sociale Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/sociale/ Settimanale di informazione regionale Wed, 21 Aug 2024 16:00:02 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg sociale Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/sociale/ 32 32 Stato sociale necessario. Ma chi paga? https://www.lavoce.it/stato-sociale-necessario-ma-chi-paga/ https://www.lavoce.it/stato-sociale-necessario-ma-chi-paga/#respond Wed, 14 Feb 2024 17:10:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74904

La stampa e le televisioni locali hanno dato un certo rilievo al confronto che si sta svolgendo in Umbria fra la Regione e gli istituti che gestiscono le residenze protette per anziani non autosufficienti, o più semplicemente case di riposo. La questione nasce per il fatto che nella maggior parte dei casi le famiglie non sono più in grado di accudire direttamente gli anziani non autosufficienti; non tanto per una difficoltà economica, quanto a causa dell’invecchiamento generale della popolazione; diciamo pure, più crudamente, perché nelle famiglie ormai ci sono più vecchi che giovani, o addirittura i giovani mancano del tutto. Sicché è sempre più frequente che si bussi alla porta di un istituto specializzato.

Nello stesso tempo, è acquisito nella coscienza collettiva il principio che la società debba farsi carico dell’accudimento degli anziani non meno di quanto si fa carico – con la scuola pubblica – della istruzione dei ragazzi. E si è acquisito anche il principio che l’anziano ospitato in una casa di riposo ha diritto a ben più del minimo indispensabile per tenersi in vita; gli si deve offrire anche una buona qualità della vita, con una assistenza completa e qualificata e con tutti i servizi opportuni per il suo benessere fisico e psichico. Con questi criteri mantenere una persona anziana in un istituto apposito è divenuto molto costoso; perché poi ci sono tutti quelli che in questi istituti ci lavorano e che hanno a loro volta i sacrosanti diritti che la legge riconosce ai lavoratori.

Non a caso il modello di Stato nel quale viviamo – bene delineato nella nostra Costituzione – si chiama “stato sociale” e si propone di esaudire i bisogni individuali di ciascuno. Ma in questo mondo non c’è nulla di gratis; perché, appunto, ci sono i diritti delle persone che hanno bisogno di assistenza, ma ci sono anche quelli delle persone il cui lavoro consiste nell’assistere quelli che ne hanno bisogno. Il tutto funziona abbastanza bene fino a che una collettività nazionale è in fase di crescita, dal punto di vista economico come da quello demografico; ma se il meccanismo rallenta o addirittura si ferma (è il caso dell’Italia da venti o trenta anni a questa parte), a un certo punto ci si accorge che le risorse sono divenute scarse e qualcuno dovrà fare sacrifici. Ma chi? È questa la domanda alle quale nessuno sa rispondere.

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La stampa e le televisioni locali hanno dato un certo rilievo al confronto che si sta svolgendo in Umbria fra la Regione e gli istituti che gestiscono le residenze protette per anziani non autosufficienti, o più semplicemente case di riposo. La questione nasce per il fatto che nella maggior parte dei casi le famiglie non sono più in grado di accudire direttamente gli anziani non autosufficienti; non tanto per una difficoltà economica, quanto a causa dell’invecchiamento generale della popolazione; diciamo pure, più crudamente, perché nelle famiglie ormai ci sono più vecchi che giovani, o addirittura i giovani mancano del tutto. Sicché è sempre più frequente che si bussi alla porta di un istituto specializzato.

Nello stesso tempo, è acquisito nella coscienza collettiva il principio che la società debba farsi carico dell’accudimento degli anziani non meno di quanto si fa carico – con la scuola pubblica – della istruzione dei ragazzi. E si è acquisito anche il principio che l’anziano ospitato in una casa di riposo ha diritto a ben più del minimo indispensabile per tenersi in vita; gli si deve offrire anche una buona qualità della vita, con una assistenza completa e qualificata e con tutti i servizi opportuni per il suo benessere fisico e psichico. Con questi criteri mantenere una persona anziana in un istituto apposito è divenuto molto costoso; perché poi ci sono tutti quelli che in questi istituti ci lavorano e che hanno a loro volta i sacrosanti diritti che la legge riconosce ai lavoratori.

Non a caso il modello di Stato nel quale viviamo – bene delineato nella nostra Costituzione – si chiama “stato sociale” e si propone di esaudire i bisogni individuali di ciascuno. Ma in questo mondo non c’è nulla di gratis; perché, appunto, ci sono i diritti delle persone che hanno bisogno di assistenza, ma ci sono anche quelli delle persone il cui lavoro consiste nell’assistere quelli che ne hanno bisogno. Il tutto funziona abbastanza bene fino a che una collettività nazionale è in fase di crescita, dal punto di vista economico come da quello demografico; ma se il meccanismo rallenta o addirittura si ferma (è il caso dell’Italia da venti o trenta anni a questa parte), a un certo punto ci si accorge che le risorse sono divenute scarse e qualcuno dovrà fare sacrifici. Ma chi? È questa la domanda alle quale nessuno sa rispondere.

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Tre azioni per poter ricostruire la “casa” https://www.lavoce.it/tre-azioni-per-poter-ricostruire-la-casa/ Fri, 01 Oct 2021 10:30:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=62518

Francesca Di Maolo*

Si avvicina il 4 ottobre, festa di san Francesco, e risuonano forti le parole che il Santo si sentì dire pregando davanti al Crocifisso di San Damiano: “Francesco, va’, ripara la mia casa che, come vedi, è in rovina”. È un appello che oggi interroga ciascuno di noi. La casa che abitiamo ci sembra proprio in rovina. Crisi economica, ambientale e sociale sono in realtà - tra di loro collegate in una sola crisi che colpisce un mondo che nella storia non è mai stato più fragile e interconnesso.

Da dove partirebbe oggi san Francesco per ricostruire la casa in rovina, con quali azioni inizierebbe la ricostruzione? La prima azione sarebbe certamente la costruzione della fraternità , che oggi può svolgere un ruolo decisivo in politica come in economia. Fraternità per rifondare una politica che ha perso la dimensione della visione del bene comune, che implica un continuo andare verso l’altro. Quante cose può ancora insegnarci la vita di san Francesco che, fin dall’inizio, ha voluto i suoi frati in mezzo alla gente. La politica dovrebbe riscoprire questa via della fraternità, senza porsi l’obiettivo dei grandi risultati, ma ripartendo dalla preoccupazione per gli altri.

Viviamo nell’epoca dei paradossi. Mentre la ricchezza mediamente aumenta, le disuguaglianze aumentano più che in proporzione. Dove c’è disuguaglianza, certamente non può esserci sviluppo. Altro paradosso riguarda la scarsità dei beni comuni. Il nostro sistema è capace di produrre beni privati e pubblici, ma facciamo difetto dei beni comuni come l’ambiente, il territorio, l’acqua. Senza la fraternità sarà impossibile sciogliere questi paradossi. L’economia della fraternità, delineata dal carisma di Francesco di Assisi, custodisce l’anima della democrazia sostanziale e diventa lo strumento al servizio dell’uomo e di un sistema che tende ad assicurare lavoro, educazione e salute per tutti.

Pensando a san Francesco e al suo abbraccio con il lebbroso, che lo aprì pienamente all’amore, la seconda azione per la ricostruzione è certamente la cura. Siamo chiamati a riscoprire la bellezza e la generatività del gesto di cura. La cultura della cura si fonda sul riconoscimento della dignità di ogni persona e si sviluppa sulla via dell’accoglienza, della compassione e della riconciliazione.

Infine, Francesco ci indicherebbe la via della speranza. La speranza come virtù capace di proiettarci oltre la ristrettezza di una situazione. La speranza che richiede il coraggio di saper vedere le cose come dovrebbero essere. Segni di speranza li troviamo nei giovani di Economy of Francesco, che il 2 ottobre si ritrovano collegati da ogni parte del mondo per rispondere all’appello di Papa Bergoglio per ridare un’anima all’economia. Li troviamo nei cattolici italiani che saranno a Taranto dal 21 al 24 ottobre, in occasione della 49° Settimana sociale, per ripensare al “Pianeta che speriamo” secondo la logica dell’ecologia integrale. E infine, accanto a ogni gesto di cura, individuale e collettivo di chi sente la responsabilità delle ferite dell’altro. La nostra società sa essere resiliente non tanto perché resiste ai continui shock, ma perché è capace di guardare avanti.

*presidente Istituto Serafico, coordinatrice commissione Ceu per i problemi sociali e il lavoro

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Francesca Di Maolo*

Si avvicina il 4 ottobre, festa di san Francesco, e risuonano forti le parole che il Santo si sentì dire pregando davanti al Crocifisso di San Damiano: “Francesco, va’, ripara la mia casa che, come vedi, è in rovina”. È un appello che oggi interroga ciascuno di noi. La casa che abitiamo ci sembra proprio in rovina. Crisi economica, ambientale e sociale sono in realtà - tra di loro collegate in una sola crisi che colpisce un mondo che nella storia non è mai stato più fragile e interconnesso.

Da dove partirebbe oggi san Francesco per ricostruire la casa in rovina, con quali azioni inizierebbe la ricostruzione? La prima azione sarebbe certamente la costruzione della fraternità , che oggi può svolgere un ruolo decisivo in politica come in economia. Fraternità per rifondare una politica che ha perso la dimensione della visione del bene comune, che implica un continuo andare verso l’altro. Quante cose può ancora insegnarci la vita di san Francesco che, fin dall’inizio, ha voluto i suoi frati in mezzo alla gente. La politica dovrebbe riscoprire questa via della fraternità, senza porsi l’obiettivo dei grandi risultati, ma ripartendo dalla preoccupazione per gli altri.

Viviamo nell’epoca dei paradossi. Mentre la ricchezza mediamente aumenta, le disuguaglianze aumentano più che in proporzione. Dove c’è disuguaglianza, certamente non può esserci sviluppo. Altro paradosso riguarda la scarsità dei beni comuni. Il nostro sistema è capace di produrre beni privati e pubblici, ma facciamo difetto dei beni comuni come l’ambiente, il territorio, l’acqua. Senza la fraternità sarà impossibile sciogliere questi paradossi. L’economia della fraternità, delineata dal carisma di Francesco di Assisi, custodisce l’anima della democrazia sostanziale e diventa lo strumento al servizio dell’uomo e di un sistema che tende ad assicurare lavoro, educazione e salute per tutti.

Pensando a san Francesco e al suo abbraccio con il lebbroso, che lo aprì pienamente all’amore, la seconda azione per la ricostruzione è certamente la cura. Siamo chiamati a riscoprire la bellezza e la generatività del gesto di cura. La cultura della cura si fonda sul riconoscimento della dignità di ogni persona e si sviluppa sulla via dell’accoglienza, della compassione e della riconciliazione.

Infine, Francesco ci indicherebbe la via della speranza. La speranza come virtù capace di proiettarci oltre la ristrettezza di una situazione. La speranza che richiede il coraggio di saper vedere le cose come dovrebbero essere. Segni di speranza li troviamo nei giovani di Economy of Francesco, che il 2 ottobre si ritrovano collegati da ogni parte del mondo per rispondere all’appello di Papa Bergoglio per ridare un’anima all’economia. Li troviamo nei cattolici italiani che saranno a Taranto dal 21 al 24 ottobre, in occasione della 49° Settimana sociale, per ripensare al “Pianeta che speriamo” secondo la logica dell’ecologia integrale. E infine, accanto a ogni gesto di cura, individuale e collettivo di chi sente la responsabilità delle ferite dell’altro. La nostra società sa essere resiliente non tanto perché resiste ai continui shock, ma perché è capace di guardare avanti.

*presidente Istituto Serafico, coordinatrice commissione Ceu per i problemi sociali e il lavoro

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“Bottega azzurra” apre nuova sede con i suoi biscotti artigianali https://www.lavoce.it/bottega-azzurra-apre-nuova-sede-con-i-suoi-biscotti-artigianali/ Sat, 31 Jul 2021 15:40:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61577

La Bottega Azzurra apre una sede nuova grazie ai biscotti fatti a mano da ragazzi e ragazze “speciali”. La cooperativa sociale inclusiva aperta a Gubbio neppure un anno fa, il 2 agosto inaugura la nuova sede in piazza Bernini 6, a Gubbio.

Nuovi spazi e nuove attività

“Eravamo sistemati nei locali del Cva di Mocaiana, ma - spiegano Marisa Radicchi e Riccardo Martinelli, soci della cooperativa - avevamo bisogno di avere spazi nostri, e anche un po’ più grandi, per poter lavorare meglio. Dovevamo iniziare a farci conoscere. Ora che finalmente abbiamo trovato la sede, i ragazzi potranno trascorrere anche momenti ricreativi, l’altro dei nostri obiettivi. Il progetto non è solo di inclusione sociale, ma lavorativa, tanto è vero che tutti prendono anche lo stipendio”. “Sbriciotte”, saracelle, visnetti, e crostarelle, e pasticceria secca dolce e salata, preparata rigorosamente con materie prime locali, sono gli ingredienti del successo, del biscottificio che impegna otto soci volontari e otto ragazzi che si trovano in situazione di disabilità in un percorso di inclusione lavorativa, che conta sul prezioso e costante sostegno di imprenditori che sin dal principio hanno creduto al progetto. Con l’obiettivo di includere, interagire, integrare, attraverso il lavoro con tanto di stipendio, sono diventati un laboratorio capace di creare un indotto economico e una rete anche con le strutture ricettive del territorio. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="61578,61579,61580,61581,61582,61583"]

Sistemata la sede, sono pronti a farsi conoscere ancora di più.

“Faremo degli eventi – continua a spiegare Marisa – il primo sarà nei giorni 13-14 agosto, al centro storico di Gubbio, insieme all’associazione ‘Gli amici di Cate’, una iniziativa attraverso la quale doneremo loro i proventi della vendita dei biscotti. Nell’ultima settimana di agosto, parteciperemo con un nostro stand al Doc Fest, sempre a Gubbio. Covid permettendo, saremo con uno stand ad Eurochocolate, all’Umbriafiere di Bastia Umbra”.

Cos’altro bolle in pentola?

“Il progetto di inclusione lavorativa prevedeva, in un secondo step, incontri durante il tempo libero, far vivere ai ragazzi esperienze diverse, tipo conoscere le città, iniziative che con il Covid non si sono potute portare avanti. Ma siamo riusciti, comunque, ad andare al ristorante Numero Zero, a Perugia, dove hanno mangiato tutti insieme e si sono potuti confrontare, hanno visto come lavorano quei ragazzi, quindi le emozioni che provano quando si rapportano con i clienti. Abbiamo portato i nostri biscotti a PizzAut, una cooperativa nel milanese, gestita attraverso il lavoro inclusivo, altro punto dove vengono venduti”.

E se qualcuno volesse sostenere il progetto?

