terzo settore Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/terzo-settore/ Settimanale di informazione regionale Thu, 22 Sep 2022 10:54:57 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg terzo settore Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/terzo-settore/ 32 32 Quei partiti senza una base https://www.lavoce.it/quei-partiti-senza-una-base/ Thu, 15 Sep 2022 14:01:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68580

di Stefano De Martis

In Danimarca un collettivo di artisti ha pubblicamente annunciato di voler partecipare alle elezioni – che in quel Paese si terranno nel 2023 – con un “partito sintetico” il cui programma è stato scritto attraverso un sistema di intelligenza artificiale, attingendo a tutte le proposte presentate dagli altri partiti dal 1970 in poi. Non si sa se il gruppo sarà in grado di raccogliere le firme necessarie per concorrere a un seggio nel Folketinget.

Resta il fatto di una provocazione politicoculturale che tocca un nervo estremamente sensibile in quasi tutte le democrazie occidentali, ben compresa la nostra, come dimostra anche la campagna elettorale prossima alla conclusione. Che ne è dei partiti delineati dalla Costituzione? All’articolo 49 si legge che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Ma oggi sulla scena si vedono soltanto leader impegnati in singolar tenzone contro altri leader, e molti elettori – bisogna riconoscerlo – hanno ormai profondamente introiettato questo schema.

La personalizzazione della competizione politica non è certo un fenomeno nuovo, se è vero che la crisi dei partiti di massa solitamente viene datata agli anni Ottanta del secolo scorso (“Tangentopoli” esplode subito all’inizio del decennio successivo, anni Novanta). Il fenomeno però si è estremizzato in tempi più recenti, nel solco di quella dinamica epocale che va sotto il nome di “disintermediazione”.

Riconducibile in larga misura alla rivoluzione digitale, questa dinamica ha messo fortemente in discussione tutti i corpi sociali che si definiscono appunto “intermedi”. Se alcuni ambiti hanno saputo esprimere una notevole tenuta e capacità di rigenerazione, basti pensare alle realtà del terzo settore, nel campo specificamente politico il processo ha avuto esiti destabilizzanti, come dimostrano la caotica volatilità delle scelte elettorali e le parossistiche oscillazioni del consenso. In assenza di partiti con un effettivo radicamento popolare, da almeno una decina d’anni (e forse si potrebbe anche risalire più indietro) i leader temporaneamente vincenti vengono bruciati uno dopo l’altro in rapida successione, dopo aver catalizzato attese “messianiche” regolarmente smentite dai fatti. Un andamento in cui le responsabilità personali contano, certamente, ma la questione ha assunto un carattere di sistema.

Il punto è che per far fronte all’immensa complessità dei problemi in cui siamo immersi non bastano leadership autorevoli e credibili, che pure sono evidentemente indispensabili. Occorre infatti essere consapevoli che, senza una mobilitazione di tutte le energie del Paese, senza un’onesta convergenza d’intenti – pur nella varietà delle posizioni politiche e delle istanze dei territori –, non è realistico immaginare soluzioni efficaci e durature.

Come si verifica ogni giorno di più anche a livello internazionale, la solidarietà è una risorsa di cui non si può fare a meno. Chi sostiene di potersela cavare da solo, o è un illuso che inganna i suoi tifosi, oppure è un giocatore d’azzardo che scommette in una partita pericolosa. Dentro e fuori il suo Paese.

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di Stefano De Martis

In Danimarca un collettivo di artisti ha pubblicamente annunciato di voler partecipare alle elezioni – che in quel Paese si terranno nel 2023 – con un “partito sintetico” il cui programma è stato scritto attraverso un sistema di intelligenza artificiale, attingendo a tutte le proposte presentate dagli altri partiti dal 1970 in poi. Non si sa se il gruppo sarà in grado di raccogliere le firme necessarie per concorrere a un seggio nel Folketinget.

Resta il fatto di una provocazione politicoculturale che tocca un nervo estremamente sensibile in quasi tutte le democrazie occidentali, ben compresa la nostra, come dimostra anche la campagna elettorale prossima alla conclusione. Che ne è dei partiti delineati dalla Costituzione? All’articolo 49 si legge che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Ma oggi sulla scena si vedono soltanto leader impegnati in singolar tenzone contro altri leader, e molti elettori – bisogna riconoscerlo – hanno ormai profondamente introiettato questo schema.

La personalizzazione della competizione politica non è certo un fenomeno nuovo, se è vero che la crisi dei partiti di massa solitamente viene datata agli anni Ottanta del secolo scorso (“Tangentopoli” esplode subito all’inizio del decennio successivo, anni Novanta). Il fenomeno però si è estremizzato in tempi più recenti, nel solco di quella dinamica epocale che va sotto il nome di “disintermediazione”.

Riconducibile in larga misura alla rivoluzione digitale, questa dinamica ha messo fortemente in discussione tutti i corpi sociali che si definiscono appunto “intermedi”. Se alcuni ambiti hanno saputo esprimere una notevole tenuta e capacità di rigenerazione, basti pensare alle realtà del terzo settore, nel campo specificamente politico il processo ha avuto esiti destabilizzanti, come dimostrano la caotica volatilità delle scelte elettorali e le parossistiche oscillazioni del consenso. In assenza di partiti con un effettivo radicamento popolare, da almeno una decina d’anni (e forse si potrebbe anche risalire più indietro) i leader temporaneamente vincenti vengono bruciati uno dopo l’altro in rapida successione, dopo aver catalizzato attese “messianiche” regolarmente smentite dai fatti. Un andamento in cui le responsabilità personali contano, certamente, ma la questione ha assunto un carattere di sistema.

Il punto è che per far fronte all’immensa complessità dei problemi in cui siamo immersi non bastano leadership autorevoli e credibili, che pure sono evidentemente indispensabili. Occorre infatti essere consapevoli che, senza una mobilitazione di tutte le energie del Paese, senza un’onesta convergenza d’intenti – pur nella varietà delle posizioni politiche e delle istanze dei territori –, non è realistico immaginare soluzioni efficaci e durature.

Come si verifica ogni giorno di più anche a livello internazionale, la solidarietà è una risorsa di cui non si può fare a meno. Chi sostiene di potersela cavare da solo, o è un illuso che inganna i suoi tifosi, oppure è un giocatore d’azzardo che scommette in una partita pericolosa. Dentro e fuori il suo Paese.

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Il Piano sociale non sia lettera morta https://www.lavoce.it/il-piano-sociale-non-sia-lettera-morta/ Thu, 24 Sep 2015 08:45:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43473 Pierluigi Grasselli
Pierluigi Grasselli

Lo studio della povertà, e soprattutto delle nuove povertà, con le conseguenti politiche specifiche, porta inevitabilmente a considerare con rinnovata attenzione le azioni di contrasto alla povertà, che vanno dai tradizionali interventi di protezione sociale alle politiche del lavoro, allo sviluppo economico.

L’Umbria non brilla di certo su questo versante. Il secondo Piano sociale regionale 2010-2012 non è stato attuato. Si è in attesa del nuovo, anche se in merito ancora non ci sono informazioni certe. La Cisl, ad esempio, sta incontrando, non senza difficoltà, le istituzioni regionali e locali per fare il punto della situazione e apportare il proprio contributo.

“Purtroppo non disponiamo di un quadro conoscitivo complessivo e articolato degli interventi attualmente condotti su questo fronte. Certamente si tratta di un’azione frammentaria, non organica, di tipo assistenziale”.

Così Pierluigi Grasselli, già docente di Politica economica all’Università di Perugia, coinvolto dalla Cisl Umbria in una ricerca su questo tema, riferisce sconfortato circa gli ostacoli che incontra quando cerca di conoscere quali sono le scelte di Regione e Comuni per far fronte alla povertà: “Siamo in attesa del nuovo Piano sociale regionale che dovrebbe, speriamo, assicurare un coordinamento serio tra livello regionale, comunale e terzo settore, con valorizzazione del ruolo meritorio, e per certi aspetti determinante, di organismi quali le Caritas diocesane che, come noto, si stanno impegnando in misura crescente e multiforme nella lotta contro la povertà”.

