prostituzione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/prostituzione/ Settimanale di informazione regionale Sun, 08 May 2022 18:01:15 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg prostituzione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/prostituzione/ 32 32 Go’el : venti anni di preghiera a Pian di Massiano per liberare le donne dalla schiavitù https://www.lavoce.it/goel-venti-anni-di-preghiera-a-pian-di-massiano-per-liberare-le-donne-dalla-schiavitu/ Sun, 08 May 2022 18:01:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66634 Preghiera del gruppo Go'el a Perugia il 7 maggio 2022

Sabato sera 7 maggio alle ore 22 a Pian di Massiano a Perugia, sono ripresi gli incontri del gruppo Go'el nato dalla associazione di don Benzi proprio 20 anni fa. Lo scopo è sempre lo stesso, scrive il gruppo Go'el nell'articolo pubblicato questa settimana su La Voce: essere “insieme per queste ‘donne crocifisse’ pregando per quelle che non ce l’hanno fatta morendo a causa del racket, e per quelle che sono state liberate e per chi è ancora preda degli aguzzini”. In questi anni, sottolinano nel gruppo, “molte donne hanno trovato la forza di scappare dai loro aguzzini”.

Go'el: venti anni di preghiera

“Sono passati 20 anni da quando don Aldo Buonaiuto iniziava ad accendere una luce sulle tenebre della prostituzione schiavizzante presente sulle strade di Perugia. Con la presenza e la spinta carismatica di don Oreste Benzi, (fondatore dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII) erano già da diversi anni che si avvicinavano le giovanissime donne sfruttate e con l’ausilio e la collaborazione delle forze di polizia venivano scovati gli aguzzini del racket del meretricio. La presenza costante nel territorio sollecitava le istituzioni ad agire con fermezza contro una piaga che venti anni fa era molto presente in alcune zone della città”. In quei giorni “nasceva su ispirazione di don Aldo il “gruppo Go’el”, un insieme di persone che rispondevano all’invito di riscattare (Go’el, termine utilizzato nel giubileo nell’Antico Testamento per liberare gli schiavi), farsi strumenti per liberare le ragazze schiavizzate. Era necessaria l’azione determinante delle unità di strada della Giovanni XXIII ma anche la preghiera. Così nasce il rosario sotto il cielo sulle strade buie delle “donne crocifisse”.

Molte donne liberate dalla schiavitù

“Ogni sabato dell’anno a mezzanotte - prosegue l'articolo - centinaia di persone si sono ritrovate a pregare ed invocare la Vergine Maria per chiedere la liberazione delle schiave. A Pian di Massiano abbiamo creato un santuario sotto il cielo, senza pareti di cemento ma con i mattoni vivi di uomini e donne, che hanno con straordinaria fedeltà portato avanti questa preghiera e vicinanza alle vittime della tratta. In 20 anni questa iniziativa ha provocato l’uscita di molte giovani che vedendo il gruppo Go’el stare lì per loro hanno trovato la forza di scappare. Ci sono state conversioni e cambiamenti di vita anche dei cosiddetti “clienti” pentiti. Sono nate vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Hanno partecipato numerosi movimenti ecclesiali, tantissimi giovani, prelati, personalità istituzionali e tanti giornalisti. Questa esperienza non si è mai fermata tranne nel periodo dei lockdown per il Covid. E ora ogni primo sabato del mese ha ripreso il suo appuntamento”.]]>
Preghiera del gruppo Go'el a Perugia il 7 maggio 2022

Sabato sera 7 maggio alle ore 22 a Pian di Massiano a Perugia, sono ripresi gli incontri del gruppo Go'el nato dalla associazione di don Benzi proprio 20 anni fa. Lo scopo è sempre lo stesso, scrive il gruppo Go'el nell'articolo pubblicato questa settimana su La Voce: essere “insieme per queste ‘donne crocifisse’ pregando per quelle che non ce l’hanno fatta morendo a causa del racket, e per quelle che sono state liberate e per chi è ancora preda degli aguzzini”. In questi anni, sottolinano nel gruppo, “molte donne hanno trovato la forza di scappare dai loro aguzzini”.

Go'el: venti anni di preghiera

“Sono passati 20 anni da quando don Aldo Buonaiuto iniziava ad accendere una luce sulle tenebre della prostituzione schiavizzante presente sulle strade di Perugia. Con la presenza e la spinta carismatica di don Oreste Benzi, (fondatore dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII) erano già da diversi anni che si avvicinavano le giovanissime donne sfruttate e con l’ausilio e la collaborazione delle forze di polizia venivano scovati gli aguzzini del racket del meretricio. La presenza costante nel territorio sollecitava le istituzioni ad agire con fermezza contro una piaga che venti anni fa era molto presente in alcune zone della città”. In quei giorni “nasceva su ispirazione di don Aldo il “gruppo Go’el”, un insieme di persone che rispondevano all’invito di riscattare (Go’el, termine utilizzato nel giubileo nell’Antico Testamento per liberare gli schiavi), farsi strumenti per liberare le ragazze schiavizzate. Era necessaria l’azione determinante delle unità di strada della Giovanni XXIII ma anche la preghiera. Così nasce il rosario sotto il cielo sulle strade buie delle “donne crocifisse”.

Molte donne liberate dalla schiavitù

“Ogni sabato dell’anno a mezzanotte - prosegue l'articolo - centinaia di persone si sono ritrovate a pregare ed invocare la Vergine Maria per chiedere la liberazione delle schiave. A Pian di Massiano abbiamo creato un santuario sotto il cielo, senza pareti di cemento ma con i mattoni vivi di uomini e donne, che hanno con straordinaria fedeltà portato avanti questa preghiera e vicinanza alle vittime della tratta. In 20 anni questa iniziativa ha provocato l’uscita di molte giovani che vedendo il gruppo Go’el stare lì per loro hanno trovato la forza di scappare. Ci sono state conversioni e cambiamenti di vita anche dei cosiddetti “clienti” pentiti. Sono nate vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Hanno partecipato numerosi movimenti ecclesiali, tantissimi giovani, prelati, personalità istituzionali e tanti giornalisti. Questa esperienza non si è mai fermata tranne nel periodo dei lockdown per il Covid. E ora ogni primo sabato del mese ha ripreso il suo appuntamento”.]]>
“TRATTA”. L’8 febbraio la Giornata di preghiera e sensibilizzazione https://www.lavoce.it/tratta-8-febbraio/ Fri, 07 Feb 2020 11:18:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56233 tratta

L’8 febbraio la Chiesa dà voce al proprio impegno contro la riduzione in schiavitù e lo sfruttamento delle donne - e non solo delle donne - con la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone.

La prima edizione della Giornata era stata celebrata nel 2015 per volontà di Papa Francesco, che già dal 2014 aveva incaricato le Unioni internazionali delle superiore e dei superiori generali (Uisg/Usg) di promuovere un’iniziativa come questa. Fin dall’inizio è stata Talitha Kum, rete mondiale della religiose impegnate contro la tratta di persone, ad assumere il coordinamento del gruppo di organizzazioni che preparano la Giornata a livello internazionale.

Organizzazioni che sono: Dicastero pontificio per la vita consacrata, Pontificio consiglio di giustizia e pace, Pontificio consiglio dei migranti e popoli itineranti, Accademia vaticana delle scienze, Caritas Internationalis, Unione internazionale delle associazioni femminili cattoliche, e gruppo di lavoro contro la tratta della Commissione giustizia e pace di Uisg/Usg.

Umbria contro la tratta

In Umbria, contro la tratta, è attivo dal 2016 il progetto “Free Life”, finanziato da fondi erogati dal Ministero per gliaffari sociali – Dipartimento Pari Opportunità. Titolare del progetto è la Regione Umbria, mentre gli enti gestori sono la cooperativa “BorgoRete” e ARCI solidarietà– Ora D’aria di Perugia, l’associazione San Martino di Terni (ente gestore dei servizi Caritas) e l’Istituto Artigianelli Crispolti di Todi. Il progetto prevede accoglienza, garanzia di protezione e accompagnamento all’integrazione sociale e all’autonomia (economica, abitativa, relazionale) delle vittime dello sfruttamento a scopo sessuale. Viene messo a punto un programma individuale costruito dall’assistente sociale del Comune di riferimento insieme all’utente stesso. Le persone inserite nel programma di protezione sociale arrivano su invio di Forze dell’Ordine o di altre strutture del territorio nazionale o del numero verde antitratta (800 290 290, attivo 24h con operatori nelle singole regioni). Cosa subiscono le vittime? Stella Cerasa, assistente sociale del progetto di accoglienza immigrati della diocesi di Perugia, racconta che gli sfruttatori hanno trovato nelle migrazioni dei canali per il traffico. “Ci sono tra i richiedenti asilo donne che sono partite adescate dai trafficanti e che sono riuscite a liberarsi solo in Italia. Le ragazze riescono con grande difficoltà a confidarsi su questo argomento perchè provano vergogna pur essendo vittime. Una cosa molto importante però è accaduta nel 2018, quando il re Ewuare II dell’Edo State, in Nigeria, ha vietato i riti voodoo che vincolavano tante nigeriane vittime. Dopo questo atto molte di loro si sono sentite più libere anche di confidarsi”.

 

Storia e informazioni

Alla preghiera dell’ Angelus in piazza San Pietro, nel 2015 Papa Francesco ha così presentato l’evento: “Cari fratelli e sorelle, oggi 8 febbraio, memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita (leggi qui la sua storia), la suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, le Unioni internazionali delle superiore e dei superiori generali degli istituti religiosi hanno promosso la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone.

Incoraggio quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga, una piaga indegna di una società civile.

Ognuno di noi si senta impegnato a essere voce di questi nostri fratelli e sorelle, umiliati nella loro dignità”. Ulteriori informazioni si possono trovare sul sito https://preghieracontrotratta.org , con lo schema di preghiera proposto anno per anno. Su Twitter all’account @preghieratratta e sulla pagina facebook della “Giornata mondiale di preghiera contro la tratta”, iniziative da tutto il mondo, inclusi alcuni incontri di preghiera interreligiosi.

La rete Talitha Kum

Al termine del 2019 lo stesso Papa Francesco ha incontrato in udienza privata in Vaticano le suore di Talitha Kum , impegnate da ormai un decennio contro la tragedia della tratta umana, per liberare donne, bambini e anche uomini dalle condizioni di schiavitù in cui si trovano. Un fenomeno che coinvolge nel mondo almeno 40 milioni di persone, di cui il 70% sono donne o bambini. Presenti in quell’occasione in Vaticano 86 delegate provenienti da 48 nazioni, tutte attive in questa grande rete oggi presente in 92 Paesi del mondo, con 44 reti nazionali nei cinque Continenti.

Al Pontefice sono state portate testimonianze da diverse aree del pianeta. Ad esempio suor Jyoti Pinto, indiana di Mangalore, della congregazione delle “Sorelle del piccolo fiore di Betania”, ha contribuito alla nascita e alla crescita della rete di Talitha Kum “Amrat” (che in sanscrito significa “dare vita”).

Ad oggi vi partecipano 70 congregazioni e 600 religiose. Le suore indiane hanno a che fare con la “tratta delle spose”, i giri di prostituzione, bambini costretti a lavorare nelle fabbriche di mattoni, ma anche uomini usati come come manovalanza a basso costo in agricoltura.

In Perù esiste Red Kawsay, organo di informazione e sensibilizzazione. Tra il 2010 e il 2018 sono state 6.574 le denunce, in continuo aumento. L’85% delle vittime erano donne e bambine, il 64% ha meno di 17 anni. Molte ex vittime sono diventate a loro volta trafficanti... Un circolo vizioso a cui adesso va detto “basta!”.

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tratta

L’8 febbraio la Chiesa dà voce al proprio impegno contro la riduzione in schiavitù e lo sfruttamento delle donne - e non solo delle donne - con la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone.

La prima edizione della Giornata era stata celebrata nel 2015 per volontà di Papa Francesco, che già dal 2014 aveva incaricato le Unioni internazionali delle superiore e dei superiori generali (Uisg/Usg) di promuovere un’iniziativa come questa. Fin dall’inizio è stata Talitha Kum, rete mondiale della religiose impegnate contro la tratta di persone, ad assumere il coordinamento del gruppo di organizzazioni che preparano la Giornata a livello internazionale.

Organizzazioni che sono: Dicastero pontificio per la vita consacrata, Pontificio consiglio di giustizia e pace, Pontificio consiglio dei migranti e popoli itineranti, Accademia vaticana delle scienze, Caritas Internationalis, Unione internazionale delle associazioni femminili cattoliche, e gruppo di lavoro contro la tratta della Commissione giustizia e pace di Uisg/Usg.

