parlamento Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/parlamento/ Settimanale di informazione regionale Wed, 04 Sep 2024 17:44:02 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg parlamento Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/parlamento/ 32 32 Ius scholae: parliamone! https://www.lavoce.it/ius-scholae-parliamone/ https://www.lavoce.it/ius-scholae-parliamone/#respond Wed, 04 Sep 2024 17:44:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77450 La facciata dall'alto di palazzo Chigi, sede del Governo italiano, in primo piano l'antica colonna romana di Marco Aurelio

È difficile fare previsioni sull’esito che avrà effettivamente il dibattito intorno alla nuova legge sulla cittadinanza, e se la via dello ius scholae – su cui peraltro anche i sondaggi registrano notevoli consensi – troverà finalmente una concretizzazione normativa. I precedenti non sono incoraggianti, come dimostra il fatto che sostanzialmente la legge di riferimento è ancora quella del 1992, nonostante i profondi cambiamenti che hanno investito la realtà del fenomeno migratorio nel nostro Paese, e nonostante la consapevolezza sempre più diffusa che l’apporto dei “nuovi italiani” è e sarà sempre più decisivo per gli equilibri demografici ed economici.

Qualcosa però sembra essersi davvero messo in movimento. A far ripartire il percorso della riforma è stata l’apertura di Forza Italia, che ha disincagliato il dibattito dalle secche di un’interpretazione angusta e miope dei vincoli di maggioranza. Il premierato come nuovo assetto istituzionale è di là da venire, al di là degli annunci che sottolineano enfaticamente ogni passaggio anche meramente formale; ma, di fatto, le dinamiche di un ‘maggioritario spinto’ che finisce per limitare fortemente le prerogative del Parlamento sono già pienamente operanti.

Il tema annoso dell’overdose di decreti legge sta lì a documentarlo. Le stesse riforme costituzionali sono diventate un affare di maggioranza (ma sotto questo profilo anche il centrosinistra ha i suoi peccati da farsi perdonare…), impacchettate in un accordo che prevede un capitolo per ciascuno dei partiti che formano la coalizione di governo: premierato, autonomia differenziata, separazione delle carriere dei magistrati.

Nessuno nega all’Esecutivo di turno il diritto di portare avanti il proprio programma con il sostegno dei gruppi parlamentari usciti dalle elezioni. Ma le Camere non possono essere ridotte a cinghia di trasmissione delle iniziative del Governo. “Organo della rappresentanza politica”, “centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione”: così la Corte costituzionale definisce il Parlamento. Esso è il luogo in cui si rispecchia il pluralismo politico e culturale del Paese, e questa identità non può essere cancellata dai meccanismi che pur legittimamente vengono adottati per garantire la governabilità. Sarebbe davvero un bel segnale se, su un tema di così grande rilevanza sociale e civile come la cittadinanza, la discussione e il voto delle Camere potessero svilupparsi con libertà e senso di responsabilità.

Certo, non solo la maggioranza dovrebbe rinunciare a rinchiudersi nelle mura dell’Esecutivo, ma anche le opposizioni dovrebbero evitare di cavalcare la questione per mettere in difficoltà il Governo.

Mettere da parte contrapposizioni ideologiche, “ma non gli ideali, la conoscenza, la passione”, per dirla con il cardinale Zuppi. A giudicare da come è stato strumentalizzato dalla Lega perfino l’omicidio di Sharon Verzeni, non è facile essere ottimisti, ma il tentativo va condotto fino in fondo.

Stefano De Martis]]>
La facciata dall'alto di palazzo Chigi, sede del Governo italiano, in primo piano l'antica colonna romana di Marco Aurelio

È difficile fare previsioni sull’esito che avrà effettivamente il dibattito intorno alla nuova legge sulla cittadinanza, e se la via dello ius scholae – su cui peraltro anche i sondaggi registrano notevoli consensi – troverà finalmente una concretizzazione normativa. I precedenti non sono incoraggianti, come dimostra il fatto che sostanzialmente la legge di riferimento è ancora quella del 1992, nonostante i profondi cambiamenti che hanno investito la realtà del fenomeno migratorio nel nostro Paese, e nonostante la consapevolezza sempre più diffusa che l’apporto dei “nuovi italiani” è e sarà sempre più decisivo per gli equilibri demografici ed economici.

