Pentecoste Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/pentecoste/ Settimanale di informazione regionale Fri, 01 Dec 2023 19:39:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Pentecoste Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/pentecoste/ 32 32 Veglia di Pentecoste celebrata nella Cattedrale di S. Lorenzo https://www.lavoce.it/veglia-di-pentecoste-celebrata-nella-cattedrale-di-s-lorenzo/ https://www.lavoce.it/veglia-di-pentecoste-celebrata-nella-cattedrale-di-s-lorenzo/#respond Mon, 29 May 2023 11:30:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71758 eglia di pentecoste in cattedrale 2023

Il dipinto della Pentecoste di Cesare Nebbia da Orvieto (del secolo XVI), posto per la ricorrenza sull’altare, insieme ai sette lumi accesi durante l’Assemblea diocesana, ha fatto da richiamo-raccoglimento, per l’invocazione dello Spirito, ai numerosi fedeli convenuti, la sera di sabato 27 maggio, nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia dove è stata celebrata la Veglia di Pentecoste presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis insieme a diversi sacerdoti.

La celebrazione, animata dal Coro giovanile Voci di giubilo, è stata vissuta anche come momento culmine dell’incontro apertosi venerdì 26 presso il Centro Sereni-Istituto Don Guanella.

Dove arriva lo Spirito c’è perdono, pace, forza, non disperazione

L’arcivescovo, nell’omelia (il testo integrale è scaricabile al link: Omelia dell’arcivescovo Ivan Maffeis alla Veglia di Pentecoste in cattedrale – Diocesi Perugia), ha ricordato che lo Spirito Santo è il dono più grande: è l’amore infinito tra il Padre e il Figlio, amore incontenibile che si riversa sulla creazione, su ogni uomo, su ogni donna.

"Di questo Spirito -ha proseguito- noi viviamo: Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Sì, c’è uno spirito che umilia, divide, porta a perdere la fiducia nella la vita: ma questo spirito non viene da Dio…

Dove arriva lo Spirito del Signore giungono, piuttosto, il perdono e la pace, la forza di non disperare, mai!, di riconciliarci con le ferite dell’esistenza".

La presenza nell’Assemblea diocesana

Monsignor Maffeis si è soffermato sui segni della presenza vivace e fraterna dello Spirito Santo da lui visti nella terra umbra nei primi nove mesi di Pastore della Chiesa di Perugia-Città della Pieve.

"Il primo -ha detto- non fatico a riconoscerlo nell’Assemblea diocesana che ieri e oggi (26-27 maggio) ci ha riuniti insieme, animati dal desiderio di essere sempre più una Chiesa preoccupata di servire il Vangelo con uno stile di gratuità e di cura, radicati in ciò che è essenziale; una Chiesa che cresce nella corresponsabilità e riconosce l’altro nella ricchezza dei suoi carismi; una Chiesa che lascia trasparire il cuore e quindi la tenerezza di Dio ed è casa nella quale tutti hanno il diritto di trovare rispetto e accoglienza".

Un elenco lungo di presenza dello Spirito

 Quello dell’arcivescovo Maffeis è un elenco lungo delle realtà ecclesiali e non, dove vede un segno dell’azione dello Spirito: dalle comunità parrocchiali a quelle dei monasteri, alle tante opere di carità, a partire da quelle poste dalla nostra Caritas, ai tanti movimenti ecclesiali....

Lo spirito anima la coscienza di responsabilità

 Nell’affidare ai fedeli il compito di completare l’elenco, monsignor Maffeis non poteva non menzionare la presenza dell’azione dello Spirito. 

"Che entra- ha tenuto a sottolineare- nel mondo del lavoro, nelle aziende, nelle fabbriche, nelle caserme, nell’Università, nelle redazioni giornalistiche, nell’Ospedale, nelle case di riposo, nell’Hospice, nel Carcere, nelle sedi delle nostre Istituzioni: quante persone compiono quotidianamente il loro dovere con dedizione e competenza, nel silenzio, consapevoli che forse nessuno mai dirà loro grazie, animati dalla coscienza di una responsabilità nei confronti degli altri".

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eglia di pentecoste in cattedrale 2023

Il dipinto della Pentecoste di Cesare Nebbia da Orvieto (del secolo XVI), posto per la ricorrenza sull’altare, insieme ai sette lumi accesi durante l’Assemblea diocesana, ha fatto da richiamo-raccoglimento, per l’invocazione dello Spirito, ai numerosi fedeli convenuti, la sera di sabato 27 maggio, nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia dove è stata celebrata la Veglia di Pentecoste presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis insieme a diversi sacerdoti.

La celebrazione, animata dal Coro giovanile Voci di giubilo, è stata vissuta anche come momento culmine dell’incontro apertosi venerdì 26 presso il Centro Sereni-Istituto Don Guanella.

Dove arriva lo Spirito c’è perdono, pace, forza, non disperazione

L’arcivescovo, nell’omelia (il testo integrale è scaricabile al link: Omelia dell’arcivescovo Ivan Maffeis alla Veglia di Pentecoste in cattedrale – Diocesi Perugia), ha ricordato che lo Spirito Santo è il dono più grande: è l’amore infinito tra il Padre e il Figlio, amore incontenibile che si riversa sulla creazione, su ogni uomo, su ogni donna.

"Di questo Spirito -ha proseguito- noi viviamo: Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Sì, c’è uno spirito che umilia, divide, porta a perdere la fiducia nella la vita: ma questo spirito non viene da Dio…

Dove arriva lo Spirito del Signore giungono, piuttosto, il perdono e la pace, la forza di non disperare, mai!, di riconciliarci con le ferite dell’esistenza".

La presenza nell’Assemblea diocesana

Monsignor Maffeis si è soffermato sui segni della presenza vivace e fraterna dello Spirito Santo da lui visti nella terra umbra nei primi nove mesi di Pastore della Chiesa di Perugia-Città della Pieve.

"Il primo -ha detto- non fatico a riconoscerlo nell’Assemblea diocesana che ieri e oggi (26-27 maggio) ci ha riuniti insieme, animati dal desiderio di essere sempre più una Chiesa preoccupata di servire il Vangelo con uno stile di gratuità e di cura, radicati in ciò che è essenziale; una Chiesa che cresce nella corresponsabilità e riconosce l’altro nella ricchezza dei suoi carismi; una Chiesa che lascia trasparire il cuore e quindi la tenerezza di Dio ed è casa nella quale tutti hanno il diritto di trovare rispetto e accoglienza".

Un elenco lungo di presenza dello Spirito

 Quello dell’arcivescovo Maffeis è un elenco lungo delle realtà ecclesiali e non, dove vede un segno dell’azione dello Spirito: dalle comunità parrocchiali a quelle dei monasteri, alle tante opere di carità, a partire da quelle poste dalla nostra Caritas, ai tanti movimenti ecclesiali....

Lo spirito anima la coscienza di responsabilità

 Nell’affidare ai fedeli il compito di completare l’elenco, monsignor Maffeis non poteva non menzionare la presenza dell’azione dello Spirito. 

"Che entra- ha tenuto a sottolineare- nel mondo del lavoro, nelle aziende, nelle fabbriche, nelle caserme, nell’Università, nelle redazioni giornalistiche, nell’Ospedale, nelle case di riposo, nell’Hospice, nel Carcere, nelle sedi delle nostre Istituzioni: quante persone compiono quotidianamente il loro dovere con dedizione e competenza, nel silenzio, consapevoli che forse nessuno mai dirà loro grazie, animati dalla coscienza di una responsabilità nei confronti degli altri".

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Nuova vetrata artistica nella chiesa di Santo Spirito https://www.lavoce.it/nuova-vetrata-artistica-nella-chiesa-di-santo-spirito/ https://www.lavoce.it/nuova-vetrata-artistica-nella-chiesa-di-santo-spirito/#respond Fri, 26 May 2023 10:40:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71748 inaugurazione nuova vetrata

Una nuova vetrata artistica verrà inaugurata domenica 28 maggio, giorno della Solennità di Pentecoste, al termine della celebrazione eucaristica delle ore 11.30, nella chiesa di Santo Spirito a Perugia.

Ad annunciarlo è il parroco monsignor Saulo Scarabattoli, vicario episcopale della Prima Zona pastorale dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, alla guida di una delle comunità parrocchiali del capoluogo umbro più vitali ed impegnate a livello pastorale, culturale e socio-caritativo, contribuendo non poco alla stessa vitalità di uno dei quartieri caratteristici del centro storico.

"La nuova vetrata artistica, che inaugureremo il giorno di Pentecoste -spiega don Saulo- festa della nostra comunità parrocchiale, rappresenta la salita al Cielo del Cristo benedicente. L’ascesa al Cielo del Signore Gesù, è un invito all’umanità ad alzare lo sguardo verso la Luce di Dio, in un’epoca che vede la società sempre più alle prese con un processo quasi irreversibile di secolarizzazione. Al contempo, ciò che trasmette speranza all’umanità, è la crescente ricerca di Dio da parte dei lontani desiderosi di avvicinarsi al Signore Gesù attraverso la Chiesa e i suoi tanti esempi di santità, anche del nostro tempo, e di testimonianze di carità e misericordia".

La chiesa di Santo Spirito, situata nel rione di Porta Eburnea, risalente alla fine del ‘500, è una delle più frequentate della città.

"Questa splendida vetrata, collocata sopra la lunetta della porta d’ingresso -precisa monsignor Scarabattoli- è un’opera realizzata dallo studio Moretti-Caselli e dal tecnico Pierluigi Penzo, grazie al contributo di un privato benefattore e a quello della Fondazione Perugia, che, come sempre, dimostra grande sensibilità verso l’arte, anche moderna, e la bellezza che veicolano il desiderio di elevare lo Spirito".

La festa di Pentecoste nella parrocchia di Santo Spirito, si concluderà domenica sera, alle ore 21, con il concerto del Coro lirico dell’Umbria, diretto dal maestro coreano In Sang Hwang, che eseguirà l’opera Suor Angelica di Giacomo Puccini, del quale il prossimo anno si celebrerà il centenario della morte.

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inaugurazione nuova vetrata

Una nuova vetrata artistica verrà inaugurata domenica 28 maggio, giorno della Solennità di Pentecoste, al termine della celebrazione eucaristica delle ore 11.30, nella chiesa di Santo Spirito a Perugia.

Ad annunciarlo è il parroco monsignor Saulo Scarabattoli, vicario episcopale della Prima Zona pastorale dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, alla guida di una delle comunità parrocchiali del capoluogo umbro più vitali ed impegnate a livello pastorale, culturale e socio-caritativo, contribuendo non poco alla stessa vitalità di uno dei quartieri caratteristici del centro storico.

"La nuova vetrata artistica, che inaugureremo il giorno di Pentecoste -spiega don Saulo- festa della nostra comunità parrocchiale, rappresenta la salita al Cielo del Cristo benedicente. L’ascesa al Cielo del Signore Gesù, è un invito all’umanità ad alzare lo sguardo verso la Luce di Dio, in un’epoca che vede la società sempre più alle prese con un processo quasi irreversibile di secolarizzazione. Al contempo, ciò che trasmette speranza all’umanità, è la crescente ricerca di Dio da parte dei lontani desiderosi di avvicinarsi al Signore Gesù attraverso la Chiesa e i suoi tanti esempi di santità, anche del nostro tempo, e di testimonianze di carità e misericordia".

La chiesa di Santo Spirito, situata nel rione di Porta Eburnea, risalente alla fine del ‘500, è una delle più frequentate della città.

"Questa splendida vetrata, collocata sopra la lunetta della porta d’ingresso -precisa monsignor Scarabattoli- è un’opera realizzata dallo studio Moretti-Caselli e dal tecnico Pierluigi Penzo, grazie al contributo di un privato benefattore e a quello della Fondazione Perugia, che, come sempre, dimostra grande sensibilità verso l’arte, anche moderna, e la bellezza che veicolano il desiderio di elevare lo Spirito".

La festa di Pentecoste nella parrocchia di Santo Spirito, si concluderà domenica sera, alle ore 21, con il concerto del Coro lirico dell’Umbria, diretto dal maestro coreano In Sang Hwang, che eseguirà l’opera Suor Angelica di Giacomo Puccini, del quale il prossimo anno si celebrerà il centenario della morte.

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Pentecoste, Veglia di preghiera nella Cattedrale di Santa Maria Assunta https://www.lavoce.it/pentecoste-veglia-di-preghiera-nella-cattedrale-di-santa-maria-assunta/ https://www.lavoce.it/pentecoste-veglia-di-preghiera-nella-cattedrale-di-santa-maria-assunta/#respond Thu, 25 May 2023 10:31:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71701 veglia pentecoste

Veglia di preghiera diocesana per la Pentecoste, presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, sabato 27 maggio alle ore 21 nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Terni. Un appuntamento, che rappresenta un importante momento d’incontro per la chiesa locale e di preghiera comunitaria,  al quale partecipano i vari movimenti ecclesiali, associazioni, parrocchie e fedeli, in segno di unione e di preghiera comune. Questo, perché la Pentecoste sia seme di accoglienza e fraternità, nell’unità tra diversità di carismi e doni, a servizio della Chiesa.

Pentecoste seme di accoglienza e fraternità

Una preghiera corale per invocare lo Spirito Santo sulla Diocesi, sulla Città e sul Mondo, perché i cristiani siano questo mondo di violenza e di guerra portatori di riconciliazione e di pace in tutti i luoghi di vita, soprattutto nei paesi martoriati dai conflitti. Una preghiera per tutti i cresimandi e cresimati di questo anno che ricevono il dono dello Spirito Santo. "E’ lo Spirito -ricorda il vescovo di Terni-Narni-Amelia- che rende attraente e preziosa ogni realtà che è in noi e attorno a noi. In questo periodo del cammino sinodale della Chiesa, ci viene chiesto di metterci in ascolto della voce dello Spirito che si manifesta anche attraverso la voce degli altri. L’effusione dello Spirito Santo, raggiunga ogni cellula della nostra Diocesi; ogni cristiano ne sappia cogliere il soffio, e ognuno possa contribuire a discernere nella Chiesa la sua missione".

