RU486 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/ru486/ Settimanale di informazione regionale Thu, 02 Dec 2021 17:01:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg RU486 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/ru486/ 32 32 Mpv Castello: incontro di riflessione sull’aborto https://www.lavoce.it/mpv-castello-incontro-di-riflessione-sullaborto/ Fri, 20 Mar 2015 12:09:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30991 L’intervento di Cinzia Beccaglini
L’intervento di Cinzia Beccaglini

L’ultimo incontro del ciclo sulla bioetica organizzato dal Movimento per la vita ha avuto come relatrice la dott.ssa Cinzia Beccaglini che è intervenuta sul tema dell’aborto.

La legge 194 del 1978, che introduce in Italia la possibilità di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza, non rende – ha detto – le donne più libere. Anche se il “lecito legale” è diventato “lecito morale”, l’esistenza di una legge non mette le coscienze al riparo dalla difficile realtà del post-aborto.

In molti casi si è cercato di addossare la responsabilità di tanti malesseri a un senso di colpa legato ad una certa cultura religiosa. Beccaglini riferisce in realtà una situazione molto più ampia, che non deriva da “dottrine” ma dall’esperienza quotidiana di persone – di ogni provenienza culturale e religiosa – che si trovano ad affrontare gravi conseguenze dovute alla pratica dell’aborto.

La sua testimonianza si basa su dati scientifici, su numeri che illustrano un quadro drammatico. “È necessario – afferma – conoscere le due facce della medaglia, altrimenti si rischia di ragionare solo per ideologia. Si parla di aborto senza una vera conoscenza dell’argomento in tutta la sua estrema complessità, che investe l’essere umano nella sua dimensione biologica, psicologica, sociale, tagliando trasversalmente la dimensione spirituale anche dei non cattolici o degli atei”.

A subire il dramma non sono solo le donne (che pure vivono più in profondità l’evento) ma anche gli uomini, i compagni, mariti, fidanzati, che a volte obbligano la donna alla scelta dell’aborto, ma che la legge 194 priva di ogni possibilità di opposizione. E ancora, riguarda i nonni che possono aver consigliato l’Idv o esserne venuti a conoscenza successivamente. O gli altri figli, che magari volevano evitare condizionamenti. O il personale sanitario, abortista o obiettore, che si trova spesso a fare i conti con la coscienza.

L’aborto provoca ripercussioni fisiche e psichiche, a breve e lungo termine. La psicosi post-aborto è un disturbo di natura psichiatrica che si manifesta subito dopo l’evento, con uno scollamento tra realtà e percepito.

Lo stress post-aborto può insorgere tra i 3 e i 6 mesi successivi. Ma vi è una vera sindrome post-abortiva (Psa) che si può manifestare anche dopo anni, portando in superficie problemi rimasti latenti a lungo, finché un evento scatenante non fa riaprire la ferita

Il fenomeno è molto ampio, se si considera l’elevato numero di aborti che si effettuano in Italia: 107.000 nel 2012. Dato che però non include tutti i casi di interventi operati in clandestinità, o quelli dovuti alle cosiddette pillole abortive, o la Ru486, o quelli successivi a fecondazione extra-corporea.

Una vera e propria strage di persone concepite, la quale genera una grande – e sottovalutata – sofferenza condivisa.

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Campagna contro i medici che rifiutano di eseguire aborti https://www.lavoce.it/campagna-contro-i-medici-che-rifiutano-di-eseguire-aborti/ https://www.lavoce.it/campagna-contro-i-medici-che-rifiutano-di-eseguire-aborti/#comments Fri, 29 Jun 2012 13:37:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=11784 Già nel 2010 era in atto una campagna all’insegna dello slogan “Il buon medico non obietta”, intendendo con ciò che il buon medico fa tutto ciò che gli viene chiesto, senza poter esprimere il suo parere. Come a dire che un medico è solo un operatore manuale, un tecnico specializzato. Di questa opinione si fa portavoce, in un comunicato, la Fp Cgil che denuncia un “boom” in Umbria per quanto riguarda l’obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari.

“In Italia – afferma il sindacato – la percentuale degli obiettori arriva in alcune regioni anche al 90%, e l’Umbria non è immune da questo fenomeno. Dai dati ufficiali, confermati da un’indagine fatta dalla Fp Cgil Umbria, risulta un aumento esponenziale dell’obiezione di coscienza, con punte del 70-80% in alcune strutture ospedaliere umbre. Inoltre – prosegue la Fp-Cgil – ci risulta che la somministrazione della pillola Ru486 venga effettuata in un solo ospedale. A fronte di queste storture, serve da parte del Governo regionale un piano di contrasto per garantire l’effettiva attuazione della legge”.

Per la Fp Cgil Umbria, “è necessario ed urgente aprire un tavolo regionale di confronto per verificare l’effettiva attuazione della 194 su tutto il territorio umbro, garantendo in ogni presidio la presenza 24 ore su 24 di un numero adeguato di medici ed infermieri non obiettori, e un’attenta riflessione sul fenomeno dell’aumento concentrato negli ultimi anni degli obiettori di coscienza nelle strutture ospedaliere umbre. Si tratta di non penalizzare le donne, ma anche i medici e gli infermieri che, non dichiarandosi obiettori, vedono ricadere solo su di loro il lavoro per le interruzioni di gravidanza”.

Sull’argomento abbiamo sentito il parere del presidente regionale del Movimento per la vita Vincenzo Silvestrelli, il quale ha precisato che la legge 194 va rispettata i tutti i suoi dettami, quindi anche quello che offre la possibilità di fare obiezione di coscienza. “Inoltre – prosegue – l’obiezione non è scelta sempre per motivi di ordine religioso e di appartenenza alla fede cattolica, quanto per motivi umani, per l’evidente disagio che medici e personale sanitario possano sperimentare nell’operare per la soppressione di una vita umana. Pur girando intorno al problema e tirando in ballo situazioni, motivazioni e vicende di ogni genere, nel fondo della consapevolezza delle persone coinvolte in un’operazione abortiva rimane l’idea che si tratti di eliminare un essere umano e impedirgli di venire alla luce. E ciò, a lungo andare, logora anche il più convinto assertore dell’aborto. Il fatto poi – conclude – di considerarlo un diritto della donna è stato messo in discussione in quanto confligge con il primo dritto fondamentale alla vita”.

Recentemente anche la senatrice Bonino ha detto la sua a favore delle donne che vogliono abortire e contro gli obiettori, che secondo lei sono tali per motivi di carriera professionale. Un attacco che si inquadra in un disegno volto a rivedere la legge 194 per evitare o limitare al massimo ogni forma di obiezione di coscienza. Questa battaglia per chi si dichiara liberale è da considerarsi una scelta oscurantista.

 

L’assessore regionale alla sanità, Tomassoni: apriamo un tavolo

In risposta alla denuncia del sindacato di sinistra circa pillola Ru486 e l’applicazione della legge 194/78 sull’interruzione della gravidanza, l’assessore regionale alla Sanità Franco Tomassoni ha predisposto un tavolo di discussione e di approfondimento del tema, dimostrando disponibilità al dialogo e apertura alla comprensione delle varie posizioni in gioco. A questo proposito Maria Pia Rosi, consigliere regionale del Pdl, parla di “cedimento all’ennesimo ricatto dei sindacati di sinistra” e ricorda che per una applicazione corretta della suddetta legge dovrebbe essere messo in atto un percorso informativo che renda le donne consapevoli dei danni e dei rischi che corrono nelle pratiche abortive. Scrive l’assessore Rosi: “Il messaggio che la sinistra dà è un messaggio di morte e leggerezza, perché non si può paragonare l’aborto alla cura di un raffreddore”; e ricorda le 15 ragazze morte dopo la somministrazione della Ru486, oltre al frequente ricorso delle donne a terapie per curare il danno psicologico procurato da un aborto. C’è anche un ammonimento a Tomassoni a non cedere in materia, a non scendere a patti per salvare la poltrona. Pensiamo inoltre che sia una raccomandazione non necessaria. Il senatore Maurizio Ronconi dell’Udc a sua volta chiede all’assessore regionale alla Sanità di convocare al tavolo di discussione anche rappresentanti delle organizzazioni cattoliche, del Movimento per la vita, dell’Associazioe medici cattolici.

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Ru486: “DeGenere” alza la voce https://www.lavoce.it/ru486-degenere-alza-la-voce/ Thu, 03 Nov 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9741 Ad ognuno che incontri, se gli fai la domanda, quale sia la questione più grave che lo preoccupa oggi, ti risponde che è la questione economica. Si rischia di sprofondare tutti in una condizione di povertà generalizzata senza sapere come tirarsi fuori. Alla stessa domanda chi ha figli vi potrà rispondere che la cosa più urgente è la loro educazione e quando sono cresciuti quella di trovargli un lavoro. Ci sono madri e padri che tremano nel fine settimana perché i figli vogliono andare in discoteca e non sono mai tranquilli finché non sono ritornati e paventano che facciano uso di droga e incontrino cattive compagnie. Ci sono mille altre preoccupazioni. Ma una ci era sfuggita ed ora qualcuno ce la ricorda. Sono le donne appartenenti alla Assemblea femminista “DeGenere” che in un comunicato inviato a tutti i giornali informano “sulla situazione attuale sulla questione della pillola Ru486 nelle Asl regionali”. Denunciano, in questo comunicato, che “dopo tutte le battaglie fatte, dopo la delibera regionale di fine luglio, nessuna ratifica ufficiale è seguita, quindi, di fatto, la situazione è gravissima”. E perché sarebbe così grave la situazione? Perché la donna che vuole abortire scegliendo la via della pillola Ru486 deve farlo con tre giorni di ricovero ordinario. Ci viene da dire che tre giorni non sono poi tanti rispetto ad una vita che si spegne per sempre. Ma non serve, perché le “DeGenere” lamentano che nelle Asl ci sono troppi obiettori di coscienza e questo impedirebbe la piena attuazione della legge 194. Come se gli obiettori non fossero compresi nella legge stessa! Questa non sarebbe pienamente attuata se fossero impedito ai medici e agli infermieri di fare obiezione di coscienza, prevista, appunto dalla legge. Il comunicato “DeGenere” si sofferma a descrivere l’itinerario della Regione dall’Atto di delibera delle linee guida di luglio constatando che fino ad oggi non si è fatto nulla per attuare la possibilità di somministrazione della Ru486 in Day hospital. La descrizione è intitolata “La grande farsa” e conclude che “più tempo passa, per l’applicazione del Day hospital, più viene negato il diritto all’aborto e al libero e incondizionato accesso alla pillola Ru486”. Sembra un grido di “libertà o morte”, come i prigionieri di guerra. E con tristezza dobbiamo constatare che si tratta non di libertà o morte in alternativa, ma di libertà dell’uno (a) e morte dell’altro. Sembra cruda questa osservazione, ma non saprei che altro dire a persone, donne, che parlano di “diritto” all’aborto. Ma non è scritto in tutti i libri decenti che il vero primo diritto è alla vita e che la libertà di uno non può essere esercitata a danno di nessuno? Potremmo umanamente comprendere se in certi casi di sofferenza, di abuso, di violenza e simili, qualcuno invocasse, contro voglia, con rammarico, l’applicazione estrema della legge 194, ma che si parli di “diritto” all’aborto è un segno di superficialità e di insensibilità. Nella prima stesura avevo usato di getto altre parole, più dure, che ho corretto. Per amor di patria e di tante donne che con le femministe “DeGenere” non hanno alcuna cosa da spartire.

