiera nella cappella del sacro Corporale, poi una visita alle meraviglie del duomo, con sosta particolare nella cappella di San Brizio. Proprio in questa cattedrale, domenica 28 giugno, vigilia della solennità dei santi Pietro e Paolo, avverrà la presa di possesso della diocesi. Una data non casuale. Sia mons. Tuzia che mons. Sigismondi, infatti, sono stati ordinati sacerdoti proprio il 29 giugno. “Beneficeremo insieme – ha detto mons. Benedetto – della liturgia che ci ha consacrato sacerdoti e pastori”. A queste parole hanno fatto eco quelle pronunciate poco dopo da mons. Gualtiero: “Ho visto che nelle letture del giorno dell’ingresso c’è l’espressione [di san Pietro, ndr] ‘non possiedo né argento né oro ma quello che ho…’ ve lo darò con semplicità, con umiltà e con grande libertà. Perché semplicità e umiltà rendono liberi, non c’è altro criterio per poter sperimentare la grazia della libertà”. Michela Massaro]]>

Mons. Gualtiero Sigismondi s’insedierà ufficialmente nella diocesi di Orvieto-Todi il prossimo 28 giugno con una solenne messa in cattedrale alle ore 18. La notizia è stata data lunedì mattina nel corso di un incontro tra lo stesso Vescovo e una ristretta delegazione composta dall’amministratore apostolico Benedetto Tuzia, il vicario generale Stefano Puri, i consultori, alcuni componenti degli uffici di curia e i sindaci di Orvieto e Todi. In tempo di pandemia molte cose sono capovolte e così, in tale circostanza, la delegazione non si è recata a Foligno ma ha accolto mons. Gualtiero giunto in visita ad Orvieto. La prima parte dell’incontro ha avuto luogo nella sala Urbani dell’Opera del duomo. Dopo i saluti di mons. Tuzia, del presidente dell’Opsm Gianfelice Bellesini, che ha fatto gli onori di casa, e di don Puri, i presenti hanno ascoltato con attenzione le parole del nuovo Vescovo, che ha ringraziato subito per la calorosa accoglienza. “Non vi nascondo – ha poi detto - che in questo momento il turbamento è grande, per un ragione molto semplice: non solo perché arrivo in una realtà nuova ma perché devo lasciare una realtà che ho servito per 12 anni. Non lascio una scrivania, ma lascio un popolo”. E se da un lato il coronavirus ha allungato i tempi dell’ingresso, dall’altro mons. Gualtiero ha avuto la possibilità – come lui stesso ha riferito – di dedicarsi a letture per conoscere meglio la storia della diocesi che ora gli è affidata.

Le parole di Sigismondi

Nel prosieguo del discorso hanno poi risuonato parole ed espressioni che caratterizzano la sua persona, il suo stile e il suo agire: ‘in punta di piedi, semplicità, umiltà, libertà, obbedienza, gratitudine, sinodalità, grande devozione per la Vergine Maria, maternità della Chiesa…’. “Ecco, arrivo e voglio arrivare – ha ribadito - in punta di piedi, non perché me lo impone il coronavirus ma perché è un po’ il mio stile. L’ingresso avviene poi concretamente avvicinando i preti, le parrocchie. Così come in punta di piedi, ovviamente, lascio Foligno”. Un distacco non privo di inevitabile sofferenza ma vissuto nell’obbedienza e gratitudine al Papa, attraverso cui si manifesta la volontà di Dio. Il primo passo da fare, ovviamente in punta di piedi, per il Vescovo che ha sempre insegnato Ecclesiologia, sarà quello di inserirsi in un cammino, approfondendone la storia, con la consapevolezza di doverlo guidare ma con lo stile della sinodalità, da tradurre in atto. Da grande devoto poi di Maria santissima, non poteva non rimanere impressionato dal fatto che sia il duomo di Orvieto che quello di Todi siano ad essa intitolati, rispettivamente all’Assunta e all’Annunciata. Don Primo Mazzolari, prima di morire, scriveva nell’ultimo editoriale che ‘la Chiesa non ha confini da difendere o territori da occupare ma solo una maternità da allargare’: un pensiero questo che “mi ha sempre orientato, mi orienterà anche in questo cammino”. La comunità diocesana, che l’attende con gioia, ne è certa e le augura un fecondo cammino insieme!

Visita in Cattedrale

Terminato l’incontro, tutti i presenti si sono trasferiti in cattedrale. Lì, un momento di preghiera nella cappella del sacro Corporale, poi una visita alle meraviglie del duomo, con sosta particolare nella cappella di San Brizio. Proprio in questa cattedrale, domenica 28 giugno, vigilia della solennità dei santi Pietro e Paolo, avverrà la presa di possesso della diocesi. Una data non casuale. Sia mons. Tuzia che mons. Sigismondi, infatti, sono stati ordinati sacerdoti proprio il 29 giugno. “Beneficeremo insieme – ha detto mons. Benedetto – della liturgia che ci ha consacrato sacerdoti e pastori”. A queste parole hanno fatto eco quelle pronunciate poco dopo da mons. Gualtiero: “Ho visto che nelle letture del giorno dell’ingresso c’è l’espressione [di san Pietro, ndr] ‘non possiedo né argento né oro ma quello che ho…’ ve lo darò con semplicità, con umiltà e con grande libertà. Perché semplicità e umiltà rendono liberi, non c’è altro criterio per poter sperimentare la grazia della libertà”. Michela Massaro]]>
La nostra anteprima dell’Anno santo della Misericordia https://www.lavoce.it/la-nostra-anteprima-dellanno-santo-della-misericordia/ Thu, 01 Oct 2015 08:55:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43550 Il rito di ammissione con la professione semplice nella congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso del novizio Massimo Tofani
Il rito di ammissione con la professione semplice nella congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso del novizio Massimo Tofani

La festa annuale del santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza ha messo a tema il 50° anniversario della Dedicazione della basilica, ultima opera cui ha atteso personalmente la beata Madre Speranza.

Pur nella limitatezza dello spazio disponibile desideriamo mettere in evidenza i contributi di tre ecclesiastici che hanno presieduto concelebrazioni nei giorni 26 e 27 settembre: mons. Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello, il card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, e il nostro vescovo mons. Benedetto Tuzia.

Mons. Cancian, a proposito di questo appuntamento annuale, ha sottolineato come “la festa dell’Amore Misericordioso possa considerarsi come un’anteprima del prossimo Giubileo della Misericordia, una straordinaria opportunità che Papa Francesco, ispirato dal Signore offre alla Chiesa e al mondo…

‘Misericordiosi come il Padre’ ci chiede Gesù. Significa che Dio è misericordia e che noi siamo chiamati a diventare misericordiosi. Umanamente impossibile, se intendiamo la misericordia non come un semplice sentimento degli uomini pii, un’emozione, una sorta di elemosina, un optional che lascia le cose come sono. È venuto Gesù a insegnarcela, invitandoci a ‘imparare cosa vuol dire’. Ce l’ha insegnata accogliendo i peccatori e perdonandoli, avendo compassione dei malati e guarendoli, offrendo la sua vita per tutti…

Papa Francesco – ha sottolineato ancora mons. Cancian – giustamente insiste molto su questo tema. Parla della ‘rivoluzione della tenerezza’, della misericordia come ‘via che la Chiesa deve percorrere perché è la via percorsa da Gesù, la via tracciata dal Vangelo’”.

Il card. Antonelli, domenica 27 nel corso dell’omelia ha detto: “Papa Francesco ha indetto il Giubileo della Misericordia, per rafforzare la nostra fiducia nell’amore misericordioso di Dio e per chiamarci a diventare noi stessi segno e presenza di esso davanti a tutti, specialmente davanti ai poveri, ai malati, ai sofferenti, ai peccatori.

Accoglieremo in noi la divina misericordia e la testimonieremo agli altri nella misura in cui vivremo la virtù teologale della carità, secondo le indicazioni dell’apostolo Paolo che abbiamo udito nella seconda lettura… È bello avere grandi desideri e affidarli al Signore nella preghiera; ma di solito non è in nostro potere fare grandi cose. ‘Il Signore – ci insegna Madre Speranza – non guarda la grandezza delle cose che si fanno, ma il sacrificio e l’amore con cui si fanno’ (El pan, 21)”.

“In questa domenica – ha detto mons. Tuzia, che ha presieduto la concelebrazione delle 18.30 – inoltre celebriamo l’eco, la risonanza di questo mistero di amore misericordioso nella vita e nella testimonianza della beata Madre Speranza: un’esistenza umile, nascosta, ignota a tutti, ma che in virtù del suo carisma, del dono particolare concessole da Dio, ora, particolarmente in questo anno giubilare che inaugureremo, splende messaggera e strumento della misericordia di Dio. L’intera sua vita – ha proseguito – ogni sua parola è evento di misericordia…

Occorre osservare che, nonostante l’insegnamento biblico, per lungo tempo la categoria della misericordia è sembrata dimenticata anche nella vita della Chiesa. Il risveglio è iniziato con il Concilio Vaticano II. In particolare Papa Giovanni XXIII nel discorso di apertura così si esprimeva: ‘La Sposa di Cristo ora preferisce far uso della medicina della misericordia piuttosto che della severità’.

Da allora – ha affermato mons. Tuzia – è iniziato un cammino fino alla Evangelii gaudium, ove l’espressione misericordia appare come un motivo-guida, ricorrendo per ben 35 volte. Viene indicata la più grande delle virtù, come cuore del messaggio di Cristo, la colonna di sostegno, l’architrave di una autentica spiritualità cristiana”.

 

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Le parole del Vescovo https://www.lavoce.it/le-parole-del-vescovo/ Wed, 23 Sep 2015 14:13:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43441 Il vescovo mons. Benedetto Tuzia, che ha presieduto l’Assemblea della diocesi, ha spiegato il tema di quest’anno e la continuità con quello dell’anno passato; nonché sottolineato la sorpresa che Papa Francesco ha fatto a tutti indicendo l’Anno giubilare della Misericordia.

