territorio Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/territorio/ Settimanale di informazione regionale Wed, 16 Feb 2022 16:40:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg territorio Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/territorio/ 32 32 A soffrire saranno solo i giornali piccoli https://www.lavoce.it/tagli-giornali-piccoli/ Mon, 29 Oct 2018 15:05:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53242 tagli

“Sono fiducioso che ci possa essere ancora un dialogo con il Governo. Mi rifiuto di credere che sia serio da parte della politica agire in maniera emotiva, senza entrare nel merito delle questioni. Mi auguro si tratti soltanto di annunci. L’azzeramento del Fondo per il pluralismo non toccherà i grandi giornali, ma quelli piccoli. È più facile fare la battaglia parlando di tagli all’editoria, ma in realtà verranno tagliati soltanto i giornali del territorio”.

Così don Adriano Bianchi, direttore della Voce del popolo di Brescia e presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), all’indomani della conferma pubblica da parte di Vito Crimi, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, che durante la festa del Movimento 5 stelle al Circo massimo ha ribadito che “con la prossima legge di bilancio partirà la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai giornali”.

Qual è la situazione dei settimanali diocesani?

“Parliamo di circa 180 testate con caratteristiche, storie e dimensioni diverse. Ci sono giornali che hanno la consistenza di aziende editoriali, e sono quelli che in questi anni hanno ricevuto i contributi da parte dello Stato grazie alla legge sulla riforma dell’editoria. Si sono attrezzate con l’assunzione di giornalisti a tempo indeterminato e strutture adeguate.

Altri, soprattutto al Centro e al Sud, fanno invece più affidamento sul volontariato, pur mantenendo l’ispirazione dei valori cattolici al servizio del territorio”.

Chi soffrirà maggiormente l’annunciato azzeramento dei contributi?

“L’impatto sarebbe gravissimo. Le realtà editoriali più grandi e storicamente radicate subirebbero un danno molto serio. Come Fisc abbiamo seguito un percorso di trasparenza per ricevere i contributi, con una rendicontazione estremamente precisa e una trasformazione a livello aziendale secondo i parametri previsti dalla legge. Lo scorso anno abbiamo chiuso anche un accordo con l’Fnsi che estende alcune tutele del contratto Aeranti-Corallo anche ai giornalisti delle realtà diocesane. La legge ci ha spinto in questa direzione. La mancanza del sostegno, in un contesto di crisi della carta stampata, impatterà in maniera importante. Molte realtà non sopravviveranno”.

Anche i settimanali diocesani stanno risentendo della crisi dell’editoria?

“Certamente, anche se forse meno rispetto alle grandi testate. I giornali del territorio raccontano le cose del territorio che altri non dicono. La crisi della carta stampata la si avverte, ma in misura ridotta. Inoltre, quasi tutti i nostri settimanali hanno una presenza online e sui social network. Stanno vivendo la trasformazione anche dal punto di vista della digitalizzazione.

L’erosione sulla carta è innegabile, anche se meno evidente. Le difficoltà economiche ci sono soprattutto dove le realtà editoriali hanno una certa consistenza. La sopravvivenza dei giornali è però sulle spalle della carta stampata, che è ancora l’unica fonte di reddito grazie alla pubblicità e alle copie vendute. L’online non offre risorse sufficienti per mantenere una informazione di qualità”.

Perché andrebbero tutelate queste realtà editoriali?

“Il Fondo per il pluralismo garantisce che nel Paese ci siano voci diverse, anche quelle che esprimono i territori, le minoranze, le realtà più piccole.

Fonti di informazione veramente legate ai cittadini, che raccontano quell’Italia che le persone vivono quotidianamente. Eppure il disegno del Governo sembra chiaro.

Si è scatenata una tempesta. Capisco la necessità politica di esprimere una posizione che rispecchi il programma elettorale, ma mi auguro che nel merito della questione ci sia buon senso ed equità, al fine di non disperdere un patrimonio del genere.

Può essere legittimo che si abbia un’idea diversa rispetto al Governo precedente, ma non si aprano le porte a un impoverimento del dibattito e del pluralismo nel Paese”.

Riccardo Benotti

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“Sono fiducioso che ci possa essere ancora un dialogo con il Governo. Mi rifiuto di credere che sia serio da parte della politica agire in maniera emotiva, senza entrare nel merito delle questioni. Mi auguro si tratti soltanto di annunci. L’azzeramento del Fondo per il pluralismo non toccherà i grandi giornali, ma quelli piccoli. È più facile fare la battaglia parlando di tagli all’editoria, ma in realtà verranno tagliati soltanto i giornali del territorio”.

Così don Adriano Bianchi, direttore della Voce del popolo di Brescia e presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), all’indomani della conferma pubblica da parte di Vito Crimi, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, che durante la festa del Movimento 5 stelle al Circo massimo ha ribadito che “con la prossima legge di bilancio partirà la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai giornali”.

Qual è la situazione dei settimanali diocesani?

“Parliamo di circa 180 testate con caratteristiche, storie e dimensioni diverse. Ci sono giornali che hanno la consistenza di aziende editoriali, e sono quelli che in questi anni hanno ricevuto i contributi da parte dello Stato grazie alla legge sulla riforma dell’editoria. Si sono attrezzate con l’assunzione di giornalisti a tempo indeterminato e strutture adeguate.

Altri, soprattutto al Centro e al Sud, fanno invece più affidamento sul volontariato, pur mantenendo l’ispirazione dei valori cattolici al servizio del territorio”.

Chi soffrirà maggiormente l’annunciato azzeramento dei contributi?

“L’impatto sarebbe gravissimo. Le realtà editoriali più grandi e storicamente radicate subirebbero un danno molto serio. Come Fisc abbiamo seguito un percorso di trasparenza per ricevere i contributi, con una rendicontazione estremamente precisa e una trasformazione a livello aziendale secondo i parametri previsti dalla legge. Lo scorso anno abbiamo chiuso anche un accordo con l’Fnsi che estende alcune tutele del contratto Aeranti-Corallo anche ai giornalisti delle realtà diocesane. La legge ci ha spinto in questa direzione. La mancanza del sostegno, in un contesto di crisi della carta stampata, impatterà in maniera importante. Molte realtà non sopravviveranno”.

Anche i settimanali diocesani stanno risentendo della crisi dell’editoria?

“Certamente, anche se forse meno rispetto alle grandi testate. I giornali del territorio raccontano le cose del territorio che altri non dicono. La crisi della carta stampata la si avverte, ma in misura ridotta. Inoltre, quasi tutti i nostri settimanali hanno una presenza online e sui social network. Stanno vivendo la trasformazione anche dal punto di vista della digitalizzazione.

L’erosione sulla carta è innegabile, anche se meno evidente. Le difficoltà economiche ci sono soprattutto dove le realtà editoriali hanno una certa consistenza. La sopravvivenza dei giornali è però sulle spalle della carta stampata, che è ancora l’unica fonte di reddito grazie alla pubblicità e alle copie vendute. L’online non offre risorse sufficienti per mantenere una informazione di qualità”.

Perché andrebbero tutelate queste realtà editoriali?

“Il Fondo per il pluralismo garantisce che nel Paese ci siano voci diverse, anche quelle che esprimono i territori, le minoranze, le realtà più piccole.

Fonti di informazione veramente legate ai cittadini, che raccontano quell’Italia che le persone vivono quotidianamente. Eppure il disegno del Governo sembra chiaro.

Si è scatenata una tempesta. Capisco la necessità politica di esprimere una posizione che rispecchi il programma elettorale, ma mi auguro che nel merito della questione ci sia buon senso ed equità, al fine di non disperdere un patrimonio del genere.

Può essere legittimo che si abbia un’idea diversa rispetto al Governo precedente, ma non si aprano le porte a un impoverimento del dibattito e del pluralismo nel Paese”.

Riccardo Benotti

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Area di crisi complessa: speranza per le imprese ternane https://www.lavoce.it/area-crisi-complessa-speranza-le-imprese-ternane/ Tue, 24 Oct 2017 11:29:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50290

L'Area di Crisi complessa per i territori di Terni e Narni è un’imperdibile opportunità. La risposta giunta da parte del sistema delle imprese artigiane, piccole e medie imprese, fa ben intendere che il cambiamento economico e sociale in atto agevolerà non solo progetti cantierabili proposti dalla grande industria, ma anche quella parte di adesioni e progetti oggetto della call di Invitalia che coinvolgono una fetta importante di piccole e medie imprese”. Così il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori che ricorda come “il percorso attivato fin dai primi momenti in cui si è inteso anche solo parlare di Area di Crisi complessa, si sia rivelato uno strumento per riconoscere tutti insieme la gravità di uno stato innegabilmente difficile da recuperare. Le iniziative, gli incontri organizzati per parlarne e per ascoltare gli imprenditori hanno delineato uno spirito piuttosto interessato e incuriosito che ci vede, oggi, soddisfatti perché l’impegno da tutti profuso porterà senza dubbio ricadute positive nel medio e lungo periodo”. Medori sostiene che “se le risorse che giungeranno certificano tempi maturi per il cambiamento di Terni e della sua Provincia, possiamo anche affermare che un cambiamento, una dimostrazione di maturità c’è stata anche da parte delle imprese, che non hanno scelto di stare a guardare o di arrendersi, ma di partecipare con interesse e iniziativa alla svolta possibile. Dalla nostra - continua Medori - continueremo a lavorare per il rilancio e lo sviluppo delle attività imprenditoriali, per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per sostenere, anche attraverso le risorse messe a disposizione dall’Area di Crisi complessa, programmi di investimento per il territorio e la sua economia”. Sostenere le imprese che vogliono innovarsi e che vogliono salvaguardare e creare nuova occupazione, del resto, è la mission dell’Associazione. Le aziende, infatti, non vogliono sussidi ma risorse per sostenere progetti diretti a rimettere in moto l’economia del territorio, incrementare l’occupazione, stabilizzare la salute economica e sociale del tessuto produttivo ternano narnese che da lungo tempo versa in condizioni critiche. “Le imprese hanno fatto un patto con il territorio – conclude il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori - per dare risposte all’emergenza lavoro e agganciare la ripresa, di cui per molto tempo si è solo sentito parlare, rilanciare e riqualificare lo sviluppo del tessuto produttivo e manifatturiero locale, nonché della sua occupazione.”]]>

L'Area di Crisi complessa per i territori di Terni e Narni è un’imperdibile opportunità. La risposta giunta da parte del sistema delle imprese artigiane, piccole e medie imprese, fa ben intendere che il cambiamento economico e sociale in atto agevolerà non solo progetti cantierabili proposti dalla grande industria, ma anche quella parte di adesioni e progetti oggetto della call di Invitalia che coinvolgono una fetta importante di piccole e medie imprese”. Così il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori che ricorda come “il percorso attivato fin dai primi momenti in cui si è inteso anche solo parlare di Area di Crisi complessa, si sia rivelato uno strumento per riconoscere tutti insieme la gravità di uno stato innegabilmente difficile da recuperare. Le iniziative, gli incontri organizzati per parlarne e per ascoltare gli imprenditori hanno delineato uno spirito piuttosto interessato e incuriosito che ci vede, oggi, soddisfatti perché l’impegno da tutti profuso porterà senza dubbio ricadute positive nel medio e lungo periodo”. Medori sostiene che “se le risorse che giungeranno certificano tempi maturi per il cambiamento di Terni e della sua Provincia, possiamo anche affermare che un cambiamento, una dimostrazione di maturità c’è stata anche da parte delle imprese, che non hanno scelto di stare a guardare o di arrendersi, ma di partecipare con interesse e iniziativa alla svolta possibile. Dalla nostra - continua Medori - continueremo a lavorare per il rilancio e lo sviluppo delle attività imprenditoriali, per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per sostenere, anche attraverso le risorse messe a disposizione dall’Area di Crisi complessa, programmi di investimento per il territorio e la sua economia”. Sostenere le imprese che vogliono innovarsi e che vogliono salvaguardare e creare nuova occupazione, del resto, è la mission dell’Associazione. Le aziende, infatti, non vogliono sussidi ma risorse per sostenere progetti diretti a rimettere in moto l’economia del territorio, incrementare l’occupazione, stabilizzare la salute economica e sociale del tessuto produttivo ternano narnese che da lungo tempo versa in condizioni critiche. “Le imprese hanno fatto un patto con il territorio – conclude il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori - per dare risposte all’emergenza lavoro e agganciare la ripresa, di cui per molto tempo si è solo sentito parlare, rilanciare e riqualificare lo sviluppo del tessuto produttivo e manifatturiero locale, nonché della sua occupazione.”]]>
Ex Pozzi, ex Novelli, ex Merloni e la prospettiva dell’ex Umbria https://www.lavoce.it/ex-pozzi-ex-novelli-ex-merloni-la-prospettiva-dellex-umbria/ Thu, 12 Oct 2017 17:01:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50165 Ex Pozzi, ex Novelli, ex Merloni… e poi? Ex Perugina? E anche ex Umbria? La dolorosa sequenza delle aziende in crisi nella regione getta un’ombra nefasta sul futuro non soltanto del più grande sito industriale del capoluogo, ma anche sulla possibilità stessa che l’Umbria come tale riesca a reggere l’urto, sotto il profilo economico, istituzionale e sociale, della peggiore crisi economica del dopoguerra (parole del ministro dell’Economia), che ora tutti danno allegramente, e molto superficialmente, per risolta, ma le cui ‘vittime’, in termini di chiusure di fabbriche e di posti di lavoro che scompaiono, si cominciano a contare a diverse centinaia da qualche mese a questa parte.
All’inizio degli anni Novanta, uno studio della Fondazione Agnelli ridisegnava la geografia istituzionale dello Stato italiano, e l’Umbria spariva: il pezzo a nord andava alla Toscana, quello a sud al Lazio. Quello che non si è fatto per via politica, lo sta forse mettendo in atto, e con molta più velocità e violenza, il declino economico di un’entità geo-politica che molti ricordano creata ad arte, senza un vero e proprio ‘ubi-consistam’ storico, culturale e sociale che avesse i caratteri della coesione e dell’unità interna. Se a spingere i catalani a chiedere l’indipendenza da Madrid è principalmente (e ovviamente) la questione economica, il loro benessere, è ovvio pensare che dove questo benessere comincia a calare, anche il tessuto sociale e politico si sfrangi.
La mia generazione è cresciuta ritenendo che il primato della politica sull’economia fosse un dogma non commerciabile, e che quindi dalla politica, e dai politici, dovessero arrivare ricette e soluzioni per evitare il degrado, e conservare alle persone la loro dignità.
Da qualche decennio, anche in Umbria tutto ciò non appare più così certo. I grandi gruppi multinazionali, che in Umbria sono titolari di grosse fette del sistema produttivo, non sembrano mostrare grande sensibilità di fronte al concetto di Responsabilità sociale di impresa. Resta la mobilitazione della gente, che può essere importante per ribadire con forza che non si possono, dall’oggi al domani, depauperare o smantellare realtà produttive da cui dipendono vita e avvenire di tante persone. Ma se la politica resta sullo sfondo, limitandosi alla presa d’atto, il declino non si ferma.