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La Regione dà il via libera alla Ru486. Ricorso del Forum https://www.lavoce.it/la-regione-da-il-via-libera-alla-ru486-ricorso-del-forum/ Thu, 28 Jul 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9546 Nell’ultima settimana prima dello stop estivo, la Giunta regionale ha preso diversi importanti provvedimenti. Tra questi anche la pre-adozione delle “linee guida” per l’interruzione volontaria della gravidanza farmacologica, nelle quali si stabilisce che l’aborto ottenuto con la somministrazione della pillola Ru486 debba avvenire in day hospital e non in regime di ricovero ospedaliero, come indicato nelle linee guida del Ministero. “L’atto pre-adottato dall’Esecutivo sarà comunque oggetto di una ulteriore fase di concertazione e confronto con le associazioni degli utenti e con gli organismi di pari opportunità per poi arrivare entro il mese di settembre all’attuazione del provvedimento” precisa la nota della Regione. Il dubbio è che si tratti di una consultazione puramente formale, visto anche il tempismo della decisione, arrivata a fine luglio (“esattamente come l’anno scorso” ha detto il capogruppo regionale dell’Udc, Sandra Monacelli) “profittando della pausa estiva” denunciano l’associazione Scienza e Vita di Perugia e il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria. Inoltre la delibera già prevede “una fase di sperimentazione” delle linee guida “della durata non superiore a 12 mesi, per verificare la necessità di apportare eventuali modifiche al percorso individuato”. Scienza e Vita e Forum famiglie hanno annunciato ricorso in via giudiziaria nonché decisa opposizione politica poiché, denunciano, “in questo modo la Regione Umbria si avvia di fatto verso pratiche di aborto a domicilio. Seguire l’indicazione di un ricovero ospedaliero fino al termine della procedura, così come previsto dalle indicazioni ministeriali e avvalorato da ben tre pareri del Consiglio superiore di sanità, avrebbe consentito di operare nel pieno rispetto della legge 194/78, garantendo quella reale tutela della salute delle donne che invece la nostra Giunta regionale dimostra di aver a cuore solo a parole” affermano, sottolineando che della legge sull’aborto condividono solo “le disposizioni a tutela della maternità”. Il presidente del Forum, Simone Pillon, ha già inviato una lunga “lettera aperta” dai toni molto duri al neo assessore regionale alla Sanità, il cattolico del Pd Franco Tomassoni. “È sicuro – chiede Pillon a Tomassoni – di voler cominciare il suo mandato firmando un provvedimento contro la vita nascente e contro la salute delle donne?”, e conclude proponendogli “uno scatto di sana coerenza alla sua vocazione al servizio del bene comune” rifiutando “di dare esecuzione al provvedimento in parola”. Fanno appello alla “trascorsa sensibilità” di Tomassoni “che auspichiamo non sopita” anche i consiglieri Pd di area Margherita, Andrea Smacchi e Luca Barberini. Per l’opposizione è una decisione che esprime “miopia ideologica” (Franco Zaffini, Costituente popolare) e “segna la sconfitta di tante battaglie femministe” (Sandra Monacelli, Udc). E per i consiglieri regionali del PdL, Maria Rosi e Alfredo De Sio è “ridicolo” un “ricovero pari a sole tre ore”. Sostegno alla Giunta arriva dalle democratiche umbre che, con la loro portavoce Anna Ascani, ritengono la pillola abortiva “rispettosa dell’integrità fisica e psichica della donna”, e dal Prc con il capogruppo Damiano Stufara per il quale le ragioni delle opposizioni sarebbero “ostruzionismi legati a dogmi, opportunismi e tatticismi politici”.

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La Regione dà il via libera alla Ru486. Ricorso del Forum https://www.lavoce.it/la-regione-da-il-via-libera-alla-ru486-ricorso-del-forum-2/ Thu, 28 Jul 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9549 Nell’ultima settimana prima dello stop estivo, la Giunta regionale ha preso diversi importanti provvedimenti. Tra questi anche la pre-adozione delle “linee guida” per l’interruzione volontaria della gravidanza farmacologica, nelle quali si stabilisce che l’aborto ottenuto con la somministrazione della pillola Ru486 debba avvenire in day hospital e non in regime di ricovero ospedaliero, come indicato nelle linee guida del Ministero. “L’atto pre-adottato dall’Esecutivo sarà comunque oggetto di una ulteriore fase di concertazione e confronto con le associazioni degli utenti e con gli organismi di pari opportunità per poi arrivare entro il mese di settembre all’attuazione del provvedimento” precisa la nota della Regione. Il dubbio è che si tratti di una consultazione puramente formale, visto anche il tempismo della decisione, arrivata a fine luglio (“esattamente come l’anno scorso” ha detto il capogruppo regionale dell’Udc, Sandra Monacelli) “profittando della pausa estiva” denunciano l’associazione Scienza e Vita di Perugia e il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria. Inoltre la delibera già prevede “una fase di sperimentazione” delle linee guida “della durata non superiore a 12 mesi, per verificare la necessità di apportare eventuali modifiche al percorso individuato”. Scienza e Vita e Forum famiglie hanno annunciato ricorso in via giudiziaria nonché decisa opposizione politica poiché, denunciano, “in questo modo la Regione Umbria si avvia di fatto verso pratiche di aborto a domicilio. Seguire l’indicazione di un ricovero ospedaliero fino al termine della procedura, così come previsto dalle indicazioni ministeriali e avvalorato da ben tre pareri del Consiglio superiore di sanità, avrebbe consentito di operare nel pieno rispetto della legge 194/78, garantendo quella reale tutela della salute delle donne che invece la nostra Giunta regionale dimostra di aver a cuore solo a parole” affermano, sottolineando che della legge sull’aborto condividono solo “le disposizioni a tutela della maternità”. Il presidente del Forum, Simone Pillon, ha già inviato una lunga “lettera aperta” dai toni molto duri al neo assessore regionale alla Sanità, il cattolico del Pd Franco Tomassoni. “È sicuro – chiede Pillon a Tomassoni – di voler cominciare il suo mandato firmando un provvedimento contro la vita nascente e contro la salute delle donne?”, e conclude proponendogli “uno scatto di sana coerenza alla sua vocazione al servizio del bene comune” rifiutando “di dare esecuzione al provvedimento in parola”. Fanno appello alla “trascorsa sensibilità” di Tomassoni “che auspichiamo non sopita” anche i consiglieri Pd di area Margherita, Andrea Smacchi e Luca Barberini. Per l’opposizione è una decisione che esprime “miopia ideologica” (Franco Zaffini, Costituente popolare) e “segna la sconfitta di tante battaglie femministe” (Sandra Monacelli, Udc). E per i consiglieri regionali del PdL, Maria Rosi e Alfredo De Sio è “ridicolo” un “ricovero pari a sole tre ore”. Sostegno alla Giunta arriva dalle democratiche umbre che, con la loro portavoce Anna Ascani, ritengono la pillola abortiva “rispettosa dell’integrità fisica e psichica della donna”, e dal Prc con il capogruppo Damiano Stufara per il quale le ragioni delle opposizioni sarebbero “ostruzionismi legati a dogmi, opportunismi e tatticismi politici”.

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Mons. Paglia: a tutela della donna, Ru486 in ospedale https://www.lavoce.it/mons-paglia-a-tutela-della-donna-ru486-in-ospedale/ Thu, 18 Nov 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8903 La Chiesa è dalla parte delle donne, e lo dimostra nel suo schierarsi con coloro che chiedono a gran voce maggiori garanzie, a tutela della salute delle madri, nelle procedure per la somministrazione della pillola abortiva RU486. Lunedì scorso il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria e l’associazione Scienza & Vita di Perugia hanno promosso un incontro sull’“Aborto farmacologico con Ru486: aspetti medici e giuridici”. Il sostegno all’impegno delle due associazioni da parte della Chiesa umbra è giunto con un breve messaggio del vescovo di Terni e presidente della Conferenza episcolape umbra mons. Vincenzo Paglia. “La posizione che vorremmo si prendesse circa il ricovero ordinario in ospedale, riguarda – ha detto mons. Paglia – una questione certamente morale ed etica, anche il rispetto della costituzione e della legge 194.” Richiamando poi i pronunciamenti del Consiglio superiore di sanità a favore del ricovero ordinario in ospedale per la donna che scelga l’aborto farmacologico, definendola “una posizione molto ragionevole” ha invitato i politici umbri a “tenerla in grande considerazione, anche perché non dobbiamo sottovalutare gli aspetti negativi che avrebbe sulla cultura in generale e in particolare su quegli aspetti che riguardano la difesa della vita”. Su questo fronte la Chiesa è decisamente “schierata”, e mons. Paglia ne ha richiamato le ragioni. “Noi siamo chiamati a difendere la vita fin dalla nascita, a difendere la vita perchè i nostri ragazzi non se la vedano rubata magari dalla droga, e da altre tragedie, siamo chiamati a difendere la vita delle nostre famiglie, dei nostri anziani, di chi sta male, di chi è condannato a morte. Insomma la vita va difesa perchè è il grande tesoro e il grande patrimonio dell’oggi e della nostra società”. Al dibattito ternano indetto per promuovere “una reale tutela della maternità, specie di quella più fragile” attraverso la comprensione “delle conseguenze e delle implicazioni di questa nuova procedura abortiva”, sono intervenuti Assuntina Morresi, membro del Comitato nazionale per la bioetica; Alberto Gambino, ordinario di Diritto privato dell’Università europea di Roma; Simone Pillon, presidente Forum associazioni familiari dell’Umbria.