Ha poi presentato il relatore, mons. Arturo Aiello, vescovo di Teano – Calvi, raccontando anche aneddoti personali. Dopo la relazione di mons. Aiello, il Vescovo ha preso la parola per evidenziare alcuni elementi che devono caratterizzare il nuovo anno pastorale.

In primo luogo, il completamento con il relativo funzionamento dei Consigli pastorali. Riguardo all’Anno santo della Misericordia ha posto in evidenza la grazia di avere in diocesi il primo santuario al mondo dedicato all’Amore Misericordioso e l’annuncio che tutti siamo chiamati a compiere, incominciando dai laici dei Consigli pastorali, nel visitare tutte le famiglie consegnando il Vangelo di Luca.

 

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Misericordia, il vero architrave della fede https://www.lavoce.it/misericordia-il-vero-architrave-della-fede/ Tue, 15 Sep 2015 13:50:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43246 CONF_STAMPA-cmyk
Un momento della conferenza stampa

“Torniamo a varcare una Porta santa ridando peso e nobiltà a un concetto come la misericordia, considerato spesso debole da una cultura intrisa di atteggiamenti forti. In questo ultimo periodo, grazie anche a Papa Francesco, c’è stata una rivalutazione che ha portato a dire che la virtù della misericordia è l’architrave della fede, vita stessa della Chiesa”.

Ha esordito così mons. Benedetto Tuzia nel presentare, sabato 12 settembre presso il santuario di Collevalenza, il Giubileo straordinario della Misericordia, fortemente voluto dal Pontefice, che per la prima volta nella storia dei Giubilei offre la possibilità di aprire la Porta santa anche nelle singole diocesi.

E che, ancora una volta, trova in quella di Orvieto-Todi, un terreno fertile. Qui infatti è stato da poco salutato come “un tempo di grazia” il biennio giubilare concesso da Benedetto XVI in occasione del 750° anniversario del miracolo eucaristico e della promulgazione, l’anno successivo, della bolla Transiturus con cui Urbano IV istituì per la Chiesa universale la festa del Corpus Domini.

È proprio nel primo santuario al mondo dedicato all’Amore Misericordioso, voluto dalla beata Madre Speranza che ha speso la sua vita “nell’annuncio urgente dell’amore immenso di Dio per ogni creatura, anche la più peccatrice e perversa, e in opere concrete di misericordia verso i più bisognosi”, che il Vescovo aprirà domenica 13 dicembre alle 16 la Porta santa dell’anno giubilare per poi richiuderla domenica 13 novembre 2016.

“In questa diocesi – ha spiegato Tuzia – abbiamo il privilegio di avere un luogo così particolare che parla di misericordia, come il santuario che lo annuncia già nel nome. Un polmone spirituale per l’intero territorio dove si respira l’insegnamento di chi lo ha ispirato e di chi oggi ne prosegue la missione”.

Primo gesto di misericordia, dunque, l’apertura della Porta santa. Luogo privilegiato sarà il santuario, ma l’annuncio arriverà anche nelle parrocchie. Laici e religiosi andranno, infatti, di famiglia in famiglia a recapitare l’opuscolo (attualmente in stampa) contenente il Vangelo di Luca e alcuni spunti per il Giubileo, che sarà consegnato entro Natale. Attesi, poi, i pellegrinaggi vicariali al santuario e le celebrazioni dei giubilei delle Caritas parrocchiali e delle opere caritative, di ragazzi e bambini, quelli parrocchiali, della Regione ecclesiastica umbra e dei detenuti.

“Scoprire che l’amore misericordioso di Dio è la forza più grande – ha sottolineato padre Aurelio Pérez, superiore generale dei Figli dell’Amore Misericordioso – è un’intuizione che si fa annuncio esplicito, quello di una porta spalancata per tutti. Siamo lieti che il Giubileo venga aperto in questo santuario. È un doppio riconoscimento all’opera di Madre Speranza. Prevediamo moltissima gente; l’augurio è che non rimanga solo un grande evento ma che parli realmente al cuore delle persone”.

Le opere di misericordia non sono solo quelle spirituali ma si sostanziano attraverso testimonianze concrete, tra cui la visita ai carcerati, dar da mangiare agli affamati, consolare gli afflitti e visitare gli ammalati. Segni giubilari che interesseranno l’intera diocesi.

 

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Giovani preti in visita all’Expo e a san Carlo https://www.lavoce.it/giovani-preti-in-visita-allexpo-e-a-san-carlo/ Wed, 02 Sep 2015 15:07:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42964 Foto di gruppo con il Vescovo Tuzia e i giovani preti a Milano
Foto di gruppo con il Vescovo Tuzia e i giovani preti a Milano

Prima di iniziare l’anno pastorale (ammesso che l’anno pastorale abbia una fine), tra i momenti formativi per i preti “giovani” della diocesi si è scelto di trascorrere due giorni insieme visitando l’Expo di Milano, compiendo allo stesso tempo un pellegrinaggio sulla tomba di san Carlo Borromeo.

Quindi, nei giorni 24 e 25 agosto scorsi, accompagnati dal nostro vescovo mons. Benedetto Tuzia, abbiamo fatto questa esperienza insieme. Innanzi tutto l’intento è stato quello di stare insieme: noi giovani preti (siamo in poco più di una decina con meno di 10 anni di ordinazione!), sempre di più assorbiti da un vasto campo di lavoro, rischiamo di non trascorre mai del tempo insieme.

Siamo stati bene. Le due giornate – senza voler indugiare nella cronaca spicciola – le possiamo leggere sotto due punti di vista molto diversi tra di loro, ma allo stesso tempo molto vicini.

L’Expo di Milano (nella quale, a giudicare da come la gente ci guardava, la cosa più rara da vedere eravamo noi al seguito del Vescovo) ci ha parlato del mondo intero e delle sue innumerevole contraddizioni. In un certo qual modo ci ha messo in crisi, proiettandoci in mille culture diverse concentrate nello stesso luogo, espresse dalle fantasie delle architetture e degli allestimenti, in mezzo alle quali ci siamo sentiti tutti un po’ stranieri.

Questo evento, che certamente celebra la bellezza e l’efficienza di una parte della nostra nazione e del mondo, tuttavia ci ha aperto al senso critico di una manifestazione (peraltro sorta sotto l’egida di grandi e discutibili multinazionali) che forse non ha risposto pienamente agli interrogativi, ormai pressanti e improrogabili, sul problema dell’alimentazione nel mondo, sull’inquinamento, sulla desertificazione, sull’ingiusta distribuzione dei beni, sulle derive della genetica… Le uniche due voci fuori dal coro che ci hanno fatto bene al cuore sono stati i padiglioni della Caritas e della Santa Sede che ci hanno ricordato che “non di solo pane vive l’uomo”.

Il primo giorno abbiamo compiuto un pellegrinaggio nella Città degli uomini, il secondo giorno il nostro cammino si è articolato cercando gli uomini che hanno costruito questa città: Ambrogio, Gervasio e Protasio, Carlo Borromeo. Visitando non solo luoghi d’arte, ma cercando l’anima di questi luoghi, abbiamo indugiato presso i corpi, segni tangibili della loro presenza nella storia, di questi uomini straordinari.

È stato un viaggio nella bellezza, ma sarebbe stato solo un camminare a vuoto se questa bellezza non fosse stata il fiore di una vita spesa per il Vangelo e per il prossimo. Molto bello e intimo è stato il momento della celebrazione eucaristica nella cripta prospiciente lo “scurolo” di san Carlo e la successiva preghiera silenziosa davanti al corpo del santo vescovo.

Riascoltare, dalla voce del nostro Vescovo, le parole del Borromeo che si leggono nel giorno della sua memoria liturgica ci ha riportato a esaminare i due rischi concreti della vita del prete e, in particolare, del parroco: la superficialità nel rapporto con Dio (in particolare nella preghiera) e la dissipazione causata dall’efficientismo. È stata l’occasione per il nostro Vescovo per proporci un cammino da fare insieme, guidati dal vicario generale don Antonio Cardarelli, con occasioni più frequenti di incontro e di formazione.

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Iniezione di speranza per una terra povera… e per noi https://www.lavoce.it/iniezione-di-speranza-per-una-terra-povera-e-per-noi/ Wed, 05 Aug 2015 10:31:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41858 Il Vescovo con un gruppo di bambini della scuola materna della missione in Albania
Il Vescovo con un gruppo di bambini della scuola materna della missione in Albania

Mons. Frano Ilia aveva trascorso quasi tutta la sua vita sacerdotale in carcere e ai lavori forzati in Albania. Dopo la fine della dittatura marxista-leninista, Giovanni Paolo II si recò in Albania il 25 aprile 1993, e lo consacrò vescovo. Mons. Frano, nonostante le prove subite e la difficile situazione della Chiesa, aveva un grande zelo apostolico e soprattutto aveva a cuore la difficile situazione dei cattolici delle montagne.

Bene o male, nei luoghi più vicini al mare, in pianura e facilmente raggiungibili, si stava stabilendo una presenza di missionari, soprattutto italiani. Ma le montagne erano un po’ tagliate fuori a causa della difficoltà nel raggiungere luoghi impervi con strade impossibili.

In quegli anni la nostra diocesi, sulla spinta degli avvenimenti internazionali e stimolata dal vescovo mons. Grandoni, aveva intrapreso un’opera di aiuto alla Chiesa albanese. Il primo villaggio a essere aiutato fu Kalmetj, molto povero, non molto distante dal mare; lì avvenne la conoscenza con le suore tedesche suor Gratias e suor Bernardette e il desiderio di collaborare per il servizio alla Chiesa e ai poveri.