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Allarme mafia nel settore alimentare https://www.lavoce.it/allarme-mafia-nel-settore-alimentare/ Thu, 16 Mar 2017 09:30:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=48794 Agricoltura-e-caporalato-(Foto-archivio)-raccolta-pomodoriLa mafia adesso non spara. “È silente, le sue forme di intimidazione oggi sono il non detto; sussurra, accenna. È liquida, e come acqua si infiltra nella economia, nella società”. Parole di Gian Carlo Caselli, l’ex magistrato che, dopo avere combattuto negli anni ’60 nella sua Torino le Brigate rosse e Prima linea, nel 1992, dopo la morte di Falcone e Borsellino, volontariamente scese a Palermo. In Sicilia, come procuratore della Repubblica, per sette anni aveva diretto la lotta dello Stato contro la mafia. Poi con la pensione ha lasciato la toga ma continua il suo impegno nel contrasto alle mafie come responsabile della segreteria scientifica dell’Osservatorio della Coldiretti sulla criminalità organizzata nel settore agroalimentare.

In questa veste ha partecipato venerdì scorso, nell’aula magna della facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, a un convegno sui “nuovi volti delle mafie”. La loro filosofia – ha detto a studenti e docenti – è quella del “piatto ricco, mi ci ficco”. Per la criminalità organizzata è facile inserirsi in ogni segmento della filiera agroalimentare: con prestanomi e la complicità di “colletti bianchi” acquista terreni, gestisce aziende agricole e in certe zone ha anche il monopolio dell’acqua per l’irrigazione. Fino ad arrivare a un totale controllo del territorio con le estorsioni e il furto di attrezzature e bestiame.

“Anche l’Umbria – ha rimarcato il prefetto di Perugia, Raffaele Cannizzaro – non è più terra vergine. Non c’è un’occupazione territoriale da parte delle mafie, ma cresce il pericolo di un’occupazione dell’economia”.

Il prof. Enrico Carloni ha detto che nella nostra regione ci sono 74 beni confiscati alla criminalità organizzata. Si tratta di terreni, aziende agricole, appartamenti, supermercati, aziende di vario tipo e perfino un castello. Per i mafiosi e i loro prestanome, con i soldi “sporchi” dei traffici di droga, armi, sfruttamento della prostituzione, non è difficile trovare beni e aziende in crisi da acquistare.

L’anno scorso – ha riferito il prefetto – sono state emesse in provincia di Perugia tre interdittive antimafia; una di esse riguardava un noto hotel di Assisi di proprieta di un ente di assistenza e beneficenza che, per la gestione, lo avebbe affidato a persone contigue alla criminalità organizzata. In regioni tranquille come l’Umbria – ha spiegato – spesso “manca la consapevolezza” del pericolo di queste infiltrazioni criminali, non si percepiscono i “segnali” di una loro presenza. “La nostra frontiera – ha concluso – deve essere quindi la conoscenza di questi pericoli”.

L’Università e l’associazione Libera contro le mafie hanno firmato un protocollo per rispondere alla esigenza della diffusione di una “cultura della legalità”, e il convegno si inseriva in questo progetto. Per elaborare un “modello antimafia” – ha detto il referente di Libera Umbria, Walter Cardinali – frutto della collaborazione e sinergia tra istituzioni, centri studi e di ricerca e associazioni del volontariato.

Nel convegno sono stati affrontati vari aspetti del pericolo “agromafie”. Il prof. Gaetano Martino ha parlato dello sfruttamento del lavoro. Ortaggi e frutta vengono pagati troppo poco a chi li produce. Per contenere i costi di produzione e raccolta, si è arrivati a situazioni di vera e propria schiavitù, con il reclutamento di manodopera gestito dalle mafie e retribuzioni anche di 2 euro all’ora.

Secondo Caselli, sarebbero almeno 100 mila questi nuovi schiavi nelle campagne italiane, in gran parte stranieri. Tra loro molte le donne, talvolta sfruttate anche sessualmente. C’è però – ha detto l’ex magistrato – anche un “caporalato estero, per noi invisibile, che sfrutta nel mondo il lavoro milioni di minori e che fa arrivare nei nostri negozi prodotti sottocosto e di bassa qualità, aumentando le difficoltà degli agricoltori locali”.

Il prof. Carlo Fiorio si è occupato delle norme per contrastare frodi commerciali e contraffazione, ma le sanzioni – ha detto – “sono troppo lievi e non sufficientemente dissuasive”. Caselli le ha addirittura definite “un groviera piena di buchi”. Per aggiornarle, nel 2015 è stata costituita una commissione di docenti universitari, esperti e rappresentanti delle associazioni di categoria presieduta proprio dall’ex magistrato. “Abbiamo presentato – ha riferito – un progetto complessivo di riforma che introduce anche nuovi reati, ad esempio la pubblicità ingannevole, per una maggiore tutela dei consumatori, della salute e dell’ambiente”.

Un progetto che però è rimasto nel cassetto. “E la mia impressione – ha detto – è che ci siano resistenze, anche legittime, della grande industria”.

 

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Piano sociale regionale: intervista all’assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia Edi Cicchi https://www.lavoce.it/le-linee-ci-sono-ma-manca-il-quadro/ Fri, 05 Feb 2016 10:53:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45323

Piano sociale: capitolo secondo. In attesa della fine della fase partecipativa il 15 febbraio prossimo, La Voce prosegue il suo approfondimento su questo importante strumento di programmazione del welfare regionale con l’obiettivo di stimolare il dibattito tra i vari soggetti coinvolti. Se la scorsa settimana abbiamo dato voce al mondo delle cooperative, oggi è la volta dei Comuni, le vere “braccia operanti” in materia di sociale. A rappresentarli è Edi Cicchi, nella duplice veste di assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia e di coordinatore della Consulta welfare dell’Anci.

 Assessore, è stato ribadito più volte dall’assessore regionale alla Coesione sociale e al welfare, Luca Barberini, che in questo nuovo Piano sarà dato un “ruolo potenziato e un rinnovato protagonismo” alle istituzioni, a cominciare dai Comuni. Cosa significa?

“Sinceramente, non lo abbiamo ancora capito. Ad oggi è stato detto nella teoria, ma, in pratica, non è stato ancora specificato. Il Piano descrive la situazione nella quale ci troviamo, il contesto regionale di riferimento, ma non gli strumenti con cui noi Comuni potremmo andare a intervenire concretamente su questo contesto. È come se palazzo Donini avesse dato la cornice esterna, i confini di movimento, ma spetta poi ai Comuni dipingere il quadro dei servizi sociali offerti al cittadino. E senza sapere quanti e quali colori abbiamo a disposizione, è difficile pianificare se il nostro sarà un leggero acquerello o un’intensa tempera”.

Quali sarebbero gli strumenti che chiedono i Comuni?

“Da una parte le tipologie di servizi che si vogliono mettere in campo, dall’altra le risorse a disposizione. In merito al primo punto, chiediamo che sia individuato con chiarezza – e nella ovvia consapevolezza di non poter sopperire a tutte le necessità, dato il periodo di crisi e carenze di risorse - quali sono le nostre priorità di intervento. Quali sono i servizi essenziali che vogliamo dare al cittadino? Quali gli standard? Quali i ruoli da svolgere? E ancora, quali le professionalità da inserire? Le faccio un esempio: nel Piano non si parla del ruolo degli Uffici di cittadinanza, che sono il luogo concreto dove arrivano le richieste, la porta d’accesso alla rete dei servizi sociali e socio-sanitari. Né si fa il punto della situazione sulla loro attività degli ultimi anni. A mio avviso, occorre capire il ‘già fatto’ per pianificare un cambiamento o una continuazione del percorso. Non ci interessano 200 pagine di documento, se tutti questi punti interrogativi non vengono soddisfatti”.

E in merito alle risorse?

“Per le risorse il discorso è analogo al precedente. È vero, nel Piano, si parla di una disponibilità finanziaria [55 milioni di euro, ndr], ma è una cifra complessiva. Non viene specificato quante risorse, ad esempio, andranno all’ambito della famiglia, all’aiuto agli anziani, disabili o minori. Come possiamo noi Comuni perseguire un fine, che è quello di rispondere ai bisogni dei cittadini, se non sappiamo i mezzi a nostra disposizione? Le faccio un esempio: in questi mesi i due Centri anti-violenza della Regione hanno operato con almeno 400 donne e ne hanno accolte 38; a marzo termineranno i fondi a loro destinati, ad oggi non sanno se e quanti ne avranno ancora. In più, nel Piano sociale non se ne fa alcuna menzione. Cosa succederà se questi fondi non arrivano?”.

Anche perché i fondi sono comunque vincolati a progetti che vanno presentati e approvati...

“Sì, la pianificazione è fatta dalle Regioni che presentano progetti per accedere a risorse nazionali o al Fondo sociale europeo. Dopodiché la Regione emana dei bandi per i Comuni. Quindi anche noi siamo vincolati a questi progetti. Qui il rischio è quello di parcellizzare eccessivamente le risorse in troppi settori e sottosettori, con l’unica conseguenza di un aggravio del lavoro burocratico dei Servizi sociali comunali che non corrisponde, però, a interventi realmente incisivi. In passato, ad esempio, il Fondo per la famiglia era stato ‘spezzettato’ in almeno otto interventi diversi. Tanti progetti con poche risorse disponibili per ciascuno equivalgono a tanto lavoro ma pochissima resa. Anche perché i nostri uffici sono già sufficientemente oberati: solo al Tribunale dei minori sono in essere all’incira 1.900 provvedimenti”.

E chi resta fuori da questi progetti?

“In caso di minori, anziani o disabili non si resta mai fuori, in quanto siamo sempre obbligati a intervenire. Nei casi di povertà, invece, abbiamo costruito - a differenza del passato - una buona rete con la Caritas, al fine di cercare di dare a tutti una risposta”.

L’assessore Barberini ha insistito sulla volontà di una co-progettazione tra i vari soggetti coinvolti per la pianificazione sociale e socio-sanitaria, prevedendo anche laboratori di comunità...

“Il nodo della co-progettazione è questo: chi siede intorno al tavolo? Nel senso: i soggetti presenti devono essere stati selezionati sulla base di determinati requisiti, che ad oggi, però, non conosciamo. Solo in questo modo si può fare sistema e mettere insieme le proprie specificità e competenze in maniera costruttiva. Questi anni di crisi ci hanno portato alla consapevolezza che viviamo in una società dove la povertà, sia economica che umana, è reale e quasi sempre accompagnata dalla solitudine. Le persone ci chiedono interventi tempestivi, velocità nelle risposte, anche perché arrivano da noi quando le loro difficoltà sono già ad uno stato molto grave. Dobbiamo essere per loro una ‘tachipirina’, ovvero un palliativo non risolutivo, ma comunque capace di tamponare la situazione nel breve periodo, al fine di avere il tempo di costruire un percorso. Se coordinati, possiamo essere davvero una grande risorse per il territorio. Altrimenti si rischia ancora una volta di perdersi nella burocrazia e nella vacuità di tavoli, sotto-tavoli e laboratori che ingolfano ancora di più il lavoro con una serie di passaggi inutili”. Laura Lana]]>

Piano sociale: capitolo secondo. In attesa della fine della fase partecipativa il 15 febbraio prossimo, La Voce prosegue il suo approfondimento su questo importante strumento di programmazione del welfare regionale con l’obiettivo di stimolare il dibattito tra i vari soggetti coinvolti. Se la scorsa settimana abbiamo dato voce al mondo delle cooperative, oggi è la volta dei Comuni, le vere “braccia operanti” in materia di sociale. A rappresentarli è Edi Cicchi, nella duplice veste di assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia e di coordinatore della Consulta welfare dell’Anci.

 Assessore, è stato ribadito più volte dall’assessore regionale alla Coesione sociale e al welfare, Luca Barberini, che in questo nuovo Piano sarà dato un “ruolo potenziato e un rinnovato protagonismo” alle istituzioni, a cominciare dai Comuni. Cosa significa?

“Sinceramente, non lo abbiamo ancora capito. Ad oggi è stato detto nella teoria, ma, in pratica, non è stato ancora specificato. Il Piano descrive la situazione nella quale ci troviamo, il contesto regionale di riferimento, ma non gli strumenti con cui noi Comuni potremmo andare a intervenire concretamente su questo contesto. È come se palazzo Donini avesse dato la cornice esterna, i confini di movimento, ma spetta poi ai Comuni dipingere il quadro dei servizi sociali offerti al cittadino. E senza sapere quanti e quali colori abbiamo a disposizione, è difficile pianificare se il nostro sarà un leggero acquerello o un’intensa tempera”.

Quali sarebbero gli strumenti che chiedono i Comuni?

“Da una parte le tipologie di servizi che si vogliono mettere in campo, dall’altra le risorse a disposizione. In merito al primo punto, chiediamo che sia individuato con chiarezza – e nella ovvia consapevolezza di non poter sopperire a tutte le necessità, dato il periodo di crisi e carenze di risorse - quali sono le nostre priorità di intervento. Quali sono i servizi essenziali che vogliamo dare al cittadino? Quali gli standard? Quali i ruoli da svolgere? E ancora, quali le professionalità da inserire? Le faccio un esempio: nel Piano non si parla del ruolo degli Uffici di cittadinanza, che sono il luogo concreto dove arrivano le richieste, la porta d’accesso alla rete dei servizi sociali e socio-sanitari. Né si fa il punto della situazione sulla loro attività degli ultimi anni. A mio avviso, occorre capire il ‘già fatto’ per pianificare un cambiamento o una continuazione del percorso. Non ci interessano 200 pagine di documento, se tutti questi punti interrogativi non vengono soddisfatti”.

E in merito alle risorse?

“Per le risorse il discorso è analogo al precedente. È vero, nel Piano, si parla di una disponibilità finanziaria [55 milioni di euro, ndr], ma è una cifra complessiva. Non viene specificato quante risorse, ad esempio, andranno all’ambito della famiglia, all’aiuto agli anziani, disabili o minori. Come possiamo noi Comuni perseguire un fine, che è quello di rispondere ai bisogni dei cittadini, se non sappiamo i mezzi a nostra disposizione? Le faccio un esempio: in questi mesi i due Centri anti-violenza della Regione hanno operato con almeno 400 donne e ne hanno accolte 38; a marzo termineranno i fondi a loro destinati, ad oggi non sanno se e quanti ne avranno ancora. In più, nel Piano sociale non se ne fa alcuna menzione. Cosa succederà se questi fondi non arrivano?”.

