san Pier Damiani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/san-pier-damiani/ Settimanale di informazione regionale Fri, 26 Aug 2022 11:33:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg san Pier Damiani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/san-pier-damiani/ 32 32 Affascinante https://www.lavoce.it/affascinante/ Thu, 29 Mar 2012 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=10069 Di recente mi sono avvicinato alla spiritualità di un uomo di Chiesa che mi si è stagliato davanti in tutta la sua straordinaria levatura, dom Benedetto Calati. Affascinante.Ho avuto modo di conoscerlo di persona, anche se molto fugacemente, quando nei primi anni Settanta mons. Pagani, da poco vescovo di Gubbio, volle per i miei ragazzi del Movimento studenti eugubino un ritiro di sette giorni proprio a Camaldoli, dove dom Benedetto era priore generale. Di lui ricordo solo gli occhi profondi, vivacissimi sotto le ciglia folte. E proprio in quegli occhi vede la principale caratteristica di Dom Benedetto il confratello che ne ha tessuta una breve, ma intensissima biografia, una cinquantina di pagine, dom Innocenzo Gargano; si tratta della prefazione al volume che raccoglie vari scritti del Calati, Sapienza monastica. Da ragazzetto, Gigino Galati, studente dai Carmelitani di Mesagne in provincia di Brindisi, s’innamora della vita contemplativa e nel 1930 sale a Camaldoli, perché gli hanno detto che lì, come del resto a Fonte Avellana, quel tipo di vita è vissuta sine glossa, senza accomodamenti. Ed effettivamente Gigino, diventato Benedetto, prese di punta l’esperienza monastica: silenzio e solitudine, vissuti nella massima rigidità possibile, senza compromessi di sorta. Alla maniera di san Pier Damiani, se si dà retta al suo biografo, san Giovanni dal Lodi, vescovo di Gubbio nel 1105 e mentore del giovane Ubaldo Baldassini: il Lodigiano nella sua Vita beati Petri Damiani parla quasi esclusivamente di penitenze durissime e di digiuni continui e rigorosissimi, snobbando il contributo di alto profilo che il Damiani ha dato alla teologia e, da cardinale vescovo di ostia, al Diritto canonico. Cardinale… provvisorio: perché, appena poté, rinunciò al cardinalato. Ma san Romualdo aveva detto ben altro: la sua proposta “garantiva ai monaci la possibilità di vivere con estrema libertà sia all’interno di un cenobio, sia all’interno di una clausura eremitica, fino all’estrema solitudine della reclusione, sia nei più vari contesti di evangelizzazione missionaria”. Quando dom Benedetto ne prese coscienza, iniziò la sua vera conversione, che lo porterà a formulare le “Quattro Regole del Monaco”: attenzione costante alla Parola di Dio; privilegium amoris verso la persona umana, che è il bene supremo del mondo; fedeltà alla preghiera; apertura assoluta alla gente, a tutta la gente, del tutto al di là delle idee che ciascuno professa. Su questa sua evoluzione influirono da una parte, ovviamente, il Concilio, ma dall’altra l’amicizia con gente non credente che, nel periodo in cui egli visse a Roma, a San Gregorio al Celio, prese a frequentarlo assiduamente: Mario Tronti, Rossana Rossanda, Mario Melloni, il mitico “Fortebraccio” della prima pagine dell’Unità. Poi a Camaldoli arrivarono i Professorini, che avrebbero redatto il codice omonimo. Buoni ultimi, più di settanta anni dopo, siamo arrivati noi de Il Gibbo. Cioè. A moment, please!

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Due vescovi per un abate https://www.lavoce.it/due-vescovi-per-un-abate/ Thu, 24 Feb 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9157 Scrivo da Fonte Avellana oggi, 21 febbraio, festa del grande dottore della Chiesa san Pier Damiani (Ravenna 1007 – Faenza 21 febbraio 1072), che fu uno dei protagonisti della storia ecclesiastica medievale e lo scrittore senza dubbio più fecondo del secolo XI. I due vescovi di Gubbio, il vescovo titolare mons. Mario Ceccobelli e il predecessore emerito, lo scrivente, non potevano essere che quassù, dove la diocesi di Gubbio, che era la diocesi dell’eremo fino al 1819, dall’opera di riforma del Damiani ha beneficiato largamente. Il Damiani stesso per un certo tempo resse la diocesi e ne furono vescovi tra i più cari discepoli del Damiani, Rodolfo (1059-1065) e Giovanni da Lodi (1105). Pietro Damiani, già maturo nella fede e vita cristiana e maestro importante di arti liberali a Ravenna, ha legato la sua vocazione monastica e la sua vita di santità a un episodio del 1035, quando ebbe l’occasione di incontrare due eremiti di Fonte Avellana, che lo colpirono per la loro vita semplice e austera. Qui divenne monaco realizzando il desiderio di una vita ascetica perfetta. Fu priore della comunità di Fonte Avellana dal 1043 al 1057. Durante il suo priorato si adoperò per la restaurazione della vita eremitica che era andata in decadenza, rinnovò le strutture dell’eremo ed in particolare lo Scriptorium che si fa tuttora ammirare per la bellezza e la luminosità, funzionale per il lavoro dei monaci amanuensi. Il Damiani, anche se è legato in modo particolare alla Chiesa eugubina, è comunque un uomo della Chiesa universale; nella sua esistenza mostra una felice sintesi fra la vita eremitica e l’attività pastorale, tutta presa dalla riforma gregoriana (Gregorio VII, Dictatus Papae del 1075). La sua teologia è ricerca di un Dio intimo e personale: essa si sviluppa nei monasteri contrapponendosi alla ricerca razionale e intellettiva di Dio. Dal secondo dopoguerra ad oggi gli studi su san Pier Damiani si sono moltiplicati e approfonditi, così da rendere facile nutrirsi della sua testimonianza e della sua dottrina. Il monastero di Fonte Avellana, a 30 chilometri da Gubbio nel Comune di Serra Sant’Abbondio, è per noi umbri un luogo facilmente raggiungibile per ritemprare la nostra spiritualità alle fonti camaldolesi. Oggi, nonostante la minaccia della neve (il monastero sorge nella valle a nord del monte Catria, all’ombra dei suoi 1.700 metri), vi ho trovato tanta gente, sacerdoti, religiosi e laici per la festa del Damiani. Il monastero sembrava piuttosto abbandonato negli anni addietro, ma dagli anni Novanta è iniziata la ripresa. Questo è avvenuto contemporaneamente con l’aprirsi della comunità monastica a nuove fondazioni. Due giovani monaci sono impegnati alla fondazione di un monastero in Brasile, si sta preparando anche una comunità in Africa e si spera di arrivare addirittura in Cina: pare che cinque giovani cinesi siano già disponibili ad iniziare il cammino religioso. Il monastero di Fonte Avellana conta attualmente una decina di monaci. Essi curano un programma di ospitale accoglienza cui sono unite iniziative di ritiri spirituali, di sviluppo della lectio divina, di profondi momenti di preghiera, e anche di necessario riposo. Auguro a tutti di programmare un fruttuoso passaggio per Fonte Avellana. Un bel gruppo di eugubini lo hanno già da tempo programmato per i sabati pomeriggio.

