terremoto 2023 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/terremoto-2023/ Settimanale di informazione regionale Tue, 12 Dec 2023 15:48:15 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg terremoto 2023 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/terremoto-2023/ 32 32 Esposizione di un dipinto di un allievo del Perugino dalla chiesa terremotata di Pierantonio https://www.lavoce.it/esposizione-di-un-dipinto-di-un-allievo-del-perugino-dalla-chiesa-terremotata-di-pierantonio/ https://www.lavoce.it/esposizione-di-un-dipinto-di-un-allievo-del-perugino-dalla-chiesa-terremotata-di-pierantonio/#respond Tue, 12 Dec 2023 15:47:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74264 esposizione dipinto

Anche la Cultura, attraverso la salvaguardia e la valorizzazione delle opere d’arte, trasmette speranza a comunità colpite da calamità naturali.

È il caso di Pierantonio, frazione di Umbertide, nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, epicentro del terremoto dello scorso 9 marzo, la cui chiesa di San Paterniano è stata dichiarata inagibile. Al suo interno si trova il prezioso dipinto raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra i santi Giacomo, Paterniano Vescovo, Francesco d’Assisi e Giovanni Battista, opera di Sinibaldo Ibi, allievo del grande Pietro il Perugino del quale quest’anno ricorre il V Centenario della morte (1523-2023).

Questo dipinto, in occasione del Natale, sarà esposto temporaneamente nel Museo del Capitolo della Cattedrale di Perugia del complesso monumentale Isola di San Lorenzo, nell’ambito dell’evento Qui c’è la mia vita.

L’esposizione, che rientra tra le iniziative di Tesori all’Isola, ha la finalità di valorizzare il patrimonio storico-artistico, ma soprattutto quello di approfondire tematiche, storie che possano generare un dialogo vero e un incontro vivo per tutti i visitatori.

Inoltre vuole richiamare l’attenzione su eventi di carattere sociale che hanno come protagonisti gli abitanti di territori alle prese con problematiche difficili causate da un sisma vedendoli impegnati nella ricostruzione non solo materiale ma anche sociale e culturale dei propri luoghi.

L’esposizione, fruibile ai visitatori dell’Isola di San Lorenzo fino al prossimo 7 gennaio, sarà inaugurata venerdì 15 dicembre, alle ore 17.30, dall’arcivescovo monsignor Ivan Maffeis insieme al parroco di Pierantonio don Raffaele Zampella e ai rappresentanti dell’Amministrazione comunale di Umbertide.

"Al dipinto dell’allievo del Perugino della chiesa di San Paterniano di Pierantonio -spiega l’architetto Alessandro Polidori, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali e curatore dell’esposizione- saranno affiancate alcune opere di due artisti suoi contemporanei, Paolo Bellegrandi e Riccardo Secchi, le cui tele diventano degli essenziali mediatori per comprendere le ferite provocate dal sisma e suggerire una visione, una prospettiva e un’ispirazione, affinché la bellezza possa essere la cura e l’antidoto per non lasciare che le macerie e l’inagibilità degli edifici facciano calare il buio e la vita si spenga anche in questi paesi del nostro territorio. L’iniziativa -conclude l’architetto Polidori-  è quindi un dono natalizio, l’auspicio di una nuova nascita, rivolto alle comunità colpite e a tutti i visitatori".

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esposizione dipinto

Anche la Cultura, attraverso la salvaguardia e la valorizzazione delle opere d’arte, trasmette speranza a comunità colpite da calamità naturali.

È il caso di Pierantonio, frazione di Umbertide, nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, epicentro del terremoto dello scorso 9 marzo, la cui chiesa di San Paterniano è stata dichiarata inagibile. Al suo interno si trova il prezioso dipinto raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra i santi Giacomo, Paterniano Vescovo, Francesco d’Assisi e Giovanni Battista, opera di Sinibaldo Ibi, allievo del grande Pietro il Perugino del quale quest’anno ricorre il V Centenario della morte (1523-2023).

Questo dipinto, in occasione del Natale, sarà esposto temporaneamente nel Museo del Capitolo della Cattedrale di Perugia del complesso monumentale Isola di San Lorenzo, nell’ambito dell’evento Qui c’è la mia vita.

L’esposizione, che rientra tra le iniziative di Tesori all’Isola, ha la finalità di valorizzare il patrimonio storico-artistico, ma soprattutto quello di approfondire tematiche, storie che possano generare un dialogo vero e un incontro vivo per tutti i visitatori.