Anche perché i fondi sono comunque vincolati a progetti che vanno presentati e approvati...

“Sì, la pianificazione è fatta dalle Regioni che presentano progetti per accedere a risorse nazionali o al Fondo sociale europeo. Dopodiché la Regione emana dei bandi per i Comuni. Quindi anche noi siamo vincolati a questi progetti. Qui il rischio è quello di parcellizzare eccessivamente le risorse in troppi settori e sottosettori, con l’unica conseguenza di un aggravio del lavoro burocratico dei Servizi sociali comunali che non corrisponde, però, a interventi realmente incisivi. In passato, ad esempio, il Fondo per la famiglia era stato ‘spezzettato’ in almeno otto interventi diversi. Tanti progetti con poche risorse disponibili per ciascuno equivalgono a tanto lavoro ma pochissima resa. Anche perché i nostri uffici sono già sufficientemente oberati: solo al Tribunale dei minori sono in essere all’incira 1.900 provvedimenti”.

E chi resta fuori da questi progetti?

“In caso di minori, anziani o disabili non si resta mai fuori, in quanto siamo sempre obbligati a intervenire. Nei casi di povertà, invece, abbiamo costruito - a differenza del passato - una buona rete con la Caritas, al fine di cercare di dare a tutti una risposta”.

L’assessore Barberini ha insistito sulla volontà di una co-progettazione tra i vari soggetti coinvolti per la pianificazione sociale e socio-sanitaria, prevedendo anche laboratori di comunità...

“Il nodo della co-progettazione è questo: chi siede intorno al tavolo? Nel senso: i soggetti presenti devono essere stati selezionati sulla base di determinati requisiti, che ad oggi, però, non conosciamo. Solo in questo modo si può fare sistema e mettere insieme le proprie specificità e competenze in maniera costruttiva. Questi anni di crisi ci hanno portato alla consapevolezza che viviamo in una società dove la povertà, sia economica che umana, è reale e quasi sempre accompagnata dalla solitudine. Le persone ci chiedono interventi tempestivi, velocità nelle risposte, anche perché arrivano da noi quando le loro difficoltà sono già ad uno stato molto grave. Dobbiamo essere per loro una ‘tachipirina’, ovvero un palliativo non risolutivo, ma comunque capace di tamponare la situazione nel breve periodo, al fine di avere il tempo di costruire un percorso. Se coordinati, possiamo essere davvero una grande risorse per il territorio. Altrimenti si rischia ancora una volta di perdersi nella burocrazia e nella vacuità di tavoli, sotto-tavoli e laboratori che ingolfano ancora di più il lavoro con una serie di passaggi inutili”. Laura Lana]]>
“Corciano castello di vino” https://www.lavoce.it/corciano-castello-di-vino/ Thu, 01 Oct 2015 12:40:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43649 Corciano-castello-divinoVenerdì 2, sabato 3 e domenica 4 ottobre l’incantevole borgo di Corciano ospita la V edizione di “Corciano castello di vino”, un percorso sensoriale itinerante rivolto a tutti gli amanti dell’enologia e delle tradizioni.

Una gustosa occasione per approfondire la conoscenza del territorio del Trasimeno attraverso le sue produzioni vinicole. I visitatori, acquistando il proprio calice al costo di 8 euro, potranno degustare gratuitamente i diversi vini di tutte le cantine partecipanti che, per l’occasione, allestiranno spazi personali distribuiti per le vie del borgo.

Sabato 3 ottobre si terrà, per il secondo anno consecutivo, la “degustazione bendata” per decretare il miglior vino bianco e miglior rosso tra le cantine partecipanti. La kermesse enologica sarà arricchita da concerti live, animazioni per bambini, spettacoli teatrali e dj set.

Tra i tanti ospiti Leonardo Cenci che presenzierà all’inaugurazione e alla premiazione della Miglior cantina 2015; ospite dell’evento anche l’imprenditore umbro Brunello Cucinelli in conversazione sul tema de “Il territorio e le sue bellezze” con Roberto Conticelli, responsabile redazione Umbria de La Nazione (ore 19 Teatro della Filarmonica).

Domenica 4 ottobre si tiene il convegno “Con… versando” “Il Trasimeno, il territorio, la produzione vitivinicola, il biologico” e poi tanta musica dal vivo. Nel corso dei tre giorni sarà possibile assaporare anche le numerose delizie gastronomiche locali grazie ai tanti corner, punti di ristoro all’aperto, dislocati nel centro storico.

Ogni giorno si terranno corsi base gratuiti per sommelier. Durante la manifestazione, nei prestigiosi spazi della chiesa museo di San Francesco, sarà visitabile la mostra “Allegorie fra le nuvole” (a cura di Andrea Baffoni). Lo scopo di Corciano castello di vino è quello di finanziare il recupero e il restauro di opere e strutture appartenenti alla città; attraverso un referendum popolare sono i cittadini stessi a decidere le strutture a cui dare priorità. Per info e dettagli: www.corcianocastellodivino.it

 

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Strade, treni e aerei: si progetta il futuro https://www.lavoce.it/strade-treni-e-aerei-si-progetta-il-futuro/ Thu, 24 Sep 2015 08:39:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43428 Il treno deragliato nell’aprile del 2013 nel comune di Umbertide
Il treno deragliato nell’aprile del 2013 nel comune di Umbertide

Il problema della mobilità in Umbria e il Piano regionale dei trasporti 2014-2024 nella prima metà di settembre sono stati al centro della discussione del nuovo Consiglio regionale in varie occasioni, in particolare in tre sedute della seconda Commissione, presieduta da Giuseppe Biancarelli, con la partecipazione dell’assessore regionale Giuseppe Chianella (l’ultima si è svolta lunedì scorso).

Ex Fcu

Una delle questioni più calde è quella della ex Ferrovia centrale umbra, con la sospensione del servizio nel tratto Umbertide – Città di Castello proprio in concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico. Sono 24 km di linea ritenuti non sicuri in un tratto più ampio, da Sansepolcro a Umbertide, dove già da tempo i convogli non possono viaggiare a più di 50 km all’ora. Una ferrovia obsoleta, con un secolo di vita, che da nord a sud attraversa proprio il cuore dell’Umbria, da Sanseplocro a Terni, passando ai piedi dell’acropoli perugina, e che poteva essere una sorta di “metropolitana” della nostra regione.

Nel 1982 – ricorda il deputato Pd Walter Verini – “la Regione approvò il primo Piano urbanistico territoriale nel quale la Ferrovia centrale umbra veniva definita ‘metropolitana regionale di superficie’. Da circa 35 anni, però, non viene più considerata questa ipotesi che rappresenta, ancora oggi, la soluzione di collegamento sostenibile migliore tra San Giustino a Terni. Gli investimenti fatti – ribadisce – sono stati effettuati senza un respiro strategico che tendesse veramente a questo obiettivo”.

Nel 2008, ad esempio, sono stati acquistati 4 treni “Minuetto” per una spesa di circa 16 milioni di euro. Treni elettrici non utilizzabili nei tratti di ferrovia non ancora elettrificata, e che spesso sono rimasti fermi per la mancanza di pezzi di ricambio. Adesso, come detto, si è giunti alla soppressione del servizio tra Città di Castello e Umbertide (con i treni sostituiti da autobus) per lavori di ammodernamento della linea. Una decisione che ha suscitato proteste, reazioni e polemiche e tante preoccupazioni sul futuro di questa ferrovia.

Nell’ultima seduta del Consiglio regionale, rispondendo a un’interrogazione dei consiglieri Chiacchieroni (Pd) e Mancini (Lega nord), l’assessore Chianella ha detto che “le criticità manutentive della struttura erano note, anche se non ci aspettavamo di trovarci in questo periodo, con la riapertura delle scuole, a dover affrontare la chiusura di un tratto così ampio. Ma la sicurezza dei viaggiatori viene prima di tutto. I costi di manutenzione per la tratta Città di Castello ammonteranno a circa 6 milioni di euro. I lavori dovrebbero durare circa 7 mesi, a cui aggiungere i tempi del bando di gara”.

Alta velocità

I treni in Umbria sono utilizzati ogni giorno da 18.000 viaggiatori. Ci sono 162 stazioni, ma il 90 per cento del traffico fa capo a 32 di esse. Lo ha detto l’ing. Stefano Ciurnelli, che ha curato la stesura del Piano trasporti, illustrando alla seconda Commissione gli “obiettivi previsti per la modalità ferroviaria”. Al primo posto c’è il miglioramento dei collegamenti dell’Umbria con la rete ad Alta velocità. In particolare c’è il progetto per la realizzazione di una fermata nel tratto Roma-Firenze, a sud di Arezzo. Si tratta della nuova stazione “Medioetruria”, la cui collocazione non è stata ancora decisa. Dal tavolo comune tra le Regioni Umbria e Toscana e Trenitalia – ha detto l’ingegnere – vengono però indicazioni per costruirla nella zona di Farneta di Cortona, in provincia di Arezzo. Si sta ancora valutando se sia un’operazione “economicamente sostenibile”.

La strada E45

Un’altra delle questioni che aveva animato il dibattito negli ultimi anni è quella della trasformazione in autostrada della superstrada E45, quasi 400 km da Mestre a Orte, con il rischio, per tanti pendolari umbri, di dovere pagare il pedaggio. Un “Comitato NO E45” aveva raccolto 8.500 firme contro questo progetto, con la proposta alternativa di mettere in sicurezza una strada con un asfalto in pessime condizioni.

Tante polemiche, ma la strada è rimasta com’era, e ora l’assessore Chianella, rispondendo nell’ultimo question time al consigliere Maria Grazia Carbonari (Movimento 5 stelle), ha assicurato ufficialmente che la “E45 non diventerà più un’autostrada. Con l’insediamento del ministro Del Rio l’opera è stata accantonata”. Nei primi giorni di agosto c’era stato un incontro con il ministro “nel quale – ha detto – si è parlato della necessità di interventi per la messa in sicurezza dell’infrastruttura e del miglioramento della qualità dei servizi a essa connessi”.

Il Nodo di Perugia

Nello stesso incontro si è parlato anche del “Nodo di Perugia”. Un progetto anche questo datato 2006, e per il quale c’era stato uno studio di fattibilità che prevedeva un anello esterno a sud di Perugia per alleggerire il traffico nel raccordo autostradale tra Collestrada e Corciano. Opera anche questa vivacemente contestata da ambientalisti e comitati popolari, e che comunque è rimasta sulla carta, mentre il raccordo continua a intasarsi nelle ore di punta. Il Nodo di Perugia – ha detto Chianella – “resta una priorità, che potrebbe trovare un risposta con la realizzazione della bretella Madonna del Piano – ospedale Santa Maria della Misericordia e in futuro con quella Collestrada – Madonna del Piano”. Sempre però che si trovino i soldi.

Strade verso il mare

Della Fano-Grosseto, con quel “monumento dello spreco” che è la galleria della Guinza inutilizzata da più di 10 anni, si è invece parlato il 9 settembre a Roma in un incontro con il vice ministro Riccardo Nencini e Anas. Anche questa – ha detto Chianella dopo il vertice – “è un’opera considerata prioritaria e strategica per l’Italia centrale”. L’Anas è stata incaricata di individuare un nuovo tracciato per “avviare i cantieri nel più breve tempo possibile. Ciò potrà consentire il completamento dell’intero asse entro il 2020”. Una scadenza a dir poco ottimistica, visti i precedenti delle altre due superstrade per scavalcare gli Appennini avvicinando Umbria e Marche.

I lavori sulla Perugia-Ancona – ha detto in commissione Chianella – si sono finalmente sbloccati dopo il fallimento di due general contractors: i cantieri sono ripresi, e nei primi mesi del 2016 termineranno sul tratto umbro e di seguito anche su quello marchigiano. “Attualmente – si ironizza sui social network – si tratta della 15a scadenza annunciata” dopo i tanti precedenti annunci di fine lavori per un’opera cominciata quasi mezzo secolo fa.

Per l’assessore anche l’altra grande incompiuta, la Foligno-Civitanova, dovrebbe essere aperta presto. Intanto continuano le verifiche sulla solidità di certe gallerie che sarebbero state costruite risparmiando un po’ troppo sul cemento. Aspetti sui quali sta indagando la magistratura di Spoleto.

Aeroporto

Qualche buona notizia arriva per fortuna “dal cielo”. Continua la crescita dell’aeroporto internazionale San Francesco di Assisi dove in agosto sono transitati 43.900 passeggeri, con un aumento del 20,5% rispetto allo stesso mese del 2014, per una media di 1.415 al giorno e punte di quasi 2.000. Dall’inizio dell’anno sono stati 191.131 passeggeri, con un aumento del 25,8% sul 2014. Con il nuovo collegamento Alitalia Perugia-Roma Fiumicino, in tanti hanno potuto proseguire il volo per Amsterdam, Catania, Tirana, Bruxelles, Alghero e New York. Il Piano regionale dei trasporti punta a valorizzare il ruolo dell’aeroporto umbro in centro Italia come scalo per il traffico turistico e business, e come scalo sussidiario rispetto al sistema aeroportuale di Roma per il traffico low cost.

Porta la data “2014-2024” ma nel 2015 ancora non si vede

Siamo nel 2015, e in Consiglio regionale si sta ancora discutendo del Piano regionale dei trasporti 2014-2024 le cui “linee programmatiche progettuali” erano state tracciate nella precedente legislatura, ma che deve ancora essere approvato. Il rischio è che resti un “libro dei sogni” per alcune scelte sbagliate del passato, con tanti cantieri sparsi “a pioggia” sul territorio che chiudono e aprono, opere non completate (o addirittura abbandonate), mentre i soldi a disposizione sono sempre meno.

Il nuovo Piano prevede il completamento del raccordo autostradale Civitavecchia-Orte-Terni-Rieti, del cosiddetto Quadrilatero (le superstrade Perugia-Ancona e Foligno-Civitanova Marche) e della E78 Fano-Grosseto per meglio collegare l’Alta Umbria con Tirreno e Adriatico. E ancora: la realizzazione del Nodo di Perugia e l’ammodernamento e messa in sicurezza della superstrada E45, per la quale la precedente giunta Marini aveva invece approvato la contestata trasformazione in autostrada.

Per i treni: accesso all’Alta velocità con la nuova stazione Medioetruria al confine tra Umbria e Toscana, e raddoppio delle ferrovie a binario unico (da Terontola a Foligno sulla Perugia-Firenze e da Terni fino alle Marche per la Roma-Ancona) in modo da aumentare i treni veloci e migliorare i servizi per i pendolari. Il Piano propone poi di potenziare l’aeroporto umbro con nuovi collegamenti nazionali e internazionali, migliorandone l’accesso con fermate per gli autobus di linea e con navette per le stazioni ferroviarie.