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Mille anni intensi https://www.lavoce.it/mille-anni-intensi/ Thu, 25 Jun 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7644 Si sono concluse domenica scorsa, 21 giugno, le celebrazioni per il millenario dell’abbazia di Montecorona. A solennizzare l’evento presso la chiesa di San Salvatore in Montecorona si è svolta una messa concelebrata dai vescovi di Perugia – Città della Pieve e di Gubbio, mons. Giuseppe Chiaretti e mons. Mario Ceccobelli, insieme al vescovo emerito di Gubbio mons. Pietro Bottaccioli e i sacerdoti della zona. Don Renzo Piccioni Pignani, parroco di Badia di Montecorona, promotore del millenario insieme all’associazione culturale ‘Leone XIII’, ha voluto ringraziare tutti per quanto fatto in quest’anno di celebrazioni. Celebrazioni che hanno permesso di ripercorrere, attraverso studi più approfonditi, le origini e la storia dell’antica abbazia, di recente riconosciuta dal Vaticano come basilica minore. Grande soddisfazione è stata espressa soprattutto per i risultati raggiunti dal convegno di studi che si è svolto il 18 e il 19 giugno presso l’abbazia, e che ha visto impegnati storici e studiosi di università perugine e non, di varie discipline. ‘Attraverso la lettura di documenti duecenteschi giunti a noi in copie del ‘600 – spiega Nicolangelo D’Acunto, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a cui è stata affidata, insiema a Mirko Santanicchia dell’Università di Perugia, la cura dell’intero convegno – abbiamo avuto modo di rimettere in discussione l’origine camaldolese del complesso abbaziale e la tradizione che vuole che sia stato fondato da Romualdo di Ravenna. Un’attribuzione sostenuta senza offrire però alcun appiglio documentario, perché in realtà anche nella documentazione camaldolese questo monastero non c’è mai. Mentre per la data di fondazione sembra attendibile quella proveniente dalla tradizione: il 1008’. È dunque ormai certo che in origine non fosse un complesso camaldolese ma – prosegue – ‘si trattava di una grande abbazia, in particolare di un cenobio di estrema importanza per tutta la storia religiosa dell’Umbria, al pari di quella di Sassovivo di Foligno e San Pietro di Perugia, proprio perché attorno ad essa crescono tutta una serie di dipendenze che si irraggiano sia in questo territorio per arrivare a Todi, al lago Trasimeno fino ad Arezzo. Un monastero autocefalo tra i più importanti, tanto è vero che quando si costituisce il Comune di Perugia, l’imperatore Enrico VI autorizza i perugini ad espandersi nel contado, ma tra le terre dove non possono espandersi inserisce quelle che dipendono dal monastero di San Salvatore di Monte Acuto’. Per quanto attiene alla questione della dipendenza dal monastero di Fonte Avellana, è stato chiarito che non c’è mai stata e che fino ad oggi era stata avvalorata solo dalla visita che Pier Damiani fece, provenendo da Fonte Avellana, al monastero. ‘Ma in realtà Damiani – prosegue D’Acunto – ha avuto rapporti anche con monasteri che non sono legati a Fonte Avellana, a volte per conoscenze di tipo personale’. Tante le questioni chiarite anche sotto l’aspetto storico artistico. Molto ancora ci sarebbe da studiare, tanto da avere materiale per un altro convegno, afferma Mirko Santanicchia. ‘Donatella Scortecci ha finalmente precisato la datazione del ciborio conservato all’interno della chiesa: fine dell’VIII sec. Ha poi approfondito anche la questione degli spostamenti ma soprattutto l’afferenza originale al contesto della chiesa. La presenza di un ciborio si intreccia infatti con la cripta, presente al di sotto della chiesa, realizzata con materiale di riutilizzo romano e altomedievale, tra cui capitelli, che fanno pensare all’esistenza sotto di essa di strutture più antiche’. Recenti indagini con il georadar effettuate sotto la cripta, le cui immagini sono state mostrate nel corso del convegno, darebbero qualche valore a queste supposizioni. Supposizioni e ipotesi che ha avanzato anche il parroco don Renzo. Per saperne di più bisognerebbe scavare. Intanto si pensa alla pubblicazione degli Atti.