Umbria contro la tratta

In Umbria, contro la tratta, è attivo dal 2016 il progetto “Free Life”, finanziato da fondi erogati dal Ministero per gliaffari sociali – Dipartimento Pari Opportunità. Titolare del progetto è la Regione Umbria, mentre gli enti gestori sono la cooperativa “BorgoRete” e ARCI solidarietà– Ora D’aria di Perugia, l’associazione San Martino di Terni (ente gestore dei servizi Caritas) e l’Istituto Artigianelli Crispolti di Todi. Il progetto prevede accoglienza, garanzia di protezione e accompagnamento all’integrazione sociale e all’autonomia (economica, abitativa, relazionale) delle vittime dello sfruttamento a scopo sessuale. Viene messo a punto un programma individuale costruito dall’assistente sociale del Comune di riferimento insieme all’utente stesso. Le persone inserite nel programma di protezione sociale arrivano su invio di Forze dell’Ordine o di altre strutture del territorio nazionale o del numero verde antitratta (800 290 290, attivo 24h con operatori nelle singole regioni). Cosa subiscono le vittime? Stella Cerasa, assistente sociale del progetto di accoglienza immigrati della diocesi di Perugia, racconta che gli sfruttatori hanno trovato nelle migrazioni dei canali per il traffico. “Ci sono tra i richiedenti asilo donne che sono partite adescate dai trafficanti e che sono riuscite a liberarsi solo in Italia. Le ragazze riescono con grande difficoltà a confidarsi su questo argomento perchè provano vergogna pur essendo vittime. Una cosa molto importante però è accaduta nel 2018, quando il re Ewuare II dell’Edo State, in Nigeria, ha vietato i riti voodoo che vincolavano tante nigeriane vittime. Dopo questo atto molte di loro si sono sentite più libere anche di confidarsi”.

 

Storia e informazioni

Alla preghiera dell’ Angelus in piazza San Pietro, nel 2015 Papa Francesco ha così presentato l’evento: “Cari fratelli e sorelle, oggi 8 febbraio, memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita (leggi qui la sua storia), la suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, le Unioni internazionali delle superiore e dei superiori generali degli istituti religiosi hanno promosso la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone.

Incoraggio quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga, una piaga indegna di una società civile.

Ognuno di noi si senta impegnato a essere voce di questi nostri fratelli e sorelle, umiliati nella loro dignità”. Ulteriori informazioni si possono trovare sul sito https://preghieracontrotratta.org , con lo schema di preghiera proposto anno per anno. Su Twitter all’account @preghieratratta e sulla pagina facebook della “Giornata mondiale di preghiera contro la tratta”, iniziative da tutto il mondo, inclusi alcuni incontri di preghiera interreligiosi.

La rete Talitha Kum

Al termine del 2019 lo stesso Papa Francesco ha incontrato in udienza privata in Vaticano le suore di Talitha Kum , impegnate da ormai un decennio contro la tragedia della tratta umana, per liberare donne, bambini e anche uomini dalle condizioni di schiavitù in cui si trovano. Un fenomeno che coinvolge nel mondo almeno 40 milioni di persone, di cui il 70% sono donne o bambini. Presenti in quell’occasione in Vaticano 86 delegate provenienti da 48 nazioni, tutte attive in questa grande rete oggi presente in 92 Paesi del mondo, con 44 reti nazionali nei cinque Continenti.

Al Pontefice sono state portate testimonianze da diverse aree del pianeta. Ad esempio suor Jyoti Pinto, indiana di Mangalore, della congregazione delle “Sorelle del piccolo fiore di Betania”, ha contribuito alla nascita e alla crescita della rete di Talitha Kum “Amrat” (che in sanscrito significa “dare vita”).

Ad oggi vi partecipano 70 congregazioni e 600 religiose. Le suore indiane hanno a che fare con la “tratta delle spose”, i giri di prostituzione, bambini costretti a lavorare nelle fabbriche di mattoni, ma anche uomini usati come come manovalanza a basso costo in agricoltura.

In Perù esiste Red Kawsay, organo di informazione e sensibilizzazione. Tra il 2010 e il 2018 sono state 6.574 le denunce, in continuo aumento. L’85% delle vittime erano donne e bambine, il 64% ha meno di 17 anni. Molte ex vittime sono diventate a loro volta trafficanti... Un circolo vizioso a cui adesso va detto “basta!”.

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Dda e Fbi contro le mafie nigeriane https://www.lavoce.it/contro-mafie-nigeriane/ Mon, 14 Jan 2019 08:04:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53787 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

di Tonio Dell’Olio

Negli ultimi giorni sono venute alla luce notizie inquietanti sulle attività criminali svolte in territorio italiano e in altre parti del mondo dalle mafie nigeriane.

Per arrivare alle conclusioni investigative, la Direzione distrettuale antimafia di Napoli e l’Fbi hanno fatto fronte comune. Parliamo di tratta di ragazze, anche giovanissime, di sfruttamento della prostituzione, di traffico e spaccio di droga, traffico di armi e di organi umani.

Quest’ultimo reato è il più raccapricciante anche per le modalità con cui si svolge e per le vittime che provoca. Ma è anche quello che dimostra complicità al più alto livello, con prestazioni professionali di esperti dei trapianti e clienti danarosi che - in alcune cliniche private - riescono a procurarsi reni e cornee senza troppe file di attesa.

È l’ipocrisia di chi condanna pubblicamente le mafie e, all’occorrenza, non ha scrupoli a servirsene. Nello stesso tempo non abbiamo altra scelta che la via di un’integrazione capillare e seria, che non riservi manodopera a buon mercato per queste mafie transnazionali. Se invece continuiamo a lasciare per strada immigrati e richiedenti asilo, anche le mafie ringraziano.

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colline e sole, logo rubrica oltre i confini

di Tonio Dell’Olio

Negli ultimi giorni sono venute alla luce notizie inquietanti sulle attività criminali svolte in territorio italiano e in altre parti del mondo dalle mafie nigeriane.

Per arrivare alle conclusioni investigative, la Direzione distrettuale antimafia di Napoli e l’Fbi hanno fatto fronte comune. Parliamo di tratta di ragazze, anche giovanissime, di sfruttamento della prostituzione, di traffico e spaccio di droga, traffico di armi e di organi umani.

Quest’ultimo reato è il più raccapricciante anche per le modalità con cui si svolge e per le vittime che provoca. Ma è anche quello che dimostra complicità al più alto livello, con prestazioni professionali di esperti dei trapianti e clienti danarosi che - in alcune cliniche private - riescono a procurarsi reni e cornee senza troppe file di attesa.

È l’ipocrisia di chi condanna pubblicamente le mafie e, all’occorrenza, non ha scrupoli a servirsene. Nello stesso tempo non abbiamo altra scelta che la via di un’integrazione capillare e seria, che non riservi manodopera a buon mercato per queste mafie transnazionali. Se invece continuiamo a lasciare per strada immigrati e richiedenti asilo, anche le mafie ringraziano.

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Prostituirsi non è mai una scelta https://www.lavoce.it/prostituirsi-non-mai-scelta/ Sat, 02 Jun 2018 13:36:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52023

“Stupro a pagamento”: è così che Rachel Moran, giornalista e attivista irlandese, usa chiamare la prostituzione ed è così che ha intitolato il suo ultimo libro. Le prostitute sono invece da lei chiamate “prostituite” e i loro clienti “prostitutori”. Perchè anche le parole, che hanno il loro peso, vadano a definire meglio il concetto di cui Moran è portavoce: la prostituzione non è altro che espressione di supremazia e sfruttamento da parte dell’uomo nei confonti della donna.

Approdata a Perugia lo scorso 26 maggio, la giornalista ha raccontato la sua storia e il suo lavoro al pubblico del centro Shalom in via Quieta, dove si è tenuto l’incontro. Grazie a Lista civica italiana è stato infatti organizzato un tour che ha portato Rachel Moran a toccare diverse città italiane fra cui anche il capoluogo umbro, dove a fare da partner all’evento è stata la parrocchia di Santo Spirito insieme all’associazione Papa Giovanni XXIII e al Movimento adulti scout cattolici italiani (Masci).

L’ardore con cui Rachel Moran si batte contro la prostituzione deriva da una drammatica storia personale che l’ha portata a provare in prima persona gli effetti devastanti del fenomeno, raccontati sia nel libro che nel corso dell’incontro perugino. Nata a Dublino da due genitori affetti da gravi disturbi psichici, all’età di 14 anni fugge da una situazione familiare diventata per lei troppo caotica e insostenibile. “Ho chiesto aiuto ai servizi sociali locali, ma negli anni Novanta il settore sociale irlandese non erano ancora in grado di sostenere situazioni così delicate. Noi ragazzi eravamo sbattuti da un ostello all’altro, così dopo poco me ne sono andata” ha raccontato Moran.

A 15 anni, senza casa nè denaro, Rachel conosce un ragazzo ventenne di cui si innamora e che la convince a far fortuna prostituendosi: “Di sicuro era una fortuna per lui visto che prendeva il 95% di quello che guadagnavo”. Dopo pochi mesi lei e il suo fidanzato/sfruttatore si lasciano, ma è ormai entrata a far parte di un giro da cui difficilmente si esce: “Mi considero molto fortunata per esser riuscita a cambiare vita, visto che di solito chi entra in questo mondo in giovanissima età non ne esce più, perchè crede di non poter fare nient’altro per vivere. Io invece ne sono uscita e anche da giovane, a 22 anni, in modo tale da esser stata poi in grado di ricostruire la mia vita, a partire dalla carriera scolastica”.

Rachel infatti un giorno decide da sola di non tornare più sulla strada, mossa dall’amore per suo figlio di 4 anni che stava per cominciare la scuola. Una vita, quella della madre, che non si conciliava affatto con quella della notte. Da quel punto in poi la rinascita: si iscrive all’università, diventa giornalista e fonda la Space international, organizzazione che si batte per promuovere il “modello legislativo nordico” contro il fenomeno della prostituzione.

Moran è infatti fermamente convinta che la prostituzione non vada avallata in alcun modo, tanto meno legalizzandola. Crede anche che, prima di arrivare ad un cambiamento di mentalità generale, occorra cambiare le leggi. Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda, Irlanda e Canada, secondo Moran e la sua associazione, avrebbero quasi dimezzato il numero di prostitute grazie ad una legge che va a sanzionare aspramente clienti e sfruttatori. Nessuna pena invece per chi viene sorpresa a prostituirsi, ma solo percorsi di riqualificazione. “Perchè nessuna sceglie volontariamente di prostituirsi. Anche dietro scelte apparentemente autonome si nascondono storie difficili di solitudine o disagi di vario tipo”.

 

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“Stupro a pagamento”: è così che Rachel Moran, giornalista e attivista irlandese, usa chiamare la prostituzione ed è così che ha intitolato il suo ultimo libro. Le prostitute sono invece da lei chiamate “prostituite” e i loro clienti “prostitutori”. Perchè anche le parole, che hanno il loro peso, vadano a definire meglio il concetto di cui Moran è portavoce: la prostituzione non è altro che espressione di supremazia e sfruttamento da parte dell’uomo nei confonti della donna.

Approdata a Perugia lo scorso 26 maggio, la giornalista ha raccontato la sua storia e il suo lavoro al pubblico del centro Shalom in via Quieta, dove si è tenuto l’incontro. Grazie a Lista civica italiana è stato infatti organizzato un tour che ha portato Rachel Moran a toccare diverse città italiane fra cui anche il capoluogo umbro, dove a fare da partner all’evento è stata la parrocchia di Santo Spirito insieme all’associazione Papa Giovanni XXIII e al Movimento adulti scout cattolici italiani (Masci).

L’ardore con cui Rachel Moran si batte contro la prostituzione deriva da una drammatica storia personale che l’ha portata a provare in prima persona gli effetti devastanti del fenomeno, raccontati sia nel libro che nel corso dell’incontro perugino. Nata a Dublino da due genitori affetti da gravi disturbi psichici, all’età di 14 anni fugge da una situazione familiare diventata per lei troppo caotica e insostenibile. “Ho chiesto aiuto ai servizi sociali locali, ma negli anni Novanta il settore sociale irlandese non erano ancora in grado di sostenere situazioni così delicate. Noi ragazzi eravamo sbattuti da un ostello all’altro, così dopo poco me ne sono andata” ha raccontato Moran.

A 15 anni, senza casa nè denaro, Rachel conosce un ragazzo ventenne di cui si innamora e che la convince a far fortuna prostituendosi: “Di sicuro era una fortuna per lui visto che prendeva il 95% di quello che guadagnavo”. Dopo pochi mesi lei e il suo fidanzato/sfruttatore si lasciano, ma è ormai entrata a far parte di un giro da cui difficilmente si esce: “Mi considero molto fortunata per esser riuscita a cambiare vita, visto che di solito chi entra in questo mondo in giovanissima età non ne esce più, perchè crede di non poter fare nient’altro per vivere. Io invece ne sono uscita e anche da giovane, a 22 anni, in modo tale da esser stata poi in grado di ricostruire la mia vita, a partire dalla carriera scolastica”.