Solo un “libro dei sogni” dunque? I tempi della politica sono quelli che sono, il Piano è decennale e ci sono ancora nove anni per realizzarlo… ma qualche dubbio sulla sua concretezza e attuabilità è legittimo. Anche perché i soldi a disposizione sono sempre meno. L’Anas, secondo gli ultimi dati della Regione, nel 2009 aveva appaltato lavori sulle strade umbre per 58,6 milioni, scesi a 28,7 nel 2013 e ad appena 4,6 nel 2014!

Intanto gli umbri ogni giorno viaggiano su strade piene di buche, su treni con carrozze non sempre ospitali, e su autobus spesso quasi vuoti (il 40 per cento ha meno di 10 passeggeri a bordo). Per i collegamenti stradali tra Umbria e Marche – come detto – ci sono, da sud a nord, la Foligno-Civitanova Marche, la Perugia-Ancona e la Grosseto-Fano. Nessuna di queste è stata completata dopo decenni di cantieri che aprono e chiudono, e con tante “inaugurazioni” di tratti di qualche chilometro.

Non era meglio ultimarne prima una, collegandola con la veloce autostrada che attraversa tutta la costa marchigiana? La galleria della Guinza è uno dei simboli di questa programmazione confusa e degli sprechi che ne derivano, anche se non per colpa della Regione Umbria. Una galleria di 6 km che buca le montagne tra Marche e Umbria sulla superstrada che dovrebbe collegare l’Adriatico (da Fano) con il Tirreno (Grosseto).

I lavori per questo tunnel, cominciati negli anni ’90, si sono conclusi nel 2004 e sono costati circa 300 milioni. La galleria è ancora chiusa, isolata in mezzo ai boschi e senza collegamenti con altre strade. Nel 2012 erano dovuti intervenire i carabinieri per sgomberare una segheria abusiva: alcuni boscaioli della zona avevano trovato quel grande “magazzino vuoto” ottimo per lavorare la legna. Perché dargli torto? Almeno quei 300 milioni di nostri soldi sarebbero serviti a qualcosa di utile…

 

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“Panorama d’Italia” farà tappa anche a Spoleto https://www.lavoce.it/panorama-ditalia-fara-tappa-anche-a-spoleto/ Wed, 16 Sep 2015 14:02:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43284 Piazza Garibaldi a Spoleto
Piazza Garibaldi a Spoleto

“Panorama d’Italia” è in arrivo. Dal 30 settembre al 3 ottobre prossimi il tour del settimanale Panorama, che si sta svolgendo in alcune delle grandi città d’Italia per raccontare lo stivale direttamente dal territorio, farà tappa anche a Spoleto.

Saranno quattro giorni particolarmente intensi, ricchi di momenti di dibattito e di confronto sui grandi temi dello sviluppo, dell’occupazione e del fare impresa, sia innovativa che tradizionale. Ma anche di altrettante occasioni ludiche, divertenti, gustose e spettacolari. Tutti appuntamenti gratuiti, aperti a chi si registrerà sul sito www.panoraditalia.it.

Dopo l’evento di apertura in piazza Garibaldi con il taglio del nastro della “Casa di Panorama d’Italia”, ci sarà l’intervista pubblica che farà Giorgio Mulè al ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Tra i momenti “clou” della tappa già certa la partecipazione di Vittorio Sgarbi per una delle sue seguitissime lectio magistralis alla scoperta delle bellezze nascoste d’Italia; l’intervento di Alfonso Signorini, direttore di Chi, che intervisterà un personaggio dello spettacolo; attesissima e istruttiva l’adesione al dibattito sulle start-up dell’ambasciatore d’Israele in Italia Naor Gilon, rappresentante del Paese al mondo che più di tutti è riuscito a trasformare il sostegno alle imprese innovative in una leva strutturale di progresso.

Un pomeriggio sarà arricchito dall’“Incontro d’autore” con un grande giornalista, Vittorio Feltri con il suo ultimo saggio Non abbiamo abbastanza paura dedicato al pericolo dell’estremismo islamico; altri momenti momenti saranno lo “show-cooking” con la chef Giovanna Tomassoni e un’intervista pubblica su impresa e solidarietà con Brunello Cucinelli. Due dibattiti si occuperanno, rispettivamente, dello sviluppo di Spoleto rispetto alla sua capacità di essere punto di riferimento culturale globale e delle eccellenze imprenditoriali della città. È previsto anche un bike-tour sul nuovo percorso che da Spoleto raggiunge Assisi, mentre l’Associazione Amici di Spoleto organizzerà due esclusivi tour alla scoperta di una “Spoleto segreta”. Per info:  www.panoraditalia.it.

 

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A Montefalco c’è Enologica 2015 https://www.lavoce.it/a-montefalco-ce-enologica-2015/ Tue, 15 Sep 2015 14:39:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43267 enologicaDal 18 al 20 settembre Montefalco ospiterà la 36esima edizione di Enologica 2015, la kermesse enoturistica dedicata alla produzione vitivinicola del territorio, organizzata dal Consorzio tutela vini di Montefalco in collaborazione con il Comune di Montefalco, con il patrocinio del Padiglione Italia di Expo Milano 2015.

A tessere la trama della tre giorni di arte, degustazioni, dibattiti e spettacoli sarà il tema “Mondo Sagrantino”: la storia, le radici e la personalità del Montefalco Sagrantino Docg – eccellenza enologica internazionale – incontreranno i Sagrantino provenienti da Oltreoceano per un dibattito sull’evoluzione di questo possente vitigno autoctono montefalchese (venerdì 18 settembre alle ore 17.30).

Un leitmotiv che racconta la cultura e i tesori dell’enogastronomia umbra attraverso un punto di vista del tutto nuovo: non solo passato, tradizioni e legami territoriali ma soprattutto futuro, promozione e modelli di sviluppo competitivi e sostenibili come componenti necessarie ad accrescere la fama del vitigno umbro e a incentivare il turismo della Regione.

Con un +6% di presenze e un +3% di arrivi registrati nella passata edizione Enologica 2015 anche quest’anno promette un programma ricco e rinnovato. Ad arricchire ancor più la manifestazione quest’anno c’è la mostra della Madonna della Cintola di Benozzo Gozzoli in esposizione al Complesso museale di San Francesco per l’intera durata dell’evento.

Grande attesa, inoltre, per la partecipazione di Philippe Daverio, critico d’arte, giornalista e conduttore televisivo che terrà un dibattito interamente dedicato a Montefalco (sabato 19 settembre alle ore 11).

Appuntamento, dunque, a venerdì 18 settembre, alle ore 11, presso il complesso di Sant’Agostino con l’apertura del Banco d’assaggio dei vini di Montefalco Sagrantino, insieme agli eventi in cantina proposti dalle 27 aziende vitivinicole produttrici di Sagrantino aderenti ad Enologica 2015.

 

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Le crescenti preoccupazioni per un’azienda-simbolo https://www.lavoce.it/le-crescenti-preoccupazioni-per-unazienda-simbolo/ Thu, 03 Sep 2015 11:23:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43034 perugina-nestléSono stati giorni infuocati quelli vissuti a fine agosto dai lavoratori della Nestlé-Perugina (più di 1.000 tra fissi e stagionali), nell’apprendere la notizia di 300 esuberi, poi smentita dai vertici aziendali, ma che ha riportato all’attenzione la necessità di un rilancio produttivo-occupazionale dello stabilimento di San Sisto.

La Voce se n’era occupata sei mesi fa con un ampio servizio di Alberto Mossone, già product manager della Perugina, pubblicato il 20 marzo in occasione dell’incontro di Cgil, Cisl e Uil “Perugina, un bene comune, un futuro da costruire”. L’esperto ha illustrato il rischio a cui potrebbero andare incontro i lavoratori se la Nestlé non appronta per il ciclo di produzione 2015-2016 un piano industriale di rilancio del marchio con conseguente aumento dei suoi volumi produttivi, scesi a 25.500 tonnellate nel 2014.

È un piano richiesto dalla Rsu aziendale alla Nestlé nell’atto di sottoscrivere, lo scorso anno, un contratto di solidarietà biennale accettando il principio “lavorare meno, lavorare tutti”, che permette un abbassamento del costo del lavoro e un aumento della competitività dello stabilimento.

Mossone ha anche fornito la sua soluzione: “La Nestlé, se tiene al marchio Perugina, come sostiene, lo rilanci ritornando a investire in marketing e innovazione, allargando il ventaglio geografico dei mercati di sbocco e utilizzando al meglio le sue reti commerciali internazionali”. Di ciò sono convinti i sindacati e istituzioni politiche locali e regionali, che hanno sollecitato un incontro tra Nestlé e ministero per lo Sviluppo economico (Mise).

Quest’ultimo si è attivato per invitare la multinazionale “a un incontro istituzionale – è scritto nel sito del Mise – per un esame delle prospettive produttive del gruppo nel nostro Paese, con riferimento anche alla situazione della Perugina”. Inoltre, il 31 agosto la II Commissione del Consiglio regionale si è riunita discutendo sulla vicenda, impegnando Assemblea e Giunta a seguirla da vicino, trattandosi del futuro dell’economia di un intero territorio.

Una prima precisazione è venuta dalla Nestlé all’inizio della settimana, smentendo la notizia non solo degli esuberi (definita “un’elaborazione di fonte sindacale, che non ha riscontro”), ma anche quella di “un ulteriore calo di volumi produttivi, che prevediamo in linea con quelli realizzati lo scorso anno, anche se ridistribuiti su produzioni diverse”.

Perugina-manifestazioneL’azienda ha interrotto dal primo settembre i “contratti di solidarietà” (stipulati nel 2014), motivando così la sua scelta: “per adeguare la produzione alla stagionalità tipica dei consumi di cioccolato”, in cui “tutti gli addetti alla produzione rientreranno al lavoro e saranno impegnati per la campagna della stagione 2015-2016, che tutti ci auguriamo sia di successo per i prodotti Perugina”.

A seguito della precisazione Nestlé, abbiamo chiesto un commento a Dario Bruschi, segretario regionale Fai-Cisl Umbria. “Se l’Azienda – ha risposto – esclude che ci sia un problema di esuberi, ai sindacati non può che far piacere”. D’altro canto, però, “la Nestlé, nell’affermare nella nota che andrà a elaborare un piano di rilancio, ammette che a tutt’oggi questo piano non c’è, pur essendo stata da noi sollecitata da tempo a vararlo”.

Bruschi si è detto fiducioso nella Nestlé, perché “è nel suo interesse presentare al più presto un piano di rilancio”. Potrebbe prendere spunto dal piano elaborato dalla Rsu la scorsa primavera, che “consiste nel produrre prodotti di livello internazionale”, spiega il sindacalista, e fa un esempio: “Le cialde del Nescafé dolce gusto, nonostante il suo accattivante nome italiano, vengono prodotte in Inghilterra, Germania, Svizzera e Spagna”.

Intanto c’è attesa per l’incontro del 9 ottobre, all’Assindustria di Perugia, tra i sindacati e la Nestlé. “Siamo ottimisti con l’azienda – conclude Bruschi –, perché crediamo che si raggiunga un’intesa così da avere un panorama più trasparente possibile sulla situazione con la presentazione di un piano di rilancio. Senza questo piano, dovremo valutare con i lavoratori le forme di azione per tutelare i livelli occupazionali della Nestlé-Perugina”.

 

Come la vede chi abita là

“C’è rassegnazione tra la gente per la vicenda dei lavoratori della Nestlé-Perugina” dice don Claudio Regni, parroco dell’unità pastorale di San Sisto – Sant’Andrea delle Fratte, che abbraccia una delle aree industriali più vaste dell’Umbria, con 600 piccole e medie imprese.

“Rare – commenta – sono quelle non ‘in sofferenza’: diverse la sopportano, altre sono a rischio fallimento”. “Sono meno di un terzo i dipendenti della Perugina che vivono a San Sisto – precisa ancora. – Chi frequenta la parrocchia non vuole parlare di una vicenda vissuta da tempo sulla propria pelle, quando sembra che il problema non esista, e si creano solo allarmismi. Non c’è chiarezza, e la gente è confusa”.

“Senza drammatizzare – dice don Claudio – il problema c’è, ed è riproposto con periodicità, ripercuotendosi sull’indotto che conta più di 1.000 lavoratori. Ma di questo si parla poco sulla stampa. Sono tutti consapevoli che, se si vuole continuare a lavorare, occorre innovare, cioè fare altre produzioni, ma questo implica la volontà dell’azienda. Bisogna capire le intenzioni della Nestlé, che per non licenziare ha messo in atto insieme ai sindacati il ‘contratto di solidarietà’. Una cosa di per sé buona” ma che don Claudio teme si trasformi “in un palliativo che alla fine si rivelerà un’illusione. I lavoratori trascorreranno più tempo a casa e si distrarranno, con il rischio di allontanarsi dal problema principale, il lavoro, e non reagire più per la difesa di un loro sacrosanto diritto”.

E infine denuncia che “l’individualismo, l’edonismo e il relativismo hanno colpito profondamente, diventando quasi menefreghismo sociale”.

 

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Cipolla “in tutte le salse” https://www.lavoce.it/cipolla-in-tutte-le-salse/ Thu, 03 Sep 2015 09:20:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42996 Conf-Cipolla_trecciaSarà ancora lei la regina indiscussa della Festa: la cipolla di Cannara, prodotto tipico delle argillose terre di questo comprensorio territoriale ancora una volta farà da padrona in un happening che valorizza e promuove l’intero territorio cannarese, con i suoi tesori artistici, culturali e paesaggistici.

Dal 2 al 6 settembre e dall’8 al 13 settembre torna la festa della Cipolla di Cannara, uno degli appuntamenti gastronomici, e non solo, più importanti dell’Umbria, torna grazie all’amore e al lavoro delle persone e delle associazioni che gestiscono gli stand gastronomici e all’Ente Festa della Cipolla, attività che ogni anno raccoglie circa 80.000 persone.

Come sempre saranno 6 i punti ristoro protagonisti nel centro storico dove sarà possibile gustare le tante specialità alla cipolla e non solo. Quest’anno, oltre alla consueta formula gastronomica, si aggiungeranno numerosi eventi collaterali quali il cooking show di “Giorgione”, lo chef Giorgio Barchiesi ormai diventato un grande personaggio televisivo e nominato ambasciatore della cipolla di Cannara che, insieme a Jennifer Mcllvaine, chef americana e blogger con il suo Life Italian Style, il 10 settembre alle ore 18 presso l’Auditorium San Sebastiano, si confronteranno con la Cipolla di Cannara e la Cipolla dolce di Walla Walla: un progetto di collaborazione con la città dello Stato di Washington iniziato lo scorso anno con la sottoscrizione del rapporto di gemellaggio.

