sussidiarietà Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/sussidiarieta/ Settimanale di informazione regionale Wed, 31 Aug 2022 01:46:04 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg sussidiarietà Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/sussidiarieta/ 32 32 Risposte vere, non scorciatoie https://www.lavoce.it/risposte-vere-non-scorciatoie/ Thu, 24 Sep 2015 08:42:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43452 L’immagine pubblicata sul sito web della Caritas Italiana per la presentazione del rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia
L’immagine pubblicata sul sito web della Caritas Italiana per la presentazione del rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia

La scorsa settimana è stato presentato a Roma il Rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia, elaborato da Caritas italiana, e già presentato su La Voce. I dati relativi alla povertà nel nostro Paese ci dicono che i “poveri assoluti” (coloro a cui mancano i beni essenziali per vivere) sono più di 4 milioni, pari a quasi il 7 % della popolazione nazionale, cioè più del doppio – sia in termini numerici che percentuali – rispetto all’inizio della crisi che ha investito il nostro Paese a partire dal biennio 2007-2008.

Ebbene, rispetto a questo scenario tratteggiato da Caritas italiana, la delegazione regionale Caritas, avendo a disposizione i dati dei Centri di ascolto diocesani e parrocchiali, ma soprattutto ben presenti i volti delle persone che quotidianamente vi si recano perché in stato di bisogno, non può che confermare la gravità della situazione nella nostra regione, come peraltro già da tempo segnalato anche dai Vescovi umbri.

Ciò che maggiormente colpisce nell’analisi dei dati a nostra disposizione è l’evoluzione nella tipologia delle persone e delle situazioni che incontriamo e che ci impegniamo a sostenere: i giovani, anche altamente scolarizzati, in cerca di prima occupazione, che non hanno alle spalle famiglie economicamente solide; i padri divorziati che, seppur con uno stipendio a volte dignitoso, sono schiacciati dal peso delle scadenze dei pagamenti per i debiti contratti e le obbligazioni assunte; famiglie in difficoltà estrema a causa del crollo verticale dei redditi disponibili generato dalla disoccupazione; anziani che vivono con niente perché impegnati a sostenere il peso delle famiglie dei figli; malati che non riescono a far fronte alle spese di una sanità sempre più “a pagamento”.

L’idea di affrontare questi enormi problemi con un welfare pubblico fatto di bonus, di sperimentazioni e di una tantum appare un’infondata illusione, oltre che poco riguardosa delle necessità di una crescente fetta della popolazione italiana.

Sappiamo bene che le problematiche sopra evidenziate sono assai chiare ai decisori politici umbri, a partire dalla Presidente della Regione e all’assessore alle Politiche sanitarie e sociali. Inutile allora pensare a scorciatoie, quando si affrontano questioni – come la crescente povertà generata dalla crisi socio-economica -, che rischiano di diventare stabili e strutturali, anche in Umbria.

Sempre più famiglie vulnerabili stanno diventando povere assolute. È giunto il momento di pensare a una misura universale e stabile – questa sì – di sostegno economico alle persone e alle famiglie in condizione di povertà, senza attendere una eventuale futura ripresa economica e occupazionale, i cui tempi non coincidono certo con l’attualità dei loro bisogni primari.

Certamente si tratta di una decisione che spetta al Governo nazionale, rimarcando però che la Regione Umbria ha in più di un’occasione, specie in passato, implementato con risorse proprie i Fondi nazionali di contrasto alla povertà, assolutamente inadeguati, quando a volte addirittura inesistenti. Assistiamo inoltre con favore e attenzione al dibattito politico che si sta tenendo in Regione sull’impatto della crisi socio-economica sulle famiglie umbre e alla volontà di adottare, in breve tempo, misure di sostegno in favore delle fasce più deboli della popolazione regionale.

A tutti però vorremmo ricordare le parole del direttore di Caritas italiana, don Francesco Soddu, quando ha affermato che occorre “smettere di dirsi che qualcosa è meglio di niente. Quando si parla di povertà, questo non è vero”. È invece vero che la costruzione di welfare locali attenti ai bisogni degli ultimi giova ai bilanci delle Amministrazioni nel loro complesso: coloro che investono in modo maggiore nelle politiche sociali e di sostegno alle povertà, hanno i conti più in ordine di altre che decidono di limitare le spese previsionali su tali ambiti.

La Chiesa umbra, attraverso la rete delle Caritas diocesane e parrocchiali, continuerà a fare la sua parte, senza la presunzione di poter agire da sola, ma anzi, nella consapevolezza che la sussidiarietà rappresenta certamente un valore e una risorsa irrinunciabile per le politiche pubbliche, tuttavia non può e non deve in alcun modo sostituirsi a esse.

Affinché non venga dato “per carità” ciò che spetta per giustizia, occorre – in altre parole – che la povertà sia sempre più affare di tutti, e non sfortuna di alcuni.

 

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A Perugia covegno sul welfare con il presidente di Welfare Italia Servizi, Johnny Dotti https://www.lavoce.it/a-perugia-covegno-sul-welfare-con-il-presidente-di-welfare-italia-servizi-johnny-dotti/ Wed, 25 Feb 2015 11:20:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30481 festa di compleanno alla r.p. creusa brizi bittoni
Festa di compleanno alla residenza protetta “Creusa Brizi Bittoni”

Domani, giovedì 26 febbraio (ore 9-13), a Perugia, nella suggestiva cornice del complesso ricettivo diocesano “Casa Sacro Cuore” si terrà il seminario dal titolo: “Welfare, dal desiderio al cambiamento possibile”. In serata (ore 21) nella Sala parrocchiale “Santa Maria della Speranza” in Olmo con l’incontro sul tema “Il coraggio di fare impresa” per i giovani di “Pietre Vive 2015 Verso la Pace”. L’iniziativa è promossa dalla “Società cooperativa Polis” in collaborazione con la Residenza Protetta per Anziani “Creusa Brizi Bittoni” in Città della Pieve e l’Oratorio “Don Dante Pasquini” dell’Unità pastorale di Olmo-Chiugiana-Fontana in Perugia.

Al seminario presso “Casa Sacro Cuore” parteciperanno anche alcune classi dell’Istituto scolastico superiore “Pascal” di Perugia. Tra i relatori c’è Johnny Dotti, presidente di Welfare Italia Servizi ma soprattutto pedagogista per vocazione e da sempre attivo nell’ambito dell’impresa sociale in qualità di imprenditore, che parlerà di “reti sociali: nuovi modelli di vita comunitaria”.

Ad aprire i lavori sarà Vincenzo Cappannini, presidente della “R.P.Creusa Brizi Bittoni”, che offrirà una relazione su “Oltre i soliti orizzonti… per dare senso e valore al bene comune.

A seguire gli interventi di Andrea Romizi, sindaco di Perugia, sulla “Sostenibilità e sussidiarietà… Una sfida possibile”, di Paolo Sgubin, presidente nazionale Ansdipp (Associazione Nazionale dei manager del sociale e del socio-sanitario pubblico e privato), sulla “Persona nella sua unicità… I valori prima di tutto”, di Diamante Pacchiarini, direttore sanitario Usl 1 dell’Umbria, su “Sostenibilità ed economicità… di un sistema sanitario e socio-sanitario capace di rigenerarsi e dare garanzie”, di Pino Frau, direttore Distretto socio-sanitario Cagliari Area Vasta, su “Il Punto unico d’accesso nel welfare generativo: migliori opportunità ed efficacia per le persone”, di Paola Casucci, della Direzione Regionale Salute e Coesione Sociale dell’Umbria, su “Nuove pratiche e relazioni socio-sanitarie: opportunità per le Istituzioni”, e di Gianfranco Piombaroli, presidente della “Società cooperativa Polis” e referente Ansdipp Umbria, su “Tra coraggio e utopia. Dal desiderio al cambiamento: le azioni che lo determinano”.

Il seminario “Welfare, dal desiderio al cambiamento possibile” «nasce da una serie di riflessioni, in questo particolare momento storico – spiegano i promotori –, sulla strada migliore da intraprendere per far sì che i servizi alla persona possano essere assicurati ai cittadini attraverso risposte adeguate, dal punto di vista della “tutela della dignità delle persone, della valorizzazione della rete sociale” per il superamento della diffusa frammentazione e l’“efficace utilizzo delle risorse”. E’ proprio in momenti così difficili che occorre anteporre alla parola “crisi” quella di “coraggio”, ovvero il coraggio di contribuire alla costruzione di contesti maggiormente vivibili, a misura d’uomo, proprio a partire dalla centralità ed unicità della “Persona” e dalle relazioni e dai legami con il territorio dove ognuno opera e vive».

Questo seminario, sottolineano sempre gli organizzatori, «vuole essere un primo momento di approfondimento e di confronto con le Istituzioni, il privato sociale ed esperti del settore su queste tematiche per rafforzare la voglia e il dovere di esserci. L’obiettivo è quello di proporre successivamente una giornata di studio e di approfondimento, propedeutico ed avviare un vero percorso di integrazione e co-progettazione con i soggetti della rete».

Proprio sul “coraggio di fare impresa” sarà incentrato l’incontro serale di Johnny Dotti con i giovani dell’iniziativa oratoriale “Pietre Vive 2015 Verso la Pace” di Olmo-Chiugiana-Fontana giunta alla sua settima edizione. Il presidente di Welfare Italia Servizi affronterà gli argomenti trattati al seminario del mattino attraverso anche un dialogo di domande e risposte, dove le giovani generazioni saranno incoraggiare a «fare impresa» con il sociale, soprattutto spronate a «non essere sempre trattate come uno spettatore, ma anche come un attore… Per questo sarei disponibile a trasgredire sanamente un po’ di più», evidenzia Johnny Dotti nell’affermare: «se fossi un giovane chiederei la possibilità di un inizio, chiederei di essere sfidato da cose grandi, non mi accontenterei di essere introdotto in un meccanismo. Chiederei di essere aiutato a sentirmi dentro un popolo, a fare esperienza di essere insieme agli altri… Chiederei di poter combattere la mia “buona battaglia”».

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“Europa” cioè…?: elezioni europee. Troppe “zone d’ombra” nelle proposte dei partiti https://www.lavoce.it/europa-cioe-elezioni-europee-troppe-zone-dombra-nelle-proposte-dei-partiti/ Fri, 16 May 2014 07:18:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24991 parlamento-europeo-aulaIl voto per l’elezione dell’Europarlamento del 22-25 maggio presenta contorni ben delineati accanto a questioni aperte e, perfino, “zone grigie”.

