scienza Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/scienza/ Settimanale di informazione regionale Thu, 25 Apr 2024 15:45:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg scienza Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/scienza/ 32 32 Per Gihan Kamel la ricerca supera i conflitti. E dice alle donne: non demordete! https://www.lavoce.it/ricerca-supera-conflitti-donne-non-demordete/ https://www.lavoce.it/ricerca-supera-conflitti-donne-non-demordete/#respond Thu, 25 Apr 2024 15:45:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75835 Gihan Kamel a mezzo busto con maglia rosso bordeaux e un hijab a riche di vari colori che le copre la testa

Al mondo ci sono donne e uomini di scienza e donne e uomini di fede che costruiscono la pace: non sono in conflitto tra loro, ammettono che la scienza è ragione e che la fede è rivelazione, ammettono entrambe le spiegazioni – filosofiche o metafisiche – riguardo allo studio dell’universo. Quindi scienza e fede possono andare d’accordo e possono essere complementari grazie alle scoperte dell’umanità e alle domande che si pone, e al continuo rinnovamento dell’essere umano, dove la fede tocca la nostra condizione profonda e la scienza indaga sulle cause.

Gihan Kamel, fisica egiziana ospite al Festival di scienza e filosofia a Foligno

Ma una persona di scienza e credente, come vive la sua identità? Risponde Gihan Kamel, fisica di nazionalità egiziana, nota come esperta di raggi infrarossi nel progetto relativo alla luce di sincrotrone per la scienza sperimentale e le sue applicazioni in Medio Oriente. Ha partecipato a Foligno alla Festa di scienza e filosofia.

“Ho voluto tenere separate le due cose – dice. – Penso che tutti lo dovrebbero fare, sia la scienza che la fede hanno una loro identità, che appartiene a ogni singolo individuo. La scienza supera le credenze e non conosce differenze e divisioni: unisce e porta a una meta comune, a vantaggio di tutta la società”.

Lei è l’unica donna ricercatrice dello staff scientifico di Sesame (Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East). Di che cosa si tratta, qual è il suo campo?

“Si tratta del primo e potentissimo acceleratore di particelle che viaggiano prossime alla velocità della luce, costrette da un campo magnetico. Ciò ha aperto la strada a nuove applicazioni in molti settori diversi, tra cui l’archeologia, la biologia, la chimica, la fisica e la medicina. Il mio campo si chiama biofisica, a cavallo fra la fisica e la medicina”.

Quando ha deciso di diventare una scienziata?

“Quando ho finito il college, ho scelto di iscrivermi all’università e intraprendere questa strada. Mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, ero portata fin da piccola sia per la matematica che per la fisica. Non è stato facile, perché ero l’unica donna in un ambiente prevalentemente maschile. C’era chi mi domandava che ci facessi lì, in quel corso. Ho dovuto lavorare duro, ‘dimostrare’ più degli altri colleghi uomini, ma alla fine ci sono riuscita. Sono voluta andare avanti dritta per la mia strada con convinzione e determinazione”.

Lei è un esempio per le donne del suo Paese, anzi per tutte le donne…

“Voglio dire a tutte le donne di non tacere! Parlate, portate pazienza, studiate. Anche se è difficile e dovete dimostrare sempre di più, non arrendetevi. Portate avanti le vostre idee! Io ho avuto la fortuna di poter studiare, andare anche a specializzarmi all’estero, proprio in Italia, ma sono fiduciosa, le porte per le donne si apriranno. Dovete avere passione, persistenza, combattete contro i pregiudizi, non abbiate paura. Io non mi sono tirata indietro perché anche un piccolo passo aiuta altre donne”.

La scienza unisce i popoli

Nei convegni in giro per il mondo, Gihan Kamel tiene a sottolineare l’importanza di come la scienza unisca i popoli facendo appunto l’esempio di Sesame, realizzato in collaborazione tra Autorità nazionale palestinese, Israele, Cipro, Egitto, Iran, Giordania, Pakistan, Turchia e Italia. Alcuni di questi Paesi sono in conflitto tra loro, ma lei ama pensare che questo potente raggio di luce sia di speranza e di pace. Là non ci sono distinzioni religiose. Così si apre un futuro per le prossime generazioni, sia per le giovani donne che per i giovani uomini di tutto il mondo e di qualsiasi credo.

Emanuela Marotta

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Gihan Kamel a mezzo busto con maglia rosso bordeaux e un hijab a riche di vari colori che le copre la testa

Al mondo ci sono donne e uomini di scienza e donne e uomini di fede che costruiscono la pace: non sono in conflitto tra loro, ammettono che la scienza è ragione e che la fede è rivelazione, ammettono entrambe le spiegazioni – filosofiche o metafisiche – riguardo allo studio dell’universo. Quindi scienza e fede possono andare d’accordo e possono essere complementari grazie alle scoperte dell’umanità e alle domande che si pone, e al continuo rinnovamento dell’essere umano, dove la fede tocca la nostra condizione profonda e la scienza indaga sulle cause.

Gihan Kamel, fisica egiziana ospite al Festival di scienza e filosofia a Foligno

Ma una persona di scienza e credente, come vive la sua identità? Risponde Gihan Kamel, fisica di nazionalità egiziana, nota come esperta di raggi infrarossi nel progetto relativo alla luce di sincrotrone per la scienza sperimentale e le sue applicazioni in Medio Oriente. Ha partecipato a Foligno alla Festa di scienza e filosofia.

“Ho voluto tenere separate le due cose – dice. – Penso che tutti lo dovrebbero fare, sia la scienza che la fede hanno una loro identità, che appartiene a ogni singolo individuo. La scienza supera le credenze e non conosce differenze e divisioni: unisce e porta a una meta comune, a vantaggio di tutta la società”.

Lei è l’unica donna ricercatrice dello staff scientifico di Sesame (Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East). Di che cosa si tratta, qual è il suo campo?

“Si tratta del primo e potentissimo acceleratore di particelle che viaggiano prossime alla velocità della luce, costrette da un campo magnetico. Ciò ha aperto la strada a nuove applicazioni in molti settori diversi, tra cui l’archeologia, la biologia, la chimica, la fisica e la medicina. Il mio campo si chiama biofisica, a cavallo fra la fisica e la medicina”.

Quando ha deciso di diventare una scienziata?

“Quando ho finito il college, ho scelto di iscrivermi all’università e intraprendere questa strada. Mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, ero portata fin da piccola sia per la matematica che per la fisica. Non è stato facile, perché ero l’unica donna in un ambiente prevalentemente maschile. C’era chi mi domandava che ci facessi lì, in quel corso. Ho dovuto lavorare duro, ‘dimostrare’ più degli altri colleghi uomini, ma alla fine ci sono riuscita. Sono voluta andare avanti dritta per la mia strada con convinzione e determinazione”.

Lei è un esempio per le donne del suo Paese, anzi per tutte le donne…

“Voglio dire a tutte le donne di non tacere! Parlate, portate pazienza, studiate. Anche se è difficile e dovete dimostrare sempre di più, non arrendetevi. Portate avanti le vostre idee! Io ho avuto la fortuna di poter studiare, andare anche a specializzarmi all’estero, proprio in Italia, ma sono fiduciosa, le porte per le donne si apriranno. Dovete avere passione, persistenza, combattete contro i pregiudizi, non abbiate paura. Io non mi sono tirata indietro perché anche un piccolo passo aiuta altre donne”.

La scienza unisce i popoli

Nei convegni in giro per il mondo, Gihan Kamel tiene a sottolineare l’importanza di come la scienza unisca i popoli facendo appunto l’esempio di Sesame, realizzato in collaborazione tra Autorità nazionale palestinese, Israele, Cipro, Egitto, Iran, Giordania, Pakistan, Turchia e Italia. Alcuni di questi Paesi sono in conflitto tra loro, ma lei ama pensare che questo potente raggio di luce sia di speranza e di pace. Là non ci sono distinzioni religiose. Così si apre un futuro per le prossime generazioni, sia per le giovani donne che per i giovani uomini di tutto il mondo e di qualsiasi credo.

Emanuela Marotta

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Coronavirus. Emergenza gestita spesso male https://www.lavoce.it/coronavirus-emergenza-gestita-spesso-male/ Fri, 01 May 2020 11:46:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57009

“All’inizio del virus ci hanno detto di lavarci le mani, stare in casa e tenere le distanze: due mesi dopo siamo ancora lì”: un ‘vecchio saggio’ della sociologia italiana, il fondatore del Censis Giuseppe De Rita, non nasconde il suo disagio nel constatare non soltanto che tutta la scienza sulla quale può contare il genere umano non è ancora servita a mettere a fuoco due o tre certezze sulla pandemia in atto, ma che anche sul versante della politica non siamo messi meglio. Un esempio, evidente e tragicamente lampante, di quanto l’accoppiata scienza-politica non stia producendo i frutti che i cittadini di questo pianeta si attenderebbero è la faciloneria con cui nientemeno che il Presidente della prima potenza mondiale, gli Stati Uniti, ha proposto di curare il Covid-19 con iniezioni di disinfettante. Salvo poi fare una tragicomica marcia indietro per dire che la sua era una battuta sarcastica. La classica toppa peggio del buco, tenendo conto che i suoi connazionali muoiono al ritmo di oltre 2.500 al giorno.

Scienziati e scienza indipendenti?

Un sociologo e storico della scienza di fama mondiale, Steven Shapin, pone una domanda fondamentale: “Perché dovremmo aspettarci che la scienza sia immune dalle dispute, quando non è vista come indipendente e non vive in una torre d’avorio?”. Insomma, secondo lo studioso newyorchese, non ci si devono aspettare certezze dagli scienziati, men che meno magie, soprattutto perché “analizzare la capacità infettiva di un virus non è come dire che due più due fa quattro”. Meno aspettative, dunque, e molta più consapevolezza che la conoscenza è tale in quanto provvisoria. Allora sarebbe fondamentale, dal punto di vista della comunicazione, che per primi gli scienziati della materia (in questo caso virologi, infettivologi, biologi ed altri impegnati negli studi sul contagio) si presentassero intanto con minore frequenza nei talk show televisivi, e poi dessero meno l’impressione a chi li guarda e ascolta di voler prima di tutto mettere in discussione le capacità ed il curriculum del collega intervistato su un altro canale. Secondo lo storico Frank Snowden, “la salute pubblica moderna dipende in realtà dalla libera informazione”. Un punto nodale, che il neurologo Giuseppe Lauria si premura di approfondire, quando sostiene che “i ricercatori e i medici dovrebbero per primi essere molto attenti a non comunicare le ipotesi come quasi certezze”. Commisurare le parole alle conoscenze, “altrimenti cresce il disordine”, ammonisce Lauria.

Ma le scelte spettano ai politici

“Gli scienziati non cedano al sovranismo, alla pressione della politica o del mercato, mettendosi loro stessi sul piedistallo dell’unica verità”, è la riflessione di mons. Vincenzo Paglia. Anche perché - è lo stesso ex vescovo di Terni a parlare - l’ultima parola spetta alla politica. E ai politici. Qui il tasto si fa dolente. Ne abbiamo viste e sentite di ogni, da parte della classe politica, da quando è in atto la pandemia in Italia. Governatori e sindaci che prima chiedono di aprire, poi chiudere e poi riaprire le loro Regioni e città. Ministri che si fanno scudo del parere di pletoriche quanto inconcludenti Commissioni per non decidere. Segretari di partito più attenti ai sondaggi e al gradimento dei propri post sui social piuttosto che all’interesse generale. E tutti a dare la colpa a tutti gli altri dei propri errori, inadempienze e tentennamenti.