Qualcosa però sembra essersi davvero messo in movimento. A far ripartire il percorso della riforma è stata l’apertura di Forza Italia, che ha disincagliato il dibattito dalle secche di un’interpretazione angusta e miope dei vincoli di maggioranza. Il premierato come nuovo assetto istituzionale è di là da venire, al di là degli annunci che sottolineano enfaticamente ogni passaggio anche meramente formale; ma, di fatto, le dinamiche di un ‘maggioritario spinto’ che finisce per limitare fortemente le prerogative del Parlamento sono già pienamente operanti.

Il tema annoso dell’overdose di decreti legge sta lì a documentarlo. Le stesse riforme costituzionali sono diventate un affare di maggioranza (ma sotto questo profilo anche il centrosinistra ha i suoi peccati da farsi perdonare…), impacchettate in un accordo che prevede un capitolo per ciascuno dei partiti che formano la coalizione di governo: premierato, autonomia differenziata, separazione delle carriere dei magistrati.

Nessuno nega all’Esecutivo di turno il diritto di portare avanti il proprio programma con il sostegno dei gruppi parlamentari usciti dalle elezioni. Ma le Camere non possono essere ridotte a cinghia di trasmissione delle iniziative del Governo. “Organo della rappresentanza politica”, “centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione”: così la Corte costituzionale definisce il Parlamento. Esso è il luogo in cui si rispecchia il pluralismo politico e culturale del Paese, e questa identità non può essere cancellata dai meccanismi che pur legittimamente vengono adottati per garantire la governabilità. Sarebbe davvero un bel segnale se, su un tema di così grande rilevanza sociale e civile come la cittadinanza, la discussione e il voto delle Camere potessero svilupparsi con libertà e senso di responsabilità.

Certo, non solo la maggioranza dovrebbe rinunciare a rinchiudersi nelle mura dell’Esecutivo, ma anche le opposizioni dovrebbero evitare di cavalcare la questione per mettere in difficoltà il Governo.

Mettere da parte contrapposizioni ideologiche, “ma non gli ideali, la conoscenza, la passione”, per dirla con il cardinale Zuppi. A giudicare da come è stato strumentalizzato dalla Lega perfino l’omicidio di Sharon Verzeni, non è facile essere ottimisti, ma il tentativo va condotto fino in fondo.

Stefano De Martis]]>
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Amministrative: comincia a salire la febbre elettorale https://www.lavoce.it/amministrative-europee-comincia-salire-febbre-elettorale/ https://www.lavoce.it/amministrative-europee-comincia-salire-febbre-elettorale/#respond Thu, 01 Feb 2024 18:21:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74763 Un uomo e una donna rovesciano un'urna elettorale sul tavolo con dentro schede elettorali

Le pagine dei giornali locali e gli altri media regionali ormai da settimane si sono popolati di dibattiti e “schermaglie” politiche e amministrative. Segno che la “febbre” dei borsini elettorali comincia a salire, in vista delle prossime elezioni amministrative per il rinnovo di buona parte delle amministrazioni comunali umbre e, in autunno, anche del Consiglio e della Presidenza regionali.

In Umbria si vota l'8 e il 9 giugno

In base a quanto deciso dal Consiglio dei ministri in questi ultimi giorni, dunque, anche in Umbria si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno, nell’election day che accorperà le consultazioni amministrative e quelle per il rinnovo dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, oltre alle regionali del Piemonte.