La veglia di Pentecoste avrà inizio sul sagrato della Cattedrale, con l’accensione e la benedizione del fuoco segno di luce e di speranza; in processione i fedeli, con la candela in mano, entreranno in chiesa, dove la liturgia proseguirà scandita dall’ascolto della parola di Dio, da canti e invocazioni allo Spirito Santo, nella memoria del battesimo, nei gesti simbolici che ricordano i doni dello Spirito.

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veglia pentecoste

Veglia di preghiera diocesana per la Pentecoste, presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, sabato 27 maggio alle ore 21 nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Terni. Un appuntamento, che rappresenta un importante momento d’incontro per la chiesa locale e di preghiera comunitaria,  al quale partecipano i vari movimenti ecclesiali, associazioni, parrocchie e fedeli, in segno di unione e di preghiera comune. Questo, perché la Pentecoste sia seme di accoglienza e fraternità, nell’unità tra diversità di carismi e doni, a servizio della Chiesa.

Pentecoste seme di accoglienza e fraternità

Una preghiera corale per invocare lo Spirito Santo sulla Diocesi, sulla Città e sul Mondo, perché i cristiani siano questo mondo di violenza e di guerra portatori di riconciliazione e di pace in tutti i luoghi di vita, soprattutto nei paesi martoriati dai conflitti. Una preghiera per tutti i cresimandi e cresimati di questo anno che ricevono il dono dello Spirito Santo. "E’ lo Spirito -ricorda il vescovo di Terni-Narni-Amelia- che rende attraente e preziosa ogni realtà che è in noi e attorno a noi. In questo periodo del cammino sinodale della Chiesa, ci viene chiesto di metterci in ascolto della voce dello Spirito che si manifesta anche attraverso la voce degli altri. L’effusione dello Spirito Santo, raggiunga ogni cellula della nostra Diocesi; ogni cristiano ne sappia cogliere il soffio, e ognuno possa contribuire a discernere nella Chiesa la sua missione".

La veglia di Pentecoste avrà inizio sul sagrato della Cattedrale, con l’accensione e la benedizione del fuoco segno di luce e di speranza; in processione i fedeli, con la candela in mano, entreranno in chiesa, dove la liturgia proseguirà scandita dall’ascolto della parola di Dio, da canti e invocazioni allo Spirito Santo, nella memoria del battesimo, nei gesti simbolici che ricordano i doni dello Spirito.

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Il terrorismo nigeriano colpisce nel giorno dell’Annuncio universale https://www.lavoce.it/terrorismo-nigeriano-colpisce-giorno-annuncio-universale/ Fri, 10 Jun 2022 15:00:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67158 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Forse nemmeno tutte le lacrime versate riescono a lavare il sangue innocente versato nella chiesa di San Francesco Saverio a Owo, nello stato di Ondo in Nigeria. La violenza terrorista che si è abbattuta su civili inermi che pregavano nella festa di Pentecoste ci chiede innanzitutto il silenzio orante per le vittime e i loro familiari. Se mai potessimo trovare un movente (mai una giustificazione) per i terroristi, è che sono a loro volta terrorizzati. Dalla violazione di una pretesa intolleranza di Dio, che ammette solo una fede e vede le altre come un’offesa, una bestemmia o una minaccia.

Significativamente i terroristi hanno colpito nel giorno in cui la fede cristiana ripropone l’annuncio di una buona notizia in tutte le lingue del mondo perché nessuno resti escluso. Non per fare proseliti e tanto meno con la forza della violenza, ma con un’apertura che permette di accogliere l’altro e di vivere una prossimità dell’annuncio che non può essere che di liberazione. Soprattutto per chi ha scelto la via del terrore e semina morte, venendo meno al comandamento di Dio scolpito in ogni libro sacro e in ogni credo che riconosce la dignità della vita come dono Suo.

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colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Forse nemmeno tutte le lacrime versate riescono a lavare il sangue innocente versato nella chiesa di San Francesco Saverio a Owo, nello stato di Ondo in Nigeria. La violenza terrorista che si è abbattuta su civili inermi che pregavano nella festa di Pentecoste ci chiede innanzitutto il silenzio orante per le vittime e i loro familiari. Se mai potessimo trovare un movente (mai una giustificazione) per i terroristi, è che sono a loro volta terrorizzati. Dalla violazione di una pretesa intolleranza di Dio, che ammette solo una fede e vede le altre come un’offesa, una bestemmia o una minaccia.

Significativamente i terroristi hanno colpito nel giorno in cui la fede cristiana ripropone l’annuncio di una buona notizia in tutte le lingue del mondo perché nessuno resti escluso. Non per fare proseliti e tanto meno con la forza della violenza, ma con un’apertura che permette di accogliere l’altro e di vivere una prossimità dell’annuncio che non può essere che di liberazione. Soprattutto per chi ha scelto la via del terrore e semina morte, venendo meno al comandamento di Dio scolpito in ogni libro sacro e in ogni credo che riconosce la dignità della vita come dono Suo.

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Orvieto. Dopo due anni torna a volare la Palombella di Pentecoste https://www.lavoce.it/orvieto-dopo-due-anni-torna-a-volare-la-palombella-di-pentecoste/ Sun, 05 Jun 2022 14:38:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67099 Palombella di Orvieto

Dopo due anni nei quali la festa si era svolta in forma ridotta a causa dell' emergenza Covid, a Orvieto è tornata a "volare" la Palombella. La colomba, bianca, che simboleggia lo Spirito Santo posizionata in un involucro di plexiglas è arrivata sul cenacolo sistemato sul sagrato del Duomo dopo essere scivolata sul cavo d' acciaio collegato al campanile della chiesa di San Francesco. Il tutto è accaduto davanti a una folla che ha di fatto riempito la grande piazza. Come tradizione vuole, il vescovo della diocesi Orvieto-Todi-Bolsena, mons. Gualtiero Sigismondi, dopo aver mostrato la colomba alla piazza, l' ha data in dono a una coppia di sposi, Ambra Rotili e Alessandro Cupello. Sempre domenica 5 giugno alle 18 in piazza del Popolo è atteso anche il Palio della Palombella con il torneo dei balestrieri.]]>
Palombella di Orvieto

Dopo due anni nei quali la festa si era svolta in forma ridotta a causa dell' emergenza Covid, a Orvieto è tornata a "volare" la Palombella. La colomba, bianca, che simboleggia lo Spirito Santo posizionata in un involucro di plexiglas è arrivata sul cenacolo sistemato sul sagrato del Duomo dopo essere scivolata sul cavo d' acciaio collegato al campanile della chiesa di San Francesco. Il tutto è accaduto davanti a una folla che ha di fatto riempito la grande piazza. Come tradizione vuole, il vescovo della diocesi Orvieto-Todi-Bolsena, mons. Gualtiero Sigismondi, dopo aver mostrato la colomba alla piazza, l' ha data in dono a una coppia di sposi, Ambra Rotili e Alessandro Cupello. Sempre domenica 5 giugno alle 18 in piazza del Popolo è atteso anche il Palio della Palombella con il torneo dei balestrieri.]]>
Veglia di Pentecoste in Cattedrale a Terni presieduta dal vescovo Soddu https://www.lavoce.it/veglia-di-pentecoste-in-cattedrale-a-terni-presieduta-dal-vescovo-soddu/ Fri, 03 Jun 2022 12:57:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67048 veglia pentecoste terni

Sabato 4 giugno nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Terni, alle ore 21, si terrà la veglia di preghiera diocesana di Pentecoste, che sarà presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu. La veglia, che rappresenta un importante momento d’incontro per la chiesa locale e di preghiera comunitaria, riunisce in diocesi i vari movimenti ecclesiali, associazioni, parrocchie e i fedeli, in segno di unione e di preghiera comune, perché la Pentecoste sia seme di accoglienza e fraternità, nell’unità tra diversità di carismi e doni a servizio della Chiesa.

Una preghiera corale in cui tutto il popolo di Dio si riunisce per invocare lo Spirito Santo sulla Diocesi, sulla Città e sul mondo, perché i cristiani siano, in questo mondo di violenza e di guerra, portatori di riconciliazione e di pace in tutti i luoghi di vita, soprattutto nei paesi martoriati dai conflitti. Una preghiera anche per tutti i cresimandi e cresimati che ricevono il dono dello Spirito Santo in questo anno.

Inizio della veglia di Pentecoste sul sagrato della Cattedrale

La veglia di Pentecoste avrà inizio sul sagrato della Cattedrale con l’accensione e la benedizione del fuoco, segno di luce e di speranza; in processione i fedeli, con la candela in mano, entreranno in chiesa, dove la liturgia proseguirà scandita dall’ascolto della parola di Dio, da canti e invocazioni allo Spirito Santo, nella memoria del battesimo, nei gesti simbolici che ricordano i doni dello Spirito.

"E’ lo Spirito Santo -ricorda il vescovo Soddu-che rende attraente e preziosa ogni realtà. Che l’effusione dello Spirito Santo raggiunga e rianimi ogni cellula della nostra Diocesi; ogni cristiano di Terni-Narni-Amelia ne sappia cogliere il soffio e ognuno possa contribuire a discernere nella Chiesa la sua volontà".

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veglia pentecoste terni

Sabato 4 giugno nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Terni, alle ore 21, si terrà la veglia di preghiera diocesana di Pentecoste, che sarà presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu. La veglia, che rappresenta un importante momento d’incontro per la chiesa locale e di preghiera comunitaria, riunisce in diocesi i vari movimenti ecclesiali, associazioni, parrocchie e i fedeli, in segno di unione e di preghiera comune, perché la Pentecoste sia seme di accoglienza e fraternità, nell’unità tra diversità di carismi e doni a servizio della Chiesa.

Una preghiera corale in cui tutto il popolo di Dio si riunisce per invocare lo Spirito Santo sulla Diocesi, sulla Città e sul mondo, perché i cristiani siano, in questo mondo di violenza e di guerra, portatori di riconciliazione e di pace in tutti i luoghi di vita, soprattutto nei paesi martoriati dai conflitti. Una preghiera anche per tutti i cresimandi e cresimati che ricevono il dono dello Spirito Santo in questo anno.

Inizio della veglia di Pentecoste sul sagrato della Cattedrale

La veglia di Pentecoste avrà inizio sul sagrato della Cattedrale con l’accensione e la benedizione del fuoco, segno di luce e di speranza; in processione i fedeli, con la candela in mano, entreranno in chiesa, dove la liturgia proseguirà scandita dall’ascolto della parola di Dio, da canti e invocazioni allo Spirito Santo, nella memoria del battesimo, nei gesti simbolici che ricordano i doni dello Spirito.

"E’ lo Spirito Santo -ricorda il vescovo Soddu-che rende attraente e preziosa ogni realtà. Che l’effusione dello Spirito Santo raggiunga e rianimi ogni cellula della nostra Diocesi; ogni cristiano di Terni-Narni-Amelia ne sappia cogliere il soffio e ognuno possa contribuire a discernere nella Chiesa la sua volontà".

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La Palombella sarà consegnata alle dirigenti e agli studenti delle scuole superiori di Orvieto https://www.lavoce.it/palombella-consegnata-dirigenti-studenti-delle-scuole-superiori-di-orvieto/ Sat, 22 May 2021 14:42:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60786 Cammino sinodale diocesi Orvieto

Un simbolo di libertà, di speranza e di fiducia da consegnare alle nuove generazioni, agli insegnanti che hanno perseguito la loro fondamentale missione educativa e formativa, e soprattutto alle famiglie che hanno combattuto al fianco dei loro figli la stravolgente esperienza della pandemia.

Consegna della Palombella

Con questi sentimenti di condivisione e rinascita, domenica 23 maggio nella cattedrale di Orvieto, giorno della Solennità di Pentecoste, al termine della solenne celebrazione eucaristica presieduta da mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo della diocesi di Orvieto-Todi, l’Opera del Duomo di Orvieto, in una cerimonia simbolica della Palombella consegnerà la colomba alle presidi degli istituti superiori della città. La Colomba, simbolo della Festa della Palombella, che purtroppo anche quest’anno non potrà svolgersi nelle forme tradizionali, sarà consegnata dal vescovo, Gualtiero Sigismondi, dal presidente, Andrea Taddei, e dai membri del consiglio dell’Opera del Duomo di Orvieto, e dal sindaco della città di Orvieto, Roberta Tardani, alla professoressa Cristiana Casaburo, dirigente scolastico dell’Istituto d’istruzione superiore, artistica, classica e professionale (Iisacp) e alla professoressa, Carmela Rita Vessella, dirigente scolastico dell’Istituto d’Istruzione superiore Scientifico e Tecnico (Iisst) Insieme a loro una rappresentanza di studenti delle scuole superiori di Orvieto.

Le parole di Andrea Taddei, presidente dell'Opera del Duomo

“In questo duro anno di pandemia - dice il presidente dell’Opera del Duomo di Orvieto, Andrea Taddei - tra le tante difficoltà, talvolta anche tragiche, che tutti abbiamo dovuto affrontare, come Consiglio dell’Opera del Duomo di Orvieto, abbiamo inteso rivolgere un gesto di speranza alle nuove generazioni. Ai giovani e ai ragazzi di tutte le età che hanno visto trascorrere un anno della loro infanzia e della loro gioventù spesso dietro ad una finestra; che hanno imparato a continuare a studiare di fronte allo schermo di un computer; che hanno hanno dovuto reinventarsi una nuova socialità con la consapevolezza che in qualche modo le esperienze di questo tempo faranno parte della loro crescita e della loro vita”. "Altrettanto - continua il presidente Taddei - con la consegna della Colomba alle dirigenti scolastiche degli istituti superiori della città, esprimiamo una grande riconoscenza a tutte le insegnanti e al personale scolastico delle scuole del territorio che, in tempo di pandemia, hanno proseguito la missione educativa e formativa dei nostri figli guidandoli in un nuovo percorso didattico che grazie alla professionalità dei docenti e degli istituti scolastici, non ha lasciato indietro nessuno”. “Infine - conclude Taddei - la consegna della Colomba alle dirigenti scolastiche e agli alunni delle scuole superiori, è in un certo qual modo un segno di vicinanza a tutte le famiglie che in questo anno, insieme ai loro figli, hanno combattuto una sfida imprevedibile. La forza e il valore della famiglia: dai nonni, ai genitori fino alle nuove generazioni, è un patrimonio di valori sul quale la nostra comunità si è difesa e altrettanto ha trovato e trova la forza per rinascere”.