Rachel infatti un giorno decide da sola di non tornare più sulla strada, mossa dall’amore per suo figlio di 4 anni che stava per cominciare la scuola. Una vita, quella della madre, che non si conciliava affatto con quella della notte. Da quel punto in poi la rinascita: si iscrive all’università, diventa giornalista e fonda la Space international, organizzazione che si batte per promuovere il “modello legislativo nordico” contro il fenomeno della prostituzione.

Moran è infatti fermamente convinta che la prostituzione non vada avallata in alcun modo, tanto meno legalizzandola. Crede anche che, prima di arrivare ad un cambiamento di mentalità generale, occorra cambiare le leggi. Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda, Irlanda e Canada, secondo Moran e la sua associazione, avrebbero quasi dimezzato il numero di prostitute grazie ad una legge che va a sanzionare aspramente clienti e sfruttatori. Nessuna pena invece per chi viene sorpresa a prostituirsi, ma solo percorsi di riqualificazione. “Perchè nessuna sceglie volontariamente di prostituirsi. Anche dietro scelte apparentemente autonome si nascondono storie difficili di solitudine o disagi di vario tipo”.

 

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Non è affatto una droga “leggera” https://www.lavoce.it/non-e-affatto-una-droga-leggera/ Thu, 23 Jul 2015 09:56:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39935 cannabisUn dibattito sbagliato e dalle conseguenze potenzialmente imprevedibili. Così le associazioni di matrice cattolica e quanti operano nel contrasto alle dipendenze bollano l’iniziativa bipartisan, illustrata il 15 luglio in conferenza stampa a Montecitorio, circa la legalizzazione della cannabis.

Secondo la proposta di legge, che vede promotore l’ex radicale Benedetto Della Vedova, senatore e sottosegretario agli Esteri, la cannabis si potrà vendere nei negozi con la licenza dei Monopòli di Stato, coltivare in casa e fumare in luoghi privati.

In più, non sarà punito il possesso fino a 5 grammi (15 in casa) “per uso ricreativo”, purché si sia maggiorenni. Consentiti, infine, i “Cannabis Social Club” per la coltivazione. Permangono, invece, i divieti per il consumo nei parchi e negli altri luoghi pubblici, come pure per la guida in stato di alterazione.

“È una sconfitta: la legalizzazione moltiplicherà le dipendenze nei nostri giovani”, commenta Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, rimarcandone la posizione “costante” – fin dai tempi del fondatore, don Oreste Benzi – contro ogni droga. “Rendere legale l’assunzione di cannabis diventerà una ‘norma di vita’ che produrrà una ferita ai nostri giovani, che non hanno bisogno di sballo ma di valori, cultura, lavoro, sport”.

Ramonda ricorda che “buona parte di quanti arrivano a dipendenze pesanti sono partiti proprio dalla cannabis”. Mentre il dibattito si anima tra chi ritiene che la legalizzazione rappresenti un favore alle mafie e chi, invece, sostiene l’esatto opposto, il responsabile della Comunità ammonisce che “il mercato criminale non si sconfigge con la legalizzazione, anzi. Lo vediamo con la prostituzione, che laddove è stata legalizzata, come in Olanda, resta comunque appannaggio del mercato criminale, che continua a fare affari”.

No pure alla proposta del leader della Lega, Salvini, di legalizzare la prostituzione. Assurdo – obietta Ramonda – “dal momento che stiamo parlando di violenza ai danni delle donne, di una brutalità bestiale”.

Il quotidiano Avvenire, in un corsivo, mette in luce “la rischiosità di una mossa che ignora le ricadute educative e sociali della cannabis: se resta vietato guidare sotto l’effetto di uno spinello, per dirne una, non sarà che c’è una pericolosa alterazione della psiche?”. Osservando oltretutto che alle “fantasie di 218 parlamentari” non si sono accodati “i quattro quinti dei legislatori”.

“Uno Stato che rende lecito un comportamento dannoso non fa il bene dei propri cittadini, e di questo se ne deve assumere la responsabilità”, annota Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’associazione Scienza & Vita. “Sono noti gli effetti deleteri di questa droga, chiamata falsamente ‘leggera’, e l’espressione ‘per uso ricreativo’ è una ingenuità ipocrita che nasconde dietro alle parole le drammatiche conseguenze del suo uso irresponsabile. Allo stesso modo, liberalizzare tout court evoca un messaggio pericoloso: che la droga non faccia male e che lo spinello, in fondo, sia innocuo. Un conto – prosegue – è prescrivere farmaci cannabinoidi in determinate condizioni di gravi disturbi, tutt’altro è giocare in maniera volutamente ambigua con la scarsa dimestichezza dei non addetti ai lavori, e contrabbandare la cannabis come panacea in grado di curare le più svariate patologie”.

Di proposta “assurda” e “insensata” parla Roberto Mineo, presidente del Ceis “Don Mario Picchi”, organizzazione impegnata nel combattere l’esclusione sociale, in particolare dei giovani. “I veri problemi che il Parlamento dovrebbe affrontare sono altri”, tuona Mineo, chiedendosi se “chi fa questa proposta è consapevole di cosa stiamo parlando. È sempre una droga, e oltretutto non più ‘leggera’. Rispetto alla cannabis degli anni Ottanta – chiarisce – ora il principio attivo è stato geneticamente modificato, per cui gli effetti dannosi sono maggiori, più gravi e permanenti”.

In prospettiva, il presidente del Ceis teme che possa succedere come con la liberalizzazione del gioco d’azzardo. “Abbiamo 1.800.000 giocatori patologici grazie alla liberalizzazione dell’azzardo, con una criminalità organizzata ancora più agguerrita e un costo sociale elevato, e lo stesso accadrà se passa questa sciagurata proposta”.

Contrario è pure don Armando Zappolini, presidente del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), poiché “si riporta la discussione su un piano ideologico, distraendosi da quella che è la vera urgenza, ossia mettere mano alle legge quadro sulle droghe, che risale al 1990, mentre oggi ci troviamo di fronte a nuove dipendenze da sostanze, come pure altre che non derivano da sostanze, ad esempio internet e il gioco d’azzardo patologico”. Sono queste, ad avviso del presidente del Cnca, le “vere urgenze che chiedono oggi una risposta”.

 

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Agiamo per fermare la tratta di persone https://www.lavoce.it/agiamo-per-fermare-la-tratta-di-persone/ Thu, 23 Apr 2015 14:05:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31753 prostituzione-controllo-carabinieri“Tratta degli esseri umani: al di là della criminalizzazione”. Dopo quattro giorni di lavori si è chiusa martedì la 21a sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze sociali. In conferenza stampa, la presidente dell’istituzione vaticana, Margaret Archer, e alcuni membri hanno presentato il risultato del confronto tra studiosi, docenti universitari e funzionari di organizzazioni governative.

“Essere utili, non accessori o creativi, nel contrastare il fenomeno della tratta. Questo stiamo facendo”, ha affermato la Archer spiegando quindi le modalità d’azione: i contatti presi con la polizia, con i giovani e con i leader religiosi, con l’obiettivo di “unire tutti e far riconoscere il traffico come delitto morale e criminale”. I punti chiave su cui si è lavorato in questi giorni sono stati le modalità di protezione delle vittime – che prevede la distinzione tra immigrato illegale e persona schiavizzata, perché possano denunciare – e le strade per ridurre la domanda.

Si intende arrivare a inserire l’eliminazione, o almeno la riduzione, del traffico delle persone e ciò che ne consegue (lavoro forzato, prostituzione, traffico di organi, schiavitù domestica) tra gli Obiettivi del millennio per i prossimi 15 anni: “Ne parleremo con il Segretario dell’Onu il prossimo 28 aprile, quando sarà qui in Vaticano”.

“Il 70% delle persone trafficate sono di genere femminile, donne e bambine, mentre il 71% dei trafficanti sono uomini” – ha sottolineato l’economista Stefano Zamagni, membro dell’Accademia. – Oggi oggetto di tratta non è soltanto lo sfruttamento sessuale, la prostituzione: le donne sono vittime della tratta anche per essere state avviate al lavoro forzato, è questa la novità”. Perché si facciano progressi in materia di tratta e schiavitù, ha aggiunto Zamagni, è necessario sgombrare il campo da alcuni luoghi comuni, prendendo coscienza del fatto che il fenomeno si evolve in continuazione; che non va sottovalutato il ruolo della “domanda”, superiore a quello dell’offerta; e che va contrastato l’individualismo libertario che si sta diffondendo, ossia la mentalità “secondo cui, se uno sceglie di fare qualcosa, bisogna lasciarlo fare”. Da qui una serie di suggerimenti. Anzitutto, andrà potenziato il ruolo di denuncia della società civile e delle organizzazioni: “Si tratta – ha continuato Zamagni – di dotare queste organizzazioni (che al momento non hanno nessun riconoscimento ufficiale in sede Nazioni Unite) del potere di indicare e di praticare forme di protesta civile che si esprimono con il portafoglio. Cioè a dire: io non compro, non accetto di entrare in relazione di affari, pur legalmente possibili, se vengo a sapere che dietro ci sono fenomeni di sfruttamento e di schiavitù”. Altrettanto importante è insistere perché sia accettato a livello giuridico il concetto di tratta come “crimine contro l’umanità”. Inoltre, si sollecita la creazione di un’Autorità mondiale che faccia applicare i protocolli. Un’autorità “sul modello dell’Organizzazione mondiale del commercio, che sia in grado di far applicare i protocolli” in materia di traffico degli esseri umani, nelle sue varie forme che vanno dalla prostituzione al lavoro forzato, alla compravendita di organi. “Il Protocollo di Palermo – ha fatto notare – è stato sottoscritto dal 90% dei Paesi, ma nessuno di essi lo ha ratificato”. Il prof. Pierpaolo Donati, anch’egli membro della Pontificia accademia delle scienze sociali, ha evidenziato che è la riduzione della domanda la chiave di volta. Questi alcuni dei suggerimenti avanzati: “Rendere non profittevole il lavoro non protetto o addirittura la prostituzione, soprattutto modificando il lato della domanda, del consumatore. Quindi, modificare le preferenze nei clienti, nei consumatori, chi usa le persone ‘trafficate’ boicottando i prodotti delle imprese che producono questo tipo di beni, chiedendo che venga messa sui prodotti una targhetta che indichi che quel prodotto non è stato realizzato con il lavoro forzato o in altro modo vietato dalla legislazione”. E poi, “incoraggiare la donazione degli organi, e in questo la Chiesa può avere un ruolo: proibire la vendita di organi, fare educazione civica nelle scuole. E poi ancora, connettere tra loro le associazioni che sensibilizzano l’opinione pubblica”.

 

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Tenerezza e dolore https://www.lavoce.it/tenerezza-e-dolore/ https://www.lavoce.it/tenerezza-e-dolore/#comments Fri, 23 Jan 2015 12:44:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29919 Papa Francesco, durante il viaggio nelle Filippine, incontra i bambini della ANAK-Tnk foundation
Papa Francesco, durante il viaggio nelle Filippine, incontra i bambini della ANAK-Tnk foundation

Il volto di una bambina cui commozione e lacrime impediscono di parlare. Il volto di un genitore che ha visto morire la propria figlia, colpita da un’impalcatura sradicata dal vento del tifone a Tacloban. Accanto a questi, i volti di tanti giovani, e meno giovani, che hanno seguito la celebrazione del Papa al Rizal Park, nella domenica dedicata al Santo Niño.

Sono i volti ad attirare l’attenzione, volti sorridenti nonostante le difficoltà, le ferite. Volti di giovani che si mettono alla prova e ai quali Francesco raccomanda di non essere persone da museo, ma giovani sapienti, capaci di rispondere alle sfide del tempo, per costruire una società di giustizia, solidarietà e pace. Certo inquieta e interroga la vocina di Gyizelle Palomar 12 anni: “ci sono tanti bambini rifiutati dai loro stessi genitori, altri sono vittime di molte cose terribili come droga e prostituzione”. Poi la domanda, l’unica, dice Papa Francesco, che non ha una risposta: “Perché Dio permette che accadano queste cose, anche se non è colpa dei bambini? Perché ci sono così poche persone che ci aiutano?” le lacrime interrompono le sue parole. Accanto a lei c’è Jun un ex ragazzo di strada. La sostiene con un gesto e un sorriso e insieme vanno dal Papa per un lungo abbraccio.

È questa l’immagine del viaggio del Papa: la tenerezza di Francesco, il dolore dei bambini. “Solo quando siamo capaci di piangere sulle cose che ha detto Gyizelle, siamo capaci di rispondere a questa domanda”.