Dove si voterà per le amministrative

Nella nostra regione sono 60 sul totale di 92 (quindi oltre il 65 per cento) - i Comuni chiamati al rinnovo di Sindaco e Consiglio comunale. Si voterà nel capoluogo regionale, cioè a Perugia (162.362 abitanti secondo il Censimento Istat del 2021) dove Andrea Romizi è al termine del secondo mandato da primo cittadino e il centro-destra cerca di rimanere compatto al governo cittadino.

Comuni con popolazione sopra i 15mila abitanti

E si vota anche in altri sei comuni umbri con popolazione superiore alla soglia dei 15mila abitanti. Si tratta di Bastia Umbra, 21.256 abitanti e Paola Lungarotti (centrodestra) come sindaca uscente disponibile a ricandidarsi; Castiglione del Lago, 15.193 abitanti e Matteo Burico (centro-sinistra) uscente e già ricandidato nei mesi scorsi dal Pd; Foligno, 55.503 abitanti e Stefano Zuccarini (centrodestra) uscente e con certezza di ricandidatura; Gubbio, 30.650 abitanti e Filippo Mario Stirati (centro-sinistra) alla fine del secondo mandato, con tante voci ma poche certezze sulle candidature nei vari schieramenti; Marsciano, 18.038 abitanti e Francesca Mele (centro-destra) come sindaca uscente e anche ricandidata per il secondo mandato; Orvieto, in provincia di Terni, con 19.689 abitanti e Roberta Tardani in cerca del “bis” con il centro-destra che sembra compatto sul suo nome.

Gli altri comuni con popolazione sotto i 15mila abitanti

Oltre ai sette comuni più grandi della regione, dove si voterà con il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (eventuali turni di ballottaggio fissati per il 22 e 23 giugno), andranno alle urne anche 53 comuni con popolazione sotto ai 15mila abitanti, quindi con la proclamazione del Sindaco direttamente dopo il primo turno. Tra questi, c’è la curiosità del sistema elettorale nel comune di Gualdo Tadino: nel Censimento del 2021 gli abitanti sono scesi sotto quota 15mila (14.313 per la precisione) e quindi il primo cittadino sarà proclamato dopo il primo fine-settimana elettorale. Il sindaco uscente Massimiliano Presciutti (centrosinistra) per altro si è dichiarato disponibile a un terzo mandato reso possibile per decreto dal Consiglio dei ministri.

In Umbria, oltre a Gualdo Tadino il Sindaco potrà ricandidarsi anche a Magione (ma Giacomo Chiodini del Pd ha già detto che non si ripresenta), a San Giustino (anche Paolo Fratini sembra intenzionato a tornare alla sua occupazione fuori dall’amministrazione locale), mentre Spello e Panicale, rispettivamente, Moreno Landrini e Giulio Cherubini potrebbero ricandidarsi per il terzo mandato. Le ultime disposizioni del Governo lanciano - almeno in linea teorica - anche la figura del “sindaco a vita”, visto che nei Comuni con meno di 5mila abitanti non ci sono limiti ai mandati.

Fissate per l’8 e 9 giugno le date di amministrative ed europee

Il Consiglio dei ministri ha fissato le date delle prossime elezioni per l’8 e il 9 giugno. Per la terza volta si andrà, quindi, al voto di sabato come già accaduto nel 2004 e nel 2009 quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Saranno 3.701 i comuni alle urne, per un totale di quasi 17 milioni di votanti. Tra queste città ci sono 27 capoluoghi di provincia e sei anche di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Nel corso del 2024 poi si eleggerà il presidente in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Si parte con la Sardegna, il prossimo 25 febbraio. Il 10 marzo toccherà all’Abruzzo, mentre il Piemonte sceglie l’accorpamento con le amministrative e le europee di giugno. L’ultima regione ad andare alle urne, in ordine di tempo, sarà l’Umbria, in autunno, mentre è ancora attesa la decisione della Basilicata che potrebbe però arrivare nei prossimi giorni e forse sarà in aprile.
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Un uomo e una donna rovesciano un'urna elettorale sul tavolo con dentro schede elettorali

Le pagine dei giornali locali e gli altri media regionali ormai da settimane si sono popolati di dibattiti e “schermaglie” politiche e amministrative. Segno che la “febbre” dei borsini elettorali comincia a salire, in vista delle prossime elezioni amministrative per il rinnovo di buona parte delle amministrazioni comunali umbre e, in autunno, anche del Consiglio e della Presidenza regionali.