“I prodotti, sia dolci che salati, possono essere acquistati sul nostro sito (labottegazzurra.it), e dalla prossima settimana nello spazio aziendale che creeremo nella nuova sede. E poi attraverso il sostegno di tanti imprenditori sensibili, che possono contribuire a darci visibilità. Tipo le attività ricettive, a partire da Gubbio, che hanno deciso di vendere i nostri biscotti offrendoli come presente, come il Park Hotel Ai Cappuccini, o di includerli nei loro menu, sfusi, come al ristorante Picchio Verde e all’agriturismo Borgo Santa Chiara; a Cagli vengono forniti al bar (Apple caffè)”. Da pochissimo ci siamo buttati sulle bomboniere, abbiamo già tanti ordini per settembre e ottobre. Un’idea che è piaciuta molto, anche per le confezioni, che per l’occasione vengono personalizzate”.]]>

La Bottega Azzurra apre una sede nuova grazie ai biscotti fatti a mano da ragazzi e ragazze “speciali”. La cooperativa sociale inclusiva aperta a Gubbio neppure un anno fa, il 2 agosto inaugura la nuova sede in piazza Bernini 6, a Gubbio.

Nuovi spazi e nuove attività

“Eravamo sistemati nei locali del Cva di Mocaiana, ma - spiegano Marisa Radicchi e Riccardo Martinelli, soci della cooperativa - avevamo bisogno di avere spazi nostri, e anche un po’ più grandi, per poter lavorare meglio. Dovevamo iniziare a farci conoscere. Ora che finalmente abbiamo trovato la sede, i ragazzi potranno trascorrere anche momenti ricreativi, l’altro dei nostri obiettivi. Il progetto non è solo di inclusione sociale, ma lavorativa, tanto è vero che tutti prendono anche lo stipendio”. “Sbriciotte”, saracelle, visnetti, e crostarelle, e pasticceria secca dolce e salata, preparata rigorosamente con materie prime locali, sono gli ingredienti del successo, del biscottificio che impegna otto soci volontari e otto ragazzi che si trovano in situazione di disabilità in un percorso di inclusione lavorativa, che conta sul prezioso e costante sostegno di imprenditori che sin dal principio hanno creduto al progetto. Con l’obiettivo di includere, interagire, integrare, attraverso il lavoro con tanto di stipendio, sono diventati un laboratorio capace di creare un indotto economico e una rete anche con le strutture ricettive del territorio. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="61578,61579,61580,61581,61582,61583"]

Sistemata la sede, sono pronti a farsi conoscere ancora di più.

“Faremo degli eventi – continua a spiegare Marisa – il primo sarà nei giorni 13-14 agosto, al centro storico di Gubbio, insieme all’associazione ‘Gli amici di Cate’, una iniziativa attraverso la quale doneremo loro i proventi della vendita dei biscotti. Nell’ultima settimana di agosto, parteciperemo con un nostro stand al Doc Fest, sempre a Gubbio. Covid permettendo, saremo con uno stand ad Eurochocolate, all’Umbriafiere di Bastia Umbra”.

Cos’altro bolle in pentola?

“Il progetto di inclusione lavorativa prevedeva, in un secondo step, incontri durante il tempo libero, far vivere ai ragazzi esperienze diverse, tipo conoscere le città, iniziative che con il Covid non si sono potute portare avanti. Ma siamo riusciti, comunque, ad andare al ristorante Numero Zero, a Perugia, dove hanno mangiato tutti insieme e si sono potuti confrontare, hanno visto come lavorano quei ragazzi, quindi le emozioni che provano quando si rapportano con i clienti. Abbiamo portato i nostri biscotti a PizzAut, una cooperativa nel milanese, gestita attraverso il lavoro inclusivo, altro punto dove vengono venduti”.

E se qualcuno volesse sostenere il progetto?

“I prodotti, sia dolci che salati, possono essere acquistati sul nostro sito (labottegazzurra.it), e dalla prossima settimana nello spazio aziendale che creeremo nella nuova sede. E poi attraverso il sostegno di tanti imprenditori sensibili, che possono contribuire a darci visibilità. Tipo le attività ricettive, a partire da Gubbio, che hanno deciso di vendere i nostri biscotti offrendoli come presente, come il Park Hotel Ai Cappuccini, o di includerli nei loro menu, sfusi, come al ristorante Picchio Verde e all’agriturismo Borgo Santa Chiara; a Cagli vengono forniti al bar (Apple caffè)”. Da pochissimo ci siamo buttati sulle bomboniere, abbiamo già tanti ordini per settembre e ottobre. Un’idea che è piaciuta molto, anche per le confezioni, che per l’occasione vengono personalizzate”.]]>
In questo numero: la salute degli umbri – sinodalità in Umbria – imprese sociali – Ricordo di mons. Baldi https://www.lavoce.it/la-salute-degli-umbri-sinodalita-in-umbria-imprese-sociali/ Thu, 17 Jun 2021 17:55:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61039

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Economia. Non premiare solo i “forti”

di Stefano De Martis L’economia italiana ha ripreso a crescere, e con ritmi persino superiori alle previsioni di qualche mese fa. Lo dicono le prime rilevazioni dell’Istat e lo confermano le stime: secondo quelle recentissime della Banca d’Italia, nel 2021 il Pil potrebbe aumentare del 4,9-5%. Un tasso che ci colloca davanti a molti partner europei con una tradizione di crescita ben più sostenuta della nostra. Quest’annotazione ci conforta, ma allo stesso tempo …

Focus

La sinodalità è roba ‘tosta’

di Luca Diotallevi Ma cosa è questo parlare, ormai da anni, di “Sinodo della Chiesa italiana”: l’espressione confusa di un’esigenza reale, o un’infinita falsa partenza? E questo insistere su una “Chiesa sinodale”, cosa vuol dire? Che può forse (...)

Un aiuto alle imprese sociali

di Pierluigi Grasselli Il vasto mondo delle imprese sociali merita un’attenzione particolare, per l’importanza fondamentale che esso ha per l’economia e la società italiana, e rispetto alla quale mi sembrano carenti, per frequenza, estensione e profondità (...)

Nel giornale

Umbria in cura

Come il naufrago dantesco che, sbattuto a riva, si volta a guardare la furia delle onde, l’Italia - e l’Umbria - ora misurano a ritroso gli effetti di oltre un anno di pandemia. Pesanti i dati regitrati dal Rapporto Osservasalute. E su tutti i settori: non solo quello sanitario, ma anche in fatto di economia, famiglia e procreazione, abitudini quotidiane... Colpiti anche i più piccoli, i bambini; e perfino la dimensione più interiore, quella di fede. Il Rapporto non nasconde le colpe pregresse del Paese, con scelte “che hanno sacrificato la sanità in nome dei risparmi di spesa. Ci vogliono più risorse e innovazione, perché la fragilità del Sistema è apparsa in tutta la sua drammaticità durante questa pandemia”.

MONS. IVO BALDI

Persona “mite e coraggiosa, semplice e creativa, dedita alla missione in Perù per ben 45 anni. Fino al punto che aveva deciso di rimanerci anche dopo la morte”. Così mons. Cancian ricorda il Vescovo umbro, rimasto vittima del Covid

L’APPELLO DEI TEOLOGI

Salvare la fraternità si intitola il documento firmato da dieci tra teologi e teologhe italiani, nato per impulso anche di mons. Paglia. Un appello ai loro colleghi, ma anche a ogni intellettuale: per offrire un importante contributo, insieme, alla luce di Fratelli tutti

FAMIGLIA

Due opposti disegni di legge regionali sulla famiglia. Si possono conciliare? Risponde Eleonora Pace

CULTURA

I valori e la sapienza contadina, ma anche la feroce povertà e il degrado ai tempi di Ceausescu. Liliana Nechita è una scrittrice romena residente a Terni. In patria la adorano, ma lei rimane qui perché...]]>

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Economia. Non premiare solo i “forti”

di Stefano De Martis L’economia italiana ha ripreso a crescere, e con ritmi persino superiori alle previsioni di qualche mese fa. Lo dicono le prime rilevazioni dell’Istat e lo confermano le stime: secondo quelle recentissime della Banca d’Italia, nel 2021 il Pil potrebbe aumentare del 4,9-5%. Un tasso che ci colloca davanti a molti partner europei con una tradizione di crescita ben più sostenuta della nostra. Quest’annotazione ci conforta, ma allo stesso tempo …

Focus

La sinodalità è roba ‘tosta’

di Luca Diotallevi Ma cosa è questo parlare, ormai da anni, di “Sinodo della Chiesa italiana”: l’espressione confusa di un’esigenza reale, o un’infinita falsa partenza? E questo insistere su una “Chiesa sinodale”, cosa vuol dire? Che può forse (...)

Un aiuto alle imprese sociali

di Pierluigi Grasselli Il vasto mondo delle imprese sociali merita un’attenzione particolare, per l’importanza fondamentale che esso ha per l’economia e la società italiana, e rispetto alla quale mi sembrano carenti, per frequenza, estensione e profondità (...)

Nel giornale

Umbria in cura

Come il naufrago dantesco che, sbattuto a riva, si volta a guardare la furia delle onde, l’Italia - e l’Umbria - ora misurano a ritroso gli effetti di oltre un anno di pandemia. Pesanti i dati regitrati dal Rapporto Osservasalute. E su tutti i settori: non solo quello sanitario, ma anche in fatto di economia, famiglia e procreazione, abitudini quotidiane... Colpiti anche i più piccoli, i bambini; e perfino la dimensione più interiore, quella di fede. Il Rapporto non nasconde le colpe pregresse del Paese, con scelte “che hanno sacrificato la sanità in nome dei risparmi di spesa. Ci vogliono più risorse e innovazione, perché la fragilità del Sistema è apparsa in tutta la sua drammaticità durante questa pandemia”.

MONS. IVO BALDI

Persona “mite e coraggiosa, semplice e creativa, dedita alla missione in Perù per ben 45 anni. Fino al punto che aveva deciso di rimanerci anche dopo la morte”. Così mons. Cancian ricorda il Vescovo umbro, rimasto vittima del Covid

L’APPELLO DEI TEOLOGI

Salvare la fraternità si intitola il documento firmato da dieci tra teologi e teologhe italiani, nato per impulso anche di mons. Paglia. Un appello ai loro colleghi, ma anche a ogni intellettuale: per offrire un importante contributo, insieme, alla luce di Fratelli tutti

FAMIGLIA

Due opposti disegni di legge regionali sulla famiglia. Si possono conciliare? Risponde Eleonora Pace

CULTURA

I valori e la sapienza contadina, ma anche la feroce povertà e il degrado ai tempi di Ceausescu. Liliana Nechita è una scrittrice romena residente a Terni. In patria la adorano, ma lei rimane qui perché...]]>
Economia sociale e lotta alla povertà: a Città di Castello nasce l‘associazione RA2M https://www.lavoce.it/economia-sociale-e-lotta-alla-poverta-a-citta-di-castello-nasce-lassociazione-ra2m/ Fri, 19 Mar 2021 14:45:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=59599 I rappresentanti della nuova associazione RA2M

  L’Alta Valle del Tevere è un laboratorio di innovazione sociale con una lunga storia di progettualità. Partendo da questo percorso che ha radici lontane, le più rilevanti realtà del terzo settore di Città di Castello, provenienti da varie esperienze e con varie filosofie di approccio, hanno deciso di incontrare la Fondazione Hallgarten-Franchetti per definire un comune progetto di laboratorio di innovazione sociale che parta dalle esperienze di studio di ricerca e giunga fino alla concreta realizzazione di azioni a favore dei settori fragili della società. La cooperativa La Rondine, ente di grande esperienza e che attiva importanti servizi in settori chiave del welfare sociale, l’Associazione Ave, espressione operativa della Caritas diocesana e da sempre sulla frontiera dell’accoglienza e della lotta alla povertà, assieme al Consorzio Aris che esprime una forte dimensione di ricerca nel settore del welfare diffuso e della formazione professionale di soggetti deboli, hanno deciso, assieme alla Fondazione Hallgarten-Franchetti ente di ricerca europeo radicato nel territorio che rappresenta l’incredibile eredità sociale dei baroni Leopoldo e Alice, di costituire un’Associazione, Ente del Terzo settore, che hanno voluto chiamare RA2M. Il termine non è solo l’acronimo delle sigle dei soggetti fondatori, ma è anche un richiamo alle intelligenze che dovranno essere messe in campo per collaborare ad una positiva ed efficiente fase post-pandemia, anche in prospettiva della gestione di importanti risorse che non dovranno essere sprecate. I soggetti Fondatori si sono incontrati giovedì 18 marzo presso la sede di Villa Montesca per sottoscrivere lo Statuto e l’Atto costitutivo ed eleggere gli organi sociali nell’obiettivo di cominciare da subito a lavorare sui fondamentali temi del welfare di comunità e della progettualità scoiale innovativa. Erano presenti i rappresentanti legali Angelo Capecci per la Fondazione Hallgarten-Franchetti Centro Studi Villa Montesca, Luciano Veschi per La Rondine, Sergio Filippi per il Consorzio Aris e Vincenzo Donnini per l’Associazione AVE. L’Assemblea dei soci Fondatori ha eletto Luciano Veschi presidente della neonata Associazione, conferendogli delega a perfezionare gli aspetti amministrativi preliminari e a presentare richiesta di registrazione. L’Assemblea ha anche eletto i membri del Consiglio Direttivo: Cristina Gustinelli, che assume anche la carica di vicepresidente, Vincenzo Donnini, Maria Rita Bracchini, Sergio Filippi, Federica Guerra, Marco Romanelli e Silvia Nardi, che assume la carica di Tesoriere. Il Consiglio direttivo riunitosi nella stessa sede dopo la conclusione dell’Assemblea ha designato Fabrizio Boldrini, attuale direttore generale della Fondazione Hallgarten-Franchetti, come facente funzioni di Direttore della Associazione “E’ una grande soddisfazione - ha detto il neo-presidente Veschi  - poter presentare a Città di Castello e a tutta la regione Umbria un nuovo modello di cooperazione tra soggetti del terzo settore che nasce dalle ceneri della grande crisi che stiamo attraversando ma che intende programmare un importante futuro di innovazione per collaborare ad una società sempre più inclusiva”. Il consiglio direttivo ha programmato una prossima riunione per discutere le prime azioni da intraprendere e per elaborare il programma di lavoro.]]>
I rappresentanti della nuova associazione RA2M

