Padre Pio Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/padre-pio/ Settimanale di informazione regionale Fri, 03 May 2024 10:23:14 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Padre Pio Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/padre-pio/ 32 32 A San Fortunato della Collina la Festa del SS. Crocifisso https://www.lavoce.it/san-fortunato-collina-festa-ss-crocifisso/ https://www.lavoce.it/san-fortunato-collina-festa-ss-crocifisso/#respond Fri, 03 May 2024 10:04:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75967 La processione di spalle con in primo piano il ìSS Crocifisso e la tanta gente che cammina lunga una strada di campagna

“Ti lascio una comunità viva, non il deserto”, mi disse don Giovanni Tiacci, mio predecessore, il giorno dell’ultima festa del Crocifisso del 2019, quando mi accingevo ad assumere la guida dell’Unità pastorale. “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”, ha detto qualcuno, sottolineando lo stretto legame tra il passato, custodito nella memoria, la comprensione del presente e, quindi, la costruzione del futuro. La memoria del bene seminato nei solchi di una comunità ne edifica i membri, perché possano percorrere strade di altrettanto bene nel presente e costruire il futuro.

La Festa del SS.mo Crocifisso a San Fortunato della Collina

La festa quinquennale del Ss.mo Crocifisso (dal 3 al 15 maggio a San Fortunato della Collina) che Padre Pio, tramite don Giuseppe Buelloni inviò alla nostra Comunità, è l’occasione per ricalcare i passi di chi ci ha preceduto e continuare a costruire la Comunità cristiana, che testimonia un “amore crocifisso”, capace di spezzare le catene di odio, rivalità e contesa che spesso si annidano in mezzo a noi.

Centinaia gli ex voto custoditi nella chiesa parrocchiale

Nella nostra chiesa parrocchiale sono custoditi centinaia di ex voto, attestanti non tanto la prodigiosità di un simulacro ligneo, ma la fede di chi ci ha preceduto in “un Dio dalle mani bucate”, qual è Gesù.

Le cronache parlano di 5.000 persone presenti alle prime edizioni di questa festa, organizzata dal parroco di origini mantovane, un vero vulcano di amore per il Signore e per la Chiesa, che ha servito fino alla morte, avvenuta improvvisamente una mattina di agosto del 1980.

Il tramite di don Giuseppe Buelloni e i prodigi

Da figlio spirituale di Padre Pio, don Buelloni si faceva carico delle necessità della sua comunità e di tanta gente che accorreva in questo piccolo borgo, invitando ad affidarsi al Signore, che dice “senza di me non potete far nulla” (Gv 15). Un quadretto, in particolare, ha attirato la mia attenzione con la narrazione di un prodigio: 5 maggio 1969. Un uomo di origini italiane, emigrato in America, ritrova nelle tasche l’immaginetta del Crocifisso di San Fortunato dopo aver scoperto una grave malattia al polmone che deve essere asportato. Prega e si affida al Signore Gesù ponendo l’immaginetta sotto il cuscino. Guarisce prodigiosamente e scrive a don Giuseppe per ringraziare il Crocifisso.

La donazione delle campane

A San Fortunato anche il campanile, le otto campane che suonano a distesa e tanti altri oggetti sono stati donati ex voto suscepto, cioè secondo la promessa fatta da chi invocava il Signore Crocifisso e veniva esaudito.

Tante altre storie sono custodite anche nelle singole pietre della chiesa. Oggi sarebbe bello se le “pietre vive” di questa Chiesa diventassero un “ex voto vivente” che attesta l’amore ricevuto, immensamente riversato su ciascuno e che chiede di essere trasmesso agli altri. Auguri a tutta la Comunità e a quanti vorranno unirsi a noi per imparare ad essere discepoli del “Dio dalle mani bucate”.