Così mons. Ilia ci inviò a Fushë Arrëz, una cittadina nel nord Albania per poter riorganizzare la Chiesa, difficile da raggiungere e priva di qualsiasi struttura. Una missione che all’inizio sembrava impossibile, ma ciò che appare impossibile agli uomini è possibile a Dio.

Così nell’aprile di 20 anni fa iniziò questa avventura. I primi che accompagnarono le suore e organizzarono l’apertura del cantiere furono don Carlo Franzoni e don Claudio Calzoli, e a questo inizio seguì una grande mobilitazione di sacerdoti e di laici della nostra diocesi.

Naturalmente gli albanesi furono ben contenti di avere una presenza della Chiesa, anche perché almeno nominalmente la quasi totalità era cattolica. Quegli anni furono un’esperienza entusiasmante per tutti, preti e laici che, nonostante le difficoltà, anche per raggiungere il luogo, non hanno mai fatto mancare la loro presenza.

Nel 1995, durante l’estate, anche il vescovo mons. Grandoni si recò nella missione, che aveva voluto far dedicare a san Giuseppe, e nel mese di agosto del 1995 celebrò all’aperto una grande veglia dove amministrò battesimi e cresime: fu la “Pasqua” di Fushë Arrëz, la rinascita della Chiesa di Cristo. Oltre alle opere sociali si costruì la grande chiesa di San Giuseppe, punto di riferimento non solo per Fushë Arrëz ma per tutta una vasta zona costellata da numerosi villaggi.

La chiesa di San Giuseppe in Albania
La chiesa di San Giuseppe in Albania

Quest’anno, il 2 agosto, il nostro vescovo mons. Benedetto Tuzia, con don Marcello Cruciani, don Riccardo Ceccobelli, alcuni volontari della prima ora tra cui Bruno Valentini di San Venanzo, papà di don Francesco, Giuseppe Gervasi di Pozzo e altri che hanno lavorato molto in questa missione, sono ritornati a Fushë Arrëz.

Inoltre ci sono un gruppo di giovani con Sajmir, un ragazzo albanese di Fushë Arrëz che da molti anni vive a Todi, ed è un giovane cattolico molto impegnato. Molti gli appuntamenti importanti da vivere insieme con la comunità locale, tra cui il Grest per i ragazzi albanesi. Si andrà nei numerosi villaggi che fanno parte della giurisdizione della parrocchia di San Giuseppe.

Ricordi del passato ma anche presenza viva oggi, per una Chiesa, quella albanese, composta da tanti bambini e giovani. Saranno ricordati i martiri di questa Chiesa, con la visita ad alcuni luoghi dove hanno sofferto per la fede. La settimana si snoderà tra questi momenti d’impegno, di preghiera e di gioia con la consapevolezza che, nonostante le prove e le difficoltà, il Signore non abbandona li suo popolo. “Un’iniezione di speranza – mi diceva alla partenza don Marcello Cruciani – anche per noi che qualche volta siamo tanto scoraggiati dalle nostre situazioni ecclesiali e sociali”.

 

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Nuovo ecumenismo https://www.lavoce.it/nuovo-ecumenismo/ Thu, 23 Jul 2015 11:14:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39938 mondovi
Un matrimonio interconfessionale a Mondovì con il pastore e il prete

Si parla fin troppo spesso di “nuova evangelizzazione”, ma finora è rimasto nell’ombra un aspetto concomitante: il nuovo ecumenismo. “In cammino verso un nuovo ecumenismo” è proprio il titolo della 52a Sessione di formazione organizzata dal Sae (Segretariato attività ecumeniche) che si terrà alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli dal 26 luglio al 1° agosto.

“Nuovo” in che senso? “Anzitutto – risponde la presidente del Sae, Marianita Montresor – nel senso del rinnovamento nella potenza dello Spirito santo, che sa sempre trovare le vie più adeguate. Poi, perché tra i cristiani sta maturando una nuova consapevolezza ecumenica di fronte alle sfide da affrontare insieme. Si pensi al tema dell’ospitalità eucaristica [la Comunione data a fedeli di Chiese diverse dalla propria [ndr], che riguarda spesso gli immigrati, ma non solo loro, e con situazioni spesso inedite”.

E ancora: “Ecumenismo nuovo nel saper andare in profondità. Spesso si fa ancora fatica a condividere i doni dello Spirito. Nel caso del Sae, poi, fin dalla fondazione, il discorso del dialogo tra cristiani di diverse confessioni include anche i rapporti con il popolo ebraico. Oggi anche questo aspetto deve essere declinato in modo nuovo, più vincolante. Gesù era ebreo, e resterà ebreo per sempre”.

“Dove sta andando l’ecumenismo?” sarà, non a caso, il titolo del primo incontro di lavoro del Sae ad Assisi. Tra i relatori che si susseguiranno durante la settimana fa capolino qualche presenza ben nota ai lettori: mons. Benedetto Tuzia, che celebrerà la messa martedì 28; Annarita Caponera, presidente del Consiglio delle Chiese di Perugia. Numerosi gli esperti che converranno nella città serafica da tutta Italia, come il saggista Brunetto Salvarani, il teologo cattolico Piero Stefani, il teologo valdese Paolo Ricca. Ampia e qualficata la presenza di esponenti delle Chiese ortodosse e protestanti.

La Sessione comprende anche laboratori e gruppi di studio. Questi ultimi si concentreranno su quattro argomenti, ossia “La ricezione dell’ecumenismo: luci e ombre”, “A 50 anni dalla Nostra aetate: quale dialogo tra ebrei e cristiani?”, “L’ecumenismo oggi: prospettive per il dibattito teologico” e “I matrimoni misti come luogo di ospitalità e di identità”. Per ulteriori informazioni si può consultare il sito www.saenoti- zie.it.

Un traguardo di medio termine – conclude Montresor – sarà il quinto centenario della Riforma luterana nel 2017, per il quale il Sae “auspica una celebrazione comune. In fondo, quello per una perenne riforma è un impegno che tocca tutte le Chiese”.

 

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Incontro testimonianza sui cristiani in Siria https://www.lavoce.it/incontro-testimonianza-sui-cristiani-in-siria/ Wed, 15 Jul 2015 14:08:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39071 Un momento dell’incontro “Cristianesimo in Siria: da Paolo e Barnaba alle persecuzioni di oggi”
Un momento dell’incontro “Cristianesimo in Siria: da Paolo e Barnaba alle persecuzioni di oggi”

L’incontro “Cristianesimo in Siria: da Paolo e Barnaba alle persecuzioni di oggi”, tenutosi a Todi l’11 luglio, nasce da un’idea di Marcello Rinaldi, direttore della Caritas diocesana, per gettare luce sulla drammatica situazione dei cristiani in quell’area del Medio Oriente.

Per due ore e mezzo la sala del Trono del palazzo vescovile di Todi si è trasformata in uno spazio di riflessione e di condivisione di testimonianze e reportage, che hanno visto protagonisti Ayman Haddad, ingegnere e docente di Lingua e cultura araba, e Gian Micalessin, giornalista e reporter di guerra.

La tavola rotonda si è aperta con le parole del vescovo mons. Benedetto Tuzia, che ha ricordato l’importanza del “polmone” siriaco della Chiesa, oltre a quello latino e bizantino.

A seguire, don Marcello Cruciani, parroco del Ss. Crocifisso, ha presentato un quadro, tanto interessante quanto ai più sconosciuto, sulla cristianizzazione dell’Umbria da parte dei monaci siriaci nei primi secoli della diffusione del cristianesimo.

L’atmosfera si è caricata di pathos e commozione durante la vibrante testimonianza dell’ing. Haddad. La sua recente esperienza in Siria, centro del suo intervento, ha permesso di comprendere aspetti toccanti della vita dei siriani e in particolare della comunità cristiana, di cui fanno parte i suoi parenti e amici.

In uno scenario di devastazione, in una Damasco martoriata e soffocata dai check-point, i cristiani non tradiscono il loro messaggio di fede e fanno della speranza il loro baluardo quotidiano. Il loro attaccamento ai riti e alle tradizioni li rende paladini di Cristo nelle avversità.

La solidarietà è la cifra del vivere cristiano; la forza della comunità è proprio la comunione di spirito nel dolore, dal momento che a Damasco ogni famiglia cristiana conta almeno un lutto. Sono i quartieri cristiani, infatti, a essere presi di mira dai mortai dei jihadisti. I cristiani di Siria sono i martiri di oggi, che scelgono di non rinnegare il nome di Cristo di fronte alla minaccia di morte.

Essere “martire” significa, in greco, essere “testimone”: questo spinge la maggior parte di loro a non andarsene e a mantenere salde le radici di un ulivo, quello del cristianesimo, che non può essere sradicato ma che può solo portare i suoi frutti altrove.

Poi l’illustrazione del conflitto in tutta la sua storicità da parte di Gian Micalessin che, attraverso i suoi reportage dal sapore unico, ha delineato un vivido quadro della situazione geopolitica del conflitto siriano a partire dai suoi albori. L’esperienza diretta di chi dall’esterno è andato alla ricerca della verità, di chi ha ascoltato testimoni e ha riconosciuto nei loro occhi gli occhi della guerra, ha reso estremamente sentita la partecipazione dei presenti.

La rischiosissima visita a Maaloula, città martire cristiana in cui si parla ancora oggi l’aramaico, e le impressionanti riprese, scandite dal sibilo dei proiettili dei cecchini, in una Aleppo devastata dai colpi di mortaio dei jihadisti, hanno mostrato con la drammaticità e la potenza dell’immagine ciò che significa vivere oggi in Siria.

Le parole del vicario apostolico di Aleppo mons. George Abu Khazen sono un monito a tutti i cristiani d’Occidente: “Guai a un Medio Oriente senza cristiani!”. Ciò rappresenterebbe un’inestimabile perdita per l’Europa e per il mondo. Un rischio che dovrebbe scuotere dall’indifferenza l’Occidente, così attento alla storia, e allo stesso tempo potenziale vittima del miopismo e della superficialità.