Aveva già incontrato gli ex ragazzi di strada, Francesco, nella comunità che si trova accanto alla cattedrale. Con loro ha trascorso alcuni momenti molto intensi, nei quali è stato più l’ascolto, il silenzio ad avere spazio. Francesco è il Papa dell’ascolto, che grida il suo no allo sfruttamento dei poveri, dei bambini, degli ultimi. Grida il suo no alla compassione mondana, alla moneta tolta dalla tasca per mettersi a posto con la coscienza: “se Cristo avesse avuto questa compassione, avrebbe aiutato tre o quattro persone e poi sarebbe tornato al Padre”. Dobbiamo imparare a piangere, afferma ancora, quando vediamo un bambino che ha fame, drogato, senza casa, abusato, usato e reso schiavo. Chi non sa piangere non è un buon cristiano. Così ai 30mila giovani, che incontra all’università di San Tommaso, dice: nel computer troverete tutte le risposte, ma nessuna vera sorpresa. Lasciatevi sorprendere da Dio.

L’altro volto è quello del papà della giovane volontaria. Era la sua unica figlia, contenta di lavorare per la messa del Papa. Il tifone ha spazzato via la sua vita, come l’altro ancor più forte quattordici mesi fa, ha spazzato via tutto a Tacloban, case e vite umane: poco più di sei mila; 1.700 i dispersi.

Dolore che Francesco ha visto anche a Madhu, nello Sri Lanka, un santuario testimone di una lunga guerra civile tra governo centrale e popolazione Tamil, durata 26 anni, e di tanta solidarietà tra appartenenti a religioni diverse. La zona antistante il santuario, 160 ettari, fino al 2008 ha accolto migliaia di profughi, fuggiti dalle zone del conflitto. Sono proprio le religioni che assieme possono aiutare a superare divisioni e contrapposizioni. Lo dice chiaramente ai leader religiosi Francesco, ricordando, come sia aberrante portare guerra e violenze in nome di Dio. Lo ripete anche ai giornalisti, nel volo tra Sri Lanka e Filippine. Parla dei fatti di Parigi, Francesco, per ribadire che sia la libertà religiosa, sia quella di espressione sono due diritti fondamentali, ma hanno un limite, nel rispetto dell’altro; sono sì due diritti, ma la libertà dell’uno finisce dove inizia la libertà dell’altro.

Francesco aveva detto che il suo voleva essere un viaggio per stare accanto alle persone che hanno sofferto, ai poveri, perché povertà, ignoranza e corruzione sfigurano il mondo. Ma certamente le folle che hanno accompagnato il Papa nei suoi appuntamenti, il calore con il quale è stato accolto a Colombo e a Manila non sono cose di tutti i giorni. Padre Federico Lombardi, domenica sera, conversando con i giornalisti nel far conoscere il numero delle persone presenti al Rizal Park e nelle strade circostanti – sei o forse sette milioni per le autorità di Manila – sottolinea che si è trattato del più grande evento nella storia dei Papi.

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L’ombra della ’Ndrangheta https://www.lavoce.it/lombra-della-ndrangheta/ Fri, 12 Dec 2014 13:10:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29495 CarabinieriIn Umbria la mafia è diventata una realtà. Lo dimostra la retata dei carabinieri che hanno eseguito, nella provincia di Perugia e in altre località del territorio nazionale, 62 misure cautelari (46 persone arrestate, 7 ai domiciliari e le altre sottoposte a obbligo di dimora), emesse su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Perugia, per associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, danneggiamento, bancarotta fraudolenta, truffa, trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante delle finalità mafiose, nonché per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione. Sono stati pure sequestrati beni per 30 milioni.

Nel dettaglio, l’organizzazione criminale appartiene alla ’ndrangheta, con un sodalizio radicato in Umbria, con diffuse infiltrazioni nel tessuto economico locale e saldi collegamenti con le cosche calabresi di origine. Sono state documentate le modalità tipicamente mafiose di acquisizione e condizionamento di attività imprenditoriali, in particolare nel settore edile, anche mediante incendi e intimidazioni con finalità estorsive.

L’operazione, denominata “Quarto passo”, ha messo in evidenza un’organizzazione collegata alla cosca Farao-Marincola di Cirò, capeggiata dal pregiudicato Natalino Paletta, attiva nel capoluogo umbro dal 2008.

“Il territorio umbro, a torto ancora ritenuto da taluni ‘isola felice’, è invece in via di progressiva ‘mafizzazione’”, ha scritto il Gip di Perugia Alberto Avenoso. “L’associazione di tipo ’ndranghetista stanziatasi in Perugia – ha spiegato il giudice – non può, semplicisticamente, essere definita come un’articolazione periferica della struttura criminale calabrese sorta e radicata nel territorio d’origine, ma si configura invece come un’autonoma associazione composta da soggetti residenti in Umbria da oltre un decennio, i quali, pur avvalendosi dei metodi tipici delle associazioni di tipo mafioso e chiaramente conservando gli originari rapporti di parentela e contiguità con soggetti operanti nella regione di provenienza, operano autonomamente e in via esclusiva in Umbria, conservando sempre un ‘basso profilo’ criminale, al fine di non attirare sull’organizzazione l’attenzione delle forze dell’ordine”.

Il sodalizio criminale si era radicato nella provincia perugina consolidando progressivamente la propria influenza sul territorio e infiltrando il tessuto economico, anche mediante una diffusa attività estorsiva e usuraria nei confronti di imprenditori locali.

In particolare – hanno riferito gli inquirenti – è stato accertato come alcuni imprenditori siano stati costretti a emettere false fatture per dissimulare gli illeciti pagamenti, nonché a cedere le proprie imprese agli indagati o a loro prestanome. In altri casi, pur rimanendo formalmente intestatarie, le vittime venivano sostituite nella gestione da esponenti del gruppo criminale che, dopo aver privato l’azienda delle sue linee di credito, ne provocavano la bancarotta fraudolenta.

Il gruppo – spiegano ancora gli investigatori – era dedito anche a truffe, furti e traffico di droga. Truffe accertate erano in danno di fornitori di materiali edili, che venivano rivenduti a ricettatori calabresi titolari di imprese che li reimpiegavano nelle costruzioni di edifici e fabbricati in Umbria, Toscana e Calabria.

I proventi illeciti sono stati utilizzati per acquistare beni immobili e attività commerciali nel settore dell’intrattenimento e del fotovoltaico, anche intestati a prestanome, allo scopo di dissimulare la reale riconducibilità dei beni alla cosca.

Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, che ha illustrato il contenuto dell’operazione, ha sottolineato, tra l’altro, che “l’intervento è stato estremamente tempestivo perché questo gruppo era in espansione in termini imprenditoriali. Mi ha colpito l’interesse, ad esempio, nel settore del fotovoltaico”. La presidente della Regione Catiuscia Marini ha parlato dell’Umbria come “una terra che ha anticorpi robusti per reagire”.

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Romanzo della tuderte Debora Bartolini contro la “tratta” https://www.lavoce.it/romanzo-della-tuderte-debora-bartolini-contro-la-tratta/ Fri, 11 Apr 2014 09:05:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24315 Il tavolo dei relatori alla presentazione del libro
Il tavolo dei relatori alla presentazione del libro

Sabato 5 aprile, alla presenza di un vasto pubblico, presso la sala del Consiglio dei palazzi comunali di Todi si è svolto un incontro dedicato al tema della tratta e dello sfruttamento della prostituzione.

Erano presenti il sindaco di Todi Carlo Rossini, il direttore della Caritas diocesana Marcello Rinaldi, la scrittrice e giornalista Vanna Ugolini e la prof.ssa Carla Maria Cavallini, oltre alla presidente della Regione Catiuscia Marini, che ha voluto portare il suo contributo a conclusione dell’incontro.

L’assessorato alla Cultura e la Biblioteca comunale hanno voluto promuovere questo appuntamento, dal titolo “Restiamo umani”, in occasione della presentazione del romanzo Strade di Debora Bartolini, giovane scrittrice tuderte che ha recentemente pubblicato questa sua opera prima.

Partendo dalla sua esperienza come volontaria prima e poi come operatrice e mediatrice linguistica per conto dell’istituto Crispolti di Todi nell’ambito dei progetti regionali “Non si tratta” e “Fuori dal labirinto”, e ispirandosi alle storie vere di tante vittime della tratta che ha avuto modo di conoscere, la Bartolini ha voluto scrivere di un tema così arduo e complesso, anche per scardinare la visione che la maggior parte delle persone ha di questo fenomeno.

Il romanzo racconta le storie di tre donne e i loro percorsi di vita, in cui si intrecciano violenza, sopruso, ribellione, fino al racconto della “svolta” della vita di queste donne che, in modi diversi tra loro, riusciranno a liberarsi dalle catene della schiavitù e riappropriarsi delle loro esistenze.

Inoltre, come hanno ricordato i relatori, in particolare il direttore della Caritas, Rinaldi, l’attenzione al fenomeno della tratta e l’aiuto alle vittime è stata una delle primarie istanze della rifondata Caritas diocesana intorno agli anni che precedettero il Giubileo del 2000, per espresso volere dell’allora vescovo mons. Grandoni. Da quella che fu una sensibilità della Caritas locale, nacquero poi i progetti dedicati all’aiuto e al recupero delle vittime della tratta, dal primo “Elena e Flora”, più di dieci anni fa, presso l’istituto Crispolti.

Anche il sindaco Rossini ha affermato l’impegno costante dell’Amministrazione comunale, che contribuisce con 20 mila euro all’anno, soprattutto erogati in servizi, ai progetti locali a sostegno delle vittime della tratta a Todi. Un contributo forse piccolo, ma significativo di un’attenzione particolare alla tutela dei diritti umani.

Comunque, come ha ricordato la giornalista Vanna Ugolini, che da anni si interessa al fenomeno della prostituzione nella nostra Regione (suo il libro-denuncia Tania e le altre del 2007), l’Umbria resta una delle regioni maggiormente interessate dal traffico di esseri umani, in base all’ultimo rapporto della Direzione nazionale antimafia.

C’è però la consapevolezza del problema e la volontà da parte delle istituzioni regionali di intervenire per contrastare il fenomeno della tratta. La presidente Marini ha confermato che la Regione Umbria continuerà a impiegare risorse economiche e progettuali per contrastare questa piaga, come sta già facendo mediante i progetti “Free Women” e “Fuori dal labirinto”, che operano in diverse realtà (Perugia, Todi, Terni, Narni) grazie all’operato di soggetti del terzo settore (associazioni e cooperative) e grazie al contributo di istituti diocesani o delle Caritas.

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Più sicurezza con l’aiuto dei cittadini https://www.lavoce.it/piu-sicurezza-con-laiuto-dei-cittadini/ Thu, 03 Apr 2014 17:04:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24128 Carmelo Gugliotta
Carmelo Gugliotta

La vera sicurezza si ha quando c’è anche legalità, e ha bisogno della collaborazione dei cittadini. Lo sottolinea il nuovo questore di Perugia Carmelo Gugliotta in un’intervista a La Voce. “La legalità – spiega – crea sicurezza e benessere e quindi conviene a tutti”. Gugliotta è arrivato a Perugia all’inizio dell’anno da Messina, dopo una carriera in polizia che lo ha visto impegnato con vari ruoli in fronti difficili come quelli della Sicilia e della Calabria. In Umbria – dice – ha trovato cittadini che collaborano attivamente con le forze di polizia, e una rete di associazioni spontanee promotrici di progetti che contribuiscono anche alla tutela della sicurezza. Come si spiegano allora i risultati dell’ultimo rapporto Istat secondo il quale nell’arco di un ventennio (1993-2013) l’Umbria è passata dall’ottavo al terzo posto nella classifica delle regioni italiane sulla percezione della sicurezza da parte dei cittadini? Soltanto gli abitanti di due grandi regioni come Lazio e Lombardia avvertono più alto il rischio di potere essere vittima di attività criminali. E questo anche se, per numero di reati in rapporto alla popolazione, la situazione dell’Umbria è migliore di quella della media nazionale e del centro Italia. Alcune risposte ai dati di questo rapporto vengono dal questore e dal suo capo di gabinetto, Salvatore Barba, da molti anni in servizio a Perugia dopo esperienze a Genova e in Lombardia. La prima considerazione è che gli abitanti dell’Umbria erano abituati ad una vita molto più tranquilla di tante altre realtà. Per cui, anche con livelli di criminalità inferiori alla media italiana, gli umbri si sentono sempre più preoccupati e insicuri. “Si è infatti accentuata – spiega il questore – la differenza tra il livello di sicurezza reale e quello della sicurezza percepita dalle persone. Un senso di insicurezza che deriva anche dalla situazione economica e dalla conseguente preoccupazione delle famiglie”. Paure e timori – continua il questore – alimentate anche da certi titoli allarmistici dei giornali. Eppure in provincia di Perugia, con importanti operazioni di polizia come l’operazione “Pitbull”, che ha sgominato un’organizzazione di una quarantina di persone (romeni e albanesi) che svaligiavano case e negozi, negli ultimi tre mesi i furti si sono dimezzati. L’auto della polizia che passa tra la gente – spiega ancora il questore – aumenta la “percezione della sicurezza” nei cittadini, ma per la tutela della sicurezza reale è invece molto più efficace il lavoro quotidiano e nascosto dei tanti poliziotti in borghese.