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CONSIGLIO REGIONALE. Scontro sulla pillola abortiva. I cattolici del Pd si astengono dal voto https://www.lavoce.it/consiglio-regionale-scontro-sulla-pillola-abortiva-i-cattolici-del-pd-si-astengono-dal-voto/ Thu, 18 Nov 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8904 Il Consiglio regionale ha respinto con 16 no e 10 sì le due mozioni presentate dalla minoranza sulle modalità di somministrazione della pillola abortiva Ru486. Assenti al momento del voto i consiglieri Barberini, Smacchi, Tomassoni (Pd), Modena (Pdl, per impegni precedentemente assunti) e il presidente dell’assemblea Brega (Pd), che ha motivato la sua assenza riferendola a questioni di “coscienza, storia e cultura personale”, e per il rispetto del ruolo istituzionale da lui ricoperto. Il dibattito si è articolato su due distinte posizioni: la prima, sostenuta dalle due mozioni respinte, riguardava la necessità di tenere conto dei pareri forniti dal Consiglio superiore di sanità e dall’Agenzia italiana del farmaco, che prevedono il ricovero obbligatorio. La seconda, variamente articolata dalle forze politiche di maggioranza, a sostegno della metodologia adottata dalla Giunta regionale per la predisposizione delle linee guida in materia. La mozione proposta da tutti i consiglieri regionali di centrodestra (De Sio, Lignani Marchesani, Mantovani, Monni, Nevi, Rosi, Valentino, Zaffini, Modena, Cirignoni) e sottoscritta anche dall’Udc (Monacelli), chiedeva l’impegno della Giunta a “seguire le indicazioni di tipo medico e normativo espresse dalle principali e più autorevoli istituzioni sanitarie del Paese”, vale a dire che i protocolli per l’aborto farmacologico con la pillola Ru486 e successiva prostaglandina prevedano esclusivamente il regime di ricovero ordinario per la donna che dovesse scegliere tale procedura. Inoltre questa mozione chiede di “monitorare con attenzione le possibili criticità di tipo gestionale, segnalate nelle linee di indirizzo trasmesse dal Ministero alle Regioni, per quanto riguarda eventuali dimissioni volontarie della donna contro il parere medico”. La seconda mozione, proposta dai consiglieri Zaffini (Fli) e Monacelli (Udc), chiedeva l’impegno della Giunta a “sottoporre al parere del Ceas (Comitato etico delle Aziende sanitarie della Regione Umbria) le linee guida predisposte dal comitato tecnico nominato dalla Giunta per l’introduzione, nei servizi delle Aziende sanitarie della regione, delle tecniche di interruzione di gravidanza con metodica medica”. Maria Rosi (Pdl) ha sottolineato che “nel momento in cui le donne decidono di abortire hanno bisogno di tutela e della vicinanza delle istituzioni: una tutela che può essere garantita solo in ospedale. L’unico luogo in cui si può affrontare un dolore come questo”. Per Paolo Brutti (Idv) “le linee guida preparate in Umbria da una commissione di esperti, e delle quali sollecito l’applicazione, prevedono un arco di tempo di 14 giorni, caratterizzato da amplissimi margini di sicurezza, all’interno dei quali il ricovero possibile è solo di tre ore, dopo la somministrazione della prima pillola”.

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Ru486: le regole devono valere anche in Umbria https://www.lavoce.it/ru486-le-regole-devono-valere-anche-in-umbria/ Thu, 22 Jul 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8620 Il dibattito sulle Linee guida per la somministrazione della pillola abortiva Ru486 arriva in Consiglio regionale prima ancora delle Linee guida regionali. A scatenare le reazioni sono state sufficienti le ripetute dichiarazioni dell’assessore alla Sanità Vincenzo Riommi (sulle quali abbiamo già riferito su queste pagine), che ritiene non vincolanti né le Linee guida del Governo né i pareri del Consiglio superiore di sanità. Così, dopo il confronto promosso lunedì 19 dal gruppo consigliare del Pdl con il Forum regionale delle famiglie, Scienza e Vita e il Movimento per la vita, tutti i consiglieri regionali dell’opposizione e facenti parte dei gruppi Pdl, Per l’Umbria, Udc, Lega Nord, hanno sottoscritto una mozione in cui chiedono che, relativamente all’aborto farmacologico con la pillola Ru486, anche in Umbria siano seguite “le indicazioni di tipo medico e normativo espresse dalle più autorevoli istituzioni sanitarie italiane”, prevedendo “esclusivamente il regime di ricovero ordinario per la donna che dovesse scegliere tale procedura”. Nella stessa mozione chiedono che si faccia il monitoraggio delle procedure, in particolare “per le eventuali dimissioni volontarie della donna contro il parere medico, al fine di evitare irregolarità nella compilazione delle Schede di dimissione ospedaliera (Sdo) e della conseguente gestione amministrativa”. A sostegno della loro richiesta i consiglieri regionali ricordano i tre pareri espressi dal Consiglio superiore di sanità sulle condizioni necessarie affinché sia tutelata la salute della donna nella procedura di aborto farmacologico che prevede l’assunzione della Ru486 e, a seguire, 48 ore dopo, quella di prostaglandine. Nel primo parere del Css del 18 marzo 2004, scrivono i consiglieri, “si afferma che ‘i rischi dell’interruzione farmacologica di gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell’interruzione chirurgica, solo se l’interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero’”, posizione confermata sia nel secondo parere del 20 dicembre 2005 che nel parere espresso il 18 marzo 2010. Stessa indicazione, scrivono i consiglieri nella mozione, è contenuta nelle conclusioni dell’indagine conoscitiva della commissione Sanità del Senato, conclusa il 26 novembre 2009, ed anche nello “schema alternativo di documento conclusivo della stessa indagine” presentato dai senatori di minoranza, tra cui Ignazio Marino. Altro fatto di cui l’assessorato alla Sanità dovrebbe tenere conto è, scrivono nella mozione, la “comunicazione da parte del ministro della Salute, Maurizio Sacconi, alla Commissione europea”, in cui si legge che “l’intera procedura abortiva, e fino all’accertamento dell’avvenuta espulsione dell’embrione, deve essere effettuata in regime di ricovero ordinario nelle strutture sanitarie”. Maria Rita ValliLINEE GUIDA. Forum famiglie e Scienza&Vita chiedono a Riommi audizione urgente davanti al Comitato tecnico scientificoIl Forum delle associazioni familiari dell’Umbria e l’associazione Scienza e Vita hanno presentato all’assessore regionale alla Sanità Riommi una richiesta urgente di audizione, avanti il Comitato tecnico scientifico, per l’introduzione nei servizi delle Aziende sanitarie della Regione Umbria delle tecniche di interruzione di gravidanza con metodica medica (Ru486). “L’introduzione anche nella nostra regione dell’aborto con metodica medica porta con sé gravi rischi per la salute della donna, oltre che seri problemi con riferimento alla somministrazione a donne minorenni, rischi e problemi tutti la cui urgente soluzione è in re ipsa”. È quanto scrivono i due organismi nella richiesta di audizione, auspicando di “essere sentiti al più presto dall’Assessorato”. Al riguardo rammentano che “tra le mansioni” del Comitato “è esplicitamente indicata quella di prevedere un percorso di confronto sulle linee guida redatte dal Comitato tecnico – scientifico con le società scientifiche, le associazioni degli utenti e gli organismi di pari opportunità”, e che la commissione Sanità del Senato e la stessa minoranza sono concordi sulla necessità che “l’intera procedura abortiva, nelle sue fasi, sia effettuata in regime di ricovero ordinario. Ci aspettiamo – concludono i due organismi – che ogni decisione sia assunta all’esito dell’audizione delle associazioni”. Intervento del Centro di bioetica sugli aspetti giuridici della questione Ru486Non esiste il “diritto” ad abortire. La 194 tutela la vita del concepito e della madreDopo alcune giornate particolarmente dense e contrassegnate da vari interventi sulla stampa locale e nazionale circa i modi e le difficoltà per la somministrazione della pillola Ru486 (interruzione volontaria di gravidanza farmacologica), ad oggi sembra che i diretti interessati si siano fermati di fronte a prese di posizione ideologiche, contrassegnate da uno zelo del tutto singolare nel volere promuovere, come primo atto “sanitario” della novella Giunta regionale dell’Umbria, un fantomatico quanto irrazionale “diritto” ad abortire a domicilio. Si crede opportuno, pertanto, evidenziare lo scollamento in cui è incorsa la Giunta regionale umbra e, in particolar modo, da quanto si legge dai giornali, circa le affermazioni dell’assessore regionale alla sanità Riommi in riferimento alle linee guida sulla modalità di utilizzo della Ru486. È subito bene ricordare che la competenza circa la stesura di linee giuda per le modalità di impiego del farmaco Ru486 e della determinazione di livelli di sicurezza non può che essere a livello nazionale. Infatti, l’art. 3 della l. cost. 18.10.2001 n. 3, in materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, ha previsto alle Regioni una potestà legislativa in materia sanitaria ma, allo stesso tempo, ha riservato allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Orbene, in questa particolare materia, anche se è vero che le Regioni possono adottare delle linee guida sulle modalità di utilizzo del farmaco, queste comunque non possano andare nella direzione di una tutela inferiore per la vita della donna di quanto stabilito a livello nazionale. Sarebbe un’evidente contraddizione logica e giuridica se su tutto il territorio nazionale ci fosse un determinato standard di tutela, eccetto che in Umbria, dove tale standard dovrebbe considerarsi inferiore. Infatti, proprio la tutela della salute e della psiche della donna deve essere il fondamento su cui costruire le linee guida per l’applicazione della Ru486: tutta la normativa circa la materia dell’interruzione volontaria della gravidanza (l. 22 maggio 1978, n. 194) ha come principale oggetto di tutela la vita nella sua fase iniziale e la tutela della salute della madre, entrambe intese come tutela della maternità in generale. Al contrario, in nessun articolo della suddetta normativa, né all’interno dei lavori parlamentari si richiama un generico, quanto imprecisato, diritto ad abortire, del tutto estraneo al nostro ordinamento. Diritto che oggi qualcuno vuole far riconoscere, pur in evidente contrasto con le nostre leggi e le loro interpretazioni, e magari proporre un nuovo diritto “ad abortire a domicilio”. Tuttavia, è ormai chiaro che da tale normativa (194/1978) deve discendere anche l’ambito di applicazione del cosiddetto aborto farmacologico (Ru486). Infatti, la somministrazione di tale prodotto ha le stesse finalità abortive (dirette o indirette) proprie di un intervento chirurgico. Da ciò consegue – come è stato ricordato nei vari pareri espressi dal Consiglio nazionale di sanità – che l’impiego del farmaco deve trovare applicazione nel rigoroso rispetto dei precetti normativi previsti dalla legge 194 del 1978, proprio a garanzia della tutela della donna. In particolare, deve essere garantito il ricovero in una delle strutture sanitarie individuate dall’art. 8 della citata legge, dal momento dell’assunzione del farmaco fino al momento dell’espulsione del feto. Tuttavia, è probabile che ciò non sia sufficiente per poter prestare un’adeguata tutela alla salute della donna. In realtà, con l’Ivg chirurgica, sulla quale è tarata la legge 194, il distacco e l’espulsione del prodotto del concepimento avvengono contemporaneamente; al contrario, nell’Ivg farmacologica tale momento non coincide. Proprio per questo, onde evitare che la tutela della salute della donna rimanga un mero principio di intenzione e non sia adeguatamente realizzata, è necessario – a parere dello scrivente Centro di bioetica – che vi siano previsioni puntuali e precise volte a far sì che l’aborto farmacologico sia praticato da personale sanitario qualificato e che tale pratica sia eseguita presso strutture sanitarie accreditate, previo ricovero continuativo della donna dal momento di assunzione del farmaco sino all’effettiva espulsione del prodotto del concepimento. Inoltre, anche l’ipotesi della ricerca del consenso informato per l’inizio della pratica abortiva, fino ad un eventuale rifiuto di ricovero, deve rendere chiari quali siano i rischi e le possibili complicanze, fino al decesso della gestante, per una scelta libera e consapevole della stessa. Altrimenti, sarebbe del tutto vana quella volontà, che rimarrebbe un mero desiderio di intenti, di tutelare in modo pieno ed effettivo la sfera psichica e fisica della gestante.