Don Giovanni Amico parroco di San Fortunato della Collina

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La processione di spalle con in primo piano il ìSS Crocifisso e la tanta gente che cammina lunga una strada di campagna

“Ti lascio una comunità viva, non il deserto”, mi disse don Giovanni Tiacci, mio predecessore, il giorno dell’ultima festa del Crocifisso del 2019, quando mi accingevo ad assumere la guida dell’Unità pastorale. “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”, ha detto qualcuno, sottolineando lo stretto legame tra il passato, custodito nella memoria, la comprensione del presente e, quindi, la costruzione del futuro. La memoria del bene seminato nei solchi di una comunità ne edifica i membri, perché possano percorrere strade di altrettanto bene nel presente e costruire il futuro.

La Festa del SS.mo Crocifisso a San Fortunato della Collina

La festa quinquennale del Ss.mo Crocifisso (dal 3 al 15 maggio a San Fortunato della Collina) che Padre Pio, tramite don Giuseppe Buelloni inviò alla nostra Comunità, è l’occasione per ricalcare i passi di chi ci ha preceduto e continuare a costruire la Comunità cristiana, che testimonia un “amore crocifisso”, capace di spezzare le catene di odio, rivalità e contesa che spesso si annidano in mezzo a noi.

Centinaia gli ex voto custoditi nella chiesa parrocchiale

Nella nostra chiesa parrocchiale sono custoditi centinaia di ex voto, attestanti non tanto la prodigiosità di un simulacro ligneo, ma la fede di chi ci ha preceduto in “un Dio dalle mani bucate”, qual è Gesù.

Le cronache parlano di 5.000 persone presenti alle prime edizioni di questa festa, organizzata dal parroco di origini mantovane, un vero vulcano di amore per il Signore e per la Chiesa, che ha servito fino alla morte, avvenuta improvvisamente una mattina di agosto del 1980.

Il tramite di don Giuseppe Buelloni e i prodigi

Da figlio spirituale di Padre Pio, don Buelloni si faceva carico delle necessità della sua comunità e di tanta gente che accorreva in questo piccolo borgo, invitando ad affidarsi al Signore, che dice “senza di me non potete far nulla” (Gv 15). Un quadretto, in particolare, ha attirato la mia attenzione con la narrazione di un prodigio: 5 maggio 1969. Un uomo di origini italiane, emigrato in America, ritrova nelle tasche l’immaginetta del Crocifisso di San Fortunato dopo aver scoperto una grave malattia al polmone che deve essere asportato. Prega e si affida al Signore Gesù ponendo l’immaginetta sotto il cuscino. Guarisce prodigiosamente e scrive a don Giuseppe per ringraziare il Crocifisso.

La donazione delle campane

A San Fortunato anche il campanile, le otto campane che suonano a distesa e tanti altri oggetti sono stati donati ex voto suscepto, cioè secondo la promessa fatta da chi invocava il Signore Crocifisso e veniva esaudito.

Tante altre storie sono custodite anche nelle singole pietre della chiesa. Oggi sarebbe bello se le “pietre vive” di questa Chiesa diventassero un “ex voto vivente” che attesta l’amore ricevuto, immensamente riversato su ciascuno e che chiede di essere trasmesso agli altri. Auguri a tutta la Comunità e a quanti vorranno unirsi a noi per imparare ad essere discepoli del “Dio dalle mani bucate”.

Don Giovanni Amico parroco di San Fortunato della Collina

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Forti nella preghiera https://www.lavoce.it/forti-nella-preghiera/ Wed, 24 Jun 2015 08:51:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36406 convegno-padre-pio
Mons. Piemontese durante il suo intervento

In un clima di grande raccoglimento, intimità e fraternità si è tenuto nella chiesa di San Pietro a Terni il convegno diocesano dei gruppi di preghiera di Padre Pio, con catechesi, recita del rosario, adorazione eucaristica e la messa.