Insomma, il percorso per le politiche specifiche contro la povertà non si presenta facile, ma senza il nuovo Piano sociale regionale la situazione certamente non potrà migliorare. Purché, avverte Grasselli, non sia una riproposizione del secondo Piano, rimasto totalmente inefficace.

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A Foligno il “terzo settore” al centro dell’incontro organizzato dal Meic https://www.lavoce.it/a-foligno-il-terzo-settore-al-centro-dellincontro-organizzato-dal-meic/ Fri, 27 Mar 2015 11:24:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31050 “Il ben-essere, un diritto per tutti. Il terzo settore a Foligno”: di questo si è discusso all’incontro con l’assessora alle Politiche sociali del Comune di Foligno Maura Franquillo, organizzato dal Gruppo Meic di Foligno e dall’Ufficio per la Pastorale dei problemi sociali e del lavoro, al quale hanno partecipato alcuni responsabili di associazioni e cooperative sociali. Il Comune di Foligno – ha evidenziato l’assessora – ha fatto finora la sua parte; nonostante l’attuale riduzione delle risorse finanziarie “non ha mai tentato di tagliare i servizi alle persone”.

Oggi i bisogni stanno aumentando, anche per effetto della crisi, ed aumentano quindi sempre più le richieste di aiuto. Nel 2014 si è arrivati a seguire oltre 1200 casi. Quello del lavoro rappresenta il bisogno primario, seguìto da quello abitativo per l’aumento degli sfratti. Per quanto riguarda i servizi con cui si fronteggiano i bisogni, la città può contare anche su un associazionismo sociale molto vivo, con ben 42 associazioni di volontariato. Il Comune e tutto il mondo del Terzo settore operano con sinergia nell’ottica del “prendersi carico” della persona nella molteplicità dei suoi bisogni. Mauro Masciotti, direttore della Caritas diocesana, ha ribadito i dati allarmanti esposti dall’assessora evidenziando lo spirito di collaborazione fra Caritas e Istituzioni pubbliche in un momento particolare che risulta peggiore del post-terremoto. Oggi nelle famiglie c’è il vuoto più assoluto e pochissima speranza.

Con le nostre comunità ecclesiali – ha aggiunto Masciotti – cerchiamo di essere vicini alle persone innanzitutto con l’ascolto, l’accoglienza ed anche con il supporto psicologico per accompagnare situazioni difficili vissute da sempre più coppie e famiglie. Negli ultimi tempi occorre fronteggiare in particolare l’emergenza abitativa attraverso l’apertura di nuove strutture di accoglienza per intere famiglie ricorrendo alle risorse sia della diocesi, sia delle Istituzioni pubbliche ed anche di cittadini. Francesca Cesarini, presidente della cooperativa “La Locomotiva”, ha riferito sul cambiamento dei bisogni, rispetto alle originarie attività, a seguito del cambiamento della società, con le reti familiari impoverite e una maggiore solitudine.

Ed ha illustrato i nuovi servizi per fronteggiare le nuove esigenze: laboratori scolastici di lingua italiana per bambini stranieri, sostegno alla genitorialità, laboratori per bambini con problemi di apprendimento o di comportamento nonché per autistici, che sono tanti. Significativa anche l’azione di prevenzione per le dipendenze. Il dott. Vittorio Ronci, direttore sanitario dell’Avis, ha evidenziato come all’aumento dei donatori si riscontri una diminuzione delle donazioni, che risultano sufficienti a garantire appieno solo le emergenze. Un problema che dovrà essere affrontato.

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Per confluire tutti dentro un fiume chiamato Welfare https://www.lavoce.it/per-confluire-tutti-dentro-un-fiume-chiamato-welfare/ Fri, 06 Mar 2015 12:14:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30727 Una volontaria di una cooperativa sociale presta assistenza agli anziani in una casa di cura
Una volontaria di una cooperativa sociale presta assistenza agli anziani in una casa di cura

Il 26 febbraio si è tenuto a Perugia, a villa Sacro Cuore, un seminario su “Welfare, dal desiderio al cambiamento possibile”, su iniziativa della cooperativa sociale Polis e della residenza protetta “Creusa Brizi Bittoni” di Città della Pieve. L’incontro si è aperto con la visione del filmato Si bene prospicias mira videre potes (“Se guardi bene, vedrai delle meraviglie”), girato dall’associazione “Perugia ieri, oggi, domani”, che mostra il capoluogo da prospettive inusuali: un invito al cambiamento, a una “inversione di rotta” nell’ambito del welfare, tema centrale del seminario.

Il primo intervento, di Vincenzo Cappannini, presidente della residenza protetta, ha toccato vari aspetti della società attuale, sempre più incentrata sull’individualità. “Il bene comune – ha affermato – deve essere concepito come un fiume comune al quale confluire. Il condiviso senso di responsabilità nei confronti della società ci ha spinto a proporci come promotori di questo momento per un dibattito oggi sempre meno frequente, ma che deve divenire vivo e costruttivo”.

La persona, ha aggiunto, “deve essere al centro nella concretezza delle sue relazioni sociali e familiari; non il denaro, che da fine deve tornare a essere mezzo, per sperare di realizzare il welfare del presente e del futuro… Ognuno deve riprendersi le proprie responsabilità che, attualmente, vengono scaricate in maniera dilagante da individuo a individuo, e questo circolo rischia di essere infinito”.

Ha preso poi la parola Johnny Dotti, presidente di Welfare Italia, il quale ha rimarcato l’importanza della partecipazione, ricordando che non basta l’osservazione per cambiare le cose: “Dobbiamo guardare questo tempo senza tirarci fuori da ciò che si osserva, dobbiamo essere consapevoli di ciò che ci chiede”. Ha inoltre sottolineato il ruolo fondamentale che ricoprono le nuove generazioni, che devono essere introdotte nella realtà alla svelta, perché questo è quello che la società attuale chiede loro. “Il welfare reggerà dentro una pluri-generazione di forme che si prendono a cuore impegni comuni”.

È intervenuto poi il sindaco di Perugia Andrea Romizi, che ha evidenziato l’importanza della capacità di reinventarsi, senza la quale si continua ad andare avanti senza prospettive e visioni. Ad esempio, ha rimarcato che è necessario reinventare la partecipazione, per la quale non bastano assemblee e interventi sui social network per raggiungere dei risultati. “Mancano idee e creatività. Non generiamo più, ci siamo tutti un po’ ‘burocratizzati’, anche all’interno delle cooperative, nelle quali vanno riscoperti i motivi che hanno generato la cooperazione… Si deve tornare a ragionare come soggetti protagonisti. Lo stesso rapporto tra Amministrazione e Terzo settore deve essere modificato. Noi oggi non esprimiamo il potenziale che potremmo esprimere”.

Ha preso quindi la parola Marco Bertani di Ansdipp, che ha rimarcato l’importanza di creare alleanze ‘opportunistiche’ tra realtà diverse, sottolineando – anche lui – il compito che i giovani rivestono nei confronti della società.

È seguito l’intervento dell’economista Pierluigi Grasselli che, a proposito della necessità di partecipazione, ha detto che dovrebbe essere una forma di esperienza nuova, che coinvolga in un confronto continuo e sistematico tutti gli “attori del gioco”, pubblici e privati.

Nel suo intervento Pino Frau, direttore del Distretto socio-sanitario Cagliari – Area vasta, ha presentato il funzionamento del punto unico d’accesso, ricordando che “il welfare non va visto come un costo ma come un investimento”.

