Reddito inclusione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/reddito-inclusione/ Settimanale di informazione regionale Thu, 11 Nov 2021 13:48:53 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Reddito inclusione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/reddito-inclusione/ 32 32 Il Reddito di cittadinanza si sviluppa e si trasforma https://www.lavoce.it/reddito-cittadinanza-trasforma/ Thu, 27 Jun 2019 12:09:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54771 reddito

Dopo i primi dati sul Reddito di cittadinanza (vedi La Voce 17/5/19), arrivano le prime valutazioni. Mi riferisco a una voce autorevole,Cristiano Gori, noto studioso di welfare e portavoce dell’Alleanza contro la povertà.

Il quale, in primo luogo, nota la rilevanza del segnale di marcata, ulteriore attenzione, dopo l’avvio del Rei (Reddito di inclusione), dato dal Rdc al problema della povertà grazie anche al forte impegno finanziario (Welfare oggi, n. 2/2019, pp. 41-45). È un segno incisivo di importanza politica attribuita alla questione della povertà, che peraltro ho l’impressione non sia ancora accolta in pieno da una parte dell’opinione pubblica, che fa fatica a comprenderne l’attuale natura strutturale, di fenomeno cioè legato alle caratteristiche del modello di funzionamento dell’economia capitalistica.

E non ha chiara la stretta connessione, su cui torneremo più avanti, tra le modalità di rilancio dell’economia e dell’occupazione, e quelle di un contrasto efficace alla povertà e all’esclusione sociale.

Il problema

Dopo aver ricordato le criticità principali del Rdc, già rilevate da molti e riprese anche ne La Voce del 17/5 (possibile disincentivo all’offerta di lavoro, posizione di svantaggio per i nuclei più numerosi e con minori a carico, per i beneficiari abitanti al Nord e per gli stranieri in generale), si può sottolineare con Gori il problema centrale.

Quello cioè collegato ai due modi di intendere il Rdc, secondo l’obiettivo da questo perseguito: se il Rdc sia volto basicamente ad assicurare - come appariva inizialmente - l’inclusione lavorativa da parte dei Centri per l’impiego, lasciando ai margini i percorsi di inclusione sociale di responsabilità dei Comuni; o se invece, come si è profilato dal secondo semestre 2018 in poi, venga assegnato un ruolo paritario ai percorsi di inclusione lavorativa e a quelli di inclusione sociale, così attribuendo una funzione di rilievo ai Comuni, secondo le modalità già previste per il Rei.

Continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce.

Pierluigi Grasselli

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reddito

Dopo i primi dati sul Reddito di cittadinanza (vedi La Voce 17/5/19), arrivano le prime valutazioni. Mi riferisco a una voce autorevole,Cristiano Gori, noto studioso di welfare e portavoce dell’Alleanza contro la povertà.

Il quale, in primo luogo, nota la rilevanza del segnale di marcata, ulteriore attenzione, dopo l’avvio del Rei (Reddito di inclusione), dato dal Rdc al problema della povertà grazie anche al forte impegno finanziario (Welfare oggi, n. 2/2019, pp. 41-45). È un segno incisivo di importanza politica attribuita alla questione della povertà, che peraltro ho l’impressione non sia ancora accolta in pieno da una parte dell’opinione pubblica, che fa fatica a comprenderne l’attuale natura strutturale, di fenomeno cioè legato alle caratteristiche del modello di funzionamento dell’economia capitalistica.

E non ha chiara la stretta connessione, su cui torneremo più avanti, tra le modalità di rilancio dell’economia e dell’occupazione, e quelle di un contrasto efficace alla povertà e all’esclusione sociale.

Il problema

Dopo aver ricordato le criticità principali del Rdc, già rilevate da molti e riprese anche ne La Voce del 17/5 (possibile disincentivo all’offerta di lavoro, posizione di svantaggio per i nuclei più numerosi e con minori a carico, per i beneficiari abitanti al Nord e per gli stranieri in generale), si può sottolineare con Gori il problema centrale.

Quello cioè collegato ai due modi di intendere il Rdc, secondo l’obiettivo da questo perseguito: se il Rdc sia volto basicamente ad assicurare - come appariva inizialmente - l’inclusione lavorativa da parte dei Centri per l’impiego, lasciando ai margini i percorsi di inclusione sociale di responsabilità dei Comuni; o se invece, come si è profilato dal secondo semestre 2018 in poi, venga assegnato un ruolo paritario ai percorsi di inclusione lavorativa e a quelli di inclusione sociale, così attribuendo una funzione di rilievo ai Comuni, secondo le modalità già previste per il Rei.

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Pierluigi Grasselli

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Il Reddito di cittadinanza è legge. Ma il problema starà nell’applicarlo https://www.lavoce.it/reddito-cittadinanza-rdc/ Sun, 03 Feb 2019 10:00:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53947 rdc

Con la legge di bilancio 2019 il Parlamento ha approvato - con uno stanziamento in bilancio di 6 miliardi di euro - , in un clima di infuocato scontro politico, l’istituzione del Reddito di cittadinanza (Rdc). Anch’esso appartiene in realtà, come il Reddito di inclusione (Rei) introdotto dal governo Gentiloni, alla famiglia dei redditi minimi europei.

Cosa prevede il Rdc e per chi

Il Rdc si propone come un sostegno economico che prevede l’erogazione, tramite Inps, di un importo massimo di 780 euro netti al mese per tutti i cittadini che non hanno un reddito (ai quali dunque spetta la misura intera), o hanno un basso reddito (con diritto alla corrispondente integrazione).