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Eremo dai mille anni https://www.lavoce.it/eremo-dai-mille-anni/ Thu, 12 Jun 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6728 La chiesa di San Salvatore a Badia Montecorona (Umbertide) vivrà dal prossimo 22 giugno fino al 21 giugno 2009 un momento storico: il millenario della sua consacrazione. Questo luogo rappresenta il documento più alto della storia religiosa, culturale e civile del territorio dell’Alta Valle del Tevere, nonché un vanto artistico dell’Umbria e dell’Italia. Nei secoli si sono avvicendate tra le sue mura figure di grande rilievo quali san Romualdo – che ne fu il fondatore -, san Pier Damiani, il beato Paolo Giustiniani e tanti altri che vi hanno trasfuso tratti della loro profonda spiritualità. È quindi intenzione della parrocchia, dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve e dell’associazione culturale Leone XIII promuovere una solenne celebrazione di questa ricorrenza. Le celebrazioni millenarie inizieranno il 22 giugno alle ore 17 con una concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve mons. Giuseppe Chiaretti e con un concerto di musica sacra alle ore 21 del coro ‘Armoniosoincanto’, che animerà anche la messa. Il 14 settembre 2008, alle ore 15, si terrà la visita del complesso monastico, ove sono attualmente ospiti una ventina di giovani monaci appartenenti alla congregazione dei Monaci di Betlemme dell’Assunzione della Vergine Maria e di san Bruno. Il 19 settembre a Perugia, presso il monastero di Sant’Agnese, si svolgerà un convegno su ‘La spiritualità contemplativa’ e la sua attualità. Infine, nei giorni 18-19 giugno 2009, in coincidenza con la festa di san Romualdo, a Badia Montecorona si terrà un grande convegno di carattere storico, con la partecipazione di insigni docenti. L’abbazia risale all’XI secolo; si ritiene che il grande riformatore della vita religiosa, san Romualdo, l’abbia fondata appunto nel 1008, addirittura prima del monastero di Camaldoli. La chiesa superiore è stata realizzata in due tempi. All’inizio, essa coincideva con la parte che si trova attualmente sopra la cripta; a consacrarla fu il santo vescovo eugubino Giovanni da Lodi. Era dedicata a santa Sofia che – più che una figura femminile – è la santa sapienza (sofia, in greco) di Dio, cardine della meditazione monastica orientale. Nel XVI secolo, dopo la costruzione dell’eremo, la chiesa venne prolungata in avanti, destinando la navata ai fedeli e il coro ai monaci. La cripta, a sua volta, è una vera e propria chiesa, ricca di colonne di tipo diverso e con decorazioni in stile bizantino.

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Un Santo eremita che dava delle belle lezioni ai vescovi https://www.lavoce.it/un-santo-eremita-che-dava-delle-belle-lezioni-ai-vescovi/ Thu, 21 Feb 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6478 La diocesi di Gubbio ha celebrato il millenario della nascita di san Pier Damiani (1007-1072) con un convegno di studio su ‘Pier Damiani e i vescovi’, aperto dal saluto del vescovo di Gubbio mons. Mario Ceccobelli e dal rappresentante del sindaco di Gubbio, consigliere Denis Bartolini, presso il Centro servizi Santo Spirito, sabato 16 febbraio. Maestri del convegno sono stati il prof. Nicolangelo D’Acunto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il quale ha aperto il convegno con il dotto commento del XXI canto del Paradiso di Dante, di cui protagonista è il Damiani, declamato poi con vera arte dall’attore e regista Roberto Biselli, cui è seguito, da parte del prof. D’Acunto l’approfondimento del tema del convegno con la lezione magistrale: ‘Pier Damiani e le funzioni episcopali’. Il Damiani, ravennate, discepolo di san Romualdo, eremita e riformatore, proviene dall’eremo di Fonte Avellana, portato da lui a eccezionale riferimento di vita contemplativa. È stato nel contempo uno dei massimi protagonisti della riforma pregregoriana del secolo XI, e uno dei rappresentanti più caratteristici di quel secolo, incarnando nel contempo l’ideale ascetico e monastico e la riforma della Chiesa dai mali che l’affliggevano. La vita di san Pier Damiani fu scritta dal suo discepolo carissimo Giovanni da Lodi, poi vescovo di Gubbio nel 1105, di cui lo scorso anno la nostra diocesi ha celebrato solennemente il IX centenario insieme alla diocesi di Lodi. A Lodi Vecchia nella basilica di San Bassiano fu traslato il corpo del santo vescovo per una decina di giorni ricchi di celebrazioni con grande partecipazione di quella popolazione. Certo, al convegno di studio sul Damiani avremmo aspettato maggiore presenza degli eugubini. Gubbio fino al 1819 è stata la diocesi di Fonte Avellana e il Damiani la ebbe affidata dai Papi come amministratore. Il rapporto del Damiani con Gubbio fu particolarmente intenso: a Gubbio egli mandò come vescovo (1059-1064) Rodolfo Gabrielli, da lui convertito e amato come figlio spirituale. Nel convegno è toccato alla prof. Stefania Zucchini dell’Università di Perugia parlare di ‘San Pier Damiani, Fonte Avellana e i vescovi di Gubbio’ avendone tracciato scientificamente le varie coordinate temporali e offrendo un quadro particolarmente positivo della gestione episcopale della diocesi ad eccezione dell’ultimo titolare, il vescovo Monaco Mainardo. Interessante è stato l’intervento di don Benericetti, dell’Istituto di scienze religiose di Ravenna, che ha parlato della rinuncia del Damiani al cardinalato e all’episcopato, rinuncia che gli era costantemente impedita dall’amico Ildebrando (futuro Gregorio VII) e che di fatto non si è mai realmente attuata perché le missioni ecclesiastiche più impegnative del Damiani furono compiute proprio nel tempo del suo ritorno all’eremo. Hanno integrato il quadro generale le relazioni del prof. Guido Cariboni, dell’Università Cattolica su ‘Vescovi e monasteri nel secolo di Pier Damiani’ e quelle del giovane studioso don Andrea Czortek di Città di Castello su ‘I vescovi dell’attuale Umbria nel secolo di Pier Damiani’. Impedito a venire il prof. Umberto Longo dell’Università di Pisa, che avrebbe affrontato i ‘Modelli episcopali nell’agiografia di san Pier Damiani’; la conferenza è stata letta dal prof. D’Acunto. Il vescovo emerito di Gubbio, mons. Bottaccioli, ha tratto le conclusioni del convegno, sottolineando come l’azione riformatrice partita da Fonte Avellana ha segnato anche oltre il secolo XI la vita spirituale della nostra diocesi.