È chiaro, ad esempio, che 400 milioni di elettori, in una prova di democrazia tra le maggiori al mondo (seconda forse solo alla consultazione indiana), eleggeranno 751 eurodeputati, che animeranno per i prossimi cinque anni il Parlamento europeo, istituzione con funzioni legislative e di bilancio, organo rappresentativo dei popoli dei 28 Stati aderenti all’Ue.

All’interno della complessa architettura istituzionale dell’Unione, che comprende anche Consiglio e Commissione, l’emiciclo di Strasburgo ha anche una funzione di “controllo democratico”, riconosciuta dai Trattati. In questa direzione, l’Euroassemblea ha visto crescere negli ultimi anni i suoi poteri e le sue competenze, tanto che, in base ai Trattati, il voto influirà sulla scelta del prossimo Presidente della Commissione.

Un altro elemento incontrovertibile riguarda il momento in cui cadono queste elezioni. Soprattutto per via della crisi economica, con le sue pesanti ricadute sociali, che tormenta da sei anni il Vecchio Continente, è maturato un diffuso senso di euroscetticismo. All’Ue, infatti, sono state assegnate responsabilità dirette nella gestione della crisi, dimenticando però che è stata proprio l’Unione – chiamata in causa dagli Stati membri – a cercare di porre riparo all’instabilità dei conti pubblici. Interventi a breve sono stati realizzati per salvare diversi Stati dal default, altri, a medio-lungo termine, sono stati predisposti per evitare in futuro crisi altrettanto esplosive.

Tale euroscetticismo è uno degli elementi che ammantano le elezioni d’interrogativi: quanti elettori si recheranno alle urne? E dunque quanto sarà consistente il fenomeno dell’astensione, che solitamente rappresenta delusione e distacco da parte dei cittadini rispetto alla politica, in questo caso la politica europea? E quanto peso avranno nei seggi, e nella composizione della futura Assemblea, le formazioni politiche a vario titolo definite antieuropeiste, nazionaliste o populiste? E una volta giunte nel “palazzo”, tali forze si alleeranno tra di loro per contrastare la costruzione dell’Europa unita, oppure agiranno a ranghi sparsi, perdendo, di fatto, capacità di pesare sulle scelte dell’Ue?

C’è poi un ulteriore aspetto che la campagna elettorale in corso non sta chiarendo. Sia per parte “pro europea” (comprendente i vari partiti nazionali che dichiarano di afferire alle famiglie politiche di Popolari, Socialisti e Democratici, Verdi e Liberaldemocratici), sia sul fronte “europerplesso” o più decisamente “antieuropeo” (Fronte nazionale francese, Indipendentisti britannici, Movimento 5 stelle e Lega nord in Italia, Veri finlandesi, solo per fare qualche nome), non è sempre chiaro il progetto di Europa che si sostiene: federalista, confederalista? Con rafforzamento o meno dei poteri del Parlamento e della Commissione? Con un bilancio comunitario più elevato o più magro? Con un’estensione dei poteri della Bce oppure no?

I giorni che separano dalle urne si contano ormai sulle dita delle mani. È tempo di fare chiarezza. Di scegliere da che parte si sta. Lo devono rendere noto gli stessi partiti, i loro leader nazionali, i capi di Stato e di governo. È giusto che i cittadini sappiamo le posizioni in campo e la posta in gioco. Toccherà poi ai cittadini decidere chi sostenere, indicando – per sintetizzare – il percorso di una maggiore integrazione, rispettosa del principio di “unità nella diversità” e fondata sui valori della solidarietà e della sussidiarietà, oppure la via di un ritorno agli Stati-nazione, pienamente detentori della propria sovranità, ma soli, sempre più soli, dinanzi alle crescenti sfide della globalizzazione.

Nell’imminenza del voto, molti episcopati nazionali, gli organismi europei delle Chiese cristiane e numerosissime associazioni laicali dei diversi Stati Ue, si sono espressi con un forte incoraggiamento alla costruzione della “casa comune”, segnalando peraltro quei limiti che l’integrazione europea ha finora mostrato, così da poterli rimuovere per una Europa più giusta, aperta, fondata su valori condivisibili. Un segnale, quello proveniente dalle Chiese cristiane d’Europa, non scontato e che assume, ora, un interessante valore aggiunto.

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La Chiesa per la scuola https://www.lavoce.it/la-chiesa-per-la-scuola/ Thu, 15 May 2014 22:01:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24956 Mons. Domenico Sorrentino
Mons. Domenico Sorrentino

La scuola italiana dal Papa. Una fiumana multicolore a San Pietro il 10 maggio scorso. Perché tanto interesse della Chiesa, del Papa, per la scuola? Semplicemente perché la Chiesa è scuola essa stessa. È scuola fin dalle sue origini. Gesù non era forse chiamato rabbi, maestro? E i suoi apostoli non erano innanzitutto “discepoli”? La Chiesa nasce come un cammino educativo. Gesù è la “Parola” per eccellenza, da cui l’esistenza viene illuminata, orientata, guarita. Molti dialoghi evangelici hanno proprio il tono della scuola, di una scuola non fatta di libri, di esami e di nozioni: una scuola di vita. Si pensi a quando Gesù racconta parabole, come quella del seminatore che getta il seme su diversi terreni, e si ferma poi con i Dodici – la sua piccola “classe” – ad applicare quelle immagini alla vita. O quando chiede ai discepoli di che cosa stessero parlando, e li sorprende in una delle tentazioni più ricorrenti della nostra vita: stavano discutendo su “chi fosse il più grande”. La sua lezione si fa allora “rivoluzionaria”, rovesciamento di valori: si è grandi quando si è umili e ci si pone al servizio. O come quando, appena risorto, si pone accanto ai due discepoli di Emmaus afflitti per la tragedia che ha portato sulla croce il loro Maestro, e spiega loro, a partire dalle Scritture, che proprio così doveva accadere, ma che l’accaduto non era una pietra tombale, bensì un’esplosione di vita. E rinasce la speranza, anzi, la gioia di vivere.

Gesù fra le genti da una scena del film “The Testaments”
Gesù fra le genti da una scena del film “The Testaments”

Dalla “scuola evangelica” in poi, la Chiesa sa che ogni essere umano ha bisogno di una scuola autentica per affrontare la vita. La scuola non può essere un freddo apparato. Non ha solo bisogno di professionalità. Ha bisogno di relazioni calde e vive, in cui è coinvolta tutta la società, a partire dalla famiglia. È la famiglia la prima scuola: una scuola di testimonianza, di affetti, di valori. Sulla famiglia poi si innestano gli altri ambiti sociali, approfondendo, integrando, proponendo un orizzonte più vasto. Mai comunque prevaricando sui diritti/doveri educativi dei genitori e rispettando la persona umana nella sua esigenza di libertà, di maturazione critica, di crescita globale, nella progressiva acquisizione di un rapporto ordinato con tutto il contesto sociale. Una scuola aperta alla realtà, ha detto il Papa. Una scuola dove non si impara tutto, ma si “impara a imparare”. La scuola nasce dal valore stesso della persona umana e delle relazioni che da essa promanano. Non nasce da ideologie costruite a tavolino nella mente di solitari pensatori o di lobby che operano per occupare spazi di dominio. Lo Stato, in forza della sua funzione di sussidiarietà e di solidarietà, istituisce le sue scuole per consentire a tutti un percorso educativo e l’integrazione sociale. È chiamato al tempo stesso a valorizzare e sostenere le scuole che, per la loro qualità valoriale e professionale, sono un frutto legittimo dell’iniziativa sociale di base. Scuole “paritarie”: anch’esse sono scuola pubblica, anche se non statale. Nell’incontro festoso del 10 maggio, Papa Francesco ha voluto rilanciare, per tutta la scuola, il tema dell’educazione. Ha mostrato anche – con il linguaggio dei fatti, senza alcuno spirito di crociata – che le scuole cattoliche non operano come corpi separati, ma facendo propria questa concezione integrale dell’educazione. Un discorso che è un invito a lasciarsi alle spalle gli steccati ideologici. Di fronte a una crisi epocale che non è solo economica ma, prima ancora, antropologica, si chiede a quanti sono maturi e pensosi uno scatto di responsabilità per dismettere l’abito del pregiudizio e riaprire gli spazi di un dialogo da cui tutti abbiamo da guadagnare.

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Scuola “Toniolo”, custodia del creato nell’era della tecnica: dalla Genesi ai cyborg https://www.lavoce.it/scuola-toniolo-custodia-del-creato-nellera-della-tecnica-dalla-genesi-ai-cyborg/ Fri, 09 May 2014 11:20:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24808 Paolo Benanti durante l’incontro del 29 aprile scorso presso l’Istituto Serafico
Paolo Benanti durante l’incontro del 29 aprile scorso presso l’Istituto Serafico

“Custodia del creato nell’era della tecnica”: questo il tema magistralmente affrontato da padre Paolo Benanti – docente di Teologia morale presso la pontificia università Gregoriana – nell’incontro del 29 aprile presso l’Istituto Serafico. L’iniziativa si colloca nell’ambito del percorso promosso dalla Scuola diocesana di formazione socio-politica “Giuseppe Toniolo”, giunto al quarto appuntamento. L’intervento si è sviluppato in due parti. In un primo momento ci si è interrogati su come costruire una custodia solidale con il creato, attraverso un’analisi attenta degli aspetti che interrogano il nostro oggi, alla luce del Vangelo e dell’esperienza umana (secondo la metodologia suggerita dalla Gaudium et spes). È stato sottolineato come non ci sia attività umana che non sia, di per sé, politica, dato che ogni azione si pone necessariamente in un contesto relazionale, strutturando necessariamente la con-vivenza. Nella seconda parte della serata è stata presentata la sfida, quanto mai attuale alla luce dei rapidi progressi della tecnica, di come si possa custodire l’umano all’epoca del cyborg (organismo cibernetico). Nel corso dell’incontro, denso di stimoli, si è sottolineata l’intima connessione tra vita di fede del credente e cura dell’agire in tema di solidarietà, ribadendo come una cultura che voglia essere solidale con il creato non possa che prendere forma da quei principi che rappresentano i cardini della dottrina sociale della Chiesa: bene comune, sussidiarietà e solidarietà. Con forza è stato riaffermato come la propria storia personale sia chiamata a essere storia di salvezza. A sostenere l’impegno del singolo vi sono poi, accanto alla luce della fede, la forza dell’associazionismo e l’azione condivisa. La necessità di gestire il progresso orientandolo verso lo sviluppo è apparsa con evidenza nell’affrontare il più che mai attuale tema del cyborg, rivolto al potenziamento cognitivo umano. Attualmente, in larga misura, la ricerca mira al controllo dell’aspetto emotivo, tanto da generare un vero e proprio “mercato del potenziamento umano” diretto in particolare alla gestione dello stato di sonno-veglia e al controllo della memoria, attraverso un potenziamento della stessa o, viceversa, alla rimozione selettiva di alcuni ricordi. L’avanzare della tecnica non può – è evidente – anche in questo caso prescindere da una valutazione etica.