Secondo il Decreto delle linee attuative del Rdc, approvato dal Consiglio dei ministri il 17/1/2019, si prevede che il Rdc venga erogato a partire da aprile. Per ottenere tale sussidio, di consistenza superiore rispetto a quella attualmente assicurata dal Rei, occorrerà la cittadinanza italiana, o un permesso di soggiorno di lungo periodo, risultando comunque necessario aver risieduto da 10 anni in Italia, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

I richiedenti caduti in povertà per mancanza di occupazione sono inviati ai Centri per l’impiego (Cpi), per la formazione e l’avviamento al lavoro, sulla base di uno specifico “Patto per il lavoro”. Per quelli che invece sono poveri con un bisogno complesso e multidimensionale, dopo una prima valutazione dei Cpi, avviene una presa in carico da parte dei Servizi sociali dei Comuni e si stipula un “Patto per l’inclusione sociale” impiegando la rete di intervento sociale a disposizione (art. 4, commi 10-12), che di fatto assorbe il progetto personalizzato previsto dal Rei.

Per l’attività formativa e per intercettare la domanda di lavoro, vengono coinvolti anche soggetti privati. È previsto inoltre un sistema premiale di rilievo per chi colloca il disoccupato. Sgravi contributivi sono concessi alle aziende che assumano i beneficiari a tempo pieno e indeterminato. Molto severi risultano i controlli previsti, per scoraggiare abusi ed effetti perversi.

Obiezioni e riserve

Tra le riserve sulla buona riuscita del provvedimento, ricordiamo la problematicità di un avvio rapido ed efficace dei Cpi, la mancata considerazione delle differenze di costo della vita (e dunque di soglia di povertà) tra le diverse aree territoriali del Paese (con sovrastima della povertà al Sud e sottostima di quella al Nord), la priorità riconosciuta al singolo rispetto alla famiglia, e agli adulti rispetto ai minori (come viene dedotto sulla base delle scale di equivalenza adottate), le modalità (discriminanti) per l’inclusione dei cittadini stranieri, i dubbi sull’adeguatezza delle somme stanziate rispetto alla platea dei beneficiari potenziali (tenendo conto anche delle risorse, umane oltre che finanziarie, richieste per la predisposizione e l’attuazione dei Patti di inclusione), e sulla reale efficacia dei programmi di attivazione dei disoccupati beneficiari del sussidio (con possibile aumento di profittatori e inattivi). (Continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce)

Pierluigi Grasselli

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rdc

Con la legge di bilancio 2019 il Parlamento ha approvato - con uno stanziamento in bilancio di 6 miliardi di euro - , in un clima di infuocato scontro politico, l’istituzione del Reddito di cittadinanza (Rdc). Anch’esso appartiene in realtà, come il Reddito di inclusione (Rei) introdotto dal governo Gentiloni, alla famiglia dei redditi minimi europei.

Cosa prevede il Rdc e per chi

Il Rdc si propone come un sostegno economico che prevede l’erogazione, tramite Inps, di un importo massimo di 780 euro netti al mese per tutti i cittadini che non hanno un reddito (ai quali dunque spetta la misura intera), o hanno un basso reddito (con diritto alla corrispondente integrazione).

Secondo il Decreto delle linee attuative del Rdc, approvato dal Consiglio dei ministri il 17/1/2019, si prevede che il Rdc venga erogato a partire da aprile. Per ottenere tale sussidio, di consistenza superiore rispetto a quella attualmente assicurata dal Rei, occorrerà la cittadinanza italiana, o un permesso di soggiorno di lungo periodo, risultando comunque necessario aver risieduto da 10 anni in Italia, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

I richiedenti caduti in povertà per mancanza di occupazione sono inviati ai Centri per l’impiego (Cpi), per la formazione e l’avviamento al lavoro, sulla base di uno specifico “Patto per il lavoro”. Per quelli che invece sono poveri con un bisogno complesso e multidimensionale, dopo una prima valutazione dei Cpi, avviene una presa in carico da parte dei Servizi sociali dei Comuni e si stipula un “Patto per l’inclusione sociale” impiegando la rete di intervento sociale a disposizione (art. 4, commi 10-12), che di fatto assorbe il progetto personalizzato previsto dal Rei.

Per l’attività formativa e per intercettare la domanda di lavoro, vengono coinvolti anche soggetti privati. È previsto inoltre un sistema premiale di rilievo per chi colloca il disoccupato. Sgravi contributivi sono concessi alle aziende che assumano i beneficiari a tempo pieno e indeterminato. Molto severi risultano i controlli previsti, per scoraggiare abusi ed effetti perversi.

Obiezioni e riserve

Tra le riserve sulla buona riuscita del provvedimento, ricordiamo la problematicità di un avvio rapido ed efficace dei Cpi, la mancata considerazione delle differenze di costo della vita (e dunque di soglia di povertà) tra le diverse aree territoriali del Paese (con sovrastima della povertà al Sud e sottostima di quella al Nord), la priorità riconosciuta al singolo rispetto alla famiglia, e agli adulti rispetto ai minori (come viene dedotto sulla base delle scale di equivalenza adottate), le modalità (discriminanti) per l’inclusione dei cittadini stranieri, i dubbi sull’adeguatezza delle somme stanziate rispetto alla platea dei beneficiari potenziali (tenendo conto anche delle risorse, umane oltre che finanziarie, richieste per la predisposizione e l’attuazione dei Patti di inclusione), e sulla reale efficacia dei programmi di attivazione dei disoccupati beneficiari del sussidio (con possibile aumento di profittatori e inattivi). (Continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce)

Pierluigi Grasselli

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Reddito di cittadinanza. A sostegno di tutti i poveri, non solo dei disoccupati https://www.lavoce.it/reddito-cittadinanza-poveri-disoccupati/ Fri, 14 Dec 2018 10:00:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53632 reddito

Come disegnare il Reddito di cittadinanza (Rdc) per renderlo veramente efficace nel contrasto alla povertà? A questo interrogativo, che occupa una posizione centrale nel rovente dibattito in corso, l’Alleanza contro la povertà (che raccoglie, come noto, 38 organizzazioni tra realtà associative e rappresentanze dei Comuni, delle Regioni e dei sindacati) cerca di rispondere in una lettera inviata al Governo in carica il 4 dicembre scorso.

