occupazione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/occupazione/ Settimanale di informazione regionale Thu, 11 Nov 2021 13:29:53 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg occupazione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/occupazione/ 32 32 Legge di bilancio: ecco dove sta il nodo https://www.lavoce.it/legge-bilancio-nodo/ Thu, 10 Jan 2019 10:06:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53760 bilancio

Il titolo esatto è “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2022”. Nel linguaggio corrente però si chiama “legge di bilancio” o “manovra economica” (che però a rigore esprime un concetto più ampio). È la legge n. 145 del 30 dicembre 2018, la si trova sulla Gazzetta ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2018, supplemento ordinario n. 62. È un testo enorme, lungo 211 pagine. Consta di appena 19 articoli, ma soltanto il primo di essi contiene ben 1.143 commi.

L'esercizio provvisorio di bilancio

È il risultato del cosiddetto “maxiemendamento”, presentato in extremis dal Governo per recepire i termini dell’accordo con la Commissione europea, e approvato dal Parlamento in un colpo solo e a scatola chiusa. Una modalità così estrema da diventare oggetto di un ricorso alla Corte costituzionale.

Tutto per varare il provvedimento entro il 31 dicembre ed evitare l’“esercizio provvisorio di bilancio”, una condizione disastrosa per il Paese: in pratica il Governo potrebbe gestire mese per mese, per un massimo di quattro mesi, soltanto l’ordinaria amministrazione, a spesa bloccata.

Una legge frettolosa

Per questo anche il Capo dello Stato si è trovato nelle condizioni di promulgare la legge di bilancio “pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore”, come ha tenuto a sottolineare nel discorso di fine anno, aggiungendo che “la grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un’attenta verifica dei contenuti del provvedimento”.

È facile intuire che in una legge del genere ci sia praticamente di tutto. Compresa una norma che aumenta le tasse per il volontariato e il terzo settore, su cui il Governo si è già impegnato a fare marcia indietro.

I punti fondamentali della legge di bilancio

Tra migliaia di commi, la struttura fondamentale della manovra è però riconducibile a tre elementi portanti che assorbono gran parte delle risorse, vale a dire gli stanziamenti per il reddito di cittadinanza, per la quota 100 sulle pensioni, e per disinnescare l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia che l’Italia da anni si porta dietro come garanzia rispetto agli sforamenti dei conti.

La “flat tax”, altro cavallo di battaglia elettorale delle forze di maggioranza (della Lega in particolare), si è per ora risolta nell’introduzione di un’aliquota forfettaria del 15% per le partite Iva sotto i 65 mila euro. Nel complesso, peraltro, le tasse non sono diminuite, anzi, sono leggermente aumentate: dal 42% al 42,4%, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio.

Il rapporto tra il deficit pubblico e il Pil (l’indicatore che misura convenzionalmente la crescita o decrescita dell’economia) si è assestato sul 2% (2,04%, per la precisione) a fronte del 2,4% solennemente annunciato dalla maggioranza di Governo per rivendicare la libertà di spendere di più a dispetto dei vincoli europei. Alla fine è stato necessario comunque arrivare a un accordo con la Commissione Ue e ridurre l’extra-deficit entro limiti accettabili da Bruxelles.

Qual è il problema?

L’Italia comunque aumenterà il debito pubblico (che è già uno dei maggiori al mondo, e alla collettività costa miliardi in termini di interessi), ma il profilo più critico della manovra non è neanche questo.

Il vero nodo è che si andrà a fare più deficit non per aumentare gli investimenti e rilanciare l’economia e l’occupazione (com’era nei ragionamenti iniziali del ministro Tria, che pensava a una manovra veramente espansiva), ma per finanziare misure che diventeranno spesa corrente e crescente del tempo.

Il Governo ha ridimensionato le previsioni di crescita, portandole all’1% dall’1,5% iniziale. Ma molti indicatori fanno temere una crescita ancora più ridotta. E senza una crescita significativa non si capisce, per esempio, da dove spunteranno fuori i posti di lavoro necessari a rendere il reddito di cittadinanza un’operazione non assistenzialistica.

Un altro profilo molto critico della manovra è quello relativo ai tempi. La preoccupazione della maggioranza di Governo è stata essenzialmente quella di rendere esecutivi prima delle elezioni europee i due provvedimenti di bandiera (reddito di cittadinanza e quota 100), scaricando sugli anni successivi maggiori spese in misura imponente.

Basti pensare che la nuova clausola di salvaguardia dei conti introdotta per il 2020 prevede un aumento dell’Iva di ben 23 miliardi. Per non parlare della dinamica della spesa pensionistica, contenuta quest’anno con accorgimenti vari, ma destinata a lievitare nel 2020-2021.

Stefano De Martis

]]>
bilancio

Il titolo esatto è “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2022”. Nel linguaggio corrente però si chiama “legge di bilancio” o “manovra economica” (che però a rigore esprime un concetto più ampio). È la legge n. 145 del 30 dicembre 2018, la si trova sulla Gazzetta ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2018, supplemento ordinario n. 62. È un testo enorme, lungo 211 pagine. Consta di appena 19 articoli, ma soltanto il primo di essi contiene ben 1.143 commi.

L'esercizio provvisorio di bilancio

È il risultato del cosiddetto “maxiemendamento”, presentato in extremis dal Governo per recepire i termini dell’accordo con la Commissione europea, e approvato dal Parlamento in un colpo solo e a scatola chiusa. Una modalità così estrema da diventare oggetto di un ricorso alla Corte costituzionale.

Tutto per varare il provvedimento entro il 31 dicembre ed evitare l’“esercizio provvisorio di bilancio”, una condizione disastrosa per il Paese: in pratica il Governo potrebbe gestire mese per mese, per un massimo di quattro mesi, soltanto l’ordinaria amministrazione, a spesa bloccata.