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Gubbio: alla riscoperta di un vescovo monaco https://www.lavoce.it/gubbio-alla-riscoperta-di-un-vescovo-monaco/ Thu, 28 Sep 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5407 A conclusione delle celebrazioni indette dalla diocesi di Gubbio per il IX centenario della morte di san Giovanni da Lodi, con la collaborazione della sezione eugubina del Centro culturale Leone XIII, si è tenuto dal 22 al 24 settembre un convegno di studio ad alto livello culturale. Il convegno si è aperto il 22 settembre scorso col saluto del sindaco Orfeo Goracci e del vescovo diocesano mons. Mario Ceccobelli, nella Sala trecentesca del Palazzo comunale.

La relazione introduttiva è stata tenuta dall’arcivescovo di Perugia, mons. Giuseppe Chiaretti, sul tema generale “La Chiesa e la storia”, qualificata come la storia di un popolo di battezzati, che vive nel tempo e nello spazio insieme ad altra gente ma che insieme è la storia di una realtà invisibile, la realtà della grazia che dà senso e connotazione a questo popolo che si è messo al seguito di Gesù di Nazaret.

Ciò che apporta una diversificazione nel concetto stesso di storia. L’autocoscienza singolare dinnanzi a questa vicenda composita, è quella espressa nel proemio della Lumen gentium: segno e strumento dell’unità con Dio e dell’unità di tutto il genere umano da cui nasce la pretesa di universalità, e d’altra parte la storia della Chiesa è storia di santità e anche di peccato, perché due ne sono i coattori, l’uomo con la sua libertà e lo Spirito santo con la sua sollecitazione. È storia di lotta fino allo spasimo contro il male, e fatica del credere e di rinnovare ogni giorno la fede e di annunziarla dinnanzi a tanti linguaggi e culture.

La storia di san Giovanni da Lodi è un frammento di tale storia, lotta contro il peccato nel secolo XI ma anche principio di rinnovamento mediante un manipolo di profeti quali furono i monaci e in particolare gli eremiti del Damiani. Nei giorni successivi, 23 e 24 settembre, le sedute del convegno sono continuate nell’Auditorium dell’hotel Beniamino Ubaldi, nell’approfondimento del tema specifico del convegno “Giovanni da Lodi, monaco e vescovo di Gubbio”. I due poli del percorso si riferiscono a Giovanni da Lodi e a Pier Damiani, il primo autodefinitosi compagno inseparabile di tanto padre e indicato dal secondo come “dilettissimo e uomo di lode cui esprime l’affetto del suo paterno amore”.

Di qui l’ordito programmatico del convegno che ha distribuito i temi e incentrato il dibattito sul duplice versante di Pier Damiani e di Giovanni da Lodi, sullo sfondo delle realtà monastiche e urbane in cui hanno scandito il loro impegno religioso e la loro testimonianza spirituale e culturale. Due essenziali nuclei tematici. Si individua anzitutto il contesto: l’XI secolo, tornante cronologico di assoluto significato nella storia della Chiesa e della stessa societas cristiana, non senza porre in risalto i due scenari in cui si collocano Giovanni e Pier Damiani; e dopo il contesto, i due protagonisti, che dentro quegli ambiti si muovono con grande autorevolezza, sviluppando le loro potenzialità e le loro pulsioni interiori sia nell’esercizio ascetico della vita monastica che nella loro gravosa responsabilità di governo, in un intreccio di luoghi e di funzioni di grande caratura spirituale e culturale.

Il contesto è stato ricreato con grande maestria e ampiezza di orizzonti da Nicolangelo D’Acunto (Università del Sacro Cuore di Milano) in “Giovanni da Lodi fra tensioni riformatrici e vita monastica”, da mons. Ugo Facchini di Faenza in “Giovanni da Lodi organizzatore dello scriptorium avellanita e le opere di Pier Damiani”, da Sandro Tiberini (Perugia) in “Gubbio tra XI e XII secolo”, da Stefania Zucchini (Università di Perugia) che ha ricostruito la cronotassi in “I Vescovi di Gubbio nell’età della Riforma”. Umberto Longo (Università di Pisa) in “La dialettica santo-agiografo in Giovanni da Lodi” tocca vari e interessanti aspetti, la diffusione della Vita Petri Damiani, la scarsa circolazione del testo, il recupero degli umanisti in senso laico, il problema della Regola che, mentre forgia gli ideali degli avellaniti, nello stesso tempo diventa occasione di decadenza perché troppo alto era il picco.

Strettamente legata alla relazione di Longo quella di Barbara Minelli (Lumsa) “Appunti per una biografia di Giovanni da Lodi’ nella rilettura del manoscritto eugubino Vita Sancti Joannis Confessoris. Qui si inseriscono una serie di relazioni relative più direttamente al Damiani”: la relazione di Maria Grazia Fulvi Cittadini (Università di Perugia) “Il ritratto di Damiani nella Vita di Giovanni da Lodi”. La lettura ermeneutica-teologica di Marco Moschini (Università di Perugia) che apre una serie di spiragli a porre il discorso sul piano dichiaratamente filosofico: si rimanda alla linea di Anselmo d’Aosta. La Vita B. Petri Damiani diventa un saggio di ermeneutica di vita cristiana. Edoardo Mirri (Università di Perugia) in “Ascetica e mistica della spiritualità damianea” ha presentato il graduale ingresso ai gradi della paideia, rinuncia ed esercizio delle virtù da esercitarsi nel monastero, fino al monaco in solitudine che nella contemplazione realizza l’uomo nuovo e la pienezza dell’umanità nell’unione con Dio.

Il vescovo emerito mons. Pietro Bottaccioli, nella relazione finale su “San Giovanni da Lodi, discepolo di san Pier Damiani e Vescovo di Gubbio”, ha tracciato con una forte partecipazione personale una sorta di filo rosso che ha determinato un po’ il Convegno con un’accentuazione conclusiva. Al termine la rilettura completa del convegno in ordine alle conclusioni è stata magistralmente fatta da par suo da mons. Cosimo Damiano Fonseca (Accademia nazionale dei Lincei). Hanno presieduto le sedute di studio delle tre giornate Giancarlo Antenna (Università cattolica del Sacro Cuore Milano) che ha pure premesso al convegno una breve ma interessante prolusione, Attilio Bartoli Langeli (presidente della Deputazione di storia patria per l’Umbria), Romano Ugolini (preside della facoltà di Scienze della formazione Università di Perugia), Edoardo Mirri (Università di Perugia).