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Pillola Ru486: l’Umbria snobba le normative https://www.lavoce.it/pillola-ru486-lumbria-snobba-le-normative/ Thu, 08 Jul 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8588 La Regione Umbria non seguirà le Linee guida del Governo sulla pillola abortiva RU486 e dunque il cosiddetto “aborto farmacologico” sarà effettuato in day hospital e non in ricovero ospedaliero. Non c’è ancora la decisione della Giunta, ma vanno in questa direzione le dichiarazioni (vedi articolo sotto) rilasciate dall’assessore regionale alla sanità Vincenzo Riommi ben prima della conclusione formale dell’incarico affidato al Comitato tecnico-scientifico istituito dalla Giunta regionale per la redazione delle linee guida per la RU486. “Il comitato è convocato in assessorato il 23 luglio per presentare il lavoro fatto, dopodiché la decisione passerà alla Giunta” anticipa a La Voce Marcello Catanelli, già assessore al Comune di Perugia con il sindaco Locchi ed ora dirigente dell’assessorato regionale alla sanità nonché membro del Comitato. Dal maggio scorso i Direttori sanitari delle Asl, quattro dirigenti dell’assessorato e 12 medici ginecologi e ostetriche hanno affrontato “la questione da un punto di vista tecnico – scientifico” perchè, sottolinea Catanelli questo gli è stato chiesto. Ma cosa ha deciso il Comitato riguardo alla questione del ricovero in ospedale, uno dei punti più discussi fin dal momento in cui anche in Italia si è aperta la strada all’aborto farmaceutico? Catanelli non lo anticipa ma può dire che “il Comitato non ha trovato controindicazioni clinico – sanitarie al day hospital”. “Abbiamo lavorato molto – prosegue – sul manuale informativo per la donna sui diversi metodi abortivi ed anche sui moduli per il consenso informato, oltre che sui protocolli clinici da seguire nelle visite, i ricoveri e i controlli successivi”, come stabilito nella delibera di Giunta del 17 maggio scorso che dava mandato alla Direzione Sanità e Servizi sociali, quella di cui è responsabile Catanelli, di “definire gli standard assistenziali e le modalità organizzative … per la massima accessibilità e fruizione di tale livello assistenziale”. “Dobbiamo garantire il diritto all’aborto” sintetizza Catanelli dimenticando forse che l’unico diritto di cui parla la stessa legge 194/75 sulla interruzione volontaria della gravidanza è “il diritto alla procreazione cosciente e responsabile”. La delibera stabiliva anche di “prevedere un percorso di confronto sulle linee guida redatte dal Comitato” con le “società scientifiche, associazioni degli utenti e organismi delle pari opportunità”. L’assessore Riommi ha già incontrato l’associazione dei ginecologi, ma non è chiaro se ci saranno incontri dopo il 23 luglio o se la Giunta procederà direttamente alla delibera. “Al momento non c’è nulla di stabilito, su come procedere. Decideranno in sede politica” risponde Catanelli. Rischia così di cadere nel vuoto la disponibilità manifestata dalle associazioni Scienza&vita e Forum Famiglie dell’Umbria al coinvolgimento alla fase di partecipazione popolare annunciata da Riommi sulla stampa. “Atto dovuto ma non urgente”, avevamo scritto su queste pagine, evidenziando la inopportunità di aprire la legislatura regionale con l’istituzione del Comitato per la RU486, in una regione che è ai primi posti per anzianità della popolazione e per abortività. Non ci resta che confermare la nostra totale incomprensione per la profusione di tanto “zelo” nel garantire un diritto (all’aborto) che non c’è, mentre nulla si muove per garantire alle famiglie, e alle donne, la libertà di scegliere di avere dei figli. Maria Rita ValliLe contestazioni dal mondo cattolico“E inaccettabile che si imponga il ricovero ospedaliero della donna, a prescindere da motivate esigenze sanitarie”. Così l’assessore alla sanità della Regione Umbria, Vincenzo Riommi, ha “liquidato” le linee guida del ministero della Sanità sulla somministrazione della pillola abortiva Ru486. Nella breve intervista rilasciata a La Nazione-Umbria venerdì scorso, annunciava che in Umbria saranno applicate “le indicazioni che verranno dal Comitato scientifico” istituito dal suo assessorato, e le linee guida regionali saranno emanate entro settembre. “Stante la delicatezza dell’argomento – aggiungeva -, farò transitare tali indicazioni attraverso una attenta partecipazione popolare”. Insomma, una annunciata “disobbedienza istituzionale” della Regione rispetto alle indicazioni del Ministero. Dichiarazioni che non sono piaciute a Scienza & Vita e al Forum delle associazioni familiari dell’Umbria, che in un comunicato congiunto hanno contestato l’assessore, che già il giorno prima, rispondendo alle domande di Avvenire, pubblicate sull’inserto E’vita, aveva affermato di voler seguire le indicazioni di “un comitato tecnico-scientifico, perché non spetta ai politici, né alle consulenze del Ministero, stabilire le modalità di un atto medico”. “L’assessore Riommi evidentemente non conosce l’argomento su cui sta esternando” si legge nella nota di Mpv e Scienza & Vita, che continua ricordando all’assessore il fatto che “le linee di indirizzo del Ministero si basano su ben tre pareri del Consiglio superiore di sanità, che è la più importante autorità scientifica istituzionale in ambito sanitario nel nostro Paese”. I tre pareri, elaborati da differenti Consigli, aggiunge la nota, “sono concordi sulla necessità di un ricovero ordinario per chi sceglie di abortire con la Ru486. Se il suddetto Comitato non dovesse seguirne le indicazioni, l’Amministrazione regionale tutta dovrà prendersene pubblicamente la responsabilità, e risponderne ai cittadini”. Sulla stessa linea la nota del capogruppo Udc in Consiglio regionale, Sandra Monacelli, per la quale se le linee guida della Regione si dovessero discostare da quanto indicato dal Consiglio superiore di sanità dovrà essere “l’Amministrazione regionale a assumersene pubblicamente l’intera responsabilità nei confronti dei cittadini e delle donne in particolare, chiarendone le motivazioni”. Per Monacelli, l’assessore dovrebbe tenere conto anche delle implicazioni legali, nel caso dovesse confermare la scelta di discostarsi dalle linee guida del Ministero, avendo già il Governo espresso alla Commissione europea il proprio parere circa la compatibilità della procedura abortiva farmacologica con la legge italiana. “Tale parere – ricorda Monacelli – afferma che l’uso della pillola Ru486 è compatibile con la nostra legislazione solo in regime di ricovero ordinario”. “La Ru486 non è un farmaco, in quanto esso non cura, ma viceversa è qualcosa che agisce innescando di fatto il meccanismo di morte di un essere umano (il feto)” ricorda Maria Rosi, consigliere regionale del Pdl in un comunicato diffuso lunedì. Rosi vi sottolinea la “inusuale solerzia della Giunta regionale dell’Umbria” per l’introduzione della pillola abortiva nelle strutture sanitarie umbre “appellandosi alla falsa bandiera del diritto delle donne”. La pillola in questione, ricorda Rosi, in realtà “è nociva per la salute delle donne”, per questa ragione fa un appello “a tutte noi donne” affinché prendano coscienza “che la libertà di scelta è e deve essere solo nostra, e pretendiamo che le istituzioni siano al fianco delle donne, invece di tirar loro agguati”. Nota del Centro regionale di bioetica FiléremoGli effetti nocivi sui qualila donna va informataIl Centro di bioetica regionale dell’Umbria “Filéremo” entra nel dibattio sulla pillola abortiva Ru486 con una nota incentrata “da una parte su dati scientifici, quindi controllabili, dall’altra su norme legislative, quindi verificabili”. Questo il testo della Nota. Dal punto di vista scientifico, il mifepristone (RU-486) determina entro due giorni circa dalla assunzione orale la morte lenta del feto, che viene espulso grazie ad un secondo prodotto, il misoprostolo somministrato per bocca o per via vaginale. La somministrazione di mifeprostone e di mosoprostolo determina l’aborto chimico, in alternativa all’aborto chirurgico. Sull’efficacia nella induzione di aborto entro le nove settimane di gravidanza non ci sono dubbi, anche se viene riportato il fallimento del metodo nel 3,5% dei casi. Così come non ci sono dubbi scientifici sugli effetti collaterali avversi. Intanto la pratica è dolorosa ed associata sovente a contrazioni uterine, nausea, vomito, diarrea, febbre. Esistono poi le complicanze più gravi che vanno dal sanguinamento importante, con necessità di emostasi chirurgica e di emotrasfusione, all’infezione uterina che richiede ospedalizzazione, revisione della cavità uterina post-aborto, fino al decesso. Numerosi sono i casi di morte segnalati nella letteratura scientifica internazionale, provocati da sepsi, setticemie, shock da emorragia massiva. Tali morti hanno implicazioni importanti non solo in termini individuali, ma anche di salute pubblica. Anche se gli esiti fatali segnalati vengono valutati come un numero limitato è importante che le donne siano informate. Certo la pillola abortiva è stata autorizzata dal ministero della Sanità, ma va somministrata nel rispetto dalla legge 194/78 che disciplina l’interruzione volontaria della gravidanza. È la medesima legge a prevedere all’art. 8 che “l’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico- ginecologico presso un ospedale generale… presso gli ospedali pubblici specializzati, presso gli istituti ed enti convenzionati e presso case di cure autorizzate dalla Regione”. Se una Regione rifiuta di somministrare le due pillole in regime di ricovero, ove avverrà l’aborto, disattende le linee-guida del ministero della Salute e il parere del Consiglio superiore di sanità, che per ben tre volte ha ribadito tramite i suoi esperti che il ricovero è necessario per la tutela della salute della donna, ferma restando la libertà della donna di dimettersi volontariamente e anticipatamente, sotto la sua responsabilità. Certo sono criticità da valutare da parte di tutte le componenti preposte alla tutela della salute dei cittadini. Il nostro timore è che si banalizzi ulteriormente la pratica dell’aborto fino a rendere le pillole “killer” commerciabili in ogni farmacia, magari anche senza prescrizione medica. E nessuno può meravigliarsi se già una della due pillole, il misoprostolo (Cytotec), indicato per patologie gastrointestinali, viene assunto da solo per pratiche abortive.