Una legge frettolosa

Per questo anche il Capo dello Stato si è trovato nelle condizioni di promulgare la legge di bilancio “pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore”, come ha tenuto a sottolineare nel discorso di fine anno, aggiungendo che “la grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un’attenta verifica dei contenuti del provvedimento”.

È facile intuire che in una legge del genere ci sia praticamente di tutto. Compresa una norma che aumenta le tasse per il volontariato e il terzo settore, su cui il Governo si è già impegnato a fare marcia indietro.

I punti fondamentali della legge di bilancio

Tra migliaia di commi, la struttura fondamentale della manovra è però riconducibile a tre elementi portanti che assorbono gran parte delle risorse, vale a dire gli stanziamenti per il reddito di cittadinanza, per la quota 100 sulle pensioni, e per disinnescare l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia che l’Italia da anni si porta dietro come garanzia rispetto agli sforamenti dei conti.

La “flat tax”, altro cavallo di battaglia elettorale delle forze di maggioranza (della Lega in particolare), si è per ora risolta nell’introduzione di un’aliquota forfettaria del 15% per le partite Iva sotto i 65 mila euro. Nel complesso, peraltro, le tasse non sono diminuite, anzi, sono leggermente aumentate: dal 42% al 42,4%, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio.

Il rapporto tra il deficit pubblico e il Pil (l’indicatore che misura convenzionalmente la crescita o decrescita dell’economia) si è assestato sul 2% (2,04%, per la precisione) a fronte del 2,4% solennemente annunciato dalla maggioranza di Governo per rivendicare la libertà di spendere di più a dispetto dei vincoli europei. Alla fine è stato necessario comunque arrivare a un accordo con la Commissione Ue e ridurre l’extra-deficit entro limiti accettabili da Bruxelles.

Qual è il problema?

L’Italia comunque aumenterà il debito pubblico (che è già uno dei maggiori al mondo, e alla collettività costa miliardi in termini di interessi), ma il profilo più critico della manovra non è neanche questo.

Il vero nodo è che si andrà a fare più deficit non per aumentare gli investimenti e rilanciare l’economia e l’occupazione (com’era nei ragionamenti iniziali del ministro Tria, che pensava a una manovra veramente espansiva), ma per finanziare misure che diventeranno spesa corrente e crescente del tempo.

Il Governo ha ridimensionato le previsioni di crescita, portandole all’1% dall’1,5% iniziale. Ma molti indicatori fanno temere una crescita ancora più ridotta. E senza una crescita significativa non si capisce, per esempio, da dove spunteranno fuori i posti di lavoro necessari a rendere il reddito di cittadinanza un’operazione non assistenzialistica.

Un altro profilo molto critico della manovra è quello relativo ai tempi. La preoccupazione della maggioranza di Governo è stata essenzialmente quella di rendere esecutivi prima delle elezioni europee i due provvedimenti di bandiera (reddito di cittadinanza e quota 100), scaricando sugli anni successivi maggiori spese in misura imponente.

Basti pensare che la nuova clausola di salvaguardia dei conti introdotta per il 2020 prevede un aumento dell’Iva di ben 23 miliardi. Per non parlare della dinamica della spesa pensionistica, contenuta quest’anno con accorgimenti vari, ma destinata a lievitare nel 2020-2021.

Stefano De Martis

]]>
Gli immigrati che fanno “l’impresa” https://www.lavoce.it/gli-immigrati-fanno-limpresa/ Mon, 07 May 2018 11:18:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51834

Manca il lavoro, e gli immigrati diventano imprenditori. In Umbria, secondo i dati Inail del Dossier statistico immigrazione 2017, gli occupati nati all’estero sono 44.933, di cui il 22,7% provenienti dalla Romania, il 14,2% dall’Albania e il 7,8% dal Marocco. Più del 57 per cento sono uomini. Il 48,5 per cento lavorano nei servizi, il 12,2% in agricoltura e il 32,7% nell’industria. La grande maggioranza (73,7%) degli occupati nati all’estero è impiegata in micro-imprese con meno di dieci dipendenti: un dato in linea con quello nazionale. Dal dossier risulta che anche gli immigrati incontrano difficoltà nel trovare un lavoro, e forse anche per questo quelli che magari vivono da anni in Italia diventano imprenditori, soprattutto nel settore del commercio e delle costruzioni. Le imprese straniere in Umbria sono 8.277, pari all’8,7% del totale, un dato inferiore alla media del resto del Paese (9,4%). Rispetto all’anno precedente sono aumentate del 2,3%, meno della media nazionale (+3,7%) mamolto di più di quelle italiane, cresciute solo dello 0,2 per cento. In provincia di Perugia la media della crescita (+3,4%) del numero delle imprese di stranieri è superiore alla media regionale. Delle 72.965 imprese registrate al 31 dicembre 2017 alla Camera di commercio, 6.600 sono di cittadini stranieri, originari di ben 115 Paesi! Di queste ultime, quasi l’80% è costituito da ditte individuali. Gli stranieri diventati imprenditori in provincia di Perugia provengono in prevalenza dal Marocco (1.031 imprese, ossia il 19,7%), dall’Albania (13,4%) e dalla Romania (13%). La Cina sale al quarto posto (6,6% del totale), seguita da Svizzera, Nigeria, Francia, Tunisia, Germania, Algeria, Macedonia. Queste imprese operano soprattutto nei comparti del commercio compreso ambulantato - per il 34,5%, delle costruzioni (29,6%) e delle attività manifatturiere (8,4%). Consistente la presenza anche nel settore dell’agricoltura e silvicoltura (6,9%) e delle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (6,1%, compresi esercizi bar). Leggi anche "Se l'imprenditorialità perugina cresce è anche merito degli stranieri"]]>

