poveri Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/poveri/ Settimanale di informazione regionale Wed, 30 Oct 2024 17:57:52 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg poveri Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/poveri/ 32 32 Gutierrez ha dato voce e dignità teologica alla vita dei poveri https://www.lavoce.it/gutierrez-ha-dato-voce-e-dignita-teologica-alla-vita-dei-poveri/ https://www.lavoce.it/gutierrez-ha-dato-voce-e-dignita-teologica-alla-vita-dei-poveri/#respond Thu, 31 Oct 2024 12:57:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78371

I poveri hanno sempre avuto un posto privilegiato nel cuore della Chiesa. Assistenza, accoglienza, servizi, strutture, istituzioni sono la testimonianza viva dell’azione di sante e santi, ordini religiosi e istituzioni. La dottrina sociale della Chiesa ha reso ragione di una prassi ispirata al Vangelo e alla tradizione. Ma è con la Teologia della Liberazione, maturata al sole primaverile del Concilio Vaticano II, che si conferisce dignità teologica a tutto ciò che fino a quel momento era letto in chiave etica, sociologica, pastorale e politica.

Gustavo Gutierrez, di cui intendiamo onorare la memoria, ha dato voce alla vita dei poveri. Una riflessione che non nasceva nelle aule dell’accademia ma dalle baracche degli impoveriti per dire che non era volontà di Dio subire l’ingiustizia della miseria e che se una teologia non è della liberazione che teologia è?

Quella riflessione teologica è entrata a tal punto nella vita della Chiesa che “non ha più bisogno neanche di fregiarsi del suo nome storico – ha scritto il teologo Severino Dianich - , perché l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri oggi fa parte del comune patrimonio della coscienza della fede. L’avvento al pontificato di Jorge Mario Bergoglio le sta dando poi una grandissima rilevanza. Per ricordare degnamente Gustavo, basterà dire che senza Gustavo, oggi, non ci sarebbe Francesco”.

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I poveri hanno sempre avuto un posto privilegiato nel cuore della Chiesa. Assistenza, accoglienza, servizi, strutture, istituzioni sono la testimonianza viva dell’azione di sante e santi, ordini religiosi e istituzioni. La dottrina sociale della Chiesa ha reso ragione di una prassi ispirata al Vangelo e alla tradizione. Ma è con la Teologia della Liberazione, maturata al sole primaverile del Concilio Vaticano II, che si conferisce dignità teologica a tutto ciò che fino a quel momento era letto in chiave etica, sociologica, pastorale e politica.

Gustavo Gutierrez, di cui intendiamo onorare la memoria, ha dato voce alla vita dei poveri. Una riflessione che non nasceva nelle aule dell’accademia ma dalle baracche degli impoveriti per dire che non era volontà di Dio subire l’ingiustizia della miseria e che se una teologia non è della liberazione che teologia è?

Quella riflessione teologica è entrata a tal punto nella vita della Chiesa che “non ha più bisogno neanche di fregiarsi del suo nome storico – ha scritto il teologo Severino Dianich - , perché l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri oggi fa parte del comune patrimonio della coscienza della fede. L’avvento al pontificato di Jorge Mario Bergoglio le sta dando poi una grandissima rilevanza. Per ricordare degnamente Gustavo, basterà dire che senza Gustavo, oggi, non ci sarebbe Francesco”.

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La Giornata dei poveri https://www.lavoce.it/la-giornata-dei-poveri/ https://www.lavoce.it/la-giornata-dei-poveri/#respond Wed, 15 Nov 2023 11:42:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73966 il busto di una donna che riempe con un coppino una minestra in un piatto

di Matteo Fadda*

Per introdurci nella settima Giornata mondiale dei poveri (19 novembre) il Papa ci propone la Parola di Dio tratta dal libro di Tobia “Non distogliere lo sguardo da ogni povero” (Tb 4,7). Questa Parola non lascia spazio all’indifferenza, infatti “quando siamo davanti a un povero – spiega Papa Francesco – non possiamo voltare lo sguardo altrove, perché impediremmo a noi stessi di incontrare il volto del Signore Gesù”.

L’esperienza dell’incontro con Gesù contribuisce a muovere tanti uomini e donne di buona volontà ad impegnarsi nell’accoglienza dei poveri “eppure non basta” ci avverte il Pontefice, perché “un fiume di povertà attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte”.