In diocesi sono presenti 24 i gruppi di preghiera che si riuniscono nelle chiese di San Pietro Apostolo, San Giovannino, Sant’Antonio di Padova, Sacro Cuore eucaristico, San Giuseppe Lavoratore, San Maria della Misericordia, Nostra Signora di Fatima, la rettoria di Santa Maria degli Spiazzi a Terni e il santuario di San Francesco d’Assisi in Piediluco; nella zona di Narni, nella chiesa di San Lorenzo martire, Sante Rita e Lucia, Sant’Antonio – Narni Scalo, famiglia Padre Pio in Taizzano, San Vito, Montoro e Nera Montoro, San Liberato; nella zona di Amelia presso la chiesa di San Pietro in Fornole, San Francesco, San Massimiliano Kolbe, Alviano, Penna in Teverina, Lugnano, Giove.

L’incontro è cominciato con l’adorazione eucaristica e la catechesi tenuta da don Francesco Vaccarini. Quindi la recita del rosario meditato, vissuto come momento di preparazione al Sinodo dei vescovi di ottobre e a sostegno e in comunione di preghiera con le famiglie presenti a Roma alla manifestazione “Difendiamo i nostri figli”. Si è meditato sulla famiglia secondo il progetto naturale di Dio.

È seguita la relazione di aggiornamento sull’esperienza dei gruppi di preghiera della diocesi, quale stimolo a proseguire e incrementare il cammino, tenendo presenti le difficoltà e le sfide attuali. È seguita poi la catechesi sulla spiritualità dei gruppi di preghiera, secondo le indicazioni di Padre Pio, con la testimonianza di don Francesco Vaccarini sull’esperienza originale di famiglia vissuta da suo padre all’inizio della fondazione e prima esperienza riminese dei gruppi di preghiera.

All’incontro è intervenuto anche il vescovo Giuseppe Piemontese che ha richiamato a vivere nella preghiera e nelle opere secondo lo spirito di san Pio sulle orme di Cristo, nella sensibilità di san Francesco di Assisi, che alternava momenti di contemplazione con l’azione pastorale ed evangelizzatrice tra la gente. Preghiera, carità e partecipazione alla croce del Signore sono state le indicazioni del Vescovo, come san Pio ha vissuto e testimoniato.

Ha concluso il convegno don Adolfo Bettini, assistente regionale dei gruppi di preghiera, che ha affidato loro il compito di essere gli animatori della preghiera nelle proprie comunità e di inserirsi nelle attività normali delle parrocchie.

 

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Questa straordinaria Pasqua del 2013 https://www.lavoce.it/questa-straordinaria-pasqua-del-2013/ Fri, 29 Mar 2013 11:37:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=15946 Padre-Domenico-CancianLa Pasqua è il cuore della fede cristiana. Il mistero di Cristo crocifisso-risorto è al centro dell’intera esistenza della Chiesa: della evangelizzazione e della catechesi, della preghiera e delle celebrazioni liturgiche, della carità e della vita cristiana. La Pasqua 2013 è tutto questo, anzi ancora più significativa per alcune circostanze straordinarie che l’accompagnano.

La Pasqua 2013 è la Pasqua dell’Anno della fede, segnata da due avvenimenti che si sono succeduti in modo sorprendente, pressappoco nel breve periodo della Quaresima. L’11 febbraio Papa Benedetto lascia la guida della Chiesa, il 13 marzo viene eletto Papa Francesco. San Benedetto e San Francesco, ambedue umbri, in epoche diverse e con stili diversi, hanno riformato la Chiesa riproponendo il Vangelo sine glossa, in modo essenziale, fraterno, umile. La loro ardente fede li ha avvicinati al Cristo crocifisso-risorto e quindi ai fratelli, ad ogni uomo, a cominciare dai più poveri, dando vita a un nuovo umanesimo. I due grandi Santi, richiamati dai due ultimi Vescovi di Roma, scuotono la nostra Chiesa ad un profondo rinnovamento conciliare ed evangelico, incentrato nella fede pasquale: obbedire a Dio e amare i fratelli fino al dono totale della vita. Fede e carità. Papa Benedetto e Papa Francesco sono uomini di Dio e promotori di vera fraternità, uomini di fede e di preghiera ma anche di carità, di umiltà, di vicinanza agli ultimi.