La chef McIlvaine, residente a Cannara e trasferitasi dagli Usa dopo 7 anni di attività come chef professionista, realizzerà in parallelo a Giorgione il cooking show del gemellaggio. Molte altre saranno le novità, come il mercato di Pat – prodotti agroalimentari tradizionali – e il menu gluten free in collaborazione con Aic Umbria, disponibile solo su prenotazione presso lo stand del Giardini Fiorito (info e prenotazioni: cell. 334.1333326 – 339.2987143). Inoltre sabato 5 e domenica 6, sabato 12 e domenica 13, i sei stand saranno aperti anche a pranzo con menù fisso, e apertura straordinaria del Museo di Cannara.

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Le altre diocesi che esistevano in Umbria https://www.lavoce.it/le-altre-diocesi-che-esistevano-in-umbria/ Wed, 05 Aug 2015 12:09:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41906 Mappa dei confini delle diocesi, delle sedi vescovili dal XIII al XX secolo

Le diocesi umbre oggi sono otto per un territorio regionale in cui vivono circa 870mila persone. Tra le regioni italiane, l’Umbria si caratterizza per l’alto numero di sedi diocesane fin dalle origini del cristianesimo. Un segno, questo, dell’elevato livello di urbanizzazione di questo territorio e della capacità della Chiesa di incardinarsi in esso in maniera assai capillare. Per comprendere l’identità e le caratteristiche della presenza della Chiesa in Umbria, dunque, la dimensione territoriale assume un significato importante, pur nella consapevolezza che essa non esaurisce la storia di una Chiesa locale che nel XX secolo ha attivato numerose collaborazioni interdiocesane (vedi i convegni regionali e questo stesso giornale “La Voce” nato dalla collaborazione tra le diocesi).

La storia delle diocesi umbre

Tra i secoli III e V nell’attuale Umbria sorgono numerose diocesi. Tale processo si compie entro il V secolo, quando l’Umbria conta 22 diocesi. Sul piano cronologico è possibile individuare la seguente periodizzazione:
  • Spoletium (Spoleto),
  • Iguvium (Gubbio),
  • Perusia (Perugia),
  • Tadinum (Gualdo Tadino),
  • Tuder (Todi),
  • Interamna (Terni),
  • Ocriculum (Otricoli),
  • Narnia (Narni),
  • Forum Flamini (San Giovanni Profiamma),
  • Fulginium (Foligno) prima del IV secolo o nel corso di esso;
  • Tifernum Tiberinum (Città di Castello),
  • Ispellum (Spello),
  • Trebiae (Trevi),
  • Mevania (Bevagna),
  • Arnia (Civitella d’Arna),
  • Plestia,
  • Ameria (Amelia),
  • Nursia (Norcia),
  • Volsinii (Bolsena)
  • e, probabilmente,
  • Bictonia (Bettona) e
  • Nuceria (Nocera Umbra) nel V;
  • dal VI secolo sono documentate le sedi vescovili di Asisium (Assisi) e Orvieto.

Prime “sparizioni” di diocesi

Nel corso del VI secolo la regione è interessata dalla guerra greco-gotica (535-553), durante la quale cessano le notizie sulle diocesi di Arna, Bettona, Forum Flaminii, Plestia, Spello e Trevi, che verosimilmente scompaiono a motivo delle gravi distruzioni riportate da questi centri durante la guerra: Arna è rasa al suolo, Ocriculum e Trebiae sono trasferite in altura e perdono la diocesi, gli abitanti di Tadinum si rifugiano nel bosco soprastante dove edificano Gualdo. La scomparsa della città e diocesi di Plestia è invece da legare a un fenomeno di origine naturale, l’invasione delle acque del lago Plestius. Alla fine del secolo altre diocesi conoscono un periodo di grave crisi, talora associato a una lunga vacanza della sede episcopale, come documentato dall’epistolario di papa Gregorio Magno. In questo periodo di riorganizzazione delle diocesi quella di Spoleto svolge il ruolo di polo centripeta per la parte sud-orientale della regione e ingloba quelle di Trevi, Bevagna e Spello. Più lento l’assorbimento della diocesi di Norcia, che scompare dalla fine del VII secolo. Al centro della regione sono Perugia, Assisi e Foligno ad assorbire i territori di diocesi estinte. Alla fine del VI secolo la diocesi di Tadinum è vacante e papa Gregorio Magno ne nomina visitatore il vescovo di Gubbio; ciononostante, le due diocesi rimangono separate e nel 1006-1007 il territorio di Tadinum andrà a costituire una consistente parte della diocesi di Nuceria che assorbe anche l’antica diocesi di Plestia (nella seconda metà dell’XI secolo) e quella di Rosella (non lontano da Sassoferrato). Questa situazione permane a lungo, fino a che nel 1218 viene ricostituita la diocesi di Terni. Il territorio di 10.202 kmq è dunque suddiviso in 12 diocesi, per una superficie media di 851 kmq, rispetto alla quale Spoleto, Città di Castello, Perugia e Orvieto si situano al di sopra, arrivando insieme a coprire ben il 63% del territorio. Una prima modifica di questo assetto si verifica a Città di Castello nel 1325, quando, a motivo della creazione della diocesi di Cortona, quella castellana perde i “plebati” di Falzano e di Rubbiano.

Le diocesi umbre dell’epoca moderna

In età moderna l’Umbria non conosce quel fenomeno di aumento delle sedi diocesi che invece caratterizza la storia ecclesiastica di altre giorni dell’Italia centrale. La sola diocesi di nuova istituzione è quella di Città della Pieve, creata dal papa Clemente VIII nel 1600. Lo smembramento di maggiori dimensioni è subìto da Città di Castello, che nel 1520 perde gran parte del territorio settentrionale, quello compreso nel territorio della Repubblica fiorentina, che va costituire la nuova diocesi di Sansepolcro, eretta da papa Leone X. Ancora Città di Castello nel 1636 perde le parrocchie situate nell’alta valle del Metauro a seguito della creazione delle nuove diocesi di Sant’Angelo in Vado e di Urbania, aeque et principaliter unitae. Nel 1649 Acquapendente è smembrata dalla diocesi di Orvieto ed eretta in diocesi. Il territorio di Spello è scorporato dalla diocesi di Spoleto e accorpato a quella di Foligno nel 1772. Nel 1725 la diocesi di Gubbio diviene suffraganea di quella di Urbino. L’assetto territoriale nei secoli XIX e XX conosce modifiche profonde: nel 1818 Gubbio perde il territorio di Pergola, a sua volta eretta in diocesi; Norcia viene ricostituita in diocesi con territorio smembrato da quella di Spoleto nel 1820;  il nome della diocesi di Nocera Umbra nel 1915 è mutato in Nocera Umbra - Gualdo Tadino; il 12 aprile 1907 il vescovo di Terni diventa anche vescovo di Narni e le due diocesi vengono unite in persona episcopi.

Il dibattito degli anni ’60 sull'accorpamento delle diocesi

È nel 1966 che, a livello nazionale, si apre il dibattito sul riordino delle diocesi italiane, alcune delle quali ritenute numericamente troppo piccole per avere una vita propria. Così, tra gli anni ’60 e ’70, si compiono vari esprimenti, che implicano l’affidamento di alcune diocesi a un unico vescovo, a volte coadiuvato da uno o più ausiliari, e la perdita di quasi tutti i territori esterni alla regione Umbria. Questa fase di sperimentazione si conclude nel 1986, quando vengono soppresse e accorpate fra di loro le diocesi di Perugia - Città della Pieve, Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, Orvieto - Todi, Spoleto - Norcia e Terni - Narni - Amelia. In alcuni casi, come ad esempio quello di Città di Castello e di Gubbio, si preferì mantenere l’assetto precedente.

Come si è arrivati alle attuali diocesi umbre

Attualmente il territorio della regione ecclesiastica Umbria è di 9.129 kmq, suddivisi in otto diocesi. L’attuale assetto territoriale della regione ecclesiastica Umbria è stato determinato il 30 settembre 1986. Questa situazione è frutto di una prolungata fase di sperimentazione, avviata nel 1966 con l’affidamento di più diocesi allo stesso vescovo, per verificare la possibilità di una fusione delle circoscrizioni ecclesiastiche. Una prima novità, di portata storica, fu la creazione della provincia ecclesiastica di Perugia il 15 agosto 1972, con la bolla Animorum utilitate di Paolo VI. In tal modo si superava l’antichissimo assetto ecclesiastico e si ponevano le basi per una crescita di comunione - e di collaborazione pastorale - tra le diocesi interessate, che furono quelle di Assisi, Città della Pieve, Città di Castello, Foligno, Gubbio e Nocera Umbra - Gualdo Tadino, oltre che, ovviamente, quella di Perugia. Le altre sette diocesi allora esistenti (Amelia, Narni, Norcia, Orvieto, Spoleto, Terni, Todi) rimasero immediatamente soggette alla Sede apostolica. La diocesi di Spoleto (oggi Spoleto - Norcia) il 15 settembre 1821, con la bolla Pervetustam episcopalium, fu elevata da papa Pio VII a sede arcivescovile non metropolitana, cioè senza sedi suffraganee.

I vescovi “emeriti”

Se le diocesi sono otto, i vescovi sono di più, dal momento che ad oggi (agosto 2015) vi sono anche un vescovo ausiliare e 6 vescovi “emeriti”, cioè che hanno cessato il servizio di governo nelle rispettive diocesi: mons. Giovanni Benedetti di Foligno (dal 1992), mons. Pietro Bottaccioli di Gubbio (dal 2004), mons. Pellegrino Tomaso Ronchi di Città di Castello (dal 2007), mons. Giuseppe Chiaretti di Perugia - Città della Pieve (dal 2009), mons. Giovanni Scanavino di Orvieto - Todi (dal 2011), mons. Vincenzo Paglia di Terni - Narni - Amelia (dal 2012). Il vescovo ausiliare è mons. Paolo Giulietti, ausiliare del cardinale arcivescovo di Perugia - Città della Pieve dal 2014.

Diocesi umbre metropolitane e suffraganee  e soggette alla Sede Apostolica

L’Umbria comprende l’arcidiocesi metropolitana di Perugia - Città della Pieve (card. Gualtiero Bassetti) con le diocesi suffraganee di Assisi - Nocera - Umbra - Gualdo Tadino (mons. Domenico Sorrentino), Città di Castello (mons. Domenico Cancian), Foligno (mons. Gualtiero Sigismondi), Gubbio (mons. Mario Ceccobelli). Sono immediatamente soggette alla Sede apostolica l’arcidiocesi di Spoleto - Norcia (mons. Renato Boccardo) e le diocesi di Orvieto - Todi (mons. Benedetto Tuzia) e di Terni - Narni - Amelia (mons. Giuseppe Piemontese).

Le “sedi titolari” in Umbria

L’origine dei “vescovi titolari” - così denominati a seguito della lettera apostolica In suprema di papa Leone XIII del 10 giugno 1882 - risale al IV secolo. Essi non hanno nessuna giurisdizione territoriale sulla Chiesa “titolare” (nel mondo, poco più di 2.000), che corrisponde a un’antica sede diocesana estinta dopo qualche secolo di vita propria. I vescovi titolari non fanno parte della Conferenza episcopale umbra. Ne fa parte, invece, mons. Paolo Giulietti, vescovo titolare di Termini Imerese e ausiliare dell’arcivescovo metropolita di Perugia - Città della Pieve.

Queste le SEDI TITOLARI esistenti nel territorio della Regione ecclesiastica Umbria e gli attuali vescovi:

  • ARNA: mons. Camillo Ballin, vicario apostolico dell’Arabia Settentrionale;
  • BETTONA: mons. Alvaro Efrén Rincón Rojas, vicario apostolico emerito di Puerto Carreño;
  • BEVAGNA: mons. Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione per le cause dei santi (titolo personale di arcivescovo);
  • FORO FLAMINIO: mons. Angelo Mascheroni, già ausiliare dell’arcivescovo di Milano;
  • MARTANA: mons. Pier Giacomo De Nicolò, già nunzio apostolico (titolo personale di arcivescovo);
  • OTRICOLI: mons. Miroslaw Adamczyk, nunzio apostolico in Liberia, Gambia e Sierra Leone (titolo personale di arcivescovo);
  • PLESTIA: mons. Francisco José Villas-Boas Senra de Faria Coelho, ausiliare del vescovo di Braga in Portogallo;
  • SPELLO: mons. Piergiorgio Bertoldi, nunzio apostolico in Burkina Faso e Niger (titolo personale di arcivescovo);
  • TREVI: mons. Paolo Schiavon, già ausiliare del vescovo di Roma.
(post aggiornato il 16 febbraio 2022)]]>
Mappa dei confini delle diocesi, delle sedi vescovili dal XIII al XX secolo

Le diocesi umbre oggi sono otto per un territorio regionale in cui vivono circa 870mila persone. Tra le regioni italiane, l’Umbria si caratterizza per l’alto numero di sedi diocesane fin dalle origini del cristianesimo. Un segno, questo, dell’elevato livello di urbanizzazione di questo territorio e della capacità della Chiesa di incardinarsi in esso in maniera assai capillare. Per comprendere l’identità e le caratteristiche della presenza della Chiesa in Umbria, dunque, la dimensione territoriale assume un significato importante, pur nella consapevolezza che essa non esaurisce la storia di una Chiesa locale che nel XX secolo ha attivato numerose collaborazioni interdiocesane (vedi i convegni regionali e questo stesso giornale “La Voce” nato dalla collaborazione tra le diocesi).

La storia delle diocesi umbre

Tra i secoli III e V nell’attuale Umbria sorgono numerose diocesi. Tale processo si compie entro il V secolo, quando l’Umbria conta 22 diocesi. Sul piano cronologico è possibile individuare la seguente periodizzazione:
  • Spoletium (Spoleto),
  • Iguvium (Gubbio),
  • Perusia (Perugia),
  • Tadinum (Gualdo Tadino),
  • Tuder (Todi),
  • Interamna (Terni),
  • Ocriculum (Otricoli),
  • Narnia (Narni),
  • Forum Flamini (San Giovanni Profiamma),
  • Fulginium (Foligno) prima del IV secolo o nel corso di esso;
  • Tifernum Tiberinum (Città di Castello),
  • Ispellum (Spello),
  • Trebiae (Trevi),
  • Mevania (Bevagna),
  • Arnia (Civitella d’Arna),
  • Plestia,
  • Ameria (Amelia),
  • Nursia (Norcia),
  • Volsinii (Bolsena)
  • e, probabilmente,
  • Bictonia (Bettona) e
  • Nuceria (Nocera Umbra) nel V;
  • dal VI secolo sono documentate le sedi vescovili di Asisium (Assisi) e Orvieto.

