servizi sociali Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/servizi-sociali/ Settimanale di informazione regionale Tue, 31 Oct 2023 13:38:42 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg servizi sociali Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/servizi-sociali/ 32 32 ‘Rete di Argento’, al via il progetto a sostegno dell’invecchiamento attivo https://www.lavoce.it/rete-di-argento-al-via-il-progetto-a-sostegno-dellinvecchiamento-attivo/ https://www.lavoce.it/rete-di-argento-al-via-il-progetto-a-sostegno-dellinvecchiamento-attivo/#respond Tue, 31 Oct 2023 13:38:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73868 rete di argento

È giunto al nastro di partenza, il 1 novembre, l’innovativo progetto Rete di Argento promosso in collaborazione tra Fondazione di Carità San Lorenzo (ente capofila e braccio operativo della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve), Comune di Perugia (con know how e risorse materiali), USL Umbria 1 - Distretto del Perugino (con know how e risorse finanziarie), Polizia di Stato (con know how), Associazione Coordinamento Centri Socio Culturali di Perugia e Fondazione Santa Caterina Parlesca Onlus. Questo progetto è previsto dal Bando Welfare 2023 per gli anziani: cura, promozione e risorsa della Fondazione Perugia (ente finanziatore), nell’ambito del suo Documento programmatico 2023-2025, definito tra le proprie linee strategiche d’intervento con il raggiungimento dell’obiettivo sostenibile n. 3 dell’Agenda ONU 2030.

I protagonisti-destinatari del progetto Rete di Argento

 Rete di Argento durerà un anno ed è rivolto agli anziani over 65 autosufficienti residenti nel Comune di Perugia e a tutti gli Enti pubblici e del Terzo settore impegnati a promuovere iniziative volte a coinvolgere gli stessi anziani in attività aggregative territoriali, spesso laboratoriali, in cui si sentano ancora soggetti attivi e non passivi della società.

Partendo dall’invecchiamento demografico

 Si tratta di un progetto impegnativo, che affronta il crescente fenomeno dell’invecchiamento demografico da cui non è immune il capoluogo regionale dove la popolazione compresa nella fascia d’età dai 65 anni in su supera le quaranta mila unità, pari al venticinque per cento della popolazione complessiva (Istat 2022). Altro dato significativo è l’indice di ricambio della popolazione (il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione, 60-64 anni, e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro, 15-19 anni).

A Perugia, nel 2022, questo indice è stato del 201,1 cioè 201,1 anziani ogni cento giovani, mentre venti anni prima (2002) gli anziani erano 166,5. Dati che ripropongono il tema della sostenibilità dello Stato sociale negli anni a venire. Infatti, più sono gli anziani in pensione in rapporto ai giovani che possono lavorare, pagare tasse e contributi sociali e finanziare il Welfare State, e meno un Paese può guardare con serenità al proprio futuro.

Solitudine e isolamento, fenomeni preoccupanti

 Con l’aumento della popolazione anziana aumenta anche la condizione patologica della solitudine, con ricadute negative sulla qualità della vita, e dell’isolamento sociale, sempre più spesso associato alla riduzione della vita perché favorisce l’insorgenza di gravi malattie (secondo uno studio precedente al Covid-19 citato dal quotidiano Avvenire del 19/04/2019).

Finalità, obiettivi e scopi del progetto Rete di Argento 

 Per questo ed altri motivi si è messo in cantiere il progetto Rete di Argento per contribuire ad impostare azioni sia preventive e di contrasto dei fenomeni solitudine e isolamento sia protettive dei soggetti a maggior rischio a partire dal riconoscere all’anziano il diritto di avere un ruolo attivo nella società. Come ? Promuovendo, attraverso un approccio sperimentale e innovativo quale Rete di Argento, lo sviluppo, il rafforzamento ed il coordinamento delle risorse e delle sinergie attive e attivabili nel territorio per innescare metodi e processi finalizzati ad incoraggiare le esperienze aggregative e l’invecchiamento attivo della popolazione anziana. Inoltre il progetto si prefigge di dare vita a una alleanza-rete tra Enti pubblici e Terzo settore preposti a creare le condizioni di un ruolo attivo degli over 65 nella società, coinvolgendo e valorizzando le esperienze già presenti nel territorio in ambito aggregativo della popolazione anziana. Questo anche per incoraggiare il coinvolgimento della comunità locale allo scopo di favorirne la partecipazione ad un corretto processo di invecchiamento attivo e la prevenzione alla condizione della solitudine.

Tre macro ambiti di intervento del progetto

Si tratta di governance, prevenzione e sperimentazione. Il primo comprende, nello specifico, lo sviluppo e la valorizzazione del networking partendo dalle risorse e dalle opportunità già attive e potenzialmente attivabili nel territorio, la sensibilizzazione della comunità sul tema dell’invecchiamento attivo e l’ampliamento della rete di Enti pubblici e del Terzo settore impegnati in materia. Per fare un esempio, la Fondazione di Carità San Lorenzo, con risorse proprie derivanti da attività di raccolta fondi, contributo 8xmille alla Chiesa cattolica e con alcuni volontari, gestisce un laboratorio di bomboniere solidali che coinvolge degli over 65 abitanti nei quartieri perugini di via Cortonese e di Madonna Alta. Mentre l’ambito della prevenzione comprende l’attivazione di percorsi informativi su corretti e sani stili di vita (alimentare, attività fisica e rischi-pericoli del gioco d’azzardo) e sul rischio delle truffe online attraverso la messa a disposizione da parte della Polizia di Stato del know how, realizzando incontri finalizzati a prevenire tali rischi. L’ambito della sperimentazione riguarda, oltre al nuovo modello di governance, l’attivazione e la gestione di un servizio di welfare informale itinerante, la mappatura delle risorse e dei servizi attivi nel territorio, la realizzazione di una piattaforma digitale attraverso la quale valorizzare i servizi, informare la comunità sulle opportunità presenti e facilitare il contatto e la relazione tra i destinatari e gli stakeholders che erogano i servizi.

 Perché è innovativo Rete di Argento ?

Lo spiega il responsabile dell’Area Progetti della Caritas diocesana di Perugia, il dottor Alfonso Dragone, soffermandosi sui menzionati tre macro ambiti.

"Innanzitutto è innovativo per il suo modello di governance -sottolinea il responsabile Caritas- perché promuove il coordinamento e la valorizzazione delle risorse presenti sul territorio in un’ottica di sistema integrato.

Altro aspetto significativo, è la realizzazione di una mappa dei servizi fruibile tramite una piattaforma digitale in grado di valorizzare le risorse e le opportunità presenti nell’ambito dell’invecchiamento attivo e le relazioni tra la popolazione anziana e gli stakeholders che erogano servizi, come la Caritas diocesana attraverso una serie di laboratori attivati negli ultimi anni. Non va neppure trascurato l’aspetto della sostenibilità nel tempo di Rete di Argento -evidenzia Alfonso Dragone- soprattutto sotto il suo profilo gestionale, che «consiste nel rendere il tavolo del suo coordinamento un elemento strutturale del processo di gestione in modo che le buone pratiche e i benefici generati dal modello di sistema proseguano nel tempo".

Mettere a sistema le risorse della comunità

 Ne è convinta l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Perugia, Edi Cicchi, adendo con grande convinzione al progetto proposto dalla Fondazione di Carità San Lorenzo.

"Poiché -dichiara- riteniamo che il tema dell'invecchiamento attivo sia tra gli elementi fondanti del sistema di welfare che punta alla prevenzione. Sistema che, oggi fa sempre più fatica a dare risposte ad anziani fragili o non autosufficienti. Penso che un progetto nel territorio in grado di coordinare attività di diversi soggetti istituzionali e non, sia fondamentale. Oggi sempre di più sono gli anziani che vivono nella nostra città ed un invecchiamento di qualità può determinare davvero un valore anche in termini economici e non solo sociale. Se dovessi dire con due battute, mi verrebbe da pensare che ci sono sempre più Anchise ma sempre meno Enea che possono supportare il carico del numero sempre più rilevante di anziani a Perugia.

Ormai il detto per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio può essere adattato anche per gli anziani. E questo mi pare sia proprio lo spirito del progetto che fonda la sua azione nel mettere a sistema le risorse della comunità".

Il Questore di Perugia: Vicini alle fasce deboli

 "La Polizia di Stato che rappresento nella provincia -Questore della provincia di Perugia, Fausto Lamparelli- è orgogliosa di essere partner dell’innovativo progetto Rete di Argento, in collaborazione con la Fondazione di Carità San Lorenzo, Comune di Perugia, USL Umbria 1 - Distretto del Perugino, Associazione Coordinamento Centri Socio-Culturali di Perugia e Fondazione Santa Caterina Parlesca Onlus.

L’importanza della collaborazione e della sinergia tra Istituzioni, Forze dell’Ordine e cittadini per costituire quell’importante rete di attori a supporto dell’invecchiamento attivo e consentire alle persone anziane di partecipare a convegni informativi utili alla prevenzione di reati che li vedono purtroppo vittime di persone senza scrupoli che approfittano delle fasce deboli della società per arricchirsi illecitamente. Attraverso il progetto Rete di Argento -commenta il dottor Lamparelli- saremo vicini alle fasce deboli della società per aiutarli a tutelarsi informandoli e formandoli alla prevenzione di truffe, furti e ogni genere di pericoli, compresi quelli derivanti dall’uso inconsapevole della rete internet".

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rete di argento

È giunto al nastro di partenza, il 1 novembre, l’innovativo progetto Rete di Argento promosso in collaborazione tra Fondazione di Carità San Lorenzo (ente capofila e braccio operativo della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve), Comune di Perugia (con know how e risorse materiali), USL Umbria 1 - Distretto del Perugino (con know how e risorse finanziarie), Polizia di Stato (con know how), Associazione Coordinamento Centri Socio Culturali di Perugia e Fondazione Santa Caterina Parlesca Onlus. Questo progetto è previsto dal Bando Welfare 2023 per gli anziani: cura, promozione e risorsa della Fondazione Perugia (ente finanziatore), nell’ambito del suo Documento programmatico 2023-2025, definito tra le proprie linee strategiche d’intervento con il raggiungimento dell’obiettivo sostenibile n. 3 dell’Agenda ONU 2030.

I protagonisti-destinatari del progetto Rete di Argento

 Rete di Argento durerà un anno ed è rivolto agli anziani over 65 autosufficienti residenti nel Comune di Perugia e a tutti gli Enti pubblici e del Terzo settore impegnati a promuovere iniziative volte a coinvolgere gli stessi anziani in attività aggregative territoriali, spesso laboratoriali, in cui si sentano ancora soggetti attivi e non passivi della società.

Partendo dall’invecchiamento demografico

 Si tratta di un progetto impegnativo, che affronta il crescente fenomeno dell’invecchiamento demografico da cui non è immune il capoluogo regionale dove la popolazione compresa nella fascia d’età dai 65 anni in su supera le quaranta mila unità, pari al venticinque per cento della popolazione complessiva (Istat 2022). Altro dato significativo è l’indice di ricambio della popolazione (il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione, 60-64 anni, e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro, 15-19 anni).