Solenne Veglia e celebrazione eucaristica di Pentecoste

Il programma della Solennità di Pentecoste prevede per il 22 maggio alle ore 18.30, presso il Duomo di Orvieto, la solenne Veglia di Pentecoste presieduta dal vescovo, monsignor Gualtiero Sigismondi. Domenica 23 maggio la prima celebrazione in Cattedrale è in programma per le ore 9; alle ore 11 il vescovo Sigismondi presiederà la solenne Celebrazione eucaristica di Pentecoste, alle ore 12 la Cerimonia simbolica della Palombella e la consegna della Colomba.  Secondo le normative in vigore, in Duomo, durante la Celebrazione delle ore 11, potranno essere presenti solamente coloro che sono muniti di apposito permesso/invito. La celebrazione sarà comunque trasmessa in diretta televisiva e social dall’emittente RTUAquesio.]]>
Cammino sinodale diocesi Orvieto

Un simbolo di libertà, di speranza e di fiducia da consegnare alle nuove generazioni, agli insegnanti che hanno perseguito la loro fondamentale missione educativa e formativa, e soprattutto alle famiglie che hanno combattuto al fianco dei loro figli la stravolgente esperienza della pandemia.

Consegna della Palombella

Con questi sentimenti di condivisione e rinascita, domenica 23 maggio nella cattedrale di Orvieto, giorno della Solennità di Pentecoste, al termine della solenne celebrazione eucaristica presieduta da mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo della diocesi di Orvieto-Todi, l’Opera del Duomo di Orvieto, in una cerimonia simbolica della Palombella consegnerà la colomba alle presidi degli istituti superiori della città. La Colomba, simbolo della Festa della Palombella, che purtroppo anche quest’anno non potrà svolgersi nelle forme tradizionali, sarà consegnata dal vescovo, Gualtiero Sigismondi, dal presidente, Andrea Taddei, e dai membri del consiglio dell’Opera del Duomo di Orvieto, e dal sindaco della città di Orvieto, Roberta Tardani, alla professoressa Cristiana Casaburo, dirigente scolastico dell’Istituto d’istruzione superiore, artistica, classica e professionale (Iisacp) e alla professoressa, Carmela Rita Vessella, dirigente scolastico dell’Istituto d’Istruzione superiore Scientifico e Tecnico (Iisst) Insieme a loro una rappresentanza di studenti delle scuole superiori di Orvieto.

Le parole di Andrea Taddei, presidente dell'Opera del Duomo

“In questo duro anno di pandemia - dice il presidente dell’Opera del Duomo di Orvieto, Andrea Taddei - tra le tante difficoltà, talvolta anche tragiche, che tutti abbiamo dovuto affrontare, come Consiglio dell’Opera del Duomo di Orvieto, abbiamo inteso rivolgere un gesto di speranza alle nuove generazioni. Ai giovani e ai ragazzi di tutte le età che hanno visto trascorrere un anno della loro infanzia e della loro gioventù spesso dietro ad una finestra; che hanno imparato a continuare a studiare di fronte allo schermo di un computer; che hanno hanno dovuto reinventarsi una nuova socialità con la consapevolezza che in qualche modo le esperienze di questo tempo faranno parte della loro crescita e della loro vita”. "Altrettanto - continua il presidente Taddei - con la consegna della Colomba alle dirigenti scolastiche degli istituti superiori della città, esprimiamo una grande riconoscenza a tutte le insegnanti e al personale scolastico delle scuole del territorio che, in tempo di pandemia, hanno proseguito la missione educativa e formativa dei nostri figli guidandoli in un nuovo percorso didattico che grazie alla professionalità dei docenti e degli istituti scolastici, non ha lasciato indietro nessuno”. “Infine - conclude Taddei - la consegna della Colomba alle dirigenti scolastiche e agli alunni delle scuole superiori, è in un certo qual modo un segno di vicinanza a tutte le famiglie che in questo anno, insieme ai loro figli, hanno combattuto una sfida imprevedibile. La forza e il valore della famiglia: dai nonni, ai genitori fino alle nuove generazioni, è un patrimonio di valori sul quale la nostra comunità si è difesa e altrettanto ha trovato e trova la forza per rinascere”.

Solenne Veglia e celebrazione eucaristica di Pentecoste

Il programma della Solennità di Pentecoste prevede per il 22 maggio alle ore 18.30, presso il Duomo di Orvieto, la solenne Veglia di Pentecoste presieduta dal vescovo, monsignor Gualtiero Sigismondi. Domenica 23 maggio la prima celebrazione in Cattedrale è in programma per le ore 9; alle ore 11 il vescovo Sigismondi presiederà la solenne Celebrazione eucaristica di Pentecoste, alle ore 12 la Cerimonia simbolica della Palombella e la consegna della Colomba.  Secondo le normative in vigore, in Duomo, durante la Celebrazione delle ore 11, potranno essere presenti solamente coloro che sono muniti di apposito permesso/invito. La celebrazione sarà comunque trasmessa in diretta televisiva e social dall’emittente RTUAquesio.]]>
Pentecoste. Il Cenacolo, la nostra culla https://www.lavoce.it/pentecoste-il-cenacolo-la-nostra-culla/ Fri, 21 May 2021 10:23:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60742

La Pentecoste segna l’inizio della Chiesa. Essa aveva avuto la sua gestazione e il suo parto nel dolore sulla croce, come ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica: “Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (CCC 1067, che cita Sacrosanctum Concilium 2). Dal costato di Cristo aperto dalla lancia del soldato (Gv 19,34) uscì sangue e acqua, e misteriosamente sono svelati i sacramenti del battesimo e dell’eucarestia. E come Eva, madre di tutti i viventi, emerge dal costato di Adamo, la Chiesa, madre dei cristiani, nasce dal costato di Cristo. Questo insegnamento, che ci viene dalla tradizione patristica e dal Magistero, è desunto proprio dalla Parola di questa domenica.

La Pentecoste ebraica

La prima lettura colloca l’irruzione dello Spirito santo “mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste” (At 2,1). È la pentecoste ebraica, che celebra i cinquanta giorni dopo la Pasqua, con il raccolto del frumento (Lv 23,15-17), e anticipa il grande raccolto dell’autunno con la festa delle Capanne. Nella festa ebraica ora irrompe la novità dello Spirito, che segna il tempo sacro dei cinquanta giorni in cui si celebra la Pasqua, come ricorda la colletta della messa vespertina della vigilia. La festa ebraica della pentecoste ricorda anche il dono della Legge, le dieci Parole incise con il fuoco sulle tavole consegnate a Mosè. È facile intravedere un percorso a due binari, con continui incroci, tra le feste ebraiche e le solennità che celebrano gli eventi di salvezza della fede cristiana. Il Signore Gesù porta a compimento quanto anticipato nella storia della salvezza tramite la rivelazione al popolo di Israele. La Pasqua con la sua cena, che Gesù celebra come istituzione della nuova Cena nel contesto della Pasqua. La Pentecoste: la festa ebraica del raccolto, che diviene il frutto maturo della Pasqua di risurrezione, adempiendo la profezia sulla legge pronunciata da Ezechiele e Geremia.

Nella Pentecoste la manifestazione dello Spirito

Lo Spirito santo renderà infatti la legge non più straniera al cuore dell’uomo, ma sarà iscritta nelle sue “viscere”, subordinandola alla legge dell’amore. Il profeta Geremia vedrà in lontananza il compiersi della nuova alleanza: “Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò nel loro cuore” (Ger 31,3). Il profeta Ezechiele, dopo aver parlato della dispersione di Israele, traccia un percorso di cammino comune verso Gerusalemme: “Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi, e vi farò osservare e mettere in pratiche le mie norme” (Ez 36,24-28).

Una nuova “legge” scritta nei cuori

Il vento e il fuoco descrivono, nel libro degli Atti, una una vera “teofania”: lo Spirito del Risorto raggiungerà gli apostoli, riuniti nel Cenacolo con Maria. La legge dell’amore sarà incisa ora nel cuore degli “amici di Gesù” e sarà parte costitutiva dell’uomo nuovo, rinato dalle “ceneri” della paura. Il coraggio e la forza di affrontare la missione sarà completata dai frutti che lo Spirito porta in dono: “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”, come ricorda la seconda lettura (Gal 5,27-28).

Dalla diaspora all’unità

La Pentecoste, celebrata nelle due liturgie, è un percorso che procede dalla diaspora all’unità. La prima lettura della celebrazione vigiliare presenta la dispersione dell’umanità in Genesi 11,1-9: “La si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra”. Il testo di Atti, nella celebrazione del giorno, mostra i popoli radunati a Gerusalemme per la festa, i quali faranno esperienza della nuova Pentecoste, frutto della nuova Pasqua. Pietro e gli apostoli annunciano la risurrezione di Cristo senza più timore; lo Spirito darà voce alla gioia, non più imprigionata dalla paura. Non avranno paura di annunciare la verità tutta intera, come dice il Vangelo della domenica (Gv 15,26; 16,13). Lo Spirito darà loro la forza della testimonianza (vv. 26-27), ricorderà loro ogni cosa e annuncerà le cose future (v. 13).

Doni dello Spirito alla comunità

Memoria, testimonianza e capacità di “vedere lontano” identificano la Chiesa e ogni credente immerso nell’acqua e nello Spirito, rinato dal “grembo” del fonte battesimale. La memoria viva ed efficace dei sacramenti ci rende presenti agli eventi di grazia di Cristo, che continuano nell’azione Chiesa: i sacramenti. Lo Spirito ricevuto ci dona la gioia del martirio nel presente e squarcia ai nostri occhi il velo della storia futura: la profezia. In questo tempo, facciamo fatica a riconoscere l’orizzonte profetico nelle nostre comunità e nella Chiesa in generale. Le paure sembrano aver sigillato la speranza nel “cenacolo” delle nostre tradizioni. Vieni, Santo Spirito, vieni a rinnovare la tua Chiesa!]]>

La Pentecoste segna l’inizio della Chiesa. Essa aveva avuto la sua gestazione e il suo parto nel dolore sulla croce, come ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica: “Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (CCC 1067, che cita Sacrosanctum Concilium 2). Dal costato di Cristo aperto dalla lancia del soldato (Gv 19,34) uscì sangue e acqua, e misteriosamente sono svelati i sacramenti del battesimo e dell’eucarestia. E come Eva, madre di tutti i viventi, emerge dal costato di Adamo, la Chiesa, madre dei cristiani, nasce dal costato di Cristo. Questo insegnamento, che ci viene dalla tradizione patristica e dal Magistero, è desunto proprio dalla Parola di questa domenica.

La Pentecoste ebraica

La prima lettura colloca l’irruzione dello Spirito santo “mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste” (At 2,1). È la pentecoste ebraica, che celebra i cinquanta giorni dopo la Pasqua, con il raccolto del frumento (Lv 23,15-17), e anticipa il grande raccolto dell’autunno con la festa delle Capanne. Nella festa ebraica ora irrompe la novità dello Spirito, che segna il tempo sacro dei cinquanta giorni in cui si celebra la Pasqua, come ricorda la colletta della messa vespertina della vigilia. La festa ebraica della pentecoste ricorda anche il dono della Legge, le dieci Parole incise con il fuoco sulle tavole consegnate a Mosè. È facile intravedere un percorso a due binari, con continui incroci, tra le feste ebraiche e le solennità che celebrano gli eventi di salvezza della fede cristiana. Il Signore Gesù porta a compimento quanto anticipato nella storia della salvezza tramite la rivelazione al popolo di Israele. La Pasqua con la sua cena, che Gesù celebra come istituzione della nuova Cena nel contesto della Pasqua. La Pentecoste: la festa ebraica del raccolto, che diviene il frutto maturo della Pasqua di risurrezione, adempiendo la profezia sulla legge pronunciata da Ezechiele e Geremia.

Nella Pentecoste la manifestazione dello Spirito

Lo Spirito santo renderà infatti la legge non più straniera al cuore dell’uomo, ma sarà iscritta nelle sue “viscere”, subordinandola alla legge dell’amore. Il profeta Geremia vedrà in lontananza il compiersi della nuova alleanza: “Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò nel loro cuore” (Ger 31,3). Il profeta Ezechiele, dopo aver parlato della dispersione di Israele, traccia un percorso di cammino comune verso Gerusalemme: “Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi, e vi farò osservare e mettere in pratiche le mie norme” (Ez 36,24-28).

Una nuova “legge” scritta nei cuori

Il vento e il fuoco descrivono, nel libro degli Atti, una una vera “teofania”: lo Spirito del Risorto raggiungerà gli apostoli, riuniti nel Cenacolo con Maria. La legge dell’amore sarà incisa ora nel cuore degli “amici di Gesù” e sarà parte costitutiva dell’uomo nuovo, rinato dalle “ceneri” della paura. Il coraggio e la forza di affrontare la missione sarà completata dai frutti che lo Spirito porta in dono: “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”, come ricorda la seconda lettura (Gal 5,27-28).

Dalla diaspora all’unità

La Pentecoste, celebrata nelle due liturgie, è un percorso che procede dalla diaspora all’unità. La prima lettura della celebrazione vigiliare presenta la dispersione dell’umanità in Genesi 11,1-9: “La si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra”. Il testo di Atti, nella celebrazione del giorno, mostra i popoli radunati a Gerusalemme per la festa, i quali faranno esperienza della nuova Pentecoste, frutto della nuova Pasqua. Pietro e gli apostoli annunciano la risurrezione di Cristo senza più timore; lo Spirito darà voce alla gioia, non più imprigionata dalla paura. Non avranno paura di annunciare la verità tutta intera, come dice il Vangelo della domenica (Gv 15,26; 16,13). Lo Spirito darà loro la forza della testimonianza (vv. 26-27), ricorderà loro ogni cosa e annuncerà le cose future (v. 13).