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Non è amica delle donne https://www.lavoce.it/non-e-amica-delle-donne/ Thu, 06 Aug 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7766 ‘La decisione dell’Agenzia italiana del farmaco che il 30 luglio scorso ha approvato l’utilizzo della pillola abortiva Ru486 in ambito ospedaliero, come alternativa all’aborto chirurgico, si allinea a quella presa in altri Paesi. La decisione ha provocato un acceso dibattito che ha coinvolto gli schieramenti politici in modo trasversale. Per comprendere soprattutto le posizioni della Chiesa in merito si devono conoscere esattamente le conseguenze che produce. In una nota firmata Giorgio Gibertini, presidente del Centro aiuto alla vita di Roma, esprime un chiaro dissenso: ‘La Ru486 non è una medicina. Non cura alcuna malattia. Non aiuta la vita, la stronca sul nascere. La Ru486 non è amichevole nei confronti delle donne. Non realizza in alcun modo un aborto indolore, posto che sia possibile realizzarlo. È al contrario un sistema abortivo altamente controverso anche dal punto di vista della sua sicurezza ed efficienza clinica’. Il testo, che ha per titolo ‘Appello al Ministro Carfagna: pari opportunità per le mamme’, sottolinea che ‘la pillola abortiva tende a deresponsabilizzare il sistema medico, e a ridurlo a dispensario di veleni, e lascia sole le donne, inducendole a una sofferenza fisica e psichica prolungata e domestica, molto simile alle vecchie procedure dell’aborto clandestino’. Gibertini afferma poi che ‘per queste ragioni etiche siamo contrari alla pillola Ru486 e alla sua introduzione in Italia, anche perché la sua utilizzazione è incompatibile con le norme della legge 194/1978’, ricordando che il genetista Jerome Lejeune, scopritore della sindrome di Down, definì il prodotto un ‘pesticida umano’. In una nota diffusa dal Centro di Ateneo di bioetica dell’Università cattolica, diretto da Adriano Pessina, si afferma che l’introduzione della Ru486 risulta una ‘banalizzazione’ dell’aborto’. Il dibattito intercorso pone in evidenza la necessità che la moratoria sull’aborto volontario si trasformi concretamente nell’opera di rimozione delle cause che lo permettono’. Tra queste, ‘la più rilevante non sembra essere quella economica, ma quella culturale, che ha portato al disimpegno della società, alla scomparsa della figura e della corresponsabilità paterna, che ha accettato una linea di indifferenza che di fatto conduce alla solitudine esistenziale delle madri che decidono di abortire’. ‘Troppo spesso – denuncia Pessina – dimentichiamo che la tutela dei diritti delle donne non può mai essere usata contro il diritto alla vita del figlio: nell’aborto, sebbene in misura differente, le vittime sono sempre due. Non possiamo sottrarci alla responsabilità sociale di accogliere la vita nascente, che è sempre degna di trovare cittadinanza in una società evoluta’. Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII ha preso posizione contro la RU486 e si è definita ‘in lutto’, promettendo di vigilare ‘perché nessuna casa farmaceutica accetti di distribuire questo prodotto agli ospedali’. Le prese di posizione contrarie alla Ru486 sono concordi nel denunciare che la sua somministrazione va contro le norme della Legge 194 considerando che la Ru486 è a tutti gli effetti abortiva, tanto che se non ottiene l’effetto viene rimborsata la persona che l’ha usata. È una pillola che provoca la morte e l’espulsione del feto diversamente dalla pillola del giorno dopo che se presa nelle prime ore impedisce l’annidamento dell’ovulo fecondato. L’inventore fa presto a dire ‘la mia pillola non ha ammazzato mai nessuno’, perché in realtà ha ucciso tanti esseri umani appena concepiti quante sono le pillole vendute. Nell’appello al ministro Carfagna del Cav di Roma sopra riportato sono ricordati i 121.406 aborti legali effettuati in Italia nel 2008, e si chiede: ‘perché almeno la stessa cifra che lo Stato spende per l’aborto non è data alle mamme che vogliono tenere il bambino?’. Per concludere: il tanto clamore sulle posizioni della Chiesa non tiene conto che non c’è nulla di nuovo se non la riproposizione delle norme che riguardano l’aborto e quindi la scomunica per coloro che lo praticano e lo favoriscono.

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Va rivisto il ruolo dei consultori https://www.lavoce.it/va-rivisto-il-ruolo-dei-consultori/ Thu, 10 Jan 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6378 Nel corso del recente convegno di Assisi incentrato sulla ‘Riflessione di trenta anni di legge 194′(di cui La Voce ha già dato notizia), sono emerse indicazioni per renderla attuabile in ogni sua parte. Così, è stato sottolineato che l’obiezione di coscienza da parte dei sanitari nella pratica dell’aborto va mantenuta integralmente; che i consultori devono essere luoghi che tutelano la vita; che l’interruzione della gravidanza andrà effettuata in ambiente ospedaliero anche quando in Italia sarà operativo l’aborto chimico con l’introduzione della pillola abortiva RU486; che va bandito l’aborto selettivo; e che l’aborto terapeutico, sulla scorta delle recenti scoperte scientifiche, deve essere praticato prima della 21a settimana di gestazione. Qualcuno, seppure sommessamente ha auspicato che la donna prima di abortire guardi, mediante ecografia, il proprio figlio nella sua forma e nei suoi movimenti. Forse si ridurrebbe l’aborto del 50 per cento. Dopo pochi giorni dal meeting di Assisi, è stato lanciato l’appello della moratoria contro l’aborto, in assonanza a quella contro la pena di morte votata all’Onu. L’appello è stato lanciato da Giuliano Ferrara, direttore del quotidiano Il Foglio. Sorpresa c’è stata anche per l’immediata accettazione dell’iniziativa da parte di molte componenti politiche, laiche e cattoliche, e semplici cittadini che hanno trovato nella moratoria dell’aborto una voce da tempo repressa. È stato un sasso lanciato in un stagno di scomode accettazioni, di cui ben pochi però sono stati in grado di smuovere le acque. La richiesta della moratoria sull’aborto che cosa significa e dove dovrebbe condurre? Alla revisione della legge 194, o, se si vuole evitare il cammino parlamentare, alla stesura di linee-guida che rendano obbligatoriamente più aderenti allo spirito della medesima legge le varie fasi di assistenza alla donna in gravidanza. Considerato che nell’articolo 1 di detta legge è previsto che lo Stato ‘riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio’, l’applicazione piena della legge sarebbe un primo passo a favore della vita, come indicato in vari punti anche dal sopra citato convegno di Assisi. Tra i punti toccati, due le priorità: ridisegnare il ruolo del consultorio, che può avvalersi ‘della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita’. Al consultorio si assegna inoltre, nell’art. 5, il compito di ‘rimuovere le cause che conducono la donna all’aborto, di promuovere ogni intervento atto a sostenerla, sia durante la gravidanza che durante il parto’. In Italia i consultori gestiti da volontari hanno salvato 83 mila vite in trent’anni. Non ci sono dati sui risultati salva-vita dei consultori pubblici. Un altro aspetto concreto da far rispettare mediante la moratoria è l’obbligatorietà dell’interruzione gravidica in ambiente ospedaliero, messa in discussione dalla tecnica dell’aborto chimico praticato con la pillola RU486, prossimamente disponibile anche nel nostro Paese. Anche l’Associazione medici cattolici (Amci) di Perugia, come altre sedi nazionali, ha aderito all’appello per la moratoria anti aborto. Il contributo di altre associazioni renderà più incisiva l’iniziativa e darà certezza di aneliti di vita a persone che lo desiderano. Intanto la moratoria sta per approdare al Parlamento europeo.

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Cultura contro l’aborto https://www.lavoce.it/cultura-contro-laborto/ Thu, 22 Nov 2007 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6286 Una cosa è certa: è tempo di aprire un dibattito per rivedere e, semmai, correggere i 22 articoli che compongono la legge 194 del 1978, ovvero ‘norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza’. Si tratta di una legge datata, frutto di compromessi politici che spesso annullano la dignità umana. Ancora una volta a Città di Castello si sono affrontati questi delicati problemi attuali, mediante un incontro, organizzato dal Movimento per la vita tifernate sotto la guida del presidente regionale Renzo Tettamanti, dal titolo ‘La società civile e i giovani. Il significato di una legge e l’impatto educativo. Riflessione su 30 anni di legge 194’, tenutasi presso la Sala consiliare del Comune il 17 novembre. Obiettivo di queste iniziative, ha detto più volte lo stesso Tettamanti, è quello di ‘rompere il silenzio che cala su tali argomenti, così da favorire una discussione aperta su una disposizione legislativa che nell’arco di trent’anni ha permesso l’uccisione di 5 milioni di nuove vite’. Simone Pillon, del Forum delle associazioni familiari umbre, ha riflettuto sulla pillola Ru486 che procura l’aborto chimico senza il ricovero della donna e l’intervento chirurgico. Pillon ha constatato che ‘con questa pillola l’aborto torna ad essere un problema della donna, e non a livello sociale. La legge 194 ha fatto purtroppo ‘cultura’, è passato un principio: la donna è lasciata sola dinanzi alla gravidanza’. Sull’importanza dell’educazione dei figli alla maternità da parte dei genitori è intervenuto Sergio de Vincenti. Padre di nove figli, de Vincenti ha ricordato che ‘l’importanza della relazioni umane nel rispetto della vita è un messaggio che i genitori hanno l’obbligo di dare ai loro figli. Contro l’odierna ipocrisia di persone che portano avanti battaglie contro la pena di morte, e poi dimenticano le condanne perpetrate nel loro Paese’. Anche la scuola, secondo de Vincenti, deve affrontare il tema della vita; si deve ‘chiedere un patto educativo serio per l’educazione dei nostri bambini, in quanto ci troviamo immersi nella cultura della morte dacché abbiamo perso la percezione dell’umano’. La studiosa Marina Casini, figlia di Carlo, presidente nazionale Mpv, ha spiegato in modo analitico il dettato della legge 194. ‘La legge ‘ ha detto ‘ è stata approvata sotto il segno della provvisorietà e dell’emergenza. Provvisorietà perché già si prevedeva una prossima riforma che invece in trent’anni non c’è stata; emergenza perché erano gli anni Settanta. Ricordiamoci soprattutto il caso del medico fiorentino Canciani, che fino al 1975 gestiva una clinica dove si poteva abortire con il supporto del Cisa, gestito dal Partito radicale’. A seguito dell’approfondita relazione della studiosa, si può concludere che è tempo di riformare la norma sull’aborto, anche perché si sono moltiplicate le conoscenze scientifiche e sono stati perfezionati strumenti e metodologie cliniche. Ricordiamo, come postilla conclusiva, che secondo un’inchiesta uscita di recente sul Corriere della Sera il numero degli aborti è in calo, ma sono ancora molti per le ragazze tra i 15 e i 17 anni, le quali spesso ricorrono alla ‘pillola del giorno dopo’ (che si assume entro 72 ore dal rapporto per impedire l’ovulazione). Sarebbero 1.000 le pillole assunte in Italia ogni 24 ore. La fascia d’età sopra menzionata dimostra quanto l’incontro promosso dal Mpv abbia centrato il persistente problema educativo, prima ancora che legislativo.