In Umbria si vota l'8 e il 9 giugno

In base a quanto deciso dal Consiglio dei ministri in questi ultimi giorni, dunque, anche in Umbria si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno, nell’election day che accorperà le consultazioni amministrative e quelle per il rinnovo dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, oltre alle regionali del Piemonte.

Dove si voterà per le amministrative

Nella nostra regione sono 60 sul totale di 92 (quindi oltre il 65 per cento) - i Comuni chiamati al rinnovo di Sindaco e Consiglio comunale. Si voterà nel capoluogo regionale, cioè a Perugia (162.362 abitanti secondo il Censimento Istat del 2021) dove Andrea Romizi è al termine del secondo mandato da primo cittadino e il centro-destra cerca di rimanere compatto al governo cittadino.

Comuni con popolazione sopra i 15mila abitanti

E si vota anche in altri sei comuni umbri con popolazione superiore alla soglia dei 15mila abitanti. Si tratta di Bastia Umbra, 21.256 abitanti e Paola Lungarotti (centrodestra) come sindaca uscente disponibile a ricandidarsi; Castiglione del Lago, 15.193 abitanti e Matteo Burico (centro-sinistra) uscente e già ricandidato nei mesi scorsi dal Pd; Foligno, 55.503 abitanti e Stefano Zuccarini (centrodestra) uscente e con certezza di ricandidatura; Gubbio, 30.650 abitanti e Filippo Mario Stirati (centro-sinistra) alla fine del secondo mandato, con tante voci ma poche certezze sulle candidature nei vari schieramenti; Marsciano, 18.038 abitanti e Francesca Mele (centro-destra) come sindaca uscente e anche ricandidata per il secondo mandato; Orvieto, in provincia di Terni, con 19.689 abitanti e Roberta Tardani in cerca del “bis” con il centro-destra che sembra compatto sul suo nome.

Gli altri comuni con popolazione sotto i 15mila abitanti

Oltre ai sette comuni più grandi della regione, dove si voterà con il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (eventuali turni di ballottaggio fissati per il 22 e 23 giugno), andranno alle urne anche 53 comuni con popolazione sotto ai 15mila abitanti, quindi con la proclamazione del Sindaco direttamente dopo il primo turno. Tra questi, c’è la curiosità del sistema elettorale nel comune di Gualdo Tadino: nel Censimento del 2021 gli abitanti sono scesi sotto quota 15mila (14.313 per la precisione) e quindi il primo cittadino sarà proclamato dopo il primo fine-settimana elettorale. Il sindaco uscente Massimiliano Presciutti (centrosinistra) per altro si è dichiarato disponibile a un terzo mandato reso possibile per decreto dal Consiglio dei ministri.

In Umbria, oltre a Gualdo Tadino il Sindaco potrà ricandidarsi anche a Magione (ma Giacomo Chiodini del Pd ha già detto che non si ripresenta), a San Giustino (anche Paolo Fratini sembra intenzionato a tornare alla sua occupazione fuori dall’amministrazione locale), mentre Spello e Panicale, rispettivamente, Moreno Landrini e Giulio Cherubini potrebbero ricandidarsi per il terzo mandato. Le ultime disposizioni del Governo lanciano - almeno in linea teorica - anche la figura del “sindaco a vita”, visto che nei Comuni con meno di 5mila abitanti non ci sono limiti ai mandati.