La Pasqua 2013 è la prima Pasqua di Papa Francesco. Con i suoi interventi, con il suo stile diretto e libero, sta imprimendo alla Chiesa significativi cambiamenti. Ne sottolineo uno, il motto Miserando atque eligendo. Sono due verbi che abbracciano l’intera esistenza di Papa Francesco e perciò sicuramente significativi anche nel suo ministero petrino. Aveva 17 anni, il giovane Jorge Bergoglio, quando, nella festa di san Matteo del 1953, avvertiva in modo tutto particolare la presenza amorosa di Dio. Durante una confessione sentiva che la misericordia di Dio scendeva nel suo cuore chiamandolo alla vita consacrata sull’esempio di sant’Ignazio di Loyola. Il giovane Jorge sentì sue le parole di san Beda il Venerabile che commenta la vocazione di san Matteo così: “Vidit ergo Iesus publicanum, et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi: Sequere me”. (“avendolo guardato con misericordia e predilezione, gli disse: Seguimi”). Nel primo Angelus Papa Francesco ha affermato: “Un po’ di misericordia cambia il mondo, lo rende meno freddo e più giusto. Lui non si stanca mai di perdonarci”. Nell’omelia dell’inizio del ministero petrino il 19 marzo, ha invitato tutti a “prendersi cura gli uni degli altri con amore e tenerezza”.

La Pasqua 2013 apre la “porta della fede” sulla strada dell’amore e della misericordia. Questo cammino, iniziato in modo ecclesialmente significativo dal beato Giovanni Paolo II con la grande enciclica Dives in misericordia (1980), è stato ripreso da Papa Benedetto con le encicliche Deus caritas est (2006) e Caritas in veritate (2009). Con l’impulso di Papa Francesco, forse diventerà la linea maestra della Chiesa nel terzo millennio. La conferma viene dalla linea dei santi del nostro tempo: santa Teresina, santa Faustina, beata Madre Teresa di Calcutta, san Pio da Pietrelcina, la venerabile Madre Speranza. I Congressi mondiali della Misericordia stanno coinvolgendo numerose Conferenze episcopali in questa direzione. D’altra parte l’uomo di oggi, anche in modi non espliciti, attende quella “speranza performativa” che poggia sulla misericordia assoluta e gratuita di Dio. La quale, mentre ci guarisce e ci riempie di gioia vera, ci provoca alla conversione più profonda, facendoci diventare a nostra volta strumenti e segni della stessa misericordia che è il cuore del Mistero pasquale. Ebbe a dire il card. Bergoglio il 27 aprile 2001, chiedendo di non essere denunciato al Santo Uffizio, che “il luogo privilegiato dell’incontro con Gesù è la carezza della Sua misericordia sull’uomo peccatore. La vita cristiana è la risposta commossa davanti ad una misericordia sorprendente, imprevedibile, ‘ingiusta” secondo i criteri umani. Lui conosce i miei tradimenti e continua a volermi bene, mi chiama di nuovo, spera in me. Per questo la concezione cristiana della morale è una rivoluzione, non è un cadere mai ma un alzarsi sempre”.

Il Vangelo di Luca, che, in quest’Anno della fede sta guidando la Chiesa – anche questo non è un caso -, ci dona le due parole più cariche di infinita misericordia e di speranza assoluta. Gesù in croce diceva (ossia continua a dire, e continua ancora a ripetere in cielo come nostro avvocato): “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). E poi, rivolto al ladro che gli chiedeva solo di ricordarsi di lui, assicurava: “In verità io ti dico: oggi con me sarai in paradiso” (Lc 23,43). Quell’anonimo ladro portato in paradiso subito, sulle spalle del Buon Pastore, è la pecora smarrita che rappresenta l’intera umanità sbandata, per ricuperare la quale Gesù è venuto, si è lasciato crocifiggere, è disceso agli inferi, ed è salito in cielo portando con sé ogni uomo che a Lui si affida. San Francesco, pregando intensamente alla Porziuncola, ottenne il “perdono di Assisi”, ossia la grazia che tutti potessero andare in paradiso. Essere in paradiso con Gesù è la piena e definitiva festa di Pasqua, a cui ci richiama anche la nostra Pasqua 2013, grazie alla Pasqua di Gesù nella primavera degli anni 30 a Gerusalemme. Maria ci aiuti a “stare” come lei, con tenera fortezza (stabat mater dolorosa), dentro il mistero dell’Amore crocifisso ed essere anche noi testimoni gioiosi della Pasqua di Gesù.