  L’Alta Valle del Tevere è un laboratorio di innovazione sociale con una lunga storia di progettualità. Partendo da questo percorso che ha radici lontane, le più rilevanti realtà del terzo settore di Città di Castello, provenienti da varie esperienze e con varie filosofie di approccio, hanno deciso di incontrare la Fondazione Hallgarten-Franchetti per definire un comune progetto di laboratorio di innovazione sociale che parta dalle esperienze di studio di ricerca e giunga fino alla concreta realizzazione di azioni a favore dei settori fragili della società. La cooperativa La Rondine, ente di grande esperienza e che attiva importanti servizi in settori chiave del welfare sociale, l’Associazione Ave, espressione operativa della Caritas diocesana e da sempre sulla frontiera dell’accoglienza e della lotta alla povertà, assieme al Consorzio Aris che esprime una forte dimensione di ricerca nel settore del welfare diffuso e della formazione professionale di soggetti deboli, hanno deciso, assieme alla Fondazione Hallgarten-Franchetti ente di ricerca europeo radicato nel territorio che rappresenta l’incredibile eredità sociale dei baroni Leopoldo e Alice, di costituire un’Associazione, Ente del Terzo settore, che hanno voluto chiamare RA2M. Il termine non è solo l’acronimo delle sigle dei soggetti fondatori, ma è anche un richiamo alle intelligenze che dovranno essere messe in campo per collaborare ad una positiva ed efficiente fase post-pandemia, anche in prospettiva della gestione di importanti risorse che non dovranno essere sprecate. I soggetti Fondatori si sono incontrati giovedì 18 marzo presso la sede di Villa Montesca per sottoscrivere lo Statuto e l’Atto costitutivo ed eleggere gli organi sociali nell’obiettivo di cominciare da subito a lavorare sui fondamentali temi del welfare di comunità e della progettualità scoiale innovativa. Erano presenti i rappresentanti legali Angelo Capecci per la Fondazione Hallgarten-Franchetti Centro Studi Villa Montesca, Luciano Veschi per La Rondine, Sergio Filippi per il Consorzio Aris e Vincenzo Donnini per l’Associazione AVE. L’Assemblea dei soci Fondatori ha eletto Luciano Veschi presidente della neonata Associazione, conferendogli delega a perfezionare gli aspetti amministrativi preliminari e a presentare richiesta di registrazione. L’Assemblea ha anche eletto i membri del Consiglio Direttivo: Cristina Gustinelli, che assume anche la carica di vicepresidente, Vincenzo Donnini, Maria Rita Bracchini, Sergio Filippi, Federica Guerra, Marco Romanelli e Silvia Nardi, che assume la carica di Tesoriere. Il Consiglio direttivo riunitosi nella stessa sede dopo la conclusione dell’Assemblea ha designato Fabrizio Boldrini, attuale direttore generale della Fondazione Hallgarten-Franchetti, come facente funzioni di Direttore della Associazione “E’ una grande soddisfazione - ha detto il neo-presidente Veschi  - poter presentare a Città di Castello e a tutta la regione Umbria un nuovo modello di cooperazione tra soggetti del terzo settore che nasce dalle ceneri della grande crisi che stiamo attraversando ma che intende programmare un importante futuro di innovazione per collaborare ad una società sempre più inclusiva”. Il consiglio direttivo ha programmato una prossima riunione per discutere le prime azioni da intraprendere e per elaborare il programma di lavoro.]]>
Questa settimana su La Voce n. 15 https://www.lavoce.it/questa-settimana-su-la-voce-n-15/ Thu, 14 May 2020 13:34:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57127

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

Se Silvia ora è Aisha

di Pierpaolo Conti La notizia della liberazione in Africa della volontaria italiana Silvia Romano ha suscitato un’ondata di emozione e di commozione. In un tempo così pieno di paure e di preoccupazioni...

Focus

Papa e politica

di Daris Giancarlini La Chiesa di Bergoglio è poco politica, il discorso pubblico dell’attuale Papa tende a “perdere ogni specificità di tipo religioso” e confessionale, per assumere caratteristiche più ideologiche, con il “sostanziale abbandono” della dottrina sociale della Chiesa. è la tesi sostenuta dal prof. Ernesto Galli Della Loggia...

Nel giornale

Il Pane è sulla mensa, mancavamo solo noi

La gente, i sacerdoti e i vescovi italiani lo chiedevano ormai con insistenza: poter tornare a celebrare la liturgia nella sua sede autentica, nelle chiese! Naturalmente con tutte le precauzioni necessarie a evitare un nuovo diffondersi del contagio. Ora, grazie all’accordo tra Governo e Cei, torna possibile celebrare messe alla presenza del popolo, con un numero di fedeli proporzionale alle dimensioni della chiesa e con il rispetto delle norme igieniche. Un inizio giustamente cauto, ma che restituisce la preghiera cristiana alla sua radicale dimensione comunitaria di membra di un corpo e consente di tornare in comunione con il Corpo di Cristo vivo e presente nel Pane.
ECONOMIA
Per il mondo del lavoro in Umbria, l’inizio della Fase 2 è quasi un ricominciare da zero... Che prospettive ci sono, dai colossi come Ast al mondo della ceramica, all’agricoltura
ORATORI
Con l’arrivo dell’estate, “c’erano una volta” i campi estivi organizzati dalle parrocchie. E adesso, con il coronavirus? Le porte restano “aperte” CULTURA Nel cinquecentenario di Raffaello, alcune scoperte fatte in Umbria potrebbero riscrivere la storia dell’arte rinascimentale. Un dibattito molto vivace tra gli storici dell’arte
GUBBIO
Si ferma la festa dei Ceri, ma non la devozione per il Patrono
PERUGIA
Comitato Chianelli, da 30 anni insieme per la vita
ASSISI-BASTIA
Attivo 24 ore su 24 per le donne il telefono antiviolenza
CASTELLO
A Venanzio Gabriotti quest’anno si dedica un video ‘virale’
ORVIETO-TODI
Primo incontro ufficiale con mons. Sigismondi
FOLIGNO
La Quintana con i droni si disputerà nel mondo virtuale
AMELIA
La città si candida a diventare luogo del cuore del Fai  ]]>

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

Se Silvia ora è Aisha

di Pierpaolo Conti La notizia della liberazione in Africa della volontaria italiana Silvia Romano ha suscitato un’ondata di emozione e di commozione. In un tempo così pieno di paure e di preoccupazioni...

Focus

Papa e politica

di Daris Giancarlini La Chiesa di Bergoglio è poco politica, il discorso pubblico dell’attuale Papa tende a “perdere ogni specificità di tipo religioso” e confessionale, per assumere caratteristiche più ideologiche, con il “sostanziale abbandono” della dottrina sociale della Chiesa. è la tesi sostenuta dal prof. Ernesto Galli Della Loggia...

Nel giornale

Il Pane è sulla mensa, mancavamo solo noi

La gente, i sacerdoti e i vescovi italiani lo chiedevano ormai con insistenza: poter tornare a celebrare la liturgia nella sua sede autentica, nelle chiese! Naturalmente con tutte le precauzioni necessarie a evitare un nuovo diffondersi del contagio. Ora, grazie all’accordo tra Governo e Cei, torna possibile celebrare messe alla presenza del popolo, con un numero di fedeli proporzionale alle dimensioni della chiesa e con il rispetto delle norme igieniche. Un inizio giustamente cauto, ma che restituisce la preghiera cristiana alla sua radicale dimensione comunitaria di membra di un corpo e consente di tornare in comunione con il Corpo di Cristo vivo e presente nel Pane.
ECONOMIA
Per il mondo del lavoro in Umbria, l’inizio della Fase 2 è quasi un ricominciare da zero... Che prospettive ci sono, dai colossi come Ast al mondo della ceramica, all’agricoltura
ORATORI
Con l’arrivo dell’estate, “c’erano una volta” i campi estivi organizzati dalle parrocchie. E adesso, con il coronavirus? Le porte restano “aperte” CULTURA Nel cinquecentenario di Raffaello, alcune scoperte fatte in Umbria potrebbero riscrivere la storia dell’arte rinascimentale. Un dibattito molto vivace tra gli storici dell’arte
GUBBIO
Si ferma la festa dei Ceri, ma non la devozione per il Patrono
PERUGIA
Comitato Chianelli, da 30 anni insieme per la vita
ASSISI-BASTIA
Attivo 24 ore su 24 per le donne il telefono antiviolenza
CASTELLO
A Venanzio Gabriotti quest’anno si dedica un video ‘virale’
ORVIETO-TODI
Primo incontro ufficiale con mons. Sigismondi
FOLIGNO
La Quintana con i droni si disputerà nel mondo virtuale
AMELIA
La città si candida a diventare luogo del cuore del Fai  ]]>
Questa settimana su La Voce n.14 https://www.lavoce.it/questa-settimana-su-la-voce/ Thu, 07 May 2020 10:27:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57045

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

LA RISPOSTA FRAGILE di Paolo Bustaffa Non si cerca Dio in un letto di terapia intensiva. In un tempo di disorientamento ci si rivolge a chi offre sicurezze e certezze, non a chi è perdente. A chi serve un Dio “fragile”?…

Focus

LA FORZA DI LOTTARE di Francesca Di Maolo Ancora oggi i nostri centri diurni per disabili non ricevono risposte su come ripartire e con quali protocolli di sicurezza. Ecco perché io per prima, cari miei collaboratori... FERMI ALLA FASE ZERO di Daris Giancarlini Diceva il capo ufficio stampa dell’allora presidente americano Barack Obama che “non bisognerebbe mai sprecare una crisi”. All’alba della cosiddetta Fase 2, non sembra che la classe politica italiana... I NUOVI POVERI di Federica De Lauso Caritas italiana, al fine di monitorare e mappare le fragilità e i bisogni dei territori in questa fase di emergenza socio-sanitaria legata al Covid-19, ha avviato una rilevazione nazionale, condotta dal 9 al 24 aprile...

Nel giornale

AFFIDATI A MARIA

La Chiesa italiana affida il Paese nelle mani della Vergine Maria, a cominciare da malati, operatori sanitari e medici, famiglie e defunti. Dal Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio, la preghiera per invocare la protezione della Madre di Dio, come segno di salvezza e di speranza. Anche i Vescovi umbri, dalla Porziuncola di Assisi, chiedono l’intercessione della Madonna per la fine della pandemia e la rinascita di una comunità fiaccata dall’emergenza ma pronta a ripartire.

L’UMBRIA DAL MONDO

Gli sguardi del pianeta sull’Italia e su come il nostro Paese sta vivendo l’emergenza Covid-19. Le testimonianze degli stranieri che vivono e lavorano nella nostra regione

SISMA 2016

Un deciso passo avanti per la ricostruzione delle aree devastate dal terremoto - per l’Umbria: Norcia, Cascia, Preci - sembra essere stato fatto dal commissario straordinario Giovanni Legnini, che ha snellito le procedure burocratiche. In quattro punti, che cosa cambia nelle modalità di assegnazione dei lavori. Gli effetti si dovrebbero poter vedere già a breve

ECONOMIA

Finalmente arriva la Fase 2 e possono riaprire i negozi! O no? La gente è tornata in strada, sempre rispettando le prescrizioni di sicurezza, ma tanti esercizi commerciali fanno fatica a trovare clienti, soprattutto nel settore della ristorazione. Cosicché molti negozi che avrebbero “diritto” di riprendere le attività non lo hanno fatto. I dati di Confcommercio

TESTIMONIANZE

Per le famiglie, l’inizio della Fase 2 ha risolto sì dei problemi... ma creandone altri. Il ritorno al posto di lavoro ha infatti riaperto la questione su come gestire i figli, soprattutto i più piccoli, che invece continuano a non frequentare le scuole né gli asili. Abbiamo ascoltato le storie di alcune famiglie con diverse situazioni emergenza coronavirus
PERUGIA
Ginnastica e vita sociale grazie al Web e ai “Piedibus”
ASSISI
Gino Bartali: 20 anni fa scompariva un vero eroe
CITTÀ DI CASTELLO
Beata Margherita, i bei ricordi di un maestro di nuoto
ORVIETO-TODI
Ogni sabato di maggio il rosario vocazionale online
FOLIGNO
Il Comune vara il piano per la ripartenza in Fase2
GIOVE
Il piccolo paese da adesso non è più zona rossa]]>

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

LA RISPOSTA FRAGILE di Paolo Bustaffa Non si cerca Dio in un letto di terapia intensiva. In un tempo di disorientamento ci si rivolge a chi offre sicurezze e certezze, non a chi è perdente. A chi serve un Dio “fragile”?…

Focus

LA FORZA DI LOTTARE di Francesca Di Maolo Ancora oggi i nostri centri diurni per disabili non ricevono risposte su come ripartire e con quali protocolli di sicurezza. Ecco perché io per prima, cari miei collaboratori... FERMI ALLA FASE ZERO di Daris Giancarlini Diceva il capo ufficio stampa dell’allora presidente americano Barack Obama che “non bisognerebbe mai sprecare una crisi”. All’alba della cosiddetta Fase 2, non sembra che la classe politica italiana... I NUOVI POVERI di Federica De Lauso Caritas italiana, al fine di monitorare e mappare le fragilità e i bisogni dei territori in questa fase di emergenza socio-sanitaria legata al Covid-19, ha avviato una rilevazione nazionale, condotta dal 9 al 24 aprile...

Nel giornale

AFFIDATI A MARIA

La Chiesa italiana affida il Paese nelle mani della Vergine Maria, a cominciare da malati, operatori sanitari e medici, famiglie e defunti. Dal Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio, la preghiera per invocare la protezione della Madre di Dio, come segno di salvezza e di speranza. Anche i Vescovi umbri, dalla Porziuncola di Assisi, chiedono l’intercessione della Madonna per la fine della pandemia e la rinascita di una comunità fiaccata dall’emergenza ma pronta a ripartire.