A Perugia, nel 2022, questo indice è stato del 201,1 cioè 201,1 anziani ogni cento giovani, mentre venti anni prima (2002) gli anziani erano 166,5. Dati che ripropongono il tema della sostenibilità dello Stato sociale negli anni a venire. Infatti, più sono gli anziani in pensione in rapporto ai giovani che possono lavorare, pagare tasse e contributi sociali e finanziare il Welfare State, e meno un Paese può guardare con serenità al proprio futuro.

Solitudine e isolamento, fenomeni preoccupanti

 Con l’aumento della popolazione anziana aumenta anche la condizione patologica della solitudine, con ricadute negative sulla qualità della vita, e dell’isolamento sociale, sempre più spesso associato alla riduzione della vita perché favorisce l’insorgenza di gravi malattie (secondo uno studio precedente al Covid-19 citato dal quotidiano Avvenire del 19/04/2019).

Finalità, obiettivi e scopi del progetto Rete di Argento 

 Per questo ed altri motivi si è messo in cantiere il progetto Rete di Argento per contribuire ad impostare azioni sia preventive e di contrasto dei fenomeni solitudine e isolamento sia protettive dei soggetti a maggior rischio a partire dal riconoscere all’anziano il diritto di avere un ruolo attivo nella società. Come ? Promuovendo, attraverso un approccio sperimentale e innovativo quale Rete di Argento, lo sviluppo, il rafforzamento ed il coordinamento delle risorse e delle sinergie attive e attivabili nel territorio per innescare metodi e processi finalizzati ad incoraggiare le esperienze aggregative e l’invecchiamento attivo della popolazione anziana. Inoltre il progetto si prefigge di dare vita a una alleanza-rete tra Enti pubblici e Terzo settore preposti a creare le condizioni di un ruolo attivo degli over 65 nella società, coinvolgendo e valorizzando le esperienze già presenti nel territorio in ambito aggregativo della popolazione anziana. Questo anche per incoraggiare il coinvolgimento della comunità locale allo scopo di favorirne la partecipazione ad un corretto processo di invecchiamento attivo e la prevenzione alla condizione della solitudine.

Tre macro ambiti di intervento del progetto

Si tratta di governance, prevenzione e sperimentazione. Il primo comprende, nello specifico, lo sviluppo e la valorizzazione del networking partendo dalle risorse e dalle opportunità già attive e potenzialmente attivabili nel territorio, la sensibilizzazione della comunità sul tema dell’invecchiamento attivo e l’ampliamento della rete di Enti pubblici e del Terzo settore impegnati in materia. Per fare un esempio, la Fondazione di Carità San Lorenzo, con risorse proprie derivanti da attività di raccolta fondi, contributo 8xmille alla Chiesa cattolica e con alcuni volontari, gestisce un laboratorio di bomboniere solidali che coinvolge degli over 65 abitanti nei quartieri perugini di via Cortonese e di Madonna Alta. Mentre l’ambito della prevenzione comprende l’attivazione di percorsi informativi su corretti e sani stili di vita (alimentare, attività fisica e rischi-pericoli del gioco d’azzardo) e sul rischio delle truffe online attraverso la messa a disposizione da parte della Polizia di Stato del know how, realizzando incontri finalizzati a prevenire tali rischi. L’ambito della sperimentazione riguarda, oltre al nuovo modello di governance, l’attivazione e la gestione di un servizio di welfare informale itinerante, la mappatura delle risorse e dei servizi attivi nel territorio, la realizzazione di una piattaforma digitale attraverso la quale valorizzare i servizi, informare la comunità sulle opportunità presenti e facilitare il contatto e la relazione tra i destinatari e gli stakeholders che erogano i servizi.

 Perché è innovativo Rete di Argento ?

Lo spiega il responsabile dell’Area Progetti della Caritas diocesana di Perugia, il dottor Alfonso Dragone, soffermandosi sui menzionati tre macro ambiti.

"Innanzitutto è innovativo per il suo modello di governance -sottolinea il responsabile Caritas- perché promuove il coordinamento e la valorizzazione delle risorse presenti sul territorio in un’ottica di sistema integrato.

Altro aspetto significativo, è la realizzazione di una mappa dei servizi fruibile tramite una piattaforma digitale in grado di valorizzare le risorse e le opportunità presenti nell’ambito dell’invecchiamento attivo e le relazioni tra la popolazione anziana e gli stakeholders che erogano servizi, come la Caritas diocesana attraverso una serie di laboratori attivati negli ultimi anni. Non va neppure trascurato l’aspetto della sostenibilità nel tempo di Rete di Argento -evidenzia Alfonso Dragone- soprattutto sotto il suo profilo gestionale, che «consiste nel rendere il tavolo del suo coordinamento un elemento strutturale del processo di gestione in modo che le buone pratiche e i benefici generati dal modello di sistema proseguano nel tempo".

Mettere a sistema le risorse della comunità

 Ne è convinta l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Perugia, Edi Cicchi, adendo con grande convinzione al progetto proposto dalla Fondazione di Carità San Lorenzo.

"Poiché -dichiara- riteniamo che il tema dell'invecchiamento attivo sia tra gli elementi fondanti del sistema di welfare che punta alla prevenzione. Sistema che, oggi fa sempre più fatica a dare risposte ad anziani fragili o non autosufficienti. Penso che un progetto nel territorio in grado di coordinare attività di diversi soggetti istituzionali e non, sia fondamentale. Oggi sempre di più sono gli anziani che vivono nella nostra città ed un invecchiamento di qualità può determinare davvero un valore anche in termini economici e non solo sociale. Se dovessi dire con due battute, mi verrebbe da pensare che ci sono sempre più Anchise ma sempre meno Enea che possono supportare il carico del numero sempre più rilevante di anziani a Perugia.

Ormai il detto per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio può essere adattato anche per gli anziani. E questo mi pare sia proprio lo spirito del progetto che fonda la sua azione nel mettere a sistema le risorse della comunità".

Il Questore di Perugia: Vicini alle fasce deboli

 "La Polizia di Stato che rappresento nella provincia -Questore della provincia di Perugia, Fausto Lamparelli- è orgogliosa di essere partner dell’innovativo progetto Rete di Argento, in collaborazione con la Fondazione di Carità San Lorenzo, Comune di Perugia, USL Umbria 1 - Distretto del Perugino, Associazione Coordinamento Centri Socio-Culturali di Perugia e Fondazione Santa Caterina Parlesca Onlus.

L’importanza della collaborazione e della sinergia tra Istituzioni, Forze dell’Ordine e cittadini per costituire quell’importante rete di attori a supporto dell’invecchiamento attivo e consentire alle persone anziane di partecipare a convegni informativi utili alla prevenzione di reati che li vedono purtroppo vittime di persone senza scrupoli che approfittano delle fasce deboli della società per arricchirsi illecitamente. Attraverso il progetto Rete di Argento -commenta il dottor Lamparelli- saremo vicini alle fasce deboli della società per aiutarli a tutelarsi informandoli e formandoli alla prevenzione di truffe, furti e ogni genere di pericoli, compresi quelli derivanti dall’uso inconsapevole della rete internet".

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A Corciano nuova sede per la residenza per anziani “Anni d’Argento” https://www.lavoce.it/a-corciano-nuova-sede-per-la-residenza-per-anziani-anni-dargento/ Sat, 07 May 2022 16:26:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66548

Per i 10 anni di attività come regalo una nuova sede, per la gioia di 15 anziani accolti e sostenuti all’insegna della socialità e dell’assistenza. Accade a Corciano dove venerdì è stata inaugurata la nuova sede della residenza servita per anziani “Anni d’Argento”, gestita dalla cooperativa sociale Nuova Dimensione di Perugia, che aderisce a Confcooperative Umbria.

Camere singole, spazi comuni, sale per lo svago e una posizione strategica per raggiungere facilmente svariati tipi di servizi, dal Distretto sanitario, agli adiacenti centri commerciali o di intrattenimento (Quasar e Gherlinda): Villa Pasteur, messa a disposizione dall’imprenditore Alessandro Giombini, rappresenta dunque la casa ideale per persone autosufficienti, che tuttavia non hanno la possibilità di vivere da sole e piuttosto possono godere dell’opera di oltre dieci operatori della cooperativa.

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Nuova Dimensione

Nuova Dimensione, infatti, svolge la propria attività nel settore socio-sanitario, assistenziale ed educativo dal 1981, attualmente vanta 178 soci e può contare su una forza lavoro complessiva di 259 unità, di cui l’80% è rappresentato da donne.

Proprio per questo non hanno voluto mancare l’appuntamento con l’inaugurazione numerose autorità istituzionali e religiose: dal sindaco di Corciano Cristian Betti, accompagnato dal suo vice Lorenzo Pierotti e dall’Assessore alla Coesione sociale e scuola Sara Motti, al presidente di Confcooperative Umbria, Carlo Di Somma, insieme al direttore Lorenzo Mariani; dall’assessore alle Politiche sociali del Comune di Perugia, Edi Cicchi, ai rappresentanti dell’Associazione nazionale Vigili del Fuoco, sezione di Perugia, cui è stata donata una targa per il sostegno da anni garantito. A benedire i locali il parroco di Chiugiana, Olmo e Fontana don Fabio Quaresima.

Le parole della presidente Paola Sensi

“Spostarci, dopo dieci anni in centro storico, dalla Casa del Clero significa offrire nuovi servizi in un contesto più moderno e funzionale. Ringraziamo di cuore il Capitolo della Cattedrale che ci ha ospitato finora, ma adesso si apre una nuova pagina al servizio della comunità perugina e corcianese per il bene di tutti. Un’iniziativa che conferma l’impegno di Nuova Dimensione nell’essere agente di sviluppo del territorio, della collettività e promotore di un dialogo costruttivo tra i diversi portatori di interesse: cittadini, imprenditori, istituzioni.”, ha detto la Presidente Paola Sensi. A cui ha fatto eco Carlo Di somma, parlando di “autentica cooperativa modello che attua interventi vincenti e portatori di coesione valoriale”. Parole importanti, particolarmente gradite dagli ospiti della struttura che non hanno mancato di concludere la festa intonando, con tenerezza e semplicità, l’Inno di Mameli tra gli applausi dei presenti.

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Per i 10 anni di attività come regalo una nuova sede, per la gioia di 15 anziani accolti e sostenuti all’insegna della socialità e dell’assistenza. Accade a Corciano dove venerdì è stata inaugurata la nuova sede della residenza servita per anziani “Anni d’Argento”, gestita dalla cooperativa sociale Nuova Dimensione di Perugia, che aderisce a Confcooperative Umbria.

Camere singole, spazi comuni, sale per lo svago e una posizione strategica per raggiungere facilmente svariati tipi di servizi, dal Distretto sanitario, agli adiacenti centri commerciali o di intrattenimento (Quasar e Gherlinda): Villa Pasteur, messa a disposizione dall’imprenditore Alessandro Giombini, rappresenta dunque la casa ideale per persone autosufficienti, che tuttavia non hanno la possibilità di vivere da sole e piuttosto possono godere dell’opera di oltre dieci operatori della cooperativa.

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Nuova Dimensione

Nuova Dimensione, infatti, svolge la propria attività nel settore socio-sanitario, assistenziale ed educativo dal 1981, attualmente vanta 178 soci e può contare su una forza lavoro complessiva di 259 unità, di cui l’80% è rappresentato da donne.