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Santi modelli per il clero di oggi https://www.lavoce.it/santi-modelli-per-il-clero-di-oggi/ Thu, 16 Jul 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7712 Lo scorso 16 marzo Benedetto XVI ha indetto un Anno sacerdotale, da lui personalmente ideato e voluto. ‘La grande tradizione ecclesiale ‘ disse in quella circostanza – ha giustamente svincolato l’efficacia sacramentale dalla concreta situazione esistenziale del singolo sacerdote, e così le legittime attese dei fedeli sono adeguatamente salvaguardate. Ma questa giusta precisazione dottrinale nulla toglie alla necessaria, anzi indispensabile, tensione morale che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale. Proprio per favorire questa tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero, ho deciso di indire uno speciale Anno sacerdotale’, che andrà dal 19 giugno prossimo fino al 19 giugno 2010. Ricorre infatti il 150’anniversario della morte del santo curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, vero esempio di pastore a servizio del gregge di Cristo’. Il 19 giugno poi, inaugurando questo speciale anno, il Papa ha detto che il suo scopo è di mostrare ‘quanto sia importante la santità dei sacerdoti per la vita e la missione della Chiesa’. E di tale santità egli ha offerto due modelli – il Curato d’Ars e padre Pio – l’uno con la lettera di apertura dell’anno, l’altro con il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo compiuto il 21 dello stesso mese. Due santi nati ambedue contadini, vissuti in sperduti villaggi e di certo non dotti, ma dotati di una santità tale da spingere miriadi di cristiani al loro confessionale in cerca di perdono. Deciso rilancio della ‘confessione’ I giornali hanno quasi ignorato il rilievo che in questa circostanza il Papa ha voluto dare al sacramento della penitenza, comunemente chiamato ‘confessione’. Un rilancio forse inedito, fatto con il suo ben noto stile controcorrente. ‘I sacerdoti ‘ ha detto ‘ non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento. Al tempo del santo Curato d’Ars, in Francia, la confessione non era più facile né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormentata rivoluzione aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli seppe dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero a imitarlo, recandovi per visitare Gesù e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco disponibile all’ascolto. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno’. Si diceva che Ars era diventata ‘il grande ospedale delle anime’. Su questo punto il Papa è tornato visitando la tomba di padre Pio, per il quale ‘la cura delle anime e la conversione dei peccatori furono un anelito che lo consumò fino alla morte. (‘) Quante lunghe ore egli trascorreva nel confessionale. Come per il Curato d’Ars, è proprio il ministero di confessore a costituire il maggior titolo di gloria e il tratto distintivo di questo santo frate cappuccino’. Iniziative diverseA livello di Chiesa universale vi saranno durante l’anno la proclamazione del Curato d’Ars come patrono di tutti i sacerdoti (attualmente lo è dei parroci), la pubblicazione di un ‘direttorio’ per i confessori e direttori spirituali e una raccolta di testi di Benedetto XVI sulla vita e la missione del preti, oggi. Le singole conferenze episcopali nazionali poi, anzi le varie diocesi, sceglieranno i modi più opportuni per valorizzare il tema scelto per questo anno: Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote. Il card. Bagnasco, ad esempio, parlando all’assemblea della Cei (25-29 maggio) ha detto che in quest’anno sacerdotale ‘siamo tutti richiamati – vescovi presbiteri e diaconi ‘ a ripensare il primato della preghiera nella nostra vita. (‘) Questa ricerca di intimità con Dio è, per la complessità e la frenesia della vita odierna, necessaria come il respiro’. L’Unione apostolica del clero, che opera soprattutto per promuovere nelle diocesi la spiritualità dei ministri ordinati con i due necessari riferimenti a Cristo e alla Chiesa, ha già programmato tre incontri – al Nord, al Centro e al Sud – attorno ad altrettante significative figure di sacerdoti delle rispettive aree geografiche. Per il Sud, ad esempio, è stata scelto il servo di Dio don Luigi Sturzo, fedele iscritto all’Uac, che, senza mezzi termini, diceva di essere un prete prima ancora che un uomo politico.