Doni dello Spirito alla comunità

Memoria, testimonianza e capacità di “vedere lontano” identificano la Chiesa e ogni credente immerso nell’acqua e nello Spirito, rinato dal “grembo” del fonte battesimale. La memoria viva ed efficace dei sacramenti ci rende presenti agli eventi di grazia di Cristo, che continuano nell’azione Chiesa: i sacramenti. Lo Spirito ricevuto ci dona la gioia del martirio nel presente e squarcia ai nostri occhi il velo della storia futura: la profezia. In questo tempo, facciamo fatica a riconoscere l’orizzonte profetico nelle nostre comunità e nella Chiesa in generale. Le paure sembrano aver sigillato la speranza nel “cenacolo” delle nostre tradizioni. Vieni, Santo Spirito, vieni a rinnovare la tua Chiesa!]]>
In questo numero. La proposta: un’agenda umbra per la natalità? Focus su Pnnr e la rinascita” della Pentecoste https://www.lavoce.it/proposta-agenda-umbra-per-natalita-pnnr-rinascita-pentecoste/ Thu, 20 May 2021 17:06:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60728

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Natalità. Per un’Agenda che non sia un tweet

di Assuntina Morresi

La ricerca di un consenso immediato, a breve termine, che aumenti i like nei social e gonfi i sondaggi: troppo spesso è diventato questo l’obiettivo della politica negli ultimi anni, a livello nazionale e locale.

Con risultati pessimi: la radicalizzazione delle posizioni in gioco, innanzitutto, perché è la dinamica più semplice per guadagnarsi la scena mediatica. Una radicalizzazione che implica la ipersemplificazione delle tematiche trattate, perché così è più facile ridurle a slogan i quali, rispetto a un ragionamento, sono molto più adatti ai tempi veloci televisivi e al breve spazio di un tweet o di un microvideo da far circolare su Whatsapp.  (…)

Focus

Pnrr Umbria, come usare 3 miliardi

di Giuseppe Croce Grazie alle risorse straordinarie fornite dall’Europa, il Pnrr definito dalla Giunta regionale prevede di riversare sull’Umbria, tra il 2021 e il 2026, finanziamenti per un totale di 3,12 miliardi di euro articolati in 45 linee di intervento. Si tratta, nel complesso, di una quantità di denaro pubblico davvero ingente, che potrebbe aprire nuove prospettive per l’economia regionale. L’obiettivo degli investimenti pubblici da realizzare (…)

La Pentecoste, tempo di rinascita

di Roberto Fornaciari La seconda Pasqua in tempo di pandemia continua a interrogarci e chiede a tutti noi di non perderci di coraggio per le difficoltà del momento presente. Da oltre un anno viviamo un tempo difficile che ci ha in qualche modo feriti. Occorre riconoscere le nostre ferite sepolte perché non ci facciano soffrire ulteriormentee. Siamo infatti vittime della pandemia anche se (…)

Nel giornale

Beati gli ultimi. Se...

Un po’ di respiro, o perlomeno di ottimismo, per le Rsa, le residenze per anziani in cui l’aumento sempre più forte delle spese non corrispondeva ad adeguati finanziamenti da parte delle istituzioni. Ora c’è un accordo di base, e politicamente trasversale, grazie alla mozione approvata in Consiglio regionale. Primo passo importante, ma che ovviamente richiede uno sviluppo anche legislativo. Se c’è la volontà politica. E senza dimenticare altre “residenze”, quelle per disabili, altrettanto fondamentali e altrettanto in difficoltà, che per ora invece non si sentono “ascoltate”. Abbiamo loro dato voce.

TERRA SANTA

La crisi attorno alla Striscia di Gaza non è “l’ennesima”: sono rimaste stupite e spaventate perfino le persone che da anni vivevano nelle aree più calde di quella fetta di Medio Oriente. Non è questione di quanti missili vengano sparati ogni giorno, ma di che cosa si sta trovando ad affrontare la gente. La denuncia e l’appello del patriarca Pizzaballa

CATECHISTI

Dopo che sono stati riconosciuti come vero e proprio “ministero laicale” da parte di Papa Francesco, approfondiamo tutte le implicazioni del motu proprio Antiquum ministerium insieme al direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Perugia, e con il direttore nazionale Cei. Ne esce un modello diverso non solo di catechesi ma di Chiesa.

LAVORO

Ancora tanti, tragici casi di infortuni e morti sul lavoro nella nostra regione. Il caso arriva sul tavolo nazionale non solo sul piano politico ma anche per interessamento del presidente della Cei, card. Bassetti, che ha incontrato i segretari dei tre sindacati confederali

TURISMO

Strana situazione quella del turismo in Umbria, già da ben prima del Covid: risorsa preziosissima, eppure spesso sfruttata male, anche per lacune di coordinamento. La parola a un seminario di studio e al Sindaco di Passignano. Intanto gli impianti riaprono, sì, ma... si rischia che manchino gli operatori]]>

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Natalità. Per un’Agenda che non sia un tweet

di Assuntina Morresi

La ricerca di un consenso immediato, a breve termine, che aumenti i like nei social e gonfi i sondaggi: troppo spesso è diventato questo l’obiettivo della politica negli ultimi anni, a livello nazionale e locale.

Con risultati pessimi: la radicalizzazione delle posizioni in gioco, innanzitutto, perché è la dinamica più semplice per guadagnarsi la scena mediatica. Una radicalizzazione che implica la ipersemplificazione delle tematiche trattate, perché così è più facile ridurle a slogan i quali, rispetto a un ragionamento, sono molto più adatti ai tempi veloci televisivi e al breve spazio di un tweet o di un microvideo da far circolare su Whatsapp.  (…)

Focus

Pnrr Umbria, come usare 3 miliardi

di Giuseppe Croce Grazie alle risorse straordinarie fornite dall’Europa, il Pnrr definito dalla Giunta regionale prevede di riversare sull’Umbria, tra il 2021 e il 2026, finanziamenti per un totale di 3,12 miliardi di euro articolati in 45 linee di intervento. Si tratta, nel complesso, di una quantità di denaro pubblico davvero ingente, che potrebbe aprire nuove prospettive per l’economia regionale. L’obiettivo degli investimenti pubblici da realizzare (…)

La Pentecoste, tempo di rinascita

di Roberto Fornaciari La seconda Pasqua in tempo di pandemia continua a interrogarci e chiede a tutti noi di non perderci di coraggio per le difficoltà del momento presente. Da oltre un anno viviamo un tempo difficile che ci ha in qualche modo feriti. Occorre riconoscere le nostre ferite sepolte perché non ci facciano soffrire ulteriormentee. Siamo infatti vittime della pandemia anche se (…)

Nel giornale

Beati gli ultimi. Se...

Un po’ di respiro, o perlomeno di ottimismo, per le Rsa, le residenze per anziani in cui l’aumento sempre più forte delle spese non corrispondeva ad adeguati finanziamenti da parte delle istituzioni. Ora c’è un accordo di base, e politicamente trasversale, grazie alla mozione approvata in Consiglio regionale. Primo passo importante, ma che ovviamente richiede uno sviluppo anche legislativo. Se c’è la volontà politica. E senza dimenticare altre “residenze”, quelle per disabili, altrettanto fondamentali e altrettanto in difficoltà, che per ora invece non si sentono “ascoltate”. Abbiamo loro dato voce.

TERRA SANTA

La crisi attorno alla Striscia di Gaza non è “l’ennesima”: sono rimaste stupite e spaventate perfino le persone che da anni vivevano nelle aree più calde di quella fetta di Medio Oriente. Non è questione di quanti missili vengano sparati ogni giorno, ma di che cosa si sta trovando ad affrontare la gente. La denuncia e l’appello del patriarca Pizzaballa

CATECHISTI

Dopo che sono stati riconosciuti come vero e proprio “ministero laicale” da parte di Papa Francesco, approfondiamo tutte le implicazioni del motu proprio Antiquum ministerium insieme al direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Perugia, e con il direttore nazionale Cei. Ne esce un modello diverso non solo di catechesi ma di Chiesa.

LAVORO

Ancora tanti, tragici casi di infortuni e morti sul lavoro nella nostra regione. Il caso arriva sul tavolo nazionale non solo sul piano politico ma anche per interessamento del presidente della Cei, card. Bassetti, che ha incontrato i segretari dei tre sindacati confederali

TURISMO

Strana situazione quella del turismo in Umbria, già da ben prima del Covid: risorsa preziosissima, eppure spesso sfruttata male, anche per lacune di coordinamento. La parola a un seminario di studio e al Sindaco di Passignano. Intanto gli impianti riaprono, sì, ma... si rischia che manchino gli operatori]]>
Nella Pentecoste lo Spirito santo fa irruzione https://www.lavoce.it/nella-pentecoste-lo-spirito-santo-fa-irruzione/ Fri, 29 May 2020 15:03:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57243

In questa domenica di Pentecoste, nella sintesi liturgica del prefazio è espresso uno dei significati della solennità. La Chiesa prega il Padre dicendo: “Oggi hai portato a compimento il Mistero pasquale”. Un concetto che sembra indicare il raggiungimento di un obiettivo, la fine di un processo. Contrariamente al suo significato lessicale, indica invece la prospettiva verso il fine, quindi orienta, smuove dal torpore, rianima e ci mette in cammino con il “bagaglio leggero” della pienezza dei doni.

L'evento

I brani della Scrittura proposti nella liturgia presentano una concordanza geografica per l’evento della Pentecoste: a Gerusalemme, e la tradizione indica il Cenacolo come luogo dell’evento. Gli stessi testi però sono discordanti per la cronologia; il testo di Atti 2,1 parla sì, del giorno di Pentecoste, ma della festa ebraica, cinquanta giorni dopo la Pasqua, mentre il Vangelo di Giovanni presenta la Pentecoste come unico evento con la Pasqua: “La sera di quello stesso giorno” ( Gv 20,19). Il giorno di Pasqua s’intende, Gesù “irrompe” nel Cenacolo, sciogliendo la paura dei discepoli. Dopo il saluto e il mandato “soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito santo” ( Gv 20,21-22). La Pentecoste non è quindi una questione di data, ma un evento capace di trasformare con una dinamica creativa la realtà ( Sal 103). La seconda lettura ci mostra la multiforme potenza dello Spirito che genera diversità senza creare confusione, dando a ciascuno la sua propria identità ( 1Cor 12,4-6). Il risultato è l’uomo nuovo, in perfetta armonia, immagine del Cristo risorto vivente nella storia (v.12). La tradizione ecclesiale colloca la Vergine Maria nel Cenacolo, nel giorno di Pentecoste, quando l’irruzione dello Spirito riempie la casa. Si manifesta come un vento che si abbatte impetuoso, contestualmente ad un fragore dal cielo ( At 2,3). Potremmo parlare di una irruzione violenta, capace di distruggere, certamente molto diversa dall’esperienza che Maria sperimenta quando è visitata dall’angelo dell’Annunciazione. Da questo confronto un po’ audace possiamo però cogliere la complessità dell’azione dello Spirito, che è sempre diversa, non facilmente definibile nel suo apparire. I testi infatti, di solito, usano similitudini per indicare la venuta dello Spirito: “Apparvero loro lingue come di fuoco e si posarono su ciascuno di loro” ( At 2,3) attesta il brano degli Atti degli apostoli . Ma la simbologia è già evocativa: “lingue” perché quanti sono raggiunti da questa particolare effusione dello Spirito parlino “le lingue degli uomini” affinché ogni persona di ogni etnia e lingua possa comprendere la novità della Pasqua. Un unico evento di salvezza da tradurre in tutte le lingue perché possa essere compreso, da tradurre in ogni tempo perché sia sempre compreso nella perenne novità. Ma un evento che rimarrà sempre dono del Padre per mezzo del Figlio, mai una “strategia umana”. Fu la stessa azione divina a confondere a Babele il progetto umano di arrivare a Dio, tramite la costituzione di un solo popolo con un’unica lingua. Un progetto opposto al dono che Dio voleva regalare. In realtà, l’uomo voleva arrivare a Dio con le proprie forze, per dire che non ha bisogno di nessuno. Per evitarlo, Dio confuse il progetto degli uomini, attraverso l’incapacità a comprendersi, disseminandoli in ogni dove ( Gen 11,1-9) È la narrazione da cui proviene il significato di Babele, sinonimo di confusione e incapacità a comprendersi, che la liturgia ci fa ascoltare nella celebrazione della veglia di Pentecoste. Babele e Pentecoste indicano ancora una volta la complessa coerenza dell’azione divina, ma che spesso sconvolge i piani umani. In questo caso si può dire “benedetta confusione”, se crea le condizioni per ripartire sulla via tracciata dallo Spirito. Un cammino espresso perfettamente nel Prefazio della celebrazione, che fa memoria dell’evento della Pentecoste. Il testo descrive l’azione dello Spirito riversato sulla Chiesa nascente, la quale è inviata a rivelare a tutti i popoli il mistero nascosto da secoli. Il fine di questa azione è riunire i diversi linguaggi della famiglia umana nell’unica professione di fede. Lo Spirito, così come descritto nei testi biblici e liturgici, continua nel tempo la sua opera nella Chiesa. Anche oggi, alcune volte lo Spirito sembra devastarla con la violenza del vento, altre volte la “coccola” con la tenerezza dell’amante che continuamente la rende feconda. Alla Chiesa di ogni tempo spetta avere orecchi per ascoltare quello che lo Spirito continua a dirle. Don Andrea Rossi]]>

In questa domenica di Pentecoste, nella sintesi liturgica del prefazio è espresso uno dei significati della solennità. La Chiesa prega il Padre dicendo: “Oggi hai portato a compimento il Mistero pasquale”. Un concetto che sembra indicare il raggiungimento di un obiettivo, la fine di un processo. Contrariamente al suo significato lessicale, indica invece la prospettiva verso il fine, quindi orienta, smuove dal torpore, rianima e ci mette in cammino con il “bagaglio leggero” della pienezza dei doni.