Questo messaggio ci scuote e ci dà un orientamento e una chiave di lettura precisa: è la realtà, sempre più drammatica, che stiamo vivendo in questi ultimi mesi. Il ritorno della guerra in Europa in seguito all’invasione russa dell’Ucraina; centinaia di migliaia di persone che emigrano in fuga da conflitti e povertà; il massacro di innocenti in Israele ed i bombardamenti nella Striscia di Gaza. Davvero un fiume che straripa e che sembra travolgerci. Situazioni che si aggiungono alle realtà di povertà che abbiamo vicino alle nostre case.

Cinquant’anni fa un sacerdote dalla tonaca lisa, infaticabile apostolo della carità come lo ha definito Benedetto XVI, aprì la prima casa famiglia per accogliere prima i disabili, poi i bambini senza famiglia. Una rivoluzione che di recente Francesco ha spiegato ricevendoci in udienza. “Oggi, qui con voi – ha detto –, voglio sottolineare che le ‘case famiglie’ sono nate dalla mente e dal cuore di don Oreste Benzi. Lui era un prete che guardava i ragazzi e i giovani con gli occhi di Gesù, con il cuore di Gesù. E stando vicino a quelli che si comportavano male, che erano sbandati, ha capito che a loro era mancato l’amore di un papà e di una mamma, l’affetto dei fratelli. Allora don Oreste, con la forza dello Spirito santo e il coinvolgimento di persone a cui Dio dava questa vocazione, ha iniziato l’esperienza dell’accoglienza a tempo pieno, della condivisione della vita; e da lì è nata quella che lui ha chiamato ‘casa famiglia’.

Un papà e una mamma che aprono le porte di casa per dare una famiglia a chi non ce l’ha. Una vera famiglia; non un’occupazione lavorativa, ma una scelta di vita. In essa c’è posto per tutti: minori, persone con disabilità, anziani, italiani o stranieri, e chiunque cerchi un punto fermo da cui ripartire o una famiglia in cui ritrovarsi. La famiglia è il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte sia quelle accoglienti, perché è la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona”.

La relazione, “il bisogno innato di relazione”, ci porta a mettere la nostra spalla sotto la croce degli oppressi, dei diseredati, degli scartati. Quando si fa questo, allora non c’è tanto bisogno di spiegare, di parlare. È un linguaggio universale che può essere applicato a tutte le culture e nei più variegati contesti, è lo stile della nonviolenza che disinnesca la violenza, è il regno della Pace che rende inutile e insensata la guerra.

* responsabile Comunità Giovanni XXIII

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il busto di una donna che riempe con un coppino una minestra in un piatto

di Matteo Fadda*

Per introdurci nella settima Giornata mondiale dei poveri (19 novembre) il Papa ci propone la Parola di Dio tratta dal libro di Tobia “Non distogliere lo sguardo da ogni povero” (Tb 4,7). Questa Parola non lascia spazio all’indifferenza, infatti “quando siamo davanti a un povero – spiega Papa Francesco – non possiamo voltare lo sguardo altrove, perché impediremmo a noi stessi di incontrare il volto del Signore Gesù”.

L’esperienza dell’incontro con Gesù contribuisce a muovere tanti uomini e donne di buona volontà ad impegnarsi nell’accoglienza dei poveri “eppure non basta” ci avverte il Pontefice, perché “un fiume di povertà attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte”.

Questo messaggio ci scuote e ci dà un orientamento e una chiave di lettura precisa: è la realtà, sempre più drammatica, che stiamo vivendo in questi ultimi mesi. Il ritorno della guerra in Europa in seguito all’invasione russa dell’Ucraina; centinaia di migliaia di persone che emigrano in fuga da conflitti e povertà; il massacro di innocenti in Israele ed i bombardamenti nella Striscia di Gaza. Davvero un fiume che straripa e che sembra travolgerci. Situazioni che si aggiungono alle realtà di povertà che abbiamo vicino alle nostre case.

Cinquant’anni fa un sacerdote dalla tonaca lisa, infaticabile apostolo della carità come lo ha definito Benedetto XVI, aprì la prima casa famiglia per accogliere prima i disabili, poi i bambini senza famiglia. Una rivoluzione che di recente Francesco ha spiegato ricevendoci in udienza. “Oggi, qui con voi – ha detto –, voglio sottolineare che le ‘case famiglie’ sono nate dalla mente e dal cuore di don Oreste Benzi. Lui era un prete che guardava i ragazzi e i giovani con gli occhi di Gesù, con il cuore di Gesù. E stando vicino a quelli che si comportavano male, che erano sbandati, ha capito che a loro era mancato l’amore di un papà e di una mamma, l’affetto dei fratelli. Allora don Oreste, con la forza dello Spirito santo e il coinvolgimento di persone a cui Dio dava questa vocazione, ha iniziato l’esperienza dell’accoglienza a tempo pieno, della condivisione della vita; e da lì è nata quella che lui ha chiamato ‘casa famiglia’.