Proprio per questo non hanno voluto mancare l’appuntamento con l’inaugurazione numerose autorità istituzionali e religiose: dal sindaco di Corciano Cristian Betti, accompagnato dal suo vice Lorenzo Pierotti e dall’Assessore alla Coesione sociale e scuola Sara Motti, al presidente di Confcooperative Umbria, Carlo Di Somma, insieme al direttore Lorenzo Mariani; dall’assessore alle Politiche sociali del Comune di Perugia, Edi Cicchi, ai rappresentanti dell’Associazione nazionale Vigili del Fuoco, sezione di Perugia, cui è stata donata una targa per il sostegno da anni garantito. A benedire i locali il parroco di Chiugiana, Olmo e Fontana don Fabio Quaresima.

Le parole della presidente Paola Sensi

“Spostarci, dopo dieci anni in centro storico, dalla Casa del Clero significa offrire nuovi servizi in un contesto più moderno e funzionale. Ringraziamo di cuore il Capitolo della Cattedrale che ci ha ospitato finora, ma adesso si apre una nuova pagina al servizio della comunità perugina e corcianese per il bene di tutti. Un’iniziativa che conferma l’impegno di Nuova Dimensione nell’essere agente di sviluppo del territorio, della collettività e promotore di un dialogo costruttivo tra i diversi portatori di interesse: cittadini, imprenditori, istituzioni.”, ha detto la Presidente Paola Sensi. A cui ha fatto eco Carlo Di somma, parlando di “autentica cooperativa modello che attua interventi vincenti e portatori di coesione valoriale”. Parole importanti, particolarmente gradite dagli ospiti della struttura che non hanno mancato di concludere la festa intonando, con tenerezza e semplicità, l’Inno di Mameli tra gli applausi dei presenti.

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Piano sociale regionale: intervista all’assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia Edi Cicchi https://www.lavoce.it/le-linee-ci-sono-ma-manca-il-quadro/ Fri, 05 Feb 2016 10:53:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45323

Piano sociale: capitolo secondo. In attesa della fine della fase partecipativa il 15 febbraio prossimo, La Voce prosegue il suo approfondimento su questo importante strumento di programmazione del welfare regionale con l’obiettivo di stimolare il dibattito tra i vari soggetti coinvolti. Se la scorsa settimana abbiamo dato voce al mondo delle cooperative, oggi è la volta dei Comuni, le vere “braccia operanti” in materia di sociale. A rappresentarli è Edi Cicchi, nella duplice veste di assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia e di coordinatore della Consulta welfare dell’Anci.

 Assessore, è stato ribadito più volte dall’assessore regionale alla Coesione sociale e al welfare, Luca Barberini, che in questo nuovo Piano sarà dato un “ruolo potenziato e un rinnovato protagonismo” alle istituzioni, a cominciare dai Comuni. Cosa significa?

“Sinceramente, non lo abbiamo ancora capito. Ad oggi è stato detto nella teoria, ma, in pratica, non è stato ancora specificato. Il Piano descrive la situazione nella quale ci troviamo, il contesto regionale di riferimento, ma non gli strumenti con cui noi Comuni potremmo andare a intervenire concretamente su questo contesto. È come se palazzo Donini avesse dato la cornice esterna, i confini di movimento, ma spetta poi ai Comuni dipingere il quadro dei servizi sociali offerti al cittadino. E senza sapere quanti e quali colori abbiamo a disposizione, è difficile pianificare se il nostro sarà un leggero acquerello o un’intensa tempera”.

Quali sarebbero gli strumenti che chiedono i Comuni?

“Da una parte le tipologie di servizi che si vogliono mettere in campo, dall’altra le risorse a disposizione. In merito al primo punto, chiediamo che sia individuato con chiarezza – e nella ovvia consapevolezza di non poter sopperire a tutte le necessità, dato il periodo di crisi e carenze di risorse - quali sono le nostre priorità di intervento. Quali sono i servizi essenziali che vogliamo dare al cittadino? Quali gli standard? Quali i ruoli da svolgere? E ancora, quali le professionalità da inserire? Le faccio un esempio: nel Piano non si parla del ruolo degli Uffici di cittadinanza, che sono il luogo concreto dove arrivano le richieste, la porta d’accesso alla rete dei servizi sociali e socio-sanitari. Né si fa il punto della situazione sulla loro attività degli ultimi anni. A mio avviso, occorre capire il ‘già fatto’ per pianificare un cambiamento o una continuazione del percorso. Non ci interessano 200 pagine di documento, se tutti questi punti interrogativi non vengono soddisfatti”.

E in merito alle risorse?

“Per le risorse il discorso è analogo al precedente. È vero, nel Piano, si parla di una disponibilità finanziaria [55 milioni di euro, ndr], ma è una cifra complessiva. Non viene specificato quante risorse, ad esempio, andranno all’ambito della famiglia, all’aiuto agli anziani, disabili o minori. Come possiamo noi Comuni perseguire un fine, che è quello di rispondere ai bisogni dei cittadini, se non sappiamo i mezzi a nostra disposizione? Le faccio un esempio: in questi mesi i due Centri anti-violenza della Regione hanno operato con almeno 400 donne e ne hanno accolte 38; a marzo termineranno i fondi a loro destinati, ad oggi non sanno se e quanti ne avranno ancora. In più, nel Piano sociale non se ne fa alcuna menzione. Cosa succederà se questi fondi non arrivano?”.

Anche perché i fondi sono comunque vincolati a progetti che vanno presentati e approvati...

“Sì, la pianificazione è fatta dalle Regioni che presentano progetti per accedere a risorse nazionali o al Fondo sociale europeo. Dopodiché la Regione emana dei bandi per i Comuni. Quindi anche noi siamo vincolati a questi progetti. Qui il rischio è quello di parcellizzare eccessivamente le risorse in troppi settori e sottosettori, con l’unica conseguenza di un aggravio del lavoro burocratico dei Servizi sociali comunali che non corrisponde, però, a interventi realmente incisivi. In passato, ad esempio, il Fondo per la famiglia era stato ‘spezzettato’ in almeno otto interventi diversi. Tanti progetti con poche risorse disponibili per ciascuno equivalgono a tanto lavoro ma pochissima resa. Anche perché i nostri uffici sono già sufficientemente oberati: solo al Tribunale dei minori sono in essere all’incira 1.900 provvedimenti”.

E chi resta fuori da questi progetti?

“In caso di minori, anziani o disabili non si resta mai fuori, in quanto siamo sempre obbligati a intervenire. Nei casi di povertà, invece, abbiamo costruito - a differenza del passato - una buona rete con la Caritas, al fine di cercare di dare a tutti una risposta”.

L’assessore Barberini ha insistito sulla volontà di una co-progettazione tra i vari soggetti coinvolti per la pianificazione sociale e socio-sanitaria, prevedendo anche laboratori di comunità...

“Il nodo della co-progettazione è questo: chi siede intorno al tavolo? Nel senso: i soggetti presenti devono essere stati selezionati sulla base di determinati requisiti, che ad oggi, però, non conosciamo. Solo in questo modo si può fare sistema e mettere insieme le proprie specificità e competenze in maniera costruttiva. Questi anni di crisi ci hanno portato alla consapevolezza che viviamo in una società dove la povertà, sia economica che umana, è reale e quasi sempre accompagnata dalla solitudine. Le persone ci chiedono interventi tempestivi, velocità nelle risposte, anche perché arrivano da noi quando le loro difficoltà sono già ad uno stato molto grave. Dobbiamo essere per loro una ‘tachipirina’, ovvero un palliativo non risolutivo, ma comunque capace di tamponare la situazione nel breve periodo, al fine di avere il tempo di costruire un percorso. Se coordinati, possiamo essere davvero una grande risorse per il territorio. Altrimenti si rischia ancora una volta di perdersi nella burocrazia e nella vacuità di tavoli, sotto-tavoli e laboratori che ingolfano ancora di più il lavoro con una serie di passaggi inutili”. Laura Lana]]>

Piano sociale: capitolo secondo. In attesa della fine della fase partecipativa il 15 febbraio prossimo, La Voce prosegue il suo approfondimento su questo importante strumento di programmazione del welfare regionale con l’obiettivo di stimolare il dibattito tra i vari soggetti coinvolti. Se la scorsa settimana abbiamo dato voce al mondo delle cooperative, oggi è la volta dei Comuni, le vere “braccia operanti” in materia di sociale. A rappresentarli è Edi Cicchi, nella duplice veste di assessore ai Servizi sociali del Comune di Perugia e di coordinatore della Consulta welfare dell’Anci.

 Assessore, è stato ribadito più volte dall’assessore regionale alla Coesione sociale e al welfare, Luca Barberini, che in questo nuovo Piano sarà dato un “ruolo potenziato e un rinnovato protagonismo” alle istituzioni, a cominciare dai Comuni. Cosa significa?

“Sinceramente, non lo abbiamo ancora capito. Ad oggi è stato detto nella teoria, ma, in pratica, non è stato ancora specificato. Il Piano descrive la situazione nella quale ci troviamo, il contesto regionale di riferimento, ma non gli strumenti con cui noi Comuni potremmo andare a intervenire concretamente su questo contesto. È come se palazzo Donini avesse dato la cornice esterna, i confini di movimento, ma spetta poi ai Comuni dipingere il quadro dei servizi sociali offerti al cittadino. E senza sapere quanti e quali colori abbiamo a disposizione, è difficile pianificare se il nostro sarà un leggero acquerello o un’intensa tempera”.

Quali sarebbero gli strumenti che chiedono i Comuni?

“Da una parte le tipologie di servizi che si vogliono mettere in campo, dall’altra le risorse a disposizione. In merito al primo punto, chiediamo che sia individuato con chiarezza – e nella ovvia consapevolezza di non poter sopperire a tutte le necessità, dato il periodo di crisi e carenze di risorse - quali sono le nostre priorità di intervento. Quali sono i servizi essenziali che vogliamo dare al cittadino? Quali gli standard? Quali i ruoli da svolgere? E ancora, quali le professionalità da inserire? Le faccio un esempio: nel Piano non si parla del ruolo degli Uffici di cittadinanza, che sono il luogo concreto dove arrivano le richieste, la porta d’accesso alla rete dei servizi sociali e socio-sanitari. Né si fa il punto della situazione sulla loro attività degli ultimi anni. A mio avviso, occorre capire il ‘già fatto’ per pianificare un cambiamento o una continuazione del percorso. Non ci interessano 200 pagine di documento, se tutti questi punti interrogativi non vengono soddisfatti”.

E in merito alle risorse?

“Per le risorse il discorso è analogo al precedente. È vero, nel Piano, si parla di una disponibilità finanziaria [55 milioni di euro, ndr], ma è una cifra complessiva. Non viene specificato quante risorse, ad esempio, andranno all’ambito della famiglia, all’aiuto agli anziani, disabili o minori. Come possiamo noi Comuni perseguire un fine, che è quello di rispondere ai bisogni dei cittadini, se non sappiamo i mezzi a nostra disposizione? Le faccio un esempio: in questi mesi i due Centri anti-violenza della Regione hanno operato con almeno 400 donne e ne hanno accolte 38; a marzo termineranno i fondi a loro destinati, ad oggi non sanno se e quanti ne avranno ancora. In più, nel Piano sociale non se ne fa alcuna menzione. Cosa succederà se questi fondi non arrivano?”.

Anche perché i fondi sono comunque vincolati a progetti che vanno presentati e approvati...