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Il Papa va da Padre Pio https://www.lavoce.it/il-papa-va-da-padre-pio/ Thu, 18 Jun 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7628 San Giovanni Rotondo si prepara a vivere un momento davvero speciale: domenica 21 giugno Benedetto XVI verrà qui in visita per onorare le spoglie di Padre Pio. “Il Papa viene a pregare sulla tomba di un santo, san Pio da Pietrelcina”, e “a confermare la ricchezza di opere, di devozione, di fedeltà al carisma e al messaggio proprio di questo Santo, che è il messaggio della croce, della misericordia del Padre”, afferma mons. Domenico D’Ambrosio, arcivescovo eletto di Lecce e amministratore apostolico di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo. “Sentiamo il bisogno di essere confortati e confermati nella fede che ci lega alla Chiesa tutta – aggiunge l’Arcivescovo in un’intervista alla Radio Vaticana – attraverso questo singolare carisma di santità che è la vita di san Pio da Pietrelcina, il quale continua ad attrarre milioni e milioni di pellegrini. Quindi, la preparazione spirituale si rivolge alla Chiesa diocesana, ma anche ai pellegrini che, soprattutto in queste ultime settimane, sono ritornati in massa a San Giovanni Rotondo”.

Per Stefano Campanella, direttore di Tele-radio Padre Pio, l’attesa principale della visita “riguarda il magistero di questo Papa teologo, che certamente fornirà le indicazioni per una devozione autentica, meno legata all’attesa di eventi soprannaturali e più orientata all’imitazione di quest’uomo che è riuscito a santificarsi nel secolo scorso, nonostante il diffondersi della cultura del relativismo e del non senso. Il fatto che Benedetto XVI, prima da cardinale e poi da Papa, abbia più volte citato Padre Pio – dice ancora Campanella – ci fa comprendere che per questo Pontefice il Santo cappuccino può rappresentare una catechesi vissuta per gli uomini del terzo millennio, all’inizio del quale egli è stato consegnato dalla Chiesa universale come santo e quindi come modello da seguire”.

Nel 2002 l’allora card. Joseph Ratzinger visitò Pietrelcina, dove il frate ha vissuto, anche da religioso, lunghi periodi della sua vita fino al 1918, anno in cui venne trasferito definitivamente a San Giovanni Rotondo. Benedetto XVI sarà così in Puglia per la terza volta. La prima visita ebbe luogo a Bari, in occasione della conclusione del XXIV Congresso eucaristico nazionale (29 maggio 2005), a poco più di un mese dalla sua elezione al soglio pontificio. Un anno fa – il 14 e 15 giugno 2008 – si recò invece a Santa Maria di Leuca e Brindisi. Anche Giovanni Paolo II aveva visitato la cittadina garganica e aveva pregato sulla tomba di Padre Pio il 23 maggio 1997. Papa Wojtyla aveva conosciuto – da sacerdote – padre Pio durante le vacanze pasquali del 1948 e a lui, nel 1962, si era rivolto per chiedere l’intercessione per la guarigione di una psichiatra polacca malata di cancro, Wanda Poltawska, “una donna di quarant’anni, madre di quattro figlie che, durante la guerra, è stata per quattro anni in campo di concentramento in Germania”. La Poltawska guarì prima di subire l’intervento chirurgico. Wojtyla visitò di nuovo San Giovanni Rotondo nel 1974, quando era arcivescovo di Cracovia. Le spoglie mortali di Padre Pio sono esposte dal 24 aprile 2008 – e lo saranno fino al 23 settembre – nella cripta del santuario di Santa Maria delle Grazie, all’interno di una teca di vetro: sull’abito, cucito dalle Clarisse del monastero della Resurrezione di San Giovanni Rotondo, è stata posta una stola, mentre sul volto è stata applicata una maschera di silicone. La tomba era stata aperta il 2 marzo 2008 dopo una preghiera presieduta da mons. D’Ambrosio. In quell’occasione è stato aperto il contenitore contenente la triplice cassa (acciaio, legno e zinco) che conservava il corpo del religioso dal giorno della sepoltura.