Manca il lavoro, e gli immigrati diventano imprenditori. In Umbria, secondo i dati Inail del Dossier statistico immigrazione 2017, gli occupati nati all’estero sono 44.933, di cui il 22,7% provenienti dalla Romania, il 14,2% dall’Albania e il 7,8% dal Marocco. Più del 57 per cento sono uomini. Il 48,5 per cento lavorano nei servizi, il 12,2% in agricoltura e il 32,7% nell’industria. La grande maggioranza (73,7%) degli occupati nati all’estero è impiegata in micro-imprese con meno di dieci dipendenti: un dato in linea con quello nazionale. Dal dossier risulta che anche gli immigrati incontrano difficoltà nel trovare un lavoro, e forse anche per questo quelli che magari vivono da anni in Italia diventano imprenditori, soprattutto nel settore del commercio e delle costruzioni. Le imprese straniere in Umbria sono 8.277, pari all’8,7% del totale, un dato inferiore alla media del resto del Paese (9,4%). Rispetto all’anno precedente sono aumentate del 2,3%, meno della media nazionale (+3,7%) mamolto di più di quelle italiane, cresciute solo dello 0,2 per cento. In provincia di Perugia la media della crescita (+3,4%) del numero delle imprese di stranieri è superiore alla media regionale. Delle 72.965 imprese registrate al 31 dicembre 2017 alla Camera di commercio, 6.600 sono di cittadini stranieri, originari di ben 115 Paesi! Di queste ultime, quasi l’80% è costituito da ditte individuali. Gli stranieri diventati imprenditori in provincia di Perugia provengono in prevalenza dal Marocco (1.031 imprese, ossia il 19,7%), dall’Albania (13,4%) e dalla Romania (13%). La Cina sale al quarto posto (6,6% del totale), seguita da Svizzera, Nigeria, Francia, Tunisia, Germania, Algeria, Macedonia. Queste imprese operano soprattutto nei comparti del commercio compreso ambulantato - per il 34,5%, delle costruzioni (29,6%) e delle attività manifatturiere (8,4%). Consistente la presenza anche nel settore dell’agricoltura e silvicoltura (6,9%) e delle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (6,1%, compresi esercizi bar). Leggi anche "Se l'imprenditorialità perugina cresce è anche merito degli stranieri"]]>
Ultimi sviluppi su Perugina e Colussi https://www.lavoce.it/ultimi-sviluppi-perugina-colussi/ Mon, 30 Oct 2017 11:30:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50370

Licenziamenti e crisi delle grandi industrie storiche del settore alimentare come Perugina e Colussi. Ma anche tante nuove piccole e medie imprese che stanno prendendo piede e crescendo sempre più. Non c’è un’area dell’Umbria, almeno geograficamente parlando, più in crisi o più in crescita, tanto che gli esperti definiscono l’attuale situazione “a macchia di leopardo”. La “macchia” della vertenza Perugina sembra aver ingranato una via più liscia, anche se il processo è ancora lungo. Sul piatto ci sono 364 posti di lavoro che, al 30 giugno 2018, data di scadenza della cassa integrazione, rischiano di essere tagliati dalla multinazionale madre, la Nestlè. La vertenza sindacale per scongiurare le continue minacce di esuberi va ormai avanti da anni, ma si è inasprita nel corso del 2017, quando il numero di tagli è cresciuto al punto tale da gettare i sindacati in stato d’agitazione. Ad oggi, dopo gli incontri in Confindustria del 13 e 19 ottobre, lo stato d’agitazione è stato sospeso e le parti sembrano essere sulla buona strada per accordarsi affinchè gli esuberi vengano ridotti. Ridotti, non annullati. Il piano, messo a punto da Regione e sindacati, che si sono incontrati in maniera informale anche nella giornata di mercoledì 25 ottobre, punta agli investimenti e allo sviluppo dello stabilimento di San Sisto. Prima proposta quella di implementare il comparto della logistica e di far quindi confluire a Perugia le merci provenienti dallo stabilimento Buitoni di Benevento. Gianluigi Toia, direttore delle relazioni industriali di Nestlè, ha però smontato questa idea affermando insieme ai tecnici che “un polo logistico qui non ha senso”. Ci sono però altre soluzioni che in passato hanno funzionato e sulle quali puntano i sindacati: investimenti in ricerca e sviluppo per ottenere i contributi statali e la cosiddetta reinternalizzazione del lavoro (non servirsi di ditte esterne ma di dipendenti propri per mansioni come le pulizie). Poi c’è il già previsto aumento di export di cioccolato nell’emisfero sud del mondo, altro processo dalle tempistiche lunghe. I prossimi appuntamenti d’incontro delle parti in causa sono previsti per il 6 e 9 novembre. Diversa e per certi aspetti più negativa è la situazione Colussi. La procedura di licenziamento per 125 lavoratori è già iniziata e i sindacati hanno solo 75 giorni per strappare un accordo che riduca gli esuberi e dunque i licenziamenti. Sempre nel settore alimentare umbro vanno invece molto bene il Gruppo Beddini di Foligno, nato come pasticceria nel 1981 e ingranditosi negli ultimi anni, e la Barry-Callebaut di Dolphin, specializzata nella produzione di cioccolato, che sta assumendo e sta trasformando in full time i contratti part time.]]>

