Risorto Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/risorto/ Settimanale di informazione regionale Fri, 24 Apr 2020 13:21:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Risorto Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/risorto/ 32 32 Sulla via di Emmaus rinasce il desiderio di Dio https://www.lavoce.it/sulla-via-di-emmaus-rinasce-il-desiderio-di-dio/ Fri, 24 Apr 2020 11:12:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56928 logo reubrica commento al Vangelo

Abbiamo ascoltato domenica scorsa l’incredulità di Tommaso (Lc 24,25) e, precedentemente, nel Vangelo di Pasqua, la fatica di Maria Maddalena e degli Apostoli a confrontarsi con l’evento della resurrezione (Gv 20,2.8). La liturgia di questa III Domenica di Pasqua, 26 aprile 2020, ci riporta a quel giorno, il primo della settimana (Lc 24,13). Questa volta non siamo però nel cenacolo, due dei discepoli, di cui uno di nome Cleopa, non sono con gli altri e come Tommaso non erano presenti all’apparizione di Gesù di quella stessa sera, del primo giorno dopo il sabato (Gv 20,19). I riferimenti temporali non sono marginali; secondo la scansione presentataci dai Vangeli, i due discepoli si mettono in cammino verso Emmaus nel primo pomeriggio, infatti si trovano in prossimità della località poco prima di sera. La distanza da Gerusalemme è di circa 10-11 chilometri (v. 13). Possiamo immaginare che hanno ascoltato il primo annuncio delle donne di ritorno dal sepolcro, forse anche la conferma di alcuni apostoli ma la conclusione è la stessa: il sepolcro era vuoto e il Signore non lo hanno visto (Lc 24,22-24).

Perché allora rimanere a Gerusalemme con il rischio di essere arrestati?

Con un po’ più di intraprendenza decidono di fuggire da Gerusalemme. Con quale animo si mettono in cammino? Il testo ci dice che erano senza speranza, la loro condizione emerge dal dialogo con Gesù che si accoda a loro: “Noi speravamo” (Lc 24,19-21). Il verbo sperare coniugato all’imperfetto indica un’azione, in questo caso un atteggiamento interiore, iniziata nel passato che permane nel presente. Una vera e propria negazione del significato del verbo sperare, che invece apre all’orizzonte del futuro. Un passato che segna la loro vita, con ferite indelebili, capaci di togliere il futuro alla loro prospettiva di vita: un venerdì di passione senza la prospettiva della domenica di Pasqua. Che cosa interviene in questa linea retta senza prospettiva, che sembra inabissarsi nel mare del “nichilismo”? Un percorso parallelo di una presenza, quella del Risorto, che accompagna al passo dei due discepoli la condizione di quel momento. Una presenza discreta ma non accattivante, impegnativa ma che non schiaccia la condizione di debolezza dei due discepoli. Il risorto questa volta non usa l’evidenza dei segni della passione, come aveva fatto nel cenacolo e come aveva fatto permettendo a Tommaso di toccare le ferite. Qui il risorto ripercorre i “segni” della presenza di Dio nella storia, a partire da uno scuotimento: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti” (Lc 24,25-26).

I Profeti per capire la Resurrezione

I due erano incapaci di leggere in modo sapienziale la storia della salvezza, ma soprattutto come questa storia era entrata nella loro vita e li aveva resi protagonisti. Avevano bisogno di qualcuno che interrompesse la loro lettura orizzontale e immodificabile (Lc 24,27). Quanto annunciato dai profeti, per Gesù sembra essere la via maestra per comprendere, sembra addirittura superiore al segno della resurrezione. Così infatti si era già espresso nella parabola del ricco epulone: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti” (Lc 16,31). Ecco che la strada parallela, che il Risorto percorre accanto ai due discepoli, compie una decisa deviazione verso i due, costringendoli ad arrestarsi all’incrocio di un interrogativo più profondo. Gesù, che ancora non hanno riconosciuto, con la sua presenza illumina il loro cuore, mette una sana nostalgia di infinito che chiede di indagare ancora sull’identità del pellegrino-compagno di strada (Lc Lc 24,32). “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (Lc 24,29). È l’invito amicale, che trasforma il pellegrino-compagno di strada in ospite, anche se diventa difficile, a questo punto, capire chi è l’ospite e chi il pellegrino, chi ha fatto la proposta e chi veramente l’ha accolta.