A tale incontro, che ha messo in risalto l’inevitabile comunanza di destino che lega i popoli del mondo, non poteva non seguire una serata all’insegna della valorizzazione dello scambio tra culture. Il tema “Una sola famiglia umana – Incontro tra i popoli” ha infatti animato la cena multiculturale organizzata presso l’istituto Crispolti dalla Caritas diocesana e dall’associazione Matavitau in occasione della campagna mondiale inaugurata da Papa Francesco “Cibo per tutti”. Evento dal clima festoso, ha fornito a tutti i partecipanti la prova che la conoscenza delle altre culture passa anche dall’alimentazione, necessità comune a tutti gli uomini.

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Tarquinio ai delegati umbri a Firenze: le tre “i” che minacciano l’uomo e la società https://www.lavoce.it/tarquinio-ai-delegati-umbri-a-firenze-le-tre-i-che-minacciano-luomo-e-la-societa/ Fri, 03 Jul 2015 11:10:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=37329 collevalenza-incontro-cancianIl santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza di Todi ha ospitato l’ultimo incontro preparatorio dei delegati delle otto Diocesi umbre al Convegno ecclesiale nazionale “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, in programma a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.

Ad aprire l’incontro, presieduto da mons. Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello e delegato della Conferenza episcopale umbra (Ceu) al Convegno di Firenze, è stato padre Giulio Michelini membro del Comitato preparatorio del Convegno stesso, che ha illustrato i vari ambiti di lavoro ai quali saranno chiamati a dare anche il loro contributo i rappresentanti delle Diocesi umbre.

Al Convegno hanno partecipato anche i vescovi di Orvieto-Todi, mons. Benedetto Tuzia, e di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli.

Mons. Cancian ha aggiornato i presenti sul Convegno, che vedrà una giornata, il 10 novembre, segnata dalla presenza di papa Francesco che al mattino incontrerà i delegati e nel pomeriggio celebrerà la Messa. Nei giorni successivi i delegati lavoreranno in piccoli gruppi sui temi che verranno introdotti dal teologo Giuseppe Lorizio e dal sociologo Mauro Magatti.

Tutti, ha aggiunto padre Michelini, potranno partecipare al convegno, anche se non delegati, grazie alla trasmissione in streaming e alla partecipazione attraverso i social network come Twitter e Facebook.

Momento centrale dell’incontro dei delegati umbri a Collevalenza è stato l’intervento di Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire che segue con particolare attenzione la preparazione al Convegno di Firenze e il dibattito sul “nuovo umanesimo”.

Dall’osservatorio priviligiato del quotidiano cattolico nazionale Tarquinio ha raccolto, e proposto ai presenti, i problemi che caratterizzano il dibattito attuale e che chiama in causa l’idea di uomo e di umanità da cui si parte, non senza prima aver sottolineato che “l’Italia sarebbe infinitamente più povera senza i cristiani” e il loro impegno su tutti i fronti.

Ma dove sta andando la nostra società? Per Tarquinio ci sono “tre grandi ‘i’ che ci minacciano” e sono le  “i” di “isolamento, insterilimento e incattivimento”.

L’isolamento, invocato da molti quando si parla di immigrazione, accoglienza, guerra, terrorismo, di fronte ai quali si crede che la soluzione sia innalzare muri tra le persone e i paesi. Ma i cristiani, ha sostenuto Tarquinio, “sono portatori di valori che costituiscono quell’alfabeto dell’uomo che consente di dialogare con tutti”.

Un isolamento che diventa sterilità di società nelle quali “siamo stati capaci di rendere sconveniente la famiglia, e non solo economicamente” e dove si assiste “all’insterilimento delle nostre capacità di essere innanzitutto uomini solidali e fraterni, capaci di avere uno sguardo compassionevole, che non significa giustificare tutto, ma portare le proprie ragioni e testimonianza”.

Ma oggi assistiamo anche all’incattivirsi delle relazioni, sociali e personali: dall’anticlericalismo alle polemiche su tutto. “Sarà per questo incattivimento, per la rottura del patto uomo donna – si è chiesto Tarquinio – che il nostro mondo non riesce a vedere le donne ridotte al oggetto con la pratica dell’utero in affitto?”.

E infine, sollecitato dal vescovo Cancian, il direttore di Avvenire, nato e cresciuto ad Assisi lasciata per seguire la professione che aveva scelto muovendo i primi passi proprio nel settimanale La Voce, ha dato alcune sottolineature sull’Umbria, “una delle regioni più vecchie demograficamente e per questo deve ricominciare a credere nella vita che è fonte di grande ricchezza”, e in riferimento al tema della legalità ha invitato “la comunità cristiana a dare testimonianza nel rispetto di tutte le regole che sono la misura della nostra socialità”

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Guidati da mappe spirituali https://www.lavoce.it/guidati-da-mappe-spirituali/ Wed, 24 Jun 2015 12:30:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36474 corso-beni-culturali
Mons. Tuzia in un momento di confronto con uno dei relatori intervenuti al corso

La decima edizione del corso per la formazione di volontari nella valorizzazione dei Beni culturali ecclesiastici della diocesi Orvieto-Todi, “Le vie di pellegrinaggio nella diocesi di Orvieto-Todi”, si è concluso con successo e soddisfazione da parte degli organizzatori.

Il corso è stato voluto dall’associazione “Pietre vive”, una realtà, senza scopo di lucro, attiva sul territorio diocesano che, grazie al contributo annuale della Cei, ha potuto promuovere nei dieci anni di attività importanti seminari di studio.

È stato favorito l’approfondimento di aspetti sia artistici che pastorali con un costante impegno volto a tutelare, promuovere, sostenere e accrescere la consapevolezza del bene culturale attraverso innovative forme di fruizione.

Per l’edizione 2015 è stato scelto un tema ampio e variegato, “Le vie di pellegrinaggio nella diocesi Orvieto-Todi”, quale giusto proseguimento dei due anni giubilari che hanno interessato la diocesi.

Approfondire il tema del pellegrinaggio ha permesso di conoscere la vita e la storia di tutti i gruppi – romei, giacobei, francescani, micaelici – che hanno disegnato quella che si può definire una “mappa spirituale” dei luoghi principali e secondari legati al culto dei testimoni di Dio.

Le vie percorse dai pellegrini fin dal Medioevo, da Santiago alla via Francigena, hanno avuto una forte caratterizzazione religiosa, storica ed artistica. Il pellegrinaggio, che nei secoli ha subìto varie modifiche, oggi va inteso come uno strumento di evangelizzazione in grado di dare risposte al senso della vita cristiana.

Come ha affermato mons. Tuzia a chiusura dei lavori, il pellegrinaggio può essere inteso come un esodo spaziale e temporale alla ricerca del volto di Dio. Vuole essere una forma di rieducazione alla fede, all’essenzialità nel rapporto con Dio.

Esperti relatori hanno “raccontato” ai circa 20 partecipanti, studenti, studiosi, ricercatori o semplicemente appassionati di arte e di religione provenienti dalla nostra diocesi, un excursus nel tempo e nello spazio circa le vie di pellegrinaggio, trattato sapientemente nel corso degli otto incontri formativi. Gli iscritti inoltre hanno potuto partecipare all’uscita didattica che prevedeva la visita all’oratorio di San Giovanni Decollato a Roma.

La consegna degli attestati, alla presenza del Vescovo, si terrà nelle prossime settimane al termine di una conferenza stampa in cui sarà presentato il piano di attività dell’associazione “Pietre vive”.

 

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Umanesimo nuovo se parte dai poveri https://www.lavoce.it/umanesimo-nuovo-se-parte-dai-poveri/ Thu, 18 Jun 2015 09:03:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36173 Un momento della giornata regionale di santificazione sacerdotale
Un momento della giornata regionale di santificazione sacerdotale

Giovedì 11 giugno, la Giornata regionale di santificazione sacerdotale, presenti arcivescovi e vescovi dell’Umbria e circa 200 presbiteri, si è aperta a Collevalenza presso la struttura di accoglienza del santuario dell’Amore Misericordioso con la recita dell’ora media guidata da mons. Benedetto Tuzia, vescovo di Orvieto-Todi.

Subito dopo, il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas italiana, ha introdotto il tema dell’incontro, “A scuola dei poveri: quale Chiesa?”, osservando che avrebbe guardato al Convegno di Firenze e al nuovo umanesimo da una prospettiva particolare.

“Infatti – ha detto – “interpreto (è solo il mio punto di vista) il termine ‘nuovo’ puntando l’obiettivo sulla dignità e grandezza che è propria di ogni uomo, e perciò anche sulla ‘carne dei poveri’.

Ci sarà un nuovo umanesimo quando finalmente il povero troverà posto alla mensa dei popoli, e anche e soprattutto a quella preparata dal Signore, che non disdegna far entrare nella Sua casa quanti sono per strada e non calcolati da nessuno. Fino a quando questo non avverrà, ho difficoltà a pensare che sarà possibile un nuovo umanesimo.

Rafforzo questa mia idea contemplando l’immagine del Crocifisso, Amore misericordioso che risorge portando addosso i segni della sofferenza. Possiamo parlare di nuovo umanesimo, perciò, se terremo conto e accetteremo tra noi quanti nella società e anche nella Chiesa sono esclusi, mentre sono il seme del nuovo, il perno e la chiave per imboccare la strada di un mondo diverso e più umano.

Questo avverrà – ha sostenuto il card. Montenegro – nella misura in cui anche l’ultimo della fila verrà preso in considerazione e si vedrà riconosciuta la sua dignità di uomo. Parlerò perciò in modo particolare di poveri e di quale Chiesa vogliamo essere, se vogliamo partecipare a realizzare il progetto della costruzione di cieli nuovi e terra nuova”.