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Concepiti e mai nati https://www.lavoce.it/concepiti-e-mai-nati/ Thu, 01 Feb 2007 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5650 Ventinove anni fa veniva promulgata in Italia la legge 194 che consente l’aborto volontario. Da allora la Chiesa cattolica italiana, nell’espressione autorevole della Conferenza episcopale italiana (Cei), invita la comunità cristiana e civile del nostro Paese a celebrare la ‘Giornata per la vita’ nella prima domenica di febbraio di ogni anno. Scopo di questa celebrazione è promuovere il riconoscimento della dignità ‘inerente’ ad ogni essere umano fin dal suo concepimento, in ogni sua fase di sviluppo e condizione di salute, fino al suo termine naturale. Da qui ne deriva il richiamo forte all’assoluto rispetto per la sua integrità e per la sua vita da parte di ogni suo simile che, pur se adulto ma essendo uguale in dignità, non può arrogarsi alcun diritto di supremazia su di lui, di vita o di morte, specie quando l’essere umano si trovi nella condizione di estrema inermità e debolezza, in tutto dipendente proprio dalle cure dell’altro suo simile. E non c’è nessuno più inerme e debole di un bambino concepito e non ancora nato. In questi 29 anni, sotto l’egida di quella legge dello Stato, quasi 5 milioni di bambini sono stati annientati prima di nascere, e continuano ancora ad esserlo a centinaia di migliaia ogni anno! Nuovi metodi farmacologici di morte sono stati introdotti, come la pillola Ru486 e la ‘pillola del giorno dopo’. Con la prima si tenta ipocritamente di rendere falsamente indolore per la donna la perdita volontaria del proprio figlio. Con la seconda pillola si intende prevenire in extremis l’aborto volontario dopo un rapporto ritenuto ‘a rischio’, ma, misconoscendone l’effetto prevalentemente abortivo precoce, si elude di fatto la stessa legge 194.Così, mentre le statistiche nazionali sulle ‘interruzioni volontarie della gravidanza’ (Ivg; sono così detti gli aborti volontari effettuati secondo la legge 194) sembrano soddisfare i nostri ministri della Salute per l’apparente costante decremento del loro numero assoluto negli anni, si assiste all’aumentato consumo di questi mezzi abortivi, falsamente definiti ‘contraccettivi di emergenza’, producendo un fenomeno sommerso di aborti volontari che, se potesse essere quantificato, andrebbe sicuramente ad indicare il progressivo aumento del numero assoluto delle vite umane soppresse nel grembo materno. Si sta così prefigurando la liberalizzazione dell’aborto ‘fai da te’, in barba alla stessa legge 194. È infatti significativo a questo riguardo considerare che ogni anno vengono vendute circa 300 mila ‘pillole del giorno dopo’, a fronte di circa 130 mila aborti legalizzati in questi ultimi anni. Ma, ancor più tragicamente, il numero dei bambini concepiti ‘in provetta’, e sacrificati per logica intrinseca alla metodica delle tecniche di fecondazione extracorporea, sarebbe forse dello stesso ordine di grandezza di quello delle Ivg, se si potessero contare: ogni ‘bambino in braccio’ nato da fecondazione in vitro comporta mediamente, nelle statistiche internazionali e nazionali più rilevanti, la perdita di circa 13 embrioni fratelli, pur trasferiti in utero; senza poi poter contare tutti gli altri embrioni che vengono abortiti dopo trasferimento in utero nell’80% delle donne che non riescono ad avere un figlio da fecondazione artificiale Fivet, e quegli embrioni che vengono scartati dal biologo prima ancora di essere trasferiti in utero o che muoiono in vitro ‘spontaneamente’, o quelli che illegalmente ‘sovrannumerari’ vengono congelati a -200’C nell’azoto liquido.È la nuova ecatombe di esseri umani appena concepiti permessa da una nuova legge del nostro Stato: la n’40 del 2004, che pure ha resistito ad un importante referendum, tendente a rendere ancora più grave sul piano etico la sua applicazione.

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Le nostre priorità https://www.lavoce.it/le-nostre-priorita/ Thu, 07 Dec 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5555 Il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria inaugurerà sabato 16 dicembre, ore 10, la sua nuova sede a Perugia, via Col di Tenda, 15, alla presenza del vescovo Giuseppe Chiaretti, dei delegati della regione Umbria, delle Provincie di Perugia e Terni, dei maggiori Comuni umbri e delle altre autorità regionali. Per l’occasione, la sera prima, venerdì alle 18 si terrà l’assemblea generale dei delegati, con la partecipazione di Gianna Savaris, membro del direttivo nazionale del Forum delle famiglie. L’assemblea sarà l’occasione per fare il punto sulle attività promosse dal Forum in questo ultimo anno. Nel 2006, il 7 marzo, è stata rinnovata la presidenza con l’elezione di Simone Pillon, presidente, Mauo Cozzari segretario e Giovanni D’Andola tesoriere, In questi mesi il Forum si è impegnato per allargare il più possibile le adesioni da parte di organismi e associazioni giungendo a convocare per questa assemblea 23 diverse aggregazioni. Il ‘manifesto politico’ del Forum, ‘Famiglia sei priorità’, è stato presentato il 24 marzo a Perugia a politici appartenenti a entrambi gli schieramenti in campo. Il nuovo presidente ha cercato il dialogo con le istituzioni, a cominciare dal Comune di Perugia, in particolare con l’assessore Ilio Liberati, che si è detto disponibile ad agire di concerto sulle tematiche di interesse della famiglia. Il Forum ha collaborato anche all’organizzazione di due corsi, tenutisi presso il centro pastorale Mater Gratiae di Montemorcino in aprile. Il primo era un corso di preparazione per assistere le donne in gravidanza, in base alla legge 194/78 che prevede che i consultori possano avvalersi della collaborazione di associazioni di volontariato; vi hanno partecipato una ventina di persone. Il secondo corso era rivolto agli insegnanti di ‘educazione all’affettività’ nelle scuole secondarie che purtropponon ha registrato una significativa partecipazione. I contatti istituzionali avuti anche con la regione (il presidente è stato ricevuto dalla responsabile regionale per le Politiche sociali) hanno avviato un rapporto di collaborazione per monitorare la situazione delle famiglie umbre. Le attività in programma vedono in calendario una conferenza con mons. Fisichella e L’on. Santolini sul libro del card. Caffarra ‘Nati per amare’, il 19 gennaio prossimo; la celbrazione della giornata della vita in collaborazione col MPV, domenica 4 febbraio; il 5 febbraio un seminario di studio sull’eutanasia con Maria Luisa Di Pietro, l’8 marzo la presentazione del libo di Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella sulla pillola RU486 e, in data da definire, un dibattito con i deputati e i senatori eletti in Umbria sul tema della famiglia.

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Mons. Chiaretti: cosa intendo per ‘regime’ https://www.lavoce.it/mons-chiaretti-cosa-intendo-per-regime/ Thu, 26 Oct 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5465 ‘In Umbria siamo da 60 anni in una certa difficoltà: c’è in giro, anche tra i cattolici, una stanchezza determinata da questi decenni di ‘regime’ che ha fatto sorgere una disaffezione verso la politica: c’è invece l’urgenza di un ritorno all’interessamento di un nuovo impegno’. È questo il passaggio dell’intervista in cui l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, mons. Giuseppe Chiaretti, ha parlato di ‘regime’ provocando le reazioni del mondo politico regionale. L’intervista raccolta da Lorenzo Fazzini al Convegno di Verona, pubblicata martedì sul sito web della Conferenza episcopale umbra (www.chiesainumbria.it) e rilanciata dall’Ansa regionale, è stata ripresa dai quotidiani locali che gli hanno affiancato le opinioni della maggioranza, il centrosinistra, al governo dei maggiori Comuni umbri fin alle prime elezioni del dopoguerra e della Regione fin dalla sua istituzione. Un gran polverone che mons. Chiaretti non si aspettava, anche per il contesto in cui è nata l’intervista: una valutazione del Convegno ecclesiale nazionale ed in particolare una risposta sulle ‘priorità fondamentali per la situazione umbra’ riguardo al tema della cittadinanza. Chiaretti ci tiene a precisarlo, spiegando che quella parola ‘regime’ l’ha voluta tra virgolette perché ‘va intesa in senso ampio e culturale’ e soprattutto perché non l’ha inventata lui. ‘Se ne è discusso anni fa in un dibattito tra Ernesto Galli della Loggia e il deputato Ds Alberto Stramaccioni, raccolto in un libro intitolato Rossi per sempre, e in altre riviste se ne parla. ‘Ma allora si può parlare di regime in Umbria?’. La domanda del giornalista del ‘Messaggero’ Sandro Petrollini apriva nel 2003 un dibattito tra il politologo Ernesto Galli della Loggia e il deputato e già segretario dei Ds dell’Umbria, Alberto Stramaccioni. Il dibattito fu raccolto in un volume dal titolo ‘Rossi per sempre’, sulla cui copertina compare la sagoma della regione tutta in rosso. ‘Penso di sì’ era la risposta di Galli della Loggia, che nel dibattito più volte lo ribadisce specificandone il senso. ‘Non credo sia giusto usare il termine regime per Berlusconi a livello nazionale, figuriamoci per la nostra regione’ rispondeva Stramaccioni, che indicava in altri soggetti quali imprenditori, università, banche, classe dirigente politico-amministrativa, i veri centri interessati a ‘mantenere il regime’. A questo dibattito e ad altri interventi che in questi anni sono seguiti si è riferito l’arcivescovo Chiaretti. Io – spiega Chiaretti – non ho fatto altro che riprendere quelle analisi’. E sono analisi che descrivono una regione che non ha mai conosciuto l’alternativa al governo di sinistra, sempre premiato dagli elettori. Certo, l’obiettivo di mons. Chiaretti non era quello di aprire un dibattito politico di critica alle istituzioni locali, semmai il discorso era rivolto al laicato cattolico umbro che a giudizio del Vescovo ‘è stanco e disinteressato’ tanto da ritenere ‘urgente una riflessione sui temi della dottrina sociale della Chiesa’. La stanchezza e la demotivazione del laicato cattolico sono causate, a giudizio di mons. Chiaretti, anche da questa situazione di ‘regime’, cioè di ‘persistenza del potere’. Non c’è più ‘l’abitudine al dibattito, né la voglia di impegnarsi, perché sembra che nulla possa cambiare’. Forse, aggiunge il Vescovo, è anche vero che ‘se la gente non dice niente vuol dire che le va tutto bene, ma certo è che in questo contesto i valori cristiani non possono affiorare compiutamente, perché non c’è chi li porta avanti’ e i vescovi si trovano a fare opera di supplenza di un laicato cattolico assente dalla scena culturale, politica, mediatica, della regione. Con le istituzioni locali il rapporto è improntato al massimo rispetto, commenta Chiaretti ricordando anche le collaborazioni realizzate in settori come i beni culturali o la ricostruzione post terremoto, la fondazione contro l’usura o l’osservatorio delle povertà o la più recente legge sugli oratori. Lo stesso rispetto che lo ha animato quando è intervenuto, anche duramente, su leggi e delibere che chiamavano in gioco valori irrinunciabili, come nel dibattito sul valore della famiglia nello statuto regionale, o sulla pillola Ru486 che l’assessorato alla sanità voleva introdurre. Il dibattito ora, comunque, è aperto e l’Arcivescovo a questo punto si augura che possa essere positivo per tutta la società umbra.