L'evento

I brani della Scrittura proposti nella liturgia presentano una concordanza geografica per l’evento della Pentecoste: a Gerusalemme, e la tradizione indica il Cenacolo come luogo dell’evento. Gli stessi testi però sono discordanti per la cronologia; il testo di Atti 2,1 parla sì, del giorno di Pentecoste, ma della festa ebraica, cinquanta giorni dopo la Pasqua, mentre il Vangelo di Giovanni presenta la Pentecoste come unico evento con la Pasqua: “La sera di quello stesso giorno” ( Gv 20,19). Il giorno di Pasqua s’intende, Gesù “irrompe” nel Cenacolo, sciogliendo la paura dei discepoli. Dopo il saluto e il mandato “soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito santo” ( Gv 20,21-22). La Pentecoste non è quindi una questione di data, ma un evento capace di trasformare con una dinamica creativa la realtà ( Sal 103). La seconda lettura ci mostra la multiforme potenza dello Spirito che genera diversità senza creare confusione, dando a ciascuno la sua propria identità ( 1Cor 12,4-6). Il risultato è l’uomo nuovo, in perfetta armonia, immagine del Cristo risorto vivente nella storia (v.12). La tradizione ecclesiale colloca la Vergine Maria nel Cenacolo, nel giorno di Pentecoste, quando l’irruzione dello Spirito riempie la casa. Si manifesta come un vento che si abbatte impetuoso, contestualmente ad un fragore dal cielo ( At 2,3). Potremmo parlare di una irruzione violenta, capace di distruggere, certamente molto diversa dall’esperienza che Maria sperimenta quando è visitata dall’angelo dell’Annunciazione. Da questo confronto un po’ audace possiamo però cogliere la complessità dell’azione dello Spirito, che è sempre diversa, non facilmente definibile nel suo apparire. I testi infatti, di solito, usano similitudini per indicare la venuta dello Spirito: “Apparvero loro lingue come di fuoco e si posarono su ciascuno di loro” ( At 2,3) attesta il brano degli Atti degli apostoli . Ma la simbologia è già evocativa: “lingue” perché quanti sono raggiunti da questa particolare effusione dello Spirito parlino “le lingue degli uomini” affinché ogni persona di ogni etnia e lingua possa comprendere la novità della Pasqua. Un unico evento di salvezza da tradurre in tutte le lingue perché possa essere compreso, da tradurre in ogni tempo perché sia sempre compreso nella perenne novità. Ma un evento che rimarrà sempre dono del Padre per mezzo del Figlio, mai una “strategia umana”. Fu la stessa azione divina a confondere a Babele il progetto umano di arrivare a Dio, tramite la costituzione di un solo popolo con un’unica lingua. Un progetto opposto al dono che Dio voleva regalare. In realtà, l’uomo voleva arrivare a Dio con le proprie forze, per dire che non ha bisogno di nessuno. Per evitarlo, Dio confuse il progetto degli uomini, attraverso l’incapacità a comprendersi, disseminandoli in ogni dove ( Gen 11,1-9) È la narrazione da cui proviene il significato di Babele, sinonimo di confusione e incapacità a comprendersi, che la liturgia ci fa ascoltare nella celebrazione della veglia di Pentecoste. Babele e Pentecoste indicano ancora una volta la complessa coerenza dell’azione divina, ma che spesso sconvolge i piani umani. In questo caso si può dire “benedetta confusione”, se crea le condizioni per ripartire sulla via tracciata dallo Spirito. Un cammino espresso perfettamente nel Prefazio della celebrazione, che fa memoria dell’evento della Pentecoste. Il testo descrive l’azione dello Spirito riversato sulla Chiesa nascente, la quale è inviata a rivelare a tutti i popoli il mistero nascosto da secoli. Il fine di questa azione è riunire i diversi linguaggi della famiglia umana nell’unica professione di fede. Lo Spirito, così come descritto nei testi biblici e liturgici, continua nel tempo la sua opera nella Chiesa. Anche oggi, alcune volte lo Spirito sembra devastarla con la violenza del vento, altre volte la “coccola” con la tenerezza dell’amante che continuamente la rende feconda. Alla Chiesa di ogni tempo spetta avere orecchi per ascoltare quello che lo Spirito continua a dirle. Don Andrea Rossi]]>
Maria madre della Chiesa. La prima degli evangelizzatori https://www.lavoce.it/maria-madre-della-chiesa-la-degli-evangelizzatori/ Mon, 21 May 2018 11:36:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51786

Come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Maria è madre di Gesù, senza ombra di dubbio. Numerosi dibattiti e puntualizzazioni, nonché un Concilio ecumenico hanno portato all’affermazione che è anche “madre di Dio”, in quanto il bambino che nasce da lei è il Figlio di Dio, colui che viene dal Padre e che è con Lui in una relazione unica, tanto da poter essere detto l’Unigenito. In che senso però può essere detta “madre della Chiesa”? Un soggetto collettivo, quale è la Chiesa, non può essere generato da una donna se non metaforicamente; infatti nella tradizione della Chiesa e anche nel recente documento della Congregazione per il culto ( vedi articolo a lato) che istituisce la memoria di Maria madre della Chiesa, si spiega questo titolo per metafore: come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Anzitutto uscendo dalle idee stereotipate e dolciastre che abbiamo della maternità in genere e di Maria in specie. Gesù non è stato sempre bambino, come non lo è ora; e così Maria, lungo l’arco della sua vita, se si è rapportata con lui come madre che cura e nutre, poi gradualmente ha smesso di farlo, finché i ruoli si sono invertiti e lei si è messa in ascolto, alla sequela, fino a essere la prima e più perfetta discepola di Cristo. Ciò che Maria non è Quindi, se non ce la possiamo immaginare rispetto a Gesù come una mamma che cura il suo bambino - perché Gesù bambino non è, ma è adulto, e dispone di sé - , a maggior ragione non possiamo pensare il rapporto di lei con ciascuno di noi come una sorta di prolungamento delle cure materne che ci vengono elargite in tenera età. Nessun essere umano adulto si può sentire confortato dall’idea di essere accudito dalla mamma: mi sembra evidente. Questo tipo di sentimenti e di aspirazioni porta con sé una nostalgia romantica dell’infanzia, se non una certa immaturità che spinge a rifugiarsi sotto una protezione che ci difenda dalla vita. Inoltre, Padre e Madre dei credenti è sempre Dio, il quale mette al mondo, rigenera, custodisce, nutre, insegna la libertà, chiama alla responsabilità, gode della crescita di quelli che ha generato.

Lo Spirito a Pentecoste

Allora, in cosa consiste la maternità diMaria nei confronti della Chiesa e di ciascuno dei discepoli di Cristo? Anzitutto per comprenderlo bisogna andare al momento in cui la Chiesa nasce, il momento in cui compare nella storia una nuova aggregazione umana che non è fondata sull’appartenenza al popolo di Israele – pur essendo tutti ebrei i primi membri della Chiesa – né su altro che non sia l’annuncio e l’accoglienza del Vangelo.

La Chiesa fa il suo ingresso nella storia quando uomini e donne sperimentano di essere stretti in un un’unica vita dalla fede nel Vangelo e comprendono che questa unica vita che li unisce fra di loro li unisce anche con Dio.

La Scrittura ci racconta questo momento iniziale, questo parto, nel giorno di Pentecoste (capitolo 2 del libro degli Atti degli apostoli). Lo Spirito invade le persone riunite nel Cenacolo, che sono gli Undici, più Mattia scelto per ricostituire il collegio dei Dodici (istituzione ebraica destinata a finire e a non essere riprodotta con la morte di Giacomo, riportata negli Atti qualche capitolo più avanti), alcune donne, la madre di Gesù, i fratelli - e le sorelle - di lui. Su tutti questi scende lo Spirito, e non c’è motivo di pensare che escano a predicare solo gli Undici più il dodicesimo di fresca nomina, scelto fra quelli che erano riconosciuti come testimoni apostolici.

È più rispettoso del testo pensare che escano tutti, anche Maria e le donne. Infatti la citazione che Pietro fa nel suo discorso per spiegare ciò che sta accadendo, tratta dal profeta Gioele, dice che “i figli e le figlie di Israele” profeteranno quando verrà effuso lo Spirito, e questo è proprio quello che sta accadendo.

Un posto d’onore

Da questa primigenia predicazione, che testimonia tutto ciò che è accaduto riguardo a Gesù, nasce la prima Chiesa. Infatti coloro che ascoltano si sentono trafiggere il cuore e credono nel Vangelo, unendosi al gruppo dei testimoni e formando insieme una nuova realtà: un nuovo soggetto collettivo.

Fra questi testimoni che mettono al mondo la Chiesa con la loro predicazione e la loro fede, Maria è in prima linea. La fede di lei è la fede esemplare del discepolo che accoglie la Parola e la fa diventare carne; lei è colei che ha seguito il Maestro in ogni momento, che conosce di lui ogni segreto, anche prima che si rivelasse al mondo.

Fra i testimoni apostolici, Maria ha un posto d’onore perché può testimoniare su Gesù non soltanto ciò che è accaduto dopo il battesimo di Giovanni, ma anche ciò che è accaduto prima. Allora davvero è madre della Chiesa, perché la mette al mondo con la fede e la predicazione.

Davvero è madre della Chiesa perché, ogni volta che essa annuncia e fa sorgere nuovi credenti, questi entrano nella fede che Maria ha testimoniato per prima e cui ha dedicato tutta la propria vita. Tutti quelli che rinascono in Cristo sono figli suoi, perché rinascono grazie alla fede di lei e nella fede di lei, la prima e la più perfetta discepola di Cristo, testimone apostolica di eccellenza, segno di sicura speranza per ciascuno di quelli che credono.

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Come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Maria è madre di Gesù, senza ombra di dubbio. Numerosi dibattiti e puntualizzazioni, nonché un Concilio ecumenico hanno portato all’affermazione che è anche “madre di Dio”, in quanto il bambino che nasce da lei è il Figlio di Dio, colui che viene dal Padre e che è con Lui in una relazione unica, tanto da poter essere detto l’Unigenito. In che senso però può essere detta “madre della Chiesa”? Un soggetto collettivo, quale è la Chiesa, non può essere generato da una donna se non metaforicamente; infatti nella tradizione della Chiesa e anche nel recente documento della Congregazione per il culto ( vedi articolo a lato) che istituisce la memoria di Maria madre della Chiesa, si spiega questo titolo per metafore: come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Anzitutto uscendo dalle idee stereotipate e dolciastre che abbiamo della maternità in genere e di Maria in specie. Gesù non è stato sempre bambino, come non lo è ora; e così Maria, lungo l’arco della sua vita, se si è rapportata con lui come madre che cura e nutre, poi gradualmente ha smesso di farlo, finché i ruoli si sono invertiti e lei si è messa in ascolto, alla sequela, fino a essere la prima e più perfetta discepola di Cristo. Ciò che Maria non è Quindi, se non ce la possiamo immaginare rispetto a Gesù come una mamma che cura il suo bambino - perché Gesù bambino non è, ma è adulto, e dispone di sé - , a maggior ragione non possiamo pensare il rapporto di lei con ciascuno di noi come una sorta di prolungamento delle cure materne che ci vengono elargite in tenera età. Nessun essere umano adulto si può sentire confortato dall’idea di essere accudito dalla mamma: mi sembra evidente. Questo tipo di sentimenti e di aspirazioni porta con sé una nostalgia romantica dell’infanzia, se non una certa immaturità che spinge a rifugiarsi sotto una protezione che ci difenda dalla vita. Inoltre, Padre e Madre dei credenti è sempre Dio, il quale mette al mondo, rigenera, custodisce, nutre, insegna la libertà, chiama alla responsabilità, gode della crescita di quelli che ha generato.

Lo Spirito a Pentecoste

Allora, in cosa consiste la maternità diMaria nei confronti della Chiesa e di ciascuno dei discepoli di Cristo? Anzitutto per comprenderlo bisogna andare al momento in cui la Chiesa nasce, il momento in cui compare nella storia una nuova aggregazione umana che non è fondata sull’appartenenza al popolo di Israele – pur essendo tutti ebrei i primi membri della Chiesa – né su altro che non sia l’annuncio e l’accoglienza del Vangelo.

La Chiesa fa il suo ingresso nella storia quando uomini e donne sperimentano di essere stretti in un un’unica vita dalla fede nel Vangelo e comprendono che questa unica vita che li unisce fra di loro li unisce anche con Dio.

La Scrittura ci racconta questo momento iniziale, questo parto, nel giorno di Pentecoste (capitolo 2 del libro degli Atti degli apostoli). Lo Spirito invade le persone riunite nel Cenacolo, che sono gli Undici, più Mattia scelto per ricostituire il collegio dei Dodici (istituzione ebraica destinata a finire e a non essere riprodotta con la morte di Giacomo, riportata negli Atti qualche capitolo più avanti), alcune donne, la madre di Gesù, i fratelli - e le sorelle - di lui. Su tutti questi scende lo Spirito, e non c’è motivo di pensare che escano a predicare solo gli Undici più il dodicesimo di fresca nomina, scelto fra quelli che erano riconosciuti come testimoni apostolici.

È più rispettoso del testo pensare che escano tutti, anche Maria e le donne. Infatti la citazione che Pietro fa nel suo discorso per spiegare ciò che sta accadendo, tratta dal profeta Gioele, dice che “i figli e le figlie di Israele” profeteranno quando verrà effuso lo Spirito, e questo è proprio quello che sta accadendo.

Un posto d’onore

Da questa primigenia predicazione, che testimonia tutto ciò che è accaduto riguardo a Gesù, nasce la prima Chiesa. Infatti coloro che ascoltano si sentono trafiggere il cuore e credono nel Vangelo, unendosi al gruppo dei testimoni e formando insieme una nuova realtà: un nuovo soggetto collettivo.

Fra questi testimoni che mettono al mondo la Chiesa con la loro predicazione e la loro fede, Maria è in prima linea. La fede di lei è la fede esemplare del discepolo che accoglie la Parola e la fa diventare carne; lei è colei che ha seguito il Maestro in ogni momento, che conosce di lui ogni segreto, anche prima che si rivelasse al mondo.

Fra i testimoni apostolici, Maria ha un posto d’onore perché può testimoniare su Gesù non soltanto ciò che è accaduto dopo il battesimo di Giovanni, ma anche ciò che è accaduto prima. Allora davvero è madre della Chiesa, perché la mette al mondo con la fede e la predicazione.