I cittadini fanno la loro parte

Mentre i cittadini hanno dimostrato di aver preso sul serio il problema contagio, rispettando in grandissima maggioranza regole da tempo di guerra. “Come cittadini stiamo facendo la nostra parte - è ancora il pensiero di mons. Paglia -, i politici facciano la loro per disegnare società veramente solidali e con opportunità di sviluppo economico, sociale e culturale per tutti”. Massimo Giannini, nuovo direttore della Stampa, nel suo editoriale di insediamento ha definito il coronavirus come “il pettine della Storia, che fa venir fuori tutti i nodi irrisolti del Paese”. Uno di questi nodi, forse il più consistente, è sapere se le attuali classi dirigenti saranno all’altezza della sfida dei tempi cupi che ci attendono, rispetto ai quali sembra che la politica stia vivendo alla giornata. La parola che aleggia sulle teste di scienziati e politici è la stessa in base alla quale milioni di persone hanno accettato di cedere quote della propria personale libertà in cambio di sicurezza: la parola è responsabilità . Meno protagonismo per chi lotta contro il virus dentro a un laboratorio, meno demagogia per chi decide sui destini delle persone. Se non ora, quando? Daris Giancarlini]]>

“All’inizio del virus ci hanno detto di lavarci le mani, stare in casa e tenere le distanze: due mesi dopo siamo ancora lì”: un ‘vecchio saggio’ della sociologia italiana, il fondatore del Censis Giuseppe De Rita, non nasconde il suo disagio nel constatare non soltanto che tutta la scienza sulla quale può contare il genere umano non è ancora servita a mettere a fuoco due o tre certezze sulla pandemia in atto, ma che anche sul versante della politica non siamo messi meglio. Un esempio, evidente e tragicamente lampante, di quanto l’accoppiata scienza-politica non stia producendo i frutti che i cittadini di questo pianeta si attenderebbero è la faciloneria con cui nientemeno che il Presidente della prima potenza mondiale, gli Stati Uniti, ha proposto di curare il Covid-19 con iniezioni di disinfettante. Salvo poi fare una tragicomica marcia indietro per dire che la sua era una battuta sarcastica. La classica toppa peggio del buco, tenendo conto che i suoi connazionali muoiono al ritmo di oltre 2.500 al giorno.

Scienziati e scienza indipendenti?

Un sociologo e storico della scienza di fama mondiale, Steven Shapin, pone una domanda fondamentale: “Perché dovremmo aspettarci che la scienza sia immune dalle dispute, quando non è vista come indipendente e non vive in una torre d’avorio?”. Insomma, secondo lo studioso newyorchese, non ci si devono aspettare certezze dagli scienziati, men che meno magie, soprattutto perché “analizzare la capacità infettiva di un virus non è come dire che due più due fa quattro”. Meno aspettative, dunque, e molta più consapevolezza che la conoscenza è tale in quanto provvisoria. Allora sarebbe fondamentale, dal punto di vista della comunicazione, che per primi gli scienziati della materia (in questo caso virologi, infettivologi, biologi ed altri impegnati negli studi sul contagio) si presentassero intanto con minore frequenza nei talk show televisivi, e poi dessero meno l’impressione a chi li guarda e ascolta di voler prima di tutto mettere in discussione le capacità ed il curriculum del collega intervistato su un altro canale. Secondo lo storico Frank Snowden, “la salute pubblica moderna dipende in realtà dalla libera informazione”. Un punto nodale, che il neurologo Giuseppe Lauria si premura di approfondire, quando sostiene che “i ricercatori e i medici dovrebbero per primi essere molto attenti a non comunicare le ipotesi come quasi certezze”. Commisurare le parole alle conoscenze, “altrimenti cresce il disordine”, ammonisce Lauria.

Ma le scelte spettano ai politici

“Gli scienziati non cedano al sovranismo, alla pressione della politica o del mercato, mettendosi loro stessi sul piedistallo dell’unica verità”, è la riflessione di mons. Vincenzo Paglia. Anche perché - è lo stesso ex vescovo di Terni a parlare - l’ultima parola spetta alla politica. E ai politici. Qui il tasto si fa dolente. Ne abbiamo viste e sentite di ogni, da parte della classe politica, da quando è in atto la pandemia in Italia. Governatori e sindaci che prima chiedono di aprire, poi chiudere e poi riaprire le loro Regioni e città. Ministri che si fanno scudo del parere di pletoriche quanto inconcludenti Commissioni per non decidere. Segretari di partito più attenti ai sondaggi e al gradimento dei propri post sui social piuttosto che all’interesse generale. E tutti a dare la colpa a tutti gli altri dei propri errori, inadempienze e tentennamenti.

I cittadini fanno la loro parte

Mentre i cittadini hanno dimostrato di aver preso sul serio il problema contagio, rispettando in grandissima maggioranza regole da tempo di guerra. “Come cittadini stiamo facendo la nostra parte - è ancora il pensiero di mons. Paglia -, i politici facciano la loro per disegnare società veramente solidali e con opportunità di sviluppo economico, sociale e culturale per tutti”. Massimo Giannini, nuovo direttore della Stampa, nel suo editoriale di insediamento ha definito il coronavirus come “il pettine della Storia, che fa venir fuori tutti i nodi irrisolti del Paese”. Uno di questi nodi, forse il più consistente, è sapere se le attuali classi dirigenti saranno all’altezza della sfida dei tempi cupi che ci attendono, rispetto ai quali sembra che la politica stia vivendo alla giornata. La parola che aleggia sulle teste di scienziati e politici è la stessa in base alla quale milioni di persone hanno accettato di cedere quote della propria personale libertà in cambio di sicurezza: la parola è responsabilità . Meno protagonismo per chi lotta contro il virus dentro a un laboratorio, meno demagogia per chi decide sui destini delle persone. Se non ora, quando? Daris Giancarlini]]>
All’Isola di Einstein tre giorni con la scienza alla portata di tutti https://www.lavoce.it/allisola-di-einstein-tre-giorni-con-la-scienza-alla-portata-di-tutti/ Sun, 01 Sep 2019 20:17:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55149

Tre giorni di scienza, tante attività e gran divertimento in mezzo alla natura. Questa è stata l'esperienza vissuta dalle numerosissime famiglie, e non solo, che sono sbarcate dal 30 agosto al 1 settembre all’isola Polvese per partecipare all’Isola di Einstein, la manifestazione promossa da Psiquadro conclusasi il 1 settembre. Oltre 9mila le presenze.

Molti giovani hanno approfittato degli spazi messi a disposizione all'interno della rocca per piantare le loro tende, circa una cinquantina, dove hanno passato le notti. Sui prati verdi dell’isola sin dal 30 agosto, prima giornata, diverse le attività dedicate alla scienza distribuite nelle cinque aree tematiche: Einstein, Leonardo, Galileo, Newton, Darwin. In ogni area i divulgatori scientifici hanno intrattenuto giovani e bambini, ma anche ragazzi con dimostrazioni e spettacoli scientifici. Quest'anno infatti, hanno spiegato gli organizzatori, il target si è innalzato coinvolgendo anche fasce di età diverse. Tanti i volontari che si sono avvicendati per contribuire alla riuscita della manifestazione.

Grande successo hanno avuto le novità di quest’anno, quella delle crociere astronomiche sul lago, per l'osservazione delle stelle, che hanno registrato il tutto esaurito: uniche attività a pagamento hanno avuto oltre 150 partecipanti con liste di attesa di decine di persone, sin da diversi giorni prima dell’avvio della manifestazione.

Al monastero degli Olivetani altra novità il Centro Arpa dove si sono avvicendati eventi con esperti sui temi dell'astronomia, l'ambiente e i terremoti: "Le due facce di Einstein", Lercio vs Pietro Greco, con Stefano Pisani e Pietro Greco, un dialogo su tutto ciò che riguardvaa Einstein tra fake news e storie vere; alle 21.15 con l'"Universo in una scatola" un racconto in musica fuori e dentro il palco, a cura dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare con Fernando Ferroni, Maria Giulia Scarcella, Banda dell'Uku, un viaggio nel tempo dentro la storia della ricerca. Alle 22.30 esplorazione del cielo con telescopio e binocolo.

Anche domenica il pubblico non è mancato: grande affluenza e ancora divertimento!

A meno di un mese dalla Notte Europea dei Ricercatori, uno dei più grandi eventi europei dedicati al valore della ricerca, in programma il 27 settembre in oltre 300 città di tutta Europa, l’Isola di Einstein ha ospitato anche un’anteprima nazionale delle Notti che si svolgeranno in Italia. Ospiti sull’isola i rappresentanti di quattro progetti nazionali finanziati dalla Commissione Europea nel quadro delle azioni Marie Curie: i ricercatori dei progetti B-Future, coordinato da Fondazione Neuromed, il progetto Bright guidato dall’Università di Siena, il progetto Society coordinato dal Centro di Supercalcolo CINECA e Sharper coordinato da Psiquadro in 12 città italiane.

La ricerca è stata anche protagonista della FameLab Einstein Cup, una gara organizzata in collaborazione con British Council Italia in cui si sono sfidati i famelabbers delle precedenti edizioni, con le stesse regole di FameLab ma con più tempo per l’approfondimento e il divertimento. Il vincitore della FameLab Einstein Cup 2019 è stato Uriel Adrian Luviano Valenzuela, studente di dottorato presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, già tra i finalisti di FameLab Italia 2019.

L’Isola di Einstein è un evento realizzato da Psiquadro in collaborazione con Confcooperative Umbria, ARPA Umbria, Provincia di Perugia, Comune di Castiglione del Lago, Comune di Magione, Busitalia, Cooperativa Pescatori del Trasimeno, Oasi Naturalistica La Valle, GAL Trasimeno Orvietano, Umbrò e Bcc Umbria Credito Cooperativo. L’evento è stato realizzato con il contributo e la collaborazione di enti di ricerca nazionali partner - l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN, l’Istituto Nazionale di Astrofisica INAF e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV (quest'ultimo per la prima volta ospite della manifestazione) – della Sezione di Perugia dell’INFN e Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università degli Studi di Perugia e con il patrocinio dell’ dell’Ambasciata Britannica in Italia, Istat ed EuroScience Open Forum – Esof ed è evento ufficiale ProEsof. Appuntamento per “L'Isola di Einstein" 2020 dal 4 al 6 settembre. M. A.]]>

Tre giorni di scienza, tante attività e gran divertimento in mezzo alla natura. Questa è stata l'esperienza vissuta dalle numerosissime famiglie, e non solo, che sono sbarcate dal 30 agosto al 1 settembre all’isola Polvese per partecipare all’Isola di Einstein, la manifestazione promossa da Psiquadro conclusasi il 1 settembre. Oltre 9mila le presenze.

Molti giovani hanno approfittato degli spazi messi a disposizione all'interno della rocca per piantare le loro tende, circa una cinquantina, dove hanno passato le notti. Sui prati verdi dell’isola sin dal 30 agosto, prima giornata, diverse le attività dedicate alla scienza distribuite nelle cinque aree tematiche: Einstein, Leonardo, Galileo, Newton, Darwin. In ogni area i divulgatori scientifici hanno intrattenuto giovani e bambini, ma anche ragazzi con dimostrazioni e spettacoli scientifici. Quest'anno infatti, hanno spiegato gli organizzatori, il target si è innalzato coinvolgendo anche fasce di età diverse. Tanti i volontari che si sono avvicendati per contribuire alla riuscita della manifestazione.