L’UMBRIA DAL MONDO

Gli sguardi del pianeta sull’Italia e su come il nostro Paese sta vivendo l’emergenza Covid-19. Le testimonianze degli stranieri che vivono e lavorano nella nostra regione

SISMA 2016

Un deciso passo avanti per la ricostruzione delle aree devastate dal terremoto - per l’Umbria: Norcia, Cascia, Preci - sembra essere stato fatto dal commissario straordinario Giovanni Legnini, che ha snellito le procedure burocratiche. In quattro punti, che cosa cambia nelle modalità di assegnazione dei lavori. Gli effetti si dovrebbero poter vedere già a breve

ECONOMIA

Finalmente arriva la Fase 2 e possono riaprire i negozi! O no? La gente è tornata in strada, sempre rispettando le prescrizioni di sicurezza, ma tanti esercizi commerciali fanno fatica a trovare clienti, soprattutto nel settore della ristorazione. Cosicché molti negozi che avrebbero “diritto” di riprendere le attività non lo hanno fatto. I dati di Confcommercio

TESTIMONIANZE

Per le famiglie, l’inizio della Fase 2 ha risolto sì dei problemi... ma creandone altri. Il ritorno al posto di lavoro ha infatti riaperto la questione su come gestire i figli, soprattutto i più piccoli, che invece continuano a non frequentare le scuole né gli asili. Abbiamo ascoltato le storie di alcune famiglie con diverse situazioni emergenza coronavirus
PERUGIA
Ginnastica e vita sociale grazie al Web e ai “Piedibus”
ASSISI
Gino Bartali: 20 anni fa scompariva un vero eroe
CITTÀ DI CASTELLO
Beata Margherita, i bei ricordi di un maestro di nuoto
ORVIETO-TODI
Ogni sabato di maggio il rosario vocazionale online
FOLIGNO
Il Comune vara il piano per la ripartenza in Fase2
GIOVE
Il piccolo paese da adesso non è più zona rossa]]>
Cena in carcere. Il penitenziario di Perugia ha ospitato un vero e proprio ristorante https://www.lavoce.it/cena-in-carcere-perugia/ Thu, 16 May 2019 10:49:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54529 carcere

“Questa sera, si cena in carcere”. Sta tutta in un gioco di parole e in una provocazione, la nuova sfida del complesso penitenziario di Perugia che ha ospitato all’interno delle mura un vero e proprio ristorante in occasione della quinta edizione delle “Golose Evasioni”, cena evento promossa nell’ambito del corso di “Addetto alla cucina”, organizzato nel laboratorio del carcere di Capanne e previsto nell’ambito dell’avviso “Umbriattiva Giovani”, finanziato dalla Regione Umbria e gestito dalla cooperativa sociale Frontiera Lavoro. L’occasione è stata giovedì 9 maggio, quando i dieci detenuti under 30 del reparto penale dell’istituto perugino hanno allestito un vero e proprio ristorante per 240 commensali. Una “serata all’insegna del gusto e della convivialità – ha spiegato al Sir Luca Verdolini, responsabile dell’area giustizia di “Frontiera Lavoro” e coordinatore del progetto -, ma anche un modo per questi ragazzi di dimostrare le loro capacità”. La cena. Il corso ha previsto 255 ore di lezione e ha dato ai detenuti la possibilità di apprendere un mestiere sotto la guida di esperti chef che hanno trasmesso loro tutti i trucchi per diventare professionisti a 360 gradi, capaci di soddisfare le richieste dei clienti più esigenti. Sono stati affiancati nella preparazione della cena dai “moschiettieri del Gusto” vale a dire gli chef Catia Ciofo, Antonella Pagoni, Cristiano Venturi ed Andrea Mastriforti, tutti nomi tra i più importanti del panorama ristorativo italiano. La cena, accompagnata dai musicisti di “UmbriaEnsemble”, ha avuto un “menu e una carta dei vini che non hanno nulla da invidiare ai locali più celebri di Perugia, passatelli con punte d’asparagi, datterino appassito, fusione di menta e guanciola di vitello brasato sono solo alcune delle specialità del menu che è stato attentamente valutato dallo chef stellato Giancarlo Polito e dal critico enogastronomico Leonardo Romanelli, ospiti d’onore della serata”. I camerieri in sala sono stati istruiti e guidati da un maître professionisti, Emilio Sabbatini, dalla lunga carriera nella ristorazione di alto livello, che ha affrontato questa nuova sfida con entusiasmo. “Qui si lavora con persone che hanno commesso degli errori e che stanno portando avanti un percorso di reinserimento, a cui bisogna insegnare tutto. Ma hanno molta umiltà e grande voglia di imparare”, ha detto a nome di tutti una delle docenti, la chef Catia Ciofo. Tutti i dettagli della serata sono stati curati con la massima attenzione. Tavoli eleganti, tovaglie raffinate, candele accese, piatti di porcellana, sottopiatti, bicchieri di vetro e posateria di alta qualità. E la cura per il dettaglio arriva fino al piatto.

Le testimonianze

Per Aldo, 28 anni, uno degli allievi, una delle soddisfazioni più grandi è “sapere che il cliente gradisce non solo il cibo, ma anche la preparazione”. Sotto la guida attenta degli chef, Aldo mette molta cura nell’impiattare il cibo, guarnirlo per bene con salse e intingoli: “Si mangia con tutti i cinque sensi, quindi anche con gli occhi”, spiega.  Per Aldo, Nour Eddine, Gianluca  e gli altri detenuti, il corso per “addetto alla cucina” rappresenta una straordinaria opportunità per imparare un mestiere. “Per non sprecare il tempo che dobbiamo passare qui”, riflette Aldo. Perché il lavoro rappresenta l’arma migliore per combattere la recidiva ed evitare che l’ex detenuto, una volta tornato in libertà, commetta nuovi reati. Ma imparare un mestiere spesso non basta. “Non è la magistratura a dare il fine pena ai detenuti, è la società – ha sottolineato Verdolini -. Perciò desideriamo che l’attività formativa di Frontiera Lavoro in carcere diventi un marchio forte e credibile. E che possa costituire un elemento importante nel curriculum di ogni detenuto che vi transiterà”. L’evento “Golose Evasioni” rappresenta anche “un modo per superare le invisibili barriere che separano il mondo esterno dal carcere”. “La sfida più importante è quella culturale – ha aggiunto il direttore dell’istituto perugino, Bernardina Di Mario – con la sua costante apertura al pubblico tale evento vuole essere un’opportunità di interfacciarsi con l’universo carcerario e riflettere sul senso della pena”.

Andrea Regimenti

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carcere

“Questa sera, si cena in carcere”. Sta tutta in un gioco di parole e in una provocazione, la nuova sfida del complesso penitenziario di Perugia che ha ospitato all’interno delle mura un vero e proprio ristorante in occasione della quinta edizione delle “Golose Evasioni”, cena evento promossa nell’ambito del corso di “Addetto alla cucina”, organizzato nel laboratorio del carcere di Capanne e previsto nell’ambito dell’avviso “Umbriattiva Giovani”, finanziato dalla Regione Umbria e gestito dalla cooperativa sociale Frontiera Lavoro. L’occasione è stata giovedì 9 maggio, quando i dieci detenuti under 30 del reparto penale dell’istituto perugino hanno allestito un vero e proprio ristorante per 240 commensali. Una “serata all’insegna del gusto e della convivialità – ha spiegato al Sir Luca Verdolini, responsabile dell’area giustizia di “Frontiera Lavoro” e coordinatore del progetto -, ma anche un modo per questi ragazzi di dimostrare le loro capacità”. La cena. Il corso ha previsto 255 ore di lezione e ha dato ai detenuti la possibilità di apprendere un mestiere sotto la guida di esperti chef che hanno trasmesso loro tutti i trucchi per diventare professionisti a 360 gradi, capaci di soddisfare le richieste dei clienti più esigenti. Sono stati affiancati nella preparazione della cena dai “moschiettieri del Gusto” vale a dire gli chef Catia Ciofo, Antonella Pagoni, Cristiano Venturi ed Andrea Mastriforti, tutti nomi tra i più importanti del panorama ristorativo italiano. La cena, accompagnata dai musicisti di “UmbriaEnsemble”, ha avuto un “menu e una carta dei vini che non hanno nulla da invidiare ai locali più celebri di Perugia, passatelli con punte d’asparagi, datterino appassito, fusione di menta e guanciola di vitello brasato sono solo alcune delle specialità del menu che è stato attentamente valutato dallo chef stellato Giancarlo Polito e dal critico enogastronomico Leonardo Romanelli, ospiti d’onore della serata”. I camerieri in sala sono stati istruiti e guidati da un maître professionisti, Emilio Sabbatini, dalla lunga carriera nella ristorazione di alto livello, che ha affrontato questa nuova sfida con entusiasmo. “Qui si lavora con persone che hanno commesso degli errori e che stanno portando avanti un percorso di reinserimento, a cui bisogna insegnare tutto. Ma hanno molta umiltà e grande voglia di imparare”, ha detto a nome di tutti una delle docenti, la chef Catia Ciofo. Tutti i dettagli della serata sono stati curati con la massima attenzione. Tavoli eleganti, tovaglie raffinate, candele accese, piatti di porcellana, sottopiatti, bicchieri di vetro e posateria di alta qualità. E la cura per il dettaglio arriva fino al piatto.

Le testimonianze

Per Aldo, 28 anni, uno degli allievi, una delle soddisfazioni più grandi è “sapere che il cliente gradisce non solo il cibo, ma anche la preparazione”. Sotto la guida attenta degli chef, Aldo mette molta cura nell’impiattare il cibo, guarnirlo per bene con salse e intingoli: “Si mangia con tutti i cinque sensi, quindi anche con gli occhi”, spiega.  Per Aldo, Nour Eddine, Gianluca  e gli altri detenuti, il corso per “addetto alla cucina” rappresenta una straordinaria opportunità per imparare un mestiere. “Per non sprecare il tempo che dobbiamo passare qui”, riflette Aldo. Perché il lavoro rappresenta l’arma migliore per combattere la recidiva ed evitare che l’ex detenuto, una volta tornato in libertà, commetta nuovi reati. Ma imparare un mestiere spesso non basta. “Non è la magistratura a dare il fine pena ai detenuti, è la società – ha sottolineato Verdolini -. Perciò desideriamo che l’attività formativa di Frontiera Lavoro in carcere diventi un marchio forte e credibile. E che possa costituire un elemento importante nel curriculum di ogni detenuto che vi transiterà”. L’evento “Golose Evasioni” rappresenta anche “un modo per superare le invisibili barriere che separano il mondo esterno dal carcere”. “La sfida più importante è quella culturale – ha aggiunto il direttore dell’istituto perugino, Bernardina Di Mario – con la sua costante apertura al pubblico tale evento vuole essere un’opportunità di interfacciarsi con l’universo carcerario e riflettere sul senso della pena”.

Andrea Regimenti

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L’audace colpo di don Corrado https://www.lavoce.it/audace-colpo-corrado/ Thu, 16 May 2019 08:05:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54524 Logo rubrica Il punto

di Pier Giorgio Lignani

Immagino che l’impresa di “don Corrado”, il card. Krajewski, che ha riattaccato la corrente elettrica a un palazzo abitato da quattro o cinquecentopersone, abbia entusiasmato i nostri lettori. Ha sfidato (così pare) il rischio di morirci sul colpo, e gli è andata bene; ha sfidato una denuncia penale, e l’ha avuta, ma saprà difendersi; e tutto questo per un’opera di carità di cui c’era bisogno urgente.

Però, ragionando a mente fredda, bisogna dire che il merito principale di quel gesto è stato quello di mettere la coscienza di tutti di fronte a un problema grave. Ma quel problema non lo risolve. Al più, risolve il problema di quella casa per qualche giorno, non per sempre; tanto meno indica un modello da ripetere per tutti i casi simili che ci sono in Italia e nel mondo.

Non si può, infatti, stabilire come principio generale che la corrente elettrica e magari altri servizi vanno garantiti a tutti e sempre, chi può li paga e chi non può (o non vuole) non li paga ma li riceve lo stesso; come già avviene, ma non senza difficoltà e contrasti, per il servizio sanitario. Fra l’altro, visto come vanno in questo Paese tante altre cose (pensiamo ai benefici per gli invalidi), per ogni vero bisognoso ci sarebbero dieci furbi che farebbero carte false per avere gli stessi benefici.

Ma anche ammesso che si riesca a farlo funzionare, tutto si scaricherebbe sulle tasse, e il sistema richiederebbe un prelievo fiscale enorme.

Mentre già oggi tutti dicono che il prelievo è troppo alto e frena l’economia, scoraggia gli investimenti, provoca disoccupazione. Allora che si fa? Forse bisognava, molto prima, aiutare quelle centinaia di persone che stanno abusivamente in quel palazzo a trovarsi un’altra casa, s’intende anche modesta e a bassissimo costo, ma non gratis; aiutarli a trovare un lavoro, far funzionare davvero i servizi sociali, assistere i più deboli… Insomma, fare buona politica.

Ma per questo ci vogliono tempi lunghi, uno Stato ben organizzato, una popolazione che abbia un altissimo senso civico e il culto dell’onestà. Si torna sempre lì: per far andare bene l’Italia bisognerebbe cambiare la testa degli italiani. In mancanza, grazie a Dio abbiamo don Corrado.

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Logo rubrica Il punto

di Pier Giorgio Lignani

Immagino che l’impresa di “don Corrado”, il card. Krajewski, che ha riattaccato la corrente elettrica a un palazzo abitato da quattro o cinquecentopersone, abbia entusiasmato i nostri lettori. Ha sfidato (così pare) il rischio di morirci sul colpo, e gli è andata bene; ha sfidato una denuncia penale, e l’ha avuta, ma saprà difendersi; e tutto questo per un’opera di carità di cui c’era bisogno urgente.

Però, ragionando a mente fredda, bisogna dire che il merito principale di quel gesto è stato quello di mettere la coscienza di tutti di fronte a un problema grave. Ma quel problema non lo risolve. Al più, risolve il problema di quella casa per qualche giorno, non per sempre; tanto meno indica un modello da ripetere per tutti i casi simili che ci sono in Italia e nel mondo.

Non si può, infatti, stabilire come principio generale che la corrente elettrica e magari altri servizi vanno garantiti a tutti e sempre, chi può li paga e chi non può (o non vuole) non li paga ma li riceve lo stesso; come già avviene, ma non senza difficoltà e contrasti, per il servizio sanitario. Fra l’altro, visto come vanno in questo Paese tante altre cose (pensiamo ai benefici per gli invalidi), per ogni vero bisognoso ci sarebbero dieci furbi che farebbero carte false per avere gli stessi benefici.

Ma anche ammesso che si riesca a farlo funzionare, tutto si scaricherebbe sulle tasse, e il sistema richiederebbe un prelievo fiscale enorme.

Mentre già oggi tutti dicono che il prelievo è troppo alto e frena l’economia, scoraggia gli investimenti, provoca disoccupazione. Allora che si fa? Forse bisognava, molto prima, aiutare quelle centinaia di persone che stanno abusivamente in quel palazzo a trovarsi un’altra casa, s’intende anche modesta e a bassissimo costo, ma non gratis; aiutarli a trovare un lavoro, far funzionare davvero i servizi sociali, assistere i più deboli… Insomma, fare buona politica.

Ma per questo ci vogliono tempi lunghi, uno Stato ben organizzato, una popolazione che abbia un altissimo senso civico e il culto dell’onestà. Si torna sempre lì: per far andare bene l’Italia bisognerebbe cambiare la testa degli italiani. In mancanza, grazie a Dio abbiamo don Corrado.