Davvero è madre della Chiesa perché, ogni volta che essa annuncia e fa sorgere nuovi credenti, questi entrano nella fede che Maria ha testimoniato per prima e cui ha dedicato tutta la propria vita. Tutti quelli che rinascono in Cristo sono figli suoi, perché rinascono grazie alla fede di lei e nella fede di lei, la prima e la più perfetta discepola di Cristo, testimone apostolica di eccellenza, segno di sicura speranza per ciascuno di quelli che credono.

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Il valore della Veglia di Pentecoste https://www.lavoce.it/valore-della-veglia-pentecoste/ Sat, 19 May 2018 08:34:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51906 logo rubrica domande sulla liturgia

Caro don Verzini, un amico impegnato in parrocchia mi ha invitato a partecipare alla Veglia di Pentecoste dicendo che è importante quanto la Veglia pasquale. Ma da quando? Non mi pare che se ne parli molto... M. R. - Perugia Certamente ci stiamo avvicinando a un appuntamento importante dell’anno liturgico. Conclude il tempo pasquale celebrando la discesa dello Spirito santo, che non possiamo non “ricordare”. Per questo la Chiesa propone anche una celebrazione vigilare, con la possibilità di una proclamazione più abbondante della Parola di Dio. Parlo di “possibilità” perché così viene indicata nel Messale romano , mentre la Veglia pasquale è parte integrante del Triduo e, come già diceva sant’Agostino, è “come madre di tutte le sante veglie e nella quale tutto il mondo veglia!” (Discorso 219). Ciò però non significa che la veglia di Pentecoste non sia importante nella vita liturgica della comunità cristiana, anzi - insieme ovviamente alla Pasqua - la Pentecoste è la festa più importante dell’anno liturgico. Essa come alcune delle maggiori solennità cristiane trae origine dal retroterra in cui il cristianesimo si è sviluppato, ossia quello giudaico. Infatti “sette settimane” (cinquanta giorni) dopo la Pasqua gli ebrei celebravano e celebrano ancor oggi la festa delle Settimane, in origine festa della mietitura e dei primi frutti, cui si aggiunse più tardi il ricordo delgrande dono fatto da Dio al popolo ebraico, il dono della Torah sul monte Sinai. Luca negli Atti degli apostoli , al capitolo 2 racconta che cinquanta giorni dopo la resurrezione di Gesù, “mentre i discepoli erano riuniti nel compiersi del giorno di Pentecoste” (la festa ebraica, evidentemente), lo Spirito santo scese sul quel gruppo e li colmò di se stesso, ed essi cominciarono a parlare in lingue diverse così che tutti potevano comprenderli. In questa solennità si ricorda la discesa dello Spirito e quindi l’inizio, in forza di questa persona della Trinità, della testimonianza cristiana dapprima presso Gerusalemme e i territori limitrofi, per poi arrivare in tutti i territori dell’Impero romano, il mondo allora conosciuto. La discesa dello Spirito santo porta con sé la manifestazione piena della Trinità e rende il cristiano partecipe della comunione che lega Padre, Figlio e Spirito santo, “introducendo il mondo negli ‘ultimi tempi’, il tempo della Chiesa, il Regno già ereditato, ma non ancora compiuto” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 732). Già Tertulliano, vissuto tra il II e III secolo, ci parla di una festa cristiana in onore dello Spirito santo. Possiamo dunque comprendere tutta l’importanza di questa solennità e delle forme celebrative a essa connesse. Proprio la possibilità di celebrare questa festa non solo con la liturgia delle ore ed eucaristica propria della festa ma anche con una veglia propria, ci fa comprendere come la Pentecoste sia un “appuntamento” fondamentale dell’anno liturgico.  ]]>
logo rubrica domande sulla liturgia

Caro don Verzini, un amico impegnato in parrocchia mi ha invitato a partecipare alla Veglia di Pentecoste dicendo che è importante quanto la Veglia pasquale. Ma da quando? Non mi pare che se ne parli molto... M. R. - Perugia Certamente ci stiamo avvicinando a un appuntamento importante dell’anno liturgico. Conclude il tempo pasquale celebrando la discesa dello Spirito santo, che non possiamo non “ricordare”. Per questo la Chiesa propone anche una celebrazione vigilare, con la possibilità di una proclamazione più abbondante della Parola di Dio. Parlo di “possibilità” perché così viene indicata nel Messale romano , mentre la Veglia pasquale è parte integrante del Triduo e, come già diceva sant’Agostino, è “come madre di tutte le sante veglie e nella quale tutto il mondo veglia!” (Discorso 219). Ciò però non significa che la veglia di Pentecoste non sia importante nella vita liturgica della comunità cristiana, anzi - insieme ovviamente alla Pasqua - la Pentecoste è la festa più importante dell’anno liturgico. Essa come alcune delle maggiori solennità cristiane trae origine dal retroterra in cui il cristianesimo si è sviluppato, ossia quello giudaico. Infatti “sette settimane” (cinquanta giorni) dopo la Pasqua gli ebrei celebravano e celebrano ancor oggi la festa delle Settimane, in origine festa della mietitura e dei primi frutti, cui si aggiunse più tardi il ricordo delgrande dono fatto da Dio al popolo ebraico, il dono della Torah sul monte Sinai. Luca negli Atti degli apostoli , al capitolo 2 racconta che cinquanta giorni dopo la resurrezione di Gesù, “mentre i discepoli erano riuniti nel compiersi del giorno di Pentecoste” (la festa ebraica, evidentemente), lo Spirito santo scese sul quel gruppo e li colmò di se stesso, ed essi cominciarono a parlare in lingue diverse così che tutti potevano comprenderli. In questa solennità si ricorda la discesa dello Spirito e quindi l’inizio, in forza di questa persona della Trinità, della testimonianza cristiana dapprima presso Gerusalemme e i territori limitrofi, per poi arrivare in tutti i territori dell’Impero romano, il mondo allora conosciuto. La discesa dello Spirito santo porta con sé la manifestazione piena della Trinità e rende il cristiano partecipe della comunione che lega Padre, Figlio e Spirito santo, “introducendo il mondo negli ‘ultimi tempi’, il tempo della Chiesa, il Regno già ereditato, ma non ancora compiuto” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 732). Già Tertulliano, vissuto tra il II e III secolo, ci parla di una festa cristiana in onore dello Spirito santo. Possiamo dunque comprendere tutta l’importanza di questa solennità e delle forme celebrative a essa connesse. Proprio la possibilità di celebrare questa festa non solo con la liturgia delle ore ed eucaristica propria della festa ma anche con una veglia propria, ci fa comprendere come la Pentecoste sia un “appuntamento” fondamentale dell’anno liturgico.  ]]>
Lo Spirito Santo fa irruzione https://www.lavoce.it/lo-spirito-santo-fa-irruzione/ Tue, 10 May 2016 12:48:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=46179 AltareBibbiaDomenica di Pentecoste. Ogni anno a cinquanta giorni dalla Pasqua celebriamo la solennità di Pentecoste e il rischio è quello di viverla come cosa scontata, una celebrazione come un’altra. In realtà è notizia che sconvolge gli animi al pari della Pasqua. La Pasqua, un corpo risorto, un Dio che si fa uomo e vince la morte, comprese le nostre morti. La Pentecoste, i nostri spiriti smorti resi capaci di vivere per tutto l’arco della storia.
Giovanni questi due eventi li racconta avvenuti nella sera dello stesso giorno: la sera di Pasqua, apparendo agli apostoli, alitò su di loro, come brezza leggera, trasmissione di vita capace di vincere le loro paure; alitò: azione che evoca l’alitare dello Spirito sulle acque nella creazione, segno ora di nuovo alito di vita.
Luca invece pone la Pentecoste sul finire della pentecoste ebraica, celebrazione che ricorda la consegna della Legge data a Mosè sul Sinai, una alleanza di cui fare memoria ogni anno. I tempi tra Luca e Giovanni non coincidono, ma poco importa perché conta invece il senso dell’evento che ha scombinato tutte le remore degli apostoli, rinchiusi nel cenacolo, incapaci di reagire e di agire. Il dono promesso nell’ultima cena (vangelo) secondo Giovanni è frutto che scaturisce dalla vita del risorto; in Luca è il dono caduto dal cielo, con il fragore della teofania simile a quella sinaitica, è il sigillo di una alleanza che non è più memoria di quella, ma è nuova; compimento, ma nuova. Una nuova alleanza dove protagonista è lo Spirito stesso di Dio con la sua azione di Paraclito, di Consolatore.
Di fatto la teofania descritta da Luca è epifania della Chiesa, che trovandosi all’improvviso porte e finestre spalancate, non può fare altro che uscire e dare a tutti la Lieta Notizia. Il primo effetto di questa irruzione di Dio nello stile del Sinai è dissipare le paure, è far sentire pieno il fervore, grazie al battesimo di fuoco, e far uscire per parlare una lingua comprensibile per ogni uomo.
E’ Dio che parla la mia lingua, fa si che io oda e capisca l’unica lingua che viene da Lui, Gesù, Sposo e Verbo, Colui che rivela Dio all’uomo e rivela l’uomo all’uomo. Il miracolo delle lingue nel suo significato va oltre il miracolo stesso. vuol dire che l’annuncio del Kerigma è ora comprensibile in tutto il mondo, per ogni uomo di ogni tempo. Lo Spirito Santo ha abbattuto barriere, ha scritto la parola “fine” all’episodio di Babele, quando la competizione dell’uomo nei confronti di Dio aveva prodotto incomunica-
bilità, mentre ora l’amore di Dio, dimostrato in Cristo ed effuso con lo Spirito santo, ha riallacciato ponti ricreando comunione piena. Teofania dello Spirito, epifania della Chiesa, i segni sono evidenti, nonostante i limiti umani, se non altro per i tanti martiri disseminati nei secoli: colonne che sostengono, grazie all’azione del Paraclito e del Consolatore.
Come lo Spirito, la sera di Pentecoste, ha fatto si che popoli diversi udissero una unica lingua, creando comunione tra diversità, così nella coppia lo Spirito Santo, effuso nel sacramento delle nozze, permette lo stare insieme di due realtà diverse, il maschile e il femminile, create così ad immagine e somiglianza di Dio e pensate per essere una sola cosa, una sola realtà, una sola carne. Lo Spirito Santo crea comunione, abbatte muri, là dove il peccato, oltre che mettere in antitesi l’uomo a Dio, ha messo in antitesi Adamo ed Eva (è stata lei, è stato lui, è stato il serpente!), evidenziando nature difficili da far convivere.

Dio mette insieme e lo Spirito effonde il fuoco dell’amore affinché l’unione duri nel tempo.
Oggi ci piace fare anche un accostamento tra la casa/cenacolo della Chiesa incipiente e la casa di tutti i giorni di tutte le famiglie. Nel cenacolo i discepoli erano rinchiusi per paura, per eccesso di protezione ed anche per riflettere sugli ultimi avvenimenti, raccogliere le idee e riprendere la normalità.  Ma lo Spirito ha spalancato le sue porte, iniziando per la Chiesa una nuova era; nella casa ugualmente gli sposi vivono spesso il nascondimento, ma lo Spirito nel sacramento delle nozze li ha investiti del fuoco dell’amore per essere realtà nuova, per trasformare la loro vita tranquilla da pantofole in dinamismo che coinvolge altre coppie, altre famiglie, basta accogliere il suo fuoco, basta far si che le nostre case rimangano aperte.

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La solennità di san Lorenzo nelle parole dell’arcivescovo Bassetti https://www.lavoce.it/la-solennita-di-san-lorenzo-nelle-parole-dellarcivescovo-bassetti/ Thu, 13 Aug 2015 12:48:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42474 San Lorenzo
San Lorenzo

Nella solennità di san Lorenzo, primo diacono della Chiesa, santo cui è dedicata la cattedrale di Perugia, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, nella messa della vigilia ha ordinato sette diaconi permanenti provenienti da sette comunità parrocchiali: Francesco Buono e Gian Mauro Maggiurana da Tavernelle; Giovanni Brustenghi dal Castiglione della Valle; Lanfranco Cipolletti da Cerqueto di Marsciano; Francesco Germini da Pila; Aristide Bortolato da Pierantonio; Luigi Fioroni da San Barnaba in Perugia.
Il giorno dopo il Cardinale ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica delle ore 11.30 in cattedrale, concelebrata come ogni anno da una folta rappresentanza di sacerdoti provenienti dai cinque continenti che a Perugia studiano l’Italiano.

Qui di seguito il testo dell’omeliatenuta dal Cardinale nel giorno della solennità, il 10 agosto scorso:

All’inizio di questa celebrazione, m’è caro salutare le autorità di ogni genere e grado, e, soprattutto, i sacerdoti di altre nazionalità che, per motivi di studio, sono presenti nella nostra Diocesi e nella nostra città. Voi, carissimi presbiteri, rendete presente fra noi quella Chiesa della Pentecoste, nata 50 giorni dopo la Pasqua del Signore, che canta ed esprime le meraviglie dello Spirito. Perugia possa essere sempre nei vostri confronti Chiesa e città accoglienti.

Carissimi, festeggiare il Santo Patrono è come festeggiare un padre, un fratello, un amico – San Lorenzo è uno dei santi più venerati nella Chiesa: il suo culto è antichissimo.

Per la Chiesa è sempre tempo di martirio

L’immagine del diacono Lorenzo, con gli strumenti della sua passione, che oggi veneriamo, ci rimanda ai tempi lontani, in cui i cristiani venivano perseguitati e condannati ad atroci supplizi. Purtroppo per la Chiesa è sempre tempo di martirio. Più di quattromila sono i cristiani uccisi fra il 2013 e il 2014 per motivi legati alla loro fede. Sessantamila cristiani sono imprigionati nei campi di detenzione della Corea del Nord. Più di mille chiese sono state attaccate da estremisti dell’Islam. Più di cento sono i Paesi del mondo in cui si registra un crescente disprezzo per la libertà religiosa.

Secondo l’ultimo Dossier della Caritas, almeno cento milioni di cristiani sono perseguitati e lottano per la fede. L’intolleranza religiosa, come ben sapete, sta purtroppo crescendo. Non possiamo restare indifferenti dinanzi a questi fatti che scuotono la nostra coscienza di uomini e di cristiani e non possiamo non farci carico delle sofferenze di tanti fratelli e sorelle.