Il Cardinale, dopo aver ripreso affermazioni di mons. Romero e di padre Zanotelli, ha richiamato l’inizio della Gaudium et spes , che non solo sintetizza una delle principali acquisizioni del Concilio Vaticano II in merito alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, ma permette di comprendere anche il senso del cammino delle Chiese italiane negli ultimi cinquant’anni e, nello specifico, il senso del “convenire” a Firenze tra qualche mese.

La Chiesa, infatti, con il Concilio insegna che la fedeltà a Dio si misura con la fedeltà all’uomo: fedeltà fatta di ascolto, dialogo e comprensione, e che deve diventare attenzione, preoccupazione e cura. La Chiesa sa pure che non può presentarsi come via per l’uomo se prima e contemporaneamente non assume l’uomo come via per se stessa.

“Il nuovo umanesimo in Gesù Cristo – ha detto il porporato – si configura come un umanesimo incarnato, che non può non andare nelle periferie più lontane dell’esistenza per portare la speranza cristiana là dove non c’è più motivo per sperare. Un umanesimo perciò che si mette in ascolto concreto, plurale e integrale, d’interiorità e trascendenza”.

Dalla riflessione proposta dal card. Montenegro è emersa una Chiesa consapevole di essere al servizio del mondo, come insiste Papa Francesco, che fa dell’amore per l’uomo il suo credo. Chiesa dell’incontro, del dialogo, dalle “porte aperte”, che sta per strada “con dolce e confortante gioia”, che parla con “audacia… anche controcorrente” e che scandalizza con i gesti dell’amore.

“Lungo la strada è cominciata la Chiesa – ha ricordato il Cardinale citando don Mazzolari -, lungo le strade del mondo la Chiesa continua. Non occorre, per entrarvi, né battere alla porta né fare anticamera. Camminate e la troverete. Camminate e vi sarà accanto, camminate e sarete nella Chiesa”.

 

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La grazia arriva all’ora giusta https://www.lavoce.it/la-grazia-arriva-allora-giusta/ Wed, 17 Jun 2015 12:23:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36097 Luca Castrica
Luca Castrica

L’ordinazione di un sacerdote è un dono di Dio, un segno del Suo amore fedele e provvidente per la nostra Chiesa di Orvieto-Todi. Luca Castrica, 34 anni, domenica 28 giugno alle ore 17 nella cattedrale di Orvieto, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di mons. Benedetto Tuzia, sarà ordinato sacerdote. Lo abbiamo intervistato.

Quanto ti sei accorto che Dio parlava al tuo cuore e ti chiamava a distaccarti da tutto per servirlo?

“All’età di 18 anni ho iniziato a percepire i germi della chiamata, ma il mio padre spirituale, mons. Domenico Cancian, mi suggerì, saggiamente, di attendere la conclusione degli studi universitari, poiché umanamente non ero ancora pronto per una scelta di questo tipo. L’attesa avrebbe invece purificato le mie intenzioni e mi avrebbe garantito una maggiore libertà interiore.

Terminato il quinquennio istituzionale, però, la serenità tanto attesa non arrivò. Pertanto dovetti prendere altro tempo per fare chiarezza. Non tutti compresero la mia scelta, ma a posteriori non mi pento di quello che ho fatto. Solamente a 28 anni ho sperimentato la libertà, la consapevolezza e la responsabilità sufficienti per entrare in seminario. Evidentemente il Signore non mi ha fatto mancare la grazia per scegliere al momento opportuno”.

Cosa hanno detto i tuoi genitori quando hai comunicato la tua intenzione di diventare sacerdote?

“Hanno preso atto della mia decisione con grande rispetto, nonostante l’inevitabile sorpresa. Nel tempo li ho visti sempre più felici di questa scelta, perché hanno verificato che era Dio l’artefice di tutto. Sono profondamente grato alla mia famiglia per l’educazione che mi ha trasmesso e, soprattutto, per la testimonianza di fede con la quale mi ha educato fin da bambino. Credo di avere dei santi genitori”.

E gli amici sono stati contenti, increduli, o pronti a deriderti?

“Anche in loro ho percepito un grande rispetto. La maggioranza dei miei amici condivide la mia stessa fede e ha accolto con gioia la mia decisione. Coloro i quali erano a conoscenza delle difficoltà che ho incontrato prima della scelta si sono mostrati giustamente cauti, ma, allo stesso tempo, mi hanno sostenuto con tanto affetto. Nei loro confronti provo pertanto un enorme senso di gratitudine”.

Che ricordo hai degli anni trascorsi in seminario?

“Il seminario è un passaggio assolutamente necessario. Lo paragonerei a una porta stretta attraverso la quale è opportuno passare, se si vuole diventare santi sacerdoti. Ha ragione chi lo definisce come un tempo e un luogo di ‘destrutturazione’. Si entra convinti che la propria esperienza di Chiesa sia la migliore possibile, per poi accorgersi che ce ne sono tante altre altrettanto belle. Lo stesso vale per le persone. Quanta santità è possibile scorgere all’interno di queste mura!

L’aspetto che più mi manca è in assoluto la qualità delle relazioni. Non è possibile andare in profondità con tutti; ciò nonostante, il Signore mi ha messo vicino fratelli con i quali ho potuto condividere la bellezza della fede e sperimentare un accrescimento vicendevole. Sono pronto a scommettere su queste amicizie spirituali anche per l’avvenire”.

Che ti senti di dire ai giovani amici che, oggi, ti guardano?

“Vorrei solo chiarire che non sono migliore di loro. Non sono un ‘superuomo’ e non voglio essere lodato. Ricorderei loro, solamente, che il segreto per vivere in pienezza è fare la volontà di Dio. Si tratta di un ideale alto, ma assolutamente alla portata di tutti. Non potrebbe essere altrimenti!”.

 

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Gesù per le nostre strade https://www.lavoce.it/gesu-per-le-nostre-strade/ Wed, 10 Jun 2015 12:57:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=35177 La processione del Corpus Domini a Orvieto
La processione del Corpus Domini a Orvieto

“Dio non lascia solo nessuno, non lo lascia cadere. È con il Suo popolo, sempre disposto a perdonare. L’eucaristia è il sacramento dell’immensa misericordia di Dio che non finisce mai, ma ci accompagna nel cammino della vita. Mangiando la carne di Cristo e bevendo il suo sangue, diveniamo a poco a poco trasformati”.

Queste le parole del card. Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, a Orvieto domenica 7 giugno per presiedere la celebrazione eucaristica e la solenne processione del Corpus Domini accanto al nostro vescovo mons. Benedetto Tuzia.

“L’Eucaristia – ha detto il Cardinale in duomo – è il sacramento della conoscenza di un Amore che chiede di essere ricambiato con l’amore, con gratitudine e riconoscenza.

Dio condivide con noi, e noi siamo chiamati a condividere nella comunità della famiglia. Oggi porteremo il Sacramento in processione in questa antica e bellissima città, come segno che Gesù vuole essere presente nelle nostre case e nelle nostre famiglie: nessuno è escluso dal suo amore.

Non possiamo condividere il pane eucaristico senza condividere anche il pane quotidiano, con i nostri gesti. Per il bene degli altri. Con noi celebra tutto il mondo, l’intera Chiesa”.

In marcia, sotto il sole di giugno per rendere onore al Corporale, sono tornate a sfilare anche le principali autorità civili e militari, le tante rappresentanze dell’associazionismo e del volontariato cittadino e poi la confraternita del Ss. Sacramento, i custodi della santa Pietra di Bolsena, la confraternita di S. Ansano, la fraternità di S. Pancrazio, la delegazione della staffetta Praga-Bolsena-Orvieto. E ancora: i Cavalieri di S. Ermete, la confraternita di S. Rocco, le confraternite della Misericordia della diocesi, laici, gruppi di preghiera, suore, presbiterio diocesano ed estero.

Il corteo storico, creato da Lea Pacini, che dal 1951 impreziosisce la giornata del Corpus Domini, ha visto quest’anno alcune piccole ma importanti novità nell’articolazione della parata tri-partita tra Corteo del podestà, Corteo del capitano del popolo e Corteo della città.

A determinare l’ordine di uscita delle rappresentanze dei quartieri è stato quello di arrivo della staffetta (corsa nell’anno del 50°, eccezionalmente, nel pomeriggio della vigilia) ovvero: Olmo, Corsica, Serancia e Santa Maria della Stella. Per il secondo anno, in piazza della Repubblica è stato proposto l’omaggio del capitano del popolo al podestà, con le bandiere delle terre “assoggettate” schierate sul balcone del municipio, con un suggestivo colpo d’occhio.

Non ha tradito l’attesa nemmeno la sfilata della sesta quadriglia dalle Picche ferrate (con costumi che non uscivano dagli anni ’80, opportunamente rimessi in sesto con nuove borchie) e l’ottavo cavaliere Monaldeschi della Vipera, con un mantello mai uscito. E poi l’ app realizzata per l’occasione da Vetrya con l’innovativa funzione radar in grado di riconoscere in tempo reale la posizione e la storia dei principali personaggi attraverso la “tecnologia di prossimità”.

Messa del 4 giugno

Il 4 giugno in cattedrale a Orvieto si è svolta la celebrazione del Corpus Domini nella versione più “familiare”, nel senso che vi hanno partecipato solamente i fedeli della Chiesa locale. La messa presieduta dal vescovo Tuzia è stata molto coinvolgente e partecipata. Il rito si è stato solenne e nello stesso tempo semplice, con servizio svolto da giovani ministranti ben preparati.

Al temine dell’omelia il Vescovo ha istituito nel ministero dell’accolitato il seminarista Eugenio Campini, ulteriore tappa che lo conduce verso il sacerdozio. Numerosi erano i bambini della prima comunione e i ragazzi e della cresima, con la presenza gioiosa dei fanciulli che frequentano la scuola materna “Maria Bambina”.