Un papà e una mamma che aprono le porte di casa per dare una famiglia a chi non ce l’ha. Una vera famiglia; non un’occupazione lavorativa, ma una scelta di vita. In essa c’è posto per tutti: minori, persone con disabilità, anziani, italiani o stranieri, e chiunque cerchi un punto fermo da cui ripartire o una famiglia in cui ritrovarsi. La famiglia è il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte sia quelle accoglienti, perché è la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona”.

La relazione, “il bisogno innato di relazione”, ci porta a mettere la nostra spalla sotto la croce degli oppressi, dei diseredati, degli scartati. Quando si fa questo, allora non c’è tanto bisogno di spiegare, di parlare. È un linguaggio universale che può essere applicato a tutte le culture e nei più variegati contesti, è lo stile della nonviolenza che disinnesca la violenza, è il regno della Pace che rende inutile e insensata la guerra.

* responsabile Comunità Giovanni XXIII

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Terni. La mensa per i poveri festeggia i 20 anni di attività https://www.lavoce.it/terni-mensa-poveri-festeggia-20-anni/ Sun, 21 Nov 2021 15:27:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63300 Festeggiati i 20 anni della mensa San Valentino

«Questa mensa, oltre ad essere un fatto concreto di aiuto e di sostegno a chi vive in un bisogno straordinario, è il segno tangibile che siamo tutti fratelli e che tutti possiamo stare seduti alla stessa mensa, come fratelli, che trascorrono la loro vita nello stesso tempo, nello stesso luogo, dove nessuno deve avere necessità e bisogni estremi».

Il vescovo Giuseppe Piemontese così ha salutato i 20 anni di attività della mensa “San Valentino”, alla presenza del sindaco di Terni Leonardo Latini, dell’assessore al Welfare e Servizi sociali Cristano Ceccotti, dei rappresentanti delle associazioni e della Polizia di Stato.

«I problemi sono grandi e vanno risolti – ha aggiunto il vescovo - con l’azione concomitante delle istituzioni, delle associazioni filantropiche e della chiesa, che diventa motore di tutto questo, ma che non deve sostituirsi agli altri, piuttosto integrare, spingere perché tutti avvertono la responsabilità di vivere in una comunità di fratelli. La mensa, allora, deve diventare un segno forte, perché ciò che si fa qui, dovremmo farlo tutti quanti nelle nostre case, nelle nostre famiglie, questo per i cristiani è importante. Chiunque viene qui, di qualunque razza, nazionalità, religione e condizione sociale, è accolto, anche se non ha bisogno».

Storia della mensa

La mensa, opera della Caritas diocesana e associazione San Martino, ha iniziato l’attività di distribuzione pasti caldi e cestini il 3 giugno 2001. Da allora molto è stato fatto a favore dei più bisognosi e molte sono stati i cambiamenti avvenuti per l’affacciarsi di nuove povertà e poi della pandemia da Covid 19, che hanno portato a nuove forme di servizio, accoglienza e aiuto.

«Nel 2001 siamo partiti in sordina con una presenza a cena di circa 10 persone – ricorda il presidente dell’associazione San Martino Francesco Venturini -. Oggi, alla ripresa dopo un rallentamento dovuto alla pandemia e alle disposizioni sul distanziamento, siamo arrivati a circa 90 persone al giorno tra coloro che la sera vengono a cena e altri che prendono il sacchetto, molti dei quali non si fermano a cena perché non hanno il Green pass. Durante gli anni ci sono state evoluzioni nelle presenze alla mensa: siamo partiti con famiglie italiane e di immigrati, poi c'è stato il grosso picco nel 2011 - 2015 con immigrati dell’emergenza sbarchi. Poi sono venuti gli italiani e in questo momento come target da prima della pandemia ad oggi abbiamo quasi al 99% italiani, persone sole, anziani e nuclei familiari che vengono a cena».