Il rischio che si corre, osserva l’Alleanza, è che con il Rdc trovi attuazione una “concezione monodimensionale della povertà, che la lega esclusivamente alla mancanza di occupazione, a scapito di quella multidimensionale” che investe una molteplicità di aspetti (abitativo, educativo, relazionale, sanitario,…), come messo in evidenza dai rapporti dei Centri di ascolto Caritas.

Del resto, come mostrano le esperienze compiute nei Paesi europei, le politiche contro la povertà riescono a garantire un lavoro stabile a non più del 25 per cento dei beneficiari: anche chi è caduto in povertà per problemi lavorativi può non rientrare facilmente nel mercato del lavoro, sia per criticità oggettive di questo che per specifiche difficoltà personali.

Alla quota restante le politiche suddette possono consentire di affrontare le più diverse criticità, o di attuare le condizioni per una vita migliore, o quanto meno di sperimentare un’esistenza decente.

Introdurre una misura efficace contro la povertà assoluta permette di offrire una prospettiva di sicurezza sociale alle classi medie, oggi in buona parte a rischio di impoverimento: la crisi degli anni recenti, e ancora in corso, ha accentuato anche in Italia le modificazioni dei caratteri della povertà, estendendola a gruppi sociali che in precedenza non ne erano colpiti (residenti al Nord, in famiglie con occupati, o anche solo con uno o due figli), interessando in modo trasversale la complessiva società italiana.

La proposta dell’Alleanza per la costruzione del Rdc è quella di basarla sul mantenimento del Reddito di inclusione (Rei) varato dal precedente Governo, migliorandone l’impianto ed estendendolo per venire in aiuto a tutti quelli che soffrono una condizione di povertà assoluta, arrivando così a beneficiare gli oltre 5 milioni di poveri, rispetto ai 2,5 attuali. Occorre inoltre accrescere i contributi economici (continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce).

Pierluigi Grasselli

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reddito

Come disegnare il Reddito di cittadinanza (Rdc) per renderlo veramente efficace nel contrasto alla povertà? A questo interrogativo, che occupa una posizione centrale nel rovente dibattito in corso, l’Alleanza contro la povertà (che raccoglie, come noto, 38 organizzazioni tra realtà associative e rappresentanze dei Comuni, delle Regioni e dei sindacati) cerca di rispondere in una lettera inviata al Governo in carica il 4 dicembre scorso.

Il rischio che si corre, osserva l’Alleanza, è che con il Rdc trovi attuazione una “concezione monodimensionale della povertà, che la lega esclusivamente alla mancanza di occupazione, a scapito di quella multidimensionale” che investe una molteplicità di aspetti (abitativo, educativo, relazionale, sanitario,…), come messo in evidenza dai rapporti dei Centri di ascolto Caritas.

Del resto, come mostrano le esperienze compiute nei Paesi europei, le politiche contro la povertà riescono a garantire un lavoro stabile a non più del 25 per cento dei beneficiari: anche chi è caduto in povertà per problemi lavorativi può non rientrare facilmente nel mercato del lavoro, sia per criticità oggettive di questo che per specifiche difficoltà personali.

Alla quota restante le politiche suddette possono consentire di affrontare le più diverse criticità, o di attuare le condizioni per una vita migliore, o quanto meno di sperimentare un’esistenza decente.

Introdurre una misura efficace contro la povertà assoluta permette di offrire una prospettiva di sicurezza sociale alle classi medie, oggi in buona parte a rischio di impoverimento: la crisi degli anni recenti, e ancora in corso, ha accentuato anche in Italia le modificazioni dei caratteri della povertà, estendendola a gruppi sociali che in precedenza non ne erano colpiti (residenti al Nord, in famiglie con occupati, o anche solo con uno o due figli), interessando in modo trasversale la complessiva società italiana.

La proposta dell’Alleanza per la costruzione del Rdc è quella di basarla sul mantenimento del Reddito di inclusione (Rei) varato dal precedente Governo, migliorandone l’impianto ed estendendolo per venire in aiuto a tutti quelli che soffrono una condizione di povertà assoluta, arrivando così a beneficiare gli oltre 5 milioni di poveri, rispetto ai 2,5 attuali. Occorre inoltre accrescere i contributi economici (continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce).

Pierluigi Grasselli

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Reddito di cittadinanza: regna l’incertezza https://www.lavoce.it/reddito-cittadinanza-incertezza/ Wed, 07 Nov 2018 12:00:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53313 di Stefano De Martis

Nella legge di bilancio, i 9 miliardi per il Reddito di cittadinanza ci sono. Non ci sono, invece, i dettagli e i meccanismi di funzionamento, che saranno contenuti in un provvedimento apposito, da approvare separatamente. Intorno a questa misura su cui, stando ai sondaggi, gli elettori italiani si dividono praticamente a metà (con una netta prevalenza di favorevoli al Sud), resta quindi un alone di incertezza. Tanto più che anch’essa è diventata materia di contesa tra M5s – che ne ha fatto da sempre una bandiera politica – e Lega.

Quest’ultima, che al Nord conserva il suo maggior bacino elettorale, cerca di rassicurare i propri sostenitori circa i pericoli di una deriva assistenzialistica del reddito di cittadinanza. Non a caso Salvini, in una nota in cui ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti con il varo della legge di bilancio, ha usato una terminologia diversa da quella cara ai pentastellati, parlando di “reddito di reinserimento al lavoro”. E un sottosegretario leghista con il gusto della provocazione politica, Armando Siri, ha addirittura ipotizzato che il sussidio venga erogato “anziché direttamente ai vari beneficiari, a imprese e aziende che si facciano carico di formarli”.

Al di là delle schermaglie tra i partiti di maggioranza, tuttavia, i distinguo leghisti colgono un’ambiguità di fondo: il Reddito di cittadinanza è una misura per contrastare la povertà o per combattere la disoccupazione? I due obiettivi sono entrambi di fondamentale importanza per il Paese, ma non coincidono.