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Tra fusti ci si capisce https://www.lavoce.it/tra-fusti-ci-si-capisce/ Thu, 07 Sep 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5365 È successo al mio paese, Scheggia. 1’settembre 2006, sono in arrivo due tipi di fusti, un fusto single di taglio spirituale e una ventina di fusti di taglio fisico: ventenni quest’ultimi, morto 900 anni or sono e rigorosamente single il primo. Lui è Giovanni da Lodi, un fusto maestoso nella vita dello spirito; un fusto che fiorì da queste parti, all’inizio del II millennio, quando civiltà e Chiesa avevano collassato, e i monaci di San Romualdo da Camaldoli a Fonte Avellana, attraverso Arezzo, Città di Castello, Monte Corona, Camporeggiano, Gubbio eressero contro lo sfascio un formidabile argine. Giovanni fu uno di loro: colto e piissimo, macerato dalla prassi della penitenza più rigorosa e affinato da un intensissimo rapporto con il suo Signore, il monaco sceso dall’Oltre/Po dopo oltre trentanni di priorato a Fonte Avellana divenne vescovo di Gubbio, nel 1105, vi morì nel 1106. Pochi mesi, sufficienti però a che l’ex figlioccio di san Pier Damiani conoscesse un ventenne di alto profilo, un certo Ubaldo Baldassini, e lo avviasse alla vita religiosa. Se Dio vuole, gli eugubini si sono ricordati di questo grande servizio che il Lodigiano ha reso alla loro Chiesa: le sue spoglie sono state traslate dall’altare che da allora le custodisce nella cattedrale di Gubbio a Cantiano, a Scheggia, nei paesi che, alle falde del monte Catria, più hanno risentito della sua presenza benefica, per tornare a Gubbio nella prima settimana di settembre. Questo è lui. Loro invece sono giovani fusti convocati in vista del campionato di calcio, III categoria. Aitanti, cresciuti a latte e nutella, sprizzano salute e voglia di vivere e di giocare. L’orario dell’arrivo del Santo nella piazza del paese e quello della prima riunione pre-campionato della società sportiva Scheggia, nella sede dalla Sportiva, coincidono. No, questo non va bene. E così, appena cominciata la riunione, una signora minuta ma vivace, che i venti anni li ha compiuti – diciamo- da tempo, ma non lo dimostra, bussa e si affaccia sulla porta della sala: ‘Scusate, sarebbe possibile, rimandare la riunione? Sapete”, eccetera. L’accolgono benevolmente. Come no?! Stia tranquilla, signora. Lei saluta e si affretta verso la piazza, perché l’urna del Santo sta arrivando. Ma poco dopo la gradita sorpresa: rapidi e silenziosi, alle sue spalle arrivano tutti i ragazzi della squadra, con in testa il loro allenatore, con indosso le loro tute nuove di zecca, e si dispongono intorno all’urna. Come i corazzieri quando arriva il Presidente della Repubblica. Se non fosse buio, si potrebbe cogliere un sorriso sul volto di san Giovanni da Lodi. Tra fusti ci si intende, d’istinto. Sto pensando a quei ragazzi che scortano il nostro Santo. E mi commuovo. Sono nato anche io sotto il Catria, e a Scheggia ho trascorso i primissimi anni della mia vita. E poi quella signora minuta che i venti anni li ha compiuti – diciamo – da tempo è’ mia sorella.

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Esperto in carità e vocazioni https://www.lavoce.it/esperto-in-carita-e-vocazioni/ Thu, 31 Aug 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5353 Sono entrate nel vivo le celebrazioni volute dalla diocesi per celebrare il nono centenario della morte di san Giovanni da Lodi, deceduto il 7 settembre 1105 a Gubbio, di cui era stato nominato vescovo da pochi mesi (1104). Le sue spoglie sono custodite e venerate nel duomo eugubino, dove sono state trasferite nel 1188, assieme a quelle dei santi Mariano e Giacomo, titolari della cattedrale, dalla vecchia alla nuova chiesa voluta dal vescovo Bentivoglio, in una delle cappelle laterali appositamente rinnovata nel 1648 per iniziativa del vescovo Sperelli. Nato a Lodi Vecchio intorno al 1040, è stato allievo prediletto di san Pier Damiani, che segue nell’esperienza eremitica presso l’eremo di Fonte Avellana, appartenuta fino al 1819 alla diocesi eugubina. Proprio da vescovo di Gubbio incoraggia ed avvia alla vita sacerdotale un giovane conosciuto nella canonica di San Secondo, nel quale intravede subito doti e virtù davvero rare: si tratta di Ubaldo Baldassini, futuro vescovo e patrono della diocesi. Il centenario è stato l’occasione per un pellegrinaggio del sacro corpo nei centri della Diocesi. Dopo Cantiano (18-31 agosto) e Scheggia e Pascelupo (1-3 settembre) e la volta di Gubbio. Questo il programma che avrà luogo nella chiesa di San Francesco. Il 3 settembre, alle ore 17.30, arrivo del corpo del Santo nella chiesa di San Francesco; ore 18, recita del rosario e alle 18.30 la messa. Dal 4 al 9 settembre, settimana di preghiera; nel pomeriggio unica celebrazione eucaristica per la zona cittadina alle ore 18.30 (sono sospese le messe vespertine in tutto il territorio della zona cittadina). Il 4 settembre, alle ore 21, ‘San Giovanni da Lodi e la carità’, catechesi tenuta da don Angelo Fanucci; il 5 settembre, alle ore 21, ‘San Giovanni da Lodi e la vocazione’, catechesi tenuta da don Luca Lepri; il 6 settembre, alle ore 21, liturgia penitenziale in preparazione alla festa di san Giovanni da Lodi. Il 7 settembre, alle ore 18.30, solenne celebrazione eucaristica nel giorno della morte di san Giovanni da Lodi. L’8 settembre, alle ore 21, ‘San Giovanni da Lodi ci richiama alla comunione della Chiesa particolare con i suoi pastori’, catechesi tenuta da mons. Pietro Bottaccioli. Il 10 settembre, alle ore 17, il corpo del Santo tornerà in cattedrale con una solenne processione, alla quale parteciperà l’intera diocesi. Questo il percorso: piazza 40 Martiri, via della Repubblica, corso Garibaldi, via Dante, via XX Settembre, via Federico da Montefeltro. Rientrati in cattedrale, inizierà la celebrazione eucaristica. In questo giorno sono sospese le messe vespertine in tutto il territorio diocesano