Inoltre vuole richiamare l’attenzione su eventi di carattere sociale che hanno come protagonisti gli abitanti di territori alle prese con problematiche difficili causate da un sisma vedendoli impegnati nella ricostruzione non solo materiale ma anche sociale e culturale dei propri luoghi.

L’esposizione, fruibile ai visitatori dell’Isola di San Lorenzo fino al prossimo 7 gennaio, sarà inaugurata venerdì 15 dicembre, alle ore 17.30, dall’arcivescovo monsignor Ivan Maffeis insieme al parroco di Pierantonio don Raffaele Zampella e ai rappresentanti dell’Amministrazione comunale di Umbertide.

"Al dipinto dell’allievo del Perugino della chiesa di San Paterniano di Pierantonio -spiega l’architetto Alessandro Polidori, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali e curatore dell’esposizione- saranno affiancate alcune opere di due artisti suoi contemporanei, Paolo Bellegrandi e Riccardo Secchi, le cui tele diventano degli essenziali mediatori per comprendere le ferite provocate dal sisma e suggerire una visione, una prospettiva e un’ispirazione, affinché la bellezza possa essere la cura e l’antidoto per non lasciare che le macerie e l’inagibilità degli edifici facciano calare il buio e la vita si spenga anche in questi paesi del nostro territorio. L’iniziativa -conclude l’architetto Polidori-  è quindi un dono natalizio, l’auspicio di una nuova nascita, rivolto alle comunità colpite e a tutti i visitatori".

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I monaci di Montecorona preoccupati per le famiglie sfollate a causa del terremoto https://www.lavoce.it/i-monaci-di-montecorona-preoccupati-per-le-famiglie-sfollate-a-causa-del-terremoto/ Wed, 22 Mar 2023 12:00:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70905 eremo di montecorona terremoto

"Come tutti, le scosse del terremoto del 9 marzo scorso ci hanno sorpresi e anche impauriti".

A dirlo, in una toccante testimonianza raccolta dall’Ufficio stampa diocesano di Perugia, sono i dodici monaci della Famiglia Monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno che abitano, in clausura, l’Eremo di Montecorona (secolo XVI), nell’Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. È situato sulla sommità di una collina, nella zona dell’Alta Umbria interessata dal sisma di due settimane fa che ha costretto più di  settecento persone a lasciare le proprie abitazioni inagibili e la chiusura di diverse attività produttive, mettendo a dura prova le località di Pierantonio, Pian d’Assino, Badia di Montecorona e Sant’Orfeto, tra i comuni di Perugia ed Umbertide.

I monaci, nel proseguire il loro racconto, esprimono preoccupazione non per il loro monastero, che non ha sofferto danni tali da rendere inagibile l’insieme della struttura.

"Salvo -affermano- tre ambienti che dopo una verifica sono stati considerati per ora inagibili, ma per le tante persone sfollate di Pierantonio e Pian d’Assino che non possono più abitare nelle loro case per il momento, tra cui alcune famiglie a cui siamo legati. La nostra vicinanza si esprime tramite la preghiera quotidiana per gli sfollati. Preghiamo anche per le autorità civili, affinché abbiano la saggezza e la forza per prendere decisioni che tengano conto delle persone in difficoltà e diventino operative in tempi brevi".

Concludendo il racconto, i monaci di Montecorona affidano tutti al Signore nostro Creatore Provvidente e Padre Buono, fondamento saldo su cui ci possiamo appoggiare, affinché ci protegga e mantenga viva in noi la speranza, ricordando quanto scritto nel Salmo 45,1 della Bibbia: Dio è per noi rifugio e forza. Aiuto sempre vicino nelle angosce.

I monaci dell'Eremo di Montecorona

Chi sono i monaci di Betlemme? La loro famiglia monastica è nata come ordine femminile, in Francia, nel 1950, e successivamente riconosciuta dalla Santa Sede. Oggi è presente in diversi Paesi con circa trenta monasteri. Il ramo maschile, costituito nel 1976, anima alcuni monasteri in Francia, Israele e Italia, tra cui quello Montecorona.

I monaci si dedicano all’assiduo ascolto della Parola di Dio e alla preghiera del cuore in una vita di solitudine, di silenzio, di comunione liturgica e fraterna, d’obbedienza e d’umile lavoro (dal Decreto di riconoscimento della Santa Sede). La Regola di vita di questi religiosi si inserisce nell’alveo della tradizione spirituale che fa capo a San Bruno, patriarca dei monaci solitari d’Occidente. Essa prevede, all’interno di una vita di clausura, una forte dimensione di solitudine e di silenzio, unita alla presenza di un intenso vincolo comunitario. Ed è quello che si vive tra le mura dell’Eremo di Montecorona formato da diciotto celle solitarie, una chiesa ed edifici per la vita comunitaria degli stessi monaci.