Affrontare insieme alle Istituzioni civili il fenomeno migratorio e dei profughi

Un altro fenomeno dei nostri giorni: il problema migratorio e quello dei profughi. Gente costretta a lasciare la propria terra e consegnarsi nelle mani di trafficanti senza scrupoli, che si servono di essi come di merce da trasporto. In poco più di sette mesi, in migliaia hanno trovato la loro tomba nel Mar Mediterraneo. Fra questi, tante donne e bambini. Il Santo Padre ha parlato chiaramente: “Respingere i migranti? Questa è guerra! Pensiamo a quei fratelli partiti dalla Birmania… sono cacciati da un Paese all’altro e vanno per mare… quando arrivano in un porto o su una spiaggia – sono parola di Papa Francesco – danno loro un po’ d’acqua e un po’ da mangiare e li ricacciano in mare! Questo, dice il Papa, è un conflitto non risolto, questa è guerra, questa si chiama violenza, si chiama uccidere…”.

Cari Fratelli e Sorelle, noi vogliamo essere Chiesa solidale e vogliamo esprimere secondo le nostre possibilità un’accoglienza generosa e concreta, impegnandoci come Caritas e con l’aiuto delle Istituzioni locali, che regolano i flussi dei migranti.

Siamo chiamati ad amare i fratelli, soprattutto i più poveri del mondo

San Lorenzo, nostro celeste patrono aiuti tutti noi a vivere e a consolidare la civiltà dell’amore costruita in due millenni di cristianesimo e fondata sul Vangelo. Essa, non è compito solo di pochi esperti e non riguarda solo gli addetti ai lavori, ma è un dovere di tutti, ognuno per la sua parte. Cresca nei nostri cuori il fuoco della carità che infiammò san Lorenzo, il quale, caduto in terra come un seme, ci dice oggi che la misura definitiva del nostro essere amati da Dio è soltanto quella  dell’amore verso i fratelli. Siamo chiamati ad amare i fratelli, soprattutto i più poveri del mondo, con quell’amore commovente e misterioso con cui ci ama Gesù. Amare per un cristiano significa dare vita, dare gioia, comunicare speranza.

La gente è stanca di attendere e di ascoltare tante promesse

Nell’omelia di ieri sera, durante l’ordinazione di sette diaconi, citavo le parole del Vangelo: “Gesù vedendo le folle che erano stanche ne sentì compassione”, sottolineando come anche oggi sia importante vedere le “folle stanche”.

Oggi il nostro popolo è stanco, spesso sfiduciato e demotivato… La gente è stanca di attendere e di ascoltare tante promesse, che spesso non vanno oltre le parole. I giovani sono stanchi, li vedo spesso depressi e umiliati, cercano un senso alto per la vita, un lavoro, e non hanno chi possa indicare loro la strada, chi possa essere da faro affinché la loro fragile imbarcazione arrivi sicura al porto dell’esistenza.

Sono stanche le coppie di sposi e sentiamo sempre più frequentemente di coppie che divorziano o si separano. Come vorrei che le giovani coppie potessero carpire la bellezza dell’amore sponsale e coniugale, dell’amore genitoriale e della fatica di essere padre e madre, non tanto perché si mette al mondo una vita, ma perché la si accompagna pazientemente, perché la si educa ascoltandola, formandola, fino a lasciare i figli liberi, liberi della libertà di Dio, capaci di scelte grandi, positive e belle.

Potessero davvero comprendere gli sposi cristiani che la loro primaria vocazione è quella di trasmettere l’icona del nome di Dio: Dio è amore e proprio la coppia uomo-donna, unita nel sacramento del matrimonio, rivela questa identità di Dio.

Un padre di cinquanta anni minacciato di sfratto è quel sacramento di Cristo che san Lorenzo aveva colto nei poveri

Sono trascorsi trentacinque anni dalla morte di Mons. Oscar Romero: oggi beato e martire della Chiesa. Otto giorni prima di morire ha concluso una sua omelia con queste parole: “Se vedessimo che è Cristo, l’uomo bisognoso, l’uomo torturato, l’uomo prigioniero, l’uomo ucciso, Lui in ogni persona umana calpestata così indegnamente lungo le nostre strade, vedremmo in questo Cristo calpestato una moneta d’oro che si raccoglie con cura e si bacia, né certo ci vergogneremmo di Lui”.

Un padre di cinquanta anni, con quattro figli, minacciato di sfratto, come mi è capitato di incontrare in questi giorni, non è forse anche lui sacramento di Cristo, segno della sua misteriosa presenza, proprio quel sacramento che Lorenzo aveva colto nei poveri? San Lorenzo, diacono, martire, nostro celeste patrono, aiutaci ad amare Cristo, i poveri e la Chiesa, che tu ha fecondato con il tuo sangue! Amen!

 

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In cammino, docili all’azione dello Spirito https://www.lavoce.it/in-cammino-docili-allazione-dello-spirito/ Thu, 28 May 2015 08:16:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34311 Veglia di Pentecoste nel duomo di Orvieto (foto di Maria Assunta Pioli)
Veglia di Pentecoste nel duomo di Orvieto (foto di Maria Assunta Pioli)

La solennità della Pentecoste 2015, nonostante le perturbazioni atmosferiche, è stata vissuta molto intensamente. In ogni Vicaria della diocesi è stata celebrata la Veglia e in alcune parrocchie la festa della cresima.

A Orvieto, centro della Vicaria di San Giuseppe, le celebrazioni hanno avuto luogo nella cattedrale.

La Veglia presieduta dal vescovo Benedetto Tuzia, concelebrata dai sacerdoti della Vicaria e animata dal coro di voci e chitarre, composto dai ragazzi appartenenti ai diversi movimenti e associazioni ecclesiali presenti nella Vicaria, ha segnato l’avvio dei festeggiamenti. La celebrazione ha avuto inizio dal fonte battesimale dove il Vescovo ha asperso i presenti con l’acqua del battesimo. La liturgia della Parola ha preceduto, poi, l’intronizzazione dell’icona della Pentecoste, presente in ogni Vicaria, accompagnata da sette lampade, una per ogni dono dello Spirito santo.

Veglia di Pentecoste a Casteltodino
Veglia di Pentecoste a Casteltodino

Mons. Tuzia, durante l’omelia, ha detto che tutti noi siamo chiamati a essere “docili all’azione dello Spirito”, e a lasciarcene plasmare per essere veri testimoni; ad “alzarci e metterci in cammino”. “Alzati e mettiti in cammino” è proprio il titolo del documento – frutto della sintesi dell’Assemblea diocesana svoltasi a Collevalenza lo scorso 21 settembre – consegnato, in occasione delle Veglie, dal Vescovo e dai Vicari foranei ai laici, quale proposta per crescere nella fede e nel servizio ai fratelli, per dare azione concreta alle parole con cui Papa Francesco ci esorta a essere una Chiesa in uscita, testimoni di fede nella vita di tutti i giorni, arrivando con coraggio anche laddove ci sembra impossibile.

Al termine, dal Cero pasquale, tramite il Vescovo e i sacerdoti, la luce di Cristo è stata propagata a tutta l’assemblea. Ogni fedele presente è stato invitato a portarla per le strade della propria vita, perché in Cristo dobbiamo camminare in novità di vita: la vita buona del Vangelo.

Essere testimoni è anche il compito affidato ai 27 ragazzi delle parrocchie della città di Orvieto, che l’indomani, domenica 24 maggio, hanno ricevuto il sacramento della confermazione. Mons. Vescovo si è complimentato con loro per l’attenzione e la partecipazione durante la celebrazione e per il forte “eccomi” pronunciato nella risposta alla chiamata a essere confermati fratelli in Cristo. Visibile l’emozione dei genitori e delle catechiste che li hanno accompagnati in questo percorso. Il coraggio della fede, spesso, è proprio quello di “metterci la faccia” e, attraverso i doni dello Spirito, agire in prima persona nella preghiera, nella riflessione, nell’ascolto e nell’azione umana in favore dei più deboli.

La discesa della “palombella” ha suggellato la conclusione delle celebrazioni. La piccola colomba bianca dalla chiesa di San Francesco è discesa verso il Cenacolo posto sul sagrato della cattedrale, di fronte agli occhi di migliaia di persone presenti in piazza, ed è stata donata a Michele e Silvia , due giovani orvietani che il 30 maggio convoleranno a nozze e proprio per quel giorno hanno deciso di liberarla in volo.

 

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La vera ricchezza della Chiesa https://www.lavoce.it/la-vera-ricchezza-della-chiesa/ Wed, 27 May 2015 13:46:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34282 L'albero dei carismi durante la veglia di Pentecoste
L’albero dei carismi durante la veglia di Pentecoste

La benedizione del fuoco e le sette lampade simboleggianti i doni dello Spirito, portate all’altare dai religiosi e religiosi delle famiglie presenti in diocesi: un segno di comunione nella Veglia di Pentecoste, che ha unito in un incontro di partecipata preghiera i gruppi, associazioni e movimenti della diocesi.

“La Pentecoste – ha detto il vescovo Piemontese – è il compimento della nostra esperienza del Signore risorto, che ci accompagna nella missione e nella testimonianza in tutta la nostra vita.

È la realtà della Chiesa arricchita di doni e carismi vari, che ammiriamo nei volti dei nostri fratelli, ognuno dei quali, diverso dagli altri, manifesta un aspetto particolare dello Spirito santo.

In questa Veglia siamo invitati a compiere questa esperienza nella nostra Chiesa particolare che, come quella universale, è comunione e missione.

Espressioni che identificano la nostra realtà, che vogliono essere la prospettiva nella quale intendiamo muoverci come Chiesa, riprendere il nostro cammino, intensificando la comunione tra carismi diversi, tra doni: della vita consacrata, gruppi, movimenti, associazioni, particolari cammini di spiritualità, tutti verso il Signore per abbracciare il Signore ispirati, illuminati e accompagnati dallo Spirito santo. E tutti pronti per la missione di annunciare il Vangelo ai nostri giorni e alle nostre comunità”.

La Veglia ha unito le diverse realtà ecclesiali che hanno simbolicamente appeso a un albero spoglio le “foglie” dei loro carismi per dare linfa nuova alla Chiesa, nella quale essenziale è l’apporto dei laici. “Nelle scelte pastorali – per citare Papa Francesco – la sensibilità ecclesiale (che è appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo: di umiltà, compassione, misericordia, concretezza, saggezza) si esplica nel rinforzare l’indispensabile ruolo dei laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono. Laici che non dovrebbero avere bisogno del vescovo-pilota o di input clericali per assumersi le loro responsabilità come battezzati”.

Nella Veglia si è pregato anche per i cristiani perseguitati perché – ha concluso il Vescovo – con l’aiuto dello Spirito “vivano la testimonianza senza la paura costante di essere uccisi”; perché lo Spirito “converta il cuore di tanti persecutori; perché ispiri nella Chiesa carismi generosi che si dedichino a costruire la comunione che impegnino nella missione. Perché tutti possiamo essere felici di essere cristiani”.

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Una Veglia di Pentecoste dal forte significato ecumenico https://www.lavoce.it/una-veglia-di-pentecoste-dal-forte-significato-ecumenico/ Tue, 26 May 2015 12:23:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34096 La cattedrale di s. lorenzo durante la veglia di pentecoste
La cattedrale di s. lorenzo durante la veglia di pentecoste

“La notte di Pentecoste, dopo quella di Pasqua, è la più importante di tutto l’Anno liturgico, perché in questa notte ricordiamo la discesa dello Spirito Santo, che è già presente nel mondo e nella storia degli uomini ancor prima di Gesù. Soprattutto dopo la morte e la risurrezione del Figlio di Dio, lo Spirito Santo è il grande protagonista della storia della Chiesa e dell’umanità. Ogni volta che noi l’invochiamo, anche nella nostra preghiera personale e non soltanto in questo momento così solenne della notte di Pentecoste o della celebrazione del sacramento della Cresima, lo Spirito discende su di noi e ci dà quella forza per vivere da figli di Dio; ci dà quella capacità di rispettare in noi stessi e negli altri la dignità dei figli di Dio”.

Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti all’inizio dell’omelia della Veglia di Pentecoste in una gremita cattedrale di San Lorenzo in Perugia, sabato 23 maggio. La Veglia, per intenzione di papa Francesco, è stata dedicata al ricordo dei cristiani martiri nel mondo.

“Questa notte celebriamo anche il ricordo di tanti fratelli martiri di tutte le confessioni cristiane, perché quando ti uccidono – ha commentato il cardinale – non ti domandano se sei cattolico, ortodosso, copto, protestante, … Non gli importa niente, ti uccidono perché sei di Cristo. Ma questo è anche il momento della nostra forza, come dice Gesù, perché sarà proprio in quel momento che, anche se vi dovesse capitare il martirio, voi mi darete la vostra testimonianza e potranno anche uccidere il vostro corpo, ma nessuno può fare qualche cosa contro di voi perché voi siete di Cristo”.

“Mi torna sempre in mente – ha proseguito il porporato – l’episodio di una mamma irachena di famiglia cristiana, che le avevano ucciso un figlio. La donna, rispondendo alla domanda di un altro figlio –  ‘che cosa faresti se incontrassi per strada colui che ha ucciso mio fratello?’ -, disse: ‘lo lo perdonerei, perché l’ho già perdonato e poi l’inviterei in casa e gli direi: tu hai creduto di farci del male, ma di fatto tu hai aiutato mio figlio ad andare in Paradiso’. Questa è la fede dei cristiani, questa è la testimonianza dei cristiani, questa è la forza dei cristiani che viene dallo Spirito”.

“Per chi crede nello Spirito Santo – ha evidenziato il cardinale – non esistono mai situazioni senza ritorno, perché lo Spirito alimenta in noi la speranza e in questo senso il cristiano è sempre ottimista. Come dicevo prima, ti potranno anche togliere la vita, ma non ti toglieranno mai la parte più vera, più profonda di te stesso, che è la tua coscienza, il tuo spirito, la tua capacità di amare e di donarti”.