Ci sono poi dati statistici che alimentano paura e allarme ma che non rispecchiano la realtà. A Perugia – osserva Barba – ci sono più di 20.000 studenti universitari e in Umbria sono decine di migliaia i turisti, la cui presenza altera gli indici del rapporto tra reati e numero di residenti. Come nel caso dei morti per droga. Per la sua posizione geografica e per la presenza di tanti giovani Perugia, è una piazza interessante per il mercato degli stupefacenti. Molte delle vittime della droga a Perugia e in Umbria provengono però da altre regioni, e questo contribuisce a falsare quell’indice del rapporto tra morti e abitanti. Per stroncare questo mercato la questura, oltre che a combattere con successo spacciatori e trafficanti di droga, interviene con fogli di via per i loro clienti. Provvedimenti che impediscono loro di tornare a Perugia per tre anni, riducendo la richiesta di droga sulla piazza perugina. I risultati già ci sono: nell’ultimo anno si è ridotto il numero di overdosi anche mortali e, soprattutto, trafficanti e spacciatori hanno avvertito che il clima a Perugia e in Umbria sta cambiando e che la loro attività è diventata più rischiosa. Il lavoro della questura e delle altre forze di polizia sta infatti producendo risultati positivi anche grazie alla collaborazione della gente. Associazioni e cittadini – sottolinea Gugliotta – “stanno collaborando in modo intelligente con segnalazioni utili e appropriate”. Il questore cita il caso dell’associazione MappiAmo Perugia, con un sito internet dove i cittadini in gran numero stanno immettendo immagini e segnalazioni delle tante cose che non vanno. Una rete di dati, con relativa mappa, utile agli amministratori pubblici ma anche alla polizia per questioni e fatti riguardanti la sicurezza. Ma sono tante le associazioni spontanee di cittadini, sorte nei quartieri e in altre realtà, con le quali – sottolinea il questore – “vorrei trovare una intesa ancora maggiore per iniziative specifiche”. Però anche nella realtà perugina e umbra ci sono “zone grigie”di interessi diffusi non sempre cristallini. Speculazioni immobiliari e guadagni da affitti in nero o con prestanome per alloggiare persone poco raccomandabili (ladri, spacciatori, ecc.), riciclaggio di capitali sporchi da parte di organizzazioni criminali, usura, sfruttamento della prostituzione e gioco d’azzardo. Problemi e situazioni che magistratura e forze di polizia possono affrontare e combattere meglio solo con la collaborazione della gente. Una collaborazione – ripete il questore – non soltanto utile ma indispensabile. Che però non è sufficiente se non affiancata dal rispetto delle regole e delle leggi da parte di tutti. Nei comportamenti quotidiani, dal rispetto del codice della strada al pagamento delle tasse: perché chi evade danneggia gli altri e, nel caso di imprenditori e aziende, opera in concorrenza sleale nelle attività economiche. Perciò la questura è impegnata con tante iniziative anche nelle scuole per fare capire che con il rispetto della legalità la società è migliore. Gugliotta assicura che ci sono mezzi e uomini sufficienti per garantire la sicurezza in provincia di Perugia, ma che una riorganizzazione della spesa in questo settore è possibile eliminando anche alcuni presidi sul territorio per utilizzare meglio le forze disponibili. Auspica anche una giustizia più rapida, e soprattutto una “pena certa e subito” perché un garantismo talvolta eccessivo, nei fatti, non aiuta la gente onesta. Temi questi che saranno anche oggetto dell’incontro che il card. Gualtiero Bassetti avrà con gli uomini e donne della polizia il 6 maggio in questura a Perugia.

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Bambini e adolescenti allo sbando e i grandi latitano https://www.lavoce.it/bambini-e-adolescenti-allo-sbando-e-i-grandi-latitano/ Thu, 07 Nov 2013 15:44:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20490 TeenGirls-ragazze-strada-giovani-donneLa vicenda delle due ragazzine romane, compagne di scuola, di 14 e 15 anni, scoperte a prostituirsi, ha suscitato molto scalpore e probabilmente messo in apprensione molti genitori, lasciando intendere che il più delle volte “dei bambini non si sa niente” (come titola un libro famoso di qualche anno fa).

Il mondo dei ragazzi e delle ragazze è spesso un’incognita inquietante per i genitori e in generale gli adulti, e oggi i suoi confini si dilatano e diventano ancora meno controllabili perché alla realtà quotidiana, concreta e tangibile, ben determinata nello spazio e nel tempo, si somma quella virtuale: estesa in maniera indefinita, onnipresente e onnicomprensiva, sfuggente.

Le due ragazzine sono state scoperte per la coraggiosa denuncia di una madre che ha voluto aprire gli occhi di fronte ai soldi che comparivano inaspettatamente nelle mani della figlia. Di fronte alle borse e agli oggetti costosi. Di fronte agli atteggiamenti scostanti, aggressivi. Proprio quegli atteggiamenti e quei fatti che talvolta spingono invece gli adulti a voltare la faccia dall’altra parte, forse spaventati dal rischio di scoprire realtà sconvenienti, di affrontare mondi ben diversi da quelli che si vorrebbero per i figli. Già, perché di solito i ragazzi mandano segnali, il problema è che non vengono colti da chi dovrebbe.

E questo fa spostare l’attenzione sugli adulti di questa squallida storia. Una madre coraggiosa che denuncia, ma anche un’altra che è finita in cella, accusata di aver addirittura spinto la figlia a prostituirsi. E poi il giro degli sfruttatori, alcuni arrestati. Adulti che non si facevano scrupoli di guadagnare letteralmente sulla pelle di due ragazze giovanissime. E i clienti. “Non sapevamo che fossero minorenni”, ha già detto qualcuno, come se fosse una giustificazione, come a scaricare le responsabilità.

Sono adulti anche gli insegnanti della scuola, dove le due ragazzine andavano e dove addirittura pare che i clienti passassero a rimorchiarle. Non si sono accorti di niente? E qui si apre un mondo. La preside dell’istituto ha avuto modo di dichiarare che seguiva da tempo almeno una delle due ragazze. La seguiva perché aveva colto i segnali di disagio. Era stata bocciata e si era iscritta nuovamente a scuola, anche se quest’anno era rimasta a casa molte volte. “Le ho parlato spesso, ho parlato con la famiglia…”, ha lasciato intendere. Poi la resa: “Non immaginavo… C’erano i certificati medici per le assenze. Ho sempre sperato che le malattie fossero vere”.

Una scena del film “Mall girls” dove ragazze adolescenti si prostituiscono in cambio di cellulari e vestiti
Una scena del film “Mall girls” dove ragazze adolescenti si prostituiscono in cambio di cellulari e vestiti

Si poteva fare di più? Forse. Ma probabilmente serviva “fare insieme”, scuola e famiglia. E qui torna la questione dell’attenzione educativa, con la consapevolezza che la scuola “può fino a un certo punto”, così come i genitori fanno fatica non solo ad arrivare dappertutto (impossibile), ma spesso anche solo a “stare svegli”. Per mille motivi. Il risultato è che bisogna allenarsi alle alleanze, aiutarsi a vicenda a tenere alta la tensione, a tendere e offrire la mano per cercare di agire in modo efficace.

Poi, certo, giocano anche le responsabilità individuali, comprese quelle dei ragazzi. Anche se, riferendosi alle due studentesse finite sui giornali, vale la pena di riproporre una frase, finita nelle cronache, attribuita ai carabinieri: “Ricordatevi sempre che loro sono le vittime di questa storia”.

Il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale per i diritti dei minori

Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La data ricorda il giorno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò, nel 1989, la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Sono oltre 190 i Paesi nel mondo che hanno ratificato la Convenzione; in Italia l’adesione è avvenuta nel 1991. Tra le agenzie che si interessano dei diritti dei bambini c’è Telefono Azzurro, che ogni anno nell’occasione presenta i risultati delle indagini nazionali sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, realizzate in un campione rappresentativo di scuole di tutta Italia. L’indagine è realizzata con Eurispes e giunta alla sua 13a edizione. Anche l’Umbria aderisce a questa campagna di sensibilizzazione: clicca qui per vedere le iniziative regionali e il seminario di presentazione del progetto “Piuma”.

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La prostituzione come hobby https://www.lavoce.it/la-prostituzione-come-hobby/ Thu, 07 Nov 2013 13:42:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20426 Brutto e triste il caso di Roma, dove si è scoperto che due ragazzine – una di 15, una di 14 anni -, studentesse di liceo, ogni pomeriggio si prostituivano, all’insaputa delle famiglie (ma una delle due consegnava i soldi alla madre, che li prendeva senza fare domande). L’aspetto più inquietante della vicenda è che le due non pensavano e non pensano di aver fatto nulla di male, e nemmeno di essere state vittime dei loro frequentatori né dell’organizzatore e sfruttatore del giro.

Avevano trovato un modo facile per fare un mucchio di soldi, e questo per loro era (è) tutto. Questo specifico caso – prostituzione di ragazzine con adulti estranei – pare abbastanza isolato, ma approfondendo le analisi si scopre che in certe scuole ci sono studentesse che si prostituiscono con i loro compagni nell’intervallo fra le lezioni, e le une e gli altri trovano questo normale e divertente.

Sui giornali laici e progressisti, giornalisti pensosi commentano addolorati chiedendosi dove siamo andati a finire. Ma, cari signori e signore, non eravate voi stessi che già qualche decennio fa vi battevate per la liberà sessuale degli adolescenti? L’hanno avuta e se la tengono.

Da anni e anni i programmi televisivi per giovani trasmettono ogni giorno, in modo più o meno esplicito, questo messaggio: il sesso è divertente, se ti va puoi farne quanto ti pare e con chi ti pare; anche con una persona incontrata per caso e che non vedrai mai più. Spettacoli, canzoni, interviste di star e, per chi legge, anche i libri, comunicano lo stesso messaggio.

Un tempo sui giornali la piccola “posta del cuore” consigliava alle ragazze come resistere al fidanzatino che chiedeva la “prova d’amore”; oggi consiglia loro come resistere al fidanzatino che pretende (guarda un po’) che gli siano fedeli.

Poi c’è l’aspetto del denaro.

A qualunque età e su ogni gradino della scala sociale è acquisito che, quanto ai soldi, quello che conta è averli: come vengono e da dove, non importa a nessuno. Il consumismo poi costringe tutti ad avere soldi da spendere anche per le cose più futili, e i giovanissimi non fanno eccezione.

Così quelle due ragazzine, e chissà quante altre come loro, hanno fatto due più due: da una parte il principio che puoi fare sesso con chiunque, dall’altra il principio che i soldi sono sempre benvenuti; metti insieme le due cose e hai fatto tombola.

Così finisce una società che cancella ogni regola morale.

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Contro la prostituzione, male intollerabile https://www.lavoce.it/contro-la-prostituzione-male-intollerabile/ Tue, 23 Apr 2013 11:06:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16342 processione-rosario-PerugiaSono ormai 11 anni che il gruppo Go’el di Perugia, seguito da don Aldo Buonaiuto dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, si ritrova il sabato sera a Pian di Massiano per recitare il rosario.

Un modo per dare voce alle tante ragazze vittime della prostituzione e offrire loro la possibilità di una liberazione. Sabato 27 aprile, nell’anniversario del primo rosario recitato nel piazzale in cui le auto di note vagavano alla ricerca di corpi da comprare, il gruppo si ritroverà nuovamente per la preghiera e una fiaccolata, che si svolgerà davanti al Palazzetto dello sport alle ore 24.

L’evento sarà preceduto dalla celebrazione eucaristica che si terrà alle ore 21 presso la parrocchia Shalom di via Quieta a Perugia. L’associazione combatte da anni contro la prostituzione chiedendo alle istituzioni di colpire un mercato che si regge sulla riduzione in schiavitù di donne e anche di uomini.

Un essere umano non può essere venduto, violentato, mercificato, sfruttato e ridotto al silenzio, diceva don Oreste Benzi denunciando quella che riteneva un’ingiustizia insopportabile.

La Comunità Papa Giovanni chiede che venga rispettata la Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, entrata in vigore nel 1951 e ratificata dall’Italia già nel 1966 nella quale è scritto che ‘la prostituzione e il male che l’accompagna è incomparabile con la dignità della persona umana perché mette in pericolo il bene dell’individuo, della famiglia e della comunità’”.

Per questo invitano tutti “a partecipare alla fiaccolata per reagire a questo terribile dramma umano testimoniando la vicinanza alle tante schiave presenti sulle strade, attuando i percorsi necessari a spezzare le loro catene e sollecitando gli organi competenti ad intervenire per contrastare sfruttatori e clienti, che sono i principali finanziatori di questo traffico di essere umani”.

La comunità ha sempre chiesto ai sindaci di emanare ordinanze comunali che potessero colpire i “clienti” trovati a contrattare prestazioni sessuali con le vittime della prostituzione schiavizzata.