Licenziamenti e crisi delle grandi industrie storiche del settore alimentare come Perugina e Colussi. Ma anche tante nuove piccole e medie imprese che stanno prendendo piede e crescendo sempre più. Non c’è un’area dell’Umbria, almeno geograficamente parlando, più in crisi o più in crescita, tanto che gli esperti definiscono l’attuale situazione “a macchia di leopardo”. La “macchia” della vertenza Perugina sembra aver ingranato una via più liscia, anche se il processo è ancora lungo. Sul piatto ci sono 364 posti di lavoro che, al 30 giugno 2018, data di scadenza della cassa integrazione, rischiano di essere tagliati dalla multinazionale madre, la Nestlè. La vertenza sindacale per scongiurare le continue minacce di esuberi va ormai avanti da anni, ma si è inasprita nel corso del 2017, quando il numero di tagli è cresciuto al punto tale da gettare i sindacati in stato d’agitazione. Ad oggi, dopo gli incontri in Confindustria del 13 e 19 ottobre, lo stato d’agitazione è stato sospeso e le parti sembrano essere sulla buona strada per accordarsi affinchè gli esuberi vengano ridotti. Ridotti, non annullati. Il piano, messo a punto da Regione e sindacati, che si sono incontrati in maniera informale anche nella giornata di mercoledì 25 ottobre, punta agli investimenti e allo sviluppo dello stabilimento di San Sisto. Prima proposta quella di implementare il comparto della logistica e di far quindi confluire a Perugia le merci provenienti dallo stabilimento Buitoni di Benevento. Gianluigi Toia, direttore delle relazioni industriali di Nestlè, ha però smontato questa idea affermando insieme ai tecnici che “un polo logistico qui non ha senso”. Ci sono però altre soluzioni che in passato hanno funzionato e sulle quali puntano i sindacati: investimenti in ricerca e sviluppo per ottenere i contributi statali e la cosiddetta reinternalizzazione del lavoro (non servirsi di ditte esterne ma di dipendenti propri per mansioni come le pulizie). Poi c’è il già previsto aumento di export di cioccolato nell’emisfero sud del mondo, altro processo dalle tempistiche lunghe. I prossimi appuntamenti d’incontro delle parti in causa sono previsti per il 6 e 9 novembre. Diversa e per certi aspetti più negativa è la situazione Colussi. La procedura di licenziamento per 125 lavoratori è già iniziata e i sindacati hanno solo 75 giorni per strappare un accordo che riduca gli esuberi e dunque i licenziamenti. Sempre nel settore alimentare umbro vanno invece molto bene il Gruppo Beddini di Foligno, nato come pasticceria nel 1981 e ingranditosi negli ultimi anni, e la Barry-Callebaut di Dolphin, specializzata nella produzione di cioccolato, che sta assumendo e sta trasformando in full time i contratti part time.]]>
Occupazione: la ripresa umbra è ancora lontana https://www.lavoce.it/occupazione-la-ripresa-umbra-ancora-lontana/ Mon, 30 Oct 2017 11:00:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50368

Secondo i dati degli Osservatori statistici Inps, le ore di cassa integrazione autorizzate nel 2016 sono scese del 12, 44% rispetto al 2015. Un dato che mostra come la ripresa nel settore occupazionale umbro c’è, ma è più lenta di quanto si pensi. Se da una parte le piccole e medie imprese sono lievemente in crescita, dall’altra quelle storiche e grandi continuano ad avere problemi di licenziamenti e per centinaia di esuberi delle grandi aziende non c’è un’espansione equivalente delle piccole imprese tale da riequilibrare la situazione. Ne sono un esempio Perugina e Colussi, ma non solo. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de "La Voce"]]>

Secondo i dati degli Osservatori statistici Inps, le ore di cassa integrazione autorizzate nel 2016 sono scese del 12, 44% rispetto al 2015. Un dato che mostra come la ripresa nel settore occupazionale umbro c’è, ma è più lenta di quanto si pensi. Se da una parte le piccole e medie imprese sono lievemente in crescita, dall’altra quelle storiche e grandi continuano ad avere problemi di licenziamenti e per centinaia di esuberi delle grandi aziende non c’è un’espansione equivalente delle piccole imprese tale da riequilibrare la situazione. Ne sono un esempio Perugina e Colussi, ma non solo. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de "La Voce"]]>
Area di crisi complessa: speranza per le imprese ternane https://www.lavoce.it/area-crisi-complessa-speranza-le-imprese-ternane/ Tue, 24 Oct 2017 11:29:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50290

L'Area di Crisi complessa per i territori di Terni e Narni è un’imperdibile opportunità. La risposta giunta da parte del sistema delle imprese artigiane, piccole e medie imprese, fa ben intendere che il cambiamento economico e sociale in atto agevolerà non solo progetti cantierabili proposti dalla grande industria, ma anche quella parte di adesioni e progetti oggetto della call di Invitalia che coinvolgono una fetta importante di piccole e medie imprese”. Così il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori che ricorda come “il percorso attivato fin dai primi momenti in cui si è inteso anche solo parlare di Area di Crisi complessa, si sia rivelato uno strumento per riconoscere tutti insieme la gravità di uno stato innegabilmente difficile da recuperare. Le iniziative, gli incontri organizzati per parlarne e per ascoltare gli imprenditori hanno delineato uno spirito piuttosto interessato e incuriosito che ci vede, oggi, soddisfatti perché l’impegno da tutti profuso porterà senza dubbio ricadute positive nel medio e lungo periodo”. Medori sostiene che “se le risorse che giungeranno certificano tempi maturi per il cambiamento di Terni e della sua Provincia, possiamo anche affermare che un cambiamento, una dimostrazione di maturità c’è stata anche da parte delle imprese, che non hanno scelto di stare a guardare o di arrendersi, ma di partecipare con interesse e iniziativa alla svolta possibile. Dalla nostra - continua Medori - continueremo a lavorare per il rilancio e lo sviluppo delle attività imprenditoriali, per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per sostenere, anche attraverso le risorse messe a disposizione dall’Area di Crisi complessa, programmi di investimento per il territorio e la sua economia”. Sostenere le imprese che vogliono innovarsi e che vogliono salvaguardare e creare nuova occupazione, del resto, è la mission dell’Associazione. Le aziende, infatti, non vogliono sussidi ma risorse per sostenere progetti diretti a rimettere in moto l’economia del territorio, incrementare l’occupazione, stabilizzare la salute economica e sociale del tessuto produttivo ternano narnese che da lungo tempo versa in condizioni critiche. “Le imprese hanno fatto un patto con il territorio – conclude il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori - per dare risposte all’emergenza lavoro e agganciare la ripresa, di cui per molto tempo si è solo sentito parlare, rilanciare e riqualificare lo sviluppo del tessuto produttivo e manifatturiero locale, nonché della sua occupazione.”]]>