La mancanza di lavoro è sicuramente una delle cause principali della povertà, ma la povertà è un fenomeno molto più complesso della mancanza di lavoro, come ha spiegato abbondantemente anche l’ultimo rapporto della Caritas italiana. Un conto sono le politiche di contrasto alla povertà, un conto le politiche per l’occupazione, ha sottolineato più volte un super-esperto come Cristiano Gori, responsabile scientifico dell’Alleanza contro la povertà.

Le due cose richiedono strumenti diversi. Confondere i due piani rischia di vanificare l’efficacia degli interventi, con uno spreco di risorse straordinariamente rilevanti e con effetti che, sotto certi aspetti, potrebbero rivelarsi perfino controproducenti.

Se l’obiettivo del reddito di cittadinanza è “abolire la povertà” – per citare l’iperbolica dichiarazione di Luigi Di Maio – che senso ha affidarne la gestione ai Centri per l’impiego? “Il fulcro del reddito di cittadinanza sono i Cpi, i Centri per l’impiego”, ha confermato in un’intervista di pochi giorni fa il tecnico che sta mettendo a punto il provvedimento, Pasquale Tridico, docente di Economia del lavoro all’Università di Roma 3. Nella stessa intervista Tridico ha affermato che i beneficiari saranno “i poveri assoluti, circa 5 milioni, secondo l’Istat”. Si torna al punto di cui sopra.

E sì che i boccheggianti Centri per l’impiego avrebbero veramente bisogno di un rilancio in grande stile, ma per fare finalmente il loro mestiere. Il miliardo di euro stanziato per essi nella legge di bilancio potrebbe rappresentare in questo senso una svolta positiva. Ma su un versante e sull’altro, si tratta comunque di operazioni che non si improvvisano, che richiedono studio e sperimentazione.

Tempi lunghi. Com’è stato per il Rei, il Reddito di inclusione, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà, che sta dando dei risultati, anche se molto parziali per oggettivi limiti di risorse. In quel solco, con gli ingenti stanziamenti previsti nella legge di bilancio, il Governo potrebbe ottenere un “risultato storico”, ha osservato ancora Gori in occasione della presentazione del rapporto Caritas. Ma le ragioni di bandiera, c’è da scommetterci, finiranno per prevalere.

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Il Reddito di cittadinanza sarebbe meglio o peggio del Reddito di inclusione? https://www.lavoce.it/reddito-cittadinanza-reddito-inclusione/ Sun, 21 Oct 2018 10:00:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53182 rdc

Si fa un gran parlare sui media, in un dibattito dai toni spesso accesi, del cosiddetto Reddito di cittadinanza in termini di obiettivi perseguiti, importi erogabili, possibili beneficiari, limiti di spendibilità… Un dibattito in parte strumentalizzato a fini di propaganda politica, in parte frammentato in aspetti puramente operativi, ma di frequente del tutto lontano dai problemi che più profondamente si pongono, se si vuole garantire un efficace contrasto alla povertà.

Reddito di inclusione (Rei)

Come abbiamo più volte sottolineato su La Voce, il decreto 147/2017 istitutivo del Reddito di inclusione (Rei, al quale viene contrapposto nel dibattito in corso il Reddito di cittadinanza - Rdc - proposto dal Governo in carica) suppone che il successo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale richieda, a supporto delle misure di sostegno al reddito, uno sviluppo adeguato dei sistemi di welfare territoriale, in linea con lo spirito della legge 328/2000 (imperniata su un sistema integrato di servizi sociali).

Per assicurare l’inclusione delle persone e delle loro famiglie occorre “rispondere a bisogni complessi (non solo scarsità di reddito e problemi di disoccupazione e di precarietà lavorativa, ma anche problemi abitativi, bisogni di cura, conciliazione, socio-educativi), coinvolgendo attori diversi a differenti livelli istituzionali (ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Inps, Regioni, Ambiti territoriali, Comuni, Servizi per l’impiego, organizzazioni di terzo settore) e imponendo un cambio di prospettiva significativo per il sistema dei servizi” (D. Mesini [a cura di], Lotta alla povertà: i servizi al centro, Maggioli, 2018, p. 10).

Per questo il Rei può rappresentare “una testa di ponte per una complessiva riforma del sistema dei servizi sociali italiani, in linea con lo spirito della L. 328/2000”. Ma il Rei, pur rappresentando una svolta importante, da tempo attesa, nelle nostre politiche contro la povertà, è come noto caratterizzato da un grado attuale di consistenza e diffusione assolutamente inadeguato (Emanuele Ranci Ortigosa, Movimenti intorno al Rdc, su welforum.it, 20/9/2018).

Reddito di cittadinanza (Rdc)

Quanto al Reddito di cittadinanza (per il quale si attende un apposito disegno di legge), come si legge nella Nota di aggiornamento al Def 2018 (p. 91), duplice è lo scopo perseguito nell’introdurlo: “1) sostenere il reddito di chi si trova al di sotto della soglia di povertà relativa (pari a 780 euro); 2) fornire un incentivo a rientrare nel mercato del lavoro, attraverso la previsione di un percorso formativo vincolante, e dell’obbligo di accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore”.

Rei e Rdc a confronto

Per quanto il Rei e il Rdc appartengano entrambi alla famiglia dei redditi minimi, la cui erogazione è sottoposta a varie condizioni, reddituali e di comportamento (E. R. Ortigosa, Rei e Rdc: benefici, differenze, convergenze, su welforum.it, 16/5/18), il Rei può ritenersi più selettivo e rivolto ai più poveri, alla povertà assoluta, a cui vuole garantire un livello minimo di sussistenza; e invece il Rdc più attento alla povertà relativa (con una soglia di riferimento ben più elevata del Rei, quella del rischio di povertà definito dalle statistiche europee), più universalistico, volto a garantire un tenore di vita adeguato e orientato a portare benefici anche ad appartenenti alle classi medie (E. R. Ortigosa, Movimenti intorno al Rdc, su welforum.it, 20/9/18).