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Nessuno si chiede perchè in Umbria ci sono così tanti aborti https://www.lavoce.it/nessuno-si-chiede-perche-in-umbria-ci-sono-cosi-tanti-aborti/ Thu, 02 Feb 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4944 Gli attacchi alla vita nascente non si fermano. Ci siamo ormai abituati che un bimbo su quattro non ancora nato venga abortito legalmente nella nostra Umbria ( 82.750 dal 1978 ad oggi! ) e non ci chiediamo neanche il perché la nostra Regione detiene nel 2004 in Italia questi tristi primati: prima regione in Italia per tasso di abortività (13 aborti su 1.000 donne in età fertile; in Italia il tasso d’abortività è 9,9), seconda regione in Italia dopo la Puglia per rapporto di abortività (321.7 aborti per 1.000 nati vivi; in Italia è stato di 294.4 /1.000 n.v.)! Ci siamo battuti per il maggior rispetto della vita possibile durante una campagna referendaria per l’approvazione della legge 40 sulla fecondazione artificiale ed anche tutto questo sembra essere stato archiviato poiché semplicemente c’è una legge che produce bimbi in provetta rigorosamente omologhi, già dimenticando che comunque la tecnica stessa è abortiva in sé. Abbiamo la distribuzione sistematica della pillola del giorno dopo anche nei nostri presidi sanitari e nelle nostre farmacie e non ci si cura nemmeno più degli effetti che essa ha sia fisici che psichici. Nella nostra Umbria ci sono gruppi di studio per elaborare protocolli per l’uso della RU486 presso i Servizi Ospedalieri per l’IVG e giungono notizie che le controindicazioni che già sono state scritte e riscritte, anche a livello internazionale, non vengano prese nella debita considerazione. Alcuni vanno a dimostrare sulle piazze per la difesa della 194 e poi si stracciano le vesti per la bimba trovata nel laicissimo cassonetto di Alessandria o per la bimba salvata dalle acque, come novella Mosè. Gridano allo scandalo per gli attacchi alla laicità dello Stato e nel contempo poco o nulla si fa per offrire aiuti economici alle donne tentate di abortire per difficoltà economiche, o per rendere meno gravose le tariffe dell’acqua, del metano o le tasse alle famiglie numerose monoreddito. Si sta preparando una dura battaglia per la legalizzazione dell’eutanasia anche in Italia motivandola con la riduzione della sofferenza del paziente e dei familiari ed oscurando la verità che così si uccide un uomo. Non esistono piccoli o grandi omicidi! Cosa sta succedendo? Come mai questa società è così schizofrenica? Siamo ormai alla deriva? Sì, siamo alla deriva prima ancora che morale, alla deriva della ragione, quando si delega al lecito legale il lecito morale. Guardini già nel lontano 1949 scriveva: ‘Come esiste una logica della scienza, esiste pure una logica della vita. La prima è evidente, quando dice per esempio che una pietra attirata dalla forza di gravità al centro della terra non può muoversi verso l’alto. L’altra è più difficile da capire, ma altrettanto inesorabile come la prima: dichiara che azioni eticamente sbagliate, anche se appaiono utili, alla fine conducono alla rovina. Mentire può recare vantaggio una, dieci, cento volte; alla fine stronca ciò su cui poggia la vita: nella propria interiorità il rispetto di se stessi, nel rapporto con gli altri la fiducia; è un danno senza rimedio. Questa conseguenza è inesorabile al pari della legge di gravità. ‘ Ogni violazione della persona, specialmente quando s’effettua sotto l’egida della legge, prepara lo Stato totalitario. Rifiutare questo e approvare quella non denota chiarezza di pensiero né coscienza morale vigile’. Sta ad ognuno di noi arginare questi attacchi, schiarire questo obnubilamento della coscienza manipolato dai parolai di turno, ricostruire un’antropologia dove l’uomo, tutto l’uomo, dal suo concepimento alla morte naturale sia trattato con dignità; un uomo al quale si riconosca il senso e significato del suo esistere per il solo fatto di esistere.

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Madri (e cultura) in difficoltà https://www.lavoce.it/madri-e-cultura-in-difficolta/ Thu, 26 Jan 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4927 L’Umbria si conferma ai primissimi posti, se non al primo, per la percentuale di aborti. Nel 2003 su 7.115 bambini nati (dati Istat) nelle strutture sanitarie umbre sono state praticate 2.293 interruzioni volontarie della gravidanza (dati dell’Assessorato regionale alla Sanità). Il che significa che circa il 25 % di concepimenti ha come esito l’aborto. Eppure, lamenta il Movimento per la vita (Mpv), esiste ancora una scarsa sensibilità nei confronti delle iniziative del volontariato cattolico a favore della vita, sia da parte della società, sia dello stesso tessuto ecclesiale. Occorre, ribadiscono, una maggiore visibilità. In occasione della Giornata per la vita, del 5 febbraio, il Mpv ha in cantiere una serie di incontri e novità. Le passa in rassegna il presidente del Mpv umbro, Renzo Tettamanzi: ‘Un importante evento culturale si tiene a Spoleto il 27 e 28 gennaio. Si intitola ‘Spoleto per la vita e i giovani’. Venerdì 27 ha luogo una tavola rotonda che affronta la tematica da vari punti di vista: biomedico, sociale, nel Magistero della Chiesa. Il giorno 28, alle 9 di sera, si tiene invece un happening giovanile, con l’esibizioni di cori e bande musicali’. ‘A Città di Castello – continua Tettamanti – è stata organizzata una veglia di preghiera per domenica 5 febbraio; il tema sarà anche al centro della messa presieduta dal Vescovo. Sempre a Città di Castello, stiamo per aprire la nuova sede. Più avanti nel tempo, il 5 marzo, a Terni si terrà infine un grande meeting di riflessione per tutti i rappresentanti umbri del Mpv, centrato in particolare sugli effetti della pillola Ru486’. Movimento per la vita e Centri di aiuto alla vita (Cav) vengono spesso confusi. ‘Non possono fare a meno uno dell’altro. Il Movimento si occupa di affrontare i ‘vuoti culturali’: non solo l’aborto, ma anche la procreazione artificiale, l’eutanasia. I Cav invece si rivolgono alle necessità delle ragazze madri e delle famiglie in difficoltà. Lo scopo è sempre quello di difendere la donna, inclusa la sofferenza di colei che ha interrotto la gravidanza. Cercare di redimerla, perché un po’ tutti abbiamo bisogno di redenzione. Esistono poi vari altri servizi: le case di accoglienza, di cui un esempio molto positivo è Casa San Vincenzo a Perugia; il Progetto Gemma; il numero verde Sos Vita; il Telefono rosso, che offre consulenze alle donne in gravidanza che assumono farmaci dannosi per il feto’. Nei consultori pubblici non è gradita l’ipotesi di una presenza del Mpv, quasi che i volontari cattolici facessero indebite pressioni psicologiche sulle gestanti. I dati fotografano una situazione diversa: solo una donna su 6 o 7, di quelle che si rivolgono a voi, decide di tenere il bambino. ‘Non forziamo nessuno; semmai sono gli altri a non proporre neppure l’alternativa della vita. Il nostro fine non è di avanzare pretese al ministero della Sanità, ma di lavorare in modo professionale, sempre pronti ad affrontare i dibattiti e le ispezioni. Di tutte le donne che hanno scelto di portare a termine la gravidanza, nessuna si è pentita’.