… ed ora si torna a Gerusalemme

Il pellegrino-compagno di strada e ora ospite, ancora una volta cammina con delicatezza sul terreno accidentato del cuore umano, senza le forzature dell’evidenza. Egli diviene il “maieuta” per eccellenza e pedagogo della verità, facendo debordare dal cuore dei due discepoli la nostalgia di Dio. Non un sentimento effimero che il tramonto della sera può riportare nella notte della paura, lì ad Emmaus la notte si è nuovamente illuminata della luce del risorto. Non nell’evidenza della presenza, ma nel segno del pane, vero nutrimento della fede, che fa vedere ciò che la cecità, dovuta alla durezza di cuore aveva nascosto. Ed ora si può annunciare la novità che ha trovato dimora nel loro cuore? No, è necessario tornare a Gerusalemme perché ogni esperienza personale del risorto sia vagliata per divenire patrimonio della Cattolicità. don Andrea Rossi]]>
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Abbiamo ascoltato domenica scorsa l’incredulità di Tommaso (Lc 24,25) e, precedentemente, nel Vangelo di Pasqua, la fatica di Maria Maddalena e degli Apostoli a confrontarsi con l’evento della resurrezione (Gv 20,2.8). La liturgia di questa III Domenica di Pasqua, 26 aprile 2020, ci riporta a quel giorno, il primo della settimana (Lc 24,13). Questa volta non siamo però nel cenacolo, due dei discepoli, di cui uno di nome Cleopa, non sono con gli altri e come Tommaso non erano presenti all’apparizione di Gesù di quella stessa sera, del primo giorno dopo il sabato (Gv 20,19). I riferimenti temporali non sono marginali; secondo la scansione presentataci dai Vangeli, i due discepoli si mettono in cammino verso Emmaus nel primo pomeriggio, infatti si trovano in prossimità della località poco prima di sera. La distanza da Gerusalemme è di circa 10-11 chilometri (v. 13). Possiamo immaginare che hanno ascoltato il primo annuncio delle donne di ritorno dal sepolcro, forse anche la conferma di alcuni apostoli ma la conclusione è la stessa: il sepolcro era vuoto e il Signore non lo hanno visto (Lc 24,22-24).

Perché allora rimanere a Gerusalemme con il rischio di essere arrestati?

Con un po’ più di intraprendenza decidono di fuggire da Gerusalemme. Con quale animo si mettono in cammino? Il testo ci dice che erano senza speranza, la loro condizione emerge dal dialogo con Gesù che si accoda a loro: “Noi speravamo” (Lc 24,19-21). Il verbo sperare coniugato all’imperfetto indica un’azione, in questo caso un atteggiamento interiore, iniziata nel passato che permane nel presente. Una vera e propria negazione del significato del verbo sperare, che invece apre all’orizzonte del futuro. Un passato che segna la loro vita, con ferite indelebili, capaci di togliere il futuro alla loro prospettiva di vita: un venerdì di passione senza la prospettiva della domenica di Pasqua. Che cosa interviene in questa linea retta senza prospettiva, che sembra inabissarsi nel mare del “nichilismo”? Un percorso parallelo di una presenza, quella del Risorto, che accompagna al passo dei due discepoli la condizione di quel momento. Una presenza discreta ma non accattivante, impegnativa ma che non schiaccia la condizione di debolezza dei due discepoli. Il risorto questa volta non usa l’evidenza dei segni della passione, come aveva fatto nel cenacolo e come aveva fatto permettendo a Tommaso di toccare le ferite. Qui il risorto ripercorre i “segni” della presenza di Dio nella storia, a partire da uno scuotimento: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti” (Lc 24,25-26).