Il Rdc, fortemente centrato sul lavoro (iscrizione obbligatoria ai Centri per l’impiego, ricerca attiva del lavoro, corsi di formazione o riqualificazione professionale…), sugli inoccupati e sui disoccupati poveri, garantendo continuità economica per i periodi in cui non c’è occupazione (Nota di aggiornamento al Def 2018, p. 91), può trascurare la presenza di condizioni personali o familiari che rendono difficile svolgere un’attività lavorativa, e che richiedono specifici interventi di sostegno economico e socio-assistenziale, previsti invece dal Rei.

Se si vuole veramente lottare contro la povertà, è richiesto un approccio globale e multidimensionale, preventivo, e di valorizzazione delle risorse disponibili della comunità, applicando in maniera coordinata le diverse politiche locali. La misura di contrasto alla povertà è infatti orientata a realizzare concretamente pari opportunità e diritto alla dignità di ciascun individuo, accogliendo la situazione nella sua globalità personale e familiare.

Sarebbe estremamente riduttiva una sua applicazione separatamente dalle politiche del territorio: sanitarie, abitative, di sviluppo economico e occupazionale, della formazione e dell’istruzione (vedi A. Bartolomei e M. Totis, in D. Mesini, Lotta alla povertà…, cit., p. 38). Studiosi autorevoli chiedono al Governo in carica un riconoscimento di quanto è stato fatto sinora con il Rei, per utilizzarlo, estenderlo, migliorarlo.

Quanto fatto per il Rei può ritenersi funzionale e utile anche ad uno sviluppo del Rdc. Il Rei va salvaguardato, anche introducendo nuovi sviluppi, in particolare sul fronte dell’inserimento lavorativo, privilegiato dall’attuale maggioranza di governo (E. R. Ortigosa, Movimenti , cit.). In ogni caso, si raccomanda un confronto schietto, privo di semplificazioni fuorvianti e di accentuazioni propagandistiche, sui nodi fondamentali della drammatica e crescente presenza di povertà in Italia, e sulle azioni più opportune per affrontarli.

Pierluigi Grasselli Osservatorio povertà - Caritas Perugia

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rdc

Si fa un gran parlare sui media, in un dibattito dai toni spesso accesi, del cosiddetto Reddito di cittadinanza in termini di obiettivi perseguiti, importi erogabili, possibili beneficiari, limiti di spendibilità… Un dibattito in parte strumentalizzato a fini di propaganda politica, in parte frammentato in aspetti puramente operativi, ma di frequente del tutto lontano dai problemi che più profondamente si pongono, se si vuole garantire un efficace contrasto alla povertà.

Reddito di inclusione (Rei)

Come abbiamo più volte sottolineato su La Voce, il decreto 147/2017 istitutivo del Reddito di inclusione (Rei, al quale viene contrapposto nel dibattito in corso il Reddito di cittadinanza - Rdc - proposto dal Governo in carica) suppone che il successo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale richieda, a supporto delle misure di sostegno al reddito, uno sviluppo adeguato dei sistemi di welfare territoriale, in linea con lo spirito della legge 328/2000 (imperniata su un sistema integrato di servizi sociali).

Per assicurare l’inclusione delle persone e delle loro famiglie occorre “rispondere a bisogni complessi (non solo scarsità di reddito e problemi di disoccupazione e di precarietà lavorativa, ma anche problemi abitativi, bisogni di cura, conciliazione, socio-educativi), coinvolgendo attori diversi a differenti livelli istituzionali (ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Inps, Regioni, Ambiti territoriali, Comuni, Servizi per l’impiego, organizzazioni di terzo settore) e imponendo un cambio di prospettiva significativo per il sistema dei servizi” (D. Mesini [a cura di], Lotta alla povertà: i servizi al centro, Maggioli, 2018, p. 10).

Per questo il Rei può rappresentare “una testa di ponte per una complessiva riforma del sistema dei servizi sociali italiani, in linea con lo spirito della L. 328/2000”. Ma il Rei, pur rappresentando una svolta importante, da tempo attesa, nelle nostre politiche contro la povertà, è come noto caratterizzato da un grado attuale di consistenza e diffusione assolutamente inadeguato (Emanuele Ranci Ortigosa, Movimenti intorno al Rdc, su welforum.it, 20/9/2018).

Reddito di cittadinanza (Rdc)

Quanto al Reddito di cittadinanza (per il quale si attende un apposito disegno di legge), come si legge nella Nota di aggiornamento al Def 2018 (p. 91), duplice è lo scopo perseguito nell’introdurlo: “1) sostenere il reddito di chi si trova al di sotto della soglia di povertà relativa (pari a 780 euro); 2) fornire un incentivo a rientrare nel mercato del lavoro, attraverso la previsione di un percorso formativo vincolante, e dell’obbligo di accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore”.

Rei e Rdc a confronto

Per quanto il Rei e il Rdc appartengano entrambi alla famiglia dei redditi minimi, la cui erogazione è sottoposta a varie condizioni, reddituali e di comportamento (E. R. Ortigosa, Rei e Rdc: benefici, differenze, convergenze, su welforum.it, 16/5/18), il Rei può ritenersi più selettivo e rivolto ai più poveri, alla povertà assoluta, a cui vuole garantire un livello minimo di sussistenza; e invece il Rdc più attento alla povertà relativa (con una soglia di riferimento ben più elevata del Rei, quella del rischio di povertà definito dalle statistiche europee), più universalistico, volto a garantire un tenore di vita adeguato e orientato a portare benefici anche ad appartenenti alle classi medie (E. R. Ortigosa, Movimenti intorno al Rdc, su welforum.it, 20/9/18).

Il Rdc, fortemente centrato sul lavoro (iscrizione obbligatoria ai Centri per l’impiego, ricerca attiva del lavoro, corsi di formazione o riqualificazione professionale…), sugli inoccupati e sui disoccupati poveri, garantendo continuità economica per i periodi in cui non c’è occupazione (Nota di aggiornamento al Def 2018, p. 91), può trascurare la presenza di condizioni personali o familiari che rendono difficile svolgere un’attività lavorativa, e che richiedono specifici interventi di sostegno economico e socio-assistenziale, previsti invece dal Rei.