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Servirebbe un capitalismo condiviso, anche dal basso https://www.lavoce.it/servirebbe-un-capitalismo-condiviso-anche-dal-basso/ Tue, 17 Apr 2018 14:30:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51663

di Pierluigi Grasselli Nel suo recente intervento su La Voce (23 marzo) il segretario regionale della Cisl, Ulderico Sbarra, propone un ampio quadro dello stato attuale di economia e società, sottolineando i fattori di squilibrio, sfruttamento, precarizzazione all’opera nel mercato del lavoro, purtroppo anche in Umbria, con pesanti, odiose ricadute sulle condizioni dei lavoratori, in specie i più fragili, e le loro famiglie. In corrispondenza, segnalo il ruolo positivo che potrebbe essere svolto da politiche attive del lavoro ben impostate ed efficacemente gestite, capaci di assicurare orientamento effettivo, vera formazione, sostegno al reddito, e in generale efficace accompagnamento di chi è alla ricerca del lavoro. Si attende di vedere all’opera, quanto prima, la nuova legge regionale sul Sistema integrato per il mercato del lavoro, pur nella consapevolezza delle limitate risorse, finanziarie e umane disponibili. Sbarra richiama altresì l’attenzione sull’esigenza centrale di spingere per un aumento significativo della produttività. Qui tengo a rammentare l’importanza di sviluppare la contrattazione di secondo livello, attraverso cui il sindacato può dare un contributo di rilievo per un assetto organizzativo di impresa più efficace e più sicuro. E anche su questa base si coglie l’esigenza di uno sviluppo sostanziale di fiducia e di pratiche di reciprocità tra parti sociali. Allargando il quadro dell’analisi, il segretario Cisl sottolinea l’esigenza di realizzare, al di là di misure settoriali e interventi su variabili specifiche, una revisione sostanziale del modello economico dell’Umbria, orientata a obiettivi di efficienza e di equità, in direzione di un “patto sociale sostenibile e solidale”. Al riguardo, come suggeriscono molti qualificati osservatori (quali Magatti e vari esponenti dell’Economia civile), per contrastare i molteplici impatti negativi, individuali e sociali, dell’attuale capitalismo finanziario e patrimoniale occorre rafforzare la dimensione relazionale e comunitaria di economia e società, riagganciandole, e promuovendo la valorizzazione dei territori, con l’impiego migliore delle sue vocazioni e delle sue risorse, per contribuire all’impegno verso la duplice sostenibilità invocata dalla Laudato si’. Un punto, questo, su cui insiste molto, da tempo, la Cisl dell’Umbria, e ripreso con forza da Sbarra nell’intervento in esame. In proposito, non dobbiamo dimenticare la vitalità che dimostra una buona parte dell’imprenditoria regionale, anche sul fronte dell’eccellenza: come segnala anche in questi giorni la stampa locale, a dinamiche significative dell’industria dell’aerospazio si affiancano i successi di molte realtà sul fronte del tessile e dell’abbigliamento, i risultati fortemente positivi di alcune reti di imprese nel cluster nautico, le prestazioni di rilievo di un numero crescente di start-up, in una ampia articolazione di settori e nicchie, dall’agricoltura di precisione all’organizzazione di matrimoni. Per non parlare dei “germogli di eccellenza” tra le start-up innovative, e della tensione di alcune microimprese umbre verso un artigianato 4.0. Torno a segnalare, come già in un mio recente intervento (La Voce dell’8 dicembre 2017), il ruolo di una cooperazione che, nel rispetto dei suoi princìpi, attiva iniziative innovative (ricordate nel recente studio di Bernardoni e Picciotti), con ricadute positive sul territorio, contribuendo anche a costituire quella pluralità operante di forme d’impresa che è auspicata dalla Caritas in Veritate. In generale, vanno seguite con attenzione, incoraggiate e sostenute le molteplici iniziative (quali quelle che si propongono annualmente all’evento di Bastia “Fa’ la cosa giusta”) che manifestano una vivace dinamica di riattivazione della società dal basso. C’è dunque una vitalità, e un desiderio di ripresa e di rilancio che viene dal basso, e che richiede un grande impegno congiunto a tutti gli attori della comunità regionale, giustamente auspicato da Sbarra. Un grande impegno congiunto rinnovato e rinnovatore, in particolare sul fronte delle istituzioni e di una loro maggiore inclusività, è richiesto per contrastare la drammatica situazione in cui versano settori e aree del sistema produttivo umbro, con gravi conseguenze occupazionali, economiche e sociali. Recenti esperienze sembrano mostrare come uno sforzo deciso e ben coordinato sul fronte delle imprese, auspicato anche da Cisl Umbria, possa avviare a soluzione situazioni anche gravi di crisi. Ciò mi ricorda la proposta avanzata da studiosi e operatori di porre mano a un “capitalismo condiviso”, fondato su una stretta cooperazione tra istituzioni pubbliche, imprese private e organizzazioni della società civile. Alla radice, è supposto un profondo mutamento culturale, che ci riguarda tutti, ispirato a condivisione e fraternità, verso una diffusa, sistematica, consapevole cooperazione di squadra.  ]]>

di Pierluigi Grasselli Nel suo recente intervento su La Voce (23 marzo) il segretario regionale della Cisl, Ulderico Sbarra, propone un ampio quadro dello stato attuale di economia e società, sottolineando i fattori di squilibrio, sfruttamento, precarizzazione all’opera nel mercato del lavoro, purtroppo anche in Umbria, con pesanti, odiose ricadute sulle condizioni dei lavoratori, in specie i più fragili, e le loro famiglie. In corrispondenza, segnalo il ruolo positivo che potrebbe essere svolto da politiche attive del lavoro ben impostate ed efficacemente gestite, capaci di assicurare orientamento effettivo, vera formazione, sostegno al reddito, e in generale efficace accompagnamento di chi è alla ricerca del lavoro. Si attende di vedere all’opera, quanto prima, la nuova legge regionale sul Sistema integrato per il mercato del lavoro, pur nella consapevolezza delle limitate risorse, finanziarie e umane disponibili. Sbarra richiama altresì l’attenzione sull’esigenza centrale di spingere per un aumento significativo della produttività. Qui tengo a rammentare l’importanza di sviluppare la contrattazione di secondo livello, attraverso cui il sindacato può dare un contributo di rilievo per un assetto organizzativo di impresa più efficace e più sicuro. E anche su questa base si coglie l’esigenza di uno sviluppo sostanziale di fiducia e di pratiche di reciprocità tra parti sociali. Allargando il quadro dell’analisi, il segretario Cisl sottolinea l’esigenza di realizzare, al di là di misure settoriali e interventi su variabili specifiche, una revisione sostanziale del modello economico dell’Umbria, orientata a obiettivi di efficienza e di equità, in direzione di un “patto sociale sostenibile e solidale”. Al riguardo, come suggeriscono molti qualificati osservatori (quali Magatti e vari esponenti dell’Economia civile), per contrastare i molteplici impatti negativi, individuali e sociali, dell’attuale capitalismo finanziario e patrimoniale occorre rafforzare la dimensione relazionale e comunitaria di economia e società, riagganciandole, e promuovendo la valorizzazione dei territori, con l’impiego migliore delle sue vocazioni e delle sue risorse, per contribuire all’impegno verso la duplice sostenibilità invocata dalla Laudato si’. Un punto, questo, su cui insiste molto, da tempo, la Cisl dell’Umbria, e ripreso con forza da Sbarra nell’intervento in esame. In proposito, non dobbiamo dimenticare la vitalità che dimostra una buona parte dell’imprenditoria regionale, anche sul fronte dell’eccellenza: come segnala anche in questi giorni la stampa locale, a dinamiche significative dell’industria dell’aerospazio si affiancano i successi di molte realtà sul fronte del tessile e dell’abbigliamento, i risultati fortemente positivi di alcune reti di imprese nel cluster nautico, le prestazioni di rilievo di un numero crescente di start-up, in una ampia articolazione di settori e nicchie, dall’agricoltura di precisione all’organizzazione di matrimoni. Per non parlare dei “germogli di eccellenza” tra le start-up innovative, e della tensione di alcune microimprese umbre verso un artigianato 4.0. Torno a segnalare, come già in un mio recente intervento (La Voce dell’8 dicembre 2017), il ruolo di una cooperazione che, nel rispetto dei suoi princìpi, attiva iniziative innovative (ricordate nel recente studio di Bernardoni e Picciotti), con ricadute positive sul territorio, contribuendo anche a costituire quella pluralità operante di forme d’impresa che è auspicata dalla Caritas in Veritate. In generale, vanno seguite con attenzione, incoraggiate e sostenute le molteplici iniziative (quali quelle che si propongono annualmente all’evento di Bastia “Fa’ la cosa giusta”) che manifestano una vivace dinamica di riattivazione della società dal basso. C’è dunque una vitalità, e un desiderio di ripresa e di rilancio che viene dal basso, e che richiede un grande impegno congiunto a tutti gli attori della comunità regionale, giustamente auspicato da Sbarra. Un grande impegno congiunto rinnovato e rinnovatore, in particolare sul fronte delle istituzioni e di una loro maggiore inclusività, è richiesto per contrastare la drammatica situazione in cui versano settori e aree del sistema produttivo umbro, con gravi conseguenze occupazionali, economiche e sociali. Recenti esperienze sembrano mostrare come uno sforzo deciso e ben coordinato sul fronte delle imprese, auspicato anche da Cisl Umbria, possa avviare a soluzione situazioni anche gravi di crisi. Ciò mi ricorda la proposta avanzata da studiosi e operatori di porre mano a un “capitalismo condiviso”, fondato su una stretta cooperazione tra istituzioni pubbliche, imprese private e organizzazioni della società civile. Alla radice, è supposto un profondo mutamento culturale, che ci riguarda tutti, ispirato a condivisione e fraternità, verso una diffusa, sistematica, consapevole cooperazione di squadra.  ]]>
I difetti dello Stato sociale https://www.lavoce.it/difetti-dello-sociale/ Mon, 26 Feb 2018 08:00:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51280 Logo rubrica Il punto

di Pier Giorgio Lignani Più volte, anche di recente, su queste colonne ci siamo occupati dello “Stato sociale”, formula politica ideata e realizzata nel XX secolo in molti Paesi dell’Europa occidentale, Italia compresa. Abbiamo anche riletto la prima parte della nostra Costituzione, che accanto ai tradizionali diritti politici dell’individuo (libertà di pensiero, libertà di parola, diritto di voto) consacra anche i nuovi diritti che potremmo chiamare sociali: diritto al lavoro, allo studio, alla salute, al benessere. E questo ci rende orgogliosi di vivere in uno Stato che si è dato tali obiettivi da raggiungere. Ma oggi dobbiamo vedere i lati negativi, che si possono riassumere così: quegli obiettivi non potranno mai essere raggiunti con pienezza, senza sforzo e senza fatica. Non potranno essere raggiunti una volta per tutte. Potrebbero apparire a portata di mano, ma sfuggire - e non per cattiva volontà di qualcuno, ma perché per garantire tutto a tutti ci vorrebbero risorse illimitate; e invece sono limitate. La popolazione mondiale cresce vorticosamente: dai 2 miliardi e mezzo del 1950 siamo adesso a 7 e mezzo. Garantire a tutti lo stesso standard di benessere (e di spreco) che hanno i Paesi più sviluppati, se anche fosse possibile, provocherebbe danni distruttivi per l’ambiente naturale. Ma anche senza discutere dei destini planetari, vediamo cosa succede nel nostro piccolo. Ha sollevato curiosità e dibattiti una decisione giudiziaria che ha dichiarato illegittima la chiusura di una struttura di pronto soccorso medico, perché avrebbe privato della doverosa assistenza gli abitanti di un piccolo Comune. Senza entrare nelle questioni legali, si capisce però che, se si tiene aperta quella struttura, bisogna per forza che si tenga fermo lì, in permanenza, un certo numero di operatori; e dunque mancheranno da qualche altra parte, dove altri utenti li aspetteranno invano. Se poi si vogliono mettere più risorse nei bilanci della sanità, va a finire che si tolgono alla scuola o alle pensioni o ad altri servizi pubblici. La realtà è questa, e diffidate di chi vi dice il contrario. Soprattutto sotto elezioni.  ]]>
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di Pier Giorgio Lignani Più volte, anche di recente, su queste colonne ci siamo occupati dello “Stato sociale”, formula politica ideata e realizzata nel XX secolo in molti Paesi dell’Europa occidentale, Italia compresa. Abbiamo anche riletto la prima parte della nostra Costituzione, che accanto ai tradizionali diritti politici dell’individuo (libertà di pensiero, libertà di parola, diritto di voto) consacra anche i nuovi diritti che potremmo chiamare sociali: diritto al lavoro, allo studio, alla salute, al benessere. E questo ci rende orgogliosi di vivere in uno Stato che si è dato tali obiettivi da raggiungere. Ma oggi dobbiamo vedere i lati negativi, che si possono riassumere così: quegli obiettivi non potranno mai essere raggiunti con pienezza, senza sforzo e senza fatica. Non potranno essere raggiunti una volta per tutte. Potrebbero apparire a portata di mano, ma sfuggire - e non per cattiva volontà di qualcuno, ma perché per garantire tutto a tutti ci vorrebbero risorse illimitate; e invece sono limitate. La popolazione mondiale cresce vorticosamente: dai 2 miliardi e mezzo del 1950 siamo adesso a 7 e mezzo. Garantire a tutti lo stesso standard di benessere (e di spreco) che hanno i Paesi più sviluppati, se anche fosse possibile, provocherebbe danni distruttivi per l’ambiente naturale. Ma anche senza discutere dei destini planetari, vediamo cosa succede nel nostro piccolo. Ha sollevato curiosità e dibattiti una decisione giudiziaria che ha dichiarato illegittima la chiusura di una struttura di pronto soccorso medico, perché avrebbe privato della doverosa assistenza gli abitanti di un piccolo Comune. Senza entrare nelle questioni legali, si capisce però che, se si tiene aperta quella struttura, bisogna per forza che si tenga fermo lì, in permanenza, un certo numero di operatori; e dunque mancheranno da qualche altra parte, dove altri utenti li aspetteranno invano. Se poi si vogliono mettere più risorse nei bilanci della sanità, va a finire che si tolgono alla scuola o alle pensioni o ad altri servizi pubblici. La realtà è questa, e diffidate di chi vi dice il contrario. Soprattutto sotto elezioni.  ]]>
La settimana sociale su Tv2000 https://www.lavoce.it/la-settimana-sociale-tv2000/ Thu, 26 Oct 2017 17:45:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50343 Anche le diocesi umbre, attraverso i loro delegati, partecipano alla 48a Settimana sociale che si tiene a Cagliari dal 26 al 29 ottobre. I lavori possono essere seguiti interamente in streaming, tramite i due siti www.chiesacattolica.it e www.settimanesociali.it. Tv2000 dedica una programmazione speciale, con le dirette che iniziano dal 26 ottobre a partire dalle ore 15.20, con l’edizione speciale del Tg2000 che introduce l’apertura dell’evento e l’intervento del presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti. Alle 21 in diretta lo speciale di Siamo noi in prima serata, condotto da Massimiliano Niccoli, con in studio il giornalista Giovanni Floris e il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti. Domenica 29 ottobre, alle ore 10, Tv2000 trasmette in diretta gli interventi conclusivi di Sergio Gatti, del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, e del presidente del Comitato delle Settimane e arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro. Tutte le sere, dal 26 al 28 ottobre alle 19, il Tg2000 cura lo speciale “Settimane sociali” con il resoconto della giornata, collegamenti con gli inviati, servizi e interviste ai protagonisti.