Fissate per l’8 e 9 giugno le date di amministrative ed europee

Il Consiglio dei ministri ha fissato le date delle prossime elezioni per l’8 e il 9 giugno. Per la terza volta si andrà, quindi, al voto di sabato come già accaduto nel 2004 e nel 2009 quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Saranno 3.701 i comuni alle urne, per un totale di quasi 17 milioni di votanti. Tra queste città ci sono 27 capoluoghi di provincia e sei anche di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Nel corso del 2024 poi si eleggerà il presidente in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Si parte con la Sardegna, il prossimo 25 febbraio. Il 10 marzo toccherà all’Abruzzo, mentre il Piemonte sceglie l’accorpamento con le amministrative e le europee di giugno. L’ultima regione ad andare alle urne, in ordine di tempo, sarà l’Umbria, in autunno, mentre è ancora attesa la decisione della Basilicata che potrebbe però arrivare nei prossimi giorni e forse sarà in aprile.
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Politiche 2022: chi vota non sceglie il candidato. Il potere delle Segreterie dei partiti https://www.lavoce.it/politiche-2022-chi-vota-non-sceglie-il-candidato-il-potere-delle-segreterie-dei-partiti/ Fri, 26 Aug 2022 16:44:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68111 ferie

Per chi ha a cuore la democrazia come sistema, è stato uno spettacolo deprimente quello delle segreterie dei maggiori partiti che, nei giorni scorsi, hanno elaborato le rispettive liste di candidati per le elezioni politiche. Colpiva il clima di rissa, di fretta e di concitazione che avvolgeva queste operazioni; e anche la protervia dei parlamentari uscenti che reclamavano il diritto di essere ricandidati, benché tutti sappiano che a partire da quest’anno i seggi disponibili nelle due Camere saranno solo 600 e non più 945. Ma per capire per quale motivo la scelta dei candidati è così drammatica è opportuno ricordare come funziona il sistema elettorale.

Elezioni 2022. La differenza con il sistema della “prima repubblica”

Il fatto è che la legge in vigore consente agli elettori di scegliere fra i partiti, ma non di scegliere fra i candidati. Sia per la Camera che per il Senato, una quota dei seggi è assegnata con il maggioritario uninominale.  Ci sono, cioè, tanti collegi territoriali, ciascuno dei quali elegge un solo parlamentare e quindi ciascun partito ha un candidato solo: o voti per quello o cambi partito; i voti dati ai partiti perdenti sono bruciati, non valgono nulla. La restante quota dei seggi è assegnata con un criterio proporzionale, ma sempre a livello di collegio, e anche lì l’elettore può scegliere solo il partito; ogni partito ha una lista di candidati e ai fini della elezione conta solo il posto che il candidato ha nell’elenco.

Il potere nelle mani delle Segrerie dei partiti

Così chi compila le liste ha, in sostanza il potere di decidere a suo arbitrio chi saranno gli eletti di quel partito. Non mi basterebbe una pagina intera di questo giornale per mostrare quali e quanti inconvenienti produca questo sistema e come svaluti il ruolo degli elettori. Altre pagine ci vorrebbero per spiegare, come funzionava, invece, il sistema della cosiddetta Prima Repubblica (dal 1948 al 1990 circa); e per dire come e perché quel sistema fosse incomparabilmente più rispettoso della volontà degli elettori (accenno solo a quella geniale trovata che era il recupero dei resti, e al voto di preferenza). Mi offro di tenere gratis un seminario di una giornata o due su questi temi, se i lettori lo chiederanno alla direzione della Voce.]]>
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Per chi ha a cuore la democrazia come sistema, è stato uno spettacolo deprimente quello delle segreterie dei maggiori partiti che, nei giorni scorsi, hanno elaborato le rispettive liste di candidati per le elezioni politiche. Colpiva il clima di rissa, di fretta e di concitazione che avvolgeva queste operazioni; e anche la protervia dei parlamentari uscenti che reclamavano il diritto di essere ricandidati, benché tutti sappiano che a partire da quest’anno i seggi disponibili nelle due Camere saranno solo 600 e non più 945. Ma per capire per quale motivo la scelta dei candidati è così drammatica è opportuno ricordare come funziona il sistema elettorale.