La processione è uscita dal duomo accompagnata dalle note della banda musicale cittadina e ha percorso alcune vie adiacenti la cattedrale, facendo sosta nella chiesa del monastero delle Clarisse di san Bernardino. Alcuni ragazzi, portando bandierine di diverso colore, hanno aiutato la processione a non spezzettarsi.

 

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In cammino, docili all’azione dello Spirito https://www.lavoce.it/in-cammino-docili-allazione-dello-spirito/ Thu, 28 May 2015 08:16:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34311 Veglia di Pentecoste nel duomo di Orvieto (foto di Maria Assunta Pioli)
Veglia di Pentecoste nel duomo di Orvieto (foto di Maria Assunta Pioli)

La solennità della Pentecoste 2015, nonostante le perturbazioni atmosferiche, è stata vissuta molto intensamente. In ogni Vicaria della diocesi è stata celebrata la Veglia e in alcune parrocchie la festa della cresima.

A Orvieto, centro della Vicaria di San Giuseppe, le celebrazioni hanno avuto luogo nella cattedrale.

La Veglia presieduta dal vescovo Benedetto Tuzia, concelebrata dai sacerdoti della Vicaria e animata dal coro di voci e chitarre, composto dai ragazzi appartenenti ai diversi movimenti e associazioni ecclesiali presenti nella Vicaria, ha segnato l’avvio dei festeggiamenti. La celebrazione ha avuto inizio dal fonte battesimale dove il Vescovo ha asperso i presenti con l’acqua del battesimo. La liturgia della Parola ha preceduto, poi, l’intronizzazione dell’icona della Pentecoste, presente in ogni Vicaria, accompagnata da sette lampade, una per ogni dono dello Spirito santo.

Veglia di Pentecoste a Casteltodino
Veglia di Pentecoste a Casteltodino

Mons. Tuzia, durante l’omelia, ha detto che tutti noi siamo chiamati a essere “docili all’azione dello Spirito”, e a lasciarcene plasmare per essere veri testimoni; ad “alzarci e metterci in cammino”. “Alzati e mettiti in cammino” è proprio il titolo del documento – frutto della sintesi dell’Assemblea diocesana svoltasi a Collevalenza lo scorso 21 settembre – consegnato, in occasione delle Veglie, dal Vescovo e dai Vicari foranei ai laici, quale proposta per crescere nella fede e nel servizio ai fratelli, per dare azione concreta alle parole con cui Papa Francesco ci esorta a essere una Chiesa in uscita, testimoni di fede nella vita di tutti i giorni, arrivando con coraggio anche laddove ci sembra impossibile.

Al termine, dal Cero pasquale, tramite il Vescovo e i sacerdoti, la luce di Cristo è stata propagata a tutta l’assemblea. Ogni fedele presente è stato invitato a portarla per le strade della propria vita, perché in Cristo dobbiamo camminare in novità di vita: la vita buona del Vangelo.

Essere testimoni è anche il compito affidato ai 27 ragazzi delle parrocchie della città di Orvieto, che l’indomani, domenica 24 maggio, hanno ricevuto il sacramento della confermazione. Mons. Vescovo si è complimentato con loro per l’attenzione e la partecipazione durante la celebrazione e per il forte “eccomi” pronunciato nella risposta alla chiamata a essere confermati fratelli in Cristo. Visibile l’emozione dei genitori e delle catechiste che li hanno accompagnati in questo percorso. Il coraggio della fede, spesso, è proprio quello di “metterci la faccia” e, attraverso i doni dello Spirito, agire in prima persona nella preghiera, nella riflessione, nell’ascolto e nell’azione umana in favore dei più deboli.

La discesa della “palombella” ha suggellato la conclusione delle celebrazioni. La piccola colomba bianca dalla chiesa di San Francesco è discesa verso il Cenacolo posto sul sagrato della cattedrale, di fronte agli occhi di migliaia di persone presenti in piazza, ed è stata donata a Michele e Silvia , due giovani orvietani che il 30 maggio convoleranno a nozze e proprio per quel giorno hanno deciso di liberarla in volo.

 

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Da 20 anni a Fushë Arrëz https://www.lavoce.it/da-20-anni-a-fushe-arrez/ Wed, 20 May 2015 13:19:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=33756 Mons. Tuzia durante la visita ai bambini nella missione di San Giuseppe di Fushë Arrëz
Mons. Tuzia durante la visita ai bambini nella missione di San Giuseppe di Fushë Arrëz

Vent’anni fa non era facile raggiungere Fushë Arrëz, prima di tutto a causa delle strade impraticabili e della mancanza di comunicazioni. L’arcivescovo di Scutari mons. Frano Jilia – un sacerdote condannato dal regime ad oltre 25 anni tra carcere e lavori forzati – spingeva perché tra queste montagne risorgesse la Chiesa.

Fushë Arrëz – una città costruita secondo i dettami del socialismo reale – con i numerosi villaggi intorno, aveva una popolazione almeno nominalmente in maggioranza cattolica.

Due suore tedesche, suor Gratias e suor Bernardette , accompagnate dai volontari provenienti dalla nostra diocesi e dalla Germania, accettarono la proposta del Vescovo e si stabilirono nella cittadina, prendendo in affitto alcune stanze di un decrepito albergo.

È iniziata così l’avventura della missione cattolica di Fushë Arrëz, per tanti anni punto di riferimento per volontari, sacerdoti e giovani della diocesi. I bisogni erano immensi, materiali e spirituali, ma, con l’entusiasmo che caratterizza gli inizi, le difficoltà non hanno spaventato le suore e neanche i volontari, nonostante le varie turbolenze sociali e politiche che hanno caratterizzato il periodo, non ultimo la guerra del Kosovo.

Per ricordare il ventennale, il nostro vescovo Benedetto Tuzia l’11 e il 12 maggio si è recato nella missione di San Giuseppe di Fushë Arrëz, incontrando il vescovo della diocesi di Sape alla cui giurisdizione appartiene la parrocchia. Ha visitato le opere caritative e pastorali che animano le suore, con il parroco della comunità, padre Andreas. La comunità, oltre Fushë Arrëz, comprende 17 villaggi circostanti, in un territorio vasto e impervio.

L’Albania ha fatto notevoli progressi, ma la miseria e la povertà sono ancora molto diffuse, peggiorate dalla grave crisi che sta attraversando l’economia europea, soprattutto quella della Grecia e del nostro Paese, punto di riferimento per l’emigrazione.

Mons. Tuzia ha visitato la bella chiesa di San Giuseppe, fulcro per tutto un vasto territorio. L’edificio fu voluto da mons. Decio Lucio Grandoni, vescovo di Orvieto-Todi dal 1974 al 2003, il quale tante volte si è recato in questo luogo, soprattutto d’estate, quando al termine di una missione di evangelizzazione venivano amministrati i battesimi e le cresime ai catecumeni preparati durante l’anno.

Mons. Tuzia ha costatato la grande opera di evangelizzazione e di promozione umana che le suore hanno svolto e svolgono: con la loro fede e la perseveranza hanno fatto rinascere Cristo in un popolo che ha tanto sofferto, curando in modo particolare i bambini e la famiglia, vera ricchezza e forza del popolo albanese.

 

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I Vescovi umbri in pellegrinaggio dalla Sindone https://www.lavoce.it/i-vescovi-umbri-in-pellegrinaggio-dalla-sindone/ Fri, 08 May 2015 10:21:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32938 I Vescovi umbri durante la celebrazione alla Sacra di San Michele
I Vescovi umbri durante la celebrazione alla Sacra di San Michele

Il pellegrinaggio dei Vescovi umbri a Torino (5-6 maggio) per l’ostensione della Sindone ha avuto un preludio presso quella che è probabilmente la chiesa più suggestiva del Piemonte: la Sacra di San Michele, che domina la Val Susa dalla sua altitudine di 1.000 metri.

“Siamo – ha detto il card. Bassetti– in un’abbazia benedettina [ora affidata ai Rosminiani, ndr], e noi veniamo dalla terra umbra che ha dato i natali a san Benedetto da Norcia. Non ci stanchiamo di ringraziare il Signore per averci donato questo grande Santo dell’Occidente, il padre spirituale dell’Europa, che ha edificato tante abbazie in tutto il Continente”.

Nell’introdurre la celebrazione eucaristica, mons. Giuseppe Piemontese ha ricordato il legame della Sacra di San Michele con Monte Sant’Angelo, suo paese di origine, dove si trova la grotta dell’Apparizione dell’arcangelo avvenuta nell’anno 490 al vescovo di Siponto.

Da parte sua mons. Renato Boccardo, originario proprio della Val Susa, ha sottolineato l’importanza storico-artistica e religiosa che la Sacra possiede da più di dieci secoli, trovandosi esattamente a metà dell’antica “Via micaelica” che congiunge Mont-Saint-Michel in Francia a Monte Sant’Angelo sul Gargano.

Poi, il ‘faccia a faccia’ con l’Uomo della Sindone. Ad accogliere la Ceu a Torino c’era l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia. “È un segno molto bello – ha detto – per la nostra Chiesa piemontese questa vostra presenza alla vigilia del primo dei tre Laboratori in preparazione al V Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, che sarà ospitato a Perugia. Il tema che tratterà è molto interessante, è una riflessione di carattere storico-filosofico e socio-economico dell’umanesimo, integrata dall’aspetto del dialogo interreligioso, aperto anche ai non credenti”.

Colpisce – ha aggiunto – la partecipazione delle famiglie all’ostensione: “È davvero emozionante vedere tanti genitori con i bambini raccogliersi in preghiera davanti alla Sindone. Per aiutare a leggerla meglio, in una dimensione di silenzio, viene proposto ai fedeli la visione di un filmato sui segni della passione di Cristo. È un’esperienza molto forte e significativa, e la gente esce con le lacrime agli occhi”.