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Il lavoro illegale tema della Settimana sociale dei cattolici https://www.lavoce.it/lavoro-illegale-tema-della-settimana-sociale-dei-cattolici/ Thu, 26 Oct 2017 17:00:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50338

Il lavoro è anche sfida di legalità. Soprattutto in alcuni contesti - e non solo quelli ai quali farebbero pensare antichi luoghi comuni - il lavoro rappresenta un antidoto alle mafie, lo strumento di contrasto più efficace all’economia illegale, la risposta per uno sviluppo possibile “autoprodotto” e per tale ragione sostenibile nel tempo. L’Istat ha presentato pochi giorni fa i dati dell’economia illegale, quella costituita essenzialmente dal fenomeno della prostituzione, del contrabbando e soprattutto del traffico di droga. "Nel 2015, le attività illegali considerate nel sistema dei conti nazionali – informa l’Istat - hanno generato un valore aggiunto pari a 15,8 miliardi di euro ovvero 0,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente". Il “lavoro illegale” è uno dei temi dei quali si discuterà a Cagliari, la tappa nazionale del cammino della 48a Settimana sociale dei cattolici, che avrà anche un seguito, dopo la quattro-giorni dal 26 al 29 ottobre. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de "La Voce"]]>

Il lavoro è anche sfida di legalità. Soprattutto in alcuni contesti - e non solo quelli ai quali farebbero pensare antichi luoghi comuni - il lavoro rappresenta un antidoto alle mafie, lo strumento di contrasto più efficace all’economia illegale, la risposta per uno sviluppo possibile “autoprodotto” e per tale ragione sostenibile nel tempo. L’Istat ha presentato pochi giorni fa i dati dell’economia illegale, quella costituita essenzialmente dal fenomeno della prostituzione, del contrabbando e soprattutto del traffico di droga. "Nel 2015, le attività illegali considerate nel sistema dei conti nazionali – informa l’Istat - hanno generato un valore aggiunto pari a 15,8 miliardi di euro ovvero 0,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente". Il “lavoro illegale” è uno dei temi dei quali si discuterà a Cagliari, la tappa nazionale del cammino della 48a Settimana sociale dei cattolici, che avrà anche un seguito, dopo la quattro-giorni dal 26 al 29 ottobre. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de "La Voce"]]>
I cattolici in Italia e il lavoro: denuncia, racconto, proposta https://www.lavoce.it/i-cattolici-in-italia-e-il-lavoro-denuncia-racconto-proposta/ Thu, 01 Dec 2016 09:00:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=47967 lavoro-CMYKE’ stata diffusa il 22 novembre la lettera-invito alla 48a Settimana sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26-29 ottobre 2017). Quattro i “registri comunicativi” che accompagneranno l’evento e la sua preparazione: “Denunciare le situazioni più gravi e inaccettabili”, “raccontare il lavoro nelle sue profonde trasformazioni”, “raccogliere e diffondere le tante buone pratiche” esistenti, “costruire alcune proposte” per sciogliere nodi “che ci stanno a cuore”.

Il lavoro come vocazione, opportunità, valore, fondamento di comunità e promotore di legalità. Sono le cinque “prospettive” verso cui sono chiamati a guardare i cattolici italiani, in vista della prossima Settimana sociale a partire dal tema “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”. A declinarle è la lettera-invito, scritta dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali e a firma del suo presidente, il vescovo di Taranto mons. Filippo Santoro, indirizzata – per tramite dei rispettivi Vescovi diocesani – a tutti i cattolici in Italia.

“Il paradigma del lavoro come ‘impiego’ – riporta la missiva – si sta esaurendo con una progressiva perdita dei diritti lavorativi e sociali, in un contesto di perdurante crisi economica che coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione”.

“È forte la necessità che quel modello di ‘lavoro degno’ affermato dal Magistero sociale della Chiesa e dalla Costituzione italiana trovi un’effettiva attuazione nel rispetto e nella promozione della dignità della persona umana”.

Di qui le cinque prospettive, a partire dalla vocazione al lavoro, che “va formata e coltivata attraverso un percorso di crescita ricco e articolato, capace di coinvolgere l’integralità della persona”. In secondo luogo, “il lavoro è opportunità, che nasce dall’incontro tra impegno personale e innovazione in campo istituzionale e produttivo”. “La creazione di lavoro – sottolinea il documento al riguardo – non avviene per caso né per decreto, ma è conseguenza di uno sforzo individuale e di un impegno politico serio e solidale”. Poi, il riconoscimento del lavoro come valore, “in quanto ha a che fare con la dignità della persona, è base della giustizia e della solidarietà sociale e genera la vera ricchezza”.

Ancora, “è fondamento di comunità, perché valorizza la persona all’interno di un gruppo, sostiene l’interazione tra soggetti, sviluppa il senso di un’identità aperta alla conoscenza e all’integrazione con nuove culture, generatrice di responsabilità per il bene comune”. Infine, “rispetto a un contesto in cui l’illegalità rischia di apparire come l’unica occasione di mantenimento per se stessi e la propria famiglia”, il lavoro degno deve promuovere la legalità, e quindi “diventa indispensabile creare luoghi trasparenti affinché le relazioni siano autentiche e basate sul senso di giustizia e di eguaglianza nelle opportunità”.

La prossima Settimana sociale, che si propone di “realizzare un incontro partecipativo” e rinnovare “l’impegno delle comunità cristiane” sul tema del lavoro, andrà preparata con un “percorso diocesano” per portare a Cagliari un contributo “partecipato”, seguendo “quattro registri comunicativi”. In primo luogo la denuncia. Scrive al riguardo il Comitato:

“Vogliamo assumere la responsabilità di denunciare le situazioni più gravi e inaccettabili: sfruttamento, lavoro nero, insicurezza, disuguaglianza, disoccupazione – specie al Sud e tra i giovani – e problematiche legate al mondo dei migranti”.

Poi, il racconto del lavoro “nelle sue profonde trasformazioni, dando voce ai lavoratori e alle lavoratrici, interrogandoci sul suo senso nel contesto attuale”. E, per andare oltre la denuncia, vi è pure la volontà di far emergere “le tante buone pratiche che, a livello aziendale, territoriale e istituzionale, stanno già offrendo nuove soluzioni ai problemi del lavoro e dell’occupazione”. Infine, “costruire alcune proposte che, sul piano istituzionale, aiutino a sciogliere alcuni dei nodi che ci stanno più a cuore”.

Nell’ottica della concretezza va pure l’impegno, enunciato nel documento, di proporre nel corso dell’anno “a tutte le comunità cristiane un’iniziativa di solidarietà nei confronti di chi non ha lavoro”.

 

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Sabato Perugia. Un concerto e (nuovo) emporio per la solidarietà https://www.lavoce.it/sabato-perugia-un-concerto-e-nuovo-emporio-per-la-solidarieta/ Tue, 14 Jun 2016 12:07:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=46468 spesa-centro-caritas-emporio-cmykE’ in programma sabato 18 giugno, alle ore 21, nella cattedrale di san Lorenzo in Perugia, il Concerto canoro-musicale “Se la gente usasse il cuore” promosso dalla Caritas diocesana che vedrà esibirsi 250 coristi in rappresentanza delle Corali parrocchiali delle Zone pastorali dell’Archidiocesi. Si tratta di un concerto con la finalità di sensibilizzare la comunità cristiana e le persone di buona volontà a sostenere materialmente l’iniziativa Caritas degli “Empori della Solidarietà”.

Lo scorso anno le stesse Corali tennero un concerto a favore del “Fondo di Solidarietà” delle Chiese umbre per le famiglie in difficoltà per la perdita del lavoro a causa della crisi. In occasione di questo importante evento si esibiranno anche alcuni profughi ospiti della Casa di accoglienza “Il Pozzo di Giacobbe”, che canteranno uno spiritual facendo così sentire diverse «voci dal mondo» in segno di gratitudine per l’accoglienza ricevuta e, nel contempo, per non dimenticare i tanti disperati che per guerre e fame arrivano in Europa chiedendoci aiuto. I brani eseguiti dalle corali, di autori antichi e contemporanei, saranno accompagnati da alcune riflessioni di papa Francesco che comunicano il messaggio di questo evento.

Tra le riflessioni – una “rivolta” anche ai media -, quella in cui il Papa sostiene che «sono così tante le immagini che ci raggiungono che noi vediamo il dolore, ma non lo tocchiamo, sentiamo il pianto, ma non lo consoliamo, vediamo la sete ma non la saziamo. In questo modo, molte vite diventano parte di una notizia che in poco tempo sarà sostituita da un’altra. E, mentre cambiano le notizie, il dolore, la fame e la sete non cambiano, rimangono».

Papa Francesco si rivolge anche ai volontari e a quanti quotidianamente vivono un’opera di carità quale è l’“Emporio della Solidarietà”: «Credete in quello che fate e continuate a mettervi entusiasmo, che è il modo in cui il seme della generosità può germinare con forza. Concedetevi il lusso di sognare. Abbiamo bisogno di sognatori che spingano questi progetti. Perché diventi realtà questa urgente priorità della “fame zero”, vi assicuro tutto il nostro sostegno e appoggio al fine di favorire tutti gli sforzi intrapresi».

Sempre sabato 18 (ore 17) la Caritas diocesana inaugurerà il suo quarto “Emporio”, il terzo come opera segno diocesana del Giubileo Straordinario della Misericordia, fortemente voluta dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, dopo quelli di San Sisto e di Marsciano. Quest’ultimo “Emporio” si trova nella Parrocchia di San Bartolomeo in Ponte San Giovanni, uno dei centri periferici di Perugia in costante crescita demografica con numerose realtà imprenditoriali, non poche delle quali in affanno per la crisi.

«Ci affidiamo ancora una volta al canto per sostenere delle opere di carità di grande valenza sociale oltre che pastorale – commenta Antonio Salemme, incaricato Caritas di quest’iniziativa –. I coristi che si esibiranno non sono cantanti professionisti, però ce la metteranno tutta non solo con la voce, ma con il cuore».

«Abbiamo avuto modo di “collaudare” da alcuni anni l’esperienza degli eventi canoro-musicali, rivelatasi molto positiva – sottolinea Salemme –, in primis con il concerto natalizio “Cantiamo insieme la speranza” (2012), che ha coinvolto diverse centinaia di bambini in ognuna delle sette Zone pastorali dell’Archidiocesi. E’ stata un’iniziativa che ha stimolato delle altre a livello parrocchiale ed interparrocchiale, fino a promuovere quella diocesana dello scorso anno, tenutasi nella cattedrale di Perugia (il 14 giugno 2015, n.d.r.), per sostenere il “Fondo di Solidarietà” delle Chiese umbre».

«Siamo certi – conclude Salemme – che anche il concerto di sabato 18 giugno riscuoterà un successo di pubblico, contribuendo non poco a sostenere materialmente le opere degli “Empori della Solidarietà”, che ormai sono quattro, sorte nella nostra comunità diocesana negli ultimi due anni a sostegno di oltre mille famiglie in difficoltà».

Il repertorio di questo secondo Concerto canoro-musicale diocesano spazia dal “Re dei Re, dalla Cantata 140 di Bach, all’“Ave Verum” di Elgar (eseguiti dai coristi della I Zona pastorale), da “Vanità di Vanità” di Branduardi al “Laudato sii” tratto dal musical “Forza Venite Gente” di Paulicelli, De Mattis e Belardinelli (eseguiti dai coristi della II Zona pastorale), da “Sono qui a lodarti” di Hughes a “Come un prodigio” di Vezzani (eseguiti dai coristi della III Zona pastorale), dalle antiche melodie inglese e irlandese “Amazing Race” e “An Irish Blessing” (eseguite dai coristi della IV Zona pastorale) all’“Inno GMG 2016” di Blycharz (versione italiana di Ciprì) e “I will follow Him” tratto dal film “Sister Act” (eseguiti dai coristi della V Zona pastorale), da “Preferisco il Paradiso” di Frisina a “Goccia dopo goccia” di Fasano ((eseguiti dai coristi della VII Zona pastorale). Al termine, dopo «le voci dal mondo» dello spiritual di alcune giovani profughe, tutti i partecipanti al Concerto canteranno insieme “Se la gente usasse il cuore” di Bocelli.

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Perugia, Osservatorio diocesano sulle Povertà: il rapporto in sintesi https://www.lavoce.it/perugia-osservatorio-diocesano-sulle-poverta-il-rapporto-in-sintesi/ Wed, 08 Jun 2016 15:18:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=46451  

Accoglienza-immigrati-mensa-caritasNel 2015 la Caritas diocesana ha promosso la nascita dell’Osservatorio diocesano della Povertà e delle risorse, secondo le indicazioni di Caritas italiana e della Cei. I dati riportati nel Primo Rapporto dell’Osservatorio, preparato da Daniela Monni, Pierluigi Grasselli, Nicola Falocci e Silvia Bagnarelli, riguardano gli utenti recatisi almeno una volta al Centro di Ascolto Caritas diocesano di Perugia nel biennio 2014-2015, potendosi così anche compiere un confronto diretto con l’ultimo Rapporto di Caritas italiana (relativo al 2014).    Nel biennio di riferimento il numero degli utenti è rimasto pressoché stabile (987 nel 2014 e 971 nel 2015), pur accrescendosi di circa il 10% rispetto al 2013.  Considerandone la cittadinanza, si nota la netta prevalenza della componente estera rispetto a quella italiana: nel 2015 la quota della prima è pari al 64,8%, con un lieve aumento rispetto al 2014 (61,8%), comunque risultando superiore al dato nazionale (nel 2014 il 58,1%).

Tra gli stranieri rivoltisi al CdA diocesano prevalgono per nazionalità, nell’ordine, marocchini, albanesi e nigeriani.   Gli utenti si caratterizzano, secondo il sesso, per una maggior presenza delle femmine (circa il 55% sia nel 2014 che nel 2015). Di essi, la maggior parte è compresa nelle fasce di età produttiva, principalmente nelle classi 35-44 e 45-54. Sotto il profilo dello stato civile, sono in netta maggioranza le persone coniugate: il 57,3% nel 2014, con un aumento al 67,1% nel 2015 (che corrisponde al 75,1% tra gli stranieri).  Vi si collega la composizione del nucleo familiare, che vede prevalere (nel 2015, mediamente, 85,7%), soprattutto tra gli stranieri (91,3%), quelli che vivono in un nucleo familiare con coniuge, figli o altri familiari/parenti, con un valore molto superiore rispetto al dato nazionale.
Quanto alla situazione abitativa, poco meno della metà degli utenti (46%) dichiara di vivere in una casa affittata da un privato, il 3,3% in una casa di proprietà, mentre il 2,9% segnala situazioni di estrema precarietà.  In tema di condizione professionale , i dati disponibili mostrano una percentuale di occupati molto contenuta (8,2% nel 2015, 7,3% nel 2014, di contro al 15,7% rilevato dalla Caritas nazionale).  Molto elevata risulta invece la quota di utenti che hanno perduto un lavoro e sono alla ricerca di nuova occupazione (76,0% nel 2015 e 79,2% nel 2014, di contro al dato nazionale del 61,7%).   Prevale dunque in modo nettissimo lo stato di disoccupazione e di ricerca di nuova occupazione, molto più diffuso tra gli utenti stranieri che tra quelli italiani (81,4% contro 66,0%).