I servizi della mensa

«Da sempre - continua Venturini - c'è un servizio colazione, in modo particolare durante l'emergenza freddo, c'è l’asporto dei sacchetti per il pranzo. La mensa è diventata un riferimento della gente che viene, bussa e noi diamo quello di cui hanno bisogno. Anche la presenza dei volontari ha avuto un’evoluzione: da una ventina iniziale siamo arrivati anche a 100 volontari tanto che era diventato difficile anche gestirli in spazi non grandissimi come sono i locali della mensa. Oggi, per ragioni legate alla pandemia, abbiamo circa 30 volontari che svolgono il servizio in cucina e ai tavoli, e ci sono dei medici che curano l’aspetto sanitario delle persone fragili».

Ogni anno mediamente sono stati distribuiti 32mila pasti e accolte 70 persone al giorno. Nel corso degli anni, la mensa è stata dotata di nuove strutture per la cucina e per la sala, con la possibilità di accoglienza anche esterna con l’installazione di un gazebo riscaldato e arredato per poter consumare il cibo.

La mensa è aperta tutti i giorni e il pasto in presenza oggi viene servito il pomeriggio dalle 16.30 alle 17.30; la mattina è aperta alle 8.30 per la colazione anche da asporto, alle 12 si può  ritirare un sacchetto viveri con un pasto completo.

La mensa è diventata una famiglia

L’aspetto più rilevante è che la mensa, in questi anni per molti è divenuta una famiglia, proprio perché non è solo un luogo dove consumare un pasto, ma dove famigliarizzare: ci si siede vicino, si dà un sorriso e si dialoga.

«Ne sono passate tante di persone e tantissimi volontari che hanno aiutato – ricorda la direttrice della mensa Fernanda Scimmi -. In questi anni le povertà sono cambiate. All'inizio avevamo poveri che venivano sporchi, laceri, affamatissimi, che abbiamo cercato di educare, facendo fare una doccia, facendogli cambiare vestiti, quindi la nostra mensa oggi non si vedrà più gente che esteriormente sta in condizioni precarie, ma è psicologicamente diversa la situazione. Le persone hanno bisogno di mangiare ma soprattutto hanno bisogno del sostegno psicologico, di un riferimento, hanno bisogno di una speranza. Anche l’organizzazione del servizio è cambiata perché prima di tutto facciamo un ascolto di queste persone e cerchiamo di capire tutti i loro bisogni. Molti volontari sono di supporto di molti poveri e sostengono mensilmente con il proprio aiuto diretto delle famiglie bisognose».

Il "grazie" del Vescovo

Ed infine la benedizione e il grazie del vescovo Piemontese: «Siamo veramente grati al Signore perché ha posto nel cuore di tante persone il desiderio di servire, di organizzare ed impostare questa mensa. Diciamo anche grazie a tutti coloro che si sono fatti strumento della provvidenza del Signore: i volontari, quelli di antica data e quelli recenti, le persone semplici e buone che donano non soltanto il loro tempo, ma danno il loro amore, a volte in maniera silenziosa, senza tanti fronzoli. Un grazie anche alle istituzioni che sostengono questa realtà, alle associazioni che veramente non faranno mancare il loro aiuto alla nostra realtà, che in questi anni in tanti, in maniera piccola e in maniera più grande, ci hanno aiutato ad andare avanti»

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Festeggiati i 20 anni della mensa San Valentino

«Questa mensa, oltre ad essere un fatto concreto di aiuto e di sostegno a chi vive in un bisogno straordinario, è il segno tangibile che siamo tutti fratelli e che tutti possiamo stare seduti alla stessa mensa, come fratelli, che trascorrono la loro vita nello stesso tempo, nello stesso luogo, dove nessuno deve avere necessità e bisogni estremi».

Il vescovo Giuseppe Piemontese così ha salutato i 20 anni di attività della mensa “San Valentino”, alla presenza del sindaco di Terni Leonardo Latini, dell’assessore al Welfare e Servizi sociali Cristano Ceccotti, dei rappresentanti delle associazioni e della Polizia di Stato.

«I problemi sono grandi e vanno risolti – ha aggiunto il vescovo - con l’azione concomitante delle istituzioni, delle associazioni filantropiche e della chiesa, che diventa motore di tutto questo, ma che non deve sostituirsi agli altri, piuttosto integrare, spingere perché tutti avvertono la responsabilità di vivere in una comunità di fratelli. La mensa, allora, deve diventare un segno forte, perché ciò che si fa qui, dovremmo farlo tutti quanti nelle nostre case, nelle nostre famiglie, questo per i cristiani è importante. Chiunque viene qui, di qualunque razza, nazionalità, religione e condizione sociale, è accolto, anche se non ha bisogno».