Com’è andato il pellegrinaggio? “È un’esperienza personale – commenta mons. Benedetto Tuzia – nella quale ognuno si avvicina con un mondo proprio, ma anche un’esperienza di Chiesa in comunione. Come il Corporale che custodiamo a Orvieto, così la Sindone rappresenta una memoria preziosa, un privilegio e uno stimolo in più nel consegnarla agli altri come segno di fede e dell’amore di Dio.

Nel contemplare questi segni la fede ne esce stimolata, arricchita, e se ne trae un ulteriore beneficio. Sono stati due giorni di contemplazione, nei quali il silenzio coglie un po’ tutto. Davanti alla Sindone è come se noi fossimo esposti a Lui, e Lui si espone a noi, in una reciprocità ricca di messaggi perché il silenzio lascia spazio al discorso interiore di ognuno.

Per noi è stato bello vederci come Chiesa. Chiese poste nella contemplazione e nella ricezione di un messaggio, quello di un Uomo che mostra la sofferenza, assai diffusa nel nostro mondo e che chiede di essere intercettata. Un simbolo che invita a trattenere lo sguardo sull’Uomo del dolore, per aprirsi al dolore umano che si fa presente in tanti aspetti, in tanti volti di uomini e di donne che ogni giorno incontriamo.

L’Uomo del dolore, che richiama quelli di questo mondo, si coniuga con un forte sentimento di amore, vissuto fino in fondo. In questo si fondono l’amore più grande e il dolore più grande, che diventa lo scrigno del grande amore di Dio per noi. La contemplazione del dolore ci porta ad approfondire il senso dell’amore di Dio per noi, quell’amore che ognuno è chiamato a sprigionare da sé.

La Sindone rappresenta il volto di un Uomo che si è consegnato pienamente alla volontà del Padre, e che a noi richiama l’atteggiamento di affidamento e di farci custodire dagli altri”.

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Il dono totale della vita https://www.lavoce.it/il-dono-totale-della-vita/ Thu, 30 Apr 2015 10:29:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32354 Un momento della festa a Bolsena (foto di Lamberto Manni)
Un momento della festa a Bolsena (foto di Lamberto Manni)

È stata una giornata importante quella del 25 aprile a Bolsena, in cui sono state celebrate, contemporaneamente – come già lo scorso anno a Orvieto in occasione del Giubileo straordinario – due feste diocesane: quella della famiglia e quella dei bambini che in questo anno riceveranno la prima comunione, organizzate dagli uffici di Pastorale familiare, giovanile e vocazionale, dall’Azione cattolica e con la presenza di tanti ragazzi della diocesi come volontari.

I bambini, circa 260, si sono incontrati alle ore 9.30 e, dopo l’iscrizione e la formazione delle squadre, sono stati subito coinvolti in canti e bans; poi hanno svolto delle attività, attraverso il gioco e piccole catechesi, riflettendo sui diversi significati della parola “eucarestia”, come sacrificio, dono e pane di vita eterna. Gli adulti invece, alle ore 11, hanno preso parte a un incontro con la giornalista e scrittrice originaria di Perugia, Costanza Miriano, autrice, tra gli altri, del famoso libro Sposati e sii sottomessa  che ha trattato il tema “La comunione nella famiglia, propedeutica alla comunione con Dio” (vedi sotto).

Dopo l’intervento della giornalista, una giovane coppia di Foligno ha offerto la propria testimonianza di sposi che, non avendo ancora avuto il dono dei figli, hanno deciso di rendersi disponibili per l’esperienza dell’affido. Dopo il pranzo, nella piazza antistante la basilica di S. Cristina o in riva al lago, per i grandi tempo libero e preparativi per la celebrazione eucaristica, mentre ai ragazzi è stata proposta una divertente caccia al tesoro, organizzata dai bravi e pazienti animatori. Alle 16.30, poi, per tutti, in basilica c’è stata la visita alla tomba di santa Cristina e all’altare del Miracolo e, a seguire, la messa presieduta dal vescovo Benedetto Tuzia, concelebrata da molti sacerdoti, animata e curata dai genitori, in cui sono stati eseguiti canti coinvolgenti dalla band della Pastorale giovanile e dagli stessi genitori. Mons. Tuzia, nell’omelia, con riferimento alle letture della domenica dedicate al Buon Pastore, ha detto che Gesù conosce tutto di noi, le cose belle e i problemi, e ci aiuta, sostiene e custodisce. Si è soffermato, poi, sull’immagine dei lupi che rappresentano i momenti difficili; Gesù, però, è sempre al nostro fianco, mette la sua vita al servizio della nostra. Ecco perché nell’eucaristia ci fa dono totale della sua vita. E così anche noi, nutrendoci di Lui, siamo in grado di mettere la nostra vita al servizio degli altri.

 

Costanza Miriano e la fatica di essere sposi cristiani 

Da sinistra: don Marcello Sargeni, Costanza Miriano e Benedetto Tuzia
Da sinistra: don Marcello Sargeni, Costanza Miriano e Benedetto Tuzia

Con grande attenzione gli adulti che gremivano il teatro San Francesco a Bolsena hanno ascoltato le parole di Costanza Miriano. Sposa da 17 anni e madre di quattro figli, la giornalista ha esordito dicendo che quasi sempre si parla della bellezza della famiglia, e invece ciò di cui dobbiamo parlare è la fatica degli sposi nel cammino di accoglienza reciproca. Fatica che vale la pena sostenere, perché “il matrimonio è la prima missione, e perché per uno sposo cristiano non c’è altro modo di amare Dio se non quello di amare la propria moglie o il proprio marito”.

Portando soprattutto la sua significativa testimonianza, si è soffermata sui principali fattori che determinano questa fatica, in primis la grande diversità tra uomo e donna. In riferimento alla donna ha parlato di genio femminile, di “voragine” che Dio le ha dato per accogliere (pensiamo ai figli), del suo conservare l’intuizione per aiutare la vita quando è più debole, del suo fare da specchio, far alzare lo sguardo all’uomo, chiamarlo alla spiritualità. Un talento, insomma, che però vive sempre – a causa del peccato originale – sul filo del rischio di essere manipolatore delle persone, per il loro bene o per ciò che si crede il loro bene, perché si vorrebbe cambiarle, migliorarle. L’uomo, dal suo canto, è più aderente alla realtà, meno empatico, si lascia commuovere di meno perché più capace di guardare la realtà oggettiva ed è più capace di dire no. Aspetti molto importanti, ad esempio, nell’educazione dei figli, ma che includono per lui il rischio di “non morire totalmente, di tenere un po’ di vita per sé”. Modi diversi, insomma, di vedere e affrontare le cose. C’è un problema? L’uomo cerca la soluzione, la donna si lamenta! E linguaggi diversi: quello dell’uomo molto aderente alla realtà, quello della donna che rimanda sempre a qualcos’altro e nel quale contano non solo le parole ma anche i pensieri, le allusioni, gli sguardi.

Da tutto ciò l’esortazione all’ascolto, alla capacità di dedicarsi tempo, momenti di qualità e attenzioni reciproche, per crescere nell’accoglienza, nella complementarietà, nell’amore che non manipola e che è pronto a donare la vita, nella consapevolezza che – come sottolineato dalla Miriano come aspetto fondamentale – sulla terra “il desiderio di essere illimitatamente amati si scontra con le nostre limitatezze. L’unico matrimonio che abbia la speranza di dire ‘per sempre’ è quello cristiano, ove c’è Cristo, l’Unico capace di rispondere a tutte le nostre attese”.

 

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Parrocchie in stile sinodale https://www.lavoce.it/parrocchie-in-stile-sinodale/ Fri, 27 Mar 2015 13:05:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31089 san-terenziano-tuziaIl 22 marzo mons. Tuzia ha incontrato a Collepepe i Consigli parrocchiali delle Unità pastorali (Up) della Vicaria di San Terenziano. La Vicaria – ridefinita nel settembre 2014 a seguito di un riassetto dell’intera diocesi – conta circa 14 mila abitanti ed è suddivisa in tre Up comprendenti 17 parrocchie. Il Vescovo nel suo intervento ha insistito sulle parole di Papa Francesco che nella Evangelii gaudium invita a non restare chiusi nelle proprie realtà parrocchiali ma ad aprire le porte per cercare di incontrare i “lontani” ed essere una Chiesa che accoglie. “I laici – ha detto il Vescovo – devono prendere consapevolezza e mettersi in cammino”. Ha fatto riferimento al seme che non può essere ‘custodito’ ma deve marcire per dare la vita; così, chiunque incontra Cristo e ne viene conquistato, non può trattenere per sé questa fede ma deve farla fruttare. Ecco allora l’impegno dei laici nella Chiesa e il loro ruolo preminente all’interno delle parrocchie: chiamati ad affiancare i parroci nelle tante questioni poiché, ha ribadito ancora mons. Tuzia, “i laici hanno diritto a vivere una presenza attiva, responsabile nella comunità”. Ha confermato inoltre la necessità di dare attuazione alle Up, necessarie al fine di unire le forze per coordinare meglio alcuni settori della vita delle singole parrocchie: “Perché condividere non è mai una perdita, ma sempre un dono”. Già l’ultimo Sinodo diocesano aveva individuato nelle Up la soluzione per ovviare al problema della dispersione territoriale della diocesi, soluzione rafforzata durante l’Assemblea diocesana tenutasi a Collevalenza il 21 settembre scorso in cui si è riflettuto in modo approfondito sul tema “Fare parrocchia nel nostro tempo”. Ecco allora l’esigenza di costituire un Consiglio pastorale in ogni Up, che deve rappresentare in sé il volto di ogni singola comunità parrocchiale. Questo nuovo organo dovrà infatti essere composto da rappresentanti delle singole parrocchie, ma soprattutto il coinvolgimento dei laici dovrà essere esteso anche alle questioni di carattere economico. All’interno di tale Consiglio dovrà quindi essere presente un rappresentante per gli affari economici di ogni parrocchia. Onestà e capacità dovranno essere le caratteristiche di chi ricopre tale incarico, cosicché le decisioni prese avvengano sempre nel segno della massima trasparenza. “Il cammino unitario della nostra Vicaria – afferma il vicario foraneo don Andrea Rossi – a motivo dei cambiamenti avvenuti al suo interno: cambio dei sacerdoti, ristrutturazione territoriale, è iniziato con qualche ritardo rispetto alle altre Vicarie. Ma dopo il primo incontro dei sacerdoti, avvenuto di recente, proseguirà spedito dopo la Pasqua, per affrontare i temi sollevati in Assemblea. Non solo ‘soluzioni tecniche’, ma vero cammino di comunione verso uno stile sinodale che sempre più deve diventare il modo ordinario di camminare. In questo caso, il ‘metodo’ è parte dei contenuti”.