Paola Casucci, della Direzione regionale salute e coesione sociale, ha poi illustrato la creazione di un percorso assistenziale regionale per il cittadino, che segue le direttrici di integrità ed equità. Percorso informativo-informatizzato per la Regione, che unisca ambito sociale e sanitario: un sistema che permette un’integrazione tra le parti.

Ha concluso il seminario Gianfranco Piombaroli, presidente della cooperativa Polis, il quale, dopo aver ribadito i punti salienti degli interventi precedenti, ha detto: “Siamo qui per comprendere se e in che misura possiamo costruire nuove prospettive, perché tutto sta cambiando, e noi ci dobbiamo adeguare al cambiamento”.

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Per consumi consapevoli https://www.lavoce.it/per-consumi-consapevoli/ Fri, 26 Sep 2014 12:08:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28172 manifesti-fa-la-cosa-giusta-umbriafiereDal 3 al 5 ottobre, presso l’Umbriafiere di Bastia Umbra, arriva il più importante evento espositivo e culturale dedicato al consumo consapevole. È “Fa’ la cosa giusta!”, con 10 aree tematiche, 170 espositori, più di 200 eventi gratuiti per tutte le età e un programma per le scuole. In un unico spazio, culturale e commerciale, il meglio dei prodotti e servizi innovativi per uno stile di vita sostenibile. Seminari, workshop, dibattiti, educazione e didattica, dimostrazioni, presentazioni, mostre, convegni, dimostrazioni pratiche di cucina, laboratori, tutto per la qualità della vita, il benessere del corpo e della mente… incluso lo sport cristianamente inteso, dato che sarà presente uno stand del Csi (clicca qui per vedere l’articolo), con al suo interno uno spazio dedicato a La Voce. A presentare l’evento nei giorni scorsi a palazzo Donini a Perugia è intervenuta – tra gli altri – Carla Casciari, assessore regionale alle Politiche sociali, giovanili e per l’infanzia, la quale ha anticipato: “La Regione interverrà durante la tre-giorni con una presenza non solo istituzionale, portando in fiera esperienze e momenti formativi per il pubblico in una manifestazione che, con le undici edizioni milanesi, ha fatto scuola e ha contribuito a portare in Italia la cultura del consumo sostenibile e consapevole.

Un’iniziativa che parla ai cittadini, prima ancora che ai consumatori, e che mette in mostra il meglio del made in Italy e del made in Umbria”. Al centro degli eventi la mostra mercato, suddivisa in 10 aree: “Abitare sostenibile”, “Buono da mangiare”, “Mobilità nuova”, “Ethical fashion” (Moda con valori etici), “Cosmesi naturale e biologica”, “Viaggiare”, “Editoria”, “Servizi etici”, “Il mondo dei piccoli”, “Cittadinanza e partecipazione”. La manifestazione è sostenuta dalla società di mutuo soccorso “Cesare Pozzo” e da Novamont. Un percorso nato dall’incontro con Terre di mezzo editore (casa editrice che organizza da 11 anni a Milano l’edizione nazionale di “Fa’ la cosa giusta!”), che è stato condiviso con le istituzioni regionali e locali, le più importanti organizzazioni economiche umbre e le diverse anime della società civile regionale: nel comitato promotore dell’iniziativa figurano infatti Acli, Arci, Cittadinanzattiva, Cgil, Cisl, Uil, Legambiente, Libera e Forum del terzo settore. “Fa’ la cosa giusta!” è la principale vetrina per le aziende italiane – con un’attenzione particolare alle realtà del Centro (Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Toscana ed Emilia Romagna) – che producono, trasformano e vendono prodotti o servizi e che si riconoscono nei principi della sostenibilità economica, ambientale e sociale. Per info: www.falacosagiustaumbria.it. Ingresso in fiera, 3 euro; gratis fino a 14 anni.

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Le cooperative sociali si lanciano sul mercato? https://www.lavoce.it/le-cooperative-sociali-si-lanciano-sul-mercato/ Sat, 14 Jun 2014 16:40:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25590 assistenza-disabili-anziani-caregiver-1Centoundici cooperative aderenti (su 652 nazionali), 4.000 soci e oltre 100 milioni di euro di fatturato. Sono questi i numeri di Federsolidarietà Umbria, la sezione di Confcooperative che si occupa del settore sociale. Un settore che sta attraversando la più importante sfida al cambiamento degli ultimi decenni, imposta dalla crisi e dalla ‘mannaia’ che ha investito i fondi pubblici.

Il fronte è duplice: da una parte, uscire dalla dipendenza nei confronti della pubblica amministrazione e rivolgersi a committenti privati mettendosi sul mercato; dall’altra, cambiare abito senza cambiare identità, ovvero farsi impresa – in termini di comunicazione, innovazione e spendibilità dei servizi – senza assumere il valore del fare impresa, ovvero quello di produrre utili. Perché “il guadagno economico non è la finalità delle cooperative sociali, che sono chiamate per natura, in quanto entità no-profit, a reinvestire nel territorio le loro entrate”, spiega Carlo Di Somma, presidente di Federsolidarietà appena riconfermato per il prossimo quadriennio.

Ad oggi, il modello del welfare funziona, in soldoni, così: l’Ente pubblico fornisce un servizio la cui gestione viene affidata ad un soggetto tramite gara d’appalto. Vince chi ottiene il punteggio più alto nei vari parametri – “a insindacabile giudizio” della commissione esaminatrice – e offre i propri servizi al minor prezzo.

Un meccanismo relativamente semplice, che si inceppa, però, su alcuni ingranaggi. Il primo: il costo. “Il tariffario regionale che regolamenta i prezzi dei servizi socio-sanitari – dice Di Somma – è fermo al 2009. Il tariffario prevedeva due voci: il costo del lavoro più un 12,5% di costi generali. Ma dal 2009 ad oggi il solo costo del lavoro è salito del 13%. I conti sono presto fatti. Ne traggono vantaggio le grandi realtà nazionali, a discapito delle medio-piccole cooperative regionali. In questo modo, si depaupera il territorio non soltanto in termini occupazionali”.

Il secondo “ingranaggio” poco oleato riguarda la normativa. Oltre all’aggiornamento del tariffario, infatti, il terzo settore è in attesa del Regolamento regionale per capire verso quale modello l’Ente pubblico sia indirizzato e aprire un tavolo di discussione tra le parti. Ad oggi, una parte del percorso dei lavori è iniziato, ma occorre fare più in fretta.

“Le nostre richieste sono chiare e puntano a un ribaltamento del modello attuale”, aggiunge Di Somma. Il modello proposto da Federsolidarietà sarebbe il seguente: l’Ente pubblico – in questo caso la Regione – ha il compito di programmare e normare, emanando un “pacchetto” di requisiti a cui dovranno attenersi tutte le cooperative sociali che vorranno ottenere la gestione di servizi. “Requisiti ferrei, chiari e pesati tra qualità e costi, che siano piena garanzia di determinati standard di offerta”, dice ancora Di Somma. A questo punto, tutte le cooperative dotate di tali requisiti andranno a costituire un elenco aperto, da cui – ed è questa la vera novità – il cittadino o soggetto di varia natura sarà libero di scegliere a chi affidare il proprio servizio.

“In questo modo – sottolinea Di Somma, puntualizzando il terzo ‘ingranaggio’ difettoso, quello relativo ai controlli – si crea automaticamente un doppio canale di monitoraggio della qualità effettiva dei servizi offerti. Da una parte, l’Ente pubblico, non dovendosi più preoccupare di affidare gli appalti, è più libero e in forze per dedicarsi ai controlli. Dall’altra, come avviene nel libero mercato, sono i fruitori stessi del servizio, i cittadini, a poter vigilare sulla sua qualità, sostituendola nel momento in cui non è rispettata”.