I Profeti per capire la Resurrezione

I due erano incapaci di leggere in modo sapienziale la storia della salvezza, ma soprattutto come questa storia era entrata nella loro vita e li aveva resi protagonisti. Avevano bisogno di qualcuno che interrompesse la loro lettura orizzontale e immodificabile (Lc 24,27). Quanto annunciato dai profeti, per Gesù sembra essere la via maestra per comprendere, sembra addirittura superiore al segno della resurrezione. Così infatti si era già espresso nella parabola del ricco epulone: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti” (Lc 16,31). Ecco che la strada parallela, che il Risorto percorre accanto ai due discepoli, compie una decisa deviazione verso i due, costringendoli ad arrestarsi all’incrocio di un interrogativo più profondo. Gesù, che ancora non hanno riconosciuto, con la sua presenza illumina il loro cuore, mette una sana nostalgia di infinito che chiede di indagare ancora sull’identità del pellegrino-compagno di strada (Lc Lc 24,32). “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (Lc 24,29). È l’invito amicale, che trasforma il pellegrino-compagno di strada in ospite, anche se diventa difficile, a questo punto, capire chi è l’ospite e chi il pellegrino, chi ha fatto la proposta e chi veramente l’ha accolta.

… ed ora si torna a Gerusalemme

Il pellegrino-compagno di strada e ora ospite, ancora una volta cammina con delicatezza sul terreno accidentato del cuore umano, senza le forzature dell’evidenza. Egli diviene il “maieuta” per eccellenza e pedagogo della verità, facendo debordare dal cuore dei due discepoli la nostalgia di Dio. Non un sentimento effimero che il tramonto della sera può riportare nella notte della paura, lì ad Emmaus la notte si è nuovamente illuminata della luce del risorto. Non nell’evidenza della presenza, ma nel segno del pane, vero nutrimento della fede, che fa vedere ciò che la cecità, dovuta alla durezza di cuore aveva nascosto. Ed ora si può annunciare la novità che ha trovato dimora nel loro cuore? No, è necessario tornare a Gerusalemme perché ogni esperienza personale del risorto sia vagliata per divenire patrimonio della Cattolicità. don Andrea Rossi]]>
I racconti di Risurrezione non offrono facili soluzioni. Eppure donano una grande luce https://www.lavoce.it/i-racconti-di-risurrezione/ Thu, 09 Apr 2020 13:42:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56837 logo reubrica commento al Vangelo

“E vissero felici e contenti” non è il contenuto delle prime parole del Vangelo della Risurrezione, della mattina di Pasqua. Maria Maddalena ci introduce a quel mattino narrato nelle Letture del Giorno di Pasqua. “Il primo giorno della settimana” (Gv 20,1), si reca al sepolcro e negli occhi porta l’“imprinting” della croce a cui è appeso Gesù. L’estremo atto d’amore che, insieme all’altra Maria (Mt 27,61), compie nel comporre il corpo di Gesù nel sepolcro non colma il dolore lancinante. Eppure è un nuovo giorno, l’alba del giorno senza tramonto, il fondamento della nostra fede.

"Se siete risorti con Cristo"