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Incontro del Vescovo Tuzia con i Consigli della Vicaria San Fortunato https://www.lavoce.it/incontro-del-vescovo-tuzia-con-i-consigli-della-vicaria-san-fortunato/ Fri, 06 Mar 2015 11:27:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30702 Un momento dell’incontro del Vescovo con i Consigli della Vicaria San Fortunato
Un momento dell’incontro del Vescovo con i Consigli della Vicaria San Fortunato

Mettersi in cammino è una metafora molto presente nella sacra Scrittura, ed è diventata per la nostra diocesi la linea-guida della “conversione pastorale” in atto. Il cammino iniziato all’Assemblea diocesana di settembre a Collevalenza prosegue nelle Vicarie e Unità pastorali. Il vescovo mons. Benedetto sta incontrando i nuovi Consigli di Unità pastorale nelle sei Vicarie in cui è suddivisa la diocesi.

Domenica 1° marzo, nella casa diocesana di Spagliagrano ha incontrato i Consigli delle tre Up che compongono il Vicariato di San Fortunato. Tale Vicariato coincide in larga parte con il territorio del Comune di Todi, ed è caratterizzato da numerosi insediamenti abitativi che rendono il territorio molto frastagliato. Gli oltre 80 membri dei Consigli presenti alla riunione non si sono lasciati prendere dallo “sconforto ecclesiale” per le tante situazioni problematiche emerse, ma hanno risposto con generosità per mettersi al servizio della nuova evangelizzazione.

Il Vescovo ha affermato con forza la necessità del coinvolgimento dei laici e della loro corresponsabilità nella Chiesa, scaturite dal battesimo e dalla comune fede. Ha ricordato la sua passata esperienza di parroco di una grande comunità di Roma, dove il Consiglio parrocchiale ha organizzato la comunità in un modo vivo e coinvolgente. Ha quindi affermato che le parrocchie non possono più vivere in autonomia: la lettura dei segni dei tempi ci porta a intraprendere nuove strade.

L’Unità pastorale è ormai il riferimento costante in cui bisogna muoversi pastoralmente, se vogliamo dare un futuro alle nostre comunità. Anche la gestione economica delle parrocchie va basata sulla trasparenza finanziaria e gestita insieme con il Consiglio degli affari economici, presente nel Consiglio di Up con un rappresentate di ogni comunità.

Al termine dell’intervento di mons. Tuzia hanno parlato i presenti, esprimendo la preoccupazione per l’oggi ma anche la consapevolezza di un impegno per la Chiesa e l’evangelizzazione. Dopo la prima parte vi è stato un momento di convivialità, occasione per conoscersi meglio creando rapporti fraterni.

La conclusione è avvenuta nella cappella della casa, dove si sono celebrati l’adorazione eucaristica e i vespri. Non un ‘atto dovuto’ ma il cuore dell’incontro, come ha rilevato il Vescovo. Il nostro agire trova infatti il suo alimento e la ragione nel rapporto con il Signore che rende vivo e dà forza all’agire ecclesiale.

A tutti è stato consegnato un foglio con domande che dovranno trovare una risposta sia personale che comunitaria. Il materiale sarà raccolto in ogni Vicariato quando, per Pentecoste, tutti i Consigli di Up si riuniranno nella Veglia per ricevere un “vademecum” di vita spirituale adeguato a un laico impegnato nella Chiesa e nel mondo.

Gli inizi sono sempre belli, ma ciò che conta è la perseveranza, è credere a quello che facciamo quando arriveranno le difficoltà inevitabili in ogni cammino, come ci ricorda l’Apocalisse: “Al vincitore che persevera fino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni”.

Domenica 8 alla Vicaria di San Felice

Nel pomeriggio di domenica 8 marzo, mons. Benedetto Tuzia incontrerà, presso il nuovo Centro pastorale di Casteltodino, i Consigli delle Unità pastorali della Vicaria di San Felice. Questa Vicaria, come definita con decreto del 21 settembre scorso (con il quale sono stati aboliti i 9 Vicariati foranei esistenti e costituiti i 6 nuovi), si estende su un territorio a forma di “U” che va dai monti Martani al Croce di Serra, e conta circa 15 mila abitanti. Quattro sono le Unità pastorali in cui è stata suddivisa: l’Up “Santa Cecilia” (parrocchie di Acquasparta e Casigliano – Rosaro); l’Up “San Felice, Faustino e beato Ruggero” (parrocchie di Massa Martana – Castel Rinaldi, Colpetrazzo, Villa San Faustino – Montignano); l’Up “San Nicolò” (parrocchie di Montecastrilli – Farnetta, Casteltodino – Collesecco e Quadrelli) e l’Up “Sant’Egidio” (parrocchie di Avigliano Umbro, Castel dell’Aquila, Dunarobba – Sismano, Acqualoreto, Collelungo di Baschi – Morre – Morruzze, Melezzole – Toscolano e Santa Restituta).

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Riflessione di fine Giubileo a “porte sante” chiuse https://www.lavoce.it/riflessione-di-fine-giubileo-a-porte-sante-chiuse/ Fri, 21 Nov 2014 10:56:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29073 Mons. Benedetto Tuzia
Mons. Benedetto Tuzia

Domenica scorsa, con il suggestivo rito della chiusura della Porta santa della cattedrale di Orvieto (un analogo momento era stato vissuto a Bolsena la settimana precedente), è terminato il Giubileo eucaristico straordinario donato da Papa Benedetto alla nostra Chiesa di Orvieto-Todi per gli anni 2013-2014 in occasione dei 750 anni del fatto prodigioso di Bolsena e della istituzione per tutta la Chiesa della festa del Corpus Domini a opera di Urbano IV mediante la bolla Transiturus. È normale, al termine di un evento giubilare che ci ha visti impegnati per due anni, tentare un bilancio. Ma è possibile tale operazione? Chi, infatti, è in grado di giudicare cosa accade nel profondo delle coscienze? Certamente, se ci si riferisce ai dati quantitativi, numerici e ai diversi appuntamenti in programma, il Giubileo può essere valutato positivamente. Le grandi manifestazioni sono sostanzialmente riuscite; qualcuna anche in termini superiori a quanto previsto. Ma da un punto di vista evangelico, la risposta diventa più problematica. Anzi, fa scaturire ulteriori domande. È possibile constatare nella vita delle nostre comunità parrocchiali un miglioramento riconducibile al Giubileo eucaristico? Questi anni giubilari possiamo ritenerli davvero “anni di grazia del Signore”? Ci hanno aiutato a vivere un rapporto di amore, di adorazione, di comunione più grande nei confronti di Gesù, e anche nei confronti degli altri? Questo tempo è stato per la nostra Chiesa un’occasione di fedeltà all’eucaristia, al mistero di amore di una vita fatta dono? Qualcuno si chiese: “Fu vera gloria?”. Noi potremmo ritradurre: “È stata vera fede?”.

Il Cardinale Muller chiude la Porta Santa di Bolsena
Il Cardinale Muller chiude la Porta Santa di Bolsena

Quindi, più che di bilancio, si potrebbe semplicemente parlare di una riflessione su quello che si è visto, che abbiamo vissuto e di cui siamo consapevoli. Con l’avvertenza che il vero bilancio lo conosce il Signore, e forse ciascuno di noi ne è custode per se stesso, ciascun sacerdote per la sua comunità parrocchiale. Per me personalmente, l’inizio di questo tempo giubilare ha coinciso con i primi passi del servizio pastorale come vescovo della diocesi di Orvieto-Todi. È stata una grande opportunità per incontrare tutte le comunità parrocchiali: sacerdoti, laici, giovani, recando loro la notizia: “Il Vescovo viene per annunciare il Giubileo”. Nella memoria restano fortemente presenti alcune istantanee… Certamente quella di inizio, e l’altra di chiusura. Quando abbiamo inaugurato il tempo giubilare, il Cardinale si è avvicinato alla Porta santa, e mediante una forte spinta, l’ha spalancata. La folla esultante, dietro di lui, è entrata nella cattedrale carica di luci e di suoni. A chiusura invece, una scena “a rovescio”. Il popolo di Dio dall’interno della chiesa, attraverso la Porta aperta verso l’esterno, è uscito fuori, sulla piazza, quasi in un incontenibile bisogno di comunicare la “bella notizia” che è Cristo, dono d’amore all’uomo della strada. A significare che, oggi, l’impegno più urgente per le nostre comunità cristiane non è tanto quello di inaugurare porte che si aprono verso l’interno degli spazi sacri, ma quello di aprire porte che dall’interno delle chiese diano sulla piazza. Una “Chiesa in uscita”, il cui mandato fondamentale è proprio questo: trasformare l’esperienza di fede eucaristica celebrata in esperienza di vita quotidiana e coerente, fatta dono ai fratelli che percorrono le vie del mondo.

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