Il convegno

Il ciclo di incontri – previsti sempre dalle ore 19 alle ore 22, con breve pausa per la cena a buffet, presso l’Istituto Serafico – si concluderà con il convegno “Verso un nuovo modello di sviluppo”, organizzato in collaborazione con la Commissione Ceu per il lavoro, la pace e la salvaguardia del creato. Per informazioni, consultare il sito www.diocesiassisi.it o contattare la segreteria della Scuola socio-politica presso il Centro di ascolto della Caritas di Santa Maria degli Angeli in via Protomartiri francescani, o telefonare al 338 1020527.

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Quell’impareggiabile Papa “di transizione” https://www.lavoce.it/quellimpareggiabile-papa-di-transizione/ Thu, 17 Apr 2014 12:49:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24532 Giovanni XXIII saluta i fedeli dal finestrino del treno durante il viaggio a Loreto, 4 ottobre 1962
Giovanni XXIII saluta i fedeli dal finestrino del treno durante il viaggio a Loreto, 4 ottobre 1962

Che Papa Giovanni sia stato “buono” lo dice innanzitutto la bonomia del suo tratto e dei suoi rapporti con tutti, sempre sorridente, pronto a vedere il lato migliore di persone e di avvenimenti, senza furbizie ma anche senza ingenuità. Fu chiamato a succedere al grande Papa Pacelli, Pio XII, all’apparenza inflessibile e rigoroso, il Papa degli anni terribili della guerra e di violenze inaudite. È in questo scenario che Dio fece piovere il Suo segno di misericordia donando non solo alla Chiesa ma all’umanità intera un Papa mite e buono, che dice e fa con semplicità cose grandiose, a cominciare dalla ricercata pace sociale e politica. Tale si rivelò fin da subito Papa Giovanni, assumendo a ragione proprio quel nome, usato ben 22 volte dai predecessori e – se si vuole – piuttosto logoro. Il nuovo “inquilino” lo fece però rivivere in pienezza di significato, riproponendo nei comportamenti l’apostolo prediletto da Gesù, quello che, come il Maestro, diceva cose che sapevano di amore.

Già nella sua prima scelta, Papa Giovanni, figlio e fratello di contadini d’una terra italiana che sa coniugare bene lavoro e serietà di vita con l’amore di Dio, fece capire di che stoffa fosse fatta la sua personalità. Per muoversi a Venezia, sua prima diocesi, usava inevitabilmente barche e motoscafi; ma per visitare luoghi significativi della sua Chiesa, italiana e universale, scelse il treno, fosse pure bianco come la sua veste di Pastore. E in treno, atteso a ogni fermata da un subisso di gente plaudente, fece il suo primo viaggio in Umbria, ad Assisi, il 4 ottobre 1962, per rendere omaggio al Patrono d’Italia e al più santo degli italiani, Francesco d’Assisi, e affidargli la protezione del Concilio. Era la prima volta che il Papa usciva dalla “prigione dorata” del Vaticano per tuffarsi familiarmente tra la gente, prigioniero solo del suo amore.

Dopo quel viaggio, il rapporto tra Papa e popolo italiano non è stato più lo stesso: è nata una confidenza e una immediatezza che è andata sempre più crescendo, per poi a rinnovarsi con Papa Francesco.

Papa “di transizione”

Quando Angelo Giuseppe Roncalli fu eletto Papa, tutti dissero che sarebbe stato un Papa di transizione perché era anziano. Lui stesso ne era convinto e lo scrisse nel suo diario (il “giornale dell’anima” cominciato a scrivere a 14 anni), dicendo che era stato scelto come Papa di “provvisoria transizione”. Ma in quella “provvisoria transizione” fece a tempo a fare parecchie cose e a provocare un ribaltone quasi incredibile con il Concilio Vaticano II, da lui promosso nel 1962 e condotto a termine dal suo successore Paolo VI nel 1965: quattro anni di riflessioni e di decisioni dei Vescovi di tutto il mondo, che dettero a santa Madre Chiesa un volto del tutto nuovo con l’avvio d’una pastorale evangelizzatrice, missionaria, integrata.

Scriveva da nunzio apostolico, nel suo Giornale dell’anima (paragrafo 824):”Il mio temperamento e l’educazione ricevuta mi aiutano nell’esercizio dell’amabilità con tutti, della indulgenza, del garbo, della pazienza. Non recederò da questa vita: san Francesco di Sales è il mio grande maestro. Oh!, lo rassomigliassi davvero e in tutto!… Io lascio a tutti la sovrabbondanza della furberia e della cosiddetta destrezza diplomatica, e continuo ad accontentarmi della mia bonomia e semplicità di sentimenti, di parola, di tutto. Le somme, infine, tornano sempre a vantaggio di chi resta fedele alla dottrina e agli esempi del Signore!”. Questi erano i sentimenti del card. Angelo Giuseppe Roncalli, e questi furono i comportamenti di Giovanni XXIII, che oggi proclamiamo gioiosamente santo per solenne definizione di Papa Francesco, che molto gli assomiglia.

La “Mater et Magistra”

Nel suo prolungato servizio di nunziatura ebbe sempre cura della verità e della carità, nel linguaggio e nei gesti, dall’aiuto agli ebrei ai soccorsi per gli ortodossi, a Sofia in Bulgaria come a Istanbul in Turchia, o nella Parigi del generale De Gaulle, il quale non voleva persone compromesse con il regime di Pétain, e per questo rifiutò malamente il nunzio Valerio Valeri. Anche la Chiesa cattolica aveva i suoi problemi disciplinari e dottrinali, muovendosi tra i postumi del dopoguerra e le violenze del mondo comunista, con l’urgenza ormai improrogabile di una nuova evangelizzazione.

Papa Giovanni, turbato dalle rovine fisiche, morali, sociali prodotte dall’ingiustizia, che faceva da moltiplicatore delle rovine non ancora recuperate del lungo dopoguerra, cogliendo l’occasione del 70° anniversario della Rerum novarum di Leone XIII, offrì il 20 maggio 1961 agli operatori pastorali il supporto d’un rilancio aggiornato della dottrina sociale cristiana con l’enciclica Mater et Magistra “sui recenti sviluppi della questione sociale”, ribadendo che “la dottrina sociale cristiana è parte integrante della concezione cristiana della vita” (n. 206), particolarmente necessaria in questa nostra epoca, “percorsa da errori radicali, straziata e sconvolta da disordini profondi” (n. 238) che hanno provocato notevoli squilibri. L’enciclica, com’è noto, suscitò vasta eco nella stampa mondiale. Scrisse il quotidiano francese Le Monde: “È rivolta verso l’azione e l’attualità. È adatta all’epoca, conforme all’esigenza delle giovani generazioni, che non vogliono discorsi accademici e non apprezzano le astrazioni dottrinali”. L’enciclica riscosse favorevoli consensi anche nell’opinione pubblica dei Paesi in via di sviluppo, in particolare India e Paesi arabi.

Il Concilio

Venne finalmente l’ora del nuovo Concilio, dai più non creduto possibile, da molti temuto, dai “profeti” atteso come segno di un nuovo impulso per l’evangelizzazione. Papa Giovanni stesso ne dette l’annuncio con il mirabile radiomessaggio dell’11 settembre 1962 ai fedeli di tutto il mondo. Lo qualificò subito come “una primavera della Chiesa”, paragonandolo alla valenza liturgica del Cero pasquale, che è lumen Christi, lumen ecclesiae, lumen gentium: una “vera letizia per la Chiesa universale, Chiesa di tutti, particolarmente Chiesa dei poveri”.

All’annuncio seguì la solenne apertura del Concilio l’11 ottobre 1962, con un discorso particolarmente energico per “dissentire dai profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo”. La Chiesa, invece, “guarda con realismo al presente”, e anzi “non ha assistito indifferente al mirabile progresso delle scoperte dell’umano ingegno, e non ha lasciato mancare la giusta estimazione”. In ogni caso, dinanzi ai tanti errori che si fanno, la Chiesa “preferisce oggi la medicina della misericordia”.

La gente di Roma corse ad ascoltare e ad applaudire il Papa in piazza San Pietro, e ad essa egli parlò con giovialità “a braccio”, ammirando la bella luna che splendeva sulla città, quasi a mostrare la gioia anche del Cielo. E terminò quel suo saluto con la celebre “carezza” da portare a tutti i bambini.

La “Pacem in terris”

Altro fatto da ricordare si ebbe con la pubblicazione dell’altra sua mirabile enciclica, Pacem in terris, l’11 aprile 1963, che fu il suo testamento sociale e religioso. Fu definita come la “Nona Sinfonia della pace”, paragonando alle cinque parti dell’opera di Beethoven (i quattro movimenti più il coro finale) i cinque temi portanti dell’enciclica: la pace universale fondata sui diritti e i doveri della persona umana; lo Stato di diritto come garanzia di pace all’interno d’ogni comunità politica; una pace duratura basata sui quattro pilastri della verità, della giustizia, della solidarietà, della libertà; una garanzia di vera pace in un efficace governo mondiale della grande famiglia umana; un dialogo sincero e fecondo tra tutti come radice e salvaguardia della pace, distinguendo sempre tra errore ed errante, e facendo leva su ciò che unisce, non su ciò che divide.

Ricordiamo tutti il tragico contesto in cui l’enciclica nacque: era in atto una vera guerra fredda, cioè la crisi per i missili russi a Cuba. Nel marzo 1963 Papa Giovanni aveva concesso un’udienza ad A. Ajubej, genero di Kruschëv, che valse anche ad ammorbidire i rapporti tra Chiesa cattolica perseguitata e dittatura comunista (quanti credenti e quanti sacerdoti e vescovi, martiri dell’età moderna, languivano nelle carceri della Russia e dei Paesi satelliti!). Questo fatto creò le premesse per un forte rilancio del tema della pace, parlando sia dei diritti che dei doveri delle singole persone, e delle comunità politiche anche a livello mondiale, secondo il principio di sussidiarietà. In quel contesto Giovanni XXIII ebbe parole di compiacimento anche per l’Organizzazione delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti umani (del 10 dicembre 1948).

L’eredità spirituale

Era ormai vicina la conclusione della sua vita terrena. Il Papa di transizione, che aveva 82 anni, fu aggredito da un tumore maligno che provocò una lunga agonia, vissuta momento per momento dalla gente che seguiva direttamente l’evolversi della situazione in piazza San Pietro attraverso i mass media. Il “Papa buono” morì il 3 giugno 1963 con grande rimpianto di tutti, credenti e non credenti, cattolici e di altre confessioni religiose.