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Un libro riapre il caso padre Pio https://www.lavoce.it/un-libro-riapre-il-caso-padre-pio/ Thu, 01 Nov 2007 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6232 Nei giorni scorsi, anticipazioni giornalistiche del volume – non ancora in libreria – dello storico Sergio Luzzatto hanno riacceso l’attenzione su alcuni episodi della vita di Padre Pio: tutti fatti, in realtà, già noti ed esaminati dalla Chiesa. Ne parliamo con mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, che è stato ‘censore’ degli scritti di Padre Pio nella fase diocesana del processo di beatificazione. Padre Pio e Giovanni XXIII: com’erano i rapporti tra i due? ‘Non è un segreto che proprio durante il pontificato di Giovanni XXIII, ossia nel luglio 1960, sia stata affidata a mons. Carlo Maccari la visita canonica che sarà un elemento fondamentale per i successivi interventi ecclesiastici nei riguardi di Padre Pio. Significa che il Papa era un ‘persecutore’? Che così non fosse, è confermato dalla pubblicazione del volume Angelo Giuseppe Roncalli – Giovanni XXIII, Pater amabilis. Agende del Pontefice 1958-1963. Possono consultarlo tutti. Benché preoccupato della situazione, Papa Roncalli rimase in attesa, cercando di conservare una visione equilibrata ed equanime rispetto a quanti, in quell’epoca, erano un po’ troppo focosi nel denigrare. Le informazioni che gli giungevano, infatti, non erano univoche e spesso erano allarmanti. Talvolta, il Papa vi ironizzava perfino. In questi giorni mons. Loris Capovilla, già segretario personale di Giovanni XXIII, ha spiegato che non c’era alcun pregiudizio, precisando che erano gli uffici a trasmettere notizie negative su quanto avveniva a San Giovanni Rotondo; il Papa non poteva fare altro che prenderne atto’. Un dato, questo, che tocca anche i rapporti con gli altri Papi del XX secolo? ‘Affermare che i Pontefici succedutisi nel corso del ‘900 abbiano guardato a Padre Pio con occhi diversi, è vero per qualche aspetto, ma è una forzatura se non si fanno le dovute precisazioni. Non si trattava di rapporti diretti. Come ho detto, erano piuttosto le informazioni che giungevano alla Santa Sede ad essere di volta in volta differenti’. Passiamo al ‘giallo delle stigmate’… ‘A questi sospetti – ma anche a tutti gli altri episodi denigratori nei confronti del Santo – è stata già data risposta da diversi anni; non solo con le perizie dei medici del tempo, ma anche con le inchieste dei tribunali ecclesiastici, diocesano prima e della Santa Sede poi, che hanno portato alla beatificazione nel 1999 e alla canonizzazione nel 2002. Per quanto riguarda le stigmate: il fatto che Padre Pio chiedesse ‘in stretto segreto’ – come testimoniato da due farmacisti – acido fenico puro e veratrina, è certamente dovuto alla sua volontà di tenere nascosta l’esperienza mistica. I segni alle mani erano per lui motivo di confusione e di vergogna, come facilmente si evince dal suo epistolario. Così, ad esempio, scrive in una lettera datata 8 settembre 1911, informando per la prima volta il suo direttore spirituale: ‘Questo fenomeno è quasi da un anno che si va ripetendo, però adesso era da un pezzo che più non si ripeteva. Non s’inquieti però se adesso per la prima volta glielo dico; perché mi sono fatto vincere sempre da quella maledetta vergogna. Anche adesso, sapesse quanta violenza ho dovuto farmi per dirglielo!’. Ecco perché risulta difficile, se non moralmente impossibile, pensare che il frate abbia spiegato alla farmacista il motivo per cui gli servivano le due sostanze richieste’.