Grande successo hanno avuto le novità di quest’anno, quella delle crociere astronomiche sul lago, per l'osservazione delle stelle, che hanno registrato il tutto esaurito: uniche attività a pagamento hanno avuto oltre 150 partecipanti con liste di attesa di decine di persone, sin da diversi giorni prima dell’avvio della manifestazione.

Al monastero degli Olivetani altra novità il Centro Arpa dove si sono avvicendati eventi con esperti sui temi dell'astronomia, l'ambiente e i terremoti: "Le due facce di Einstein", Lercio vs Pietro Greco, con Stefano Pisani e Pietro Greco, un dialogo su tutto ciò che riguardvaa Einstein tra fake news e storie vere; alle 21.15 con l'"Universo in una scatola" un racconto in musica fuori e dentro il palco, a cura dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare con Fernando Ferroni, Maria Giulia Scarcella, Banda dell'Uku, un viaggio nel tempo dentro la storia della ricerca. Alle 22.30 esplorazione del cielo con telescopio e binocolo.

Anche domenica il pubblico non è mancato: grande affluenza e ancora divertimento!

A meno di un mese dalla Notte Europea dei Ricercatori, uno dei più grandi eventi europei dedicati al valore della ricerca, in programma il 27 settembre in oltre 300 città di tutta Europa, l’Isola di Einstein ha ospitato anche un’anteprima nazionale delle Notti che si svolgeranno in Italia. Ospiti sull’isola i rappresentanti di quattro progetti nazionali finanziati dalla Commissione Europea nel quadro delle azioni Marie Curie: i ricercatori dei progetti B-Future, coordinato da Fondazione Neuromed, il progetto Bright guidato dall’Università di Siena, il progetto Society coordinato dal Centro di Supercalcolo CINECA e Sharper coordinato da Psiquadro in 12 città italiane.

La ricerca è stata anche protagonista della FameLab Einstein Cup, una gara organizzata in collaborazione con British Council Italia in cui si sono sfidati i famelabbers delle precedenti edizioni, con le stesse regole di FameLab ma con più tempo per l’approfondimento e il divertimento. Il vincitore della FameLab Einstein Cup 2019 è stato Uriel Adrian Luviano Valenzuela, studente di dottorato presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, già tra i finalisti di FameLab Italia 2019.

L’Isola di Einstein è un evento realizzato da Psiquadro in collaborazione con Confcooperative Umbria, ARPA Umbria, Provincia di Perugia, Comune di Castiglione del Lago, Comune di Magione, Busitalia, Cooperativa Pescatori del Trasimeno, Oasi Naturalistica La Valle, GAL Trasimeno Orvietano, Umbrò e Bcc Umbria Credito Cooperativo. L’evento è stato realizzato con il contributo e la collaborazione di enti di ricerca nazionali partner - l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN, l’Istituto Nazionale di Astrofisica INAF e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV (quest'ultimo per la prima volta ospite della manifestazione) – della Sezione di Perugia dell’INFN e Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università degli Studi di Perugia e con il patrocinio dell’ dell’Ambasciata Britannica in Italia, Istat ed EuroScience Open Forum – Esof ed è evento ufficiale ProEsof. Appuntamento per “L'Isola di Einstein" 2020 dal 4 al 6 settembre. M. A.]]>
Perché la pace è sempre preferibile? C’è una scienza che lo studia https://www.lavoce.it/pace-scienza-studia/ Sat, 20 Jul 2019 13:31:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54954 pace

La forma più alta di intelligenza non è solo costruire strumenti e macchine artificiali, ma soprattutto inventare argomenti e teorie. Ne era certamente convinto David Bohm (19171992), scienziato americano noto per le sue ricerche sulla fisica quantistica, quando scrisse On Dialogue, libro così importante da formalizzare l’espressione “dialogo bohmiano”.

Con essa si intende un insieme di regole finalizzate a un confronto corretto e produttivo, capace di evitare il Ping Pong game (così lo definiva Bohm) delle discussioni, nelle quali ciascuno vuole solo aver ragione sull’altro, nascondendo i propri presupposti e pregiudizi.

Le logiche della contrapposizione si annidano in ogni contesto dell’agire umano. Succede anche all’interno della comunità scientifica – spiegava Bohm – dove l’esperienza del confronto può essere astiosa e improduttiva. Per questo motivo soltanto una pratica del dialogo “scientificamente” impostata produce concrete possibilità per un buon risultato collettivo generale.

È questo solo uno dei tanti esempi che vengono dal mondo della scienza per lo studio della pace. Oggi si parla addirittura di “matematica della pace”, per indicare i metodi dell’analisi, della logica e della Teoria dei giochi utili per capire a fondo le dinamiche di conflitto e promuovere una cultura della pace.

La ricerca della convergenza, o almeno della convivenza pacifica, tra diverse opinioni e visioni del mondo è però tradizionalmente una prerogativa della filosofia.I due principali significati della pace – negativa (assenza della guerra) o positiva (costruzione della pacifica convivenza) – hanno avuto nella storia molteplici declinazioni.

La pace è questione sociale, ma anche uno stato interiore. La pace è convivenza tra culture e religioni, ma anche prodotto di profonde abilità politiche. La pace è un’utopia, ma anche il risultato di competenze e decisioni.

La filosofia, dunque, prova a rispondere alle grandi domande sulla pace: come è possibile, ad esempio, oggi costruire una convivenza globale pacifica, così urgente nell’epoca delle polarizzazioni digitali, dove i temi più delicati e complessi vengono ridotti alla contrapposizione banale e incompetente di un gioco a vero-falso?

Forse fa sorridere pensare che della pace si possa fare una scienza... non tutti sanno che sono sempre più diffusi i Peace studies e le Peace sciences che vantano ricerche e annoverano studiosi di altissimo profilo internazionale. Non dovrebbe, però, far sorridere la banalità con cui spesso tematiche importanti vengono annunciate e ridotte a slogan privi di senso critico.

È bene allora chiedersi perché volere la pace, perché essa è preferibile. “Gli esseri umani, essendo persone, sono sociali per natura. Sono nati quindi per convivere e operare gli uni a bene degli altri” scriveva papa Giovanni XXIII (Pacem in terris, 16).

Papa Francesco ricorda che “si tratta di essere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza” (Gaudete et exsultate, 89). Serenità, creatività e destrezza si radicano nella fede in colui che è Padre di ogni uomo. Serve però anche il contributo di donne e uomini che si sentano responsabili di quanto accade intorno a loro.

Per dare gli opportuni contenuti culturali e pratici è nato il corso in Scienze della pace voluto da Papa Francesco e attivato presso la pontificia università Lateranense. Un percorso accademico che formerà esperti di pace in grado di vedere le interconnessioni profonde che permettono di avvicinare le parti avverse, per orientarle alla risoluzione del conflitto (culturale, sociale, politico) e al bene comune. La pace è impegnativa. Studiarla scientificamente diventa un’ulteriore opportunità per promuoverla e preferirla sempre alla guerra.

Flavia Marcacci docente di Storia del Pensiero scientifico presso la facoltà di Filosofia della pontificia università Lateranense

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pace

La forma più alta di intelligenza non è solo costruire strumenti e macchine artificiali, ma soprattutto inventare argomenti e teorie. Ne era certamente convinto David Bohm (19171992), scienziato americano noto per le sue ricerche sulla fisica quantistica, quando scrisse On Dialogue, libro così importante da formalizzare l’espressione “dialogo bohmiano”.

Con essa si intende un insieme di regole finalizzate a un confronto corretto e produttivo, capace di evitare il Ping Pong game (così lo definiva Bohm) delle discussioni, nelle quali ciascuno vuole solo aver ragione sull’altro, nascondendo i propri presupposti e pregiudizi.

Le logiche della contrapposizione si annidano in ogni contesto dell’agire umano. Succede anche all’interno della comunità scientifica – spiegava Bohm – dove l’esperienza del confronto può essere astiosa e improduttiva. Per questo motivo soltanto una pratica del dialogo “scientificamente” impostata produce concrete possibilità per un buon risultato collettivo generale.

È questo solo uno dei tanti esempi che vengono dal mondo della scienza per lo studio della pace. Oggi si parla addirittura di “matematica della pace”, per indicare i metodi dell’analisi, della logica e della Teoria dei giochi utili per capire a fondo le dinamiche di conflitto e promuovere una cultura della pace.

La ricerca della convergenza, o almeno della convivenza pacifica, tra diverse opinioni e visioni del mondo è però tradizionalmente una prerogativa della filosofia.I due principali significati della pace – negativa (assenza della guerra) o positiva (costruzione della pacifica convivenza) – hanno avuto nella storia molteplici declinazioni.

La pace è questione sociale, ma anche uno stato interiore. La pace è convivenza tra culture e religioni, ma anche prodotto di profonde abilità politiche. La pace è un’utopia, ma anche il risultato di competenze e decisioni.

La filosofia, dunque, prova a rispondere alle grandi domande sulla pace: come è possibile, ad esempio, oggi costruire una convivenza globale pacifica, così urgente nell’epoca delle polarizzazioni digitali, dove i temi più delicati e complessi vengono ridotti alla contrapposizione banale e incompetente di un gioco a vero-falso?

Forse fa sorridere pensare che della pace si possa fare una scienza... non tutti sanno che sono sempre più diffusi i Peace studies e le Peace sciences che vantano ricerche e annoverano studiosi di altissimo profilo internazionale. Non dovrebbe, però, far sorridere la banalità con cui spesso tematiche importanti vengono annunciate e ridotte a slogan privi di senso critico.

È bene allora chiedersi perché volere la pace, perché essa è preferibile. “Gli esseri umani, essendo persone, sono sociali per natura. Sono nati quindi per convivere e operare gli uni a bene degli altri” scriveva papa Giovanni XXIII (Pacem in terris, 16).

Papa Francesco ricorda che “si tratta di essere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza” (Gaudete et exsultate, 89). Serenità, creatività e destrezza si radicano nella fede in colui che è Padre di ogni uomo. Serve però anche il contributo di donne e uomini che si sentano responsabili di quanto accade intorno a loro.

Per dare gli opportuni contenuti culturali e pratici è nato il corso in Scienze della pace voluto da Papa Francesco e attivato presso la pontificia università Lateranense. Un percorso accademico che formerà esperti di pace in grado di vedere le interconnessioni profonde che permettono di avvicinare le parti avverse, per orientarle alla risoluzione del conflitto (culturale, sociale, politico) e al bene comune. La pace è impegnativa. Studiarla scientificamente diventa un’ulteriore opportunità per promuoverla e preferirla sempre alla guerra.

Flavia Marcacci docente di Storia del Pensiero scientifico presso la facoltà di Filosofia della pontificia università Lateranense

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La notte europea dei ricercatori https://www.lavoce.it/la-notte-europea-dei-ricercatori/ Wed, 23 Sep 2015 11:06:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43424 notte-europea-ricercatoriOltre 60 appuntamenti in cartellone, più di 180 ricercatori di tutti i Dipartimenti dell’Università degli Studi di Perugia in campo, 26 luoghi e cinque eventi speciali per festeggiare i 10 anni della Notte europea dei ricercatori.