Aveva scritto nel suo Giornale dell’anima: “La senescenza, che è pure grande dono del Signore, deve essere per me motivo di silenziosa gioia interiore e di quotidiano abbandono nel Signore stesso, al quale mi tengo rivolto come un bambino verso le braccia aperte del padre. La mia umile e ormai lunga vita si è sviluppata come un gomitolo nel segno della semplicità e della purezza. Nulla mi costa il riconoscere e il ripetere che io sono e non valgo un bel niente! Il Signore mi ha fatto nascere da povera gente e ha pensato a tutto: io l’ho lasciato fare. Da giovane sacerdote mi ha colpito l’oboedientia et pax del padre Cesare Baronio, con la testa chinata al bacio sul piede della statua di san Pietro. E ho lasciato fare, e mi sono lasciato condurre, in perfetta conformità alle disposizioni della Provvidenza” (par. 897-898).

Ora per volontà di Papa Francesco sarà proclamato santo insieme a Giovanni Paolo II: due fiaccole d’amore nell’attuale “inequità”, come la chiama Papa Francesco, qualificandola come “la radice dei mali sociali” (Evangelii gaudium, n. 202). E anzi, “finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, come l’ha chiamata anche Papa Benedetto XVI, non si risolveranno i problemi del mondo, e in definitiva non si risolverà nessun problema”.

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Elezioni europee: appelli del laicato cristiano e dei Vescovi cattolici https://www.lavoce.it/elezioni-europee-appelli-del-laicato-cristiano-e-dei-vescovi-cattolici/ Fri, 11 Apr 2014 10:28:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24342 Il palazzo della sede del Parlamento Europea di Strasburgo
Il palazzo della sede del Parlamento Europea di Strasburgo

“Sì alla dimensione effettivamente europea dei programmi elettorali, no alle liste che prendono in ostaggio l’Europa per egoistici fini nazionali. Sì a una seria analisi dei limiti dell’Ue, no alle tentazioni populiste. Sì a una nuova comprensione degli interessi nazionali”, ma al contempo “sì a una identità europea che valorizzi le specificità nazionali e regionali”. Sono alcuni dei punti fermi indicati nell’appello in vista delle elezioni per l’Europarlamento diffuso il 2 aprile a Bruxelles dall’Iniziativa dei cristiani per l’Europa (Ixe), che raccoglie numerose organizzazioni laicali di vari Stati.

L’intento, hanno spiegato i promotori, è di “contrastare la disillusione e lo scoraggiamento” che sono stati alimentati dalla crisi, di “diffondere fiducia e speranza” legate al progetto europeo, di mettere in guardia dai pericoli derivanti dai nazionalismi, dalla xenofobia e dai movimenti populisti che si rafforzano in prossimità del voto di maggio.

Il documento – intitolato Per un’Europa dei valori e della fraternità – è stato presentato da Jérôme Vignon a nome delle Semaines sociales de France (Settimane sociali di Francia), e da Stefan Vesper del Zentralkomite der deutschen Katholiken (Comitato centrale dei cattolici tedeschi). Il testo invita i cittadini Ue a sostenere il disegno di costruzione dell’Europa unita, sottolinea la crescente importanza dell’Europarlamento nel processo legislativo e politico dell’Ue, ricorda le attuali difficoltà legate alla lunga recessione. L’appello ribadisce la necessità di un’Europa “vicina ai cittadini”, mette in guardia da una legislazione comunitaria incomprensibile per gli stessi cittadini, indica la via di un altro modello di sviluppo fondato sulla solidarietà.

Per l’Ixe, le “prossime elezioni rappresentano un’opportunità concreta, alla nostra portata, per domandare un nuovo soffio, un nuovo slancio per l’Europa… È il Parlamento europeo che incarna direttamente i popoli. Competente oggi sulla totalità delle politiche dell’Unione, esso deve diventare la voce della comune coscienza europea”. Il testo ricorda però che la crisi ha portato l’Ue “sulla soglia di una crisi esistenziale”, che si evidenzia con modalità differenti, legate fra l’altro alla mancanza di lavoro da una parte, e dalla diffusione del populismo dall’altra.

Il documento richiama alcuni dati storici (fra cui gli anniversari delle guerre mondiali e della caduta del Muro di Berlino) e di attualità, con le delicatissime situazioni createsi in Ucraina e sulle sponde mediterranee. Vi sono popoli – è il messaggio – “che rischiano la loro vita per godere dei diritti e delle libertà di cui noi già beneficiamo” e per questo, “l’astensione” dal voto di maggio “sarebbe una grave colpa morale”. Nell’appello si sottolinea poi il valore della fraternità, che richiede giustizia verso i più deboli, l’apertura internazionale (“no a un Continente indifferente alle miserie e alle speranze del mondo”), la solidarietà verso i migranti, il rispetto dell’ambiente.

“Infòrmati, ascolta, agisci” sono i tre verbi che scandiscono l’organizzazione del sito web promosso dall’Iniziativa dei cristiani per l’Europa per “aiutare i credenti a diventare soggetti responsabili e protagonisti” nel processo di integrazione europea. Il sito (www.theeuropeexperience.eu) s’intitola “The Europe Experience – Get informed, get inspired, go ahead!” ed è stato presentato da Johanna Touzel, coordinatrice del progetto, e da alcune personalità del laicato europeo. Alla presentazione era presente padre Patrick Daly, segretario generale della Comece, Commissione degli episcopati della Comunità europea.

Una parte del sito – disponibile in 7 lingue – è di carattere informativo (Fatti un’idea delle politiche europee e pensa alle sfide che ne derivano); quindi figura una parte di approfondimento (Confrontati con la dottrina sociale cristiana e guarda come la pensano le Ong cristiane; vi sono riportati testi preparati da un’équipe di teologi di vari Paesi europei); infine un angolo interattivo (Mettiti nei panni di un eurodeputato e fai le tue proposte).

In particolare l’attenzione si concentra su cinque grandi tematiche inerenti le competenze Ue: politiche economiche e sociali; migrazioni e asilo; sostenibilità; politiche per i giovani e la famiglia; l’Ue nel mondo. Gli organizzatori hanno espresso la possibilità che il sito diventi, al di là delle prossime elezioni, “un punto di riferimento stabile” per il confronto sul processo d’integrazione, provando anche a mettere in rete gruppi locali e associazioni nazionali di cristiani impegnati in campo culturale, sociale e politico”.

Dichiarazione dei Vescovi Ue

Oltre all’Ixe anche i Vescovi europei (Comece) hanno rilasciato una Dichiarazione in vista delle prossime elezioni europee. Il testo completo lo si può leggere cliccando qui. La Comece invita gli episcopati dei singoli Paesi dell’Ue a fare propria e rilanciare la Dichiarazione. Tra i punti che essa sottolinea, l’“incremento della povertà per un grande numero di cittadini” al punto che “la situazione è drammatica, per molti addirittura tragica”. Per questo, a maggior ragione, “Noi Vescovi europei chiederemmo che il Progetto europeo non venga messo a rischio o abbandonato… Abbiamo troppo da perdere da un eventuale deragliamento del Progetto europeo”. La Dichiarazione della Comece elenca una serie di aree specifiche che dovrebbero calamitare l’attenzione delle istituzioni Ue: il principio di sussidiarietà, il principio di solidarietà, “una visione dell’uomo radicata in un profondo rispetto della dignità umana” (“La vita umana deve essere protetta dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale”), la famiglia, il fenomeno dell’immigrazione (“La responsabilità dell’accoglienza e dell’integrazione… deve essere condivisa”), l’ecologia, la libertà religiosa, la salvaguardia della domenica, la cura degli anziani e le “nuove opportunità per i giovani”.

 

 

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Ac regionale in assemblea https://www.lavoce.it/ac-regionale-in-assemblea/ Thu, 03 Apr 2014 16:59:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24119 convegno-aci-regionaleDomenica 30 marzo a Cannaiola di Trevi si è tenuta l’Assemblea regionale dell’Azione cattolica umbra, ultimo atto del lungo cammino assembleare iniziato a ottobre 2013 con le assemblee parrocchiali e poi quelle diocesane. Riunirsi in assemblea è per l’Ac non solo il momento in cui eleggere democraticamente i propri rappresentanti ai diversi livelli in cui essa opera, ma soprattutto occasione per stare insieme, condividere e confrontare le scelte, i cammini, le necessità delle proprie realtà. La giornata è iniziata con la messa vissuta insieme alla comunità parrocchiale di Cannaiola.

Stefano Sereni, delegato regionale uscente, ha aperto l’assemblea ringraziando l’Ac che gli ha permesso di superare i suoi limiti vivendo il suo servizio da “tifoso e contadino”: tifoso perché ha creduto sempre nella proposta associativa e si è prodigato per farla crescere e contadino perché ha imparato la pazienza dell’attendere il maturare dei frutti. La delegazione regionale, ha continuato Sereni, come collegamento tra le diverse realtà diocesane, ha operato secondo le indicazioni, le necessità e le scelte delle diocesi, secondo il principio di sussidiarietà e solidarietà. Essendo una regione piccola ma molto variegata, c’è il rischio di voler creare “una super-diocesi” piuttosto che accompagnare, a volte anche con fatica, le piccole realtà parrocchiali in un servizio mirato e capillare sul territorio che è proprio dell’Azione cattolica. Per evitare tale rischio, ha aggiunto, bisogna tornare all’essenziale e lavorare più sulle relazioni che sulle ‘cose da fare’, affinchè gli adulti tornino a essere punti di riferimento per le giovani generazioni e ci sia un maggior senso di responsabilità e di servizio che si manifesti, non solo in ambito ecclesiale, ma soprattutto in ambito sociale dove ciascuno è chiamato a vivere la testimonianza con la propria vita e il proprio operato.

Su questa scia anche Gigi Borgiani, segretario nazionale Ac, che ha ricordato come l’Azione cattolica non è e non deve essere solo un apparato organizzativo, ma un corpo organico che si prende cura delle relazioni, dell’interiorità di ciascuno e della formazione, intesa non come tecnicismo ma come accompagnamento nella crescita e maturazione di sé e del proprio ruolo nella società.

Nel pomeriggio c’è stato il confronto sul tema “Ac e Uffici pastorali, un rapporto non sempre facile” introdotto da Luca Diotallevi, professore di sociologia presso l’Università Roma Tre e aderente di Ac, al quale sono stati invitati a partecipare tutti i direttori degli Uffici pastorali delle diocesi umbre.