L'Area di Crisi complessa per i territori di Terni e Narni è un’imperdibile opportunità. La risposta giunta da parte del sistema delle imprese artigiane, piccole e medie imprese, fa ben intendere che il cambiamento economico e sociale in atto agevolerà non solo progetti cantierabili proposti dalla grande industria, ma anche quella parte di adesioni e progetti oggetto della call di Invitalia che coinvolgono una fetta importante di piccole e medie imprese”. Così il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori che ricorda come “il percorso attivato fin dai primi momenti in cui si è inteso anche solo parlare di Area di Crisi complessa, si sia rivelato uno strumento per riconoscere tutti insieme la gravità di uno stato innegabilmente difficile da recuperare. Le iniziative, gli incontri organizzati per parlarne e per ascoltare gli imprenditori hanno delineato uno spirito piuttosto interessato e incuriosito che ci vede, oggi, soddisfatti perché l’impegno da tutti profuso porterà senza dubbio ricadute positive nel medio e lungo periodo”. Medori sostiene che “se le risorse che giungeranno certificano tempi maturi per il cambiamento di Terni e della sua Provincia, possiamo anche affermare che un cambiamento, una dimostrazione di maturità c’è stata anche da parte delle imprese, che non hanno scelto di stare a guardare o di arrendersi, ma di partecipare con interesse e iniziativa alla svolta possibile. Dalla nostra - continua Medori - continueremo a lavorare per il rilancio e lo sviluppo delle attività imprenditoriali, per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per sostenere, anche attraverso le risorse messe a disposizione dall’Area di Crisi complessa, programmi di investimento per il territorio e la sua economia”. Sostenere le imprese che vogliono innovarsi e che vogliono salvaguardare e creare nuova occupazione, del resto, è la mission dell’Associazione. Le aziende, infatti, non vogliono sussidi ma risorse per sostenere progetti diretti a rimettere in moto l’economia del territorio, incrementare l’occupazione, stabilizzare la salute economica e sociale del tessuto produttivo ternano narnese che da lungo tempo versa in condizioni critiche. “Le imprese hanno fatto un patto con il territorio – conclude il direttore di Confartigianato Imprese Terni Michele Medori - per dare risposte all’emergenza lavoro e agganciare la ripresa, di cui per molto tempo si è solo sentito parlare, rilanciare e riqualificare lo sviluppo del tessuto produttivo e manifatturiero locale, nonché della sua occupazione.”]]>
Siamo una regione senza speranza? https://www.lavoce.it/regione-senza-speranza/ Thu, 19 Oct 2017 11:00:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50262

La nostra piccola regione è sempre più in affanno sul fronte della speranza. Speranza di un futuro migliore, o semplicemente di un futuro, per padri e madri che si trovano d’un tratto senza lavoro e per giovani che non lo trovano. Lo scenario è vario, e per una multinazionale o una grande azienda che annuncia due o trecento “esuberi” ci sono altre realtà produttive più piccole che non fanno notizia ma, messe insieme fanno numero. I lavoratori con i sindacati portano avanti le loro battaglie chiedendo a tutti, a cominciare da amministratori e politici, e finanche ai Vescovi, di sostenerli in ogni modo possibile per convincere gli imprenditori a cambiare i loro piani. Il problema è che non si vedono all’orizzonte alternative fatte di grandi imprese che assumono. Anche chi, e sono soprattutto i giovani, ma non solo loro, volesse mettersi in gioco per inventarsi un lavoro da una passione o da una intuizione trova grandi ostacoli a cominciare da un sistema creditizio che non è aperto a quel “microcredito” che potrebbe rappresentare la svolta per chi vuole iniziare. GIOVANI LAUREATI. Siamo dunque una regione senza speranza? Verrebbe da dire sì se all’elenco aggiungiamo il numero di coloro che lasciano la nostra regione per cercare all’estero e in altre parti d’Italia un lavoro, se pensiamo che tra questi nuovi emigranti ci sono molti giovani laureati che qui non trovano un’occupazione o se la trovano spesso non corrisponde alle loro competenze e capacità perché il nostro sistema produttivo non è spesso in grado neppure di “sfruttare” le risorse umane che ha a disposizione. È un dato che si registra un po’ in tutta la penisola e non è un segnale positivo considerando che ci dirigiamo in un’economia digitale che richiede figure professionali alte. I dati contenuti nel rapporto Ocse su “Strategie per le competenze” mostrano che tra i 25 e i 35 anni il numero dei laureati in Italia è inferiore alla media dei Paesi economicamente sviluppati: il 20% contro il 30%. Perciò è ancora più grave costatare che il 18% degli occupati svolge attività che richiedono un complesso di competenze inferiori a quelle che hanno e che nel 35% dei casi i laureati lavorano in settori non coerenti con quello che hanno studiato. RISORSE E SOSTEGNO.  Eppure queste oggettive e pesanti difficoltà non riescono a soffocare la speranza di un futuro per chi ha dei sogni da realizzare. Dal giovane che appena diplomato mette a frutto la sua passione per la pasticceria alla giovane laureata in comunicazione, ai ragazzi che si uniscono in cooperativa per fornire servizi alla persona o alle aziende. Le loro energie non mancano. Ciò di cui hanno bisogno è il sostegno concreto a chi vuole fare impresa. Su questo dovrebbero concentrarsi gli sforzi di tutti, ciascuno per la sua parte, per rendere attrattiva questa terra che ha bisogno di migliori collegamenti geografici (strade, treni, aerei…) e tecnologici (la fibra che arriverà anche nei piccoli paesi montani dell’Umbria potrà cambiare la geografia del lavoro), di meno burocrazia e di maggiori aperture di credito per chi ha idee imprenditoriali nuove. Fare questo vorrebbe dire creare condizioni favorevoli anche a grandi imprese. “Progetto Policoro”, “CoopUp”, “Area di crisi complessa” sono nomi di realtà anche molto diverse tra loro (ne parliamo in queste pagine) che hanno in comune la possibilità di dare speranza insieme ad un lavoro.]]>