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Il corpo è intatto, il suo spirito anche https://www.lavoce.it/il-corpo-e-intatto-il-suo-spirito-anche/ Thu, 03 Aug 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5336 Il corpo è stato trovato in ottimo stato di conservazione, proprio come nel 1906. A un secolo fa risalgono vesti e paramenti sacri indossati dal santo vescovo. Dalla mitria donata da tale Angelus Marinelli (nome scritto sullo stesso copricapo), alla pianeta e alle vesti confezionate da altri fedeli e devoti concittadini, fino ai calzari, messi a disposizione da don Giuseppe Cellerari, parroco di Nerbisci. Tra gli indumenti, tutti di pregevole fattura e finemente ricamati, anche la lunga veste bianca, tipica prerogativa dei prelati monaci avellaniti. Sono queste le prime notizie dopo la ricognizione delle spoglie di san Giovanni da Lodi, presule di Gubbio dal 1104 al 1105, vissuto a cavallo tra l’XI e il XII secolo, il cui corpo si conserva nella cattedrale eugubina, effettuate nei giorni scorsi (28 luglio) in preparazione delle solenni celebrazioni per il nono centenario della morte del santo monaco e vescovo che per primo scoprì e valorizzò la fede di sant’Ubaldo. Alla presenza dell’attuale vescovo mons. Mario Ceccobelli, e dell’emerito mons. Pietro Bottaccioli, è stata aperta l’urna collocata sotto uno degli altari laterali. Tra gli intervenuti, sacerdoti e diaconi, anche don Antonio Spilli, custode della basilica di San Massiano a Lodi Vecchio, oltre a personale medico e paramedico, addetti alla documentazione dell’evento. Le operazioni sono state coordinate da don Pietro Vispi, direttore del Tribunale ecclesiastico diocesano e delegato del Vescovo. La ricognizione è iniziata con il giuramento e con un momento di preghiera guidato da mons. Ceccobelli. Poi le spoglie del santo sono state trasferite in una delle sale interne della cattedrale per un primo esame esterno; quindi sono state trasportate, con un’ambulanza del comitato eugubino della Croce rossa italiana, presso l’ospedale civile di Gubbio, dove il corpo del santo vescovo è stato sottoposto a esami adiologici, compresa una Tac. Al termine è stato riportato in duomo, dove la ricognizione è continuata. Ora si attende il responso dell’équipe medica che, nei prossimi giorni, fornirà i risultati dei vari esami. Nato a Lodi Vecchio, fu allievo prediletto di san Pier Damiani, che seguì nell’esperienza eremitica presso l’eremo di Fonte Avellana, appartenuta fino al 1819 alla diocesi eugubina. Proprio da vescovo di Gubbio incoraggiò ed avviò alla vita sacerdotale un giovane conosciuto nella canonica di San Secondo, nel quale intravide subito doti e virtù davvero rare: si trattava di Ubaldo Baldassini, futuro vescovo e patrono della diocesi.

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A Fonte Avellana un nuovo modello di vita monastica https://www.lavoce.it/un-nuovo-modello-di-vita-monastica/ Thu, 18 Nov 2004 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4149 Fonte Avellana

Il Monastero di Fonte Avellana è stato edificato a 700 m alle pendici del massiccio del Catria (1702 m), il più alto della provincia di Pesaro e Urbino, e fino a circa vent'anni fa faceva parte della diocesi di Gubbio. L'eremo di Santa Croce venne fondato intorno all'anno 1000, forse per opera del beato Lodolfo, nobile e vescovo eugubino che si ritirò in questa zona edificando un oratorio in onore di Sant'Andrea. A Fonte Avellana san Pier Damiani sviluppò un nuovo modello di vita monastica, codificò il dettato di san Romualdo sul monachesimo eremitico. Il servizio reso alla Chiesa da Fonte Avellana lungo i suoi mille anni di storia non si esaurisce nell'opera del Damiani; in questo eremo si formarono circa cinquanta vescovi e un folto stuolo di monaci noti per santità e dottrina.

Eremo ricco di storia e spiritualità

E anche Dante Alighieri sentì il fascino dell'eremo del Damiani, forse ne fu ospite, lo cantò nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI). La chiesa odierna fu costruita nel 1171 sopra un edificio più antico, di cui restano tracce nella cripta. Di stile romanico, con accenti gotici, fu rimaneggiata in età barocca e nel 1950. La sala del Capitolo appartiene invece ad epoche successive. Nel 1931 venne aperto a Fonte Avellana un piccolo seminario, che a tutt'oggi è rimasto sede di noviziato. Vale la pena, visitando il monastero, accedere alle sale più antiche, a piano terra, costruite tra la fine del X e la fine del XII secolo. Il primo ambiente che si incontra è lo Scriptorium (sec. XI), voluto da san Pier Damiani e oggi a lui dedicato. È il luogo dove i monaci lavoravano come amanuensi, trascrivendo su carta pergamena antichi testi classici greci e latini realizzando i preziosi codici miniati, alcuni dei quali sono conservati nella Biblioteca Vaticana. Delle due serie di finestre che presenta, quelle originarie sono solo le monofore delle arcate superiori. Sulla parete di fronte all'entrata c'è un dipinto su tavola raffigurante sant'Albertino, priore avellanita morto nel 1294, attribuito ad Antonio Alberti da Ferrara e databile attorno al 1427.