Aprirsi al libero mercato significa, però, inevitabilmente, sottostare alle sue regole. Il presidente Di Somma ne è consapevole e, infatti, ammette: “Non tutta la cooperazione è pronta a questo cambiamento. Per stare sul mercato, occorre rimettersi in discussione e investire a tutti i livelli, da una maggior capacità comunicativa alla formazione continua del personale. Non a caso, stiamo lanciando dei progetti di formazione al management, perché amministrare una cooperativa non è per tutti e da tutti. Alla fine, ci sarà una ‘selezione naturale’, per cui è giusto che resteranno solo le migliori”.

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Forse invisibili ma indispensabili https://www.lavoce.it/forse-invisibili-ma-indispensabili/ Thu, 06 Mar 2014 13:52:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23274 Una volontaria si occupa dell stand del Csi durante una manifestazione
Una volontaria si occupa dell stand del Csi durante una manifestazione

È da tempo che ho in testa questo pensiero: rendere omaggio alle donne del Centro sportivo italiano, a quelle tante mamme, mogli e fidanzate che stanno accanto ai dirigenti, arbitri, allenatori, accompagnatori ed educatori dell’associazione. L’opportunità me la dà anche l’8 marzo che tradizionalmente mette la figura femminile al centro. Ci sarebbe da dire e da ridire su questa festa, ma questa è un’altra storia. Nelle sedi dei vari Comitati provinciali e anche nel nostro c’è sempre un viavai di persone, ma è la sera che tale viavai diventa frenetico: sono dirigenti di società sportive, arbitri, componenti le commissioni delle varie discipline sportive, dirigenti di comitato e altri ancora. Nel nostro caso poi tale lavorio si incrocia con il Comitato regionale che ha la sede nello stesso stabile, in quel di San Faustino accanto alla chiesa. È tutta gente che lavora e al termine passa in sede o prima di cena o dopo cena o tutta una tirata. Ogni tanto squilla un telefonino: è la donna che ricerca il suo uomo. È la donna paziente, lungimirante e attenta che accompagna a suo modo il suo uomo, che da buon volontario dona il suo tempo libero alla causa. Forse niente di straordinario : dicono i sociologi che, se si fermasse il mondo del volontariato, l’azienda Italia andrebbe in fallimento: è quel terzo settore che affianca quello pubblico e privato, ma ciò che conta è che lo fa gratis. Quindi in tanti ambiti del sociale, per fortuna di tutti, c’è questo esercito di samaritani che ogni giorno si china sulle necessità degli altri. Forse niente di straordinario, ma di importante sì. Come sono importanti queste donne che sanno ascoltare, capire, e rigenerare i loro uomini molte volte stanchi, delusi e incompresi. Queste donne le conosciamo bene: vedendo Paolo penso a Laura, vedendo Claudio penso a Catia, vedendo Alessandro penso a Vanessa, vedendo Carlo penso a Sonia e via così… l’elenco sarebbe molto lungo. Sono loro a riequilibrare l’uomo e la sua giornata. Il Csi ha un riconoscimento ufficiale che è il Discobolo di Mirone, che viene assegnato a persone meritevoli che si sono distinte per attaccamento all’associazione o per servizi importanti: ebbene, quel riconoscimento andrebbe dato – in tutta la gamma dei colori dei tre metalli pregiati – anche a quelle donne che silenziosamente ma efficacemente accompagnano la vita dei Comitati nella persona dei loro uomini. Insomma, nel Csi le donne ci sono eccome! Ci sono anche in prima persona, molte di loro sono impegnate nelle società sportive, negli oratori e nei Comitati, ma soprattutto ci sono accanto alle migliaia di volontari che ogni giorno muovono questa macchina complessa che cerca di fare educazione attraverso lo sport.

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L’arcivescovo a dialogo con le cooperative https://www.lavoce.it/larcivescovo-a-dialogo-con-le-cooperative/ Mon, 17 Feb 2014 18:55:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22408 confcooperative-4290Il pomeriggio dell’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mons. Gualtiero Bassetti, è trascorso insieme alle cooperative. Al terzo settore, infatti, il futuro cardinale ha dedicato uno degli incontri della sua visita pastorale nel mondo del lavoro.

L’affollatissima sala della nuova sede di Confcooperative ha visto avvicendarsi numerosi rappresentanti di questo settore, che hanno esposto a mons. Bassetti gioie e difficoltà dell’essere cooperativa, unico settore – hanno sottolineato – ad aver retto sotto i colpi della crisi in termini occupazionali e a dare attualmente lavoro a ben 5500 persone.

Nonostante l’orgoglio e la passione dell’essere cooperativa, tutti i presenti hanno, però, sottolineato i nodi più difficili da sciogliere e affrontare quotidianamente. Primo su tutti il rapporto con la burocrazia e la politica, incapace di ascoltare veramente le istanze dei propri lavoratori e di adattarsi ad un contesto socio-economico in rapido e sostanziale cambiamento.

L’arcivescovo ha ribadito la propria vicinanza e assicurato che farà quanto in suo potere per dare voce alle istanze emerse nel corso dell’incontro. “Come ripetuto più volte Papa Francesco – ha sottolineato mons. Bassetti – l’economia deve rimettere al centro la persona ed uscire dall’idolatria del denaro. Diamo speranza ai nostri giovani, che non siano solo il futuro, ma possano essere fin da subito il presente!”.

Laura Lana

 

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Confcooperative – incontro con il terzo settore https://www.lavoce.it/confcooperative-incontro-con-il-terzo-settore/ Mon, 17 Feb 2014 18:24:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22401 17/02/2014 – Foto Andrea Coli

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Lavoro giovanile, il progetto Ue https://www.lavoce.it/lavoro-giovanile-il-progetto-ue/ Thu, 23 Jan 2014 15:59:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21709 lavoro-donna-settore-tessileLa disoccupazione non è un problema squisitamente italiano, ma europeo, tanto che la Ue ha promosso da quest’anno la Youth Guarantee (garanzia giovani), per stimolare l’inserimento lavorativo degli oltre 6 milioni di under-25 inattivi.

Il problema ha dimensioni strutturali, perché un Continente in “crisi demografica” come il nostro non può permettersi il lusso di escludere dal mondo della produzione cittadini in età attiva, specialmente giovani, se per il futuro si vorrà mantenere il livello di qualità della vita raggiunto e le politiche sociali che ne garantiscono la diffusione nella gran parte della popolazione.

Anche l’Italia, uno degli Stati nelle condizioni peggiori riguardo alla situazione della disoccupazione giovanile, ha presentato il suo “piano di garanzia”, che la Commissione europea finanzierà. Un’occasione da non perdere per rilanciare il lavoro.

Dal progetto illustrato dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, emergono tre elementi positivi che potrebbero rivelarsi fruttuosi ed efficaci.

1. L’elaborazione concertata è il processo con il quale è stato progettato il piano e ha coinvolto vari attori, le parti sociali, gli operatori pubblici e quelli del terzo settore, le istituzioni regionali. Questa modalità concertata potrebbe innescare una sinergia delle azioni che i diversi soggetti mettono in campo.

2. Si auspicano politiche attive che prevedono percorsi personalizzati, finalizzati all’inserimento, esperienze di tirocinio, impegno nel servizio civile, formazione professionalizzante e accompagnamento all’avvio per un’iniziativa imprenditoriale.

3. Il Coordinamento nazionale con delega alle Regioni dovrebbe integrare in un unico sistema le risorse nazionali e dei territori. Mettere in relazione i diversi attori che operano nel campo: imprese, scuole, sindacati, agenzie per l’impiego pubbliche e private, profit e no profit.

Allo stesso tempo alcuni esperti, tra cui Maurizio Ferrera, hanno sollevato alcuni dubbi che evidenziano alcuni punti di debolezza che potrebbero interferire nel progetto. La prima è la fragilità dei servizi per l’impiego, in particolare nel Sud Italia: la questione è centrale, perché i servizi sono un nodo essenziale per connettere domanda e offerta di lavoro. Il secondo punto è l’ambizione di un piano che immediatamente coinvolge tutto il territorio nazionale, mentre altri piani presentati alla Commissione Ue (ad esempio quello francese) hanno scelto di partire con alcune Regioni, per poi allargare l’azione politica ad altre.