Paolo nella seconda lettura introduce il “se” dubitativo: “Se siete risorti con Cristo” (Col 3,1), allora riuscite a pensare alle cose di lassù. Quale percorso saranno chiamati a compiere gli amici di Gesù dopo questo giorno! La Sequenza di Pasqua che avevamo anticipato domenica scorsa nella descrizione della lotta tra la morte e la vita, ora possiamo completarla: “Il Signore della vita era morto; ma ora vivo, trionfa… Sì, ne siamo certi, Cristo è davvero risorto”. Pietro nella prima lettura ripercorre il cammino compiuto da Gesù dal battesimo al fiume Giordano fino alla morte (At 10,37-39), per giungere a un “ma” che stravolge la narrazione: “Ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno” e volle che si manifestasse a testimoni scelti” (v. 40), a quelli che con lui avevano condiviso tutto. Queste certezze acquisite successivamente, hanno bisogno di maturare nel cuore e nella mente dei discepoli e delle donne. In un certo modo, sono chiamati a compiere interiormente il percorso che Gesù ha fatto nel cuore e nella carne “in quei tre giorni”. Il Vangelo, che dovrebbe gettare luce sul mistero delle parole di Gesù, sembra non aiutarci, perché gli ultimi due versetti sembrano contraddirsi. Il versetto 8 attesta la fede dell’apostolo Giovanni. Egli entra nel sepolcro dopo Pietro e il testo annota che “vide e credette”. Subito dopo, versetto 9, il Vangelo sembra rimettere in discussione tutto: “Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti”. Il giorno di Pasqua - che ha inizio con la Veglia nella notte - ci dà la possibilità di ascoltare tre versioni del racconto della Risurrezione, e la loro narrazione non ci apre a una comprensione piena. Se mettiamo insieme i quattro racconti della Passione, troviamo una linearità di percorso, con tantissimi punti in comune. Non è così per i quattro racconti della Risurrezione. Questo semplice confronto ci dice che l’evento della Risurrezione non è immediatamente comprensibile con le normali categorie, ma necessita anche una una disponibilità assolutamente nuova nel voler comprendere.

“Hanno portato via il Signore”

Il Vangelo di Giovanni, uno dei due proposti per la domenica di Pasqua (l’altro brano è Lc 24,13-35), mostra un notevole contrasto tra ciò che accade all’esterno e ciò che accade all’interno del Sepolcro. La corsa carica di angoscia della Maddalena, che raggiunge Pietro e Giovanni per annunciare, non la risurrezione, ma lo sconcerto di un furto: “Hanno portato via il Signore” (Gv 20,2). I due apostoli con altrettanto affanno corrono a motivo di ciò che la Maddalena ha detto loro. Nessuna traccia nella loro mente di quanto aveva detto loro Gesù: che dopo la sua morte, passati tre giorni, sarebbe risorto. Se, con lo sguardo di Pietro e Giovanni, oltrepassiamo l’ingresso del Sepolcro, troviamo un altro clima. Tutto è a posto, diversamente dal disordine interiore dei tre manifestatosi nel rincorrersi quasi ossessivo per cercare di capire. Non vedono il corpo di Gesù, come aveva detto la Maddalena, ma non c’è traccia di trafugamento: i teli erano a terra e il sudario piegato a parte. Un “involucro”, quello dei teli, che non contiene più nulla, diversamente da ciò che avevano visto quando Lazzaro era uscito dal sepolcro con i teli e le bende che lo avvolgevano e il sudario che copriva il capo (Gv 11,44). Da qui inizia il loro cammino. Altro che “vissero felici e contenti”! Una continua “macerazione” interiore, che avrà bisogno di più passaggi di mola, in cui tre ruote del dubbio, della fede e della certezza dovranno lungamente roteare. Il loro cammino sarà un percorso accidentato, la luce della Risurrezione; quel loro cammino, certamente gioioso, sarà però sempre soggetto al velo del Venerdì santo. Ma proprio perché hanno visto la vittoria della vita, dopo averla fatta propria, sopranno approdare al mattino di Pasqua. Questo renderà capaci gli apostoli di tenere duro davanti alle persecuzioni, e di introdursi sulla via della luce dopo aver percorso la via crucis. don Andrea Rossi]]>
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“E vissero felici e contenti” non è il contenuto delle prime parole del Vangelo della Risurrezione, della mattina di Pasqua. Maria Maddalena ci introduce a quel mattino narrato nelle Letture del Giorno di Pasqua. “Il primo giorno della settimana” (Gv 20,1), si reca al sepolcro e negli occhi porta l’“imprinting” della croce a cui è appeso Gesù. L’estremo atto d’amore che, insieme all’altra Maria (Mt 27,61), compie nel comporre il corpo di Gesù nel sepolcro non colma il dolore lancinante. Eppure è un nuovo giorno, l’alba del giorno senza tramonto, il fondamento della nostra fede.