Elezioni 2022. La differenza con il sistema della “prima repubblica”

Il fatto è che la legge in vigore consente agli elettori di scegliere fra i partiti, ma non di scegliere fra i candidati. Sia per la Camera che per il Senato, una quota dei seggi è assegnata con il maggioritario uninominale.  Ci sono, cioè, tanti collegi territoriali, ciascuno dei quali elegge un solo parlamentare e quindi ciascun partito ha un candidato solo: o voti per quello o cambi partito; i voti dati ai partiti perdenti sono bruciati, non valgono nulla. La restante quota dei seggi è assegnata con un criterio proporzionale, ma sempre a livello di collegio, e anche lì l’elettore può scegliere solo il partito; ogni partito ha una lista di candidati e ai fini della elezione conta solo il posto che il candidato ha nell’elenco.

Il potere nelle mani delle Segrerie dei partiti

Così chi compila le liste ha, in sostanza il potere di decidere a suo arbitrio chi saranno gli eletti di quel partito. Non mi basterebbe una pagina intera di questo giornale per mostrare quali e quanti inconvenienti produca questo sistema e come svaluti il ruolo degli elettori. Altre pagine ci vorrebbero per spiegare, come funzionava, invece, il sistema della cosiddetta Prima Repubblica (dal 1948 al 1990 circa); e per dire come e perché quel sistema fosse incomparabilmente più rispettoso della volontà degli elettori (accenno solo a quella geniale trovata che era il recupero dei resti, e al voto di preferenza). Mi offro di tenere gratis un seminario di una giornata o due su questi temi, se i lettori lo chiederanno alla direzione della Voce.]]>
Una bussola per la politica https://www.lavoce.it/una-bussola-per-la-politica/ Thu, 17 Feb 2022 15:41:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65020

Stefano De Martis

La politica è in cerca di una bussola per orientarsi nell’ultimo anno della legislatura parlamentare. O se vogliamo, nel secondo anno di vita del governo Draghi, iniziato con rinnovata determinazione da parte del premier, ma in un contesto di grande confusione tra i partiti. La febbre elettoralistica – peraltro mai del tutto sopita tra un appuntamento con le urne e l’altro – ha ripreso vigore, incurante della situazione internazionale come dell’interesse generale degli italiani. Lo si coglie dall’intensificarsi dello sventolìo delle bandierine ideologiche con cui ciascuna forza politica cerca di marcare il proprio (presunto) territorio di consenso.

Certo, l’attuazione del Pnrr di qui al 2026 rappresenta una traccia da cui non si può prescindere, anche se le forze politiche spesso fanno finta di non saperlo. Così pure la gestione della fase discendente della pandemia è un impegno ineludibile che richiederà nei prossimi mesi scelte chiare, proporzionate e lungimiranti, per evitare di farsi trovare impreparati in futuro.

Ma le incognite in campo, interne ed esterne, sono molte e di grave portata. Senza una scala condivisa e trasparente di priorità, c’è il rischio che le decisioni siano il frutto non di un fisiologico confronto tra posizioni diverse, ma di un continuo braccio di ferro tra i partiti, tra i partiti e il Governo, tra il Governo e il Parlamento, tra le istituzioni centrali e quelle locali. E che alla fine non prevalgano le soluzioni migliori per il Paese, ma quelle sostenute dai più forti, dai più spregiudicati, dai gruppi che gridano di più e sanno forzare a loro vantaggio il corso delle cose.

L’insidia è presente anche all’interno di processi in sé positivi. Clamoroso è l’esempio dei bonus per l’edilizia, che hanno avuto un impatto rilevante sulla ripresa (e speriamo anche sulla transizione ecologica), ma contestualmente hanno aperto la strada a frodi e illeciti per svariati miliardi. Le pur odiose truffe sul Reddito di cittadinanza impallidiscono al confronto, e ben altra è l’indignazione collettiva che suscitano.