Prime “sparizioni” di diocesi

Nel corso del VI secolo la regione è interessata dalla guerra greco-gotica (535-553), durante la quale cessano le notizie sulle diocesi di Arna, Bettona, Forum Flaminii, Plestia, Spello e Trevi, che verosimilmente scompaiono a motivo delle gravi distruzioni riportate da questi centri durante la guerra: Arna è rasa al suolo, Ocriculum e Trebiae sono trasferite in altura e perdono la diocesi, gli abitanti di Tadinum si rifugiano nel bosco soprastante dove edificano Gualdo. La scomparsa della città e diocesi di Plestia è invece da legare a un fenomeno di origine naturale, l’invasione delle acque del lago Plestius. Alla fine del secolo altre diocesi conoscono un periodo di grave crisi, talora associato a una lunga vacanza della sede episcopale, come documentato dall’epistolario di papa Gregorio Magno. In questo periodo di riorganizzazione delle diocesi quella di Spoleto svolge il ruolo di polo centripeta per la parte sud-orientale della regione e ingloba quelle di Trevi, Bevagna e Spello. Più lento l’assorbimento della diocesi di Norcia, che scompare dalla fine del VII secolo. Al centro della regione sono Perugia, Assisi e Foligno ad assorbire i territori di diocesi estinte. Alla fine del VI secolo la diocesi di Tadinum è vacante e papa Gregorio Magno ne nomina visitatore il vescovo di Gubbio; ciononostante, le due diocesi rimangono separate e nel 1006-1007 il territorio di Tadinum andrà a costituire una consistente parte della diocesi di Nuceria che assorbe anche l’antica diocesi di Plestia (nella seconda metà dell’XI secolo) e quella di Rosella (non lontano da Sassoferrato). Questa situazione permane a lungo, fino a che nel 1218 viene ricostituita la diocesi di Terni. Il territorio di 10.202 kmq è dunque suddiviso in 12 diocesi, per una superficie media di 851 kmq, rispetto alla quale Spoleto, Città di Castello, Perugia e Orvieto si situano al di sopra, arrivando insieme a coprire ben il 63% del territorio. Una prima modifica di questo assetto si verifica a Città di Castello nel 1325, quando, a motivo della creazione della diocesi di Cortona, quella castellana perde i “plebati” di Falzano e di Rubbiano.

Le diocesi umbre dell’epoca moderna

In età moderna l’Umbria non conosce quel fenomeno di aumento delle sedi diocesi che invece caratterizza la storia ecclesiastica di altre giorni dell’Italia centrale. La sola diocesi di nuova istituzione è quella di Città della Pieve, creata dal papa Clemente VIII nel 1600. Lo smembramento di maggiori dimensioni è subìto da Città di Castello, che nel 1520 perde gran parte del territorio settentrionale, quello compreso nel territorio della Repubblica fiorentina, che va costituire la nuova diocesi di Sansepolcro, eretta da papa Leone X. Ancora Città di Castello nel 1636 perde le parrocchie situate nell’alta valle del Metauro a seguito della creazione delle nuove diocesi di Sant’Angelo in Vado e di Urbania, aeque et principaliter unitae. Nel 1649 Acquapendente è smembrata dalla diocesi di Orvieto ed eretta in diocesi. Il territorio di Spello è scorporato dalla diocesi di Spoleto e accorpato a quella di Foligno nel 1772. Nel 1725 la diocesi di Gubbio diviene suffraganea di quella di Urbino. L’assetto territoriale nei secoli XIX e XX conosce modifiche profonde: nel 1818 Gubbio perde il territorio di Pergola, a sua volta eretta in diocesi; Norcia viene ricostituita in diocesi con territorio smembrato da quella di Spoleto nel 1820;  il nome della diocesi di Nocera Umbra nel 1915 è mutato in Nocera Umbra - Gualdo Tadino; il 12 aprile 1907 il vescovo di Terni diventa anche vescovo di Narni e le due diocesi vengono unite in persona episcopi.

Il dibattito degli anni ’60 sull'accorpamento delle diocesi

È nel 1966 che, a livello nazionale, si apre il dibattito sul riordino delle diocesi italiane, alcune delle quali ritenute numericamente troppo piccole per avere una vita propria. Così, tra gli anni ’60 e ’70, si compiono vari esprimenti, che implicano l’affidamento di alcune diocesi a un unico vescovo, a volte coadiuvato da uno o più ausiliari, e la perdita di quasi tutti i territori esterni alla regione Umbria. Questa fase di sperimentazione si conclude nel 1986, quando vengono soppresse e accorpate fra di loro le diocesi di Perugia - Città della Pieve, Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, Orvieto - Todi, Spoleto - Norcia e Terni - Narni - Amelia. In alcuni casi, come ad esempio quello di Città di Castello e di Gubbio, si preferì mantenere l’assetto precedente.

Come si è arrivati alle attuali diocesi umbre

Attualmente il territorio della regione ecclesiastica Umbria è di 9.129 kmq, suddivisi in otto diocesi. L’attuale assetto territoriale della regione ecclesiastica Umbria è stato determinato il 30 settembre 1986. Questa situazione è frutto di una prolungata fase di sperimentazione, avviata nel 1966 con l’affidamento di più diocesi allo stesso vescovo, per verificare la possibilità di una fusione delle circoscrizioni ecclesiastiche. Una prima novità, di portata storica, fu la creazione della provincia ecclesiastica di Perugia il 15 agosto 1972, con la bolla Animorum utilitate di Paolo VI. In tal modo si superava l’antichissimo assetto ecclesiastico e si ponevano le basi per una crescita di comunione - e di collaborazione pastorale - tra le diocesi interessate, che furono quelle di Assisi, Città della Pieve, Città di Castello, Foligno, Gubbio e Nocera Umbra - Gualdo Tadino, oltre che, ovviamente, quella di Perugia. Le altre sette diocesi allora esistenti (Amelia, Narni, Norcia, Orvieto, Spoleto, Terni, Todi) rimasero immediatamente soggette alla Sede apostolica. La diocesi di Spoleto (oggi Spoleto - Norcia) il 15 settembre 1821, con la bolla Pervetustam episcopalium, fu elevata da papa Pio VII a sede arcivescovile non metropolitana, cioè senza sedi suffraganee.

I vescovi “emeriti”

Se le diocesi sono otto, i vescovi sono di più, dal momento che ad oggi (agosto 2015) vi sono anche un vescovo ausiliare e 6 vescovi “emeriti”, cioè che hanno cessato il servizio di governo nelle rispettive diocesi: mons. Giovanni Benedetti di Foligno (dal 1992), mons. Pietro Bottaccioli di Gubbio (dal 2004), mons. Pellegrino Tomaso Ronchi di Città di Castello (dal 2007), mons. Giuseppe Chiaretti di Perugia - Città della Pieve (dal 2009), mons. Giovanni Scanavino di Orvieto - Todi (dal 2011), mons. Vincenzo Paglia di Terni - Narni - Amelia (dal 2012). Il vescovo ausiliare è mons. Paolo Giulietti, ausiliare del cardinale arcivescovo di Perugia - Città della Pieve dal 2014.

Diocesi umbre metropolitane e suffraganee  e soggette alla Sede Apostolica

L’Umbria comprende l’arcidiocesi metropolitana di Perugia - Città della Pieve (card. Gualtiero Bassetti) con le diocesi suffraganee di Assisi - Nocera - Umbra - Gualdo Tadino (mons. Domenico Sorrentino), Città di Castello (mons. Domenico Cancian), Foligno (mons. Gualtiero Sigismondi), Gubbio (mons. Mario Ceccobelli). Sono immediatamente soggette alla Sede apostolica l’arcidiocesi di Spoleto - Norcia (mons. Renato Boccardo) e le diocesi di Orvieto - Todi (mons. Benedetto Tuzia) e di Terni - Narni - Amelia (mons. Giuseppe Piemontese).

Le “sedi titolari” in Umbria

L’origine dei “vescovi titolari” - così denominati a seguito della lettera apostolica In suprema di papa Leone XIII del 10 giugno 1882 - risale al IV secolo. Essi non hanno nessuna giurisdizione territoriale sulla Chiesa “titolare” (nel mondo, poco più di 2.000), che corrisponde a un’antica sede diocesana estinta dopo qualche secolo di vita propria. I vescovi titolari non fanno parte della Conferenza episcopale umbra. Ne fa parte, invece, mons. Paolo Giulietti, vescovo titolare di Termini Imerese e ausiliare dell’arcivescovo metropolita di Perugia - Città della Pieve.

Queste le SEDI TITOLARI esistenti nel territorio della Regione ecclesiastica Umbria e gli attuali vescovi:

  • ARNA: mons. Camillo Ballin, vicario apostolico dell’Arabia Settentrionale;
  • BETTONA: mons. Alvaro Efrén Rincón Rojas, vicario apostolico emerito di Puerto Carreño;
  • BEVAGNA: mons. Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione per le cause dei santi (titolo personale di arcivescovo);
  • FORO FLAMINIO: mons. Angelo Mascheroni, già ausiliare dell’arcivescovo di Milano;
  • MARTANA: mons. Pier Giacomo De Nicolò, già nunzio apostolico (titolo personale di arcivescovo);
  • OTRICOLI: mons. Miroslaw Adamczyk, nunzio apostolico in Liberia, Gambia e Sierra Leone (titolo personale di arcivescovo);
  • PLESTIA: mons. Francisco José Villas-Boas Senra de Faria Coelho, ausiliare del vescovo di Braga in Portogallo;
  • SPELLO: mons. Piergiorgio Bertoldi, nunzio apostolico in Burkina Faso e Niger (titolo personale di arcivescovo);
  • TREVI: mons. Paolo Schiavon, già ausiliare del vescovo di Roma.
(post aggiornato il 16 febbraio 2022)]]>
Innovazione e cambiamento https://www.lavoce.it/innovazione-e-cambiamento/ Thu, 30 Jul 2015 09:38:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41116 Il Consiglio regionale in assemblea
Il Consiglio regionale in assemblea

Innovazione e cambiamento: sono le due parole d’ordine presenti nelle linee programmatiche della legislatura regionale guidata dalla Marini.

La Presidente ha rimarcato l’attenzione “alla persona, agli imprenditori e ai lavoratori che creano valore, all’ambiente e al territorio”.

Il suo discorso programmatico è stato approvato con 13 voti a favore (Pd, Upu, Ser) e 8 contrari (Ricci presidente, Forza Italia, Lega nord, Fratelli d’Italia, Movimento 5 stelle).

Sono stati anche annunciati alcuni provvedimenti entro pochi mesi: il completamento del percorso di riorganizzazione delle agenzie regionali e delle partecipate, il contenimento del consumo del suolo e la riqualificazione edilizia.

Catiuscia Marini ha fatto riferimento a una “fase complessa ma affascinante, perché guidata da innovazione e spirito riformatore. “Scelgo di stare dalla parte e degli innovatori e dei riformatori, rifuggendo i populismi e le scorciatoie”; ma servirà “studio e creatività, anche in campo amministrativo. Mi aspetto il contributo di tutti, e spero quest’assemblea sappia ‘contaminarsi’ con quello che c’è lì fuori, sapendo interpretare bisogni e speranze”.

La Presidente ha fatto un confronto con la precedente legislatura: “Cinque anni fa – ha detto – Giunta e maggioranza erano consapevoli che avremmo dovuto gestire una lunga fase di crisi. Ora, in questa, alla luce di alcuni indicatori economici che ci fanno pensare che non siamo più sotto i colpi durissimi della crisi, dovremo rafforzare l’economia puntando alla creazione di più posti di lavoro”.

La Marini nel suo intervento ha parlato di riforma della pubblica amministrazione, definendo la Regione come una “casa di vetro, in grado di fornire informazioni a cittadini e imprese”. E ha annunciato anche il riassetto della partecipate e delle agenzie, puntando a una “agenzia multifunzionale della Regione Umbria, quale braccio operativo per tutti i servizi di supporto alla competitività delle imprese e del lavoro”.

Molto spazio è stato dedicato ai temi del welfare e della sanità. La Marini ha fatto riferimento alla necessità di una “nuova coesione sociale” che sappia misurarsi con i nuovi bisogni della società, da costruire insieme a imprese con le quali “sperimentare l’innovazione”.

Per la sanità, la sfida interessa la sostenibilità economica del sistema e il suo carattere universalistico: “Tutti devono dare una mano sulle riforme, anche superando i localismi”.

Quattro saranno gli obiettivi strategici di legislatura: il nuovo Piano sanitario, l’attuazione del Piano di prevenzione 2014-2018, del Patto della salute 2014-2016, la gestione delle liste di attesa. Tra le priorità delle infrastrutture, la manutenzione ordinaria e straordinaria del tratto umbro della E45, l’apertura della Perugia-Ancona, il completamento della Quadrilatero e della Terni-Orte.

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E festa sia! E grossa https://www.lavoce.it/e-festa-sia-e-grossa/ Thu, 30 Jul 2015 09:09:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41115 Chiesa di Maria Assunta a Collestrada
L’interno della chiesa dell’Assunta a Collestrada

Sarà “Festa grossa” a Collestrada. Dal 6 al 15 agosto torna la festa della Madonna Assunta in cielo (meglio nota come Festa grossa), evento religioso e civile di antichissime origini, che si svolge nel borgo medievale della frazione perugina ogni cinque anni ad agosto.

L’iniziativa è organizzata dall’associazione “Colle della Strada”, in collaborazione con il Comune di Perugia e con il patrocinio della Regione, della Provincia e di numerosi enti.

“Questa festa – ha sottolineato l’assessore alla Cultura del Comune, Teresa Severini, nel corso della conferenza di presentazione dell’evento – risponde a quella volontà di valorizzare i nostri borghi e la loro storia, peculiare in tanti suoi aspetti”.

“Collestrada – ha spiegato, a tal proposito, la prof.ssa Paola Monacchia – ha una storia unica nel suo genere, perché lo stesso soggetto che la fondò più di otto secoli fa, cioè il Comune di Perugia, ne è ancora oggi proprietario. Intorno al 1209, infatti, Perugia strappò il territorio ad Assisi e vi fondò l’unico lebbrosario del Comune. La storia narra che nel 1216 san Francesco d’Assisi, tornando da Perugia dove aveva incontrato Onorio III che gli aveva concesso l’indulgenza nota come ‘Perdono di Assisi’, vi si fermò a pernottare”.

“Intorno alla metà del Cinquecento poi – continua -, dopo aver debellato la malattia, i beni del lebbrosario vennero devoluti all’ospedale Santa Maria della Misericordia, che vi stabilì un’azienda agricola. Recentamente il borgo è tornato sotto il diretto controllo del Comune, anche se, in realtà, non lo aveva mai lasciato, dato che anche l’ospedale era, ai tempi, comunale”.