Storia della mensa

La mensa, opera della Caritas diocesana e associazione San Martino, ha iniziato l’attività di distribuzione pasti caldi e cestini il 3 giugno 2001. Da allora molto è stato fatto a favore dei più bisognosi e molte sono stati i cambiamenti avvenuti per l’affacciarsi di nuove povertà e poi della pandemia da Covid 19, che hanno portato a nuove forme di servizio, accoglienza e aiuto.

«Nel 2001 siamo partiti in sordina con una presenza a cena di circa 10 persone – ricorda il presidente dell’associazione San Martino Francesco Venturini -. Oggi, alla ripresa dopo un rallentamento dovuto alla pandemia e alle disposizioni sul distanziamento, siamo arrivati a circa 90 persone al giorno tra coloro che la sera vengono a cena e altri che prendono il sacchetto, molti dei quali non si fermano a cena perché non hanno il Green pass. Durante gli anni ci sono state evoluzioni nelle presenze alla mensa: siamo partiti con famiglie italiane e di immigrati, poi c'è stato il grosso picco nel 2011 - 2015 con immigrati dell’emergenza sbarchi. Poi sono venuti gli italiani e in questo momento come target da prima della pandemia ad oggi abbiamo quasi al 99% italiani, persone sole, anziani e nuclei familiari che vengono a cena».

I servizi della mensa

«Da sempre - continua Venturini - c'è un servizio colazione, in modo particolare durante l'emergenza freddo, c'è l’asporto dei sacchetti per il pranzo. La mensa è diventata un riferimento della gente che viene, bussa e noi diamo quello di cui hanno bisogno. Anche la presenza dei volontari ha avuto un’evoluzione: da una ventina iniziale siamo arrivati anche a 100 volontari tanto che era diventato difficile anche gestirli in spazi non grandissimi come sono i locali della mensa. Oggi, per ragioni legate alla pandemia, abbiamo circa 30 volontari che svolgono il servizio in cucina e ai tavoli, e ci sono dei medici che curano l’aspetto sanitario delle persone fragili».

Ogni anno mediamente sono stati distribuiti 32mila pasti e accolte 70 persone al giorno. Nel corso degli anni, la mensa è stata dotata di nuove strutture per la cucina e per la sala, con la possibilità di accoglienza anche esterna con l’installazione di un gazebo riscaldato e arredato per poter consumare il cibo.

La mensa è aperta tutti i giorni e il pasto in presenza oggi viene servito il pomeriggio dalle 16.30 alle 17.30; la mattina è aperta alle 8.30 per la colazione anche da asporto, alle 12 si può  ritirare un sacchetto viveri con un pasto completo.

La mensa è diventata una famiglia

L’aspetto più rilevante è che la mensa, in questi anni per molti è divenuta una famiglia, proprio perché non è solo un luogo dove consumare un pasto, ma dove famigliarizzare: ci si siede vicino, si dà un sorriso e si dialoga.

«Ne sono passate tante di persone e tantissimi volontari che hanno aiutato – ricorda la direttrice della mensa Fernanda Scimmi -. In questi anni le povertà sono cambiate. All'inizio avevamo poveri che venivano sporchi, laceri, affamatissimi, che abbiamo cercato di educare, facendo fare una doccia, facendogli cambiare vestiti, quindi la nostra mensa oggi non si vedrà più gente che esteriormente sta in condizioni precarie, ma è psicologicamente diversa la situazione. Le persone hanno bisogno di mangiare ma soprattutto hanno bisogno del sostegno psicologico, di un riferimento, hanno bisogno di una speranza. Anche l’organizzazione del servizio è cambiata perché prima di tutto facciamo un ascolto di queste persone e cerchiamo di capire tutti i loro bisogni. Molti volontari sono di supporto di molti poveri e sostengono mensilmente con il proprio aiuto diretto delle famiglie bisognose».

Il "grazie" del Vescovo

Ed infine la benedizione e il grazie del vescovo Piemontese: «Siamo veramente grati al Signore perché ha posto nel cuore di tante persone il desiderio di servire, di organizzare ed impostare questa mensa. Diciamo anche grazie a tutti coloro che si sono fatti strumento della provvidenza del Signore: i volontari, quelli di antica data e quelli recenti, le persone semplici e buone che donano non soltanto il loro tempo, ma danno il loro amore, a volte in maniera silenziosa, senza tanti fronzoli. Un grazie anche alle istituzioni che sostengono questa realtà, alle associazioni che veramente non faranno mancare il loro aiuto alla nostra realtà, che in questi anni in tanti, in maniera piccola e in maniera più grande, ci hanno aiutato ad andare avanti»