L'ospitalità dei monaci a Fonte avellana

I monaci di Fonte Avellana accettano chiunque voglia essere ospitato. È richiesta una predisposizione al silenzio, alla meditazione e alla riflessione personale. Agli ospiti si propongono incontri di Lectio Divina, giornate di ritiro individuale o di revisione di vita, e possibilità di confronto sui problemi del mondo e della Chiesa. Le giornate sono ritmate dalla preghiera corale della comunità (Ora dell'ascolto, Lodi, Eucaristia e Vespri). L'ospitalità dei singoli o dei gruppi (anche autogestiti) è praticata durante tutto l'anno.]]>
Fonte Avellana

Il Monastero di Fonte Avellana è stato edificato a 700 m alle pendici del massiccio del Catria (1702 m), il più alto della provincia di Pesaro e Urbino, e fino a circa vent'anni fa faceva parte della diocesi di Gubbio. L'eremo di Santa Croce venne fondato intorno all'anno 1000, forse per opera del beato Lodolfo, nobile e vescovo eugubino che si ritirò in questa zona edificando un oratorio in onore di Sant'Andrea. A Fonte Avellana san Pier Damiani sviluppò un nuovo modello di vita monastica, codificò il dettato di san Romualdo sul monachesimo eremitico. Il servizio reso alla Chiesa da Fonte Avellana lungo i suoi mille anni di storia non si esaurisce nell'opera del Damiani; in questo eremo si formarono circa cinquanta vescovi e un folto stuolo di monaci noti per santità e dottrina.

Eremo ricco di storia e spiritualità

E anche Dante Alighieri sentì il fascino dell'eremo del Damiani, forse ne fu ospite, lo cantò nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI). La chiesa odierna fu costruita nel 1171 sopra un edificio più antico, di cui restano tracce nella cripta. Di stile romanico, con accenti gotici, fu rimaneggiata in età barocca e nel 1950. La sala del Capitolo appartiene invece ad epoche successive. Nel 1931 venne aperto a Fonte Avellana un piccolo seminario, che a tutt'oggi è rimasto sede di noviziato. Vale la pena, visitando il monastero, accedere alle sale più antiche, a piano terra, costruite tra la fine del X e la fine del XII secolo. Il primo ambiente che si incontra è lo Scriptorium (sec. XI), voluto da san Pier Damiani e oggi a lui dedicato. È il luogo dove i monaci lavoravano come amanuensi, trascrivendo su carta pergamena antichi testi classici greci e latini realizzando i preziosi codici miniati, alcuni dei quali sono conservati nella Biblioteca Vaticana. Delle due serie di finestre che presenta, quelle originarie sono solo le monofore delle arcate superiori. Sulla parete di fronte all'entrata c'è un dipinto su tavola raffigurante sant'Albertino, priore avellanita morto nel 1294, attribuito ad Antonio Alberti da Ferrara e databile attorno al 1427.

L'ospitalità dei monaci a Fonte avellana

I monaci di Fonte Avellana accettano chiunque voglia essere ospitato. È richiesta una predisposizione al silenzio, alla meditazione e alla riflessione personale. Agli ospiti si propongono incontri di Lectio Divina, giornate di ritiro individuale o di revisione di vita, e possibilità di confronto sui problemi del mondo e della Chiesa. Le giornate sono ritmate dalla preghiera corale della comunità (Ora dell'ascolto, Lodi, Eucaristia e Vespri). L'ospitalità dei singoli o dei gruppi (anche autogestiti) è praticata durante tutto l'anno.]]>
Assisi celebra le solennità di santa Chiara e san Rufino https://www.lavoce.it/assisi-celebra-le-solennita-di-santa-chiara-e-san-rufino/ Thu, 08 Aug 2002 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2623 Assisi celebra la solennità di santa Chiara e san Rufino. Tracciamo un brevissimo profilo dei due santi. CHIARA nacque ad Assisi nel 1193 da nobile famiglia. Ancora giovane, desiderando di appartenere solo a Cristo, seguì l’esempio e il consiglio di S. Francesco, abbandonando il mondo per seguire l’ideale di vita evangelica. Così, la Domenica delle Palme del 1211 (o 1212) lo stesso san Francesco la rivestì di un ruvido saio e la fece ospitare per alcune settimane dapprima nel monastero di S. Paolo in Bastia e poi in quello di Sant’Angelo di Panzo in Assisi. Infine preparò per lei una piccola abitazione adiacente alla chiesa di S. Damiano, dove fu raggiunta dalla sorella Agnese e da altre donne di Assisi. Ebbe così inizio il Secondo ordine francescano, chiamato prima delle “Povere Dame”, poi semplicemente “Clarisse”. Chiara visse sempre a S. Damiano nella più assoluta povertà e nella contemplazione. Seppe trasformare i suoi lunghi anni di malattia in apostolato della sofferenza. Attinse dalla sua fede eucaristica una forza straordinaria che la rese intrepida anche di fronte ai Saraceni proteggendo dalle loro incursioni il monastero e la città di Assisi (1241). Morì nel 1253 e fu canonizzata da papa Alessandro IV. RUFINO martire è venerato come primo vescovo della città di Assisi. La leggenda della sua passio narra che egli, vescovo della città di Amasia nel Ponto, dopo aver convertito il proconsole, attraversò con il proprio figlio Cesidio l’Abruzzo, la regione dei Marsi. Lì lasciò alla custodia del figlio una chiesa e passò da solo a predicare il Vangelo in Assisi. Subì il martirio verso la metà del III secolo, sommerso con una pietra al collo nelle acque del fiume Chiascio. Un’antica tradizione indica come luogo del suo martirio Costano, un paese situato nel comune di Bastia Umbra sulla riva del fiume Chiascio. Da qui, secondo quanto narra san Pier Damiani, il suo corpo sarebbe stato trasportato dal contado alla città e precisamente dove oggi si erge la maestosa cattedrale. SOLENNITÈ DI SANTA CHIARAProgramma2-9 agosto: ore 17.30 – messa e vespri con omelia del padre Emmanuele D’Aniello ofm conv. Sabato 10 agosto: ore 17.30 – messa e vespri della solennità di Santa Chiara – presiede il vescovo diocesano mons. Sergio GorettiDomenica 11 agosto: ore 6.30 – messa in cripta; dalle ore 7.15 si susseguono le messe. Ore 10.45 – palazzo municipale: corteo civile e ingresso in basilica; ore 11.00 – basilica: concelebrazione eucaristica – presiede il card. Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi; offerta di ceri da parte del Sindaco. Ore 17.30 – messa e vespri nel Transito di S. Chiara – presiede padre Claudio Durighetto ofm, assistente delle clarisse della Federazione Umbria-Sardegna. Il canto dell’assemblea sarà animato, durante la Novena, dal coro delle clarisse, e dal coro dei “Cantori di Assisi” nella celebrazione della solennità alle ore 11. SOLENNITÈ DI SAN RUFINOProgrammaDomenica 11 agosto: ore 21.00 – cattedrale: veglia liturgica della vigilia; offerta simbolica al santo patrono a cura del Vicariato foraneo di S. Maria degli Angeli – presiede il Vescovo diocesano mons. Sergio GorettiLunedì 12 agosto – solennità – ore 7.30 – messa e lodi – presiede il parroco della cattedrale; ore 9.00 – messa – presiede il padre Custode della basilica di S. Francesco; ore 10.40 – palazzo municipale: corteo civile e ingresso in cattedrale; ore 11.00 – cattedrale di S. Rufino: concelebrazione eucaristica – presiede il vescovo diocesano mons. Sergio Goretti; offerta di ceri da parte del sindaco; ore 18.00 – messa e vespri – presiede il Vicario generale della diocesi; ore 21.00 – in cattedrale: concerto di musica sacra e religiosa eseguito dalla Cappella musicale della cattedrale e diretto da don Giuseppe Biselli.