Sharper, acronimo di Sharing Researchers Passions for Excellence and Results, coordinato da Psiquadro in collaborazione con l’Università, il 25 settembre trasforma per il terzo anno consecutivo e con un incremento notevole di ricercatori, eventi e luoghi il centro storico di Perugia in un gigantesco laboratorio a cielo aperto per avvicinare il grande pubblico ai ricercatori e al mondo della ricerca tra giochi, spettacoli, caffè scientifici, dimostrazioni e incontri. Ma non solo.

L’anima della ricerca, i laboratori dell’Università, sia umanistici che scientifici, in occasione della “Notte”, aprono le porte alla città rafforzando il dialogo tra cittadini e ricercatori.

Cinque gli eventi speciali che impreziosiscono la Notte. L’European Run Night la gara podistica di 8 chilometri in notturna aperta a tutti gli atleti e ispirata alla passione per la ricerca e al lavoro dei ricercatori; la Silent Disco in piazza IV Novembre: oltre 500 persone hanno già prenotato le cuffie per ascoltare musica e trasformare il cuore di Perugia in una discoteca silenziosa; il Riciclato Circo musicale in piazza Danti con musica e divertimento insieme alla band marchigiana che utilizza materiali di recupero.

In occasione dell’anno internazionale della luce, la Notte europea ospita anche un innovativo esperimento di 3d-mapping sulla facciata di Palazzo dei Priori, con le immagini più belle del mondo della ricerca perugina remixate e proiettate sulla facciata del palazzo. C’è spazio anche per un convegno dal titolo “Top Medicine for dummies – Dalla malattia alla cura”: cinque protagonisti della ricerca medica in Umbria e nel mondo dialogano con il pubblico alla Sala dei Notari per raccontare le sfide, i successi e le frontiere della medicina e della scienza.

All’incontro, coordinato dalla giornalista scientifica Margherita Fronte, partecipano Paolo Calabresi, Brunangelo Falini, Massimo Porena, Carlo Riccardi e Andrea Velardi, scienziati di punta nel panorama della ricerca in campo medico. Per info sul programma www.sharper-night.eu.

Intanto la Società italiana di fisica, durante l’apertura del 101esimo congresso in programma a Roma fino al 25 settembre, ha conferito al perugino Leonardo Alfonsi, tra i fondatori di Psiquadro, il Premio Romeo Bassoli 2015 per l’Outreach.

 

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Chi dice donna dice anche scienza https://www.lavoce.it/chi-dice-donna-dice-anche-scienza/ https://www.lavoce.it/chi-dice-donna-dice-anche-scienza/#comments Fri, 06 Mar 2015 14:19:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30779 Samantha Cristoforetti
Samantha Cristoforetti

Le intenzioni di Papa Francesco per il mese di marzo sono la preghiera per la scienza e la preghiera per le donne. Ho allora accolto con piacere l’invito a riflettere sulle donne e la scienza in occasione della Festa internazionale della donna. Ultimamente proprio due donne scienziate hanno fatto notizia: Samantha Cristoforetti è la prima donna italiana nello spazio, in missione nella Stazione spaziale internazionale dal 22 novembre 2014; la seconda italiana è Fabiola Gianotti, che dal novembre 2014 è a capo del Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, il più grande laboratorio al mondo per la Fisica delle particelle.

Donne che collaborano con uomini, come è ovvio che sia, perché non sanno solo emozionarsi ma anche pensare. Negli ambienti di lavoro, ma anche in casa, una donna “pensa” e “progetta” come quando organizza la famiglia, soprattutto se numerosa. Donne che nel loro modo di pensare mettono ovviamente una attitudine da donne. Ma senza indugiare troppo su cosa sia questa attitudine o, volendo provarci, sapendo fare tutte le distinzioni necessarie. Perché non ci sono “donne in astratto”, come idee disincarnate dalla storia. Ci sono invece donne concrete che hanno scritto la storia: sia la storia di generazioni di famiglie, sia, non appena è stata loro concessa una minima possibilità, la storia del loro tempo.

Fabiola Gianotti
Fabiola Gianotti

Oggi le donne sono più partecipi alla vita pubblica, sebbene con grandi sacrifici, in particolare se hanno una famiglia perché né la maternità né ancor meno la paternità sono riconosciuti come valori collettivi. In ogni caso, quel poco o tanto che oggi viviamo come donne è grazie alle pioniere di ieri.

E nella scienza italiana proprio due donne cattoliche sono state vere pioniere nel Settecento italiano che cercava di aprirsi alla scienza sperimentale: una laica, Maria Gaetana Agnesi, e una sposa, Laura Bassi. Infatti dopo la vittoria di Newton su Descartes, definitiva solo dopo che Maupertuis partì all’avventura in Lapponia (1736) per calcolare la lunghezza di un grado di meridiano e stabilire la vera forma della Terra (un geoide, come un pallone schiacciato ai Poli), la fisica newtoniana si diffonde in tutta Europa. In Italia, queste due donne hanno avuto un ruolo speciale.

Maria Gaetana Agnesi (Milano, 1718-1799) è così famosa che Google lo scorso anno le dedicò un doodle nell’anniversario della sua nascita. Fu il padre che comprese le particolari doti di Maria Gaetana, volendo che studiasse, contro la mentalità che escludeva le donne da tali occupazioni. Così la ragazza studiò matematica, calcolo infinitesimale e in generale la scienza del tempo, tanto da scrivere una introduzione ai lavori di Eulero che ebbe grande fortuna. Inventò una curva nota agli inglesi come Witch of Agnesi, confondendo il nome dato dalla donna alla sua invenzione, “versiera”. La versiera è una sorta di campana, simile a una curva di Gauss, ottenuta componendo opportunamente una circonferenza e un fascio proprio di rette. Maria Gaetana Agnesi ci parla anche di uno stile cristiano attento ai bisogni sociali: vocata alla vita monacale restò ad accudire il padre, ed era molto conosciuta per il costante esercizio della carità che la portò a fondare un piccolo ospedale. Studiò la sacra Scrittura e meritò grande fama: “Lustro al nome di lei, all’Italia e gloria cristiana” recita una iscrizione a lei dedicata.

Laura Bassi
Laura Bassi

Laura Bassi (Bologna 1711-1778), sollecitata e particolarmente sostenuta dal cardinale Lambertini, poi Benedetto XIV, fu la prima donna ad avere incarichi scientifici in Accademie fino addirittura a ricoprire una cattedra universitaria, prima in Filosofia e poi in Fisica sperimentale.

La grandezza della sua figura è stata oggetto di un raffinato volume curato da due prestigiose studiose, Luisa Cifarelli e Raffaella Simili (Laura Bassi. Emblema e primato nella scienza del Settecento, Bologna 2012). Bassi scrisse di calcolo infinitesimale e di meccanica. Simbolo di un cattolicesimo illuminato che fece grande impressione oltralpe, questa donna diffuse uno stile femminile cristiano in ambiti dove spesso giungeva soltanto l’Illuminismo ateo e dove era spesso l’unica donna.

Laura Bassi ci parla anche di una modalità cristiana di vivere la famiglia in un tempo in cui ancora non si parlava di Vangelo della famiglia: con il marito Giuseppe Veratti ebbe 8 figli e un laboratorio in casa dove impartire lezioni private di Fisica sperimentale. Una comunione capace di promuovere la collaborazione e fare della coppia il punto di forza di ognuno dei due coniugi, al punto che il marito subentrò sulla sua cattedra dopo la morte della donna. Una comunione intellettuale nutrita della comunione di vita, entro uno stile di vita che oggi la Chiesa indica ai coniugi cristiani, ma non solo a loro.

Infatti queste donne italiane scienziate e credenti, capaci di coniugare pensiero e carità, rigore ed affetti, ci parlano di una ricchezza che arricchisce il mondo perché pensata in scambio e interazione con il mondo maschile.

Nel Settecento la peculiarità femminile non era accolta, e patirà a lungo molte chiusure. Queste donne trovarono una via cristiana per avere un loro spazio, fedeli alla libertà che solo il Vangelo può dare. La scienza dimostra che in natura tutto è interazione tra campi di forze; così nella vita delle società umane, tutto è reciprocità tra maschile e femminile, mai riducibile a schemi e funzioni bensì esercizio costante per pensare la differenza come ricchezza e come esperienza concreta di accoglienza verso ogni diversità. Che l’8 marzo sia celebrazione anche di tutto questo, in uno stile schiettamente evangelico e missionario.

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Occidente senz’anima https://www.lavoce.it/occidente-senzanima/ Thu, 18 Jun 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7632 L’occidente rischia di perdere l’anima’ scriveva pochi giorni fa un noto filosofo su uno dei più diffusi nostri quotidiani, e concludeva: ‘Ma se non rinnegherà i valori cristiani, potrà salvarsi’. Messo in bocca ad un filosofo, che pur si dichiarava anche non credente, quest’affermazione è di grande importanza. In questo nostro mondo postmoderno, in cui dominano la scienza, la tecnica e gli strumenti audiovisivi, l’anima sembra infatti che stia sempre più scomparendo. Ma non è colpa né della scienza né della tecnica. Esse fanno il loro mestiere. La colpa è di chi sta sta vivendo in questo mondo artificiale senza vita interiore, cioè senz’anima. E sembra che costoro stiano aumentando di numero, secondo il suddetto articolista. Perdere l’anima significa perdere la coscienza della propria origine e della propria destinazione. Perché in essa Dio è già virtualmente presente, immanente e trascendente insieme, in quanto l’anima è stata creata a sua immagine e somiglianza: ‘Non uscire fuori di te stesso; la verità abita nell’uomo interiore’ dichiarava sant’Agostino e poi precisava: ‘Se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi te stesso. Ma quando trascendi te stesso, ricordati che trascendi l’anima razionale: tendi là dove s’accende il lume stesso della ragione’ ( La vera religione , 39,72). Non bisogna andare dunque molto lontano, né molto in alto, per risolvere il problema della nostra anima. Sta alla radice del nostro intendere e volere, della nostra autocoscienza, della nostra vita spirituale. Anche se poi è difficile esprimere ciò che intuitivamente abbiamo presente. Questa difficoltà la provava già sant’Agostino stesso: ‘Ogni volta che, in quella creatura che noi siamo, volli mettere in luce qualcosa di simile a ciò che essa è, la mia parola non fu capace di seguire anche il più piccolo mio pensiero; anzi nel mio stesso pensiero vidi che c’era più uno sforzo che un risultato’ ( Commento del Vangelo di Giovanni , 63,3). Ma ‘la visibilità della carne di Cristo ci indica un cammino ( iter ) da percorrere più che una visione da contemplare’, faceva notare. Alla contemplazione bisogna unire l’imitazione. E avere così un terreno solido su cui camminare. E questo particolarmente ci interessa anche oggi. Viviamo infatti in un tempo in cui le cose vecchie non sembrano più su misura dell’uomo moderno. E tuttavia le cose nuove, più adatte ai bisogni e alle attese dell’uomo postmoderno, non ci sono ancora. Questo vuoto di modelli di vita lo chiamiamo crisi. La scienza e la tecnica non sanno però dare modelli di vita. Non è il loro compito. Forniscono solo mezzi, strumenti; ma per fare che cosa? C’è oggi abbondanza di mezzi, ma c’è crisi di fini, di ideali, di valori. Chi crede e chi non crede si trova d’accordo almeno in questo: un mondo così fatto non va bene. E tutti aspettiamo che qualcosa cambi. Bisogna dunque offrire modelli di vita all’uomo d’oggi, e questo per rispondere alle attese all’interno e al di fuori della Chiesa. Anche per non perdere l’anima, come si diceva.