L’analisi della situazione pastorale, non solo umbra, non è molto rosea in quanto si vive un’ipertrofia della Pastorale che tende a sostituire i laici nelle loro specifiche funzioni e a clericalizzarli all’interno delle strutture della Chiesa. In questi ultimi anni la Chiesa ha cercato più visibilità perdendo però rilevanza sociale. A detta del professor Diotallevi cinque sono le condizioni per un cambiamento di rotta: un discernimento capace di farci uscire dalle sacrestie e vivere nel mondo; una lotta contro la mercantilizzazione del sacro, salvando il senso della trascendenza e dei sacramenti; il coinvolgimento della “carne” nella sequela con un allenamento all’ascesi; il fare insieme perché da soli non si può e lo stare nelle istituzioni della Chiesa da laici, cioè poco e umilmente perché l’essenziale non sta dentro la Chiesa ma sta fuori!

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Famiglia, Stato e società https://www.lavoce.it/famiglia-stato-e-societa/ Thu, 03 Apr 2014 14:51:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24096 L’intervento di mons. Domenico Sorrentino
L’intervento di mons. Domenico Sorrentino

Si è tenuto il 25 marzo presso l’Istituto Serafico di Assisi il primo incontro della Scuola diocesana di formazione socio-politica “Giuseppe Toniolo”, che si svilupperà fino al prossimo maggio. A inaugurare il ciclo di conferenze è stato l’intervento di mons. Domenico Sorrentino sul tema “Famiglia, Stato e società nel pensiero di Giuseppe Toniolo”.

Il Vescovo – già postulatore della causa di beatificazione dell’economista e sociologo italiano vissuto tra il 1845 e il 1918 – ha sottolineato come nel pensiero di Toniolo, inquadrato nell’orientamento della dottrina sociale della Chiesa, sia lucidamente delineata quella “patologia sociale” che nasce da un forte accentramento del potere statale a fronte di una vera e propria atomizzazione e parcellizzazione della struttura sociale.

Alle radici di tale situazione, un triplice processo: di tipo spirituale, laddove il relativismo valoriale ha portato al soggettivismo radicale; sociale, dato che all’imperante individualismo si accompagna la frantumazione delle relazioni; e storico-economico, fenomeno già iniziato con la Rivoluzione industriale, che predilige la gestione del singolo, in un’ottica prettamente economica.

Unico fulcro qualitativo dell’architettura sociale non può che essere, già per Toniolo, la persona umana, la cui dignità resta inviolabile. Essere in relazione – con la famiglia, la comunità, il territorio -, la persona rappresenta l’unico ente di riferimento per qualsivoglia azione volta alla realizzazione del bene comune. L’organizzazione politica non può, pertanto, che riconoscere la propria natura di servizio e di sussidiarietà alla persona tout court.

I prossimi incontri si terranno dalle ore 19 alle ore 22 presso il Serafico. Sarà la prof.ssa Alessandra Smerilli a parlare di famiglia e di società nell’intervento dell’8 aprile. A seguire, l’on. Paola Binetti condurrà una riflessione bioetica (22 aprile); il prof. Paolo Benanti si occuperà di custodia del creato nell’Era della tecnica (29 aprile); il prof. Fabio Raspadori incentrerà il proprio intervento sui valori comuni dell’Unione europea (6 maggio) e il prof. Massimo Borghesi parlerà di fede e politica nella società liquida.

La quota di partecipazione agli incontri è di 30 euro. Per quanti intendano usufruire della cena a buffet è previsto un contributo di 5 euro.

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Quelle due ore e passa https://www.lavoce.it/quelle-due-ore-e-passa/ Fri, 28 Feb 2014 14:43:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22856 DON ANGELO fanucciChe belle, il pomeriggio di domenica 23 febbraio 2014, le due ore e passa trascorse nel Duomo di Perugia gremito di gente, stretti intorno a Gualtiero Bassetti, neo cardinale di Santa Romana Chiesa, che Papa Francesco ha capato in una selva di zucchetti violacei assortiti, regalandogli uno zucchetto color porpora, perché faccia il cardinale così come lo intende lui.

Dalla parte destra del transetto, dov’ero seduto, tra i preti come me, riuscivo a vedere poco o niente, anche per la barriera formata dalle mitre dei Vescovi che sedevano 80 cm. più in alto. “Babo, perché ‘l vescovo se mette su la testa quela gumèra?” Gumèra, vomero. Da bambino l’avevo chiesto a babbo Adamo, che non aveva saputo rispondermi. Se qualcuno me le chiedesse oggi, risponderei: per impedire di vedere. Effettivamente non di rado la politica di certi settori delle gerarchie ecclesiastiche è stata improntata al proposito di nascondere, più che a quello di trasmettere.

Ma se non vedi, pensi. E io ho pensato a lungo, in quelle due ore. A molte cose. Anche, a quel 20 giugno 1859, quando le truppe papali, forti di duemila Svizzerotti dagli occhi di ghiaccio, sfondarono a Porta San Pietro le gracili difese dei Perugini, rei di non volere più lo Stato Pontificio, e passarono sopra le barricate, presero d’assalto tutte le case ed il convento ove uccisero e ferirono quanti poterono, non eccettuate alcune donne, e … nella Locanda a S. Ercolano uccisero il proprietario e due addetti: è la testimonianza di prima mano di un ufficiale dell’Esercito pontificio. Poi il beato Pio IX, a malincuore (credo, e spero) fece coniare una medaglia al valore per gli “eroi” di quelle giornate.

Quanto tempo è passato! Molto più di un secolo e mezzo. Intravvedevo a tratti, fra la selva di “gumère” vescovili, la faccia paciosa di Catiuscia Marini e quella arguta di Wladimiro Boccali, che è la stessa di quando, poco meno di venti anni fa, fondammo il CeSVol di Perugia, mia la prima firma, sua la seconda: aveva messo i calzoni lunghi da pochi giorni. Pensavo: loro sarebbero gli eredi delle vittime di allora, noi saremmo gli eredi dei carnefici di allora? Ma anche stavolta il calcolo dei dadi più non torna. Le parti si invertono, e la vittima diventa il prepotente. Il vero incontro fra Stato e Chiesa doveva avvenire sul piano sociale, lo Stato doveva chiedere alla Chiesa di esprimere al massimo le enormi potenzialità che nel rapporto con i poveri il Vangelo le assegna, e riservarsi di verificarne la correttezza civile e l’inquadramento in un disegno operativo d’insieme stabilito dallo Stato. E invece … Eh sì! La lingua batte dove il dente duole. Duole da quando Lorsignori nel 2005 dissero di voler recuperare il principio di sussidiarietà nel nuovo Statuto della Regione Umbria e riuscirono solo ad abbozzarne una caricatura.

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Solidarietà per vincere la crisi: Chiesa e Regione per le famiglie in difficoltà https://www.lavoce.it/solidarieta-per-vincere-la-crisi-chiesa-e-regione-per-le-famiglie-in-difficolta/ Thu, 13 Feb 2014 16:37:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22266 Caritas_poveri-distribuzione-viveriL’intesa firmata lunedì scorso tra la Regione dell’Umbria e la Conferenza episcopale Umbra consentirà ai Comuni di aiutare anche le famiglie che sono troppo ‘ricche’ per avere diritto ai sostegni previsti per i poveri, ma troppo povere per farcela da sole. Con l’Intesa siglata dalla Presidente della Regione Catiuscia Marini e dall’arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Gualtiero Bassetti, la Regione contribuisce con 100.000 euro al Fondo di Solidarietà istituito dalla Conferenza Episcopale Umbra per aiutare famiglie e persone povere.

Questa collaborazione, lo ha spiegato il Sindaco di Massa Martana Maria Pia Bruscolotti, che per l’Anci Umbria segue il settore politiche per le famiglie, “consente ai Comuni di dare risposte anche alle famiglie a ‘rischio povertà’ escluse dalle provvidenze previste per famiglie povere, quelle al di sotto dei 5/7mila euro di Isee”.

La presidente Marini ha spiegato che ai 75 mila euro previsti dal protocollo d’intesa (a valere sul bilancio 2013) si aggiungono altri 25 mila euro che la Regione, in accordo con le autorità del Vaticano, aveva deciso di donare in occasione della visita ad Assisi di Papa Francesco, ed ha anche auspicato la riconferma di questo impegno finanziario a favore del Fondo della CEU anche per l’anno in corso.

L’arcivescovo, ringraziando la Presidente per il contributo, ha espresso tutta la sua preoccupazione per la situazione economica che sta mettendo a dura prova la resistenza delle famiglie nelle quali “la povertà provoca dissesti materiali ma anche crea tensioni nelle relazioni”. Ha avuto parole dure contro una economia “basata sulla finanza”, contro una crisi che rischia di portare tante persone “dalla povertà alla miseria” ed ha avvertito della necessità di “tornare ad aiutare le imprese” altrimenti “arriveremo all’emergenza!”.

“Per questo il Fondo – ha proseguito mons. Bassetti ricordando anche il contributo dato delle Fondazioni bancarie, dalle parrocchie, e da tante persone – è molto importante, anche perché ci consente di aiutare moltissime persone in grave difficoltà. E tutta l’Umbria si sta dimostrando terra molto generosa e solidale. L’aiuto materiale non sarà risolutivo, ma è di grande sostegno per chi vive una condizione di povertà che produce poi anche un profondo disagio sociale”.

Il vice presidente dell’ANCI Umbria, Francesco De Rebotti, ha sottolineato l’impegno dei Comuni che sono, assieme alle parrocchie, “la frontiera, il soggetto più vicino ai cittadini”e la “fondamentale integrazione tra Regione, Comuni, Chiesa e mondo del volontariato”.

La vicepresidente della Giunta regionale, Carla Casciari, titolare delle deleghe per le politiche sociali ha annunciato che la Giunta regionale sta anche definendo, all’interno del nuovo Piano sociale, uno specifico Piano regionale per la lotta alle povertà.

In tre anni in Fondo ha raccolto circa 3 milioni di euro. Poca cosa se paragonata ai 2milioni di euro che gli umbri bruciano ogni giorno nel gioco d’azzardo!