“Sì, la pianificazione è fatta dalle Regioni che presentano progetti per accedere a risorse nazionali o al Fondo sociale europeo. Dopodiché la Regione emana dei bandi per i Comuni. Quindi anche noi siamo vincolati a questi progetti. Qui il rischio è quello di parcellizzare eccessivamente le risorse in troppi settori e sottosettori, con l’unica conseguenza di un aggravio del lavoro burocratico dei Servizi sociali comunali che non corrisponde, però, a interventi realmente incisivi. In passato, ad esempio, il Fondo per la famiglia era stato ‘spezzettato’ in almeno otto interventi diversi. Tanti progetti con poche risorse disponibili per ciascuno equivalgono a tanto lavoro ma pochissima resa. Anche perché i nostri uffici sono già sufficientemente oberati: solo al Tribunale dei minori sono in essere all’incira 1.900 provvedimenti”.

E chi resta fuori da questi progetti?

“In caso di minori, anziani o disabili non si resta mai fuori, in quanto siamo sempre obbligati a intervenire. Nei casi di povertà, invece, abbiamo costruito - a differenza del passato - una buona rete con la Caritas, al fine di cercare di dare a tutti una risposta”.

L’assessore Barberini ha insistito sulla volontà di una co-progettazione tra i vari soggetti coinvolti per la pianificazione sociale e socio-sanitaria, prevedendo anche laboratori di comunità...

“Il nodo della co-progettazione è questo: chi siede intorno al tavolo? Nel senso: i soggetti presenti devono essere stati selezionati sulla base di determinati requisiti, che ad oggi, però, non conosciamo. Solo in questo modo si può fare sistema e mettere insieme le proprie specificità e competenze in maniera costruttiva. Questi anni di crisi ci hanno portato alla consapevolezza che viviamo in una società dove la povertà, sia economica che umana, è reale e quasi sempre accompagnata dalla solitudine. Le persone ci chiedono interventi tempestivi, velocità nelle risposte, anche perché arrivano da noi quando le loro difficoltà sono già ad uno stato molto grave. Dobbiamo essere per loro una ‘tachipirina’, ovvero un palliativo non risolutivo, ma comunque capace di tamponare la situazione nel breve periodo, al fine di avere il tempo di costruire un percorso. Se coordinati, possiamo essere davvero una grande risorse per il territorio. Altrimenti si rischia ancora una volta di perdersi nella burocrazia e nella vacuità di tavoli, sotto-tavoli e laboratori che ingolfano ancora di più il lavoro con una serie di passaggi inutili”. Laura Lana]]>
ACCATTONAGGIO. Le sanzioni servono oppure no? https://www.lavoce.it/accattonaggio-le-sanzioni-servono-oppure-no/ Wed, 29 Jul 2015 21:30:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41092 perugia-centro“Non vedo l’efficacia di un inasprimento della pena per chi pratica l’accattonaggio molesto e insistente. Mentre vedo bene la sinergia tra tutte le forze di polizia per un più organico controllo del territorio, in stretto collegamento con i servizi sociali per l’assistenza di queste persone, come sta avvenendo nel nostro Comune”.

A parlarne a La Voce è il col. Nicoletta Caponi, comandante della Polizia municipale di Perugia. Il Consiglio comunale del capoluogo nel novembre scorso aveva approvato a grande maggioranza la modifica dell’articolo 30 del Regolamento di polizia urbana per combattere in modo più incisivo chi disturba i cittadini chiedendo denaro in modo insistente e anche intimidatorio.

Nel nuovo testo, rispetto al regolamento precedente, vengono meglio specificate le situazioni da sanzionare con multe di 100 euro. Dal divieto di chiedere soldi in modo molesto agli incroci stradali a quello di non intralciare l’accesso alle abitazioni e di disturbare i passanti. Così come è vietato chiedere soldi per rimettere a posto i carrelli della spesa e frugare nei cassonnetti delle associazioni umanitarie per la raccolta di indumenti e altro materiale.

Situazioni e comportamenti che continuano a esserci ma che per i vigili urbani è difficile sanzionare, tanto che dall’entrata in vigore del nuovo regolamento le multe sono state soltanto 3: per un nigeriano “accompagnatore di carrelli”, per uno zingaro che chiedeva l’elemosina per strada, e per un lavavetri marocchino. Multe ovviamente che nessuno di loro ha pagato.

Nella ricerca del Cnca si spiega che, secondo l’ordinamento italiano, la pratica dell’accattonaggio non costituisce un comportamento illegale (a meno che non avvenga con l’impiego di minori o ci si trovi di fronte a casi di riduzione in schiavitù, sfruttamento e tratta di essere umani), invece sono tanti i provvedimenti amministrativi adottati da Comuni e sindaci.

Provvedimenti che nella ricerca vengono definiti “inadeguati e inappropriati” perché “tanto si va a fare una multa a chi non ha la possibilità di pagarla”. Per il col. Caponi però questi strumenti, come quelli adottati dal Comune di Perugia, sono invece utili perché consentono ai vigili urbani di svolgere un’azione dissuasiva.

“Un’azione di disturbo – spiega – nei confronti di persone che dell’accattonaggio hanno fatto una professione, e che non temono la multa mentre hanno paura del nostro intervento, dei nostri ripetuti controlli, della possibilità di essere accompagnati in questura per i provvedimenti di allontanamento e di espulsione dall’Italia”.

I risultati – secondo il comandante dei vigili urbani – ci sono. “La situazione a Perugia – dice – negli ultimi anni è stabile, non abbiamo grossi problemi se non eposidicamente”. Non ci sono più accampamenti di zingari, con qualche eccezione talvolta nella zona di Balanzano, e non risultano situazioni di organizzazioni che gestiscono e sfruttano l’accattonaggio. Anche se – ha spiegato – di fatto esiste una ‘spartizione concordata’ dei luoghi dove chiedere l’elemosina tra famiglie di zingari e all’interno delle comunità di nordafricani.

Per quanto riguarda il fenomeno del commercio ambulante abusivo, anche in questo caso – continua Nicoletta Caponi – a Perugia la situazione è sotto controllo. Grazie anche a un’azione coordinata che in alcune occasioni è svolta con le altre forze di polizia con il sequestro di merce che, se utilizzabile, viene poi donata per beneficenza.

Anni fa in occasione della Fiera dei morti arrivavano a Perugia dalla Toscana anche 300 o 400 venditori ambulanti abusivi. L’anno scorso erano solo alcune decine.

Sul problema dell’accattonaggio, per il col. Caponi è fondamentale la collaborazione e il ruolo delle associazioni di volontariato e dei servizi sociali, che a Perugia – ha detto – sono in grado di assicurare 24 ore su 24 a queste persone un luogo dove dormire, farsi una doccia o trovare un pasto. Talvolta però sono proprio loro a rifiutare l’intervento e un aiuto. Circostanza questa evidenziata anche nella ricerca del Cnca, secondo la quale è difficile riuscire a inserire queste persone in programmi di protezione sociale: dopo la doccia o la notte trascorsa al caldo, gran parte di loro preferiscono tornare sulla strada.

 

Leggi anche i dati italiani della ricerca europea sull’accattonaggio

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La “città sommersa” dell’accattonaggio https://www.lavoce.it/la-citta-sommersa-dellaccattonaggio/ Wed, 29 Jul 2015 08:55:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=40932 accattonaggioSono il risultato di quella “cultura dello scarto” di cui parla Papa Francesco, e capita di incontrarli ovunque: ai semafori delle strade, nei piazzali dei centri commerciali, nei parcheggi degli ospedali, all’ingresso delle chiese, sui mezzi pubblici.

Sono gli abitanti di “una città sommersa, in cui le persone vivono quasi nascoste”. La frase tra virgolette è contenuta in una ricerca sull’accattonaggio forzato svolta nell’ambito di un progetto della Commissione europea di cui è capofila il Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) con partner internazionali di Bulgaria, Polonia, Portogallo e Romania.

Lo scopo era conoscere un fenomeno in continua evoluzione e in crescita, per aumentare la consapevolezza di cittadini e istituzioni su questo tema e creare una rete internazionale di enti e soggetti pubblici e privati per uno scambio di esperienze e di “buone pratiche”.

Occhio a Perugia

Per l’Italia l’indagine si è concentrata sulla situazione in Umbria e Toscana, e in particolare a Perugia, Firenze e Pisa. Con l’aiuto di esperti e operatori di strada sono state censite 484 persone (360 uomini e 124 donne) che vivono chiedendo l’elemosina. A Perugia, con l’intervento della cooperativa Borgorete, sono state 102 (78 uomini e 24 donne).

La maggior parte provengono da Paesi della ex Jugoslavia e dell’Est Europa, tra i quali 17 dalla Croazia. Ci sono poi anche 18 bengalesi, 7 marocchini e immigrati di altre nazionalità di Africa e Asia. Tra quanti a Perugia e dintorni vivono di accattonaggio ci sono però anche 12 italiani. Perché – anche questo è uno degli aspetti emersi nell’indagine – con la crisi economica sono sempre di più gli italiani che vivono per strada e che si arrangiano chiedendo l’elemosina.

“Il fenomeno dell’accattonaggio – ha detto don Armando Zappolini, presidente del Cnca, presentando recentemente a Roma i risultati dell’indagine – è molto sottovalutato e appare in forte crescita. Molti continuano a pensare che l’emergenza riguardi solo gli stranieri e non gli italiani. Niente di più falso”.

Chi sono

Dall’indagine risulta che quasi la metà delle persone censite nelle due regioni si limita a chiedere soldi. Si tratta in genere di rom (soprattutto donne), ma ultimamente sta crescendo il numero di nordafricani. Tra loro ci sono spesso invalidi – non sempre veri -donne incinte, minorenni e addirittura bambini. L’altra metà offre qualcosa in cambio. Ai semafori ci sono i lavavetri (nordafricani e albanesi) e i venditori di fazzolettini e chincaglieria (soprattutto nigeriani). Bengalesi, indiani e pakistani offrono per strada e nei locali pubblici mazzi di fiori ma anche ombrelli, occhiali e oggetti vari di scarso valore.

Ci sono poi parcheggiatori abusivi, i portatori di carrelli davanti ai centri commerciali, aiutanti per biglietterie automatiche e apparecchi self-service, artisti di strada. Delle 484 persone censite, la stragrande maggioranza proviene da Paesi dell’Est Europa.

Persone – si rileva nell’indagine – che si trovano in condizione di “grande vulnerabilità” e che quindi sono a rischio di diventare vittime di rapporti violenti e di organizzazioni che li sfruttano. La maggior parte di loro – e questo è un altro aspetto interessante della ricerca – vivono queste condizioni in modo rassegnato e, se sfruttati, considerano i loro sfruttatori quasi come benefattori che li aiutano a tirare avanti. Tra i rom c’è poi una cultura di solidarietà familiare per la quale è normale che anche bambini e donne incinte vadano a chiedere l’elemosina in situazioni e in condizioni che per noi sono di sfruttamento.

Gli sfruttatori

Quello dello sfruttamento e dell’accattonaggio forzato è un pericolo che esiste soprattuto per i minori che provengono dall’Albania e da Paesi della ex Jugoslavia. Ci sono organizzazioni i cui emissari si presentano dalle famiglie nei Paesi di origine e si offrono di accompagnarli in Italia con la promessa di un lavoro e di un futuro migliore. Passata la frontiera (spesso con documenti falsi), vengono consegnati all’organizzazione, che li costringe all’accottonaggio con l’obbligo di consegnare quotidianamente una certa somma di denaro.