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L’uomo è più del suo Dna https://www.lavoce.it/luomo-e-piu-del-suo-dna/ Fri, 27 Feb 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7335 La Chiesa non cessa di offrire il suo contributo per il bene dell’uomo, anche se i suoi interventi non sempre trovano adeguato spazio sui principali organi di informazione. Benedetto XVI, ricevendo il 21 febbraio i partecipanti all’assemblea generale della Pontificia accademia per la vita, ha richiamato la necessità di sostenere la fatica del ricercatore in campo genetico. Un contributo disinteressato alla scienza per testimoniare, in concreto, come la fede sia amica della ragione. La genetica è progredita enormemente, arrivando, ad esempio, a conoscere meglio l’architettura invisibile del corpo umano e i processi cellulari e molecolari che presiedono alle sue molteplici attività.

“La scienza” ha detto il Papa “è giunta oggi a svelare sia differenti meccanismi reconditi della fisiologia umana, sia processi che sono legati alla comparsa di alcuni difetti ereditabili dai genitori, come pure processi che rendono talune persone maggiormente esposte al rischio di contrarre una malattia”. Queste conoscenze, frutto dell’ingegno e della fatica di innumerevoli studiosi, consentono di giungere più facilmente non solo a una più efficace e precoce diagnosi delle malattie genetiche, ma anche a produrre terapie destinate ad alleviare le sofferenze dei malati e, in alcuni casi, perfino a restituire loro la speranza di riacquistare la salute. “Da quando, inoltre, è disponibile la sequenza dell’intero genoma umano, anche le differenze tra un soggetto e un altro e tra le diverse popolazioni umane sono diventate oggetto di indagini genetiche che lasciano intravedere la possibilità di nuove conquiste”. Queste affermazioni testimoniano lo sguardo positivo che la Chiesa ha nei confronti dei progressi scientifici, in genere, e della genetica, in particolare. Dovrebbero fugare una volta per tutte la consueta accusa di oscurantismo e di paura che ripetutamente le viene addossata. Anzi, si dovrebbe onestamente riconoscere lo sforzo che il Papa e i Vescovi fanno quotidianamente per avvicinare con rispetto il mondo scientifico, uscendo così dagli ambiti che sono loro più familiari.

La Chiesa crede di poter offrire un contributo al mondo contemporaneo, secondo una prospettiva di sana laicità. Nelle parole di Benedetto XVI riecheggia il pensiero del Concilio: le gioie e le sofferenze, le attese e le speranze del mondo sono anche quelle dei discepoli di Cristo. La ricerca scientifica, così importante, va sostenuta perché contribuisca al raggiungimento del vero bene dell’uomo. Che cosa suggerisce la Chiesa in questo momento? “La fatica del ricercatore in questi ambiti così enigmatici e preziosi” ha detto il Papa “richiede un particolare sostegno. Per questo la collaborazione tra le differenti scienze è un supporto che non può mai mancare per approdare a risultati che siano efficaci e, nello stesso tempo, produttori di autentico progresso per l’umanità intera”. Si tratta di creare una complementarietà delle scienze, superando quella distinzione che ha portato frammentarietà e isolamento. Il progresso scientifico deve andare di pari passo con la visione globale della persona. Occorre superare “il rischio di un diffuso riduzionismo genetico, incline a identificare la persona esclusivamente con il riferimento all’informazione genetica e alle sue interazioni con l’ambiente”. Si deve ricordare che l’uomo sarà sempre più grande di tutto ciò che forma il suo corpo; porta infatti con sé la forza del pensiero, che è sempre tesa alla verità su di sé e sul mondo. Ritornano alla mente le splendide parole di Blaise Pascal: l’uomo è il giunco più debole della natura, ma ha la forza del pensiero; sa di vivere e di morire e conosce il senso della propria esistenza.

Per la Chiesa è decisivo il fatto che ogni essere umano sia molto di più di una singolare combinazione di informazioni genetiche, che gli vengono trasmesse dai genitori. Ne consegue che la generazione di un essere umano non potrà mai essere ridotta a una mera riproduzione di un nuovo individuo della specie, così come avviene con un qualunque animale. Ne consegue, ancora, che nessuna persona può essere discriminata a motivo delle proprie caratteristiche fisiche, al fine di giungere ad una razza eccellente. Nonostante questo delirio, perpetuato sistematicamente nel secolo scorso, sia riprovato dalle coscienze, oggi si rifaccia una nuova forma di eugenismo. “Si insinua una nuova mentalità” ha sottolineato il Papa “che tende a giustificare una diversa considerazione della vita e della dignità personale, fondata sul proprio desiderio e sul diritto individuale. Si tende, quindi, a privilegiare le capacità operative, l’efficienza, la perfezione e la bellezza fisica, a detrimento di altre dimensioni dell’esistenza non ritenute degne”. L’esito finale è l’indebolimento del rispetto che è dovuto a ogni essere umano, anche in presenza di un difetto nel suo sviluppo o di una malattia genetica che potrà manifestarsi nel corso della sua vita. Queste possibili derive chiedono un pensiero forte, in cui antropologia e scienza offrano il meglio sull’uomo.

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Chi studia fa crescere sé e l’Italia https://www.lavoce.it/chi-studia-fa-crescere-se-e-litalia/ Thu, 02 Oct 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6994 “Un segno di presenza ma anche di stima e di incoraggiamento per quanti svolgono un lavoro prezioso, spesso poco riconosciuto”. È questo il senso del Messaggio al mondo della scuola che la Conferenza episcopale umbra ha preparato per il secondo anno, mantenendo la scelta di diffonderlo con la data del 4 ottobre, festa del patrono d’Italia san Francesco. Lo spiega a La Voce Giovanni Carlotti, professore di Fisica all’Università di Perugia, dallo scorso anno coordinatore della Commissione regionale per l’educazione, la scuola e l’università (Cresu) che ha preparato il testo. Un volantino di poche pagine, con un messaggio firmato da mons. Domenico Sorrentino, delegato Ceu per la pastorale della scuola, cultura e università, e da Carlotti, cui sono aggiunte alcune linee guida “liberamente tratte” dai tre incontri promossi dalla stessa Commissione nella scorsa primavera. Il messaggio, più che fare gli auguri di buon anno scolastico (che servono!), si presenta come proposta a proseguire un dialogo su temi attuali.

Nella scorsa primavera, spiega Carlotti, “abbiamo proposto tre incontri ponendo al centro la domanda su quale idea di uomo abbiamo in mente, quando pensiamo ai ragazzi che frequentano la scuola” e come questo influenzi l’idea stessa di educazione. Nei tre incontri sono stati messi a fuoco “i caratteri distintivi dell’essere umano, i suoi diritti fondamentali, i valori irrinunciabili da porre a fondamento del progetto educativo”. L’invito della Cresu è di proseguire il dialogo, per questo ha messo in cantiere per la prossima primavera tre incontri per dirigenti, insegnanti e genitori, centrati intorno al tema del rapporto scienza-fede-educazione, con particolare riferimento all’evoluzione biologica e spirituale dell’umanità. “Vorremmo approfondire – aggiunge Carlotti – la visione dell’uomo come soggetto qualitativamente e ontologicamente diverso dalla restante concatenazione naturale e animale’ in modo da fare ‘un passo avanti in una sorta di impegno fondativo, un nuovo incontro tra logos e fede, che renda plausibile un’antropologia compiuta e una misura alta della proposta educativa”. La Commissione pensa ad un coinvolgimento di tutti i soggetti che hanno a che fare con i giovani e l’educazione, spiega il coordinatore della Cresu, quindi “famiglie, comunità ecclesiali e tutte le altre agenzie educative presenti sul territorio”; nella convinzione che senza una grande “alleanza educativa” si rischia il fallimento, “perché la vita delle persone non è divisa a compartimenti stagni, e non possiamo pensare che la famiglia, la scuola, l’associazionismo sportivo o religioso operino senza mutue interazioni e integrazioni. Sembra – aggiunge – che spesso le istituzioni educative siano come sopraffatte dal mondo dei mezzi di comunicazione. Questo è tanto vero che la questione educativa sarà messa al centro anche della riflessione ecclesiale per la stesura degli Orientamenti pastorali del prossimo decennio”.

Il messaggio della Commissione arriva in un periodo di polemiche per la riforma prospettata dal ministro Gelmini. È positivo che se ne parli, commenta Carlotti, “perché spesso viene trascurata la rilevanza della scuola per il sistema Paese e per il suo futuro”. Sarebbe però auspicabile che “qualsiasi riforma di rilievo del sistema scolastico fosse frutto della più ampia condivisione possibile, anche per evitare ostruzionismi e cambi di rotta improvvisi al prossimo mutare delle maggioranze politiche ai vari livelli”. Una scelta a favore della scuola, che il Governo potrebbe e dovrebbe fare, commenta Carlotti, sarebbe quella di stabilire che i risparmi ottenuti con la razionalizzazione del sistema introdotta dal Governo “fossero interamente re-investiti nel sistema scuola, per riqualificare la professionalità dei docenti, venire incontro alle necessità di studenti e famiglie, rendere effettiva la parità scolastica tra scuole che offrono un servizio pubblico, sia statali che non statali”. Anche per spazzare via il dubbio che la riforma scolastica sia un semplice modo di “fare cassa”. “La scuola – conclude Carlotti – è una risorsa che non possiamo permetterci di derubricare a questione poco rilevante per il Paese. I fondi spesi per il mantenimento e il miglioramento del sistema scolastico sono il migliore investimento per il futuro”.

I Vescovi umbri (Commissione Cresu) a quanti sono impegnati nel mondo della scuola in Umbria

“All’inizio di questo nuovo anno scolastico, a nome della Chiesa che è in Umbria, vogliamo porgere il nostro saluto e far sentire la cordiale vicinanza ai dirigenti scolastici, ai docenti, agli studenti, alle famiglie ed a tutti coloro che operano nel mondo della scuola. Sappiamo bene che il servizio alla società nel campo dell’educazione e della scuola è faticoso, delicato ed impegnativo. Proprio per questo è tanto prezioso e meritorio! I mutamenti storici e culturali in corso, come già accennato nella lettera dello scorso anno, fanno sorgere in noi la consapevolezza che occorre ripensare, globalmente e profondamente, il ‘senso’ dell’educare raccogliendo la sfida che ci è posta innanzi. A questo riguardo, la collaborazione di tutti coloro che hanno a cuore i problemi della scuola è importante e segno di assunzione di responsabilità. È quello che cerchiamo di fare anche noi, con spirito di servizio ed alla luce dell’antropologia cristiana, per poter offrire un contributo orientato alla formazione integrale della persona, capace di dare unità a tutti gli aspetti della vita (…). Vi preannunciamo che anche nella prossima primavera proporremo tre incontri su tematiche educative, centrate intorno al tema del rapporto scienza-fede-educazione, con particolare riferimento alla evoluzione biologica e spirituale dell’umanità. È noto infatti che nell’attuale contesto culturale, da alcuni detto ‘post-moderno’, la definizione dell’uomo come persona, soggetto qualitativamente e ontologicamente diverso dalla restante concatenazione naturale e animale, sembra non avere la capacità di affermarsi nella coscienza dei singoli, della società e delle istituzioni. Ma proprio su questo concetto si gioca molto della visione della vita e dell’educazione. Si richiede dunque un impegno fondativo non facile, un nuovo incontro tra logos e fede, che renda plausibile la delineazione di un’antropologia compiuta e una misura alta della proposta educativa. È importante anche farlo nel quadro di una cultura ecologica integrale. Volentieri perciò invitiamo ad accogliere il progetto sulla Salvaguardia del creato, proposto recentemente dalla Commissione ecumenismo e dialogo della Ceu alle scuole secondarie di II grado. Buon anno scolastico e buon lavoro!” (Il testo integrale su www.chiesainumbria.it, sezione Cresu)