Il momento della firma del protocollo d'intesa
Il momento della firma del protocollo d’intesa

I contenuti del protocollo d’intesa

Nel protocollo d’intesa firmato lunedì scorso tra Regione Umbria e Ceu, si rileva che “la crisi economico-occupazionale ha fatto emergere anche in Umbria una nuova stratificazione della vulnerabilità sociale”, che ha portato la Regione Umbria a mettere in atto forme di sostegno e servizi a favore delle famiglie disagiate, multiproblematiche o povere, interessate dagli interventi assistenziali forniti dai servizi sociali dei Comuni, delle famiglie che possono scivolare verso una aperta condizione di disagio e delle famiglie di ceto medio-basso, trascinate dall’attuale crisi economica verso una riduzione o perdita di reddito, che vanno a costituire la nuova emergenza sociale. Nell’intesa, si evidenzia la coerenza dell’utilizzo del Fondo di solidarietà gestito dalla Conferenza Episcopale Umbra con gli indirizzi della programmazione regionale sociale dove la sussidiarietà è intesa come “cooperazione tra tutti gli attori che partecipano, ciascuno come può, entro il campo di una comune e condivisa responsabilità”. In particolare si ricorda che dal 2011 la Regione ha dato attuazione agli interventi previsti per le famiglie vulnerabili destinandovi 3 milioni di euro, trasferiti ai Comuni capofila delle Zone sociali. Inoltre, nel 2013 per la realizzazione di misure e di servizi a sostegno delle famiglie a forte disagio economico e sociale o a rischio di impoverimento sono stati destinati 1 milione e 150mila euro.

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Incontro Papa-Scuola: la Cei apre un sito dedicato https://www.lavoce.it/incontro-papa-scuola-la-cei-apre-un-sito-dedicato/ Fri, 31 Jan 2014 15:13:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21863 La home page del sito www.lachiesaperlascuola.it
La home page del sito www.lachiesaperlascuola.it

Sette parole chiave per la scuola: Autonomia e sussidiarietà, Educazione, Alleanza educativa, Insegnanti, Generazioni e futuro, Comunità, Umanesimo. Si presenta così il nuovo sito internet creato dalla Cei per la manifestazione del 10 maggio, che vedrà il mondo della scuola in piazza san Pietro con Papa Francesco.

La rappresentazione grafica è quella di una mappa della metropolitana. Cliccando su www.lachiesaperlascuola.it, ci si può orientare nei meandri di una realtà che oggi rischia di essere sconosciuta, e nella peggiore delle ipotesi obsoleta, tanto viene relegata ai margini dalle istituzioni e dall’opinione pubblica. Ad arricchire il sito, materiali di approfondimento, iniziative sul territorio e indicazioni pratiche.

“Difendere e promuovere la scuola, a cui – anche al tempo della crisi economica – è legata la salute pubblica e la stessa democrazia”: questa la convinzione che anima la manifestazione di maggio, in cui il variegato popolo della scuola sarà accolto dal Papa.

“Non c’è testimone migliore per assicurare a tutti che la Chiesa intende promuovere la scuola per il bene di tutti, a favore di ciascuno”, osserva mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei ad interim. “Tutti quelli che pensano che oggi, ancor prima della logica del profitto, sia importante riattivare la logica della crescita della persona, si ritroveranno a Roma, e sarà una grande festa” gli fa eco mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, nel video di presentazione dell’iniziativa.

L’obiettivo, spiega ancora mons. Galantino, “va inquadrato nel contesto del decennio sull’educazione e centrato su un’idea concreta di bene comune” e richiede di “ritessere i fili della scuola, cioè quello delle generazioni (docenti e discenti), quello delle agenzie educative (scuola, famiglia, Chiesa), quello, infine, delle dinamiche sociali (scuola e lavoro)”.

Secondo il segretario della Cei, “occorre evitare che la scuola sia aggredita dall’ideologia di chi vuole ridurla a un sapere funzionale al Mercato, oppure orientato a una visione prefabbricata della realtà. Essa è piuttosto l’esperienza di crescere insieme attraverso un confronto serrato con tutte le forme della conoscenza”. In questa prospettiva, “prendersi cura della scuola è un impegno e insieme una opportunità”: “Solo ripartendo da questa attenzione al percorso di ciascuna ragazza e di ciascun ragazzo – afferma – si realizzerà una comunità all’altezza delle sfide che l’epoca presente pone con incalzante velocità. Siamo dentro un processo di grandi trasformazioni che la scuola non può subire”, ricorda mons. Galantino: è questo il motivo per cui la scuola deve “rinnovarsi e rimotivarsi”.

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La bufala https://www.lavoce.it/la-bufala/ Fri, 20 Dec 2013 11:55:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21276 DON ANGELO fanucciQuesta è l’ultima volta che la mia pallente abat jour scoccia il lettore con gli “ahi! ahi!” che a me e ai miei comunitari strappano i pestoni che la Regione Umbria attraverso l’Asl n. 1 ci riserva; quei pestoni – pensavo – sono contro il principio di sussidiarietà sancito dal nuovo Statuto della Regione, quello del 2005.

Era una bufala: la Regione proclama il principio di sussidiarietà e ne ignora il contenuto. Eccessivo? Leggiamolo insieme, questo art. 16, che abusivamente reca il titolo Sussidiarietà.

Articolo 16, comma 2: “La Regione, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, conferisce funzioni amministrative, nelle materie di propria competenza, ai Comuni singoli o associati, ed alle Province (…)”. Comma 3: “La Regione favorisce l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati e delle formazioni sociali per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. A tal fine incentiva la diffusione dell’associazionismo ed in particolare la formazione e l’attività delle associazioni di volontariato..

Attention, please! “Sussidiarietà” da subsidium = aiuto. Tra Pubblico di livello maggiore e Pubblico di livello minore, e tra Pubblico e Privato sociale / Volontariato chi è che aiuta, e chi è che viene aiutato? Nel citato articolo dello Statuto regionale sono le Province, i Comuni e, su un piano diverso, il Privato sociale e il Volontariato che aiutano la Regione nel suo impegno sociale, è la Regione che alle Province e ai Comuni “conferisce funzioni”, mentre del Privato sociale e del Volontariato motiva e garantisce l’incremento.

E invece il principio di sussidiarietà vuole che sia la Regione ad aiutare da una parte (sussidiarietà verticale) Province, Comuni, dall’altra il Privato sociale e il Volontariato (sussidiarietà orizzontale) a farsi carico dei soggetti deboli. Intuizione-base di quel principio è la prossimità: il diritto/dovere di aiutare chi è in difficoltà tocca innanzitutto a chi gli vive più vicino. L’art. 16 motiva la sua presunta scelta di quel principio con la “differenziazione” e l’“adeguatezza”, ma la parola/chiave, “prossimità”, la ignora del tutto.

Nel nostro Progetto Capodarco è il portatore del bisogno che si fa carico della risposta al bisogno: l’istanza della prossimità ha dunque nel nostro Progetto Capodarco la sua applicazione massima possibile. Per questo meritavamo di essere portati in palma di mano, come agli inizi, negli anni ’70. Controllati, controllatissimi, ma in palma di mano. E non meritavamo che ci venisse costruito di fronte un muro di cemento armato. A difesa di che cosa, poi? Ho ecceduto, parlando di un “rigurgito di vetero-stalinismo”? Forse era solo la coda velenosa di quel vetusto “centralismo democratico” che grazie al cielo ha minato i regimi del “socialismo reale”.

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L’ultimo sternuto della corazzata https://www.lavoce.it/abat-jour-4/ Thu, 21 Nov 2013 18:33:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20695 L’impegno sociale della Regione Umbria e, al suo interno, l’Asl Umbria n. 1 dispone (è il verbo esatto) di una corazzata (è il sostantivo esatto), una gigantesca cooperativa, l’Asad. Per il suo tramite, l’Asl ci ha sempre tenuto sempre sotto tiro, da quando è nata, poco dopo che eravamo nati noi. Ultimamente poi la regina dei mari s’è specializzata in piccole carognate, volte solo a fastidiose provocazioni, come e non più di uno sternuto.

Una sua corazzata da 600 unità, a tanto assommano i suoi soci, dipendenti, soci dipendenti. L’Asad ha un’ottima dirigenza (Carlo Biccini) e molti ottimi operatori, anche a Gubbio, come Paola Minelli e Claudio Larocco e Gianni Pauselli e – dicono – Marco Rufoloni.

Ma il problema non è la qualità della dirigenza e degli operatori, il problema vero è l’uso politico/partitico della corazzata. Tra le figure contemplate dalla Costituzione c’è la cooperativa come spazio possibile di identificazione tra datore di lavoro e lavoratore, e il partito come cinghia di trasmissione del volere popolare in vista della creazione della classe politica destinata a realizzare il bene comune. Cooperazione e partito, piani diversi, indipendenti nel loro ordine, cioè nell’attuazione della propria missione. Non per nulla l’Alleanza delle cooperative italiane di Ravenna nel gennaio del 2012, per celebrare l’Anno internazionale delle cooperative, ha avviato un discorso che per volere di Legacoop, Agci e Confcooperative (cito dal suo comunicato finale) progressivamente si è concentrato su due principi fondamentali della cooperazione, quello dell’autonomia e dell’indipendenza e quello dell’impegno verso la collettività.

Ma dalla nostra Asl, all’obiezione che muovevamo loro di non avere mai assegnato al nostro diurno di Gubbio, tra il 2010 e oggi, tutt’e dieci i soggetti bisognosi di ricovero che avevamo concordato, hanno risposto: “Prima bisogna che facciamo lavorare i nostri”.

I nostri. Prima bisogna che facciamo lavorare i nostri. Obiezione, Vostro Onore: ma noi quel numero di presenze l’avevamo concordato con voi, commisurando su di esso il numero degli operatori da assumere. Ma soprattutto, che senso ha quell’“i nostri”? Ohé! Anche il nostro barcone è vostro, esattamente quanto lo è la corazzata; questo almeno da quando anche la Regione Umbria, in ritardo su altre Regioni e castrandolo con mediocre furbizia, ha inserito nel suo Statuto il principio di sussidiarietà.

Ultimamente poi l’Asl 1 l’ha fatta proprio grossa: ad assistere un nostro ospite bisognoso di due ore di assistenza supplementare, ci ha mandato in casa un operatore Asad. Un bravo operatore, ma io ho reagito male, malissimo, battendo il pugno sul muro e gridando: “Cavolo!!” con due “z”.

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Aborto e obiezione Invasione di campo https://www.lavoce.it/aborto-e-obiezione-invasione-di-campo/ Thu, 24 Oct 2013 13:31:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20276 parlamento-europeoPuò esistere un “diritto all’aborto”? Si può limitare il diritto all’obiezione di coscienza qualora questo si ponga quale “ostacolo” al presunto “diritto all’aborto”. Sono le principali forzature etico-politiche contenute nella relazione “Sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi” (firmata dalla deputata portoghese Edite Estrela) portata in plenaria al Parlamento europeo il 22 ottobre dopo che il testo era stato varato in sede di commissione per i diritti della donna. Ma il documento – che non avrebbe comunque valore giuridico cogente – è stato rimandato in commissione parlamentare dopo una vera e propria bagarre in emiciclo.