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Giornata dei poveri: la solidarietà di Polizia di Stato e Questura di Terni https://www.lavoce.it/giornata-poveri-solidarieta-polizia-stato-e-questura-di-terni/ Fri, 12 Nov 2021 15:10:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63179

In occasione della V Giornata mondiale dei poveri, che si terrà domenica 14 novembre, la Polizia di Stato di Terni ha lanciato una raccolta fondi tra tutto il personale della Questura per essere vicina, anche in modo tangibile, alle famiglie bisognose della provincia di Terni. Questa mattina, 12 novembre, alla presenza dei Funzionari e del Cappellano della Polizia di Stato, don Fabrizio Borrello, e di don Carlo e della signora Fernanda Scimmi della Caritas, il Questore di Terni, Bruno Failla, ha aperto il salvadanaio ed ha consegnato la cifra raccolta, un piccolo contributo a testimonianza della solidarietà nei confronti dei nostri fratelli meno fortunati.]]>

In occasione della V Giornata mondiale dei poveri, che si terrà domenica 14 novembre, la Polizia di Stato di Terni ha lanciato una raccolta fondi tra tutto il personale della Questura per essere vicina, anche in modo tangibile, alle famiglie bisognose della provincia di Terni. Questa mattina, 12 novembre, alla presenza dei Funzionari e del Cappellano della Polizia di Stato, don Fabrizio Borrello, e di don Carlo e della signora Fernanda Scimmi della Caritas, il Questore di Terni, Bruno Failla, ha aperto il salvadanaio ed ha consegnato la cifra raccolta, un piccolo contributo a testimonianza della solidarietà nei confronti dei nostri fratelli meno fortunati.]]>
Chi litiga sul pass… e chi non ha nulla https://www.lavoce.it/chi-litiga-sul-pass-e-chi-non-ha-nulla/ Wed, 04 Aug 2021 14:17:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61624

Mentre in Europa si moltiplicano manifestazioni, dibattiti, riflessioni e approfondimenti sul green pass, la maggior parte del pianeta non ha alcuna possibilità di scegliere tra la vaccinazione o niente. Si calcola che attualmente il 73% della popolazione mondiale non ha ricevuto nessun vaccino, e che nei Paesi a basso reddito il 99% della gente è ancora in attesa della prima dose. Le politiche di accaparramento dei brevetti e delle dosi ha fatto in modo che le campagne di vaccinazione si realizzassero soltanto in alcuni Paesi del Nord del mondo.

Si verifica così una desertificazione miope della solidarietà, dato che - come si sa - le varianti che minacciano l’efficacia dei vaccini provengono proprio dalle aree non ancora protette dal vaccino. Il programma Covax varato dell’Ue ha distribuito finora 150 milioni di dosi, troppo poco a fronte di 4 miliardi di dosi somministrate nel mondo.

Il modello che si è realizzato nella lotta all’Aids dovrebbe guidarci ancora. Il trasferimento di conoscenze scientifiche e di produzione di farmaci nei Paesi più poveri si rivelò allora decisivo anche nell’abbattimento dei costi dei retrovirali. Non converrà alle case farmaceutiche, ma salverà migliaia di vite umane.

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Mentre in Europa si moltiplicano manifestazioni, dibattiti, riflessioni e approfondimenti sul green pass, la maggior parte del pianeta non ha alcuna possibilità di scegliere tra la vaccinazione o niente. Si calcola che attualmente il 73% della popolazione mondiale non ha ricevuto nessun vaccino, e che nei Paesi a basso reddito il 99% della gente è ancora in attesa della prima dose. Le politiche di accaparramento dei brevetti e delle dosi ha fatto in modo che le campagne di vaccinazione si realizzassero soltanto in alcuni Paesi del Nord del mondo.

Si verifica così una desertificazione miope della solidarietà, dato che - come si sa - le varianti che minacciano l’efficacia dei vaccini provengono proprio dalle aree non ancora protette dal vaccino. Il programma Covax varato dell’Ue ha distribuito finora 150 milioni di dosi, troppo poco a fronte di 4 miliardi di dosi somministrate nel mondo.

Il modello che si è realizzato nella lotta all’Aids dovrebbe guidarci ancora. Il trasferimento di conoscenze scientifiche e di produzione di farmaci nei Paesi più poveri si rivelò allora decisivo anche nell’abbattimento dei costi dei retrovirali. Non converrà alle case farmaceutiche, ma salverà migliaia di vite umane.

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