Negli anni numerose amministrazioni comunali hanno adottato misure in tal senso e tra queste anche il Comune di Perugia che ha rinnovato l’impegno. Dal 2 maggio, infatti, entra in vigore una nuova ordinanza che permetterà di sanzionare i clienti della prostituzione (per intralcio al traffico, sosta vietata ecc) ma, e questa è la novità resa possibile dalle ultime normative nazionali, saranno sanzionati anche coloro che sostano lungo le strade con un abbigliamento o un atteggiamento che mostri chiaramente l’offerta del proprio corpo.

Le multe per chi viola l’ordinanza partono da un minimo di 450 euro cui possono sommarsi sanzioni per altre specifiche violazioni. L’ordinanza interessa le strade dell’area est della città.

L’effetto potrebbe essere lo spostarsi del mercato del sesso sulle vie dei comuni limitrofi. Questo potrebbe essere, però, un incentivo ad adottare le stesse misure.

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Nella “zona grigia” c’è la mafia https://www.lavoce.it/nella-zona-grigia-ce-la-mafia/ Fri, 19 Oct 2012 14:02:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=13475 Boccate di ossigeno? No,è aria viziata

La mafia c’è anche in Umbria, ma molti non lo sanno, ed in troppi fanno finta di non saperlo perché ne traggono qualche vantaggio. Le cosche mafiose, i clan della Camorra, la ’Ndrangheta e le organizzazioni criminali qui non sparano e non chiedono il pizzo. I loro emissari e prestanome arrivano invece con valige di banconote, acquistano negozi ed aziende in crisi, immobili che non si riesce a vendere, e prestano soldi quando le banche non fanno credito. Con il silenzio interessato di chi fa affari con loro, di funzionari di banca compiacenti e di avvocati, commercialisti e notai che incassano parcelle d’oro. Soldi sporchi che arrivano dal traffico della droga e delle armi, dall’usura, dal gioco d’azzardo, dallo sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero, e che magari in momenti di crisi economica per un imprenditore, un professionista o una famiglia possono essere una “boccata d’ossigeno”. Non è così, perché l’impiego di denaro di provenienza illecita – come ha scritto la Direzione investigativa antimafia – anche in considerazione della facilità con cui si possono spostare i capitali, “costituisce una grave minaccia per l’economia legale mondiale, alterando il corretto funzionamento dei meccanismi finanziari e di mercato”. Non è infatti un caso che sono proprio i Paesi dove illegalità e corruzione sono maggiormente diffusi (l’Italia è tra questi) a subire i maggiori effetti dell’attuale crisi economica.

I mafiosi non girano più con la lupara e la coppola. I loro figli e nipoti “da briganti sono diventati gentiluomini”, professionisti della finanza e dell’economia, ha riferito l’ex comandante regionale della Guardia di finanza, il gen. Fabrizio Cuneo, in una delle 10 audizioni della Commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria. La Commissione la scorsa settimana ha presentato in Consiglio regionale la relazione sui circa due anni di lavori durante i quali ha ascoltato ufficiali e dirigenti delle forze di polizia, magistrati e rappresentanti delle organizzazioni degli imprenditori e delle associazioni impegnate nella lotta alla illegalità. Nella relazione, approvata all’unanimità dal Consiglio regionale, è detto testualmente che “emerge con chiarezza che la situazione umbra manifesta i segni di infiltrazioni criminali di stampo mafioso nell’economia legale”. La nuova strategia di queste organizzazioni criminali è quella di espandersi in regioni come l’Umbria, al di fuori del tradizionale “contesto territoriale del Mezzogiorno, non nella forma classica del controllo pieno, di domonio del territorio” come avviene in molte zone del Sud, ma “nella ricerca di impieghi ed attività utili al riciclaggio di enormi quantità di denaro liquido proveniente dal traffico di droga, armi ed essere umani”. Il rischio più grave – si afferma ancora nella relazione della commissione presieduta dal consigliere regionale Paolo Brutti (Idv) – è che non essere abituati come in Umbria “a convivere con forme di criminalità organizzata di stampo mafioso stabilmente insediate nel territorio porti ad una sottovalutazione del fenomeno, rallenti la formazione di anticorpi sociali, abbassi la guardia”, consentendo così alle organizzazioni mafiose di insediarsi nel tessuto economico e sociale “senza incontrare resistenze e contrasti”, fino a fare maturare nella gente “forme di acquiescenza, di convivenza, di supporto e di servizio”. Di fronte alle inchieste giudiziarie e a quelle giornalistiche – si legge nella relazione – “è prevalsa a lungo l’idea di considerarli episodi isolati, intrusioni in un contesto sano che restava totalmente refrattario all’infiltrazione”. Così intanto questa “zona grigia” dell’economia – così viene definita nella relazione – cresce tra complicità interessate ed indifferenza colpevole dell’opinione pubblica, mentre è una sorta di cancro che – se non estirpato in tempo – rischia di stravolgere la convivenza, la qualità ed il modo di vivere della civile Umbria.

’Ndrangheta e Camorra
Le ultime indagini confermano la presenza di importanti diramazioni della ’Ndrangheta e della Camorra in provincia di Perugia ed in modo più limitato in quella di Terni. L’Umbria è diventato un luogo appetibile dove riciclare il denaro proveniente da sporchi affari. La loro attenzione è rivolta al mondo delle scommesse e del gioco (quello lecito con il controllo e manomissione delle cosiddette ‘macchinette’del Monopolio) ed in particolare a quello delle bische e delle scommesse clandestine. L’usura è uno dei modi migliori per infiltrarsi nell’economia legale. Si presta denaro all’imprenditore in crisi per poi, senza ricorrere ad intimidazioni e violenze, rilevare la sua azienda quando non riesce più a fare fronte ai pagamenti. Ci sono anche denunce contro funzionari di banca che, negando il finanziamento, hanno messo in contatto il richiedente con queste organizzazioni di usurai. I locali notturni sono oggetto delle mire della criminalità organizzata non tanto come attività economica, ma per lo sfruttamento della prostituzione che viene esercitata – è detto nella relazione – nel 95 per cento di questi esercizi. ’Ndrangheta e Camorra sono molto attive anche nel settore dello smaltimento illecito dei rifiuti che, per quanto riguarda l’Umbria – rileva la Commissione -, non è rilevante, anche se “sono scattati alcuni allarmi” in provincia di Terni.

Gli investimenti dei Casalesi e il caso del riciclaggio a Ponte San Giovanni

I temibili clan camorristici dei Casalesi sono ben insediati anche in Umbria. Comprano aziende ed attività in crisi promettendo più del loro valore di mercato. Aziende che vengono utilizzate per l’emissione di fatture false e che poi vengono portate al fallimento senza pagare fornitori e creditori. I soldi “sporchi” vengono così riciclati con guadagni in soldi puliti che servono ad ampliare questa rete di illegalità. È quanto accaduto ad esempio con l’acquisto del complesso immobiliare ex Margaritelli di Ponte San Giovanni (320 appartamenti in costruzione) e di quattro alberghi. L’operazione “Apogeo” di carabinieri e Guardia di finanza del settembre 2011, con 16 arresti, rappresenta – è detto nella relazione – “una plastica rappresentazione di come funziona concretamente la colonizzazione economica mafiosa in Umbria”. Un gruppo legato ai Casalesi aveva investito a Perugia somme enormi provenienti dal pizzo, dallo spaccio e dagli incassi dei videopoker.

Oltre ai 320 appartamenti per un valore di 48 milioni di euro ed ai 4 albergi (due a Perugia e gli altri in Toscana e nelle Marche) sono state sequestrate 18 società, 144 automobili per un valore di un milione, due barche da 750 mila euro, 200 conti correnti in 53 banche, polizze assicurative e partecipazini azionarie in 45 aziende. Un affare da 90 milioni di euro, per il quale un ex imprenditore già dichiarato fallito si era avvalso di un prestanome locale incensurato, che per firmare come amministratore di varie società riceveva 3.000 euro al mese. Risultato: aziende, tra le quali una di Bastia Umbra, “spogliate” di ogni bene e fatte fallire e perfino alberghi che cambiavano continuamente il numero di telefono per non rispondere ai creditori.

La droga a Perugia

“La situazione umbra desta forte preoccupazione” è detto nella relazione. “Perugia è al centro di una rete di smercio che copre un’area molto più vasta della regione”. La facilità dell’acquisto “solleva pesantissimi interrogativi e problemi di natura familiare, educativa e sociale”. ’Ndrangheta, Cosa nostra e Camorra gestiscono i rifornimenti ed i contatti internazionali con i “cartelli” colombiani (per la cocaina), con l’Afghanistan (per l’eroina), i Paesi del Nord Africa (hashish) e con l’Olanda (droghe sintetiche e hashish). Il rifornimento diretto e lo spaccio sul territorio è affidato ad organizzazioni di magrebini, nigeriani, albanesi. Sono loro a spartirsi, talvolta anche a coltellate, il controllo del territorio. “Queste organizzazioni – scrive la Commissione – hanno trovato albergo in alcune aree della città, nel centro storico ed in quartieri di media periferia, dove costituiscono ormai una presenza radicata, diffusa, organizzata e con profili preoccupangti di controllo e dominio del territorio. A ciò è risultato funzionale il permesso di adibire ad alloggi spazi che non avevano questa destinazione d’uso, il proliferare di attività commerciali di copertura e la mancata vigilanza di edifici abbandonati”.

Le proposte della Commissione

Polizia, carabinieri, Guardia di finanza e magistratura con varie operazioni, anche negli ultimi mesi, hanno arrestato esponenti della criminalità organizzata che operavano in Umbria, ma “risulta evidente come il fenomeno criminale sia ancora ai margini del dibattito pubblico, soprattutto quello politico-istituzionale” rileva la relazione della Commissione d’inchiesta. Per questo si propone, tra l’altro, di “formare ed informare la società umbra, con seminari e convegni”, monitorare le imprese edili, in particolare nei settori dei subappalti, e le variazioni di prezzo dei terreni edificabili, e di approfondire i controlli nel settore smaltimento rifiuti. Per quanto riguarda il problema della droga, si propone di istituire anche in Umbria un sistema di intelligence a disposizione di magistratura e forze di polizia, e di applicare alle organizzazioni dedite allo spaccio le misure speciali che la legge prevede per le associazioni di stampo mafioso.

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Perugia: Offensiva contro il mercato del sesso https://www.lavoce.it/perugia-offensiva-contro-il-mercato-del-sesso/ Thu, 03 May 2012 14:32:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=10410 I clienti delle prostitute che affollano i marciapiedi delle “strade a luci rosse” di Perugia dall’inizio di aprile rischiano una multa salata da 450 euro, per una ordinanza emessa dal sindaco Wladimiro Boccali. Le multe sono già arrivate numerose ed hanno riguardato uomini residenti in tutta la provincia e di tutte le età. Tra loro anche un 70enne di Magione sorpreso dalla polizia sulla via Trasimeno Ovest mentre si intratteneva in auto con due giovani prostitute dei Paesi dell’Est Europa.

L’intensificazione dei controlli delle forze di polizia e le multe ai clienti sembrano avere ridotto la presenza delle “lucciole” sulle strade, ma il fenomeno prostituzione a Perugia ed in Umbria resta in tutta la sua gravità, anche se meno appariscente.

Un fenomeno grave, perché la prostituzione alimenta la criminalità e si basa sullo sfruttamento di persone, spesso molto giovani e arrivate in Italia per cercare un futuro migliore, costrette sui marciapedi con violenze morali ed anche fisiche. Persone fragili che finiscono quasi sempre nelle reti di organizzazioni criminali, come avvenuto recentemente nell’Eugubino dove due diciottenni straniere sono state aggredite, sequestrate e picchiate da loro “concorrenti”.

L’ordinanza del Sindaco di Perugia elenca una serie di strade in cui è vietato agli automobilisti di fermarsi per fare salire “soggetti dediti al meretricio”. Lo scopo – aveva spiegato Boccali – è quello di contrastare “situazioni diffuse di illegalità” nel territorio, lo “sfruttamento delle donne ed il malcostume”. Un provvedimento duramente contestato dai radicali. “Intrisa di moralismo insopportabile, l’ordinanza – affermano – è una scorciatoia proibizionista che mira ad eliminare la prostituzione per strada: obiettivo impossibile da raggiungere, che avrà la conseguenza di spostare il problema da una zona ad un’altra e di non risolvere il problema della criminalità, laddove esiste”.

Analoghi provvedimenti sono però stati adottati anche in altre città italiane. La prostituzione preoccupa anche il Governo. “Contro la prostituzione – ha detto recentemente il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, a margine di un convegno dell’Anci – abbiamo le armi spuntate. Serve qualche norma più incisiva, per contrastare un problema importante che è volano di malaffare“.