Al momento del voto un testo alternativo alla relazione Estrela, dai connotati pro-life, è stato respinto a grande maggioranza; ma gli eurodeputati hanno subito dopo deciso di bloccare anche la relazione principale, che ora riprende l’iter in commissione, dove potrebbe essere ridiscussa, modificata e rilanciata, oppure abbandonata. Carlo Casini, presidente della commissione Affari costituzionali dell’Assemblea Ue, sostiene, giustamente, che con il “rinvio in commissione, il Parlamento europeo ha detto che è ora di finirla con il metodo obliquo, arrogante” e “ingannatorio” con cui “le questioni bioetiche vengono presentate continuamente” all’attenzione parlamentare.

Il testo in questione affronta numerosi argomenti, dalla lotta all’Hiv all’educazione sessuale, dalla tutela delle donne migranti fino ai rapporti tra Ue e Paesi in via di sviluppo sul piano socio-sanitario. Fra le pagine non mancano taluni passaggi condivisibili, quando si afferma ad esempio che “le condizioni socioeconomiche e occupazionali delle donne e delle giovani coppie spesso ostacolano le scelte di maternità e paternità” oppure che “la mortalità materna continua a essere un fattore di preoccupazione in alcuni Stati membri”. La relazione rispedita al mittente contiene peraltro – oltre a un sottofondo di argomentazioni lontane dal concetto di promozione della vita umana – un capitolo denominato “Gravidanze non programmate e indesiderate: accesso alla contraccezione e a servizi per un aborto sicuro”, dove è facile intravvedere, attraverso l’interruzione della gravidanza, una volontà di innaturale “pianificazione familiare”. Si punta, inoltre, l’indice verso “la pratica dell’obiezione di coscienza” che avrebbe negato “a molte donne l’accesso ai servizi di salute riproduttiva”, compresa l’“interruzione legale della gravidanza”.

Prima ancora del braccio di ferro evidenziatosi in aula, che ha visto i deputati dei diversi Paesi e differenti gruppi politici dividersi trasversalmente, era giunto un autorevole commento dal Segretariato della Commissione degli episcopati della comunità europea (Comece) (vedi box).

Ma se all’indomani del rinvio si può parlare di “scampato pericolo”, restano questioni di lungo periodo che meritano attenzione. Se ne possono segnalare almeno due.

La prima è richiamata dalla stessa Comece, laddove si ricorda che vi sono campi di competenza dell’Ue e altri degli Stati membri, attorno ai quali non vi possono essere pericolose “invasioni di campo”. Si tratta, infatti, di rispettare i Trattati Ue, il principio di sussidiarietà e il motto dell’Unione europea, ovvero “Unità nella diversità”. La “casa comune” si può edificare se le differenze tra i Paesi aderenti vengono preservate e valorizzate, non certo se sono negate in nome di una unità coercitiva e irrispettosa.

La seconda questione è altrettanto dirimente. È convinzione diffusa che il Parlamento Ue sia lontano dal mostrare una maggioranza pro-life e se una relazione simile tornasse in emiciclo potrebbe ottenere la maggioranza dei consensi, come già accaduto. Eppure l’Europarlamento è eletto a suffragio universale dai cittadini europei: dunque dovremmo pensare che gli eurodeputati sono rappresentativi di un sentire diffuso che volta le spalle alla cultura della vita, alla promozione della famiglia, ai valori che fanno parte dell’eredità cristiana del continente? Si riapre, allora, al di là di sterili rivendicazioni, il vasto campo della testimonianza cristiana nello spazio pubblico europeo, che percorra, oggi come ieri (secondo l’esempio fornito dai “padri fondatori” come Schuman, Adenauer e De Gasperi), i sentieri dell’impegno culturale, sociale e politico. Le elezioni del Parlamento europeo sono ormai in vista: i credenti sapranno stare “in prima fila”, declinando i valori evangelici e gli insegnamenti della Chiesa nell’opera di costruzione europea?

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La 47a Settimana sociale: famiglia e/è speranza https://www.lavoce.it/la-47a-settimana-sociale-famiglia-ee-speranza/ Thu, 12 Sep 2013 10:52:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18996 Settimana-SocialeQuattro giorni (12-15 settembre) per riscoprire le “strutture portanti” della famiglia. Un evento della Chiesa italiana che intende rivolgersi a tutti, superando “pregiudizi e ideologie”. Sono questi i tratti fondamentali della 47a Settimana Sociale dei cattolici italiani, dedicata a “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, in corso al teatro Regio di Torino.

Sono oltre 1.300 gli iscritti, di cui 938 laici. Tra i partecipanti si contano 165 rappresentanti di associazioni, movimenti e aggregazioni ecclesiali, 244 persone impegnate nella pastorale familiare, e circa 200 in quella sociale nelle rispettive diocesi, una novantina di vescovi.

“Ascolto, confronto e proposta” sono le coordinate dei lavori. Dapprima, ha chiarito mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei, “ascoltare la famiglia e le sue trasformazioni”; quindi “confrontare, cioè tentare una lettura che non sia sezionata in tasselli che non si incontrano, ma in grado di delineare il profilo della famiglia”; infine “proporre indicazioni operative sul piano sociale ed economico che si facciano carico della famiglia, poiché sarebbe indice di miopia sociale relegarla nella sfera del privato”.

Questa edizione delle Settimane sociali intende essere “un laboratorio per riflettere e condividere idee ed esperienze intorno alla realtà delle famiglie guardando al diversificato panorama religioso, culturale e sociale in cui ogni famiglia si colloca e vive i suoi valori e le sue scelte”, ha puntualizzato l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia. Ora, “le gravi difficoltà in cui ci troviamo”, ha aggiunto, sollecitano “una politica che riconosca la centralità della famiglia e dia risposte appropriate alle sue necessità sostenendo in particolare quelle più numerose”.

Questa Settimana sociale si ricollega strettamente alla precedente, che si svolse nel 2010 a Reggio Calabria. In entrambe la parola “speranza” presente fin dal titolo “esprime la voglia di guardare al futuro”, ha sottolineato il presidente del Comitato scientifico e organizzatore, mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari. “Nella precedente edizione – ha ricordato il segretario del Comitato, suor Alessandra Smerilli - la famiglia era stata presente trasversalmente negli ambiti dell’Agenda di speranza. Qui a Torino invece poniamo al centro il soggetto famiglia, e nelle assemblee tematiche andremo a esaminare i suoi nodi problematici”.

Siamo in presenza di “una questione sociale di rilievo generale”, ha rimarcato il vice presidente del Comitato, il sociologo ternano Luca Diotallevi.

L’importante è “superare ideologie e pregiudizi”, riconoscere che “la famiglia non è un ‘problema’ cattolico, ma una risorsa per tutti”, ha concluso mons. Miglio, evidenziando che riconoscerle un primato “non significa ignorare né calpestare diritti e doveri” altrui.

La famiglia non deve fare da “crocerossina”

Famiglia: “grande ammortizzatore sociale del Paese?”. Una brutta espressione, che risente della ‘trappola’ di quella che molti sociologi chiamano ormai “sussidiarietà alla rovescia”. In Italia ci vuole un “cambiamento di prospettiva”, a cominciare dal grande tema della conciliazione tra famiglia e lavoro, molto poco dibattuto nel nostro Paese, e che se correttamente declinato consentirebbe invece di “far passare la famiglia dalla colonna dei costi a quella degli investimenti”. A tracciare questo ‘ritratto di famiglia’ è Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, secondo il quale la Settimana sociale di Torino rappresenta “un’occasione per mettere sotto i riflettori del dibattito pubblico la famiglia, ma non come il grande malato della società italiana. I dati socio-economici sono devastanti, molto peggiori di quanto questi indicatori di fragilità facciano pensare” a causa di un sistema del lavoro che le penalizza per esempio con il lavoro precario, e con “politiche sociali che non vedono le famiglie e non si adattano alla loro esigenze. Da noi, ad esempio, si parla troppo poco di conciliazione tra famiglia e lavoro, un tema che invece va rilanciato, perché l’intero Paese beneficerebbe di una flessibilità a misura di famiglia. La precarietà, non la flessibilità, è il vero nemico della famiglia” ha aggiunto Belletti. Ha quindi stigmatizzato la retorica sulla ‘centralità’ della famiglia nel prendersi cura, ad esempio, degli anziani non autosufficienti; ma in Italia, ha ribadito, “si verifica quello che molti sociologi definiscono solidarietà alla rovescia”, in base alla quale la nostra società estromette e espropria le famiglie, “facendole però intervenire quando il sistema pubblico non ce la fa più. La famiglia, insomma, come ‘crocerossina’ dello Stato”.

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Policoro: progetto parrocchiale di formazione/lavoro https://www.lavoce.it/policoro-progetto-parrocchiale-di-formazionelavoro/ Thu, 29 Aug 2013 16:14:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18720 Giovani in uno stand di presentazione del Progetto Policoro
Giovani in uno stand di presentazione del Progetto Policoro

Dal 20 al 25 agosto si è tenuto presso la cittadella di Assisi il 71° Corso di studi cristiani. Titolo del convegno, “Comunità: trauma e sogno nel mondo plurale”. All’interno di ogni giornata sono stati delineati i profili di alcune comunità cristiane che operano nel territorio italiano. Tra queste viene presentata la rete nazionale del progetto Policoro. In Umbria, Policoro è una iniziativa per giovani che inizia nel 2011 quando la diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino aderisce al progetto nazionale. Oggi sono 4 le diocesi umbre in cui è presente il progetto Policoro: oltre a quella di Assisi, la diocesi di Orvieto – Todi, quella di Perugia – Città della Pieve e quella di Città di Castello. Tale presenza ha permesso di costituire un coordinamento regionale che ha anche una visione d’insieme della situazione dell’intera regione.

Giovani, Vangelo, lavoro sono le parole chiave del progetto. L’obiettivo è promuovere la centralità dell’uomo, una nuova mentalità del lavoro che sia ispirato dai principi della dottrina sociale della Chiesa: solidarietà, cooperazione, sussidiarietà. I dati Istat segnalano un popolo di Neet [sigla inglese che sta per: né studenti né lavoratori né in formazione] di circa 2.954.000 giovani nella fascia di età compresa tra i 15 ed i 29 anni. La condizione di disoccupazione non si esaurisce nella semplice assenza di salario, ma crea uno stato di isolamento sociale, sfiducia, carenza di autostima e depressione che coinvolge l’intera persona. Il tentativo del progetto Policoro è sicuramente, in primis, quello di entrare in ascolto di questi ragazzi e proporre loro alternative di incontro, conoscenza, confronto e formazione che possano gettare semi di speranza e restituire la fiducia per il futuro. “A partire dalla conoscenza del trauma della disoccupazione che viene vissuto da tanti giovani italiani è necessario ascoltare e sostenere i sogni dei giovani affinché possano essere loro stessi capaci di trasformare i loro sogni in progetti da realizzare con la comunità, nella comunità, per la comunità”. La comunità ha il dovere di non dimenticare nessuna fascia sociale, perché è nella cooperazione e nella solidarietà che si ritrova un lavoro dignitoso per tutti, l’opportunità che tutti possano valorizzare i propri talenti e metterli al servizio della comunità.