La Festa grossa risale a questo glorioso passato. La sua esistenza è documentata con certezza dal 1884, ma le sue origini sono sicuramente precedenti. Per l’edizione 2015 gli eventi proposti sono tanti ed eterogenei: da quelli religiosi con celebrazioni liturgiche, momenti di preghiera e riflessione, a quelli ricreativi con teatro, concerti, sport, giochi popolari. Ma anche mostre sul territorio, laboratori, lavorazione della creta, lettura animate. E ancora spazio alla storia del borgo e dei suoi mestieri con artigiani che, per le vie, si cimenteranno nella scultura, lavorazione del legno e del venco, telaio (per il programma dettagliato: www.colledellastrada.com).

Tenendo un occhio al passato, c’è, però, anche chi già pensa al futuro. È pronto – e in attesa di prendere corpo – un progetto di riqualificazione del borgo che ne prevede non solo il restauro architettonico, ma una vera e propria rinascita con nuove aree verdi, giardini, parcheggi ed edifici ristrutturati.

 

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Regione. L’impresa della cultura https://www.lavoce.it/marini-il-futuro-imprese-culturali/ Thu, 23 Jul 2015 09:20:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39923 apertura-culturaRiuscirà l’Europa dove non è riuscita la politica? Avete presente le infinite code agli assessorati alla cultura regionale, provinciale e comunale, per chiedere finanziamenti per le più diverse iniziative culturali?

Dalla pubblicazione del libro alla rassegna di danza, dal restauro dell’affresco alla mostra d’arte moderna, dalla manifestazione storica ai concerti di musica varia, ecc ecc.

La coda in effetti negli ultimi anni si è sfoltita per mancanza di soldi, con annunci di “ultima edizione” di manifestazioni “per colpa” dell’ente pubblico di turno che non dà più il contributo.

Questo lo scenario in cui si pone il discorso che la presidente della Regione, Catiuscia Marini, ha tenuto lunedì 20 luglio, in un’affollatissima Aula Magna del complesso monumentale di San Pietro a Perugia, di fronte alle istituzioni e agli operatori della cultura della regione.

Uno degli incontri che sta tenendo con le diverse categorie sulle nuove politiche programmatiche per il quinquennio 2015-2020.

La presidente, insieme alla neo assessore alla cultura, Fernanda Cecchini, ha detto chiaramente che se non fosse per i fondi europei la Regione non avrebbe di che spendere per la cultura, ma per averli l’Europa mette delle condizioni che cambiano alla base il modo di pensare e soprattutto di operare del settore.

Le risorse “verranno meno nei prossimi anni sia per la gestione che per le spese ordinarie di mantenimento dei beni e delle attività culturali” ma, ha aggiunto Marini, “contemporaneamente potremo utilizzare quelle comunitarie previste per la creatività, per l’innovazione, per la formazione, (qualche decina di milioni di euro in 5 anni)”.

“L’Europa ci chiede di individuare i cosiddetti ‘grandi attrattori culturali’ della regione e l’Umbria nel suo insieme siamo convinti sia il più forte attrattore”, ha detto la Presidente evidenziando poi la necessità di “un nuovo modello organizzativo” per poter accedere ai Fondi comunitari, un modello che faccia “perno sulle imprese culturali, soprattutto per la gestione”, imprese che creino lavoro.

L’altra parola chiave, ha aggiunto, è il “fare rete” “per raggiungere dimensioni ed economie di scala significative”. Per la Presidente l’Umbria “è all’avanguardia in

termini di diffusione delle risorse culturali di qualità in tutto il territorio”. In tutto ci sono 120 musei tra pubblici e privati, compresi i 13 della Rete dei musei ecclesiastici dell’Umbria, ben rappresentati alla conferenza dalla vicepresidente Catia Cecchetti e altri consiglieri Meu.

Esistono già forme di rete “ma la situazione vede ancora singole iniziative chiuse nelle loro angustie gestionali e finanziarie”. Ha poi parlato della necessità di una “revisione della legislazione, arrivando ad una Legge quadro regionale in materia di cultura e della sua valorizzazione” visto che tra l’altro è cambiata in questo settore anche la legislazione nazionale.

Il tavolo dei relatori durante l’incontro della conferenza regionale della cultura
Il tavolo dei relatori durante l’incontro della conferenza regionale della cultura

Va fatto inoltre ogni sforzo “per ampliare la partecipazione dei privati e delle Fondazioni “sfruttando la recente legislazione nazionale che promuove tale partecipazione”. Infine nell’anno del Giubileo straordinario – ha sottolineato ancora la Marini – la collaborazione con la Conferenza episcopale umbra e con i referenti del più significativo patrimonio culturale dell’Umbria è fondamentale.

Alla conferenza erano pre

senti Franco Moriconi, rettore dell’Università degli studi di Perugia e presidente della Fondazione per l’Istruzione agraria, Francesco Tei, direttore Dipartimento di Scienze agrarie alimentari ed ambientali Università di Perugia, Luisa Montevecchi, segretario regionale Mibact per l’Umbria, Giorgio Armillei, coordinatore Consulta Cultura Anci Umbria, mons. Mario Ceccobelli, delegato Beni culturali della Ceu.

 

Beni culturali ecclesiastici anima della cultura umbra

Beni ecclesiastici. Per mons. Ceccobelli (Ceu) c’è bisogno di maggiore sinergia tra pubblico e privato. Necessari fondi non solo per la valorizzazione ma anche per la gestione

“Le diocesi umbre con le loro 500 e più parrocchie, e i santuari custodiscono la gran parte dei beni culturali della regione. Alcune chiese monumentali rappresentano esse stesse opere d’arte e richiamano migliaia di visitatori. Ma, al di là, dei grandi centri d’arte, vi è una miriade di chiese, cappelle,

oratori e conventi di indubbio valore artistico. Essi rappresentano la ‘vera anima’ della cultura umbra, che si è formata attraverso i secoli grazie alla fede e alla pietà popolare”. Ha sottolineato così l’importanza del patrimonio culturale delle Chiese umbre, mons. Mario Ceccobelli, intervenuto alla conferenza in rappresentanza della Conferenza episcopale umbra.

Un patrimonio immenso del quale “l’ente pubblico deve farsi carico poiché, anche se non gli appartiene giuridicamente, fa parte integrante dei beni pubblici della nostra terra” ha detto il vescovo ricordando “che le diocesi, le parrocchie e le comunità religiose a stento riescono a tutelare e prima ancora a salvare e rendere fruibili” beni tra i quali ci sono chiese “cariche di opere d’arte” ma chiuse da anni perchè non gli si può garantire adeguata custodia.

Mons. Ceccobelli ha poi ricordato il processo di inventariazione dei beni culturali ecclesiastici portato avanti grazie al contributo dell’otto per mille e della realtà della Rete museale ecclesiastica umbra, che comprende 13 musei. Ricordando la collaborazione e sinergia tra Rete museale e Regione mons. Ceccobelli ha chiesto “tavoli di lavoro periodici con l’assessorato e gli uffici competenti regionali” per poter formulare “progetti e iniziative in grado di consolidare e potenziare lo straordinario patrimonio culturale umbro”.

In questa direzione va anche la necessità di trovare, ha aggiunto, “la possibilità di finanziamenti non solo destinati alla valorizzazione ma anche alla gestione dei musei ecclesiastici”, indicando tra le necessità quella di “modificare le normative che impediscono alle diocesi dell’Umbria l’accesso ai finanziamenti europei”.

Di fronte alle tante emergenze evidenziatesi a seguito dei recenti censimenti sul patrimonio architettonico, storico artistico, archivistico e bibliografico attuato dalla diocesi umbre, difficili da gestire per mancanza di risorse pubbliche, Ceccobelli ha infine auspicato la “stipula di un Accordo di Programma Quadro coordinato dalla Regione con l’adesione dello Stato e della Conferenza episcopale umbra, rivolto a mettere insieme le competenze, le risorse economiche, l’individuazione di effettive priorità, da sostanziare in un programma operativo pluriennale che potrebbe essere un tentativo di soluzione di un problema che riguarda tutti”.

 

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Agricoltura da Oscar! https://www.lavoce.it/agricoltura-da-oscar/ Thu, 23 Jul 2015 08:00:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39842 I vincitori degli Oscar Green 2015
I vincitori degli Oscar Green 2015

L’agricoltura umbra? Un’eccellenza… da Oscar! Mercoledì, presso il Golf Club Perugia di Santa Sabina, la Coldiretti Giovani Impresa Umbria ha consegnato gli Oscar Green 2015, gli Oscar dell’agricoltura umbra, a quattro aziende del territorio che si sono particolarmente distinte per innovazione, ricerca e diversificazione.

L’Agriavicola Piccioni Italiani di Vadim Menconi di Spoleto, ha conquistato la categoria “Impresa 2.terra”, grazie all’idea di selezionare, in condizioni di benessere, le più prestigiose razze di piccioni da carne 100% Made in Italy. Attualmente dispone di 2500 coppie di piccioni riproduttori, alimentati di sole granaglie: i prodotti vanno dal piccioncino fresco e congelato, al ragù e paté di piccione, con la novità assoluta di quest’anno, il “piccione arrosto in lattina”.

Per la categoria “Campagna Amica”, il vincitore è Peter Virdis, dell’azienda Solana di Perugia, il cui prodotto principe è il formaggio di pecora e capra. Il tutto grazie all’allevamento di 600 pecore nelle campagne perugine, che gli permettono di “raggiungere” i consumatori nel Mercato di Campagna Amica e nel proprio punto vendita aziendale. Il laboratorio di trasformazione aziendale si avvale di tecniche e attrezzature all’avanguardia; da quest’anno 100 capre gli consentono di produrre formaggio da latte crudo di capra.

Per la categoria “We Green” a vincere è stato Luca Girolamo Stalteri dell’azienda “Il Lombrico Felice” di Città di Castello, con un’agricoltura biologica e fattoria didattica che punta sul rispetto ambientale. Il suo modello mira alla tutela del paesaggio ripristinando colture ormai abbandonate, alla promozione della filiera corta con il rispetto della stagionalità delle produzioni, a diffondere la conoscenza dell’origine dei prodotti agricoli. Tra le produzioni, ortaggi e cereali ma anche allevamenti rustici di polli, oche, anatre, oltre a miele e IV, V gamma.

Infine Borgobrufa SPA Resort di Torgiano è la vincitrice della categoria “Fare Rete”: la più grande della regione, con i suoi 1200 metri quadri di area benessere, ha aderito, prima struttura del genere in Italia, al progetto Campagna Amica Coldiretti, con l’allestimento di un’Isola della Bottega Italiana di Campagna Amica al suo interno.

Grazie a questa iniziativa i visitatori della SPA possono gustare, fin dalla colazione, i sapori autentici dell’agricoltura locale e italiana delle imprese Campagna Amica Coldiretti. Dal miele ai cereali, dalle confetture ai formaggi. Ma non solo: nel ristorante interno, accreditato come “Campagna Amica nel Piatto”, un apposito menù valorizza le eccellenze “tricolori” e umbre.

A potenziare il “wellness”, per trattamenti e azioni di bellezza, sieri e creme all’olio e al vino, sempre provenienti da un’azienda umbra. Infine, oltre alla possibilità di acquistare souvenir gastronomici presso l’Isola della Bottega Italiana, si possono contattare gli agricoltori per una visita presso le aziende e gli spacci di vendita diretta del territorio.

 

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Tre patti per la sicurezza https://www.lavoce.it/tre-patti-per-la-sicurezza/ Wed, 08 Jul 2015 08:03:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=37791 La firma dei protocolli: Andrea Romizi, Antonella De Miro, Gianpiero Bocci, Catiuscia Marini, Nando Mismetti
La firma dei protocolli: Andrea Romizi, Antonella De Miro, Gianpiero Bocci, Catiuscia Marini, Nando Mismetti

Per sentirsi più al sicuro in casa propria e per strada, non basta il lavoro prezioso degli uomini e donne delle varie forze di polizia.

Servono invece l’impegno e la partecipazione attiva e coordinata degli organi dello Stato, delle istituzioni, dei cittadini e delle loro associazioni e comitati, che sempre più numerosi stanno nascendo in Umbria.

Di questo nuovo clima di “sicurezza partecipata” sono espressione i tre protocolli che venerdì scorso sono stati firmati nella Prefettura di Perugia dal sottosegretario all’Interno Gianpiero Bocci, dal prefetto Antonella De Miro, dai presidenti della Regione e della Provincia, Catiuscia Marini e Nando Mismetti, e dal sindaco perugino Andrea Romizi.

Prevedono un maggior coordinamento tra forze di polizia statali e vigili urbani e tra Stato e istituzioni locali, con scambi di informazioni frutto delle rispettive attività e banche dati, risorse fornite dalla Regione per nuovi strumenti e mezzi di trasporto e per la formazione e l’aggiornamento professionale degli operatori, controlli e vigilanza per la sicurezza del territorio anche con apparati di videosorveglianza.

Particolare attenzione verrà dedicata alla prevenzione delle infiltrazioni delle organizzazioni mafiose nell’economia locale con l’esame incrociato sui contratti di appalto e sui fornitori della pubblica amministrazione, ma anche su lottizzazioni e cantieri privati e su acquisizioni e passaggi di proprietà di aziende e esercizi commerciali che potrebbero nascondere operazioni di riciclaggio di soldi della criminalità organizzata.

Il sottosegretario Bocci ha inoltre annunziato che nei mesi estivi arriveranno in Umbria una cinquantina tra carabinieri, poliziotti e operatori della Guardia di finanza.

Questi protocolli – ha detto il prefetto Antonella De Miro – sono il risultato di un “lavoro comune di tutte le istituzioni su strategie e azioni per rendere più vivibile il territorio. Contro la microcriminalità, ma anche – ha sottolineato – per alzare barriere contro il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata nella nostra economia e nella nostra società. Protocolli – ha concluso il prefetto – che vogliono essere anche un punto di partenza per nuovi modelli operativi e organizzativi di questa sicurezza partecipata”.

La Regione – ha detto la presidente Marini – ha sottoscritto due di questi accordi: uno con il ministero dell’Interno per la sicurezza urbana in tutte le città dell’Umbria e l’altro per “Perugia sicura” insieme alla Prefettura, la Provincia e il Comune. “Siamo convinti – ha aggiunto – che questa sia la migliore strada per dare ai cittadini maggiore sicurezza, facendo ciascuno di noi la propria parte con spirito di leale collaborazione istituzionale e secondo il principio di sussidiarietà”.