La nostra piccola regione è sempre più in affanno sul fronte della speranza. Speranza di un futuro migliore, o semplicemente di un futuro, per padri e madri che si trovano d’un tratto senza lavoro e per giovani che non lo trovano. Lo scenario è vario, e per una multinazionale o una grande azienda che annuncia due o trecento “esuberi” ci sono altre realtà produttive più piccole che non fanno notizia ma, messe insieme fanno numero. I lavoratori con i sindacati portano avanti le loro battaglie chiedendo a tutti, a cominciare da amministratori e politici, e finanche ai Vescovi, di sostenerli in ogni modo possibile per convincere gli imprenditori a cambiare i loro piani. Il problema è che non si vedono all’orizzonte alternative fatte di grandi imprese che assumono. Anche chi, e sono soprattutto i giovani, ma non solo loro, volesse mettersi in gioco per inventarsi un lavoro da una passione o da una intuizione trova grandi ostacoli a cominciare da un sistema creditizio che non è aperto a quel “microcredito” che potrebbe rappresentare la svolta per chi vuole iniziare. GIOVANI LAUREATI. Siamo dunque una regione senza speranza? Verrebbe da dire sì se all’elenco aggiungiamo il numero di coloro che lasciano la nostra regione per cercare all’estero e in altre parti d’Italia un lavoro, se pensiamo che tra questi nuovi emigranti ci sono molti giovani laureati che qui non trovano un’occupazione o se la trovano spesso non corrisponde alle loro competenze e capacità perché il nostro sistema produttivo non è spesso in grado neppure di “sfruttare” le risorse umane che ha a disposizione. È un dato che si registra un po’ in tutta la penisola e non è un segnale positivo considerando che ci dirigiamo in un’economia digitale che richiede figure professionali alte. I dati contenuti nel rapporto Ocse su “Strategie per le competenze” mostrano che tra i 25 e i 35 anni il numero dei laureati in Italia è inferiore alla media dei Paesi economicamente sviluppati: il 20% contro il 30%. Perciò è ancora più grave costatare che il 18% degli occupati svolge attività che richiedono un complesso di competenze inferiori a quelle che hanno e che nel 35% dei casi i laureati lavorano in settori non coerenti con quello che hanno studiato. RISORSE E SOSTEGNO.  Eppure queste oggettive e pesanti difficoltà non riescono a soffocare la speranza di un futuro per chi ha dei sogni da realizzare. Dal giovane che appena diplomato mette a frutto la sua passione per la pasticceria alla giovane laureata in comunicazione, ai ragazzi che si uniscono in cooperativa per fornire servizi alla persona o alle aziende. Le loro energie non mancano. Ciò di cui hanno bisogno è il sostegno concreto a chi vuole fare impresa. Su questo dovrebbero concentrarsi gli sforzi di tutti, ciascuno per la sua parte, per rendere attrattiva questa terra che ha bisogno di migliori collegamenti geografici (strade, treni, aerei…) e tecnologici (la fibra che arriverà anche nei piccoli paesi montani dell’Umbria potrà cambiare la geografia del lavoro), di meno burocrazia e di maggiori aperture di credito per chi ha idee imprenditoriali nuove. Fare questo vorrebbe dire creare condizioni favorevoli anche a grandi imprese. “Progetto Policoro”, “CoopUp”, “Area di crisi complessa” sono nomi di realtà anche molto diverse tra loro (ne parliamo in queste pagine) che hanno in comune la possibilità di dare speranza insieme ad un lavoro.]]>
Ex Pozzi, ex Novelli, ex Merloni e la prospettiva dell’ex Umbria https://www.lavoce.it/ex-pozzi-ex-novelli-ex-merloni-la-prospettiva-dellex-umbria/ Thu, 12 Oct 2017 17:01:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50165 Ex Pozzi, ex Novelli, ex Merloni… e poi? Ex Perugina? E anche ex Umbria? La dolorosa sequenza delle aziende in crisi nella regione getta un’ombra nefasta sul futuro non soltanto del più grande sito industriale del capoluogo, ma anche sulla possibilità stessa che l’Umbria come tale riesca a reggere l’urto, sotto il profilo economico, istituzionale e sociale, della peggiore crisi economica del dopoguerra (parole del ministro dell’Economia), che ora tutti danno allegramente, e molto superficialmente, per risolta, ma le cui ‘vittime’, in termini di chiusure di fabbriche e di posti di lavoro che scompaiono, si cominciano a contare a diverse centinaia da qualche mese a questa parte.
All’inizio degli anni Novanta, uno studio della Fondazione Agnelli ridisegnava la geografia istituzionale dello Stato italiano, e l’Umbria spariva: il pezzo a nord andava alla Toscana, quello a sud al Lazio. Quello che non si è fatto per via politica, lo sta forse mettendo in atto, e con molta più velocità e violenza, il declino economico di un’entità geo-politica che molti ricordano creata ad arte, senza un vero e proprio ‘ubi-consistam’ storico, culturale e sociale che avesse i caratteri della coesione e dell’unità interna. Se a spingere i catalani a chiedere l’indipendenza da Madrid è principalmente (e ovviamente) la questione economica, il loro benessere, è ovvio pensare che dove questo benessere comincia a calare, anche il tessuto sociale e politico si sfrangi.
La mia generazione è cresciuta ritenendo che il primato della politica sull’economia fosse un dogma non commerciabile, e che quindi dalla politica, e dai politici, dovessero arrivare ricette e soluzioni per evitare il degrado, e conservare alle persone la loro dignità.
Da qualche decennio, anche in Umbria tutto ciò non appare più così certo. I grandi gruppi multinazionali, che in Umbria sono titolari di grosse fette del sistema produttivo, non sembrano mostrare grande sensibilità di fronte al concetto di Responsabilità sociale di impresa. Resta la mobilitazione della gente, che può essere importante per ribadire con forza che non si possono, dall’oggi al domani, depauperare o smantellare realtà produttive da cui dipendono vita e avvenire di tante persone. Ma se la politica resta sullo sfondo, limitandosi alla presa d’atto, il declino non si ferma.