Altri ancora hanno aggiunto la seria difficoltà di coinvolgere i giovani scoraggiati, che sono allontanati dalla vita attiva. Si tratta di un compito difficile perché non è una semplice operazione di “reindirizzo” verso un nuovo lavoro, ma di recupero anche psicologico e culturale di persone che hanno abbandonato la speranza di raggiungere un lavoro dignitoso.

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Associazionismo familiare e sussidiarietà orizzontale https://www.lavoce.it/associazionismo-familiare-e-sussidiarieta-orizzontale/ Fri, 24 May 2013 13:22:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16978 famiglia-genitore-nonni-figliLa ricerca che qui presentiamo conferma l’opinione secondo cui l’associazionismo familiare possa essere considerato “la forma più evoluta della ‘generatività’ della famiglia, una ‘generatività prosociale’, che spinge le famiglie a dar vita a reti (con gradi diversi di formalizzazione), fino alla costituzione di veri e propri legami di tipo associativo” con molteplici benefici. Questi si possono manifestare sia nella costruzione di un nuovo sistema di welfare plurale e coordinato, sussidiario e solidale, che metta al centro la persona e la famiglia, sia livello dell’intera società, attraverso la promozione di relazioni sociali fondate sulle regole della cura familiare, cioè sull’orientamento alla reciprocità e al dono secondo modalità continuative, personalizzate e flessibili. Tra i vincoli indicati dalle associazioni intervistate alla propria attività, segnalo la difficoltà di una corretta attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, che sembra richiedere una capacità di ‘ascolto’ e di ‘dialogo’ più profonda di quella sino ad oggi manifestata da parte delle istituzioni pubbliche nei confronti delle associazioni. Ciò vale anche per l’Umbria – osservano le associazioni intervistate, rilevando come la sussidiarietà cosiddetta “per progetti” sia praticata per lo più come “presentazione di progetti al finanziamento”, invece che come “coprogettazione” con il pubblico di attività e servizi. Come è stato osservato (Zamagni), occorre promuovere pratiche di partnership sociali, ovvero effettive collaborazioni paritarie tra attori pubblici, privati e Terzo Settore, ivi comprese le associazioni familiari, nell’intento di produrre un’azione congiunta, con effetti positivi sulla creazione di quelle esternalità positive e di quella coesione sociale che sono riconosciute fattore decisivo dello sviluppo locale e del progresso civile di una comunità: così può manifestarsi l’importante contributo al bene comune delle partnership sociali.

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Per un nuovo welfare https://www.lavoce.it/per-un-nuovo-welfare/ Fri, 25 Jan 2013 01:31:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=14748 Perugia-cattedraleLa crisi economica da un lato e i tagli alla spesa pubblica dall’altro, per ragioni diverse, hanno inciso sull’aumento della povertà e sul disagio sociale. Si dibatte di welfare, di come riformarlo e trovare nuove soluzioni alle necessità dei più deboli. Temi che sono stati al centro dell’analisi e della riflessione delle aggregazioni laicali della diocesi di Perugia e che sono nuovamente messe a tema nel convegno che si terrà sabato 26 gennaio, alle 15.30 nella sala del Dottorato alle Logge di San Lorenzo, nel cuore della città di Perugia, e che è promosso dall’associazione Leone XIII. Il convegno, dal titolo “Contro particolarismo ed assistenzialismo. Dall’esperienza ecclesiale idee e proposte per un welfare efficace contro la povertà”, affronta il tema del contrasto alla povertà ponendo specifica attenzione all’impegno dei vari attori operanti sul territorio, tra i quali si distinguono gli enti locali e le Caritas diocesane. Non a caso al convegno partecipano il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali, e Daniela Monni, direttrice della Caritas diocesana e sarà presente anche l’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti. All’intervento di Marco Moschini, presidente dell’associazione Leone XIII e docente alla facoltà di Scienze della formazione dell’ateneo perugino, seguiranno le relazioni degli economisti Pierluigi Grasselli e Cristina Montesi e del presidente del Forum delle associazioni del terzo settore Carlo Biccini.

Ne parliamo con il prof. Grasselli al quale abbiamo chiesto perché un convegno su questo tema.

“Perché questo convegno? Per il rilievo crescente che anche in Umbria sta assumendo il fenomeno della povertà – risponde Grasselli – segnalato con sempre maggior forza nei media. Il recente Rapporto Aur, presentato il 15 dicembre scorso, sulla povertà in Umbria ha gettato molta luce sulle caratteristiche quantitative e qualitative del fenomeno. Soprattutto, la povertà si presenta ormai come un fenomeno strutturale, legato a tratti di fondo del sistema attuale, quali l’invecchiamento della popolazione, l’instabilità del sistema e la precarietà dell’occupazione, la fragilità della famiglia. Il Convegno si propone di mettere a fuoco alcuni aspetti dell’azione volta a contrastare tale fenomeno”.

Si parlerà di lotta alla povertà ma “contro assistenzialismo e particolarismo”, perché?

“È la Caritas in Veritate a sottolineare, al punto 58, l’esigenza di coniugare strettamente solidarietà e sussidiarietà, perché la prima senza la seconda genera assistenzialismo, mentre la seconda senza la prima produce particolarismo; di entrambi si trovano tracce copiose nella realtà”.

In cosa e come deve cambiare l’azione dell’ente pubblico? 

“All’Ente pubblico (che deve mantenere la responsabilità piena dell’azione di contrasto alla povertà), si chiede di promuovere la conoscenza delle dimensioni del fenomeno, la trasparenza delle risorse disponibili e impiegate nell’azione suddetta, il rafforzamento dei rapporti di collaborazione e coordinamento con gli altri Attori in essa impegnati, il rilancio di un’effettiva attività di programmazione. Questa può dare un contributo sostanziale per affrontare in modo corretto, tra l’altro, la natura multidimensionale della povertà”.

Cosa ha da aggiungere questo convegno, in termini di analisi e di proposta, all’ultimo Rapporto sulle povertà presentato un mese fa?

“Come già accennato, sarebbe opportuno che il Convegno riuscisse a mettere a fuoco in particolare le attività e i progetti della Caritas della nostra diocesi e l’assetto da imprimere ai rapporti tra questa e gli Enti locali, per procedere in direzione di un welfare che cerchi di sfuggire al duplice pericolo dell’assistenzialismo e del particolarismo”.

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Dai social network al sociale https://www.lavoce.it/dai-social-network-al-sociale/ Thu, 17 Jan 2013 14:51:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=14597 L’intervento di Pier Cesare Rivoltella
L’intervento di Pier Cesare Rivoltella

Lunedì scorso presso il Centro studi “Beato Carlo Liviero” si è tenuto il primo incontro del corso “Da immigrati a nativi digitali a scuola” organizzato dall’ufficio Scuola della diocesi. L’iniziativa è rivolta a tutti coloro che operano nel settore dell’educazione e della scuola, quotidianamente a contatto con i giovani e con una pluralità di strumenti mediali con cui è difficile prendere una corretta confidenza.

Il prof. Pier Cesare Rivoltella, ordinario di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento presso l’Università Cattolica di Milano, relatore di questo primo incontro, ha spiegato che la concezione moderna della media education si sviluppa intorno agli anni ’70 dalla necessità di educare i giovani a capire i fatti che il cinema trasmetteva loro. Solo dopo gli anni Novanta, con l’ampia diffusione dei telefoni cellulari ed in tempi recenti dei social network, il problema, amplificato per dimensione ed effetti, si sposta verso la questione della cittadinanza. Si parla oggi infatti della valenza civica della new media education, che non si ferma all’utilizzo degli strumenti mediali ma approfondisce il tema della corretta interpretazione dei messaggi.