Se si vuole veramente lottare contro la povertà, è richiesto un approccio globale e multidimensionale, preventivo, e di valorizzazione delle risorse disponibili della comunità, applicando in maniera coordinata le diverse politiche locali. La misura di contrasto alla povertà è infatti orientata a realizzare concretamente pari opportunità e diritto alla dignità di ciascun individuo, accogliendo la situazione nella sua globalità personale e familiare.

Sarebbe estremamente riduttiva una sua applicazione separatamente dalle politiche del territorio: sanitarie, abitative, di sviluppo economico e occupazionale, della formazione e dell’istruzione (vedi A. Bartolomei e M. Totis, in D. Mesini, Lotta alla povertà…, cit., p. 38). Studiosi autorevoli chiedono al Governo in carica un riconoscimento di quanto è stato fatto sinora con il Rei, per utilizzarlo, estenderlo, migliorarlo.

Quanto fatto per il Rei può ritenersi funzionale e utile anche ad uno sviluppo del Rdc. Il Rei va salvaguardato, anche introducendo nuovi sviluppi, in particolare sul fronte dell’inserimento lavorativo, privilegiato dall’attuale maggioranza di governo (E. R. Ortigosa, Movimenti , cit.). In ogni caso, si raccomanda un confronto schietto, privo di semplificazioni fuorvianti e di accentuazioni propagandistiche, sui nodi fondamentali della drammatica e crescente presenza di povertà in Italia, e sulle azioni più opportune per affrontarli.

Pierluigi Grasselli Osservatorio povertà - Caritas Perugia

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WELFARE. Presentata la bozza del primo Piano regionale contro le povertà https://www.lavoce.it/primo-piano-regionale-poverta/ Fri, 27 Jul 2018 10:08:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52591 povertà Barberini

Si è svolto a Villa Umbra, presso la Scuola umbra di amministrazione pubblica, un incontro organizzato dalla Regione Umbria per presentare una bozza del primo Piano regionale contro le povertà e l’esclusione socialebozza in corso di approvazione da parte della Giunta regionale, e da migliorare con la partecipazione di tutti i soggetti invitati all’incontro, sia istituzionali che espressione della società civile (provenienti dal mondo della cooperazione, dall’associazionismo, dal volontariato, dalle Fondazioni…), a vario titolo interessati al contrasto alla povertà.

Il Piano regionale per la lotta alle povertà può ritenersi una proposta di programmazione, per il triennio 2018-2020, dei servizi richiesti per l’attuazione del Rei (reddito di inclusione) come livello essenziale delle prestazioni. Il Piano indica perciò obiettivi perseguiti, strumenti attuativi, attori coinvolti nella governanceregionale, i principali interventi integrati per il contrasto della povertà e il sostegno dell’inclusione sociale.

È mancata purtroppo nell’esposizione un’analisi accurata delle condizioni delle famiglie in Umbria, colpite come noto da una forte riduzione del reddito pro capite nel corso della crisi avviatasi nel 2007. Comunque, è stato rivelato come a tutt’oggi abbiano tratto vantaggio dalla misura 1.962 nuclei, con oltre 6.000 beneficiari, grazie a 11 punti di accesso ogni 100 mila abitanti, con 54 assistenti sociali dedicati a Rei. Ma siamo molto lontani dalle decine di migliaia di famiglie umbre presumibilmente povere (se applichiamo alla regione il tasso medio nazionale di famiglie in povertà assoluta).

Le risorse concesse all’Umbria a valere sul Fondo nazionale per la lotta alla povertà sono 3 milioni e 269 mila euro, pari all’1.18% dell’intero Fondo, cui si aggiunge un importo di 100 mila euro a favore sia di persone in povertà estrema e senza dimora che di minori fuori famiglia. A ciò si somma un’integrazione da parte della Regione di 475 mila euro.

Tra gli obiettivi da perseguire, figurano: - il rafforzamento del servizio sociale professionale, la promozione del lavoro di rete e dei progetti professionalizzati di assistenza, - il potenziamento dei punti di accesso territoriali, interventi a favore dei soggetti senza fissa dimora e a favore dei minori, - un sistema informativo efficace e azioni di monitoraggio degli interventi.

L’assessore regionale al welfare, Luca Barberini, ha affrontato tra l’altro il tema della governance regionale (continua a leggere gratuitamente sull'edizione digitale de La Voce).

Pierluigi Grasselli

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povertà Barberini

Si è svolto a Villa Umbra, presso la Scuola umbra di amministrazione pubblica, un incontro organizzato dalla Regione Umbria per presentare una bozza del primo Piano regionale contro le povertà e l’esclusione socialebozza in corso di approvazione da parte della Giunta regionale, e da migliorare con la partecipazione di tutti i soggetti invitati all’incontro, sia istituzionali che espressione della società civile (provenienti dal mondo della cooperazione, dall’associazionismo, dal volontariato, dalle Fondazioni…), a vario titolo interessati al contrasto alla povertà.

Il Piano regionale per la lotta alle povertà può ritenersi una proposta di programmazione, per il triennio 2018-2020, dei servizi richiesti per l’attuazione del Rei (reddito di inclusione) come livello essenziale delle prestazioni. Il Piano indica perciò obiettivi perseguiti, strumenti attuativi, attori coinvolti nella governanceregionale, i principali interventi integrati per il contrasto della povertà e il sostegno dell’inclusione sociale.

È mancata purtroppo nell’esposizione un’analisi accurata delle condizioni delle famiglie in Umbria, colpite come noto da una forte riduzione del reddito pro capite nel corso della crisi avviatasi nel 2007. Comunque, è stato rivelato come a tutt’oggi abbiano tratto vantaggio dalla misura 1.962 nuclei, con oltre 6.000 beneficiari, grazie a 11 punti di accesso ogni 100 mila abitanti, con 54 assistenti sociali dedicati a Rei. Ma siamo molto lontani dalle decine di migliaia di famiglie umbre presumibilmente povere (se applichiamo alla regione il tasso medio nazionale di famiglie in povertà assoluta).