La giovane cristiana palestinese che ha portato la sua testimonianza in cattedrale
La giovane cristiana palestinese che ha portato la sua testimonianza in cattedrale

E’ stata una Veglia di preghiera, promossa dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, che ha visto anche la toccante testimonianza di una giovane universitaria “cristiana palestinese araba”. Così si è definita Eliana di Betlemme, che studia Economia aziendale a Perugia, nel prendere la parola al termine della Veglia di Pentecoste, durante la quale il cardinale Bassetti ha impartito il sacramento della Cresima a diciannove adulti, tra i quali diversi giovani universitari che ha conosciuto personalmente anche attraverso alcune loro lettere.

 “La nostra unica  ‘arma’ è la preghiera”

Eliana ha raccontato la sua storia, quella di tanti cristiani di Terra Santa che ogni giorno che riescono a trascorrere con non poche privazioni e sofferenze ringraziano il Signore. È proprio la fede che li sostiene nella vita quotidiana, aiutandoli a proteggere i luoghi Santi e a non abbandonarli.

Ha parlato del costante esodo dei cristiani dalla Palestina, dove oggi sono appena l’uno per cento della popolazione, perché vittime di una guerra infinita tra palestinesi e israeliani. Ma lei, una volta terminati gli studi, ritornerà in Palestina perché prova dolore al pensiero che un giorno nessuno resterà a proteggere i luoghi in cui nacque Gesù, anche se è duro viverci. Il muro, costruito dagli israeliani, impedisce anche ai cristiani di muoversi liberamente da una località all’altra. Ad esempio, Eliana non può andare a pregare a Gerusalemme o a Nazareth e questo le fa molto male, ma non si dispera perché ha fede, una fede che ha vissuto fin da piccola.

La giovane palestinese ha chiesto “tante preghiere per i cristiani che soffrono in Terra Santa e in tutto il mondo. La nostra unica ‘arma’ – ha detto con voce commossa – è la preghiera. Ci possono togliere la libertà, ma non la fede”. Ha anche ricordato quanto i cristiani di Terra Santa sono impegnati per costruire la pace, ma, essendo una piccola minoranza, non hanno voce. Al riguardo, ha fatto un appello: “state vicino ai cristiani che soffrono, perché oggi gridano e hanno bisogno del vostro ascolto. Noi cristiani dobbiamo essere uniti, perché un domani altri fratelli possono trovarsi nella nostra situazione”.

 Cinquanta lumini in segno di “Solidarietà con i cristiani perseguitati nel mondo”

La Veglia di Pentecoste in San Lorenzo ha avuto un forte significato ecumenico nel pregare per tutti i cristiani perseguitati, vissuta con la comunità ortodossa romena e recitando il Padre Nostro anche in arabo. Si è poi conclusa con l’accensione di cinquanta lumini, quanti sono i Paesi dove i cristiani soffrono e sono in pericolo di vita per la loro fede, collocati all’esterno della cattedrale sotto un lungo striscione bianco con scritto in rosso: “Solidarietà con i cristiani perseguitati nel mondo”.

 

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Sette spose per sette diaconi https://www.lavoce.it/sette-spose-per-sette-diaconi/ Tue, 26 May 2015 08:31:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34037 Un momento della celebrazione
Un momento della celebrazione

Domenica 24 maggio, ore 19.27: proprio a quest’ora mons. Domenico Cancian ha terminato l’antico rito dell’imposizione delle mani e ha ordinato diaconi sette uomini sposati che saranno a servizio della diocesi.

Salvatore Bartolucci, Lucio Crispoltoni, Giorgio Fiorucci, Ulderico Manoni, Giuseppe Meozzi, Urbano Salvi e Marco Zangarelli hanno ricevuto il ministero ordinato per svolgere il servizio della carità.

La cattedrale, addobbata con i colori della Pentecoste e gremita di persone giunte dalle sette parrocchie di provenienza dei neo-ordinati, ha fatto da cornice alla liturgia.

La presentazione è stata fatta da don Livio Tacchini che ha curato per sei anni la formazione dei candidati. La moglie di ognuno di loro – “consorte”, cioè compagna anche in questa scelta – ha descritto con poche parole le qualità “diaconali” del marito.

Poi li hanno aiutati a “rivestire” il sacramento del matrimonio con gli abiti del diacono. Hanno presentato uomini di preghiera, uomini che lavorano, uomini che stanno vivendo il servizio presso la Caritas, uomini che stanno a servizio dei bambini, uomini che stanno “dietro” piuttosto che “in prima fila”; queste le qualità dei sette diaconi. Sette, proprio come i primi diaconi istituiti dagli apostoli per il servizio delle mense.

I loro nomi sono stati invocati durante il canto delle litanie dei santi. Mons. Cancian ha ricordato l’evento impetuoso della Pentecoste e ha voluto commentarne i segni. Un “vento impetuoso” scuote la casa dove gli apostoli erano a porte chiuse. Erano statici e pigri, ma lo Spirito li ha scossi e messi tutti in movimento.

Lingue di fuoco si posano su ciascuno di loro. L’amore di Dio penetra e trasforma i loro cuori: tutti i presenti capiscono le loro parole, ma soprattutto tra di loro si dicono cose che contano davvero. Il Vescovo ha quindi esortato i nuovi diaconi a essere prima di tutto uomini di Dio, capaci di vivere secondo lo Spirito che ama, trasforma e rinnova continuamente il mondo e la Chiesa.

Mons. Cancian, i diaconi e le spose
Mons. Cancian, i diaconi e le spose

Il diacono ci ricorda che siamo tutti chiamati a servire, proprio come ha fatto Gesù. Il campo è sterminato: il Vangelo, i poveri, la Chiesa.

Li ha invitati inoltre a essere umili servitori della Chiesa dovunque essi saranno inviati. Infine ha raccomandato di essere servitori della comunione.

Lo splendore della liturgia è stato arricchito dai canti dei cori parrocchiali da dove provengono i nuovi diaconi: Cerbara, Lerchi, Madonna delle Grazie, Citerna, Santa Veronica “La Tina”, Promano, Trestina.

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Vieni, spirito di pace! https://www.lavoce.it/un-legame-forte/ Thu, 21 May 2015 10:29:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=33807 Kalkar-pentecosteA tutte le comunità cattoliche – non solo italiane – la Presidenza della Cei propone di dedicare la Veglia di Pentecoste (23 maggio) ai martiri contemporanei, alla tragedia di tanti cristiani e tante persone i cui diritti fondamentali alla vita e alla libertà religiosa vengono sistematicamente violati.

“Esiste un legame forte – afferma il testo, citando Papa Bergoglio – che già ci unisce, al di là di ogni divisione: è la testimonianza dei cristiani appartenenti a Chiese e tradizioni diverse, vittime di persecuzioni e violenze solo a causa della fede che professano… Questa situazione – prosegue la Cei – ci interroga profondamente e deve spingerci a unirci, in Italia e nel mondo, in un grande gesto di preghiera a Dio e di vicinanza con questi nostri fratelli e sorelle. Imploriamo il Signore, inchiniamoci davanti al martirio di persone innocenti, rompiamo il muro dell’indifferenza e del cinismo, lontano da ogni strumentalizzazione ideologica o confessionale”.

Da qui appunto “la proposta di dedicare, in Italia e in tutte le comunità del mondo che vorranno aderire, la prossima Veglia di Pentecoste ai martiri nostri contemporanei. A questo scopo si sta inoltre lavorando a un progetto di diffusione – attraverso i social media – di testimonianze e storie, dai diversi Paesi: racconti di fede e di amore estremo, eventi di condivisione, fatti di carità. Sono moltissimi i cristiani e gli uomini di ogni confessione capaci di testimoniare l’amore a prezzo della vita. Tale testimonianza non può passare sotto silenzio, perché costituisce per tutti una ragione di incoraggiamento al bene e di resistenza al male”.

Corea-cristianiIl Vaticano e le Chiese cattoliche d’Europa – tramite il loro organismo Ccee – a loro volta hanno esortato l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) “ad agire in modo chiaro” contro l’intolleranza e i “crimini d’odio” verso i cristiani, e a proteggerli nei loro territori, giacché in alcune regioni essi subiscono persecuzioni per le quali “si potrebbe anche parlare di tendenze genocide”.

Dalla conferenza sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani promossa il 18 maggio a Vienna dall’Osce è infatti emersa “l’importanza di rafforzare gli sforzi per prevenire e combattere l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani nella regione, concentrandosi sui crimini ispirati dall’odio, l’esclusione, l’emarginazione e la negazione dei diritti”.

“Con l’aumento dell’intolleranza religiosa nel mondo”, ha affermato la delegazione della Santa Sede, “i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato e discriminato a livello globale. In alcune regioni, tra cui quelle alle porte della regione Osce, si potrebbe anche parlare di tendenze genocide in queste persecuzioni”. Anche dove ai cristiani “sono risparmiate simili atrocità… viene spesso ricordato loro nel discorso pubblico, o anche nei tribunali, che possono credere ciò che vogliono in privato, e celebrare il loro culto come vogliono nelle loro chiese, ma semplicemente non possono agire a partire da quelle credenze in pubblico”. Ma “negare un posto nella sfera pubblica ad argomenti morali religiosamente informati è intollerante, anti-democratico e anti-religioso”.

Per rendersi conto della gravità della situazione a livello mondiale, basta sfogliare la annuale World Watch List dedicata al fenomeno. Il testo stila un elenco di 50 Paesi in base al grado di persecuzione che i cristiani affrontano per il solo fatto di confessare e praticare la propria fede. La List è compilata da esperti di “Porte aperte”. Le analisi si basano soprattutto sul grado di libertà dei cristiani nel vivere apertamente la fede in 5 sfere della vita quotidiana: nel privato, in famiglia, nella comunità in cui risiedono, nella chiesa che frequentano e nella vita pubblica della nazione; una sesta area misura l’eventuale grado di violenze subìte.

 

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Vieni, santo Spirito, e svegliaci https://www.lavoce.it/commento-al-vangelo-21/ Thu, 05 Jun 2014 17:05:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25254 Con questa domenica si conclude il tempo pasquale, un lungo periodo che il Signore e la Chiesa ci hanno concesso per “abituarci” all’idea della Resurrezione e convertire i nostri cuori alla gioia vera. Oggi questo tempo trova il suo compimento ideale, permettendoci di incontrare lo Spirito santo, la Persona della Trinità che è forse la più sconosciuta. Gli Atti degli apostoli ce lo descrivono con tante immagini, utilizzando i simboli classici dell’azione di Dio: il vento, il terremoto e il fuoco. Eppure fatichiamo non poco a immaginarcelo e a sentirlo come una presenza fondamentale del nostro cammino di fede.
Lo colleghiamo quasi sempre e solo alla Pentecoste, e ce lo siamo sentiti spiegare un po’ più approfondita- mente in occasione della cresima, quando il nostro cuore e la nostra mente di adolescenti non erano del tutto pronti a comprenderlo. Ciononostante, lo Spirito è sempre lì dal giorno del nostro battesimo, pronto a farsi Avvocato difensore, Consolatore e, non ultimo, Ospite dolce della nostra anima.
Allora, come gli apostoli, anche noi abbiamo bisogno urgente di essere scossi dallo Spirito, plasmati da Lui, perché – come ci ricorda la seconda lettura – solo in forza dello Spirito possiamo dire: “Gesù è Signore”, Signore della nostra vita, del nostro tempo, delle nostre famiglie e delle nostre comunità.

Lo Spirito, presenza dolce e discreta, riesce infatti a scuoterci dalla nostra sonnolenza e a rinvigorire la nostra passione per il Cristo. Quando ci sentiamo lontani da Gesù, incapaci di vivere il suo progetto d’amore nella nostra vita, invochiamo lo Spirito, e Lui ravviverà la nostra fede.
Ogni cuore triste e ferito troverà in Lui consolazione. Ogni famiglia affaticata e provata troverà in Lui riposo. Ogni comunità che non trova più il senso del proprio agire, troverà in Lui la Luce che riorienta il cammino. Perché lo Spirito è datore dei doni, come ci dice la “sequenza” che pregheremo domenica. Doni che prima di tutto indicano a ogni vita la via dell’amore e della comunione. In questo senso, la Pentecoste è la festa della Chiesa, una Chiesa ricolma di carismi che devono essere vissuti nell’unità.

Non a caso, nella lettura dagli Atti degli apostoli, la discesa dello Spirito è narrata con l’aggiunta di un simbolo. Il racconto di Luca dice infatti che si posarono su ciascuno dei discepoli lingue di fuoco, e che da quel momento ognuno li sentiva parlare nella sua lingua. Lo Spirito santo ci viene raccontato come “l’anti-Babele” per eccellenza: quella manifestazione di Dio che conduce a comprendersi, a capirsi e a fare comunione. Nell’antico racconto della Genesi (11,1-9) osserviamo la testardaggine degli uomini che pensano di poter raggiungere Dio solo con le proprie forze e non per Suo dono. È la tentazione di bastare a se stessi che scuote l’uomo di ogni tempo, e che conduce solo alla confusione e alla divisione.
Per gli uomini che invocano lo Spirito c’è invece la promessa e la certezza di una riunificazione capace di sanare – se Glielo permettiamo – ogni rottura, nella famiglia, nella comunità, nella sua Chiesa.

Lo Spirito che allora trasformò uomini chiusi nelle proprie paure in testimoni fedeli, può fare lo stesso per noi oggi, se ci crediamo. Ci apre a noi stessi, a chi ci sta accanto, e anche alla missione. Così il Vangelo di Giovanni ci dice non solo che lo Spirito dona agli apostoli il senso della loro comunità e del loro agire, ma anche la possibilità di rimettere i peccati. Il perdono è dunque dono del Padre, attraverso il Figlio, per opera dello Spirito.

È questa la festa di Pentecoste. Festa di una chiamata rinvigorita e sostenuta. Festa di una missione ritrovata. Festa dell’amore tenero e misericordioso di Dio che “tutto scusa, tutto sopporta e tutto perdona”. Non abbiamo più paura, dunque; e con la gioia e la pace del Cristo nel cuore, invochiamo ancora una volta sulle nostre vite, sulle nostre famiglie e sulle nostre comunità: “Vieni, Santo Spirito”.

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