La prostituzione non è certo solo un problema di polizia che possa essere risolto con un’ordinanza come quella del Sindaco di Perugia. Hanno in parte ragione i radicali, quando dicono che si rischia di trasferire il problema da una zona all’altra. Di renderlo meno visibile, nelle case e nei locali notturni. In Umbria negli ultimi tempi sono stati scoperti “appartamenti a luci rosse”, alcuni centri di estetica che in realtà erano case di appuntamento con prostitute cinesi, hotel in cui avvenenti ragazze dell’Est erano a disposizione dei clienti. L’ordinanza del Sindaco di Perugia è però un segnale forte che lo Stato non resta indifferente di fronte al problema, anche se certamente non basta. Raccoglie inoltre le giuste proteste di tanti cittadini delle zone dove sono soliti incontrarsi prostitute e clienti.

Da una recente ricerca del Censis sui “valori degli italiani” emerge che il 71,5 per cento dei cittadini chiede più leggi e regole nei confronti della prostituzione. Che però non bastano perché, come detto, non può essere considerato ed affrontato solo come un problema di polizia e di ordine pubblico.

Serve ben altro, come suggerito da don Aldo Buonaiuto, della Comunità Giovanni XXIII, durante la fiaccolata e l’incontro di preghiera del gruppo Go’el che si è svolto la sera del 21 aprile scorso a Pian di Massiano, luogo di ritrovo e di sfruttamento delle giovani “schiave del sesso”. “Perugini – è stato il suo appello -, cambiate vita, ribellatevi a questa schiavitù. Tutti i cittadini possono dire ‘no’ a questa vergognosa ingiustizia, perché essa, in questa città, non ci sia più sulle strade, negli appartamenti e nei locali notturni. Noi lo facciamo con la preghiera, innanzitutto: siamo qui da cristiani e da persone di buona volontà per dire di no, come facciamo in tutta Italia”.

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Lo sporco gioco della “tratta” e della droga https://www.lavoce.it/lo-sporco-gioco-della-tratta-e-della-droga/ Tue, 13 Dec 2011 09:41:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=15 La piccola Umbria non è solo “il cuore verde d’Italia” – secondo il celebre slogan turistico degli anni Settanta – ma è anche crocevia del traffico internazionale della droga e della “tratta” di giovani donne, soprattutto dell’ Europa dell’Est, costrette a prostituirsi sui marcipiedi di tutta Italia. Le ultime operazioni di polizia lo confermano. La scorsa settimana, in un solo giorno, i carabinieri con due diverse indagini hanno sgominato due bande, in gran parte costituite da albanesi, che con promesse varie facevano arrivare in Umbria dalla Romania donne di quel Paese per poi, con ricatti ed anche violenze fisiche, sfruttarle come prostitute.

 

I carabinieri di Todi, diretti dal capitano Marcello Egidio, con l’operazione “Artur” hanno arrestato cinque albanesi, imparentati tra loro, che da alcuni anni si erano trasferiti a Todi, Perugia e Gualdo Cattaneo. Con l’aiuto di un romeno, per ora sfuggito alla cattura, reclutavano giovani donne in Romania alle quali offrivano alloggio in appartamenti di Perugia. Sequestravano i loro documenti di identità e le facevano prostituire nelle stradi “a luci rosse” di Perugia, Todi e dell’Orvietano. Si facevano consegnare metà degli incassi (le tariffe erano di 50 euro a prestazione) in cambio della protezione. Questo perché i marciapiedi ed i tratti di queste strade a luci rosse sono divisi e controllati dalle varie bande con “regolamenti di conti” in caso di sconfinamenti e contese. Le donne sfruttate, in base a questo “codice” che regola la vita sulle strade, dovevano pagare 2.000 euro per farsi restituire il passaporto o se volevano passare nella “scuderia” di altri protettori. La banda di albanesi (altri due sono ancora ricercati) gestiva anche un traffico di stupefacenti, e talvolta le giovani donne venivano utilizzate come copertura nei viaggi dei “corrieri” per i rifornimenti di droga.

È partita invece da Treviso l’altra operazione dei carabinieri, chiamata “Calibro”, con la quale è stata sgominata un’altra banda di una decina di persone tra albanesi e romeni che spacciavano ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, e sfruttavano la prostituzione di giovani romene tra il Veneto e l’Umbria. Due delle ordinanze di custodia cautelare sono state notificate a due giovani albanesi residenti a Citerna e San Giustino Umbro, già in passato arrestati per analoghe vicende. La banda controllava una decina di donne che facevano prostituire sul Terraglio, la principale strada che unisce Treviso con Mestre. I carabinieri hanno accertato che gli albanesi fingevano di fidanzarsi con le giovani donne reclutate in Romania. Quando poi arrivavano in Italia, con la violenza le costringevano a prostituirsi. Erano altrettanto spietati con le bande rivali, ed in alcune occasioni erano anche ricorsi all’ uso delle armi sparando contro auto e case dei “concorrenti”.
Soltanto negli ultimi mesi sono tante le operazioni di questo tipo che hanno impegnato le forze di polizia dell’Umbria nel contrasto ad organizzazioni criminali che spesso gestiscono contemporaneamente il traffico della droga e la prostituzione. Nel luglio scorso, ad esempio, un’indagine dei carabinieri di Perugia aveva portato alla emissione di 31 ordinanze di custodia cautelare per spaccio di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione, eseguite in otto diverse province di varie regioni italiane, mentre ad agosto la polizia aveva sequestrato quattro appartamenti a Città di Castello dove si esercitava la prostituzione. Ad ottobre uno speciale servizio di controllo sulle strade disposto dal questore di Perugia Nicolò D’Angelo aveva portato al fermo per l’identificazione di 39 giovani prostitute, quasi tutte romene, alcune delle quali sono state poi espulse perché non in regola con il permesso di soggiorno. Venerdì scorso infine la squadra mobile ha arrestato a Perugia tre cinesi e chiuso in città due centri dove avvenenti ragazze orientali praticavano “massaggi romantici” per 80 euro.
Sono solo alcuni recenti esempi a dimostrazione della rilevanza del fenomeno dello sfruttamento della prostituzione in Umbria e dell’impegno con cui viene affrontato da polizia e carabinieri. Ma la prostituzione non può essere solo un problema di polizia: per aiutare le persone che si prostituiscono, i nuovi schiavi, non bastano le manette e le varie ordinanze che multano i loro clienti.

Se non vedo … non c’è!

Droga e prostituzione, due problemi rilevanti anche in Umbria, che però vengono percepiti ed affrontati in modo diverso. Sul problema della droga, opinione pubblica e politica si sono mobilitati sul fronte della sicurezza e su quello della educazione e prevenzione. Venti morti nei primi undici mesi dell’anno (l’ultima vittima nei giorni scorsi è una tossicodipendente perugina quarantenne) costringono la società ad interrogarsi e ad agire. Sulla prostituzione si avverte invece una sorta di reticenza e forse anche di ipocrisia. O meglio, il problema esiste in quanto la visibilità in strada delle persone che si prostituiscono reca disturbo ai cittadini “benpensanti”. Il problema, da questo punto di vista, si può risolvere “occultandolo”. In fondo, a questo servono recenti norme ed ordinanze che multano i clienti di strada. Non quelli pubblici delle cosiddette escort, che un tempo venivano definite con parole più infamanti. Escort che affollano i talk show televisivi, rilasciano interviste ben pagate, fanno carriera in società, nello spettacolo e finiscono anche nelle liste elettorali. Modelli da imitare secondo certe mamme, stando almeno alle intercettazioni telefoniche di recenti indagini. Dibattiti in televisione, con pseudopinionisti, sul sacrosanto diritto di “utilizzare” il corpo con gli “utilizzatori finali” per farsi largo in una società che non lascia spazio ai giovani. Sono questi, prevalentemente, i temi di oggi dell’argomento prostituzione. Di loro, le schiave, le vittime della strada, si parla solo come fatti di cronaca nera quando vengono uccise o quando si ribellano in modo clamoroso. Storie da raccontare, da fiction, e che come tutte le fiction vengono presto cancellate da altre storie ed altre fiction. Il dramma quotidiano dell’illusione del facile guadagno, della necessità, dell’ inganno, delle violenze morali e fisiche sulla strada o in squallidi appartamenti, il più delle volte resta sommerso anche in Umbria.

Anche la mafia fa affari sfruttando la prostituzione

È difficile trovare numeri attendibili sul fenomeno prostituzione in Umbria. Un’indagine del 2008 del Gruppo Abele stimava che le donne ed i minori che esercitavano in quel periodo la prostituzione in Umbria fossero da un minimo di 1.345 ad un massimo di 1.850. Gran parte di loro (da 800 a 1.100) “battendo” in strada.

Il 21 novembre scorso il sostituto procuratore antimafia per l’Umbria, Antonella Duchini, nell’ audizione a palazzo Cesaroni presso la Commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose, aveva sottolineato che tra le attività della mafia nella nostra regione (edilizia, riciclaggio del denaro sporco, gioco d’azzardo e droga) c’è anche la prostituzione nei locali notturni spacciati per club privati. Lo stesso magistrato nel marzo scorso, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, aveva detto che “l’Umbria – considerata dalle stesse organizzazioni mafiose un territorio appetibile perché non a rischio al pari della bassa Toscana – è diventata meta finale della tratta degli esseri umani. Qui – aveva aggiunto – vengono concentrati elementi pericolosi veri e propri criminali per organizzare ad esempio la prostituzione sulle strade. Tratta di esseri umani significa ad esempio costringere giovani donne a prostituirsi. Guai pensare che scendere ogni sera sui marciapiedi sia una libera scelta”.
Nei mesi scorsi, in un’altra audizione della stessa Commissione regionale sulle infiltrazioni mafiose il generale dei carabinieri Claudio Curcio, comandante della legione Umbria, aveva parlato anche del problema della prostituzione, citando in particolare quella gestita da organizzazioni di nigeriani “esercitata – aveva detto – in modo molto duro, con forme di intimidazione violenta, fino alla riduzione delle donne in schiavitù”.

Numero verde antitratta

Il Comune di Perugia ha istituito un numero verde “antitratta” ed ha deciso di costituirsi parte civile nei processi in cui ci sono imputati di sfruttamento della prostituzione. Il sindaco Wladimiro Boccali definisce questi provvedimenti “prima di tutto un segno di civiltà, oltre che un dovere da parte di una Amministrazione che intende colpire non le persone sfruttate, ma gli sfruttatori”. Il Comune – si legge in un suo comunicato non recente – “con una serie di progetti ha messo in campo molteplici servizi cui le donne sfruttate, ridotte in schiavitù, costrette alla prostituzione, possono rivolgersi. Con il progetto Free Women si è voluto dare un sostegno concreto a queste persone, una possibilità di recupero e reinserimento nella nostra società. E contemporaneamente, restituire dignità a chi, suo malgrado, non ne aveva più. È stato anche istituito il numero verde antitratta 800 290 290, chiamando il quale è possibile segnalare situazioni a rischio o comunque meritevoli di approfondimento da parte delle forze dell’ ordine e dei servizi sociali”.


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Prostituzione e disperazione https://www.lavoce.it/prostituzione-e-disperazione/ Thu, 24 Nov 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9792 Una notizia che non ha avuto un grande risalto nazionale, e che ho trovato in un giornale cattolico del Nord: una ragazza di 21 anni, una “lucciola”, trovata domenica 13 novembre nel pomeriggio da alcuni passanti con una corda al collo, appesa ad una trave di un cascinale abbandonato.

Era bulgara, venuta in Italia per trovare lavoro, e si è ritrovata sul marciapiede.

Sembra che in quel luogo nascosto era solita recarsi per cambiare gli abiti. Una notizia che apre uno squarcio su un mondo che sfugge ad una attenta e approfondita analisi.

Esiste un dossier del gruppo Abele aggiornato al 2008 sulla prostituzione in Italia ed altri simili che riportano dati quantitativi divisi per regioni e per età. Manca la conoscenza del vissuto delle persone che si prostituiscono.

Ritornano le domande: vizio o necessità? persone libere o schiave? schiave di chi? Una cosa è certa: il film Pretty Woman, della bella prostituta Julia Roberts che trova il principe azzurro Richard Gere, è solo una favola.

D’inverno, quando fa freddo, le “lucciole” più avvedute si ritirano negli appartamenti, e quelle più disperate accendono fuochi in attesa di entrare nella macchina di qualche cliente.

Di questi non parliamo.

Il fenomeno è in genere trattato dai media sul versante della sicurezza e delle retate della polizia o per qualche fatto curioso, come quello recente della signora che ha due macchine e non paga le tasse perché “fa il mestiere” e viene pagata, come tutte, in nero.

Ricordiamo in Umbria l’impegno profuso da don Benzi e dalla sua comunità Giovanni XXIII, con il suo successore don Aldo, per estirpare il fenomeno tramite ammirevoli iniziative religiose e assistenziali, coinvolgendo gli enti locali.