L’ultima volta che questa comunità monastica ha lasciato la clausura è stato in occasione dell’arrivo a Perugia del nuovo arcivescovo Ivan Maffeis, lo scorso 11 settembre, incontrandolo nella vicina abbazia di San Salvatore in Montecorona.

Monsignor Maffeis, nelle ultime due settimane, non ha fatto mancare la sua presenza e vicinanza alle popolazioni terremotate dell’Alta Umbria, come tutta la Chiesa particolare attraverso la Caritas diocesana.

(Testimonianza raccolta con la collaborazione di Alessandro Minestrini)]]>
eremo di montecorona terremoto

"Come tutti, le scosse del terremoto del 9 marzo scorso ci hanno sorpresi e anche impauriti".

A dirlo, in una toccante testimonianza raccolta dall’Ufficio stampa diocesano di Perugia, sono i dodici monaci della Famiglia Monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno che abitano, in clausura, l’Eremo di Montecorona (secolo XVI), nell’Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. È situato sulla sommità di una collina, nella zona dell’Alta Umbria interessata dal sisma di due settimane fa che ha costretto più di  settecento persone a lasciare le proprie abitazioni inagibili e la chiusura di diverse attività produttive, mettendo a dura prova le località di Pierantonio, Pian d’Assino, Badia di Montecorona e Sant’Orfeto, tra i comuni di Perugia ed Umbertide.

I monaci, nel proseguire il loro racconto, esprimono preoccupazione non per il loro monastero, che non ha sofferto danni tali da rendere inagibile l’insieme della struttura.

"Salvo -affermano- tre ambienti che dopo una verifica sono stati considerati per ora inagibili, ma per le tante persone sfollate di Pierantonio e Pian d’Assino che non possono più abitare nelle loro case per il momento, tra cui alcune famiglie a cui siamo legati. La nostra vicinanza si esprime tramite la preghiera quotidiana per gli sfollati. Preghiamo anche per le autorità civili, affinché abbiano la saggezza e la forza per prendere decisioni che tengano conto delle persone in difficoltà e diventino operative in tempi brevi".

Concludendo il racconto, i monaci di Montecorona affidano tutti al Signore nostro Creatore Provvidente e Padre Buono, fondamento saldo su cui ci possiamo appoggiare, affinché ci protegga e mantenga viva in noi la speranza, ricordando quanto scritto nel Salmo 45,1 della Bibbia: Dio è per noi rifugio e forza. Aiuto sempre vicino nelle angosce.

I monaci dell'Eremo di Montecorona

Chi sono i monaci di Betlemme? La loro famiglia monastica è nata come ordine femminile, in Francia, nel 1950, e successivamente riconosciuta dalla Santa Sede. Oggi è presente in diversi Paesi con circa trenta monasteri. Il ramo maschile, costituito nel 1976, anima alcuni monasteri in Francia, Israele e Italia, tra cui quello Montecorona.

I monaci si dedicano all’assiduo ascolto della Parola di Dio e alla preghiera del cuore in una vita di solitudine, di silenzio, di comunione liturgica e fraterna, d’obbedienza e d’umile lavoro (dal Decreto di riconoscimento della Santa Sede). La Regola di vita di questi religiosi si inserisce nell’alveo della tradizione spirituale che fa capo a San Bruno, patriarca dei monaci solitari d’Occidente. Essa prevede, all’interno di una vita di clausura, una forte dimensione di solitudine e di silenzio, unita alla presenza di un intenso vincolo comunitario. Ed è quello che si vive tra le mura dell’Eremo di Montecorona formato da diciotto celle solitarie, una chiesa ed edifici per la vita comunitaria degli stessi monaci.

L’ultima volta che questa comunità monastica ha lasciato la clausura è stato in occasione dell’arrivo a Perugia del nuovo arcivescovo Ivan Maffeis, lo scorso 11 settembre, incontrandolo nella vicina abbazia di San Salvatore in Montecorona.

Monsignor Maffeis, nelle ultime due settimane, non ha fatto mancare la sua presenza e vicinanza alle popolazioni terremotate dell’Alta Umbria, come tutta la Chiesa particolare attraverso la Caritas diocesana.

(Testimonianza raccolta con la collaborazione di Alessandro Minestrini)]]>
Fratello Terremoto https://www.lavoce.it/fratello-terremoto/ Fri, 17 Mar 2023 17:30:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70849

Non bastavano tre anni di pandemia e oltre uno di guerra, accanto alla ultradecennale crisi economica e alle nuove questioni ambientali ed energetiche planetarie. Ci mancava un nuovo terremoto a sferzare la nostra terra umbra, che ormai da decenni sembra perennemente impegnata in una infinita fase di ricostruzione.