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Pillola: il confronto politico è aperto https://www.lavoce.it/pillola-il-confronto-politico-e-aperto/ Thu, 15 Dec 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4867 Revisione della legge n. 194/78 sull’aborto? Sì, no, forse. Nel frattempo accordo con le Regioni per un monitoraggio sulle interruzioni di gravidanza, richiesta di parere al Consiglio superiore di sanità sulla pillola abortiva e indagine interna al Ministero della sanità per verificare l’applicazione della legge 194. Queste le prime decisioni prese dal Governo in seguito all’acceso dibattito in materia di legislazione abortiva che vede le Regioni direttamente coinvolte. E se l’Ospedale Sant’Anna di Torino ha avviato la sperimentazione della pillola abortiva RU846 (numerose analoghe richieste sono pervenute da parte di altre Regioni), in Toscana si è proceduto direttamente all’acquisto del farmaco all’estero. Sulla stessa linea si è collocata l’Umbria dove l’assessore regionale alla sanità Maurizio Rosi ha convocato i direttori generali delle Asl e i responsabili delle unità operative di ostetricia e ginecologia (mercoledì 14) per ‘promuovere l’elaborazione di protocolli clinici ed organizzativi comuni’ per l’introduzione della ivg medica (pillola abortiva) la cui sperimentazione, scrive l’assessore, è prevista al punto 8.2.1. del piano sanitario regionale 2003/2005. Alla riunione, però, la sperimentazione, che pure è stata richiesta dall’Ospedale di Spoleto, non è all’ordine del giorno. ‘Una nuova ed ulteriore sperimentazione – si legge nella lettera di convocazione – non porterebbe alcun contributo scientifico innovativo’ in quanto la pillola è già abbondantemente utilizzata e sperimentata in altri Paesi. La riunione c’è stata, ma al momento in cui scriviamo non se ne conosce l’esito. Nè l’assessore Rosi ha risposto in Consiglio alle interpellanze in merito. A La Voce l’assessore ha dichiarato di riconoscere che ‘l’aborto è un trauma che se si può va evitato’ ma se c’è una decisione libera della donna si deve ‘applicare una legge dello Stato’. E la pillola e i rischi per la donna? All’assessore risulta che sia più sicura dell’intervento chirurgico. Solo una informazione tra quelle ricevute gli ha segnalato i rischi della pratica abortiva medica. Troppo poco per prenderla in considerazione. Di fronte ai risultati di studi medici scientifici internazionali Rosi si è comunque detto disponibile ad ‘un ulteriore momento di valutazione perchè noi non siamo affezionati a nessuna tecnica se non quella di garantire al massimo le donne’. Il tema è caldo e le reazioni politiche non sono mancate in particolare dal centrodestra. Maurizio Ronconi (Udc) chiede alla Regione di vietare la sperimentazione della pillola abortiva e annuncia che solleciterà la commissione d’inchiesta parlamentare sulla 194 a visitare l’Umbria prima possibile visto che ‘si tenta di nascondere un tasso di abortività tra i primi in Italia. Per Ada Urbani (Fi) ‘La Regione sbaglia ad ammettere la sperimentazione della Ru 486 una pillola non sicura, in ogni caso invasiva fisicamente e psicologicamente ed è inoltre contraria alla famiglia’ e chiede che il Consiglio dedichi una apposita seduta alla utilizzazione della Ru486′. Per il capogruppo dell’Udc in Consiglio regionale Enrico Sebastiani, la vicenda umbra della pillola Ru486 ‘sembra davvero la trama di un film già visto’. ‘È passato più di un mese da quando presentai una interrogazione alla Giunta, rimasta a tutt’oggi senza risposta. Avevo già ravvisato che dietro al ripetersi di imbarazzati rinvii e agli assordanti silenzi politici potesse nascondersi il solito tentativo della maggioranza di sinistra, oggi reso evidente, di rinviare pavidamente la discussione in atto a quando i giochi sarebbero stati fatti. Non mi sono sbagliato’. Anche il consigliere regionale di Alleanza nazionale, Aldo Tracchegiani, si dice contrario alla pillola Ru 486 che ‘se all’apparenza sembra favorire le donne, ad un’analisi più attenta, risulta esattamente il contrario’. Dal centro sinistra Gianpiero Bocci contesta all’assessore ‘che questa materia sia stata discussa in occasione dell’ultimo piano sanitario regionale’ e chiede che ‘venga in Consiglio a spiegare le intenzioni della Giunta’. ‘Come gruppo della Margherita – aggiunge Bocci – riteniamo che l’obiettivo delle istituzioni è quello di ridurre al minimo ogni forma di ricorso all’ivg’. Da Rifondazione comunista il segretario Stefano Vinti non si lascia sfuggire l’occasione per lanciare strali contro la Conferenza episcopale umbra rea di aver criticato le scelte della Regione pro pillola, il che a suo parere non sarebbe altro che ‘il proseguimento di una campagna fondamentalista avviata da tempo che punta alla cancellazione di una conquista di civiltà, quale la legge 194. A sostegno della Ru 486 anche Ada Girolamini che chiede alla Giunta di ‘intervenire presso il ministero della Salute, affinché il Comitato unico del farmaco provveda alla registrazione di tale medicinale’.

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RU 486: obiezioni perplessità ed equivoci https://www.lavoce.it/ru-486-obiezioni-perplessita-ed-equivoci/ Thu, 15 Dec 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4868 Se ne parla tanto e, soprattutto, viene presentata come ‘meno traumatica’ e ‘altamente sicura’ per la donna. Parliamo della pillola abortiva RU 486 che l’assessorato alla sanità della Regione dell’Umbria intende ‘assicurare alle donne che ne facciano richiesta’. Mercoledì si è tenuta la riunione convocata dall’assessore Maurizio Rosi per ‘elaborare protocolli clinici ed organizzativi comuni’ per tutte le Asl della regione. Riunione a porte chiuse di cui, mentre scriviamo, non conosciamo l’esito. Ma come agisce la pillola abortiva? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Epicoco, ginecologo abortista fino al 1992, poi, dopo un travaglio interiore, medico obiettore. Con la RU486 si parla di aborto medico per distinguerlo da quello chirurgico, ma l’effetto è lo stesso: l’interruzione della gravidanza. Cos’è questo farmaco? ‘La RU 486 è una sigla che individua un farmaco, il mifepristone, il quale, studiato inizialmente per gli effetti sugli ormoni cortisonici (nel senso che ha effetti contrari a essi), si è scoperto che aveva lo stesso effetto sul progesterone (ormone che viene prodotto dall’ovaio che ha ovulato e che mantiene la gravidanza nelle prime settimane). Per questo motivo è stato sperimentato successivamente per interrompere la gravidanza, e con queste indicazioni successivamente registrato in vari Paesi del mondo’. Come avviene la somministrazione del farmaco e cosa provoca? ‘Per semplicità riporto il protocollo utilizzato negli Usa, approvato dalla Food and drug administration (Fda). Possono accedere a questa modalità di Ivg solo donne che siano entro i 49 giorni dall’inizio dell’ultima mestruazione; la paziente riceve la dose di RU 486; dopo due giorni, se la gravidanza non è già terminata, la donna riceve un altro farmaco, il misoprostol, una sostanza che deve favorire la maturazione del collo uterino e provocare le contrazioni uterine per l’espulsione della gravidanza; dopo 10 giorni la paziente viene controllata, di solito ecograficamente, per confermare il completamento della procedura’. Si sono registrate complicazioni? ‘Si verifica un aborto completo in circa il 92% dei casi. In percentuale variabile tra 5 e 8% è richiesta comunque una procedura chirurgica per eccessivo sanguinamento o perché la gravidanza non è stata interrotta. Effetti comuni sono: crampi addominali, sanguinamento eccessivo, mal di testa, nausea, vomito e diarrea. Inoltre sono riportati 7 casi di morti dopo questa procedura, 4 dei quali tra il 2003 e il 2005, dovuti a sepsi’. Quali sarebbero i vantaggi dell’aborto medico nei confronti di quello chirurgico? ‘La riservatezza: la donna ha l’aborto a casa sua, come potrebbe succedere in casi naturali, deve solo farsi ricontrollare dopo… Ma naturalmente deve assumere i farmaci in ospedale, deve ritornare dopo due giorni e dopo 10 per i controlli, ed eventualmente sottoporsi a ricovero e trattamento chirurgico se il metodo fallisce! I tempi: la donna non deve aspettare la disponibilità della struttura ma può prendere i farmaci e poi tornare immediatamente a casa, l’interruzione può verificarsi anche in un giorno festivo, e se è necessario un controllo o un completamento chirurgico, può rivolgersi al servizio ospedaliero in cui, se assolutamente indispensabile, dovrà essere trattata anche da un medico obiettore’. Dal punto di vista economico la pillola costa di più o di meno dell’intervento chirurgico? ‘Ho cercato in internet alcuni dati. Risulta che un’azienda ospedaliera paga circa 760 euro un intervento chirurgico di Ivg, mentre il costo della RU 486 (in Belgio) è di 63,52 euro’. Un bel risparmio, che potrebbe interessare le aziende sanitarie’ Ma la procedura è compatibile con i tempi previsti dalla legge sull’aborto, la 194/78? ‘La donna, dopo che ha rilevato lo stato di gravidanza (qualche giorno di ritardo), si presenta al servizio medico (se va bene, un giorno dopo) dove verrà redatto un certificato con obbligo di attendere 7 giorni, dunque in definitiva si arriva molto vicino al limite dei 49 giorni. Per motivi di tempo si rischia di dover assumere una decisione definitiva in tempi ridottissimi. Il grosso vantaggio (e non per le donne) sta nel risparmio circa di 700 euro per ogni Ivg, e infatti questo metodo ha avuto più successo nei Paesi nei quali la paziente deve pagare tutto (Germania, Austria, Gran Bretagna, Usa), o in quelli che devono operare un risparmio sulle spese mediche per altri motivi (India, Cina)’.

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Rosi apre le porte alla pillola abortiva https://www.lavoce.it/rosi-apre-le-porte-alla-pillola-abortiva/ Thu, 08 Dec 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4854 Dopo il Piemonte e la Toscana, la Liguria, la Lombardia, il Trentino, le Marche e il Lazio anche l’Umbria partecipa alla gara a chi fa prima a procacciarsi la famosa pillola abortiva RU486 attraverso la sperimentazione (come vorrebbe il dottor Tommaso Ciacca, il medico anestesista dell’ospedale di Spoleto ed esponente dei Radicali) piuttosto che con l’acquisto diretto all’estero. L’assessore regionale alla sanità, Maurizio Rosi, ha convocato, per il 14 dicembre, i direttori generali delle Asl e delle aziende ospedaliere, i responsabili delle unità operative di ostetricia e ginecologia, i responsabili dei servizi ospedalieri Ivg, dei servizi farmaceutici e dei dipartimenti materno infantile. Scopo della riunione, si legge nel comunicato stampa che ne dà notizia, ‘avviare un confronto sulla legge 194/78 e su quanto prevede il Piano sanitario regionale in materia di interruzione volontaria della gravidanza medica’. Il confronto sarà sull’applicazione della 194 ‘che all’articolo 15 già prevedeva il sostegno delle tecniche più moderne’, ‘per assicurare alle donne che ne facciano richiesta l’accesso ad un metodo di interruzione volontaria della gravidanza, meno traumatico di quello attualmente in uso, ma altamente sicuro e praticato da molti anni nella totalità dei Paesi europei’, ha detto Rosi spiegando che ‘è necessario garantire anche in Umbria questo percorso assistenziale’. ‘Siamo per una gestione consapevole della sessualità, attraverso l’educazione sessuale e un uso consapevole dei metodi contraccettivi – ha scritto Rosi nella circolare – ma, al tempo stesso, siamo per la difesa della vita e per la scelta della donna per una maternità consapevole. Per questo motivo vogliamo garantire il diritto della donna all’interruzione delle gravidanza, anche attraverso la pillola Ru486’. Nessun dubbio, per l’assessore, sulla sicurezza e non traumaticità del ‘metodo’ e massimo impegno, dunque, per rendere ancora più efficienti i metodi abortivi adottati dalla sanità pubblica, evidentemente ritenuti un obiettivo prioritario. Ma è davvero in questa direzione il futuro dell’Umbria? E gli allarmi sulla denatalità lanciati più volte, si noti bene, da economisti preocupati del futuro del sistema produttivo umbro, non sono forse più gravi e non chiedono risposte più urgenti e lungimiranti? Eppure non se ne parla e non si vedono all’orizzonte politiche di sostegno alla famiglia e alla natalità. L’impressione è che la salute delle donne sia solo una cortina di fumo dietro cui la politica spera di trovare consensi rinunciando anche a quel principio di prudenza, per cui, ad esempio per gli Ogm, e non solo, si è fatto di tutto per impedirne l’uso finchè non se ne fosse accertata l’innocuità.

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