"Se siete risorti con Cristo"

Paolo nella seconda lettura introduce il “se” dubitativo: “Se siete risorti con Cristo” (Col 3,1), allora riuscite a pensare alle cose di lassù. Quale percorso saranno chiamati a compiere gli amici di Gesù dopo questo giorno! La Sequenza di Pasqua che avevamo anticipato domenica scorsa nella descrizione della lotta tra la morte e la vita, ora possiamo completarla: “Il Signore della vita era morto; ma ora vivo, trionfa… Sì, ne siamo certi, Cristo è davvero risorto”. Pietro nella prima lettura ripercorre il cammino compiuto da Gesù dal battesimo al fiume Giordano fino alla morte (At 10,37-39), per giungere a un “ma” che stravolge la narrazione: “Ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno” e volle che si manifestasse a testimoni scelti” (v. 40), a quelli che con lui avevano condiviso tutto. Queste certezze acquisite successivamente, hanno bisogno di maturare nel cuore e nella mente dei discepoli e delle donne. In un certo modo, sono chiamati a compiere interiormente il percorso che Gesù ha fatto nel cuore e nella carne “in quei tre giorni”. Il Vangelo, che dovrebbe gettare luce sul mistero delle parole di Gesù, sembra non aiutarci, perché gli ultimi due versetti sembrano contraddirsi. Il versetto 8 attesta la fede dell’apostolo Giovanni. Egli entra nel sepolcro dopo Pietro e il testo annota che “vide e credette”. Subito dopo, versetto 9, il Vangelo sembra rimettere in discussione tutto: “Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti”. Il giorno di Pasqua - che ha inizio con la Veglia nella notte - ci dà la possibilità di ascoltare tre versioni del racconto della Risurrezione, e la loro narrazione non ci apre a una comprensione piena. Se mettiamo insieme i quattro racconti della Passione, troviamo una linearità di percorso, con tantissimi punti in comune. Non è così per i quattro racconti della Risurrezione. Questo semplice confronto ci dice che l’evento della Risurrezione non è immediatamente comprensibile con le normali categorie, ma necessita anche una una disponibilità assolutamente nuova nel voler comprendere.

“Hanno portato via il Signore”

Il Vangelo di Giovanni, uno dei due proposti per la domenica di Pasqua (l’altro brano è Lc 24,13-35), mostra un notevole contrasto tra ciò che accade all’esterno e ciò che accade all’interno del Sepolcro. La corsa carica di angoscia della Maddalena, che raggiunge Pietro e Giovanni per annunciare, non la risurrezione, ma lo sconcerto di un furto: “Hanno portato via il Signore” (Gv 20,2). I due apostoli con altrettanto affanno corrono a motivo di ciò che la Maddalena ha detto loro. Nessuna traccia nella loro mente di quanto aveva detto loro Gesù: che dopo la sua morte, passati tre giorni, sarebbe risorto. Se, con lo sguardo di Pietro e Giovanni, oltrepassiamo l’ingresso del Sepolcro, troviamo un altro clima. Tutto è a posto, diversamente dal disordine interiore dei tre manifestatosi nel rincorrersi quasi ossessivo per cercare di capire. Non vedono il corpo di Gesù, come aveva detto la Maddalena, ma non c’è traccia di trafugamento: i teli erano a terra e il sudario piegato a parte. Un “involucro”, quello dei teli, che non contiene più nulla, diversamente da ciò che avevano visto quando Lazzaro era uscito dal sepolcro con i teli e le bende che lo avvolgevano e il sudario che copriva il capo (Gv 11,44). Da qui inizia il loro cammino. Altro che “vissero felici e contenti”! Una continua “macerazione” interiore, che avrà bisogno di più passaggi di mola, in cui tre ruote del dubbio, della fede e della certezza dovranno lungamente roteare. Il loro cammino sarà un percorso accidentato, la luce della Risurrezione; quel loro cammino, certamente gioioso, sarà però sempre soggetto al velo del Venerdì santo. Ma proprio perché hanno visto la vittoria della vita, dopo averla fatta propria, sopranno approdare al mattino di Pasqua. Questo renderà capaci gli apostoli di tenere duro davanti alle persecuzioni, e di introdursi sulla via della luce dopo aver percorso la via crucis. don Andrea Rossi]]>