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Al Cern c’è una particella umbra https://www.lavoce.it/al-cern-ce-una-particella-umbra/ Thu, 18 Sep 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6942 Il 10 settembre è stato un giorno memorabile per la Fisica internazionale. È stato infatti inaugurato, presso il Cern (Organizzazione europea per la ricerca nucleare) di Ginevra l’esperimento preliminare dell’Lhc (Large hadron collider), la più potente macchina per l’accelerazione di particelle nucleari ad oggi costruita. Lo scopo di questa macchina, per la quale sono previsti quattro macro esperimenti, sarà quello di studiare quale sia l’origine della massa, ovvero quella proprietà della materia che ci permette di esistere, tentando di riprodurre la situazione immediatamente successiva al Big Bang, il momento dell’origine dell’universo. A questo scopo l’Lhc è formato da un tunnel sotterraneo lungo ben 27 km, all’interno del quale 2.000 magneti superconduttivi vengono mantenuti ad una temperatura di ‘271 ‘. La mattina dello scorso 10 settembre, per la prima volta è stato sparato un raggio di fotoni all’interno di Lhc, in attesa di poter registrare le reazioni che avvengono quando un altro fascio viene sparato da direzione opposta e le particelle entrano in collisione tra di loro ad una velocità pari a quella della luce. Il primo dei quattro esperimenti, definito Cms (Compact muon solenoid), è un rivelatore ideato per registrare e misurare le reazioni a queste collisioni; catturerà con altissima precisione i movimenti di elettroni, fotoni, muoni e jet di particelle, sperando di trovare, finalmente, la famosa particella definita ‘bosone di Higgs’ o ‘particella di Dio’, finora solo ipotizzata. Si tratta dell’elemento ultimo che conferisce massa alle altre particelle e che rende possibile la loro aggregazione: dunque, la particella ultima della materia. A questo primo fondamentale esperimento ha contribuito in maniera importante anche un’équipe di ricercatori italiani, alcuni dei quali provenienti dal dipartimento di Fisica dell’Università di Perugia, la cui collaborazione è stata illustrata nel corso di una conferenza stampa dal prof. Giancarlo Mantovani e dal dott. Gianmario Bilei (intervenuto in videoconferenza dal Cern). ‘Una parte interna del rivelatore di particelle Cms è stata costruita proprio a Perugia’ ha affermato il prof. Mantovani. A seguire, Lhc servirà a sperimentare altre reazioni di fondamentale importanza per l’umanità, indagando ad esempio quale sia l’origine della massa e come si sia evoluta fino a diventare ciò che vediamo, e scoprire nuove nozioni sull’antimateria. Lo scopo ultimo di questo mastodontico esperimento, costato 6 miliardi di euro e che durerà otto anni, è quello infine di verificare se ad altissime energie le leggi della Fisica si semplificano per poter essere ricondotte ad un’unica legge. Qualcosa che riguarda molto da vicino tutti noi. Esperimento al Cern. Verrà scoperta la ‘particella di Dio’? È solo un modo di direL’esperimento condotto con l’Acceleratore del Cern di Ginevra ha riproposto il dibattito sull’origine dell’universo. Qualcuno, in riferimento al fatto che il ‘bosone’ – il costitutivo fondamentale della materia da cui una quindicina di miliardi di anni fa, dopo il Big Bang, avrebbe avuto origine tutto – ha inventato il termine ‘particella di Dio’. Esagerato? Una risposta è venuta da mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio per la cultura. Sì ad un ‘uso simbolico’ dell’espressione ‘particella di Dio’ – ha detto -, ma ‘facendo attenzione che con questa espressione non si voglia riproporre quell’atto divino, perché allora avremmo uno sconfinamento di prospettive’. Mons. Ravasi ha risposto così alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione di un convegno internazionale sull’evoluzionismo. Ha poi puntualizzato che nell’attuale dibattito sulle origini dell’universo ‘l’uso di questa espressione è di tipo retorico’, data la suggestione che porta con sé, ma è solo un modo per ‘cercare di rappresentare quell’evento, che viene studiato in ambito scientifico con percorsi propri’, diversi dall’ottica di fede.

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Rifiutò di collaborare all’atomica https://www.lavoce.it/rifiuto-di-collaborare-allatomica/ Thu, 08 Sep 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4665 Si è tenuta lunedì 5 settembre a Palazzo Murena, Università centrale, piazza dell’Università, la conferenza stampa e l’inaugurazione della mostra dedicata al noto fisico Franco Rasetti, uno dei ‘ragazzi di Via Panisperna’, amico intimo di Enrico Fermi, nato in un piccolo paese umbro, Pozzuolo, vicino a Castiglione del Lago, ai primi del secolo scorso. L’importanza di questo avvenimento è data dal fatto che viene ricordato un personaggio, Franco Rasetti, che, unico al mondo insieme al fisico Max Born, si rifiutò di collaborare a qualunque progetto di ricerca fosse collegato alla realizzazione di ordigni nucleari da utilizzzare per fini bellici. Questa scelta sarà nel corso del festival lo spunto per riflettere sull’impegno etico degli scienziati per la pace, a 60 anni dalla prima bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, e a 50 anni dal manifesto di Russell e Einstein sulla non -proliferazione delle armi e sull’impiego della ricerca per il bene dell’intera umanità. Quando Rasetti avvertì che le sue ricerche andavano nel senso di scoprire una bomba di dimensioni micidiali cessò la sua collaborazione e si dedicò ad altre ricerche scientifiche. Da qui il titolo dato alla mostra ‘Atomi e farfalle’, che rimarrà aperta fino al 18 settembre. La mostra, la prima in Italia, è stata realizzata dall’associazione Gurdulù onlus e da Psiquadro, con il sostegno dell’Infn Istituto nazionale di fisica nucleare, nell’ambito dei progetti per l’anno mondiale della Fisica. All’inaugurazione sono intervenuti Roberto Battiston, direttore della sezione Infn di Perugia, Leonardo Alfonsi, direttore scientifico del Perugia science festival, Francesco Bistoni, rettore dell’Università, Danielle Ouelette, direttore della rivista ‘Découvrir’, Marco Moschini, presidente Ass. Leone XIII e Roberto V. Caffarelli, ordinario all’Università degli studi di Pisa. Il Perugia science festival inaugura quest’anno una sezione dedicata alla storia della scienza e lo fa con questa mostra che ripercorre la vicenda umana e l’avventura scientifica di Franco Rasetti, una figura di notevole spessore non tanto per l’attività come fisico, che pure portò a risultati eccellenti, quanto per la passione per le scienze naturali. La mostra ripercorre le tappe principali della sua storia e offre l’opportunità di osservare disegni naturalistici originali da lui realizzati e campioni delle sue collezioni naturalistiche. La mostra è arricchita dalle testimonianze di colleghi ed amici che hanno condiviso con Rasetti le appassionanti attività di ricerca e le lunghe passeggiate in montagna. Franco Rasetti è stato infatti anche un ottimo alpinista, passione che lo ha condotto sulle vette di mezzo mondo e gli ha permesso di realizzare una ricca collezione di foto di fiori alpestri. Nel 1980 l’Accademia nazionale dei Lincei, della quale Rasetti era membro dal 1935, pubblicò il libro ‘I fiori delle Alpi’, che raccoglie 572 foto scattate da Rasetti con una particolare, minuziosa tecnica fotografica. ‘Atomi e farfalle’ offre inoltre l’occasione per riflettere sulle sue scelte etiche, di grande coraggio e di amore per la pace. Per una scienza a servizio della pace.

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La Scienza e la vita: dibattiti a scuola https://www.lavoce.it/la-scienza-e-la-vita-dibattiti-a-scuola/ Thu, 09 Jun 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4528 Il 26 e il 31 maggio scorso a Città di Castello ci sono stati due appuntamenti di rilievo organizzati dal Movimento per la vita e interessanti la scuola. Il primo riguardava la premiazione degli studenti delle medie inferiori e del biennio delle superiori, partecipanti al concorso tifernate del Movimento, quest’anno alla sua XV edizione con il tema ‘L’Uomo e la Scienza: l’impegno della ricerca, il fascino della scoperta, il dubbio delle applicazioni’. Il secondo si riferisce alla premiazione degli alunni del triennio delle Superiori dell’Umbria, che hanno aderito al XVIII Concorso indetto dal Movimento per la vita nazionale dal tema ‘L’Uomo e la Scienza’ e che vedrà i premiati alla sede del Parlamento europeo a Strasburgo nell’ottobre 2005. Per il concorso tifernate, come nelle ultime edizioni, il ritrovo di circa 300 tra alunni e insegnanti con il nostro vescovo Pellegrino Tomaso Ronchi è stato il nuovo Palazzetto dello Sport dove la premiazione dei dieci vincitori è stata allietata da saggi di ginnastica artistica e di judo del Centro, diretto da Caterina Polverini, e da brani musicali interpretati dagli studenti della media Dante Alighieri e da una rappresentanza del ginnasio ‘Plinio il Giovane’, sotto la guida del maestro Marcello Marini. Premiati sono risultati 4 studenti del Liceo Ginnasio, uno dell’Itis, una dell’istituto ‘San Francesco di Sales’, 3 della media ‘Dante Alighieri’, 1 della media ‘Pascoli’. 40 gli altri partecipanti degli stessi istituti.Per la premiazione regionale, 215 gli elaborati da tutta l’Umbria con 15 istituti partecipanti, è stata eletta la sede del museo del Duomo. Sette i premiati (Liceo classico ‘P. Vannucci’, Ipsia ‘Cavour Marconi’, Ipssct ‘B. Pascal’ di Perugia, liceo scientifico ‘Jacopone da Todi’ di Todi, Liceo Socio – psico – pedagogico ‘San Francesco di Sales’ di Città di Castello, Istituto Itc ‘F. Scalpellini’ di Foligno, istituto Itc ‘F.Cesi’ di Terni), e 3 segnalati da Foligno, Perugia e Umbertide. La cerimonia è stata allietata dalla corale ‘Marietta Alboni’, che ha favorito brani classici e più moderni dell’arte sacra. Ospite d’onore il giornalista Piero Pirovano, fondatore del Movimento per la vita italiano. I contenuti dei temi sono stati molto significativi, specie quelli degli studenti più giovani: ‘la scienza come desiderio di scoprire ma anche responsabilità; se un ruolo hanno gli scienziati, diverso è quello di chi applica la scoperta; la scienza ha un limite come pure la sua applicazione; la legge non risolve il campo di applicazione delle scienze, gli interessi economici hanno il loro peso e il limite va trovato nell’uomo che può esaminare lo stupore della sua vita; il progredire della scienza può portare fuori strada, c’è il rischio di perdere il senso della vita’. Tutti noi possiamo prendere spunto anche da questi messaggi per la nostra Europa, per la causa della vita e la difesa di ogni essere umano da parte di una scienza rispettosa.