Quando la terra trema e provoca distruzione, l’uomo si sente quasi sempre impotente, percepisce il proprio “nulla” di fronte alle forze della natura. Quante volte - per lavoro - mi è capitato di raccontare la furia della terra e la disperazione delle persone… L’Umbria del 1997, L’Aquila e l’Abruzzo nel 2009, Spina e il Marcianese lo stesso anno, l’Emilia nel 2012, la devastazione e le vittime tra Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche nel 2016, e adesso ancora il nostro “Cuore verde”. Luoghi e situazioni anche molto diverse fra loro, che hanno però un unico comune denominatore: gli sguardi delle persone, gli occhi assonnati e stanchi, ma al tempo stesso persi e sbarrati, i volti tirati degli adulti e le domande spesso soffocate dei bambini.

Che succede ora? Che ne sarà di noi? Possibile che la nostra casa, all’improvviso, diventi un luogo ostile e pericoloso? Qualcuno potrà aiutarci? La sensazione di incertezza che segue l’essere sbattuti fuori dalla propria abitazione è una di quelle condanne che non si augurano a nessuno. Ma è proprio in un momento come questo che c’è bisogno di farsi forza gli uni con gli altri, di darsi la mano, di incoraggiarsi e di condividere fatiche e incertezze.

Gli aiuti economici per emergenze e ricostruzione che arriveranno - speriamo presto e bene - da Governo e Amministrazioni locali, da soli, non bastano. C’è bisogno di sentirsi ancora e più forte una comunità di persone che fanno squadra, che lottano insieme, che condividono speranze e rinascita. Solo così possiamo addomesticare, almeno in parte, la ferocia del sisma e imparare a convivere con fratello Terremoto.

Proprio come il lupo di Gubbio, la città medievale dove il terremoto ha colpito duramente tra il 1982 e il 1984. Il settore edile in questi quarant’anni ha saputo innovarsi e trovare le soluzioni tecniche per esorcizzare il terrore delle scosse. Quelle degli ultimi decenni hanno fatto molta meno paura e non hanno più provocato danni pesanti.

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Non bastavano tre anni di pandemia e oltre uno di guerra, accanto alla ultradecennale crisi economica e alle nuove questioni ambientali ed energetiche planetarie. Ci mancava un nuovo terremoto a sferzare la nostra terra umbra, che ormai da decenni sembra perennemente impegnata in una infinita fase di ricostruzione.

Quando la terra trema e provoca distruzione, l’uomo si sente quasi sempre impotente, percepisce il proprio “nulla” di fronte alle forze della natura. Quante volte - per lavoro - mi è capitato di raccontare la furia della terra e la disperazione delle persone… L’Umbria del 1997, L’Aquila e l’Abruzzo nel 2009, Spina e il Marcianese lo stesso anno, l’Emilia nel 2012, la devastazione e le vittime tra Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche nel 2016, e adesso ancora il nostro “Cuore verde”. Luoghi e situazioni anche molto diverse fra loro, che hanno però un unico comune denominatore: gli sguardi delle persone, gli occhi assonnati e stanchi, ma al tempo stesso persi e sbarrati, i volti tirati degli adulti e le domande spesso soffocate dei bambini.

Che succede ora? Che ne sarà di noi? Possibile che la nostra casa, all’improvviso, diventi un luogo ostile e pericoloso? Qualcuno potrà aiutarci? La sensazione di incertezza che segue l’essere sbattuti fuori dalla propria abitazione è una di quelle condanne che non si augurano a nessuno. Ma è proprio in un momento come questo che c’è bisogno di farsi forza gli uni con gli altri, di darsi la mano, di incoraggiarsi e di condividere fatiche e incertezze.

Gli aiuti economici per emergenze e ricostruzione che arriveranno - speriamo presto e bene - da Governo e Amministrazioni locali, da soli, non bastano. C’è bisogno di sentirsi ancora e più forte una comunità di persone che fanno squadra, che lottano insieme, che condividono speranze e rinascita. Solo così possiamo addomesticare, almeno in parte, la ferocia del sisma e imparare a convivere con fratello Terremoto.

Proprio come il lupo di Gubbio, la città medievale dove il terremoto ha colpito duramente tra il 1982 e il 1984. Il settore edile in questi quarant’anni ha saputo innovarsi e trovare le soluzioni tecniche per esorcizzare il terrore delle scosse. Quelle degli ultimi decenni hanno fatto molta meno paura e non hanno più provocato danni pesanti.

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