Deprecabile invece lo sfruttamento pubblicitario tramite inserti brevi che reclamizzano attività che hanno tutta l’aria di essere promozionali di forme di prostituzione. Qualche giornale ha fatto fortuna con paginate di inserzioni che offrono massaggi e simili.

Ipocrisia tipica di quei media che hanno come unico scopo la vendita delle notizie senza altri scrupoli etici pronti all’occasione di cimentarsi in pagine di duro moralismo. In tutto ciò nessuno ha formule risolutive in ambito legislativo.

La prostituzione si maschera, si trasforma e si insinua in luoghi e modi diversi.

Non si dica che è il mestiere più antico del mondo, ma che è il vizio di una società che non riesce a costruire se stessa con un normale ordine di comportamenti e di relazioni. È una patologia della società, risultato di altre patologie.

Una forma di terapia, oltre all’osservanza delle norme morali, è quella di guardare le persone negli occhi e leggervi, per esempio, la disperazione e l’umiliazione o il dolore che fa riconoscere il valore e la dignità di “persona”, nella sua trascendenza rispetto all’effimera soddisfazione sessuale mercificata.

Scoprire e mettersi in relazione non con un corpo, ma con una persona, vuol dire arrestarsi di fronte ad una realtà inviolabile, carica di valori, di sentimenti, di sofferenze, che il mercato del sesso calpesta e distrugge. Chi sarà stato l’ultimo cliente di quella giovane di cui sopra? Ci possiamo inoltre domandare: come definire chi alimenta questo commercio? Persone superficiali e squallide?

Don Benzi avrebbe usato aggettivi diversi.

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La mafia all’assalto dell’Umbria https://www.lavoce.it/la-mafia-allassalto-dellumbria/ Thu, 24 Mar 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9232 L’Umbria deve fare i conti con la mafia. Non è quella descritta nelle fiction, ma ormai è una realtà penetrata in diversi settori: rifiuti, edilizia, riciclaggio. Nel corso della 16a Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, che si è svolta a Perugia, Antonella Duchini, sostituto procuratore della Repubblica di Perugia, ha ricordato che “l’Umbria non è più l’isola felice citata ancora da qualcuno. Viene considerata dalle organizzazioni mafiose come un territorio appetibile perché non a rischio, al pari della bassa Toscana. È diventata meta finale della tratta degli esseri umani: qui vengono concentrati veri e propri criminali per organizzare ad esempio la prostituzione sulle strade. C’è poi il fenomeno della infiltrazione economica, con una presenza sul territorio umbro diffusa, radicata e non episodica”. Pochi giorni fa il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, si era espresso in questo senso nel corso di un incontro a Foligno. L’iniziativa è stata promossa dal Consiglio regionale, anche attraverso la Commissione sulle infiltrazioni mafiose in Umbria presieduta da Paolo Brutti, ed è stata conclusa dagli studenti di alcune scuole perugine che hanno presentato una performance in ricordo delle vittime delle mafie. “Noi tutti – ha detto il presidente del Consiglio regionale, Eros Brega – dobbiamo impegnarci a seguire l’esempio di uomini come Borsellino e Falcone, insieme al sacrificio e alla testimonianza delle tantissime persone uccise dalle mafie”. L’assessore regionale Fabrizio Bracco ha osservato, fra l’altro, che “dobbiamo essere convinti che il lavoro di indagine della magistratura e delle forze dell’ordine in genere avrà successo solo se le istituzioni saranno pronte a rispondere con fermezza al primo segnale, alla prima avvisaglia di infiltrazioni. È questo il modo migliore di festeggiare il 150° dell’Unità d’Italia”. Per Paolo Brutti, presidente della Commissione regionale antimafia, “non c’è qui la mafia dei quartieri di Palermo, ma segnali di infiltrazioni che si notano nella acquisizione di aree fabbricabili, immobili e attività commerciali, dai negozi al turismo: il tutto pagato con mezzi finanziari non controllati. La società umbra, per sua natura sana, si manifesta impreparata ad arginare le infiltrazioni, come se non ne avesse percezione. Dalle nostre audizioni è emerso che settori fondamentali come il credito e le attività commerciali hanno mostrato pigrizia e non hanno dato ancora un fattivo contributo, almeno all’avvio dell’attività della Commissione”.

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La “tratta”: sporco affare internazionale https://www.lavoce.it/la-tratta-sporco-affare-internazionale/ Thu, 05 Nov 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7969 Adarabioyo Ibironke è una donna nigeriana, laureata in Sociologia e pedagogia, che da vent’anni vive in Italia. Il suo arrivo a Milano, dove lavora come mediatrice culturale, coincide con anni delicati per molte sue connazionali, vittime di una tratta che dai villaggi e dalle città dell’Africa le porta a prostituirsi sui nostri marciapiedi. Adarabioyo Ibironke, insieme ad altri volontari e associazioni, cerca di avvicinare queste donne per fornire aiuto sanitario, capendo però come “non ci si potesse limitare a distribuire preservativi, per poi vedere queste donne continuare a prostituirsi, ma bisognasse fare qualcosa per toglierle dalla strada”. Un’idea condivisa dalle associazioni, laiche e cattoliche, nate nei primi anni Novanta per il recupero delle donne vittime della tratta. Perché, come è lei stessa a dichiarare: “È difficile, ma dalla schiavitù della prostituzione si può uscire”. È successo così a Grace, una giovane nigeriana che ha avuto il coraggio di uscire da questo tunnel, grazie alla possibilità di ottenere il permesso di soggiorno offerta dalla legislazione italiana alle donne che denunciano i propri aguzzini. Una storia che Ibironke ha voluto raccontare in un libro intitolato Il coraggio di Grace (Prospettiva edizioni) e che la stessa autrice ha portato alla quinta edizione di “Volti d’Africa”, la rassegna organizzata a Como dall’associazione “Medici con l’Africa”, e dal Centro missionario diocesano e guanelliano, che si è conclusa lo scorso 20 ottobre. Un giro d’affari di 32 miliardi di dollari. Un viaggio attraverso una delle forme moderne di schiavitù che coinvolge nel mondo 6 milioni di persone, all’80% donne. Un problema che, come spiega Esohe Aghatise, fondatrice dell’associazione torinese Iroko onlus e consulente delle Nazioni Unite per la lotta alle nuove schiavitù, “riguarda ogni Paese del mondo”. “Perché – afferma – non c’è Stato che non sia coinvolto come Paese d’origine, di transito o di destinazione nella tratta”. Le cause principali della tratta, secondo le esperte, affondano le proprie radici nella povertà. Ci sono persino donne, in Africa, che arrivano a vendere le proprie figlie, spinte da un istinto di sopravvivenza. Anche sulle ragioni del perdurare di questa piaga non sembrano avere dubbi: troppi soldi ruotano attorno alla prostituzione. “Le Nazioni Unite – precisa Aghatise – parlano complessivamente nel mondo di 32 miliardi di dollari. Soldi che vanno ad arricchire organizzazioni criminali in ogni Paese che viene coinvolto nel traffico”. Un problema sempre più globale, perché, se negli anni Ottanta si è assistito al boom delle nigeriane, oggi sono aumentate le donne dell’Est, in particolare romene, ma anche brasiliane e cinesi. Mentre alla strada si stanno sostituendo appartamenti e fantomatici “centri massaggi”. Organizzazione efficiente. L’arrivo delle donne raramente avviene con mezzi di fortuna, come ci si potrebbe immaginare. Dimenticate le barche stipate di persone e i camion con i migranti nascosti nei cassoni. Nella maggioranza dei casi il viaggio avviene in aereo all’interno di un percorso preparato da organizzazioni criminali che, servendosi di passaporti falsi, portano le giovani in Europa dove le vendono alle “madame”, donne in molti casi provenienti dai Paesi delle vittime, che controllano il lavoro delle prostitute. Al momento della vendita le vittime contraggono con le protettrici un debito, oscillante tra i 50 e i 60 mila euro, che dovranno rifondare vendendo il loro corpo. “Si innesca così – spiega Adarabioyo Ibironke – un circolo vizioso da cui per le donne è quasi impossibile liberarsi. Oltre al debito, le donne devono infatti pagare quote per il vitto e l’alloggio, ma anche per l’affitto del tratto di strada in cui si prostituiscono. Non solo. Nel caso delle donne africane, per evitare la loro fuga, al momento dell’acquisto vengono costrette a sottoscrivere un patto con le protettrici che è basato sulle credenze wudu e sui culti tradizionali. Un tunnel fatto di superstizione e paura da cui è difficile uscire”.Una questione di diritti. Secondo le ultime ricerche condotte in Italia, la Lombardia, insieme al Lazio, con 5.880 casi rappresenta la regione con il maggior numero di donne in prostituzione. In Piemonte sono oltre 3.000. Anche sulle modalità con cui combattere la tratta le due esperte sembrano avere le idee chiare. “L’unico modo per sconfiggere il problema – dice Aghatise – è cambiare prospettiva, guardando ai clienti, perché solo bloccando la domanda e il flusso di soldi che vi ruota attorno è possibile cambiare le cose. Per questo è necessario partire dall’educazione dei giovani, sfatando un luogo comune: la prostituzione non è il lavoro più vecchio del mondo ma la forma di violenza e schiavitù più antica. Non è una questione morale ma di diritto, bisogna ridare alle donne la propria dignità di essere umani”. “Spesso quando dico pubblicamente che sogno una società senza la piaga della prostituzione – conclude Ibironke – mi viene detto che è solo un’utopia. Ma sono cristiana e non posso pensare altrimenti”.

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Tutti insieme per l’Umbria https://www.lavoce.it/tutti-insieme-per-lumbria/ Thu, 30 Nov 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5540 Non nascondo che all’inizio ero un po’ sorpreso d’aver suscitato con il mio intervento un gran vespaio, dirottando l’attenzione dalla disaffezione dei cattolici per la politica (di essi parlavo e ad essi mi rivolgevo) alla questione politica o addirittura partitica in Umbria. Vedendo però la qualità degli interventi fatti da molti interlocutori di tutte le tendenze, e dei quali l’articolo di Maria Rita Valli ha dato breve ma valido resoconto su La Voce, ho pensato che non sia stato inutile né per gli uni né per gli altri aver provocato il dibattito su un problema che esiste e che è serio.Ovviamente rimane per me prioritario il discorso sui cattolici e la comprensione della loro ‘stanchezza’ in ambito socio-politico. Se ne era fatta menzione già nella preparazione per Verona; scrivevamo infatti: ‘Non sono mancati in passato inviti a riprendere un discorso di formazione politica, ma con pochi risultati. Pur tuttavia non possiamo dimenticare tempi non lontani in cui la sensibilità sociale e politica era marcata, e non solo per problemi locali’ (cf. La riflessione delle diocesi umbre in preparazione al IV Convegno ecclesiale nazionale, p. 47). Non è pensabile però di sganciare il discorso sulla disaffezione più o meno avvertita dei cattolici da quello della realtà socio-politica umbra, così com’è e così come viene interpretata da varie fonti. E l’interesse con il quale la provocazione è stata accolta sta a dimostrare che il problema c’è e attende risposte sensate, maturate anche attraverso un modo nuovo di far politica, forse ancora tutto da inventare.Non ho difficoltà ad accogliere, in una società pluralista, la piattaforma dell’umanesimo radicato sulla ragione ragionante (il logos, direbbe Benedetto XVI, e quindi la scienza, la riflessione pacata…) più che sulle utopie o sulle ideologie.Ho seguito con interesse il recente dibattito sulla ‘sussidiarietà’ che coinvolge anche il sociale privato, a partire dalla microsocietà della famiglia. Mi auguro che dibattiti analoghi riguardino anche altri settori dove è necessaria la collaborazione di tutti: un nuovo patto educativo, ad esempio, vista la tragica realtà che si va discoprendo anche tra noi: le baby-gang, la violenza sulle donne, la prostituzione, le droghe d’ogni tipo, e altre forme di fuga dalla realtà, che rivelano malesseri profondi della persona e non solo disagi familiari e sociali.Certamente non bastano queste ed altre aperture a riportare l’impegno dei cattolici per la cittadinanza su livelli culturalmente accettabili. Occorre pur sempre un salto di qualità nel pensare ‘alto’, come la dottrina sociale cristiana, attenta a seguire il veloce evolversi delle situazioni, ci obbliga a fare. Ma occorrono anche condizioni partecipative ed eventi emotivi di grande rilievo, che saranno certamente diversi da quelli del passato (si ricordino, tanto per fare qualche esempio, i ritorni alla democrazia 1946-48, il fatti del ’68 e dell’89, la crisi delle ideologie ecc.), ma dei quali non si può fare a meno. L’evento ecclesiale di Verona non potrebbe forse essere quell’evento emotivo capace di scuotere certa inerzia del laicato cattolico, per ritrovare la strada d’una presenza audace e testimoniante dei cattolici umbri nel variegato e complesso mondo della cittadinanza oggi? E come?

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