Per avere una bussola costituzionalmente fondata bisognerebbe riprendere in mano il discorso del giuramento di Sergio Mattarella, autentica miniera di senso delle istituzioni e di amore per la comunità nazionale. “È necessario assumere la lotta alle disuguaglianze e alle povertà come asse portante della politiche pubbliche” ha detto in quell’occasione il Capo dello Stato, e ha parlato della “dignità” come “pietra angolare del nostro impegno”. Dignità che ha una “dimensione sociale” ma anche un “significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società”.

Nelle fasi di transizione e di crisi, la tentazione della cultura dello scarto si fa più pressante. Ed è proprio qui che la politica misura la propria grandezza, nel garantire tutela per i più deboli e giustizia sociale per persone e famiglie. Se non facesse questo, la politica dichiarerebbe in un certo senso la propria inutilità. I più forti, infatti, sanno difendersi benissimo da soli.

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Stefano De Martis

La politica è in cerca di una bussola per orientarsi nell’ultimo anno della legislatura parlamentare. O se vogliamo, nel secondo anno di vita del governo Draghi, iniziato con rinnovata determinazione da parte del premier, ma in un contesto di grande confusione tra i partiti. La febbre elettoralistica – peraltro mai del tutto sopita tra un appuntamento con le urne e l’altro – ha ripreso vigore, incurante della situazione internazionale come dell’interesse generale degli italiani. Lo si coglie dall’intensificarsi dello sventolìo delle bandierine ideologiche con cui ciascuna forza politica cerca di marcare il proprio (presunto) territorio di consenso.

Certo, l’attuazione del Pnrr di qui al 2026 rappresenta una traccia da cui non si può prescindere, anche se le forze politiche spesso fanno finta di non saperlo. Così pure la gestione della fase discendente della pandemia è un impegno ineludibile che richiederà nei prossimi mesi scelte chiare, proporzionate e lungimiranti, per evitare di farsi trovare impreparati in futuro.

Ma le incognite in campo, interne ed esterne, sono molte e di grave portata. Senza una scala condivisa e trasparente di priorità, c’è il rischio che le decisioni siano il frutto non di un fisiologico confronto tra posizioni diverse, ma di un continuo braccio di ferro tra i partiti, tra i partiti e il Governo, tra il Governo e il Parlamento, tra le istituzioni centrali e quelle locali. E che alla fine non prevalgano le soluzioni migliori per il Paese, ma quelle sostenute dai più forti, dai più spregiudicati, dai gruppi che gridano di più e sanno forzare a loro vantaggio il corso delle cose.

L’insidia è presente anche all’interno di processi in sé positivi. Clamoroso è l’esempio dei bonus per l’edilizia, che hanno avuto un impatto rilevante sulla ripresa (e speriamo anche sulla transizione ecologica), ma contestualmente hanno aperto la strada a frodi e illeciti per svariati miliardi. Le pur odiose truffe sul Reddito di cittadinanza impallidiscono al confronto, e ben altra è l’indignazione collettiva che suscitano.

Per avere una bussola costituzionalmente fondata bisognerebbe riprendere in mano il discorso del giuramento di Sergio Mattarella, autentica miniera di senso delle istituzioni e di amore per la comunità nazionale. “È necessario assumere la lotta alle disuguaglianze e alle povertà come asse portante della politiche pubbliche” ha detto in quell’occasione il Capo dello Stato, e ha parlato della “dignità” come “pietra angolare del nostro impegno”. Dignità che ha una “dimensione sociale” ma anche un “significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società”.

Nelle fasi di transizione e di crisi, la tentazione della cultura dello scarto si fa più pressante. Ed è proprio qui che la politica misura la propria grandezza, nel garantire tutela per i più deboli e giustizia sociale per persone e famiglie. Se non facesse questo, la politica dichiarerebbe in un certo senso la propria inutilità. I più forti, infatti, sanno difendersi benissimo da soli.