Ponendo attenzione al carico di problemi-bisogni segnalati da chi si rivolge ai Centri di Ascolto, troviamo, al primo posto, nel 2015, il fronte dell’occupazione/lavoro, avvertito maggiormente dagli stranieri (70,3% contro il 58,5% degli italiani), e quello della povertà/problemi economici, in seconda posizione (con una diffusione pressoché pari tra italiani e stranieri).   A livello nazionale, nel 2014, è invece la povertà economica a prevalere sui problemi di occupazione.  Altre voci di bisogno si rilevano sul fronte delle dipendenze, dei problemi familiari, della condizione di immigrato, della salute.  Si tratta di casi meno numerosi (anche perché denunciati forse per difetto, forse non ritenendosi il Centro di Ascolto la sede appropriata per la richiesta), che comunque richiedono interventi specifici, professionalmente adeguati, e quindi un’offerta appropriata di servizi.
Tra le attività della Caritas, in risposta alle richieste degli utenti, spiccano le attività di “ascolto”, nel corso delle quali, dopo un colloquio con l’utente, e dopo aver individuato i suoi reali bisogni, sono prefigurati possibili interventi di sostegno.  Tra il 2014 e il 2015 aumenta l’intensità degli interventi, passandosi da 3,4 a 4,1 tipologie di interventi per utente, in connessione con il processo di impoverimento di molte famiglie.  Al netto delle attività di ascolto, oltre il 90% degli interventi ha come oggetto sussidi di tipo economico (in gran parte dedicati al pagamento di bollette/tasse). Un importo marginale, ma in forte crescita, è dedicata all’erogazione di beni e servizi materiali, attualmente compiuta dall’Emporio, per il quale non disponiamo ancora di un archivio sistematico di dati.

Le indicazioni fornite dal Rapporto confermano anche per la nostra diocesi la gravità della situazione sociale, che colpisce l’intero Paese. Per fronteggiare povertà ed esclusione sociale, si impone, tra l’altro, la presenza di una comunità locale in cui i cittadini siano legati da un patto di partecipazione e cittadinanza attiva, tra loro e con un’amministrazione pubblica orientata ad un’effettiva azione sussidiaria, per dei servizi flessibili, personalizzati e integrati, con piena trasparenza della propria azione. Nella promozione sincera della dignità ed autonomia di poveri ed emarginati, la nostra comunità può  ritrovare, come Papa Francesco non si stanca di ripetere, la sua dimensione più profonda e più autenticamente umana.

L’introduzione del rapporto e la sua presentazione

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Perugia. Il Rapporto Caritas sulle povertà, con i dati dei Centri di ascolto https://www.lavoce.it/perugia-il-rapporto-caritas-sulle-poverta-con-i-dati-dei-centri-di-ascolto/ Tue, 07 Jun 2016 19:08:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=46446 Mensa-Caritas-distribuzione-pastiSi parla molto di povertà, ma non sono poi molti gli studi che aiutano a capire cosa significa, soprattutto studi che analizzino la situazione locale. Per coprire questa lacuna la Caritas Diocesana di Perugia – Città della Pieve ha istituito un “Osservatorio delle povertà” diretto dall’economista Pierluigi Grasselli e del quale fanno parte Nicola Faloci, Silvia Bagnarelli e Daniela Monni.

In questi mesi hanno lavorato alla redazione del primo Rapporto sulle povertà della diocesi di Perugia che verrà presentato mercoledì 8 giugno alle ore 17.00 presso la sede della Caritas diocesana, il “Villaggio Sorella Provvidenza” (via Montemalbe, 1 Perugia). Introdurrà l’incontro mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia, interverranno i componenti dell’Osservatorio e l’assessore al sociale del Comune di Perugia Edi Cicchi.

Il rapporto, dal titolo “Andare incontro ad ogni persona – La risposta della comunità ecclesiale alla povertà”, è il frutto di un lavoro di analasi dei dati forniti dai centri di ascolto diocesano e di alcune Caritas parrocchiali che già utilizzano il programma informatico Ospoweb utilizzato in Italia da oltre 172 diocesi, ed è una pubblicazione di 44 pagine, suddivisa in 6 capitoli (l’ultimo dedicato a tre storie di vita significative), con diversi dati in tabelle e illustrati con grafici.

“La Caritas diocesana di Perugia – scrive nella introduzione al Rapporto Daniela Monni, già direttore della Caritas diocesana, nel corso degli ultimi anni ha visto acuirsi ancora di più lo stato di sofferenza di molte famiglie della diocesi” e, aggiunge, “moltissime famiglie di quelle giunte al Centro di ascolto della Diocesi nell’ultimo triennio non si erano mai rivolte alla Caritas nel corso della loro vita”. “La crescita esponenziale di coloro che si rivolgono alla Caritas ci ha obbligato – continua Monni ad analizzare i dati anche per comprendere meglio le dimensioni del fenomeno. Per questo nel 2015 la Caritas diocesana ha promosso la nascita dell’Osservatorio diocesano delle Povertà e delle Risorse seguendo le indicazioni di Caritas italiana e dalla CEI”.

L’utilità di questo strumento, rispetto al Rapporto dell’Osservatorio Regionale sulle povertà istituito in collaborazione con Regione e Aur e che viene presentato in media ogni 5 pagine, è proprio la tempestività dell’analisi dei dati.

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Pubblichiamo l’introduzione al Rapporto curata da Daniela Monni

«Desidero aprire questo primo rapporto con le parole di Papa Francesco contenute nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium perché possano ispirare la lettura e gli spunti di lavoro successivo: “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia”.

La Caritas diocesana di Perugia nel corso degli ultimi anni ha visto acuirsi ancora di più lo stato di sofferenza di molte famiglie della diocesi, a triste conferma del dato ISTAT sulla povertà in Umbria, con 42.600 famiglie in povertà relativa (11%, rispetto all’8.9% della precedente rilevazione ISTAT), di cui 19.700 in povertà assoluta.

Moltissime famiglie di quelle giunte al Centro di ascolto della Diocesi nell’ultimo triennio non si erano mai rivolte alla Caritas nel corso della loro vita. Oltre ai segmenti della popolazione già colpiti da tempo dall’indigenza, la povertà è cresciuta in segmenti della popolazione fino ad oggi ritenuti poco vulnerabili: famiglie con due figli, famiglie con componenti inoccupati, famiglie con anziani e con malati.

La crescita esponenziale di coloro che si rivolgono alla Caritas ci ha obbligato ad analizzare i dati anche per comprendere meglio le dimensioni del fenomeno. Per questo nel 2015 la Caritas diocesana ha promosso la nascita dell’Osservatorio diocesano delle Povertà e delle Risorse seguendo le indicazioni di Caritas italiana e dalla CEI: “Dobbiamo (…) acquisire un’adeguata competenza nella lettura dei bisogni, delle povertà, dell’emarginazione: un osservatorio permanente, capace di seguire le dinamiche dei problemi della gente e di coinvolgere direttamente la comunità ecclesiale in modo scientifico, non dovrebbe mancare in nessuna chiesa locale” (CEI, La Chiesa in Italia dopo Loreto, cit.).

Fin dal 2010 il Centro di Ascolto diocesano ha avviato la raccolta sistematica degli ascolti e degli interventi fatti attraverso il programma informatico OSPOWEB, utilizzato in Italia da oltre 172 diocesi e i cui dati consentono l’elaborazione di un articolato e significativo dossier a livello nazionale.

Oltre al centro di ascolto diocesano, nella diocesi operano 45 Caritas parrocchiali e/o interparrocchiali che assistono in modi e misure diverse circa 2.000 famiglie, con buoni spesa, pacchi viveri o contribuendo al pagamento di utenze. Per questo, dopo i primi 4 anni di utilizzo del sistema al livello del cda diocesano, con l’elaborazione di oltre 11.200 schede (interventi) (dal 1/1/2012 al 31/12/2015) è stata avviata la formazione dei centri di ascolto periferici, per coinvolgere le parrocchie nell’utilizzare una metodologia comune di lettura dei bisogni e rilevazione dei dati.

I dati che vengono presentati in questo primo Rapporto riguardano una popolazione piuttosto circoscritta, quella degli utenti che si sono recati almeno una volta al Centro di Ascolto Caritas diocesano di Perugia nel periodo 2014-2015. La scelta di focalizzare i dati su un biennio, ci consente da un lato di permettere un confronto diretto dei dati con quelli pubblicati nell’ultimo Rapporto di Caritas italiana (che si riferiscono al 2014); dall’altro, di fornire una fotografia piuttosto aggiornata delle caratteristiche degli utenti del nostro CdA.

Da un punto di vista territoriale, è opportuno tenere presente che i dati presentati riguardano un ambito limitato e non consentono di estendere le informazioni ad un livello più ampio, anche perché, in questa prima fase i Centri di Ascolto periferici hanno raccolto solo alcuni dati essenziali.

In alcuni casi, le informazioni raccolte su talune caratteristiche degli utenti risultano ancora affette da un alto tasso di mancate risposte. Tuttavia, a seguito della formazione degli operatori avviata dal 2014 e con la predisposizione nel 2015 di una scheda unica omogenea per la raccolta dei dati, curata dal gruppo dell’Osservatorio Diocesano, si attende per l’immediato futuro una maggiore omogeneità e completezza delle informazioni, che sarà capace di fornire un quadro più nitido della realtà della povertà nell’intera diocesi.

Oltre al CDA diocesano oggi utilizzano il sistema Ospoweb anche altre parrocchie della Diocesi.

Questo primo rapporto, senza avere la pretesa di essere un rapporto completo delle povertà del nostro territorio, desidera essere uno strumento pastorale, uno strumento della Chiesa diocesana affidato alla Caritas quale “strumento a servizio della Chiesa locale, per aiutare la comunità cristiana a osservare sistematicamente le situazioni di povertà, di disagio, di emarginazione, di esclusione presenti sul territorio e le loro dinamiche di sviluppo, comunicando e rivolgendosi alla comunità ecclesiale e all’opinione pubblica, favorendo il coinvolgimento e la messa in rete dei diversi attori sociali impegnati sul territorio e per verificare ed approfondire l’utilizzo delle risorse e stimolare eventuali proposte di intervento”.

Desidero ringraziare quanti hanno permesso attraverso il loro contributo di realizzare questo primo rapporto, che spero possa offrire elementi di riflessione per la Chiesa diocesana, per l’intera comunità cristiana e per le istituzioni locali, per andare incontro ad ogni persona.

 

 

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Barberini lascia. È “scontro” con la Marini https://www.lavoce.it/barberini-lascia-e-scontro-con-la-marini/ Mon, 22 Feb 2016 09:34:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45520 nuova-giuntaCMYKIl confronto sulle nomine della sanità umbra si è trasformato in un braccio di ferro, tutto interno alla maggioranza di centrosinistra, vinto, al momento, daLla presidente Catiuscia Marini, contro l’assessore alla sanità, Luca Barberini. Quest’ultimo si è dimesso dall’esecutivo ma rimarrà in Consiglio, perché “è venuto meno il rapporto di fiducia con la presidente”, ha spiegato l’assessore uscente. In realtà, si è consumato un violento scontro di potere all’interno del Pd, al di là delle chiacchiere sul rinnovamento.

Ognuna delle due parti – la presidente Marini e l’assessore Barberini (esponente di spicco del Pd ma anche dell’area del sottosegretario Bocci) – non ha inteso arretrare dalle proprie posizioni. La prima ha fatto capire, a più riprese, la volontà di esercitare la prerogativa di nomina dei direttori generali. Il secondo, da tempo, aveva ribadito la necessità di rinnovare i vertici della sanità umbra. Il termine rinnovamento si presta, però, a diverse interpretazioni. E’ rinnovamento solo sostituire chi non è gradito? E il cambiamento si avvera nel momento in cui le proprie indicazioni vengono accolte? Sulle nomine della sanità si sono sempre registrate tensioni nel centrosinistra – la sanità assorbe quasi l’ottanta per cento del bilancio regionale – ma non si era sfiorata mai una crisi istituzionale di questo genere. Barberini ha detto esplicitamente che “è venuto meno un rapporto di reciproca fiducia e lealtà all’interno della giunta.

Non si possono fare scelte così importanti, come quelle dei direttori generali, senza ascoltare l’assessore delegato in materia sulle esigenze espresse dalla comunità: ricadono troppo direttamente sulla vita dei cittadini. Su sanità e sociale non possiamo più vivere di ricordi e risultati conseguiti nel passato: serve un cambio di passo. Ritengo che le prese di posizione arroganti, sia nella politica che nella vita, non paghino”.

Le parole sono pesanti e dimostrano il clima di rottura all’interno del Pd, tra le cosiddette ‘anime’. La presidente Marini si è detta “dispiaciuta e rammaricata della decisione di Barberini” ma ha anche fatto presente che la ricostruzione fatta dall’assessore uscente “sulla modalità dei criteri adottati per la definizione degli incarichi dei direttori generali non corrisponda alla verità del confronto di merito che si è tenuto all’interno della giunta regionale nella sua collegialità”. E parla di “volontà di salvaguardare l’autonomia della giunta regionale da ogni pressione o ingerenza esterna nelle scelte dei direttori”. La divisione pare netta e sarà difficile superare questo momento, considerato che ci sono altri consiglieri del Pd (Smacchi, Brega, Porzi e Guasticchi) che hanno apertamente criticato le nomine. In questo contesto l’opposizione chiede apertamente di tornare al voto.

 

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Piano sociale regionale: intervista all’assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia Edi Cicchi https://www.lavoce.it/le-linee-ci-sono-ma-manca-il-quadro/ Fri, 05 Feb 2016 10:53:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45323

Piano sociale: capitolo secondo. In attesa della fine della fase partecipativa il 15 febbraio prossimo, La Voce prosegue il suo approfondimento su questo importante strumento di programmazione del welfare regionale con l’obiettivo di stimolare il dibattito tra i vari soggetti coinvolti. Se la scorsa settimana abbiamo dato voce al mondo delle cooperative, oggi è la volta dei Comuni, le vere “braccia operanti” in materia di sociale. A rappresentarli è Edi Cicchi, nella duplice veste di assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia e di coordinatore della Consulta welfare dell’Anci.

 Assessore, è stato ribadito più volte dall’assessore regionale alla Coesione sociale e al welfare, Luca Barberini, che in questo nuovo Piano sarà dato un “ruolo potenziato e un rinnovato protagonismo” alle istituzioni, a cominciare dai Comuni. Cosa significa?