Il prof. Rivoltella ha analizzato i motivi dello spostamento della questione verso il territorio della cittadinanza, individuandone tre principali.

Il primo è rappresentato dalla mediatizzazione crescente della scena politica, che ha reso i personaggi pubblici più reali e vicini alla gente, li ha smitizzati portandone spesso in evidenza gli umani difetti, e generando un progressivo ed attualissimo disinteresse verso la politica.

Il secondo motivo è individuato nella concentrazione del “mondiale” nel “locale”, perché grazie al Web è possibile accedere a luoghi e persone lontanissime, sviluppando una visibilità globalizzata sensibile a problemi che non ci appartengono, con un coinvolgimento emotivo forte ma limitato allo spazio web, a scapito del concreto attivismo pratico.

Terzo motivo dello spostamento verso l’aspetto della cittadinanza è la “protesizzazione” dei media, oggi sempre più presenti nella vita dei giovani, fino a diventare un vero e proprio prolungamento dei sensi – una sorta di protesi di competenza sociale.

“La progressiva migrazione dei media dentro la vita degli adulti – spiega Rivoltella – erode il senso civico che ne consentirebbe un uso corretto. Nel caso dei giovani non parliamo di migrazione, perché questi sono nati già dentro un sistema dominato dai media e con una notevole facilità di utilizzo del canale multimediale. Questo evidenzia l’urgenza di un’educazione che insista su alcuni tasti fondamentali per ridare lustro alla dimensione civica delle coscienze dei futuri aduli”

L’invito che il relatore rivolge agli insegnanti è quello a non temere di sporcarsi le mani nell’educare gli allievi come cittadini. “L’alfabetizzazione tecnica – ha detto – non è di per sé sufficiente allo sviluppo personale di un giovane, se non si affianca un lavoro educativo trasversale incentrato su valori di ospitalità, giustizia e sincerità. È necessario aiutare i giovani a ridefinire il confine tra lo spazio pubblico e quel privato ampliamente eroso dai social network, sviluppare un senso critico nei confronti dei numerosi messaggi che la Rete offre, ed un coerente senso di responsabilità riguardo a quanto detto e scritto, gestendo in maniera consapevole quel caos di informazioni e quel pluralismo di pensieri che da vessillo di libertà sta degenerando in anarchia”.

Prossimi incontri

Il secondo appuntamento del ciclo di incontri organizzati nell’ambito dell’iniziativa “Da immigrati a nativi digitali a scuola” è previsto per l’11 febbraio alle ore 21 presso il Centro studi Beato Carlo Liviero, ed affronterà il tema “I ragazzi del Web”. Il terzo ed ultimo appuntamento della serie è invece previsto, sempre presso la stessa sede, per il giorno 11 marzo alle ore 17, su “Nuovi media e Web 2.0 a scuola e nei gruppi”. Tema su cui interverrà il prof. Luca Paolini, insegnante di Religione ed esperto di tecnologia mediale applicata all’insegnamento.

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Strategia comune per gli anziani https://www.lavoce.it/strategia-comune-per-gli-anziani/ Thu, 20 Sep 2012 15:11:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=12886 Occorre fare meglio e di più. Così la pensano le cooperative umbre e i soggetti che operano nei centri di assistenza per anziani in merito agli ultimi provvedimenti presi dalla Regione e, più in generale, alla situazione complessiva dei servizi per la terza età. Servizi per cui i fondi diminuiscono di anno in anno, in una regione come l’Umbria dove, invece, gli “over 65” sono aumentati dal 12 per cento del 1971 al 23,1 per cento del 2011, e in cui ammontano a 66 mila gli ultra-ottantenni.

Per questo i rappresentanti di Agci, Acradu, Acrit, Anaste, Arcst-Legacoop, Federsolidarietà-Confcooperative, Sodalizio di San Martino e Forum regionale del terzo settore hanno dato vita ad un Coordinamento stabile sul tema dei servizi agli anziani. “Non è la prima volta che lavoriamo insieme – dice Carlo Di Somma, presidente di Federsolidarietà-Confcooperative Umbria. – Questa volta abbiamo deciso di collaborare per coordinare e decidere una strategia comune, al fine di avere un peso maggiore, in quanto uniti, al momento del confronto con la Regione”.

L’obiettivo del Coordinamento è, infatti, quello di chiedere con urgenza un incontro alla Regione per la costituzione di un tavolo permanente di concertazione per affrontare tutte le problematiche legate all’assistenza degli anziani in Umbria. I temi sul tappeto sono tanti, e vanno dalla valutazione dei gradi di assistenza da erogare nei vari servizi, alla ridefinizione degli standard, alle risorse, alle liste d’attesa. “Va riorganizzato tutto il settore dei servizi agli anziani – spiega ancora Di Somma. – Molti sono i problemi legati, ad esempio, all’organizzazione, alla qualità dei servizi e al nuovo Regolamento per le strutture e le residenze per anziani autosufficienti. Solo per fare qualche esempio, pensiamo alla questione delle rette, un onere economico non sempre adeguato, e fermo da anni. Noi del Coordinamento pensiamo che le rette vadano aggiornate e modulate in base al tipo di assistenza che il paziente richiede. Ci sono poi da rivedere – continua Di Somma – i criteri e gli standard relativi al rapporto utente/personale e da abbreviare i tempi di ricollocazione degli anziani da strutture per persone autosufficienti a istituti per non autosufficienti”.

Per non parlare del problema delle liste d’attesa: poco più di 2.000 i posti disponibili in un territorio tra i più anziani d’Italia, troppo pochi per assorbire tutte le richieste. Tanti i nodi da sciogliere, quindi, faccia a faccia con la Regione – che in questi giorni ha, tra l’altro, approvato la legge che tutela la promozione e la valorizzazione dell’invecchiamento attivo, vista positivamente dal Coordinamento – a cui cooperative e gestori, insieme ad altri soggetti eventualmente interessati ad un confronto produttivo in questo ambito, presenteranno a breve una piattaforma di proposte.

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Per un nuovo welfare https://www.lavoce.it/per-un-nuovo-welfare-2/ Fri, 18 May 2012 18:24:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=10815 Superare la crisi all’insegna della sussidiarietà. Denunciando le disuguaglianze che pesano sul Paese, sia a livello territoriale, sia tra i corpi sociali, con una famiglia che viene “punita” anziché premiata. Sapendo che il tempo per invertire la rotta è poco. Sono alcune linee di pensiero e impegno del seminario svolto il 12 maggio a Perugia dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali ha proposto alla riflessione “Vivere la comunità, costruire un nuovo welfare. Le famiglie, il terzo settore, le pubbliche amministrazioni, le imprese”. Al Centro Mater Gratiae hanno seguito la giornata di lavori i delegati delle diocesi del centro Italia tra cui, naturalmente, rappresentanti delle diocesi umbre.

 

La famiglia è l’ambito di riferimento della prossima Settimana sociale, vista “come prospettiva che si apre sulla città”, ha sottolineato il presidente del Comitato e arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, nella convinzione che “secondo lo spazio e il ruolo che viene dato alla famiglia cambia la fisionomia di una civitas”. Ma, ha aggiunto l’arcivescovo, “se vogliamo far riscoprire la fecondità di una famiglia rimessa al centro abbiamo bisogno di una civitas capace di sussidiarietà e libertà vera”.