]]>
La vertenza Perugina parla all’Italia https://www.lavoce.it/la-vertenza-perugina-parla-allitalia/ Wed, 11 Oct 2017 16:26:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50153

La vertenza della Perugina è difficile, e la politica - in particolare umbra - pur mobilitata, pare che abbia un potere minimo per incidere sul futuro dell’azienda, interessata da una proposta dei vertici della Nestlé che porterebbe a un drastico ridimensionamento del personale (quasi la metà, 364 su oltre 800 addetti). Si conta su un intervento ministeriale per tentare di sbloccare la crisi. Il 13 ottobre è in programma l’incontro in Confindustria umbra, e non si sa come andrà a finire. Nel corso della manifestazione che si è svolta a Perugia in difesa dello stabilimento, la Rsu aziendale ha parlato chiaro: “Se Nestlé viene all’incontro del 13 ottobre in Confindustria Umbria per parlare ancora di esuberi in Perugina, lo dica subito, così neanche ci presentiamo”. Luca Turcheria, a nome della Rsu, ha sottolineato che “al piano di ricollocazioni degli esuberi annunciato dalla multinazionale svizzera i dipendenti non credono, semplicemente perché non ci sono 364 posti in Umbria”. Alla manifestazione nel centro storico cittadino hanno partecipato maestranze della Perugina, insieme a sindacalisti, parlamentari, rappresentanti delle istituzioni locali e semplici cittadini. Presenti anche molte delegazioni di altre aziende umbre (come Ast, Colussi, Merloni e Novelli), in crisi e non. In mezzo alla folla, come già durante il presidio di qualche giorno fa davanti ai cancelli della Perugina, don Claudio Regni, parroco di San Sisto e per 24 anni il prete della fabbrica del cioccolato: ”La Chiesa - ha tenuto a ribadire - sta sempre con i più deboli, e chi deve portare a casa un pezzo di pane è debole”. Per il segretario Cgil di Perugia, Filippo Ciavaglia, la Nestlé “è un’impresa che prende solo dal nostro territorio”. Per l’ex leader Fiom, Maurizio Landini, anch’egli presente alla manifestazione, “la vertenza Perugina non è locale ma parla al Paese. La mia presenza qui è per dire che i lavoratori hanno il sostegno di tutta la Cgil nazionale”. Dalla Regione Umbria il pieno sostegno ai lavoratori espresso dalla presidente Marini, e dal vice presidente della Giunta e assessore allo Sviluppo economico, Fabio Paparelli. “Perugina - hanno evidenziato -, oltre a essere un marchio di eccellenza del cioccolato made in Italy è un vero e proprio simbolo di qualità dell’Umbria nel mondo. La storia e il valore di questa fabbrica vanno oltre i fatturati e i bilanci aziendali. Ogni umbro considera questo marchio parte integrante della propria identità regionale”. Vicinanza anche dall’Amministrazione comunale di Perugia “a un marchio che rappresenta la storia della nostra terra – ha dichiarato il sindaco Andrea Romizi. – Per questa ragione auspico che le varie categorie partecipino numerose e facciano quadrato attorno a un’azienda che rappresenta l’Umbria nel mondo. C’è in gioco anche il futuro di numerosi lavoratori della Colussi, delle province e di altre realtà regionali che si stanno battendo per mantenere il posto”.]]>