Le risorse concesse all’Umbria a valere sul Fondo nazionale per la lotta alla povertà sono 3 milioni e 269 mila euro, pari all’1.18% dell’intero Fondo, cui si aggiunge un importo di 100 mila euro a favore sia di persone in povertà estrema e senza dimora che di minori fuori famiglia. A ciò si somma un’integrazione da parte della Regione di 475 mila euro.

Tra gli obiettivi da perseguire, figurano: - il rafforzamento del servizio sociale professionale, la promozione del lavoro di rete e dei progetti professionalizzati di assistenza, - il potenziamento dei punti di accesso territoriali, interventi a favore dei soggetti senza fissa dimora e a favore dei minori, - un sistema informativo efficace e azioni di monitoraggio degli interventi.

L’assessore regionale al welfare, Luca Barberini, ha affrontato tra l’altro il tema della governance regionale (continua a leggere gratuitamente sull'edizione digitale de La Voce).

Pierluigi Grasselli

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Alleanza contro la povertà. Aperto il Tavolo regionale https://www.lavoce.it/alleanza-la-poverta-aperto-tavolo-regionale/ Mon, 25 Jun 2018 11:12:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52159 reddito

In corrispondenza del radicale mutamento avvenuto nella compagine governativa in Italia, l’Alleanza contro la povertà chiede al nuovo Governo l’impegno a proseguire il cammino volto a fare del Rei, Reddito di inclusione, recentemente introdotto, una misura efficace di contrasto alla povertà assoluta (www.redditoinclusione.it). Una misura cioè che vada a tutti quelli che si trovano in tale condizione, con un importo almeno raddoppiato rispetto all’attuale, per coprire la differenza tra la soglia di povertà e il reddito disponibile della famiglia beneficiaria, e assicurare una presenza adeguata degli operatori del servizio sociale professionale, per costruire i progetti di inclusione. In particolare, si devono sviluppare i Centri per l’impiego, superando i vincoli alle assunzioni. Comunque, come ci ricorda Daniela Mesini, autorevole ricercatrice dell’Istituto di ricerca sociale, si è nel frattempo proceduto alla stesura dei Piani regionali per il contrasto alla povertà, per i quali la scadenza di comunicazione al ministero per il Lavoro e le politiche sociali era stata prorogata al 10 giugno, anche per permettere alle Regioni la consultazione dei loro territori, delle parti sociali e del terzo settore attivi sul tema della povertà, per stabilire in maniera condivisa le priorità di intervento (welforum.it, 13/6/18). Tra le Regioni più performanti compare la Regione Piemonte, che ha approvato il Piano regionale per il contrasto alla povertà (9/3/2018, D.G.R. 43-6593). In riferimento all’obiettivo 2, Potenziamento della rete territoriale, tale Piano prevede l’“avvio dell’attività del Tavolo regionale della Rete della protezione e dell’inclusione sociale”, al quale partecipa - insieme agli assessori e dirigenti regionali coinvolti, e a una rappresentanza di assistenti sociali e organizzazioni del terzo settore - il coordinatore territoriale dell’Alleanza contro la povertà. Anche in Umbria si è costituito formalmente il 10 maggio scorso il Tavolo regionale dell’Alleanza contro la povertà, del quale è stato nominato portavoce Carlo Di Somma, presidente di Federsolidarietà Confcooperative Umbria. Comunicando alla Presidente della Regione e all’assessore al Sociale la costituzione del Tavolo suddetto, Di Somma ha chiesto di poter partecipare, come rappresentante dell’Alleanza, ai lavori per l’elaborazione del Piano regionale umbro contro la povertà. Il 19 giugno è arrivata la comunicazione che la richiesta è stata accolta. Ritengo importante seguire l’impegno su questo fronte della Regione Umbria.  ]]>
reddito

In corrispondenza del radicale mutamento avvenuto nella compagine governativa in Italia, l’Alleanza contro la povertà chiede al nuovo Governo l’impegno a proseguire il cammino volto a fare del Rei, Reddito di inclusione, recentemente introdotto, una misura efficace di contrasto alla povertà assoluta (www.redditoinclusione.it). Una misura cioè che vada a tutti quelli che si trovano in tale condizione, con un importo almeno raddoppiato rispetto all’attuale, per coprire la differenza tra la soglia di povertà e il reddito disponibile della famiglia beneficiaria, e assicurare una presenza adeguata degli operatori del servizio sociale professionale, per costruire i progetti di inclusione. In particolare, si devono sviluppare i Centri per l’impiego, superando i vincoli alle assunzioni. Comunque, come ci ricorda Daniela Mesini, autorevole ricercatrice dell’Istituto di ricerca sociale, si è nel frattempo proceduto alla stesura dei Piani regionali per il contrasto alla povertà, per i quali la scadenza di comunicazione al ministero per il Lavoro e le politiche sociali era stata prorogata al 10 giugno, anche per permettere alle Regioni la consultazione dei loro territori, delle parti sociali e del terzo settore attivi sul tema della povertà, per stabilire in maniera condivisa le priorità di intervento (welforum.it, 13/6/18). Tra le Regioni più performanti compare la Regione Piemonte, che ha approvato il Piano regionale per il contrasto alla povertà (9/3/2018, D.G.R. 43-6593). In riferimento all’obiettivo 2, Potenziamento della rete territoriale, tale Piano prevede l’“avvio dell’attività del Tavolo regionale della Rete della protezione e dell’inclusione sociale”, al quale partecipa - insieme agli assessori e dirigenti regionali coinvolti, e a una rappresentanza di assistenti sociali e organizzazioni del terzo settore - il coordinatore territoriale dell’Alleanza contro la povertà. Anche in Umbria si è costituito formalmente il 10 maggio scorso il Tavolo regionale dell’Alleanza contro la povertà, del quale è stato nominato portavoce Carlo Di Somma, presidente di Federsolidarietà Confcooperative Umbria. Comunicando alla Presidente della Regione e all’assessore al Sociale la costituzione del Tavolo suddetto, Di Somma ha chiesto di poter partecipare, come rappresentante dell’Alleanza, ai lavori per l’elaborazione del Piano regionale umbro contro la povertà. Il 19 giugno è arrivata la comunicazione che la richiesta è stata accolta. Ritengo importante seguire l’impegno su questo fronte della Regione Umbria.  ]]>
Lotta alla povertà, nuova fase https://www.lavoce.it/lotta-alla-poverta-nuova-fase/ Fri, 17 Mar 2017 13:00:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=48801 reddito_di_inclusione-CMYKFinalmente il Senato ha approvato in via definitiva la legge-delega volta all’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, denominata “reddito di inclusione”. Si tratta di uno strumento universale ma selettivo, condizionato alla situazione economica del beneficiario sulla base dell’indicatore Isee, nonché all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.