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Don Benzi propone una legge che punisca i “clienti” delle prostitute https://www.lavoce.it/don-benzi-propone-una-legge-che-punisca-i-clienti-delle-prostitute/ Thu, 05 Jun 2003 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3176 Vietare, sempre e comunque, i rapporti sessuali a pagamento con grande severità: è questo il principio sul quale si fonda la proposta di legge di iniziativa popolare contro la prostituzione elaborata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi impegnata da 14 anni ‘nella lotta – sono le sue parole – per liberare le schiave dei maschi italiani’.

I contenuti sono stati illustrati venerdì sera a Perugia dallo stesso don Benzi che ha definito ‘l’iniziativa un passo fondamentale per la difesa della dignità della donna e per liberare le schiave che si prostituiscono ogni notte sulle strade italiane’.

Nella proposta di legge è prevista la punizione dei clienti, con pene che vanno dalla multa al carcere (se la donna è schiavizzata si applica la stessa condanna prevista per chi l’ha ridotta in tale stato), e inasprisce le sanzioni per gli sfruttatori la proposta di legge elaborata dalla comunità Papa Giovanni XXIII.

Tre paragrafi da aggiungere all’articolo tre della legge Merlin. La proposta, elaborata dal gruppo legale della comunità Papa Giovanni XXIII, sarà presentata alle Camere entro giugno.

‘Dobbiamo ancora decidere – ha spiegato don Benzi – se affidarla a un parlamentare o se raccogliere le firme necessarie. Il testo è sostanzialmente pronto, ma deve subire ancora alcuni piccoli perfezionamenti’. In esso – ha spiegato il sacerdote – non compare mai, volutamente, la parola prostituzione. ‘Si parla invece – ha evidenziato don Benzi – solo di sesso a pagamento perche’ è quello il nostro vero obiettivo’.

Riguardo ai tempi di presentazione, il fondatore della comunità Papa Giovanni ha parlato di una corsa con la proposta di modifica della legge Merlin a firma Fini-Bossi-Prestigiacomo che don Benzi ha nuovamente criticato. In particolare riguardo alla possibilità di reciproca assistenza da parte di due prostitute e di affittare gli appartamenti senza incorrere nel reato di favoreggiamento. ‘

Pensate – ha sottolineato don Benzi – in questi giorni il Parlamento ha approvato una legge sul commercio illegale di cd nel quale si accusa di favoreggiamento anche chi trasporta il materiale. Ma poi non si applica lo stesso principio agli esseri umani’.

Don Benzi ha sottolineato ancora che il problema della prostituzione si sta sempre più aggravando anche per una sempre maggiore diffusione del fenomeno della schiavizzazione delle ragazze straniere.

Proprio a Perugia nell’ultimo anno la comunità Papa Giovanni XXIII ha attuato attraverso don Aldo Bonaiuto una serie di iniziative di sensibilizzazione nelle strade (per esempio il gruppo go’el) e collaborato attivamente con le forze di polizia.

Le proposte di don Benzi

  • 1- Chiunque procuri a sé o ad altri o comunque abbia rapporti sessuali anche occasionali dietro pagamento di denaro o altre utilità viene punito la prima volta con una multa da 1.000 a 5.000 euro alla quale si aggiunge la reclusione fino a un anno in caso di recidiva.
  • 2- Due anni di reclusione sono previsti se l’incontro avviene in un luogo pubblico o comunque aperto al pubblico.
  • 3- Per la prima condanna viene prevista la possibilità di conversione della pena nell’affidamento ai servizi sociali.
  • 4- Per chi ha rapporti sessuali con donne in stato di soggezione fisica o psicologica sono previste le stesse sanzioni di chi viene ritenuto responsabile del reato di riduzione in schiavitù (gli anni di carcere possono anche essere sei).
  • 5- Pene inasprite anche per gli sfruttatori che dovranno comunque scontare la condanna in Italia.
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