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Padre Pio e il figliol prodigo https://www.lavoce.it/padre-pio-e-il-figliol-prodigo/ Thu, 16 Nov 2000 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=1080 Hanno detto, scherzando, che il grande successo dello sceneggiato televisivo su Padre Pio sia stato l’ultimo miracolo del cappuccino beato e presto santo. In verità (anche questo è stato ampiamente detto), ogni volta che padre Pio è stato “trattato” in televisione, ha bucato lo schermo ed ha interessato milioni di persone. Ci si chiede qual è il segreto di ciò: i miracoli, la povertà e semplicità, il profumo della santità, la partecipazione alla sofferenza della gente, la schiettezza di carattere, la lontananza dal potere ecclesiastico, di cui per un periodo è stato anche vittima. In padre Pio la massa della gente, povera o ricca, peccatrice o santa, ci si sente identificata e prova per il frate delle stimmate un desiderio di comunione. Un aspetto ci pare interessante è quello messo in evidenza dall’attore Banfi, quando ha messo insieme il padre naturale e Padre Pio: io mi rivolgo a mio padre e a Padre Pio e mi sento da loro protetto, ha detto. Nei due giorni in cui si trasmetteva il filmato, in un letto di ospedale concludeva in solitudine la sua esistenza, colpito da Aids, un giovane straniero, venuto da lontano in cerca di libertà. Ha voluto vivere la sua vita, senza i limiti posti dall’autorità paterna e familiare, portandosi dietro un sentimento di affetto nostalgico per la nonna. Non ha avuto resistenze e difese tali da rendersi capace di sfuggire alle lusinghe di un’esistenza facile e pericolosa. Una storia non particolarmente diversa da quella di molti altri che si perdono per strada e non ritrovano la via della casa paterna, neppure quando sono ridotti allo stremo delle forze ed hanno perduto ogni speranza di vita felice. Il fascino di padre Pio forse per molti è legato a questa carenza di paternità, propria della nostra cultura che ha operato l’eliminazione della figura paterna. Questo è anche il segreto della popolarità di Giovanni Paolo II, vecchio, e sofferente, ma anche forte e imperioso nell’affermazione dei principi di fede. Bontà e misericordia insieme a rigore e rimprovero. Umiltà e semplicità, partecipazione al dolore ed anche ammonizione imperiosa e talvolta minacciosa. Al medico che gli dice “io non credo in Dio”, Pio risponde deciso e sicuro “Dio crede in te”. Mi sembra pertanto che il fenomeno di padre Pio risponda a questa esigenza di avere a portata di mano un padre che sia nello stesso tempo forte tanto da fare miracoli e misericordioso da compiangere e condividere la sofferenza fisica e morale. Per questo la Casa sollievo della sofferenza diventa nelle aspettative di padre Pio e nell’immaginario collettivo una casa, una vera casa nella quale si possa trovare un sollievo alla sofferenza umana. Ma ogni casa paterna e materna dovrebbe suscitare tale speranza, non ponendo il proprio compito sulle spalle di un padre mistico e simbolico come padre Pio o Giovanni XXIII o personaggi simili che la Provvidenza pone sul cammino della storia cristiana. Se ciò non avviene nella realtà quotidiana delle case reali degli uomini, divenute accoglienti, calde, rassicuranti e protettive, saranno sempre più numerosi i figli prodighi che andranno per le strade del mondo in cerca di non si sa che cosa senza avere la nostalgia di un padre e di una madre e incapaci di riprendere la via di casa.

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