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Scuola. A Bologna un referendum contro la cultura cattolica https://www.lavoce.it/scuola-a-bologna-un-referendum-contro-la-cultura-cattolica/ Fri, 24 May 2013 13:55:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16988 asiloEgregio “Comitato Articolo 33”, (*)

dopo la lettura dei contenuti del vostro sito, mi colpisce il fatto che si vada a sindacare su pochi euro mensili di contributo per bambino nelle scuole paritarie e nulla si obietti – per esempio – sui contributi ben più cospicui delle ASL e degli stessi comuni alle strutture sanitarie e alle residenze per anziani convenzionate. La posizione di cui il vostro comitato si fa portavoce appare scopertamente ideologica e ispirata ad una visione statalista – datata e insostenibile – dell’istruzione. Non si capisce infatti perché quella sussidiarietà sbandierata e attuata in alcuni settori del welfare non debba applicarsi anche all’istruzione!

Constato inoltre come il comitato misconosca ipocritamente la realtà di un sistema non statale di istruzione che è indubbiamente molto più economico (anche includendo le rette delle famiglie il costo a bambino è nettamente inferiore a quello delle scuole statali) e spesso più efficiente (perché nella scuola paritaria si lavora – purtroppo assai più che nella statale – per passione più che per soldi). Bisognerebbe poi, onestamente, affermare che, anche producendo con il milione risparmiato 163 posti in più (costo medio in Italia 6.116 € annuo a bambino – ma senza nuova edilizia scolastica!), l’aumento annuale di 600 € della retta della paritaria potrebbe indurre molte famiglie a chiedere il posto nella materna pubblica, per cui l’offerta risulterebbe comunque insufficiente. Avrebbe l’unico risultato di far chiudere qualche scuola cattolica, che fa fatica a realizzare il pareggio (e sono la maggioranza!).

Ci sarebbe poi da discutere se la proposta di un chiaro progetto educativo e di una definita visione antropologica, come quelli che caratterizzano le scuole cattoliche, non sia più efficace, per l’educazione, della neutralità etica e religiosa che purtroppo impera – ideologia dominante e indiscutibile – in molte scuole pubbliche. Ci sono in Italia – e in tutto il mondo! – scuole cattoliche frequentate da figli di musulmani, buddisti, animisti, atei… in cui né le famiglie né i bambini/ragazzi subiscono indottrinamento o pressione psicologica, ma esprimono invece soddisfazione per l’accoglienza e il rispetto loro rivolti.
È molto più ”confessionale” e ideologica una scuola dove, per malinteso rispetto degli ”altri”, si evita per esempio di parlare del Natale (trasformato in una non ben definita ”festa della luce” o ”festa della pace”), che una scuola dove ci sono il presepe e i canti tradizionali, che rendono tutti consapevoli della realtà in cui del resto tutti vivono, senza peraltro imporre ad alcuno la fede.

Si invoca la conformità con l’Europa per tante dimensioni del vivere privato e sociale, ma dovreste avere l’onestà di dire che altrove, compresa la laicissima Francia, il sostegno pubblico alle scuole non statali è assai più consistente, tanto da configurare condizioni economiche di accesso sostanzialmente simili a quelli delle scuole statali e determinando quindi una vera libertà di educazione. Non solo, ma laddove si registra una quota consistente di scuole pubbliche non statali, la qualità dell’insieme – statali comprese – è migliore.

Ma certo, non danno fastidio i cattolici che danno da mangiare ai barboni, che raccolgono i tossici,  puliscono i vecchi o distribuiscono pacchi viveri… Danno fastidio i cattolici che educano, che fanno cultura, che veicolano una visione alternativa di uomo e di società… In altre parole, quelli che fanno scuola. Abbiate l’onestà di dire che l’eliminazione di questa ”concorrenza” è il vero contenuto del referendum.

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(*)   Domenica 26 maggio i cittadini residenti nel comune di Bologna sono chiamati a partecipare al referendum proposto per eliminare i contributi alle scuole paritarie, rispondendo al quesito: «Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia? a) utilizzarle per le scuole comunali e statali b) utilizzarle per le scuole paritarie private».

La proposta di referendum consultivo cittadino è stata presentata dal Comitato referendario “Nuovo Comitato Articolo 33” che ha un proprio sito web, quello al quale fa riferimento l’intervento di don Paolo Giulietti. A differenza dei referendum nazionali questo comunale è consultivo e perché sia valido non è richiesto alcun quorum. “Il Comitato promotore – si legge nel sito – è composto da 400 cittadini” ma anche da “soggetti collettivi” tra cui associazioni di chiara ed esplicita impronta anticlericale quale il Circolo UAAR (Unione atei agnostici razionalisti) Bologna, e inoltre hanno dato la loro adesione – le sigle sono elencate nel sito – comitati e partiti della sinistra ma anche il M5S .

La presidenza nazionale della Federazione Italiana Scuole Materne in un comunicato diffuso in vista del referendum sottolinea che “il contributo economico erogato dal Comune di Bologna alle 27 scuole paritarie convenzionate (1milione di €, pari al 2,8% dell’intera spesa per la scuola dell’infanzia, come risulta da bilancio) consente di accogliere oltre 1.700 bambini (pari al 21% del totale dei bambini della città)”.

 

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Associazionismo familiare e sussidiarietà orizzontale https://www.lavoce.it/associazionismo-familiare-e-sussidiarieta-orizzontale/ Fri, 24 May 2013 13:22:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16978 famiglia-genitore-nonni-figliLa ricerca che qui presentiamo conferma l’opinione secondo cui l’associazionismo familiare possa essere considerato “la forma più evoluta della ‘generatività’ della famiglia, una ‘generatività prosociale’, che spinge le famiglie a dar vita a reti (con gradi diversi di formalizzazione), fino alla costituzione di veri e propri legami di tipo associativo” con molteplici benefici. Questi si possono manifestare sia nella costruzione di un nuovo sistema di welfare plurale e coordinato, sussidiario e solidale, che metta al centro la persona e la famiglia, sia livello dell’intera società, attraverso la promozione di relazioni sociali fondate sulle regole della cura familiare, cioè sull’orientamento alla reciprocità e al dono secondo modalità continuative, personalizzate e flessibili. Tra i vincoli indicati dalle associazioni intervistate alla propria attività, segnalo la difficoltà di una corretta attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, che sembra richiedere una capacità di ‘ascolto’ e di ‘dialogo’ più profonda di quella sino ad oggi manifestata da parte delle istituzioni pubbliche nei confronti delle associazioni. Ciò vale anche per l’Umbria – osservano le associazioni intervistate, rilevando come la sussidiarietà cosiddetta “per progetti” sia praticata per lo più come “presentazione di progetti al finanziamento”, invece che come “coprogettazione” con il pubblico di attività e servizi. Come è stato osservato (Zamagni), occorre promuovere pratiche di partnership sociali, ovvero effettive collaborazioni paritarie tra attori pubblici, privati e Terzo Settore, ivi comprese le associazioni familiari, nell’intento di produrre un’azione congiunta, con effetti positivi sulla creazione di quelle esternalità positive e di quella coesione sociale che sono riconosciute fattore decisivo dello sviluppo locale e del progresso civile di una comunità: così può manifestarsi l’importante contributo al bene comune delle partnership sociali.

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Famiglie: più forti se unite. I risultati della ricerca sull’associazionismo familiare https://www.lavoce.it/famiglie-piu-forti-se-unite/ Thu, 23 May 2013 16:01:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16960 famiglia-genitore-nonni-figliIl 23 maggio è stata presentata in Regione la ricerca sull’associazionismo familiare in Umbria, coordinata dai professori Cristina Montesi e Pierluigi Grasselli. La ricerca ha per oggetto il tema delle reti sociali familiari.

Prof.ssa Montesi, cosa è emerso da questa indagine?

“Anzitutto possiamo dire che l’associazionismo familiare umbro è di costituzione abbastanza recente (essendo fiorito specialmente a partire dal 2000) ma si è rivelato un fenomeno sociale in continua crescita nel tempo. Inoltre privilegia una forma giuridica strutturata, piuttosto che informale; è specializzato soprattutto nei settori che si occupano di salute nella sua dimensione bio-psico-sociale e nel settore educativo; ha un raggio di operatività principalmente comunale / intercomunale. Dal punto di vista della numerosità delle famiglie associate, privilegia la piccola dimensione (da 1 a 40 famiglie) rispetto alla grande (da 81 a più di 100 famiglie), mentre la media dimensione (da 41 a 80 famiglie) è modesta”.

Perché sono nate queste associazioni?

“L’associazionismo familiare nasce in primis per rispondere, in via emergenziale, ai bisogni concreti e specifici della cerchia delle famiglie aggregate che riguardano il ‘sistema’ delle relazioni familiari. Non manifesta però un carattere corporativo, perché la maggioranza delle associazioni fanno attività non solo per le famiglie associate, ma anche per famiglie che non sono associate. Le attività consistono nella fornitura di servizi soprattutto nell’area dell’assistenza sociale e dell’assistenza socio-sanitaria, ma anche in campo educativo e nella tutela dei diritti”.

Chi sono gli associati?

“Abbiamo rilevato una maggiore presenza femminile. Si tratta di una membership non giovane, ma di mezza età, colta, che ancora lavora (soprattutto come lavoratore dipendente) o che si è ritirata dal lavoro. Gli associati dichiarano di aderire all’associazione più per far del bene agli altri che non per ricevere servizi in cambio”.

Come si finanziano?

“Le associazioni si auto-sostentano dal punto di vista economico, provenendo la maggior parte degli introiti dalle quote associative e da offerte e donazioni. Peraltro, la carenza di risorse finanziarie pubbliche e l’assenza o debolezza di reti con il settore pubblico, unitamente alla carenza di risorse umane, sono i principali vincoli all’attività associativa dichiarati dalle associazioni delle famiglie”.

Che tipo di rapporto hanno con l’ente pubblico?

“Il rapporto con le istituzioni pubbliche è ancora di stampo tradizionale: la modalità più avanzata (l’attività di co-progettazione con il pubblico di attività o servizi) è minoritaria rispetto alla semplice presentazione di progetti al finanziamento”.

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