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“Scienza e Vita” anche a Gubbio https://www.lavoce.it/scienza-e-vita-anche-a-gubbio/ Fri, 27 May 2005 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4502 Si è costituito anche a Gubbio il comitato “Scienza e Vita”, emanazione del comitato nazionale con sede a Roma, nato in occasione dell’imminente referendum popolare sulla legge 40, che disciplina la procreazione medicalmente assistita. Lo ha reso noto nei giorni scorsi il coordinatore eugubino Raoul Baldelli. “Il nostro comitato cittadino, come quello nazionale – spiega Baldelli – annovera tra i suoi componenti personalità del mondo scientifico, economico, culturale, politico e religioso, espressione della nostra comunità locale”. E infatti nel comitato figurano già molti medici, farmacisti, persone del mondo della cultura, della scuola, della politica, del giornalismo, commercianti, liberi professionisti e tanta gente comune. “L’adesione – spiega ancora Raoul Baldelli – è aperta a tutti coloro che intendono riaffermare il primato della vita a partire dalla difesa del concepito, che, non avendo voce propria, ha bisogno della solidarietà sociale. Per questo il comitato dice ‘no’ all’uso del referendum su materie decisive per il futuro dell’uomo e dice ‘no’ al tentativo di stravolgimento radicale della legge 40 con l’eliminazione di alcuni punti qualificanti della normativa stessa, così come proposto dal referendum del 12 e 13 giugno prossimi. Pur essendo una legge imperfetta, la 40 del 2004 garantisce una regolamentazione che pone limiti necessari al ‘far west procreativo’. Per questo, il comitato invita a non andare a votare, in difesa della vita”.

Il comitato eugubino “Scienza e Vita” ha già messo in cantiere alcune iniziative di approfondimento e analisi dei temi referendari, che saranno rese pubbliche nei prossimi giorni. Intanto, in vista del referendum di giugno, si stanno muovendo anche i partiti politici cittadini. I circoli della Margherita hanno organizzato un dibattito sul referendum fissato per venerdì 3 giugno, alle ore 21, presso l’hotel “Beniamino Ubaldi” di via Perugina. All’incontro sarà presente il deputato della Margherita Giuseppe Fioroni, componente della commissione Affari sociali della Camera.

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Corpus Domini tra fede, arte e scienza https://www.lavoce.it/corpus-domini-tra-fede-arte-e-scienza/ Thu, 19 May 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4487 La Chiesa particolare di Orvieto-Todi si sta preparando a vivere un momento fondamentale di questo anno liturgico che ha come fulcro centrale la festività del Corpus Domini, che sarà celebrata solennemente ad Orvieto il prossimo 29 maggio. L’evento è in primo luogo religioso, per la centralità che la solennità del Corpo e del Sangue di Cristo rappresenta per la Chiesa di Orvieto Todi, in cui questa festa è sorta a causa del Miracolo eucaristico di Bolsena del 1264, ma si configura anche come un grande evento culturale, che inserisce e fa da prosecuzione ideale alla Settimana dei Beni culturali. Il primo di questi eventi è il seminario di studi promosso dalla diocesi in collaborazione con la Facoltà di Scienze sociali dell’Angelicum di Roma, che reca il titolo Un pane per l’uomo. Dal Congresso di Orvieto (1896) al compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004), che si svolgerà il 20 maggio presso la Sala Urbani del Palazzo dell’Opera del Duomo ed al quale parteciperanno come relatori mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo e Rocco Pezzimenti, docente presso l’Angelicum di Roma. Durante il seminario verrà presentato il libro Eucaristia e questione sociale. Il congresso eucaristico di Orvieto. L’altro evento che si svolgerà ad Orvieto al Palazzo dei Congressi dal 25 al 28 maggio è il convegno internazionale sul tema Eucaristia ed escatologia, promosso dal Gordon College in collaborazione con la diocesi e con il Comune, che tratterà, nelle sue varie sessioni, del rapporto tra fede ed arte con particolare riferimento alla iconografia delle opere contenute nel Duomo di Orvieto. Al congresso partecipano relatori provenienti, tra le altre, dalle Università di Yale, di Sidney, del Boston College e della Pontificia Università Gregoriana. Di contorno al programma scientifico e collegate ad esso, si svolgeranno una serie di manifestazioni che coinvolgeranno tutta la città di Orvieto, come la mostra ‘Il Corpo Spezzato’, la sacra rappresentazione ‘Laude in urbis’ e la proiezione il giorno 25 maggio del video che ricorda l’incontro delle reliquie di Bolsena e di Orvieto in occasione del Corpus Domini del 2004. Inoltre il programma culturale verrà completato da alcuni concerti, il primo dei quali è offerto dal coro della basilica di Sant’Udalrico e Santa Afra di Augsburg che si svolgerà in duomo nella serata del 20 maggio; ed il concerto per pianoforte e voce in onore di papa Giovanni Paolo II domenica 22 al Palazzo dell’Opera del Duomo.