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La legittima aspirazione di avere un Vescovo residenziale https://www.lavoce.it/la-legittima-aspirazione-di-avere-un-vescovo-residenziale/ Thu, 21 Mar 2002 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2307 Figura e ruolo del Vescovo sono di attualità nell’antica diocesi eugubina, la cui giurisdizione si estende anche sui comuni di Umbertide, Scheggia, Costacciaro e Cantiano, alle spalle una storia plurisecolare che ha esaltato la sua dimensione di guida capace di incidere nella vita di tutti i giorni. Basti citare, ma soltanto per facilitare e rendere immediato l’approccio, il Patrono S.Ubaldo. Le due dimensioni sono state riproposte, proprio in questi giorni, da altrettanti eventi che hanno trovato ampio riscontro sugli organi di informazione locale: il futuro della Diocesi, l’istituzione del registro per la formalizzazione delle coppie di fatto, iniziativa di carattere soprattutto ideologico, un contraltare alla famiglia come definita dalla Costituzione (non a caso l’art. 29 viene ritenuto limitativo della libertà). Il primo aspetto è legato alle direttive della Santa Sede che, da anni ormai, ha introdotto l’istituto delle dimissioni agganciandole al compimento dei settantacinque anni. Una prospettiva richiamata dal prof. Franco Raffi, coordinatore del seminario “Terra Mater”, che ha inviato, in merito, una “lettera aperta” al Santo Padre. Richiamando dichiarazioni pronunciate abbastanza di recente da illustri cardinali (Baggio, Gantin) che hanno riconosciuto ed esaltato l’autonomia e l’indipendenza della diocesi eugubina, Raffi sottolinea il: “diritto inalienabile di Gubbio di avere un Vescovo residenziale” sottolineando con orgoglio che: “Gubbio è città sacra fin dalle sue remotissime origini: come Atene e Roma ha avuto un proprio “pantheon” e, con le Tavole Eugubine, incise nella sua lingua, ha dato alla civiltà, come scrive Devoto, il più importante rituale di tutta l’antichità classica”. In “Libri di pietra, mille anni della cattedrale di Ancona tra Oriente e Occidente”, aggiunge Raffi, si legge: ” la chiesa anconitana, antica e importante, ha avuto fin dalle origini un proprio rito come le Chiese di Milano, Aquileia, Gubbio, Ravenna e Roma”.Lo studioso eugubino ricorda poi la “austera spiritualità dei suoi Pastori da Decenzio a San Pier Damiani, a S. Rodolfo, a S. Giovanni da Lodi, a S. Ubaldo, al Beato Vilano, amico e protettore di San Francesco d’Assisi, che da qui ha avviato la sua missione evangelizzatrice nel mondo”. Un appello così sentito ed accorato, che interpreta sicuramente il sentire generale degli eugubini, si contrappone proprio in questi giorni, alle critiche rivolte al Vescovo Mons. Pietro Bottaccioli per i suoi interventi a proposito della proposta sulla “formalizzazione delle convivenze” e l’istituzione del registro delle “coppie di fatto”, di qualsiasi tipo s’intende. Vale la pena ricordare che mons. Bottaccioli si è limitato a richiamare, come suo dovere, la “dottrina della Chiesa” affidandosi ad un “messaggio” fatto leggere dai parroci in occasione delle messe celebrate domenica 10 febbraio. Decisioni questa censurata, in maniera più o meno aspra, dai sostenitori della proposta formulata da Gabriele Tognoloni di Rifondazione comunista. Mi viene in mente a proposito il “primo piano” di Famiglia Cristiana (n.11- marzo 2002) del sociologo Giorgio Campanini intitolato “La Chiesa deve ascoltare ma anche dire la sua” che così conclude “Quell’esercizio dell’ascolto della storia cui gli orientamenti pastorali dell’episcopato italiano fanno appello si esprime anche attraverso l’attenzione alle istanze, forse mute e inespressive, che si sprigionano da una società agitata e inquieta che attende dalla Chiesa un alto e disinteressato contributo alla costruzione del suo futuro”. Condivisibili e da sposare le preoccupazioni del prof. Raffi, purché si capisca e si rispetti il ruolo del Vescovo. La sua “residenzialità” non va invocata per continuità di tradizione, ma come fonte di insegnamento e di guida comunque da rispettare e da accettare, anche e soprattutto quando richiama valori e direttive dissonanti con i propri orientamenti. E’ la voce della Chiesa che parla e chiede ascolto, in assoluta libertà e senza costrizione.

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