Se l’elemosina non basta, vengono spinti a compiere furti e borseggi. Se cercano di fuggire o non portano i soldi richiesti, vengono puniti anche con violenze fisiche. Si tratta di casi che è sempre difficile da fare emergere per la scarsa collaborazione dei protagonisti e il clima di paura e di omertà che si vive in questi ambienti.

“Il reato di tratta, riduzione in schiavitù o sfruttamento dell’accattonaggio – si legge infatti nella ricerca – continua a rappresentare una ridotta casistica che comporta il dispendio di energie investigative a fronte di risultati numericamente irrilevanti”.

L’accattonaggio in genere è in costante crescita dagli anni ’90 ed è strettamente collegato ai problemi della immigrazione e della crisi economica. Per chi poi arriva in Italia senza permesso di soggiorno e non trova o perde il lavoro, è facile finire per strada a chiedere l’elemosina, anche in cambio di qualcosa. Entrando in quella “città sommersa” dell’accattonaggio forzato.

Purtroppo – aggiunge don Zampolini – “la nostra società sembra sempre più interessata a combattere i poveri che la povertà. Si sente parlare ogni giorno di temi come l’accoglienza e l’immigrazione, ma quasi mai si discute veramente della centralità della persona”.

 

Leggi anche l’intervista al comandante dei vigili urbani di Perugia col. Nicoletta Caponi

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Il sogno di Nina diventa realtà https://www.lavoce.it/il-sogno-di-nina-diventa-realta/ Thu, 09 Jul 2015 08:46:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=38044 Nina e la sua piccola con le suore Figlie della Carità
Nina e la sua piccola con le suore Figlie della Carità

A “Casa San Vincenzo” c’è una giovane del Camerun con la sua bambina. Sono Nina Tchamba Talla, di religione cristiana, e la figlia, Nathanaelle (nome non casuale), arrivate lì la Vigilia di Natale.

“Erano da poco passate le diciotto dello scorso 24 dicembre, – raccontano le Figlie della Carità – quando Nina e la sua piccola Nathanaelle, nata due giorni prima, sono entrate nella nostra casa, accompagnate da una volontaria della Caritas subito dopo essere state dimesse dall’Ospedale…

È stata una bella sorpresa per tutta la comunità, che ha accolto mamma e figlia come un dono di Dio giunto alla Vigilia di Natale, ricevuto con tanta gioia e riconoscenza”.

A segnalare il “caso” di Nina sono stati i Servizi sociali del Comune di Perugia, che seguivano Nina fin da quando dimorava in una struttura universitaria di accoglienza.

Dopo aver dato alla luce Nathanaelle, Nina aveva necessità di essere accompagnata giorno per giorno in questa nuova fase della sua vita e la “Casa San Vincenzo” è l’ambiente che meglio si prestava a questo tipo di aiuto.

Le Figlie della Carità, con il sostegno della Caritas, per questa giovane ospite e la sua bambina hanno pensato un “progetto di vita” attraverso il quale Nina ha potuto completare, a pieni voti, gli studi universitari senza rinunciare a tenere la bambina con sé.

Nina ha trovato nella “Casa San Vincenzo” il sostegno morale e materiale per realizzare un suo sogno, quello di conseguire la Laurea magistrale in “Relazioni internazionali e cooperazione allo sviluppo”, dopo aver conseguito la triennale in “Comunicazione internazionale” nel 2012, sempre presso l’Università di Perugia e in Camerun la laurea in Lingue.

Nina parla correttamente il francese, l’inglese e l’italiano ed ha una discreta conoscenza del tedesco e dello spagnolo. È giunta a Perugia nel 2009 per approfondire i suoi studi accademici e lo scorso 15 aprile nella discussione della tesi ha richiamato l’attenzione dell’intera commissione di laurea nell’illustrare lo “Studio dell’immagine della violenza nelle opere ‘I dannati della terra’ di Frantz Fanon e ‘Sulla violenza’ di Hannah Arendht”, sviluppando il filone storico e filosofico dei due autori, in particolare prendendo in esame le loro “tesi” contrapposte e, nel contempo, complementari sul tema della pace.

“Difronte a polemiche e differenze di pensiero e scontri ideologici – evidenzia la dottoressa Nina Tchamba Talla – bisogna sempre usare la parola, quindi il dialogo, e non la violenza. La pace è molto manipolabile, fragile e prima di proporla occorre averla internamente. Si parte dal livello personale per raggiungere la collettività e la società più ampia”.

L’obiettivo di Nina è quello di contribuire al “riscatto culturale” delle donne del suo Paese. E lo vuole fare ritornando in Camerun, insegnando all’Università e per questo ora il suo desiderio è quello di poter proseguire gli studi in Italia, possibilmente a Perugia, cercando di ottenere il Dottorato di ricerca.

Nina sa che non sarà facile, però la speranza è tanta. In Italia non ha solo studiato, ha svolto attività sia di volontariato per disabili, a Piacenza, che di interprete e traduttrice, a Perugia.

A Nina abbiamo chiesto perché ha scelto il nostro Paese per raggiungere il suo obiettivo. “In Camerun ho conosciuto e frequentato il movimento dei Focolari di Chiara Lubich – risponde –, un’esperienza che mi ha incoraggiato a venire in Italia per studiare le materie delle relazioni internazionali, in quanto con i Focolarini ho conosciuto le realtà delle ONG”.

Nina, che ha scritto la tesi di laurea tra le mura di “Casa San Vincenzo” mentre le Figlie della Carità l’aiutavano a prendersi cura della sua Nathanaelle, ha da poco iniziato uno stage, presso un’azienda locale, promosso dall’Università di Perugia per l’“Attrazione di talenti stranieri per la promozione del marchio italiano all’estero”.

E questo stage, per lei molto importante professionalmente, può farlo grazie ancora al sostegno morale e materiale che “Casa San Vincenzo” e la Caritas diocesana le stanno fornendo, rientrando – come accennato all’inizio – in quel “progetto di vita” pensato per Nina, che non si stanca di dire “grazie” a chi le ha dato dato l’opportunità di realizzare il suo sogno.

 

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Per aiutare le donne servono più risorse https://www.lavoce.it/per-aiutare-le-donne-servono-piu-risorse/ Thu, 11 Jun 2015 09:10:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=35373 Manifestazione di protesta contro la violenza sulle donne
Manifestazione di protesta contro la violenza sulle donne

L’Istat ha diffuso il 5 giugno il Rapporto nazionale sulla violenza contro le donne. Abbiamo contattato gli Sportelli antiviolenza di Perugia e Terni, che dal marzo 2014 si occupano di prevenire e curare gli episodi di violenza che si verificano sul territorio regionale.

I Centri antiviolenza “Catia Doriana Bellini” di Perugia (Ponte Pattoli) e “Liberetutte” di Terni dipendono dal progetto “Umbria network antiviolenza” finanziato alla Regione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Allo Sportello di Ponte Pattoli la responsabile Sara Pasquino ha ricevuto in 15 mesi 160 donne, sia italiane che straniere, dando ospitalità nei 10 posti letto del centro, per un periodo di circa cento giorni, a 21 donne con 28 bambini, poi accompagnate anche nel periodo successivo alla permanenza.

“I nostri locali a Ponte Pattoli – spiega Sara – non bastano più a far fronte alle richieste. Per questo stiamo definendo un accordo con il Comune di Perugia per l’apertura di due alloggi a indirizzo segreto”.

Da chi vi arrivano le segnalazioni? 

“La maggior parte dai Servizi sociali dei Comuni di residenza e dalle forze dell’ordine, ma anche dal Numero nazionale antiviolenza 1522, dall’ospedale e dalla Caritas. Le straniere chiedono più spesso ospitalità perché non hanno una rete familiare. Tutte le donne in carico svolgono almeno uno-due colloqui settimanali per ripercorrere il vissuto emotivo”.

Capita che qualcuna torni sui suoi passi, interrompendo le azioni legali contro i partner violenti?

“Purtroppo è un fenomeno molto frequente, che cerchiamo di accompagnare invitando i partner a fare percorsi specifici in strutture a loro dedicate, solitamente fuori regione”.

Quali sono le principali tipologie di violenza?

“Dallo stalking agli stupri, purtroppo la casistica – che stiamo definendo dal punto di vista statistico – è molto varia e non risparmia nessuna tipologia. Ultimamente ci sono capitati alcuni casi di mobbing sul lavoro, situazioni nelle quali il datore di lavoro ricatta la dipendente chiedendo prestazioni sessuali”.

Con i figli come lavorate?

“Innanzitutto abbiamo studiato soluzioni logistiche per far sì che le donne con figli a carico possano continuare a vivere insieme. Da parte nostra, facilitiamo l’inserimento scolastico e, per le donne, la ricerca di un nuovo lavoro. Dal punto di vista psicologico, abbiamo personale specializzato nella cura di bambini vittime di traumi, così come abbiamo due legali che hanno svolto corsi di formazione appositi per trattare le violenze di genere”.

Allo Sportello di Terni sono state ricevute 156 donne in 15 mesi, e ne sono state ospitate 15 con 16 minori. “Il tempo minimo di permanenza è stato di sei mesi, che è piuttosto breve in questo periodo così critico dal punto di vista economico”, dice Silvia Menecali dello Sportello ternano.

 Chi sono le donne che ospitate?

“Offriamo ospitalità alle donne che non hanno reti familiari o hanno difficoltà economiche, in sinergia con il centro di Perugia”.

Quanti posti letto avete?

“Al momento ne abbiamo 20 diversamente dislocati: 8 al centro di Terni più 4 in emergenza, inoltre 4 nella casa di semi-autonomia (per donne che hanno possibilità di sostentamento economico) e altri 4 nella struttura protetta a indirizzo segreto, per donne che rischiano la propria incolumità. Per quanto riguarda Terni, ci servirebbero più posti”.

 

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A Foligno il “terzo settore” al centro dell’incontro organizzato dal Meic https://www.lavoce.it/a-foligno-il-terzo-settore-al-centro-dellincontro-organizzato-dal-meic/ Fri, 27 Mar 2015 11:24:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31050 “Il ben-essere, un diritto per tutti. Il terzo settore a Foligno”: di questo si è discusso all’incontro con l’assessora alle Politiche sociali del Comune di Foligno Maura Franquillo, organizzato dal Gruppo Meic di Foligno e dall’Ufficio per la Pastorale dei problemi sociali e del lavoro, al quale hanno partecipato alcuni responsabili di associazioni e cooperative sociali. Il Comune di Foligno – ha evidenziato l’assessora – ha fatto finora la sua parte; nonostante l’attuale riduzione delle risorse finanziarie “non ha mai tentato di tagliare i servizi alle persone”.

Oggi i bisogni stanno aumentando, anche per effetto della crisi, ed aumentano quindi sempre più le richieste di aiuto. Nel 2014 si è arrivati a seguire oltre 1200 casi. Quello del lavoro rappresenta il bisogno primario, seguìto da quello abitativo per l’aumento degli sfratti. Per quanto riguarda i servizi con cui si fronteggiano i bisogni, la città può contare anche su un associazionismo sociale molto vivo, con ben 42 associazioni di volontariato. Il Comune e tutto il mondo del Terzo settore operano con sinergia nell’ottica del “prendersi carico” della persona nella molteplicità dei suoi bisogni. Mauro Masciotti, direttore della Caritas diocesana, ha ribadito i dati allarmanti esposti dall’assessora evidenziando lo spirito di collaborazione fra Caritas e Istituzioni pubbliche in un momento particolare che risulta peggiore del post-terremoto. Oggi nelle famiglie c’è il vuoto più assoluto e pochissima speranza.