 

La politica per la vita dell’uomo

“L’espressione ‘vivere la comunità’ rimanda al modo in cui l’uomo si colloca nel mondo e può essere condensata con la parola politica, nella sua accezione più alta possibile”. Portando il saluto della diocesi di Perugia-Città della Pieve l’arcivescovo e vice presidente Cei, mons. Gualtiero Bassetti, ha riflettuto sul valore della politica con le parole di Giorgio La Pira, che la definiva “impegno di umanità e santità”. “La politica – ha richiamato – non è un’attività sconveniente o compromissoria per l’anima umana ma è, invece, una prassi intimamente legata con la vita dell’uomo”. Che sia a livello locale, “legata a una forma di rappresentanza sociale o di categoria” o “nel “piccolo gruppo di volontariato”, oppure “nella veste ufficiale di un’assemblea elettiva dello Stato”, filo comune è “il vincolo di responsabilità nei confronti della comunità, piccola o grande che sia”.

L’arcivescovo ha quindi ricordato la “drammatica crisi economica” che sta attraversando l’Occidente, le cui radici “vanno rintracciate in un’ancora più drammatica crisi morale”. In questo contesto “nasce quindi l’esigenza di pensare ed elaborare nuove strategie d’intervento” , dove il compito della politica e dei politici cattolici è “saper fornire delle proposte concrete, indicare le strade da percorrere e, quindi, saper dare delle risposte”.

 

Buone pratiche e sussidiarietà

Sussidiarietà, solidarietà e sviluppo, sono le tre parole che indicano la strada da percorrere per uscire dalla crisi. Pierluigi Grasselli, docente all’Università di Perugia, ha attinto alla dottrina sociale della Chiesa per ‘leggere’ il nostro tempo e trovare indicazioni. L’impegno per “vivere la comunità” passa dalla sussidiarietà, che “deve investire tutta la vita sociale, in tutte le sue dimensioni”, ha rimarcato Grasselli, evidenziando come presupposto di fondo è “la libertà della persona, nella sua dimensione sociale e istituzionale”, una libertà che, ha detto Grasselli, “la crisi ci sta strappando pezzo a pezzo” rendendo evidente che “il supercapitalismo uccide la democrazia”.

Per uscire dalla crisi, ha concluso Grasseli, occorre cambiare modo di pensare, rigenerare la comunità, facendo ritrovare alla gente il gusto di mettersi insieme”.

 

Le testimonianze

Famiglia, terzo settore, imprese e amministrazioni pubbliche sono “protagonisti” di quest’impegno quando sono capaci di “buone pratiche”, hanno evidenziato le testimonianze di Simone Pillon (Forum delle famiglie), Johnny Dotti (presidente Welfare Italia), Maurizio Bernardi (sindaco di Castelnuovo del Garda) e Valter Baldaccini.

Quest’ultimo, in particolare, azionista e amministratore delegato di Umbria Cuscinetti, ha portato l’esperienza di un’azienda ceduta dalla multinazionale che la deteneva e da lui comprata, in cordata con altri imprenditori, “per tutelare le 190 famiglie che vi lavoravano”. Un’operazione che poi si è rivelata di successo, grazie anche al “clima di fiducia” che si è creato all’interno. E che oggi, con tante realtà imprenditoriali in difficoltà, può costituire un esempio per guardare con più fiducia al futuro.

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Il welfare in Umbria c’è ma va gestito meglio https://www.lavoce.it/il-welfare-in-umbria-ce-ma-va-gestito-meglio/ Mon, 07 May 2012 11:00:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=10412 L’associazionismo cattolico della diocesi di Perugia – Città della Pieve si confronta sul tema del welfare in Umbria, su quale futuro hanno quei servizi alla persona che vanno dagli asili nido agli interventi per famiglie disagiate o povere, dalle residenze all’assistenza domiciliare per gli anziani, dai fondi per l’affitto ai sostegni e ai servizi per i disabili.

Il 27 aprile pomeriggio, nell’incontro promosso dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali (Cdal) al centro “Mater Gratiae” di Perugia, è emerso un esame approfondito dello stato di salute del welfare nella nostra regione. È stato un incontro molto partecipato, introdotto da don Elio Bromuri che ha portato il saluto dell’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti e moderato da Maddalena Pievaioli, Segretaria della Consulta delle aggregazioni laicali, che ha presentato i relatori, le loro specifiche competenze e soprattutto le loro esperienze fatte sui campi concreti del servizio sociale, del sindacato e del volontariato: Maria Grazia Marcacci, assistente sociale, Claudio Ricciarelli della Cisl e Carlo Biccini del Forum del terzo settore. Le loro relazioni non si sono limitate all’analisi di una situazione segnata da forti tagli alla spesa pubblica, con i Comuni che devono attuare le politiche sociali, in forte difficoltà nel garantire i servizi scaricando il peso sulle famiglie. La soluzione, per i relatori, non sta solo nell’invocare più risorse ma nel cambiare il modo di affrontare e gestire gli interventi sociali.

“Non possiamo affrontare le nuove povertà con vecchi sistemi” ha detto Maria Grazia Marcacci ricordando come nel 2000 la legge 328 abbia introdotto nelle politiche sociali il concetto del “prendersi cura” delle persone e dei loro bisogni, che è “una logica opposta alla semplice concessione di contributi”. Concetto accolto nel Piano sociale regionale 2002 il quale, con i Piani di zona, “pur con alcuni limiti”, aveva “messo intorno ad un tavolo tutte le componenti della società civile”, dal volontariato alla cooperazione sociale, ai servizi sociali e così via., che potevano dare ciascuna il proprio contributo consentendo anche di prevenire situazioni di forte disagio. Il punto, ha commentato Marcacci, è che “con l’ultimo Piano sociale, pur previsti, non sono più stati convocati Tavoli”, con un ritorno alla logica dell’erogazione economica.

Ha sottolineato il ruolo delle istituzioni Claudio Ricciarelli, e in particolare della Regione che dovrebbe “definire meglio le priorità su cui concentrare le poche risorse disponibili”, nonché procedere con le riforme che possono alleggerire il peso del pubblico, richieste che aveva anticipato nell’intervista che ci ha rilasciato poco prima di Pasqua (La Voce n. 13 a pag. 3). Per il Welfare, ha sottolineato Ricciarelli, è possibile recuperare risorse, per esempio ottimizzando quelle esistenti, intervenendo sulla qualità della cooperazione sociale e sulle aggregazioni dei Comuni che sono troppo piccoli per garantire certi servizi. Ma anche lavorando sul recupero dell’evasione fiscale, che da sola consentirebbe di avere risorse per il sociale e di abbassare l’Irpef regionale a tutti i cittadini.

Carlo Biccini ha messo in evidenza il contributo del terzo settore e del volontariato nella cura delle persone più deboli, “che altrimenti sarebbero abbandonate e a completo carico della famiglia”: disabili, anziani non autosufficienti, malati di Alzheimer, tossicodipendenti, alcolisti, malati psichici e tanti altri. Una particolare attenzione, ha aggiunto Biccini, va data al mondo giovanile in generale, alle prese con un futuro senza speranza perché senza lavoro, e in particolare coloro che vengono chiamati “invisibili”: “giovani di 18-20 anni che si aggirano come ombre nelle nostre città. Nessuno sembra vederli, vivono ai margini e il loro destino è segnato perché pochi li aiutano”.

Occorre fare rete, ovvero concertazione, realizzando una reale sussidiarietà orizzontale, mettendo attorno ad un tavolo tutti i soggetti coinvolti, ha detto il prof. Pierluigi Grasselli, moderatore dell’incontro. “È opinione diffusa, e in parte fondata, che il welfare in Umbria sia di discreta qualità, ma lo stesso Piano sociale riconosce che i servizi domiciliari per gli anziani non coprono che una piccola parte delle necessità” scaricando il peso della cura sulle famiglie. Le linee di indirizzo del welfare regionale prevedono che la presa in carico della persona avvenga con il coinvolgimento della persona stessa, “ma ciò non avviene” per cui occorre trovare un modo nuovo di operare. “Occorre – ha aggiunto – una antropologia nuova in cui la persona non sia vista come individuo isolato ma in relazione nella famiglia e nel territorio in cui vive. La risposta è in una vera e reale sussidiarietà orizzontale in cui siano valorizzati il terzo settore, il volontariato e la stessa capacità e autonomia della persona e della famiglia”.