Un passo avanti sostanziale nella lotta contro la povertà in Italia: viene infatti introdotto uno strumento strutturale, permanente, e non una misura di semplice tamponamento contro la povertà assoluta; un passo storico che permette all’Italia, anche se per ultima, di allinearsi a tutti gli altri Paesi europei. L’intento è quello di sostenere le persone in povertà assoluta, che l’Istat calcola in 4,6 milioni, circa 1,6 milioni di famiglie, tra cui un milione di minori. Ma le risorse disponibili per questo anno sono di circa 1,6 miliardi, con cui il Governo conta di raggiungere 500 mila minori e più ampiamente fino a 1,8 milioni di persone in 400 mila famiglie.

Ciò ha richiesto di stabilire una priorità per i nuclei familiari con figli minori o con disabilità gravi o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione. Il contributo monetario ha il compito di coprire la differenza tra il reddito disponibile del beneficiato e la soglia di povertà assoluta; in questa fase di avvio, data la scarsità di risorse, il contributo sarà ridotto a non più di 480 euro al mese per nucleo familiare.

Di qui l’importanza (come ha osservato Francesco Riccardi su Avvenire del 10 febbraio), per assicurare l’efficacia del provvedimento, degli stanziamenti effettivi dei prossimi anni, e della parte di essi dedicata ai servizi di inclusione attiva delle persone in condizioni marginali. Per il 2018 occorrerà prevedere un importo di più di 2 miliardi di euro e almeno 1,5 miliardi aggiuntivi per ogni anno successivo fino alla copertura integrale dei poveri assoluti. Occorre poi potenziare i servizi territoriali (ben oltre gli importi attualmente stanziati: 170 milioni di euro, più altri 40 per l’assunzione di 600 operatori dei Centri per l’impiego) di formazione, di accompagnamento al lavoro, di cura sociale e sanitaria: essi infatti sono decisivi per evitare o superare l’esclusione, come è stato sottolineato anche nel primo Rapporto (giugno 2016) dell’Osservatorio sulla povertà della Caritas diocesana perugina.

La Regione Umbria – come noto – ha deciso di estendere e integrare tale misura nazionale ampliando sia la platea dei destinatari (tra cui persone disoccupate di lunga durata, persone maggiormente vulnerabili) che il parametro Isee, destinandovi risorse pari a 12 milioni di euro provenienti dalla programmazione comunitaria del Por Fse 2014-2020. A partire dal settembre 2016 ha operato finora contro la povertà l’estensione del Sia al territorio nazionale (Sostegno all’inclusione attiva, sperimentato in precedenza nelle città metropolitane). Sono attualmente disponibili i primi dati parziali – al dicembre 2016 – sull’efficacia del provvedimento nei primi mesi di avvio della misura.

A livello nazionale, delle domande complessivamente pervenute (200 mila) il 65% sono state respinte (per il 25% perché contenenti dichiarazioni mendaci, per il 75% per un punteggio maggiore del punteggio massimo previsto per l’accesso al beneficio). A livello regionale (al 21/12/16) su 1.993 domande presentate agli Uffici di cittadinanza, e 1.485 trasmesse all’Inps, questo ne ha accolte 332. Davanti a un livello di accoglimento così basso, la stessa Regione Umbria ha proposto al Ministero criteri per la ridefinizione dei criteri di accesso.

In un incontro a febbraio tra funzionari della Regione e operatori di Comuni, Inps, Centri di servizi e Caritas, sono emerse numerose criticità riguardanti l’applicazione del Sia, e precisamente in tema di: informazione insufficiente sul provvedimento, scarsità di domande accettate, revisione dei criteri di accesso, composizione delle équipe multidisciplinari (con particolare riguardo alla figura dell’orientatore), istruzione delle domande presentate e rapporti tra Comuni e Inps, nonché tra Inps e uffici postali, connessioni tra domande su fondi Sia nazionale e fondi Sia regionali, tra Comuni e Centri di servizi (in particolare Centri per l’impiego).

Il nuovo Piano sociale regionale dell’Umbria prevede, con riferimento al Sia, che Comuni e zone sociali siano i titolari della gestione. Le linee guida ministeriali dispongono che i Comuni promuovano accordi di collaborazione anche con i soggetti privati attivi nell’ambito del contrasto alla povertà, con particolare riferimento agli enti non profit, tra cui è compresa anche la Caritas, per la predisposizione e l’attuazione dei progetti di presa in carico, per una più efficace programmazione delle molteplici attività (in termini di accompagnamento e lavoro sociale di tutoraggio, sostegno ai percorsi individuali, attivazione di servizi speciali).

In alcune diocesi italiane già dalla prima metà del 2017 sono operativi tali generi di accordi.

Ci sembra, questo, un punto importante da porre all’attenzione, se teniamo conto delle difficoltà di coinvolgimento e partecipazione effettivi di operatori e cittadini, manifestatesi già nelle precedenti esperienze di pianificazione sociale regionale.

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