Con le nostre comunità ecclesiali – ha aggiunto Masciotti – cerchiamo di essere vicini alle persone innanzitutto con l’ascolto, l’accoglienza ed anche con il supporto psicologico per accompagnare situazioni difficili vissute da sempre più coppie e famiglie. Negli ultimi tempi occorre fronteggiare in particolare l’emergenza abitativa attraverso l’apertura di nuove strutture di accoglienza per intere famiglie ricorrendo alle risorse sia della diocesi, sia delle Istituzioni pubbliche ed anche di cittadini. Francesca Cesarini, presidente della cooperativa “La Locomotiva”, ha riferito sul cambiamento dei bisogni, rispetto alle originarie attività, a seguito del cambiamento della società, con le reti familiari impoverite e una maggiore solitudine.

Ed ha illustrato i nuovi servizi per fronteggiare le nuove esigenze: laboratori scolastici di lingua italiana per bambini stranieri, sostegno alla genitorialità, laboratori per bambini con problemi di apprendimento o di comportamento nonché per autistici, che sono tanti. Significativa anche l’azione di prevenzione per le dipendenze. Il dott. Vittorio Ronci, direttore sanitario dell’Avis, ha evidenziato come all’aumento dei donatori si riscontri una diminuzione delle donazioni, che risultano sufficienti a garantire appieno solo le emergenze. Un problema che dovrà essere affrontato.

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L’Associazione cristiana residenze anziani e disabili chiede ascolto alla Regione https://www.lavoce.it/lassociazione-cristiana-residenze-anziani-e-disabili-chiede-ascolto-alla-regione/ Mon, 16 Feb 2015 16:55:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30357 Fontenuovo
Fontenuovo

La grave crisi economica che sta progressivamente riducendo le risorse per le politiche di welfare, sta condizionando pesantemente anche le attività delle istituzioni aderenti alla Acradu l’ Associazione cristiana residenze anziani e disabili. Sono una trentina, con 1300 ospiti tra anziani e disabili, che occupano un migliaio di persone tra infermieri, medici, addetti alla amministrazione ed ai vari servizi, affiancati da centinaia di volontari. Una situazione difficile che potrebbe mettere in discussione la loro preziosa ed insostituibile presenza nel campo socio-assistenziale-sanitario, con ripercussioni ancora più gravi sulle oltre mille famiglie umbre degli assistiti. Per questo l’ Acradu rinnova l’appello alla Regione per un “confronto diretto” sulla programmazione sanitaria in merito alla assistenza agli anziani non autosufficienti ed ai disabili. Lo fa con una intevista a La Voce uno dei componenti del direttivo, don Matteo Rinaldi, che è anche direttore dell’ Opera Don Guanella-Centro Sereni.

“L’ Acradu – spiega – ha compiuto quest’anno i suoi primi 13 anni di attività. Promossa dalla Conferenza episcopale umbra, si è costituita infatti l’8 ottobre 2002 ad Assisi come associazione non profit, su iniziativa della Consulta regionale ‘Problemi sociali e Lavoro, Giustizia e Pace’ e della Consulta regionale Pastorale della Salute. La sede legale è presso il Seminario regionale di Assisi mentre quella operativa si trova all’Istituto Serafico di Assisi. Riunisce trenta istituzioni che svolgono in Umbria attività a favore di anziani e disabili, gestite da diocesi, istituzioni religiose e secolari o da istituzioni laiche che si ispirano ai valori cristiani”.

Quali gli scopi dell’ associazione?

“L’Acradu si prefigge di essere strumento di comunione non solo giuridico ma soprattutto spirituale ed evangelico tra le istituzioni aderenti e promuove lo sviluppo delle istituzioni aderenti, assicurando la necessaria assistenza e consulenza rispetto alla sempre più complessa ed esigente normativa nazionale e regionale. Si collega con le comunità cristiane locali per promuovere in generale la pastorale della sofferenza, la difesa della vita e mantenere viva la scelta preferenziale per i poveri. Sostiene le istituzioni aderenti nell’impegno di formazione etico-religiosa e l’aggiornamento professionale degli operatori dei servizi socio–sanitari. I suoi compiti principali sono quelli di rappresentare unitariamente le istituzioni aderenti presso la Regione e le altre autorità competenti e collaborare con loro per l’esame e la definizione delle problematiche socio–sanitarie a livello regionale e locale”.

Con quali risultati?

“In questi anni di attività l’Acradu ha avuto un ruolo importante nell’opera di accompagnamento e consulenza delle istituzioni aderenti nel percorso di adeguamento strutturale ed organizzativo previsto dalla legge per ottenere il riconoscimento e l’autorizzazione delle autorità pubbliche e per la stipula delle relative convenzioni. Allo stesso tempo l’Acradu, accreditata presso la Regione Umbria quale soggetto rappresentativo, ha partecipato ai Tavoli di consultazione regionale contribuendo alla definizione della legislazione (Piani sanitario e sociale regionali) e della normativa collegata”.

Quindi un ruolo importante il vostro….

“Negli ultimi anni, però, le cose sono cambiate, anche per la cosiddetta ‘crisi della politica’ e per la grave crisi economica che sta progressivamente riducendo le risorse economiche disponibili per le politiche di welfare. In tale quadro le istituzioni politiche e amministrative (Regione e Comuni) stanno dimostrando la loro inadeguatezza a fronteggiare la situazione, si arroccano con la scusa delle minori risorse economiche e, conseguentemente, hanno abbandonato la pratica del confronto e della partecipazione democratica”.

Dunque Regione e Comuni non vi ascoltano?

“In questa fase c’è una difficoltà di interlocuzione costante e incisiva con la Regione. Non riusciamo ad avere un confronto diretto su ciò che già fa parte dell’agenda regionale riguardo la programmazione sanitaria nell’ambito della grave e lieve non autosufficienza degli anziani e nell’ambito della grave pluridisabilità. Tale situazione non fa altro che accrescere le difficoltà e sta condizionando pesantemente l’operato degli associati, sino ad una possibile messa in discussione della loro presenza nel campo socio–assistenziale e sanitario”.

Sta dicendo quindi che alcune delle vostre associazioni potrebbero ridurre o sospendere le loro attività?

“In una realtà sociale, economica e politica che sembra aver perso l’orizzonte del bene comune è importante che l’Acradu qualifichi la sua presenza per una rappresentanza unitaria autorevole nei confronti delle istituzioni, in particolare la Regione, per superare l’inadeguata distinzione tra pubblico e privato che ancora permane in Umbria per motivi culturali e ideologici e per contribuire ad una più giusta normativa di programmazione e gestione delle politiche socio–sanitarie nella nostra regione”.

Quali saranno dunque le vostre iniziative per spingere Regione e Comuni ad avviare quel confronto diretto che negli ultimi tempi vi è stato negato?

“Il 28 febbraio prossimo si terrà l’assemblea dei soci presso l’Istituto Fontenuovo di Perugia. Sarà un importante momento di riflessione che vedrà tutti coinvolti nell’esaminare le problematiche più importanti, allo scopo di proporre ed approntare strategie future di intervento”.

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Le cooperative sociali si lanciano sul mercato? https://www.lavoce.it/le-cooperative-sociali-si-lanciano-sul-mercato/ Sat, 14 Jun 2014 16:40:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25590 assistenza-disabili-anziani-caregiver-1Centoundici cooperative aderenti (su 652 nazionali), 4.000 soci e oltre 100 milioni di euro di fatturato. Sono questi i numeri di Federsolidarietà Umbria, la sezione di Confcooperative che si occupa del settore sociale. Un settore che sta attraversando la più importante sfida al cambiamento degli ultimi decenni, imposta dalla crisi e dalla ‘mannaia’ che ha investito i fondi pubblici.

Il fronte è duplice: da una parte, uscire dalla dipendenza nei confronti della pubblica amministrazione e rivolgersi a committenti privati mettendosi sul mercato; dall’altra, cambiare abito senza cambiare identità, ovvero farsi impresa – in termini di comunicazione, innovazione e spendibilità dei servizi – senza assumere il valore del fare impresa, ovvero quello di produrre utili. Perché “il guadagno economico non è la finalità delle cooperative sociali, che sono chiamate per natura, in quanto entità no-profit, a reinvestire nel territorio le loro entrate”, spiega Carlo Di Somma, presidente di Federsolidarietà appena riconfermato per il prossimo quadriennio.

Ad oggi, il modello del welfare funziona, in soldoni, così: l’Ente pubblico fornisce un servizio la cui gestione viene affidata ad un soggetto tramite gara d’appalto. Vince chi ottiene il punteggio più alto nei vari parametri – “a insindacabile giudizio” della commissione esaminatrice – e offre i propri servizi al minor prezzo.

Un meccanismo relativamente semplice, che si inceppa, però, su alcuni ingranaggi. Il primo: il costo. “Il tariffario regionale che regolamenta i prezzi dei servizi socio-sanitari – dice Di Somma – è fermo al 2009. Il tariffario prevedeva due voci: il costo del lavoro più un 12,5% di costi generali. Ma dal 2009 ad oggi il solo costo del lavoro è salito del 13%. I conti sono presto fatti. Ne traggono vantaggio le grandi realtà nazionali, a discapito delle medio-piccole cooperative regionali. In questo modo, si depaupera il territorio non soltanto in termini occupazionali”.

Il secondo “ingranaggio” poco oleato riguarda la normativa. Oltre all’aggiornamento del tariffario, infatti, il terzo settore è in attesa del Regolamento regionale per capire verso quale modello l’Ente pubblico sia indirizzato e aprire un tavolo di discussione tra le parti. Ad oggi, una parte del percorso dei lavori è iniziato, ma occorre fare più in fretta.

“Le nostre richieste sono chiare e puntano a un ribaltamento del modello attuale”, aggiunge Di Somma. Il modello proposto da Federsolidarietà sarebbe il seguente: l’Ente pubblico – in questo caso la Regione – ha il compito di programmare e normare, emanando un “pacchetto” di requisiti a cui dovranno attenersi tutte le cooperative sociali che vorranno ottenere la gestione di servizi. “Requisiti ferrei, chiari e pesati tra qualità e costi, che siano piena garanzia di determinati standard di offerta”, dice ancora Di Somma. A questo punto, tutte le cooperative dotate di tali requisiti andranno a costituire un elenco aperto, da cui – ed è questa la vera novità – il cittadino o soggetto di varia natura sarà libero di scegliere a chi affidare il proprio servizio.

“In questo modo – sottolinea Di Somma, puntualizzando il terzo ‘ingranaggio’ difettoso, quello relativo ai controlli – si crea automaticamente un doppio canale di monitoraggio della qualità effettiva dei servizi offerti. Da una parte, l’Ente pubblico, non dovendosi più preoccupare di affidare gli appalti, è più libero e in forze per dedicarsi ai controlli. Dall’altra, come avviene nel libero mercato, sono i fruitori stessi del servizio, i cittadini, a poter vigilare sulla sua qualità, sostituendola nel momento in cui non è rispettata”.