Anche il sindaco Andrea Romizi ha sottolineato la “bontà” di “questo lavorare insieme” delle istituzioni ma – ha aggiunto – “è importante e fondamentale l’impegno diretto dei cittadini che vivono nelle aree critiche”.

Le statistiche – ha osservato il presidente della Provincia di Perugia, Nando Mismetti – dicono che negli ultimi anni è diminuito il numero dei reati denunciati ma i cittadini, in questi momenti di profondo disagio sociale, si sentono meno sicuri. Per questo – ha sottolineato – anche la Provincia, pur nelle tante incertezze del suo ruolo dopo la riforma dell’ente, non poteva mancare in questo progetto che vede le istituzioni e le forze di polizia “fare rete” per una risposta concreta alle preoccupazioni della gente.

Nel suo intervento il rappresentante del governo, il sottosegretario Bocci, ha detto che l’Umbria sta diventando un modello nelle politiche per la sicurezza con questo “lavorare insieme” di diversi soggetti che da “utenti diventano attori” e con la Regione che mette a disposizione risorse e servizi. Il protocollo per prevenire le infiltrazioni mafiose – ha aggiunto – “è un grande passo” e nell’insieme i tre accordi costituiscono una “bella e solida cornice” per affrontare con successo problemi e situazioni diverse, rispondendo così alla richiesta di maggiore sicurezza che arriva anche dalla gente dell’Umbria.

In sintesi

L’accordo triennale tra Regione e ministero dell’Interno per la sicurezza urbana prevede, tra l’altro, un maggiore coordinamento tra polizia, carabinieri, Guardia di finanza e vigili urbani, scambio di informazioni e sinergia tra le loro sale operative. La Regione fornirà ai vigili urbani veicoli a basso impatto ambientale e si impegnerà per il pronto utilizzo di beni confiscati alla mafia, che in Umbria sono una trentina. Beni che spesso restano per molto tempo inutilizzati per difficoltà burocratiche o perché mancano fondi per renderli agibili.

Con il protocollo biennale per prevenire le infiltrazioni mafiose, Prefettura e Comune di Perugia vigileranno insieme su appalti e contratti pubblici, anche per importi inferiori a quelli previsti dalla normativa antimafia. Accertamenti che verranno estesi anche alle attività private in settori economici ritenuti a rischio come quelli dell’edilizia e del commercio. È prevista anche un’azione comune per contrastare l’immigrazione irregolare, l’occupazione abusiva di edifici e irregolarità nella locazione di abitazioni.

È stato infine rinnovato il Patto per Perugia sicura (la prima firma è del 2008) che impegna Comune, Prefettura, Regione e Provincia. Verrà rafforzata la vigilanza delle forze di polizia non soltanto nel centro storico ma anche nelle periferie e nelle frazioni. Saranno intensificati i controlli in esercizi pubblici e abitazioni private considerate “a rischio”. Sarà potenziata la rete di videosorveglianza. La Regione, attraverso l’Ater, fornirà locali per posti di polizia nel centro storico.

Risposta importante ma insufficiente

Questi protocolli sono una risposta importante al problema altrettanto importante della sicurezza, sul quale si sono giocate tante campagne elettorali. Ma è una risposta parziale e insufficiente: un’aspirina per un malato che avrebbe bisogno di medicinali più forti.

La risposta vera è la “certezza della pena”, che in Italia non c’è. Abbiamo un Codice penale e un sistema giudiziario macchinoso e garantista a senso unico: nei confronti dell’indagato e imputato, ma non nei confronti di chi è vittima del reato. Inutile ricordare la lunghezza dei processi, con la tagliola della prescrizione e i tre gradi di giudizio necessari perché la pena diventi definitiva.

Così nell’attesa (mediamente sei anni, ma fino a dieci) di una sentenza definitiva della Cassazione, anche un imputato pluricondannato – ma formalmente incensurato – difficilmente resta a lungo in carcere. Il ladro, lo spacciatore, il rapinatore può continuare per anni a fare il suo “lavoro” e, se arrestato per l’ennesima volta, con un bravo avvocato esce dal carcere dopo pochi giorni.

Accade così che con i tanti disperati in fuga da povertà e guerre arrivano in Italia anche delinquenti che vengono a “lavorare” (spaccio, furti, ecc.) e dopo qualche anno – con qualche arresto e pochi giorni di carcere – tornano in patria con un bel gruzzolo per comprarsi una bella casa o un negozio. Alcune recenti indagini hanno dimostrato, ad esempio, che da un quartiere di Tunisi arrivano a Perugia persone che hanno già in tasca una mappa della città con i luoghi dello spaccio e i numeri di telefono di clienti e fornitori.

 

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L’Umbria vista dall’alto https://www.lavoce.it/lumbria-vista-dallalto/ Thu, 02 Jul 2015 10:17:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=37152 Una delle sale espositive della mostra a palazzo Baldeschi
Una delle sale espositive della mostra a palazzo Baldeschi

C’è un’Umbria sconosciuta ai più perché si può vedere solo dall’alto: un territorio sbalorditivo che, come nella sindrome di Stendhal, “può provocare vertigini”.

“Vertigine Umbra” è una grande mostra che ci vuole restituire numerosi e significativi brani paesaggistici e architettonici della regione pressoché ignoti, colti da ottiche e strumenti diversi.

Si è partiti dal drone, oggi tanto di moda, che ha ripreso l’Umbria in lungo e in largo, sorvolando a volo d’uccello boschi e colline, fiumi e laghi, accarezzando poi architetture e case dei borghi.

Più ardite nella loro evidente incertezza le immagini girate dal parapendio e dall’elicottero. Fredde le aerofotogrammetrie e i plastici a uso militare.

C’è anche un pizzico di storia e allora ecco la cartografia dell’Umbria: dallo Schedel del 1493, dal Piccolpasso del 1579, dal Blaeu secentesco, alla celeberrima stampa di Perugia del Mortier del 1724.

Erano invece alquanto conosciuti gli scatti di fotografie dall’aereo di Paolo Ficola (Ars Color): immagini di un’Umbria multiforme, fantastica, di borghi dalle piante ordinate, di fiumi che s’insinuano fra le curve delle colline verdi e raggiungono catene montuose lontane.

Fotografie, spesso, che tradivano un gusto pittorico, nel senso che coglievano aspetti e colori dell’Umbria che ricordano Perugino, Piero della Francesca, e poi Dottori e Burri, ma anche Mondrian: paesaggi dal vero o idealizzati.

Facile allora pensare all’Aeropittura avendo in Umbria il maestro di questo svolgimento futurista, Gerardo Dottori, e fra i suoi seguaci Alessandro Bruschetti. Le visioni dall’alto, distorte e dilatate, capovolte, a fish eye, spesso realiste, più spesso trasfigurate, come recitano i canoni della poetica del Manifesto dell’Aeropittura futurista del 1931 e quelli del Manifesto Umbro dell’Aeropittura Futurista del 1941 di Dottori, sono l’ultimo e probabilmente il più importante capitolo di questa mostra, soprattutto nell’aspetto, come accennato, del confronto – incontro, della contaminazione con le immagini, fisse o in movimento.

Nasce così “Vertigine Umbra”, voluta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e dal suo presidente Carlo Colaiacovo, realizzata da Cariperugia Arte, presieduta da Giuseppe Depretis, diretta da Maria Cristina De Angelis, aperta a Palazzo Baldeschi al Corso fino al 25 ottobre (chiuso il lunedì), con la collaborazione per la parte pittorica degli Archivi Dottori dotata di un bel catalogo di Aguaplano di Raffaele Marciano con introduzione di Grohmann, un testo di Andrea Baffoni, apparati di Francesca Duranti e un testo del sottoscritto.

Un lungo percorso espositivo diviso in sezioni dedicate ai singoli autori: una sessantina le fotografie di Ficola, 24 i dipinti di Dottori e 5 di Bruschetti, alcuni dei quali inediti o esposti per la prima volta, e poi la grande sala dedicata ai confronti, alcuni sbalorditivi come “Aeropittura” di Dottori (primi anni Trenta) vicino alle foto dall’alto di Melezzole e Paciano; si possono vedere anche film e documentari rarissimi come quello sull’Umbria di Folco Quilici e Pittori con le ali restaurato dalla Fondazione per l’occasione.

Sulla mostra hanno messo gli occhi Sviluppumbria e il Centro estero della Camera di Commercio, come veicolo in grado di rappresentare bene l’Umbria a livello internazionale, tant’è che l’iniziativa è stata presentata a Milano, nell’ambito di Expo e di Umbria Experience nello spazio dell’Adi, Associazione per il Design industriale, con contorno musicale del gruppo umbro Tritone.

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Un’identità e un territorio https://www.lavoce.it/unidentita-e-un-territorio/ Thu, 18 Jun 2015 08:47:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36168 incontro_amici-voce-2014Sarà un incontro festoso, quello che faremo sabato 27 giugno prossimo al centro di Perugia, nel suo cuore più intimo, nel chiostro del Capitolo dei canonici dove è situato il Museo diocesano e la sala Dottorato. In questa sala nei secoli scorsi, quando all’università di Perugia era attiva la facoltà di Teologia, si discutevano le tesi di laurea.

È bello e opportuno ritrovarci insieme dopo molto tempo, da quando nella basilica di Santa Maria degli Angeli ci siamo scambiati gli auguri per il sessantesimo de La Voce e abbiamo rivolto preghiere di ringraziamento e di supplica perché la voce di chi annuncia il Vangelo, non solo la nostra, non si estingua.

Per la nostra parte abbiamo fatto di tutto perché il settimanale che porta con sé anni e storia potesse reggere alla sfida dei tempi. Questa, come tutti sanno, o possono facilmente intuire, è costituita dalla velocissima trasformazione della società, della cultura, delle tecnologie e della comunicazione.

Si dice che non si legge più, soprattutto non si affrontano determinate letture che appaiono più impegnative, quelle che fanno riflettere. Reggono i giornali sportivi, mentre le case editrici che avevano collane di libri di poesia vengono chiuse. In compenso si è collegati attraverso internet a notizie e programmi di vario genere, informativi o di spettacolo o di giochi e si è connessi con persone in rete per un dialogo virtuale.

Anche La Voce è in internet, ha un sito e invia una newsletter a chi è abbonato. Ci stiamo da qualche anno aggiornando e modernizzando per stare al passo coi tempi. Ma la nostra intenzione è quella di rimanere quello che siamo all’origine, un giornale della Chiesa e del territorio, nello specifico del territorio umbro: otto diocesi, migliaia di soggetti religiosi, parrocchie, santuari, conventi, confraternite, gruppi e movimenti ecclesiali.

Il settimanale offre un’occasione di conoscenza che spesso manca e che, sinceramente e dolorosamente, non riusciamo, se non in parte, a realizzare. Vi sono in Umbria tante realtà umane e sociali, religiose, artistiche che rimangono perle nascoste. Un esempio: ritornando da un convegno a Camaldoli degli amici sono andati a cercare Pieve De’Saddi nella diocesi di Città di Castello. Ce n’è voluto per trovarla, ma poi hanno scoperto una chiesa che parla di cuore e inserita in una grande e sofferta storia.

L’incontro, al quale sono invitati vecchi e nuovi amici, si pone come momento di riflessione per rimarcare la nostra identità e il nostro modo di comunicare attraverso suggerimenti da parte di chi legge e pensa, si rapporta con quello che sa e quello che desidererebbe sapere, sia della Chiesa, sia del territorio: non solo del territorio religioso, le chiese, ma del territorio abitato da cittadini e comunità con tutti i problemi che questo tempo ci impone. All’appuntamento sarà presente il vescovo, il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale umbra.

L’Incontro

L’incontro degli “Amici de La Voce” si terrà sabato 27 giugno, alle ore 10, nella sala del Dottorato. Dopo un primo momento di preghiera e saluto del card. Bassetti, ci saranno le relazioni della Direzione, dell’Amministrazione e dei singoli corrispondenti.

 

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Chi va piano, va sano e solidale https://www.lavoce.it/chi-va-piano-va-sano-e-solidale/ Tue, 09 Jun 2015 15:17:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=35165 Foto di gruppo dei partecipanti alla camminata lenta
Foto di gruppo dei partecipanti alla camminata lenta

Una giornata insieme per (ri)scoprire la bellezza che ci circonda e i valori della condivisione e del rispetto della natura. Domenica 7 giugno è andata in scena la seconda edizione di “Slow Foot”, la “camminata lenta” promossa dall’associazione Altotevere senza frontiere in occasione della Giornata mondiale della lentezza.

Un percorso ad anello fra antiche chiese e resti medievali nel territorio di Città di Castello e San Giustino, che ha visto la partecipazione di 130 persone.

A fare da guida Giovanni Cangi , esperto di storia e architettura del territorio.

La passeggiata si è snodata a partire dalla chiesa di Renzetti, il piccolo borgo nei pressi di Lama famoso per il suo mulino medievale, per poi dirigersi verso Cantone, altro piccolo villaggio realizzato interamente in pietra.

Prima della pausa pranzo nell’abitato di Pescio, costruito intorno a una sorgente d’acqua purissima, la visita al punto panoramico della “Radura”, dove la vista spazia dall’Alta Valle del Tevere fino ai monti Sibillini.

Dopo la meritata sosta, ripartenza verso Passano, con la visita all’esterno della chiesa dedicata ai Santi Simone e Giuda, in stato di abbandono, e quindi l’arrivo alla splendida abbazia di Uselle infra montes , complesso restaurato in anni recenti, che sorge lungo le antiche vie di comunicazione fra Umbria, Toscana e Marche, e conserva importanti affreschi realizzati fra Trecento e Quattrocento.

“Slow Foot” si lega direttamente alla quinta edizione del Festival della solidarietà, la manifestazione promossa da Altotevere senza frontiere nei giorni 17-19 luglio al parco Ansa del Tevere di Città di Castello, che avrà come tema la condivisione, con lo slogan “ Share is Care . Sei ciò che condividi”. Tre giorni dedicati alla riflessione e al divertimento con incontri, concerti, stand gastronomico, animazione per bambini, stand delle associazioni di volontariato.

Il ricavato andrà a sostenere l’Emporio della solidarietà, il supermercato solidale per le famiglie in difficoltà del nostro territorio, e la casa famiglia per bambini della Caritas Umbria di Lescoc, in Kosovo, dove i ragazzi di Altotevere presteranno servizio anche la prossima estate.

Gli eventi di avvicinamento al 5° Festival proseguono il 12 giugno alla libreria “Paci – La Tifernate” con l’incontro “Storie di fotografia e condivisione”. Dario Antonini del “Collettivo Fotosocial” svelerà in anteprima la mostra fotografica sul tema dell’immigrazione che sarà in esposizione durante l’evento. Per informazioni: www.festivaldellasolidarieta.org .

 

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