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Rasetti, lo scienziato umbro che disse ‘no’ alla bomba atomica https://www.lavoce.it/rasetti-lo-scienziato-umbro-che-disse-no-alla-bomba-atomica/ Thu, 09 Oct 2003 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3404 Il contributo della Chiesa umbra alla pace: un documento e due testimoniUn incontro pensato per dare un contributo al dibattito sulla pace, in vista della Marcia della Pace Perugia-Assisi, al di fuori delle polemiche politiche di questi giorni. Giovedì scorso a Perugia alla sala dei Notari la Chiesa Umbra ha messo sul tavolo due personaggi e un documento. I personaggi sono Leone XIII, il papa che fu vescovo di Perugia per oltre trent’anni prima di salire al soglio pontificio, e Franco Rasetti, il grande scienziato umbro che seppe dire no alla bomba atomica. A papa Leone XIII l’arcivescovo mons.Giuseppe Chiaretti ha dedicato, in questo ‘Anno leonino’ del centenario della morte, convegni di studio per mettere a fuoco il contributo dato alla Chiesa e alla cultura. Giovedì mons. Chiaretti ha parlato dell’impegno pacificatore di papa Leone XIII. “Anche lui – ha detto – è vissuto in tempo di belligeranze varie e di tensioni molteplici tra popoli e non esitò a schierarsi contro la corsa agli armamenti. Questo, anche nella nostra epoca, crea armi su armi e toglie il pane alla gente. Bisogna anche oggi smetterla di pensare di ‘garantire’ la pace con la forza delle armi. Alla vita sociale dobbiamo tutti pensare in termini di pace e non di guerra”. Il secondo personaggio è Franco Rasetti, uno dei ‘ragazzi di via Panisperna’, braccio destro di Enrico Fermi con il quale condusse le ricerche che portarono all’impiego, prima per usi civili e poi militari, dell’energia atomica. La storia di Rasetti l’ha presentata il fisico Roberto Battiston che oltre ad insegnare all’Università di Perugia è direttore della sezione perugina dell’Istituto nazionale di fisica nucleare. A ascoltare il suo ‘ritratto’ c’era un folto gruppo di compaesani di Rasetti, che conoscevano personalmente lo scienziato che fino agli anni ’70 tornava a Pozzuolo periodicamente nella vecchia casa di famiglia. Il documento presentato è “Umbria terra di Pace”, redatto dalla Consulta Ceu per la giustizia e la pace (il testo è presentato a pag. 4), di cui è presidente mons. Vincenzo Paglia, vescovo diTerni- Narni- Amelia. Un contributo “nato dal profondo di questa regione, che il Papa ha voluto terra-simbolo di pace. Proprio per questo sentiamo il pontefice il più umbro degli umbri” ha detto mons. Paglia. “Noi non siamo pacifisti nel senso astratto – ha precisato mons. Paglia -, ma siamo pacificatori. La pace riguarda ogni persona e non solo gli ‘addetti ai lavori’ e tutti hanno la responsabilità della pace. In un momento come quello che stiamo vivendo, nel quale la situazione internazionale è davvero drammatica, dobbiamo tutti prendere coscienza delle nostre responsabilità. L’Umbria – ha concluso mons. Paglia – prenda coscienza delle sue grandi risorse e dei tesori che l’hanno portata nei secoli ad essere ‘spirito’ di grande educazione alla pace”. Maria Rita ValliL’intervento di Roberto Battiston”Si parla molto ai giorni nostri di frode intellettuale e si creano dei comitati etici. Per Rasetti l’onestà scientifica era assiomatica ed automatica. Si parla molto di gruppi di ricerca e di reti di gruppi, organizzazioni complessi. Per Rasetti, l’autonomia e l’indipendenza dello studente e del ricercatore erano elementi primordiali. Si parla dell’iper specializzazione necessaria per raggiungere le cime della conoscenza. Per Rasetti tutte le discipline meritavano considerazione nell’obbiettivo di capire la natura. Si parla molto di strategie tecnologiche e di politiche scientifiche di un paese. Per Rasetti, profondamente apolitico, i frutti della scienza erano l’eredità di tutta l’umanità”. Così Danielle Ouellet, ricorda la figura del più grande fisico umbro, Franco Rasetti, nato a Castiglion del Lago Pozzuolo nel 1901 e morto in Belgio a 100 anni, il 26 dicembre 2001. Esse sintetizzano in modo efficace le caratteristiche e la complessità della figura di questo straordinario scienziato, il braccio destro di Fermi, assieme a lui il padre scientifico della famosa scuola di Via Panisperna. Onestà intellettuale, autonomia di giudizio, multidisciplinarietà nella ricerca, internazionalità della scienza. Individualista, totalmente refrattario a regole e disciplina Rasetti amava le sfide. Si innamorò della fisica proprio perché era difficile: “era la materia che a scuola capivo di meno – ammise alcuni anni fa -, così mi misi in testa di venirne a capo”. Nel 1918 Rasetti frequentava i corsi di ingegneria a Pisa. Conobbe Fermi e fu lui a convincerlo a spostarsi a Fisica. Rasetti fu certamente uno straordinario scienziato. Bravissimo sperimentatore, è stato probabilmente il componente più brillante sotto il puro profilo sperimentale, del gruppo di fisici di via Panisperna. L’attività a Roma con Fermi ed ragazzi di Via Panisperna (Fermi, Rasetti, Amaldi, Segre, Pontecorvo, Maiorana, D’Agostino), culmina nel 34-35 con la produzione della radioattività artificiale prodotta grazie al bombardamento dei neutroni, e quindi alla scoperta delle singolari proprietà dei neutroni lenti, alla base dello sviluppo della reazione nucleare a catena. Furono anni entusiasmanti ma neppure allora riuscì a sentirsi completamente appagato dalla fisica. La sua tumultuosa curiosità lo spingeva in molteplici direzioni, lasciando ammirati gli altri componenti del gruppo che lo chiamavamo, scherzando, il Venerato Maestro, (Fermi era il Papa e Corbino, colui che aveva creato il gruppo di Via Panisperna, il Padre Celeste). Un giorno infatti confidò ad Amaldi che era sempre stato “scettico sulla possibilità di ridurre un gatto (la vita) a sola fisica”. Gli avvenimenti politici della fine degli anni trenta (avvento del fascismo in Italia e del Nazismo in Germania) portano però a drastici cambiamenti nella vita del gruppo. La promulgazione delle leggi razziali nel ’38, portò Fermi alla decisione di abbandonare l’Italia per gli Usa. Anche Segre segue la stessa strada. Nel 1939 anche Rasetti arriva in Canada. In questa fase sembra ancora molto lontano dall’idea che la fisica nucleare potesse portare a conseguenze drammatiche. Ma quegli anni segnano anche l’inizio del gigantesco sforzo militare che portò alla creazione della bomba atomica. Nel 1939 infatti Albert Einstein, il più famoso fra i fisici, scrive a Roosvelt che “…la lettura di alcuni recenti lavori di E. Fermi e di L. Szilard … ha preso sempre più consistenza l’ipotesi che … si possa provocare una reazione nucleare a catena, con un enorme sviluppo di energia … In tale modo si potrebbe giungere alla costruzione di bombe che … saranno di tipo nuovo ed estremamente potenti”. E finiva segnalando che i tedeschi erano già al lavoro. Nel 1940 Roosvelt nomina Vannevar Bush presidente del comitato nazionale di difesa, una organizzazione che in meno di un anno raccoglie 6000 fisici, chimici, ingegneri, medici impegnandoli in programmi militari, tra cui il più noto sarà il progetto Manhattan (1942) guidato da Frank Oppenheimer. Alla fine della guerra saranno più di 30.000 gli scienziati impiegati in programmi militari. Si fa forse fatica, oggi, a capire che cosa accadde in quegli anni. Innanzitutto gli orrori della guerra, una guerra mondiale, che non rispettava i civili, una guerra tecnologica, a base di radars, di crittografia, di sottomarini e di tante, tantissime bombe sulle popolazioni civili. In secondo luogo il trionfo in europa di governi totalitaristi, fascisti e nazisti; la persecuzione degli ebrei. In quegli anni il peso dell’opinione degli scienziati, in particolare dei fisici reduci dai successi della relatività della meccanica quantistica e della fisica nucleare era grande, così come la spinta sui ricercatori ad uscire dalle loro “torri d’avorio” per impegnarsi nel conflitto. “Nel gennaio 1943 – scrive Rasetti dieci anni dopo la fine della guerra – mi fu offerto un posto nel gruppo degli scienziati inglesi che stava cercando di sviluppare l’energia nucleare per scopi militari … Dopo matura riflessione rifiutai l’offerta e ci sono poche decisioni prese nella mia vita che ho meno motivi di rimpiangere. Ero convinto che non poteva derivare alcun bene da nuovi e più mostruosi mezzi di distruzione e gli eventi successivi hanno del tutto confermato i miei sospetti. Per quanto le potenze dell’Asse potessero rappresentare il Male, era chiaro che l’altra parte stava sprofondando nella condotta della guerra ad un livello morale (o piuttosto immorale) simile, prova ne sia il massacro di 200.000 civili giapponesi a Hiroshima e Nagasaki. E’ stato detto che anche gli scienziati che erano stati più ansiosi di sviluppare le armi nucleari si vergognarono dell’uso che ne era stato fatto da parte di alcuni irresponsabili leader politici e militari. Penso che questi scienziati, tra cui c’erano alcuni dei miei amici, compreso Fermi, subiranno un duro giudizio della storia…. Penso quindi che gli uomini dovrebbero interrogarsi più a fondo sulle motivazioni etiche delle loro azioni. E gli scienziati, mi dispiace dirlo, non lo fanno molto spesso”. Rasetti non accetta le proposte con discrezione ma con fermezza. E rimane in Canada, dedicandosi maggiormente allo studio della natura, fossili, insetti, fiori, e per un po’ anche alla fisica, anche se quasi come un hobby. Occorre aspettare il dopoguerra per capire le ragioni del suo rifiuto. Esse sono riassunte in una lettera scritta nell’immediato dopoguerra all’amico Persico: “Sono rimasto talmente disgustato dalle ultime applicazioni della fisica (con cui, se Dio vuole, sono riuscito a non aver niente a che fare) che penso seriamente a non occuparmi più che di geologia e biologia. Non solo trovo mostruoso l’uso che si è fatto e che si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una volta e la rende soltanto un mezzo di oppressione politica e militare. Pare quasi impossibile che persone che una volta consideravo dotate di un senso della dignità umana si prestino a essere lo strumento di queste mostruose degenerazioni. Eppure è proprio così e sembra che neppure se ne accorgano. Tra tutti gli spettacoli disgustosi di questi tempi ce ne sono pochi che eguaglino quello dei fisici che lavorano nei laboratori sotto la sorveglianza militare per preparare mezzi più violenti di distruzione per la prossima guerra”. Questi pesanti giudizi gli causarono molte critiche. Al di là della correttezza delle sue motivazioni, i commenti sulla mancanza di coscienza in coloro che avevano collaborato alla creazione della bomba sembrava ingeneroso. Per la maggior parte degli scienziati che parteciparono al progetto Manhattan, collaborare alla realizzazione della bomba fu senza dubbio una scelta dolorosa. Fu quella di Rasetti una scelta, una testimonianza profetica? è difficile rispondere. Probabilmente molti fattori lo portarono a questa decisione. Certamente oltre ad una motivazione morale, c’erano anche altre cose che non piacevano a Rasetti: “Il campo sta diventando troppo affollato; c’è troppa pressione per i miei gusti. A Roma nel 1931 si ritrovarono assieme tutti i fisici nucleari di tutto il mondo che avevano fatto qualche cosa di significativo; c’erano 50 o 60 persone. Oggi capita che ce ne siano centinaia in una sola organizzazione governativa. Ai congressi ci vanno 3-4000 persone. … Se stai lavorando su qualche cosa su cui lavorano simultaneamente altri 10 gruppi, e ti prendi una settimana di vacanza, gli altri ti battono sul tempo e pubblicano prima. E’ una corsa disperata. Per questo io faccio il paleontologo” E’ certo però che la sua fu una scelta diversa, singolare, come singolare era il suo carattere. Una scelta che pochissimi fecero in quel periodo e per questo motivo tanto più ci colpisce. Poteva un fisico di sentimenti democratici rifiutarsi di collaborare ben sapendo che i nazisti avrebbero potuto conquistare il mondo servendosi dell’atomica? Per Rasetti, il fisico non solo avrebbe potuto, ma avrebbe dovuto rifiutarsi. Per altri invece, tra cui il vecchio amico Fermi, non ci si poteva tirare indietro e rinchiudersi nel privato. Una risposta univoca a questo interrogativo però probabilmente non esiste. Quel che è certo è che passa una bella differenza tra il decidere di costruire la bomba come misura di difesa preventiva contro una possibile aggressione nucleare e decidere di usarla comunque contro un nemico riconosciuto incapace di una simile minaccia. Esistevano alternative a Hiroshima? Gli scienziati di Chicago che su richiesta del governo stesero il cosiddetto rapporto Franck non solo ne erano convinti, ma pensavano che ciò fosse assolutamente necessario per evitare la fosca prospettiva di una nuova corsa al riarmo. Il rapporto Franck propose di individuare un luogo deserto dove mostrare agli osservatori di tutte le nazioni il potere terrificante della nuova arma. Ma anche tra i militari esistevano forti opposizioni. Sia il sottosegretario alla Marina Ralph A. Bard che il generale Eisenhower espressero opinioni fortemente contrarie. Ma rimasero inascoltati e a nulla valse la petizione promossa da Leo Szilard, uno dei membri del progetto Manhattan, per allargare il consenso attorno al rapporto. Dopo le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki si dovette prendere atto che per il presidente Truman l’atomica sarebbe stato lo strumento chiave della politica estera americana del dopo guerra. Gli scienziati avevano aperto il vaso di Pandora ma avevano perso il controllo delle loro straordinarie scoperte. In questo senso Rasetti è stato profetico, in quanto ha intuito, nel rigore del suo lucido ragionamento, quanto stava per accadere. La sua scelta era e rimane una scelta di testimonianza, non certo la soluzione ad un problema che è sempre esistito ma che si è posto in tutta la sua gravità nel secolo scorso, quando il ruolo sociale degli scienziati è enormemente aumentato. Rasetti stesso ammette la difficoltà del problema quando afferma: “Sarebbe stato meglio non avere mai intrapreso queste ricerche. Ma è impossibile fermare la ricerca”. La strada che porta uno scienziato ad interrogarsi sul ruolo delle sue ricerche e contemporaneamente a svolgere bene il suo ruolo di scopritore delle leggi della natura, è infatti sottile come la lama di un rasoio. Oggi grazie alla testimonianza di Rasetti ma anche di Szilard, Amaldi, Drell e moltissimi altri, gli scienziati sono molto più coscienti del ruolo sociale della scienza e contribuiscono ad identificare e risolvere problemi che vanno dalla non proliferazione nucleare, al controllo degli armamenti convenzionali, al clima, all’inquinamento, alla sovrappopolazione, alla medicina. La pace non si difende solo evitando di costruire armi di distruzione di massa, ma anche contribuendo a risolvere i problemi molto prima che diventino conflitti. Mi piace pensare che questo ruolo dello scienziato come costruttore di pace sarebbe stato condiviso da Franco Rasetti.

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I nuovi orizzonti e i limiti della scienza umana https://www.lavoce.it/i-nuovi-orizzonti-e-i-limiti-della-scienza-umana/ Thu, 13 Dec 2001 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2129 Organizzato dall’associazione “Casa Chiara”, nei locali del Centro S. Michele, si è svolto un interessante incontro-dibattito sulla clonazione. Un folto pubblico, variegato per età e formazione, ha seguito con particolare interesse gli interventi degli illustri relatori: Fausto Santeusanio, Carlo Cirotto e Emilio Donti. L’incontro, coordinato dalla dott. ssa Adelaide Susta, che ne è stata anche l’ ispiratrice, è iniziato con il prof. Fausto Santeusanio, ordinario di Endocrinologia presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Perugia. Il docente ha parlato degli aspetti generali di Bioetica soffermandosi a riflettere, in particolare, su due aspetti emblematici: la fecondazione artificiale e l’eutanasia. Utilizzando un linguaggio chiaro e una sintassi efficace, Santeusanio ha reso comprensibile al folto pubblico concetti e tematiche complesse che hanno fatto nascere subito un interessante dibattito. Nel corso della sua relazione, l’illustre clinico ha posto l’accento anche sulla carenza legislativa che c’è in questo settore. Carlo Cirotto, direttore del Dipartimento di Biologia cellulare e molecolare dell’Università di Perugia, ha parlato della clonazione. Con uno stile particolarmente efficace e incisivo, ha riferito sulla clonazione animale, sui numerosi tentativi effettuati prima di riuscire a portare a termine l’esperimento della pecora Dolly e sui ripensamenti avuti dallo scienziato, ideatore dell’esperimento e a tutt’oggi una delle voci più critiche oin tal senso. A conclusione del suo intervento Carlo Cirotto ha sottolineato che l’uomo non è solo un insieme di cellule ben organizzate, ma è anche il frutto di interazioni ambientali, emotive, culturali, pertanto unico nella sua individualità. Emilio Donti, docente di Genetica medica, responsabile del servizio regionale di diagnosi prenatale ha affrontato il discorso della Genetica nell’era post-genomica. Partendo dalle scoperte di Mendel, ha ripercorso tutte le tappe più significative di questa scienza che con la mappatura del genoma umano sembra avere aperto orizzonti più ampi per la sconfitta di numerose malattie, ma con molta lucidità il docente dell’Ateneo perugino ha parlato anche dei limiti. Il vivace dibattito che ne è seguito e che ha appassionato il pubblico presente ha confermato in maniera visibile l’interesse dell’incontro con il quale l’associazione “Casa Chiara” ha inteso proporre una riflessione su uno degli argomenti di più scottante attualità.

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