Aprirsi al libero mercato significa, però, inevitabilmente, sottostare alle sue regole. Il presidente Di Somma ne è consapevole e, infatti, ammette: “Non tutta la cooperazione è pronta a questo cambiamento. Per stare sul mercato, occorre rimettersi in discussione e investire a tutti i livelli, da una maggior capacità comunicativa alla formazione continua del personale. Non a caso, stiamo lanciando dei progetti di formazione al management, perché amministrare una cooperativa non è per tutti e da tutti. Alla fine, ci sarà una ‘selezione naturale’, per cui è giusto che resteranno solo le migliori”.

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La proposta: tagliare i vitalizi dei consiglieri regionali e destinare le risorse ai servizi sociali https://www.lavoce.it/la-proposta-tagliare-i-vitalizi-dei-consiglieri-regionali-e-destinare-le-risorse-ai-servizi-sociali/ Thu, 15 Nov 2012 13:55:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=13884 Recuperare risorse dagli sprechi e dai privilegi “quale quello degli odiosi vitalizi dei Consiglieri regionali” della politica per sostenere i servizi sociali, in particolare il fondo per la non autosufficienza e l’occupazione giovanile in Umbria. È la proposta presentata il 9 novembre da Cisl Umbria, Cittadinanzattiva, Libera e Legambiente che chiedono che sia definita entro il prossimo gennaio “la soppressione immediata, e non nel 2015, come già deciso dal Consiglio regionale umbro”. Per i vitalizi, “solo per il 2012”, in base ai dati ufficiali del bilancio regionale sono destinati 2.567.929,60 euro, “tutto a spese della collettività”.

“È necessario – sottolineano i promotori – attivare azioni concrete e mirate, come iniziative popolari di carattere normativo, petizioni o incontri per abolire vitalizi e altri sprechi” e destinare queste risorse “ai fondi di sostegno al reddito, di contrasto alla povertà, per la non autosufficienza e per le politiche per la qualificazione e la stabilizzazione del lavoro giovanile”.

La Cisl Umbria e le altre associazioni promotrici, con questa iniziativa intendono rimettere al centro la necessità di gestire le risorse pubbliche in trasparenza ed in efficienza, aiutando la politica e le istituzioni a perseguire con più coraggio alcune scelte che siano in grado di garantire servizi fondamentali alla persona e siano finalizzate al perseguimento del bene comune.

Per questo, il segretario generale regionale Cisl Umbria Ulderico Sbarra ha sottolineato nel proprio intervento la necessità di potenziare anche altri fondi, come quello per gli aiuti alle famiglie, per la povertà-Caritas e quello per le vittime di incidenti sul lavoro. Riguardo al piano per il lavoro “è importante sostenere gli aiuti per i giovani scolarizzati con assegni di ricerca e borse di lavoro, oltre alla stabilizzazione dei lavoratori precari”.

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Servizi sociali: quanto e come spendono i Comuni umbri https://www.lavoce.it/servizi-sociali-quanto-e-come-spendono-i-comuni-umbri/ Thu, 27 Sep 2012 12:55:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=12997 È uscito di recente l’ultimo rilevamento dell’Istat sugli interventi e i servizi sociali forniti dai Comuni italiani. L’indagine, i cui dati più aggiornati sono riferibili solo al 2009, presenta una panoramica completa offerta dagli enti locali sui servizi concernenti anziani, famiglie, assistenza, non autosufficienti e povertà.

In una delle varie tavole relativa all’area “anziani” sono messi a confronto il numero di utenti, la spesa complessiva e quella per singoli interventi e servizi sociali. Si tratta di uno stringente approfondimento sulla gamma di azioni, trasferimenti in denaro e strutture messe in opera dai Comuni.

Si può così osservare che, a fronte di una spesa totale di poco meno di 1 miliardo e mezzo di euro per tale area (anziani), 746.214.855 euro (52,55%) sono stati utilizzati per “Interventi e servizi” (servizio sociale professionale, integrazione sociale, assistenza domiciliare, servizi di supporto). 386.638.078 euro (27,17% del totale area anziani) sono stati impiegati quali “Trasferimenti in denaro” (contributi per servizi alla persona, rette per prestazioni residenziali, contributi economici per integrazione al reddito familiare). Infine, 289.959.122 euro (20,38%) sono stati destinati a varie “Strutture” (a ciclo diurno o semi-residenziale, comunitarie e residenziali).

Delle varie spese per interventi e servizi, quella più rilevante, di 576.994.886 euro (pari al 77,32%), riguarda l’assistenza domiciliare. E tra i vari tipi di tale assistenza, quella domiciliare socio-assistenziale assorbe ben 339.990.115 euro, pari al 58,92% del totale assistenza domiciliare, soddisfacendo 182.747 utenti con una spesa media per utente di 1.860 euro. Per l’assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari sono stati destinati 76.479.626 euro (13,25%) soddisfacendo 103.644 utenti con una spesa media per utente di 738 euro.

È interessante conoscere come si sono comportati i Comuni dell’Umbria. Ce lo consente una prima tabella che riguarda la spesa per interventi e servizi sociali suddivisa per regione e ripartizione geografica. Rispetto alla spesa totale (in Italia), di poco superiore ai 7 miliardi di euro, l’Umbria spende 85.585.389 euro, pari all’1,2 per cento. Ma si va da 1.208.044.688 euro della Lombardia (17,3%) ai 37.154.128 della Basilicata (0,5%). Si tratta tuttavia di dati poco significativi in quanto proporzionali alle popolazioni. Più significativo appare considerare la spesa pro-capite che ci viene offerta dal rapporto tra spesa e popolazione residente. Per l’Umbria tale spesa risulta pari ad euro 95,4; mentre per le succitate regioni risultano rispettivamente 123,5 euro per la Lombardia e 63,0 euro per la Basilicata. Nella relativa graduatoria di spesa pro-capite delle 22 regioni considerate, i Comuni dell’Umbria si trovano al 14° posto.

Altra tabella che ci consente di verificare gli interventi dei Comuni dell’Umbria riguarda l’assistenza domiciliare integrata con i servizi sanitari, dove vengono specificati, per ogni regione e ripartizione geografica, gli utenti, la spesa e la spesa media per utente. Scopriamo così che, dei 76.479.626 euro che sono stati spesi in Italia, i Comuni dell’Umbria hanno utilizzato 1.255.628 euro, l’1,64% della spesa totale, distribuendola fra 846 utenti assistiti, che rappresentano lo 0,84% del totale degli assistiti in Italia (103.644). Si riscontra cioè una percentuale relativamente alta di risorse erogate per una percentuale relativamente bassa di utenti. Ciò ha consentito un’erogazione media per utente di 1.484 euro, che risulta ben superiore a quella di 738 euro indicata per l’Italia. In Calabria, per un opportuno confronto, una delle regioni in cui la spesa media per utente risulta tra le più basse (220 euro), con un impegno di spesa di 131.628 euro (0,17%) sono stati assistiti 598 utenti (0,57%). Nella relativa graduatoria di spesa media per utente delle 21 regioni, i Comuni dell’Umbria si trovano all’11° posto.

I dati quantitativi riportati non ci consentono, ovviamente, di valutare l’efficacia delle risorse finanziarie impiegate dai vari Comuni e, quindi, la loro rispondenza ai bisogni degli utenti. Occorrerebbe un’apposita indagine per raccogliere il loro grado di soddisfazione. Valutando il rapporto tra spesa e popolazione residente ovvero tra spesa e numero di utenti assistiti, come riferito nelle due tabelle sopra richiamate, i Comuni dell’Umbria sembrano offrire una risposta, pro-capite o per utente, quantitativamente soddisfacente. Resta l’incognita degli eventuali bisogni inevasi, parzialmente o totalmente.

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Uniti contro la Manovra https://www.lavoce.it/uniti-contro-la-manovra/ Fri, 16 Jul 2010 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8619 L’aumento degli abbonamenti dei pendolari dei treni, già annunciato, è entrato in vigore dal 1° luglio, con un incremento del 20 per cento; ma ora che cosa accadrà in Umbria, se ci saranno tagli pesanti al trasporto pubblico locale dopo la Manovra? È uno degli interrogativi che si può porre il cittadino, per capire concretamente cosa accadrà dopo l’approvazione definitiva del decreto 78 sui provvedimenti anticrisi. Perché fino a questo momento, come al solito, si sono intrecciati tanti numeri ed altrettante fosche previsioni, ma esempi concreti non ne sono stati fatti.

L’interesse del cittadino è quello di sapere, ad esempio, che cosa accadrà dei “servizi a domanda individuale” dopo la Manovra. L’iscrizione all’asilo nido del figlio aumenterà o no? È indubbio che la manovra finanziaria incontra opposizioni trasversali al colore politico, se lo stesso Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, senza emergenze legate al disavanzo della Sanità, come avviene nel Lazio e in Campania, contesta nel merito i tagli parlando di grandi difficoltà nell’erogazione dei servizi essenziali. In Umbria, nel frattempo, si registra il fronte unico delle istituzioni contro la Manovra.

“L’80 per cento del bilancio della Regione Umbria è vincolato alla Sanità; e del restante 20 per cento, solo la metà può essere gestito in modo discrezionale”, ha detto la presidente della Giunta regionale, Catiuscia Marini, in una conferenza congiunta di Regione, Province, Anci e Uncem per spiegare “la scarsa possibilità della Regione Umbria di incidere a livello regionale sugli effetti negativi della manovra finanziaria del Governo”. Partiamo dall’elenco dei tagli. La Marini ha ribadito che “il bilancio regionale non potrà assicurare nei prossimi due anni a Comuni, Province e Comunità montane lo stesso livello di risorse degli anni passati, sia per effetto dell’azzeramento degli stanziamenti connessi con le funzioni della legge Bassanini, sia per effetto di inevitabili e considerevoli tagli su tutti gli altri interventi regionali”. I settori più a rischio sono il trasporto pubblico, la viabilità, l’ambiente ed i servizi sociali.

Il taglio è pesante: meno 93 milioni e mezzo di euro, di cui oltre 15 riguarderanno il bilancio della Regione e quasi 34 quello di Comuni, Province ed ambiti territoriali, mentre 41 milioni incideranno direttamente su imprese e cittadini. Mancheranno in Umbria, secondo i dati diffusi dalla Regione, un milione e mezzo di euro per le borse di studio, 2 milioni e mezzo per le politiche sociali, un milione e 800 mila euro per il fondo affitti, 2 milioni per il fondo famiglia, quasi 5 milioni in meno per i trasporti, 6 milioni e mezzo per la non autosufficienza e 3 milioni per il fondo occupazione. La Marini ha annunciato che non ci sarà un aumento di tasse.

Si registra, infine, un dato positivo: in tempi di crisi, pare superata la guerra dei municipi e dei vari enti, che ora fanno fronte comune per cercare di superare le difficoltà anche attraverso la razionalizzazione delle spese. Solenne cerimonia per ricordare i 40 anni della Regione UmbriaDa Pietro Conti a Catiuscia Marini per ricordare i 40 di vita della Regione Umbria, la cui prima assemblea legislativa si tenne il 20 luglio 1970 in sala dei Notari a Perugia. Ora, proprio 40 anni dopo, martedì 20 luglio alle 10.30 il Consiglio regionale dell’Umbria si riunirà in forma solenne e straordinaria nella sede di allora.