“Sinceramente, non lo abbiamo ancora capito. Ad oggi è stato detto nella teoria, ma, in pratica, non è stato ancora specificato. Il Piano descrive la situazione nella quale ci troviamo, il contesto regionale di riferimento, ma non gli strumenti con cui noi Comuni potremmo andare a intervenire concretamente su questo contesto. È come se palazzo Donini avesse dato la cornice esterna, i confini di movimento, ma spetta poi ai Comuni dipingere il quadro dei servizi sociali offerti al cittadino. E senza sapere quanti e quali colori abbiamo a disposizione, è difficile pianificare se il nostro sarà un leggero acquerello o un’intensa tempera”.

Quali sarebbero gli strumenti che chiedono i Comuni?

“Da una parte le tipologie di servizi che si vogliono mettere in campo, dall’altra le risorse a disposizione. In merito al primo punto, chiediamo che sia individuato con chiarezza – e nella ovvia consapevolezza di non poter sopperire a tutte le necessità, dato il periodo di crisi e carenze di risorse - quali sono le nostre priorità di intervento. Quali sono i servizi essenziali che vogliamo dare al cittadino? Quali gli standard? Quali i ruoli da svolgere? E ancora, quali le professionalità da inserire? Le faccio un esempio: nel Piano non si parla del ruolo degli Uffici di cittadinanza, che sono il luogo concreto dove arrivano le richieste, la porta d’accesso alla rete dei servizi sociali e socio-sanitari. Né si fa il punto della situazione sulla loro attività degli ultimi anni. A mio avviso, occorre capire il ‘già fatto’ per pianificare un cambiamento o una continuazione del percorso. Non ci interessano 200 pagine di documento, se tutti questi punti interrogativi non vengono soddisfatti”.

E in merito alle risorse?

“Per le risorse il discorso è analogo al precedente. È vero, nel Piano, si parla di una disponibilità finanziaria [55 milioni di euro, ndr], ma è una cifra complessiva. Non viene specificato quante risorse, ad esempio, andranno all’ambito della famiglia, all’aiuto agli anziani, disabili o minori. Come possiamo noi Comuni perseguire un fine, che è quello di rispondere ai bisogni dei cittadini, se non sappiamo i mezzi a nostra disposizione? Le faccio un esempio: in questi mesi i due Centri anti-violenza della Regione hanno operato con almeno 400 donne e ne hanno accolte 38; a marzo termineranno i fondi a loro destinati, ad oggi non sanno se e quanti ne avranno ancora. In più, nel Piano sociale non se ne fa alcuna menzione. Cosa succederà se questi fondi non arrivano?”.

Anche perché i fondi sono comunque vincolati a progetti che vanno presentati e approvati...

“Sì, la pianificazione è fatta dalle Regioni che presentano progetti per accedere a risorse nazionali o al Fondo sociale europeo. Dopodiché la Regione emana dei bandi per i Comuni. Quindi anche noi siamo vincolati a questi progetti. Qui il rischio è quello di parcellizzare eccessivamente le risorse in troppi settori e sottosettori, con l’unica conseguenza di un aggravio del lavoro burocratico dei Servizi sociali comunali che non corrisponde, però, a interventi realmente incisivi. In passato, ad esempio, il Fondo per la famiglia era stato ‘spezzettato’ in almeno otto interventi diversi. Tanti progetti con poche risorse disponibili per ciascuno equivalgono a tanto lavoro ma pochissima resa. Anche perché i nostri uffici sono già sufficientemente oberati: solo al Tribunale dei minori sono in essere all’incira 1.900 provvedimenti”.

E chi resta fuori da questi progetti?

“In caso di minori, anziani o disabili non si resta mai fuori, in quanto siamo sempre obbligati a intervenire. Nei casi di povertà, invece, abbiamo costruito - a differenza del passato - una buona rete con la Caritas, al fine di cercare di dare a tutti una risposta”.

L’assessore Barberini ha insistito sulla volontà di una co-progettazione tra i vari soggetti coinvolti per la pianificazione sociale e socio-sanitaria, prevedendo anche laboratori di comunità...

“Il nodo della co-progettazione è questo: chi siede intorno al tavolo? Nel senso: i soggetti presenti devono essere stati selezionati sulla base di determinati requisiti, che ad oggi, però, non conosciamo. Solo in questo modo si può fare sistema e mettere insieme le proprie specificità e competenze in maniera costruttiva. Questi anni di crisi ci hanno portato alla consapevolezza che viviamo in una società dove la povertà, sia economica che umana, è reale e quasi sempre accompagnata dalla solitudine. Le persone ci chiedono interventi tempestivi, velocità nelle risposte, anche perché arrivano da noi quando le loro difficoltà sono già ad uno stato molto grave. Dobbiamo essere per loro una ‘tachipirina’, ovvero un palliativo non risolutivo, ma comunque capace di tamponare la situazione nel breve periodo, al fine di avere il tempo di costruire un percorso. Se coordinati, possiamo essere davvero una grande risorse per il territorio. Altrimenti si rischia ancora una volta di perdersi nella burocrazia e nella vacuità di tavoli, sotto-tavoli e laboratori che ingolfano ancora di più il lavoro con una serie di passaggi inutili”. Laura Lana]]>

Piano sociale: capitolo secondo. In attesa della fine della fase partecipativa il 15 febbraio prossimo, La Voce prosegue il suo approfondimento su questo importante strumento di programmazione del welfare regionale con l’obiettivo di stimolare il dibattito tra i vari soggetti coinvolti. Se la scorsa settimana abbiamo dato voce al mondo delle cooperative, oggi è la volta dei Comuni, le vere “braccia operanti” in materia di sociale. A rappresentarli è Edi Cicchi, nella duplice veste di assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia e di coordinatore della Consulta welfare dell’Anci.

 Assessore, è stato ribadito più volte dall’assessore regionale alla Coesione sociale e al welfare, Luca Barberini, che in questo nuovo Piano sarà dato un “ruolo potenziato e un rinnovato protagonismo” alle istituzioni, a cominciare dai Comuni. Cosa significa?

“Sinceramente, non lo abbiamo ancora capito. Ad oggi è stato detto nella teoria, ma, in pratica, non è stato ancora specificato. Il Piano descrive la situazione nella quale ci troviamo, il contesto regionale di riferimento, ma non gli strumenti con cui noi Comuni potremmo andare a intervenire concretamente su questo contesto. È come se palazzo Donini avesse dato la cornice esterna, i confini di movimento, ma spetta poi ai Comuni dipingere il quadro dei servizi sociali offerti al cittadino. E senza sapere quanti e quali colori abbiamo a disposizione, è difficile pianificare se il nostro sarà un leggero acquerello o un’intensa tempera”.

Quali sarebbero gli strumenti che chiedono i Comuni?

“Da una parte le tipologie di servizi che si vogliono mettere in campo, dall’altra le risorse a disposizione. In merito al primo punto, chiediamo che sia individuato con chiarezza – e nella ovvia consapevolezza di non poter sopperire a tutte le necessità, dato il periodo di crisi e carenze di risorse - quali sono le nostre priorità di intervento. Quali sono i servizi essenziali che vogliamo dare al cittadino? Quali gli standard? Quali i ruoli da svolgere? E ancora, quali le professionalità da inserire? Le faccio un esempio: nel Piano non si parla del ruolo degli Uffici di cittadinanza, che sono il luogo concreto dove arrivano le richieste, la porta d’accesso alla rete dei servizi sociali e socio-sanitari. Né si fa il punto della situazione sulla loro attività degli ultimi anni. A mio avviso, occorre capire il ‘già fatto’ per pianificare un cambiamento o una continuazione del percorso. Non ci interessano 200 pagine di documento, se tutti questi punti interrogativi non vengono soddisfatti”.

E in merito alle risorse?

“Per le risorse il discorso è analogo al precedente. È vero, nel Piano, si parla di una disponibilità finanziaria [55 milioni di euro, ndr], ma è una cifra complessiva. Non viene specificato quante risorse, ad esempio, andranno all’ambito della famiglia, all’aiuto agli anziani, disabili o minori. Come possiamo noi Comuni perseguire un fine, che è quello di rispondere ai bisogni dei cittadini, se non sappiamo i mezzi a nostra disposizione? Le faccio un esempio: in questi mesi i due Centri anti-violenza della Regione hanno operato con almeno 400 donne e ne hanno accolte 38; a marzo termineranno i fondi a loro destinati, ad oggi non sanno se e quanti ne avranno ancora. In più, nel Piano sociale non se ne fa alcuna menzione. Cosa succederà se questi fondi non arrivano?”.

Anche perché i fondi sono comunque vincolati a progetti che vanno presentati e approvati...

“Sì, la pianificazione è fatta dalle Regioni che presentano progetti per accedere a risorse nazionali o al Fondo sociale europeo. Dopodiché la Regione emana dei bandi per i Comuni. Quindi anche noi siamo vincolati a questi progetti. Qui il rischio è quello di parcellizzare eccessivamente le risorse in troppi settori e sottosettori, con l’unica conseguenza di un aggravio del lavoro burocratico dei Servizi sociali comunali che non corrisponde, però, a interventi realmente incisivi. In passato, ad esempio, il Fondo per la famiglia era stato ‘spezzettato’ in almeno otto interventi diversi. Tanti progetti con poche risorse disponibili per ciascuno equivalgono a tanto lavoro ma pochissima resa. Anche perché i nostri uffici sono già sufficientemente oberati: solo al Tribunale dei minori sono in essere all’incira 1.900 provvedimenti”.

E chi resta fuori da questi progetti?

“In caso di minori, anziani o disabili non si resta mai fuori, in quanto siamo sempre obbligati a intervenire. Nei casi di povertà, invece, abbiamo costruito - a differenza del passato - una buona rete con la Caritas, al fine di cercare di dare a tutti una risposta”.

L’assessore Barberini ha insistito sulla volontà di una co-progettazione tra i vari soggetti coinvolti per la pianificazione sociale e socio-sanitaria, prevedendo anche laboratori di comunità...

“Il nodo della co-progettazione è questo: chi siede intorno al tavolo? Nel senso: i soggetti presenti devono essere stati selezionati sulla base di determinati requisiti, che ad oggi, però, non conosciamo. Solo in questo modo si può fare sistema e mettere insieme le proprie specificità e competenze in maniera costruttiva. Questi anni di crisi ci hanno portato alla consapevolezza che viviamo in una società dove la povertà, sia economica che umana, è reale e quasi sempre accompagnata dalla solitudine. Le persone ci chiedono interventi tempestivi, velocità nelle risposte, anche perché arrivano da noi quando le loro difficoltà sono già ad uno stato molto grave. Dobbiamo essere per loro una ‘tachipirina’, ovvero un palliativo non risolutivo, ma comunque capace di tamponare la situazione nel breve periodo, al fine di avere il tempo di costruire un percorso. Se coordinati, possiamo essere davvero una grande risorse per il territorio. Altrimenti si rischia ancora una volta di perdersi nella burocrazia e nella vacuità di tavoli, sotto-tavoli e laboratori che ingolfano ancora di più il lavoro con una serie di passaggi inutili”. Laura Lana]]>
Chi misura la povertà in Umbria? https://www.lavoce.it/chi-misura-la-poverta-in-umbria-2/ Mon, 21 Dec 2015 09:53:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44858 poveriÈ di qualche giorno fa la notizia degli ultimi dati Istat sulle persone senza fissa dimora in Italia: oltre 50.700, in aumento rispetto alle 47.648 stimate nel 2011. L’indagine è stata condotta in 158 Comuni della Penisola, tra cui però non compare l’Umbria. La domanda sorge quindi spontanea: come possiamo sapere come sta la nostra regione in merito al tema specifico e, più in generale, alla povertà? Lo abbiamo chiesto al prof. Paolo Montesperelli, ordinario presso il dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale dell’Università “Sapienza” di Roma, nonché membro del Comitato di coordinamento dell’Osservatorio sulle povertà in Umbria.

“Avere dati precisi ed esaustivi – ha risposto – è molto difficile. A oggi, infatti, esiste soltanto una stima annuale fatta dall’Istat sulla povertà, che si avvale anche di un campione umbro. Questa stima ha sicuramente il merito di permettere una comparazione anno per anno e regione per regione, ma certo, d’altro canto, consente solo di avere una fotografia parziale della situazione”. Difficile, quindi, trovare dati più dettagliati e aggiornati.

In realtà, in Umbria già da anni è attivo un organismo ad hoc, l’Osservatorio sulle povertà, nato dalla collaborazione fra Regione, Conferenza episcopale umbra, Aur e Caritas. Compito dell’Osservatorio è quello di redarre un Rapporto regionale per descrivere da vicino la situazione territoriale.

L’ultimo Rapporto è, però, datato 2012. Come mai questo ritardo? “Fare un rapporto – dice Montesperelli, che vi ha lavorato in prima persona – è molto complesso e, in questa particolare fase, alquanto difficile, dato che la stessa Aur sta attraversando un periodo di transizione. Ritengo poi che sarebbe importante che un primo e forte impulso venisse dato dai soggetti promotori dell’Osservatorio, mentre, quasi paradossalmente, dall’inizio della crisi in poi l’interesse è andato scemando. La crisi avrebbe dovuto dare un maggiore impulso a certi studi; invece, in qualche modo, ha come spostato l’attenzione verso altre urgenze. È innegabile, inoltre, che raccogliere una così grande mole di dati comporta un forte lavoro, che potrebbe essere ottimizzato, ad esempio, uniformando i criteri di raccolta dati dei vari soggetti interessati. Va comunque detto – precisa ancora – che il nuovo Piano sociale della Regione, che si sta discutendo proprio in queste settimane, contiene un intero capitolo dedicato a delineare le strutture portanti della nostra società regionale. Non cifre, è vero, ma comunque fondamentali linee di intervento per una pianificazione politica”.

Ma la carenza di dati sembra avere le ore contate: “La Regione – rivela Montesperelli – ha già stanziato i fondi per ripartire per l’elaborazione di un nuovo Rapporto sulle povertà in Umbria, e sono fiducioso che con l’avvio del nuovo anno potremmo cominciare a lavorarci”.

L’OSSERVATORIO SULLE POVERTA’

L’Osservatorio sulle povertà in Umbria è stato costituito nel 1995 con un protocollo d’intesa tra la Regione Umbria e la Conferenza episcopale umbra (Ceu). Gli aspetti operativi sono definiti da una convenzione tra Regione, Caritas regionale, Aur (Agenzia Umbria ricerche), rappresentati pariteticamente nel Comitato di coordinamento. Ne fanno parte: Giorgio Di Pietro (presidente), Alessandro Vestrelli, Luigi Filippucci, Marcello Rinaldi, Nicola Chiarappa, Paolo Montesperelli. Negli anni l’Osservatorio ha prodotto cinque Rapporti sulle povertà in Umbria.

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