Il pomeriggio di studio si è concluso con un ricco scambio di idee e di esperienze tra i presenti, che hanno presentato le notevoli difficoltà determinate dalla burocrazia da una parte e dallo spontaneismo dall’altra, e soprattutto di mancanza di coordinamento e di progettualità a lunga scadenza, che non si esaurisca nell’immediato senza lasciare traccia. Per l’importanaza e la complessità dell’ambito di impegno così caro alla Chiesa, da sempre, a conclusione si è ribadita l’esigenza di mantenere desta l’attenzione sul tema sia sul versante dell’analisi che su quello della proposta, tenendo presente l’evoluzione della società e le sue vecchie e nuove povertà.

L’incontro, promosso dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, si è tenuto in preparazione al seminario del 12 maggio (vedi box qui sotto). Si tratterà del secondo di tre appuntamenti nazionali programmati – uno per ciascuna delle aree geografiche del Paese – in preparazione alla Settimana sociale che si svolgerà a Torino nel 2013.

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Il volontariato come risorsa, non come ripiego https://www.lavoce.it/il-volontariato-come-risorsa-non-come-ripiego/ Fri, 27 Apr 2012 09:18:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=10344 Carlo Biccini, presidente della cooperativa sociale Asad, è anche segretario del Forum umbro del terzo settore. In vista del convegno nazionale Cei sul welfare che si terrà a Perugia il 12 maggio, proseguiamo con lui il discorso sul welfare in Umbria, iniziato con l’intervista a Claudio Ricciarelli (Cisl) e proseguito la settimana scorsa con i dati della ricerca Auser.

Cosa sta accadendo al welfare con i tagli alla spesa?

“In questi ultimi anni il welfare è stato oggetto di pesanti tagli, e le politiche sociali nazionali hanno visto quasi azzerato il Fondo nazionale. Tanto per fare alcuni numeri, dal 2008 al 2011 il Fondo nazionale per le politiche sociali è passato da 929,3 milioni di euro a 275, il Fondo politiche per la famiglia 346,5 a 52,5, il Fondo per le politiche giovanili è sceso da 137,4 a 32,9, il Fondo sociale per l’affitto da 205,6 è sceso a 33,5 e il Fondo per il servizio civile da 299,6 a 113 milioni di euro. Sono stati azzerati il Fondo per la non-autosufficienza, partito con 300 milioni di euro, e il Fondo servizi per l’infanzia – Piano nidi che ne aveva 100 in dotazione. E però, in tutti questi tagli, sono stati ordinati 131 cacciabombardieri F35 per 14 miliardi di euro. Mi chiedo quanti anni di politiche sociali ci potevano finanziare?”.

Nella nostra regione come stanno le cose?

“La Regione dell’Umbria nel bilancio appena approvato ha destinato al Fondo sociale regionale 10,5 milioni di euro, al Fondo regionale non-autosufficienza 4 milioni, agli asili nido 3,2 milioni e alle rette per asili nido 750.000 euro. Per gli oratori ci sono 150.000 euro mentre 25.000 euro sono contributi all’associazionismo familiare. Si deve tenere conto che nel bilancio regionale fa la parte del leone il Fondo sanitario regionale, con 1.706 milioni di euro”.

E per i Comuni?

“Visti i tagli nazionali, hanno grande difficoltà a finanziare le politiche sociali”.

Quindi non c’è speranza che le cose vadano meglio…

“Credo si dovrebbe aprire un discorso sui fondi privati e sulle fondazioni bancarie. Sarebbe bene che tutte le risorse disponibili in questa fase critica venissero utilizzate per le priorità, che dovrebbero essere condivise da tutti i soggetti evitando finanziamenti a pioggia”.

I tagli hanno raggiunto tutti, ma quali sono i servizi più colpiti?

“Senz’altro pesano sulle famiglie i tagli ai servizi domiciliari, per esempio quelli per gli anziani, che oggi prevedono in molti casi un massimo di 2 ore la settimana per anziano. La casa è forse il miglior luogo dove continuare a vivere nelle difficoltà, circondati dagli affetti di una vita e dai ricordi, ma occorre un servizio adeguato, mentre non sono sufficientemente sviluppati neppure i Centri diurni e le Case di quartiere. I tagli toccano anche le Residenze per anziani, che da alcuni anni non vedono riconosciuti gli aumenti delle rette mentre i costi salgono. Inoltre, quando si libera un posto, il servizio pubblico cerca di ritardare più che può l’inserimento di nuovi ospiti perché in questo modo risparmia per i giorni di non-inserimento, mentre la Residenza che ha il posto vuoto ha meno entrate, ma gli organici di personale per rispettare gli standard rimangono gli stessi”.

Nei Comuni c’è la tendenza a delegare alcuni servizi, prima svolti dalla cooperazione sociale, al volontariato Lo rileva la ricerca Auser nazionale, ma accade anche in Umbria. Si tratta di vera sussidiarietà?

“È importante mettere a fuoco il ruolo del volontariato, come deve agire e come si deve relazionare con gli altri soggetti quali la cooperazione sociale, le istituzioni, il profit. In questa fase le istituzioni hanno accentuato il ricorso al volontariato come opportunità economica all’interno di logiche di esternalizzazione, ma non può essere considerato strumento sussidiario a costo zero per i servizi di competenza pubblica. Il volontariato dovrebbe essere inteso come supporto per valorizzare le reti territoriali, la progettualità sociale e le risposte più innovative e adeguate ai bisogni, con modalità efficaci ed efficienti e, soprattutto, creando partecipazione sociale”.

Come vede i rapporti fra volontariato e istituzioni?

“Il volontariato deve agire nell’ambito del principio di sussidiarietà pubblico / privato sancito dall’art 118 della Costituzione. Il tratto comune diventa la scelta di organizzarsi allo scopo di perseguire finalità di interesse generale attraverso la libera e volontaria messa a disposizione del proprio tempo senza scambi fra fattori equivalenti: prestazioni contro retribuzioni. L’idea è che il potere debba avere funzioni sussidiarie rispetto allo sviluppo civile, ma si sottolinea anche la capacità crescente delle forze sociali, la società civile appunto, di intervenire a questi fini ed essere quindi esse stesse produttrici immediate di ‘sfera pubblica’. Si delinea una possibilità di circolarità virtuosa tra iniziativa dei soggetti sociali e responsabilità dei poteri pubblici, una nuova alleanza, un patto per il ben-essere dei cittadini dell’Umbria”.

Gli enti pubblici sono pronti ad aprire e a collaborare con la società civile?

“Posso dire che la Regione Umbria ha attivato la partecipazione del terzo settore al Patto per lo sviluppo, e che quest’anno a fronte dei tagli ha confermato i fondi per il sociale dell’anno precedente. Ma se i tagli nazionali resteranno tali, si dovrà cambiare metodi”.

Ossia?

“Per cominciare, ci sono dei nodi critici oggi da superare, che sono la partecipazione e il coinvolgimento delle persone nei progetti che li riguardano direttamente; la partecipazione per quanto riguarda i programmi di azione a livello regionale; la partecipazione alle decisioni e alle scelte di bilancio, e poi la mancanza di dati. Per esempio, a tutt’oggi non sappiamo quante persone non autosufficienti siano state seguite, e con quali risultati. Esistono solo stime delle persone non-autosufficienti. Altro nodo da affrontare è che bisogna ripartire con la nuova programmazione, mentre non c’è stata una valutazione condivisa del progetto”.

Tutto questo mi sembra che indichi una certa difficoltà al concretizzarsi della sussidiarietà …

“La sussidiarietà orizzontale vede resistenze nella sua attuazione concreta, ma oggi questa è una delle chiavi per superare la crisi”.

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