All’iniziativa istituzionale “Quaranta anni di vita regionale”, promossa dai presidenti del Consiglio, Eros Brega, e della Giunta regionale, Catiuscia Marini, sono stati invitati i sindaci dei 92 Comuni umbri, i presidenti delle due Province di Perugia e Terni, gli ex consiglieri regionali di tutte le legislature, i presidenti dei Consigli regionali italiani e le autorità civili e religiose. Il programma prevede l’intervento di apertura del presidente del Consiglio regionale, Eros Brega; la professoressa Giacomina Nenci dell’Università di Perugia parlerà di “Identità regionale e storiografia”; il professor Gian Candido De Martin dell’Università Luiss affronterà il tema “Il regionalismo tra titolo V e prospettiva federalista”. L’intervento di chiusura è affidato alla presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini.

Nella presentazione dell’iniziativa, i presidenti Brega e Marini scrivono che “l’anniversario cade in una fase di grande attenzione al ruolo dei poteri delle Regioni, con un dibattito pubblico che propone ancora temi che sono stati motivo di riflessione e di impegno fin dalla nascita dell’istituzione: regionalismo, decentramento, autogoverno, modo nuovo di fare politica. Lo testimoniano le parole e l’impegno di Fabio Fiorelli, primo presidente del Consiglio e di Pietro Conti, primo presidente della Regione, che da subito sentirono come prioritario l’obiettivo di evitare la distanza tra potere politico e società civile, indicando come metodi da seguire quelli del dialogo e della partecipazione”. Ecco, forse bisognerà ricordare perché, dopo 40 anni di Regione, la distanza tra Palazzo e cittadino si sia ampliata così tanto. Nel corso dell’incontro saranno proiettate immagini della seduta d’insediamento del Consiglio regionale del 20 luglio 1970.

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L’Umbria insensibile al disagio sociale https://www.lavoce.it/lumbria-insensibile-al-disagio-sociale/ Thu, 17 Jun 2004 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3866 L’Acradu, l’associazione cristiana delle Residenze per anziani e disabili dell’Umbria promossa dai Vescovi umbri, da diverso tempo sta lanciando un allarme senza grande ascolto né da parte delle istituzioni né dai sindacati. Si è in assenza di una vera e propria programmazione regionale. L’universalità ed equità dei diritti sociali sono in pericolo. Il Piano sociale regionale è fermo al 2002 e non c’è verso di aggiornarlo. Non parliamo dei Piani sociali di Zona. Non parte l’Osservatorio regionale delle Politiche sociali. Quando non si conoscono i bisogni espressi e non si verifica la rispondenza dei servizi realizzati, quale programmazione è possibile? Si rinvia la definizione delle linee per l’integrazione socio – sanitaria che riguarda in particolare gli anziani e i disabili.

In mancanza di precise direttive Comuni ed Asl fanno da sé. In tale situazione le istituzioni competenti anziché aprirsi ad un confronto con le realtà sociali che operano nel settore, quasi si rifiutano preferendo un discorso tutto interistituzionale e salvando la faccia con una partecipazione più formale che sostanziale. Nei momenti occasionali di confronto (quasi sempre convegni promossi da soggetti sociali) viene fuori il discorso delle disponibilità economiche insufficienti e dei risparmi da fare.

L’Acradu sta caparbiamente sostenendo che questo ritornello è un alibi: i livelli e la qualità dei servizi socio-sanitari potranno essere ancora assicurati solo se si realizzerà un sistema integrato con tutti i soggetti (istituzioni, cooperazione, associazioni non profit, volontariato) realmente e stabilmente coinvolti a pari dignità. Del resto tutta la legislazione vigente – dalla legge nazionale 328 del 2000 agli stessi Piani regionali sociale e sanitario – è basata su tale filosofia. Che sia un alibi lo conferma il rapporto della Fondazione Zancan. La capacità di spesa sociale delle regioni è bassa. Si scopre che nei bilanci regionali 2001, presi in esame, i soldi c’erano ma non sono stati spesi.

In Umbria risulta che le “economie” fatte raggiungono il 50% delle risorse disponibili rispetto, ad esempio, al 5% della Toscana e all’1% delle Province autonome. Che dire allora? È tempo che in Umbria programmazione e integrazione nel campo delle politiche socio – sanitarie diventino scelte politiche da attuare con determinazione. Occorre il coraggio di superare una cultura prevalentemente statalista, di andare oltre l’inutile distinzione tra pubblico e privato. Ciò che serve è costruire un sistema integrato di responsabilità condivise avente come spina dorsale i servizi a gestione pubblica in piena sinergia con i servizi privati, specie del “non profit”, accreditati secondo regole valide per tutti. Così oggi non è in Umbria.

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La verità vera dietro i dati (veri) https://www.lavoce.it/la-verita-vera-dietro-i-dati-veri/ Thu, 27 May 2004 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3816 La spesa per i servizi socio-assistenziali in Italia si attesta (secondo un indice convenzionale concordato in sede di Organizzazione mondiale della Sanità) intorno al 6%, contro l’11/12 % di Usa e Gran Bretagna. Siamo indietro, ma stiamo recuperando: la spesa per i servizi socio-assistenziali in Italia è cresciuta del 52% negli ultimi 4 anni. Meno di tutti ha speso la Calabria (51 euro pro-capite), al top il Friuli Venezia Giulia (171 euro). Panoramica: “Si assiste alla privatizzazione del sistema della sanità”. Sono questi tre i dati portanti del Rapporto Istat 2003.

Tre dati veri e potenzialmente entusiasmanti, se non fosse per i tre “ma” che, con la puntualità del cucù a mezzanotte, s’insediano nei circuiti cerebrali di chi ha un minimo di esperienza dei raggiri ai quali, dietro i dati più seri in sé e incoraggianti, i poveri sono esposti da parte dei padroni del vapore, anche in pieno Stato sociale. + 52% in quattro anni: perbacco, un monton de dinero direbbe P. Jaime Alvarez! Ma che fine ha fatto quel monton de dinero? A questa domanda può rispondere anche chi di queste cose non sa nulla; a occhi chiusi, senza il benché minimo rischio di incocciare il primo spigolo; con la mano sul fuoco, senza il benché minimo pericolo di fare la fine di Muzio Scevola: la gran parte di quei miliardi è stata impegnata per assumere nuovo personale.

Per il nostro Welfare le cose vanno bene quando il personale cresce di numero. Non conta se il servizio funziona come un orologio o arranca pietosamente: il numero degli addetti è un “a priori” giustificativo, la qualità della loro prestazione è una variabile indipendente, non esiste un parametro oggettivo che la valuti. Secondo “ma”. Che tipo di futuro ipotizza l’enorme scompenso (171 contro 51) che, in tema di spesa sociale si registra fra regione e regione? Quando andrà a regime la devolution voluta dalla Lega: v’immaginate che fine faranno le vaghe stelle dell’Orsa che in Calabria luccicano lontane e vengono ugualmente chiamate “Stato sociale”?

In un dépliant che reclamizza la Calabria una bella ragazza sfoggia un sorriso bellissimo: quel dato è una cannonata sulle sue gengive perfette. Panoramica: “Si assiste alla privatizzazione del sistema della sanità”. Il “ma”più grosso. Spiacente per l’Istat, ma la notizia è equivoca e tendenziosa. Se è il privato speculativo che cresce, e riduce anche la sanità ad un mercato, il neoliberismo trionfante farà polpette delle attese delle fasce deboli, anche su questo versante. Se invece a crescere è il privato sociale, quello che, pur dovendo realizzare la sanità della gestione economica, non trova la sua ragion d’essere nell’utile di bilancio, ma nella solidarietà come visione di fondo della vita e autorealizzazione di chi la pratica, allora è tutt’altra cosa. Le recenti vicende dell’Acradu lo confermano. Come si vede, tre dati veri non fanno la verità di una situazione.

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Ufficio di cittadinanza: cambia il rapporto tra cittadini e servizi sociali https://www.lavoce.it/ufficio-di-cittadinanza-cambia-il-rapporto-tra-cittadini-e-servizi-sociali/ Thu, 03 Apr 2003 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3050 Fornire risposte ai bisogni sociali, prevenire e superare le condizioni di disagio individuali ma anche collettive, accompagnare i cittadini a migliorare le condizioni di vita: sono questi i principali compiti degli uffici di cittadinanza previsti dal piano sociale regionale dell’Umbria che ne prevede ora 12 a livello sperimentale nelle città capofila degli ambiti territoriali. Poi diventeranno 44, in pratica uno per ogni 20mila abitanti. Cambia dunque l’organizzazione del sistema di welfare umbro, attraverso una rete di strutture capillarmente diffuse sul territorio che permetterà ai cittadini di avere una più chiara conoscenza delle opportunità offerte e un più facile accesso a tutto il sistema dei servizi. Nel capoluogo umbro è stata inaugurata la struttura che riguarda i territori di Perugia, Torgiano, Corciano. Secondo l’assessore comunale alle politiche di coesione sociale Wladimiro Boccali “l’apertura dell’ufficio di cittadinanza è l’atto più visibile per i Comuni nella gestione delle politiche sociali. Rappresenta una vera svolta nell’innovazione dei servizi. Si crea così una rete di assistenti e comunicatori sociali per dare risposte di carattere individuale e collettivo”. Gli altri uffici sono dislocati a Gubbio, Orvieto, Norcia, Città di Castello, Castiglione del Lago, Foligno, Spoleto, Todi, Terni, Narni e Bastia Umbra. In ogni ufficio di cittadinanza il gruppo di lavoro è costituito da due assistenti sociali, un educatore e un esperto in comunicazione sociale. Oltre a dare risposte al bisogno sociale, si vuole anche costruire una serie di interventi di promozione per la prevenzione e il superamento delle condizioni di disagio. Dovrà quindi essere una struttura dinamica pronta a cogliere le difficoltà dei singoli, delle famiglie oltre che della stessa comunità. Una sorta di centro d’ascolto: diffonde le informazioni, progetta interventi per creare azioni nel territorio. Eroga prestazioni socio-assistenziali proprie del servizio sociale di base (segretariato sociale, piani di aiuto alle persone e alle famiglie). L’assessore regionale alle Politiche sociali, Gaia Grossi, ha sottolineato che “con questo nuovo servizio, rivolto a tutti i cittadini lungo l’arco della vita, sarà possibile dare non più solo una risposta alle domande di intervento sul disagio sociale, ma anche promuovere azioni integrate che, tenendo conto dei bisogni sociali diffusi, diventino anche un fattore di crescita della comunità, in sintonia con la filosofia e i contenuti del Patto per lo sviluppo e la coesione sociale dell’Umbria. Si va quindi completando nella regione il sistema organizzativo territoriale dei servizi, che ha come finalità generale il radicamento sul territorio della funzione sociale pubblica, accanto a quella educativa e sanitaria”. Sarà importante la fase sperimentale del servizio che avrà la durata di 12 mesi. In seguito partirà, come detto, l’estensione del sistema degli uffici di cittadinanza in tutto il territorio regionale fino a raggiungere il numero di 44 strutture. Diventa essenziale, per il momento, modulare l’attività di questi dodici uffici sulla base del proprio territorio di interesse. Ce ne sono alcuni che fanno riferimento a zone fortemente abitate, altri che costituiscono un punto di appoggio per più centri. In questi casi potranno avere anche una funzione itinerante per assolvere pienamente al loro ruolo, come si è già pensato per la Valnerina.

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