La vertenza della Perugina è difficile, e la politica - in particolare umbra - pur mobilitata, pare che abbia un potere minimo per incidere sul futuro dell’azienda, interessata da una proposta dei vertici della Nestlé che porterebbe a un drastico ridimensionamento del personale (quasi la metà, 364 su oltre 800 addetti). Si conta su un intervento ministeriale per tentare di sbloccare la crisi. Il 13 ottobre è in programma l’incontro in Confindustria umbra, e non si sa come andrà a finire. Nel corso della manifestazione che si è svolta a Perugia in difesa dello stabilimento, la Rsu aziendale ha parlato chiaro: “Se Nestlé viene all’incontro del 13 ottobre in Confindustria Umbria per parlare ancora di esuberi in Perugina, lo dica subito, così neanche ci presentiamo”. Luca Turcheria, a nome della Rsu, ha sottolineato che “al piano di ricollocazioni degli esuberi annunciato dalla multinazionale svizzera i dipendenti non credono, semplicemente perché non ci sono 364 posti in Umbria”. Alla manifestazione nel centro storico cittadino hanno partecipato maestranze della Perugina, insieme a sindacalisti, parlamentari, rappresentanti delle istituzioni locali e semplici cittadini. Presenti anche molte delegazioni di altre aziende umbre (come Ast, Colussi, Merloni e Novelli), in crisi e non. In mezzo alla folla, come già durante il presidio di qualche giorno fa davanti ai cancelli della Perugina, don Claudio Regni, parroco di San Sisto e per 24 anni il prete della fabbrica del cioccolato: ”La Chiesa - ha tenuto a ribadire - sta sempre con i più deboli, e chi deve portare a casa un pezzo di pane è debole”. Per il segretario Cgil di Perugia, Filippo Ciavaglia, la Nestlé “è un’impresa che prende solo dal nostro territorio”. Per l’ex leader Fiom, Maurizio Landini, anch’egli presente alla manifestazione, “la vertenza Perugina non è locale ma parla al Paese. La mia presenza qui è per dire che i lavoratori hanno il sostegno di tutta la Cgil nazionale”. Dalla Regione Umbria il pieno sostegno ai lavoratori espresso dalla presidente Marini, e dal vice presidente della Giunta e assessore allo Sviluppo economico, Fabio Paparelli. “Perugina - hanno evidenziato -, oltre a essere un marchio di eccellenza del cioccolato made in Italy è un vero e proprio simbolo di qualità dell’Umbria nel mondo. La storia e il valore di questa fabbrica vanno oltre i fatturati e i bilanci aziendali. Ogni umbro considera questo marchio parte integrante della propria identità regionale”. Vicinanza anche dall’Amministrazione comunale di Perugia “a un marchio che rappresenta la storia della nostra terra – ha dichiarato il sindaco Andrea Romizi. – Per questa ragione auspico che le varie categorie partecipino numerose e facciano quadrato attorno a un’azienda che rappresenta l’Umbria nel mondo. C’è in gioco anche il futuro di numerosi lavoratori della Colussi, delle province e di altre realtà regionali che si stanno battendo per mantenere il posto”.]]>
I cattolici in Italia e il lavoro: denuncia, racconto, proposta https://www.lavoce.it/i-cattolici-in-italia-e-il-lavoro-denuncia-racconto-proposta/ Thu, 01 Dec 2016 09:00:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=47967 lavoro-CMYKE’ stata diffusa il 22 novembre la lettera-invito alla 48a Settimana sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26-29 ottobre 2017). Quattro i “registri comunicativi” che accompagneranno l’evento e la sua preparazione: “Denunciare le situazioni più gravi e inaccettabili”, “raccontare il lavoro nelle sue profonde trasformazioni”, “raccogliere e diffondere le tante buone pratiche” esistenti, “costruire alcune proposte” per sciogliere nodi “che ci stanno a cuore”.

Il lavoro come vocazione, opportunità, valore, fondamento di comunità e promotore di legalità. Sono le cinque “prospettive” verso cui sono chiamati a guardare i cattolici italiani, in vista della prossima Settimana sociale a partire dal tema “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”. A declinarle è la lettera-invito, scritta dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali e a firma del suo presidente, il vescovo di Taranto mons. Filippo Santoro, indirizzata – per tramite dei rispettivi Vescovi diocesani – a tutti i cattolici in Italia.

“Il paradigma del lavoro come ‘impiego’ – riporta la missiva – si sta esaurendo con una progressiva perdita dei diritti lavorativi e sociali, in un contesto di perdurante crisi economica che coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione”.

“È forte la necessità che quel modello di ‘lavoro degno’ affermato dal Magistero sociale della Chiesa e dalla Costituzione italiana trovi un’effettiva attuazione nel rispetto e nella promozione della dignità della persona umana”.

Di qui le cinque prospettive, a partire dalla vocazione al lavoro, che “va formata e coltivata attraverso un percorso di crescita ricco e articolato, capace di coinvolgere l’integralità della persona”. In secondo luogo, “il lavoro è opportunità, che nasce dall’incontro tra impegno personale e innovazione in campo istituzionale e produttivo”. “La creazione di lavoro – sottolinea il documento al riguardo – non avviene per caso né per decreto, ma è conseguenza di uno sforzo individuale e di un impegno politico serio e solidale”. Poi, il riconoscimento del lavoro come valore, “in quanto ha a che fare con la dignità della persona, è base della giustizia e della solidarietà sociale e genera la vera ricchezza”.

Ancora, “è fondamento di comunità, perché valorizza la persona all’interno di un gruppo, sostiene l’interazione tra soggetti, sviluppa il senso di un’identità aperta alla conoscenza e all’integrazione con nuove culture, generatrice di responsabilità per il bene comune”. Infine, “rispetto a un contesto in cui l’illegalità rischia di apparire come l’unica occasione di mantenimento per se stessi e la propria famiglia”, il lavoro degno deve promuovere la legalità, e quindi “diventa indispensabile creare luoghi trasparenti affinché le relazioni siano autentiche e basate sul senso di giustizia e di eguaglianza nelle opportunità”.

La prossima Settimana sociale, che si propone di “realizzare un incontro partecipativo” e rinnovare “l’impegno delle comunità cristiane” sul tema del lavoro, andrà preparata con un “percorso diocesano” per portare a Cagliari un contributo “partecipato”, seguendo “quattro registri comunicativi”. In primo luogo la denuncia. Scrive al riguardo il Comitato:

“Vogliamo assumere la responsabilità di denunciare le situazioni più gravi e inaccettabili: sfruttamento, lavoro nero, insicurezza, disuguaglianza, disoccupazione – specie al Sud e tra i giovani – e problematiche legate al mondo dei migranti”.

Poi, il racconto del lavoro “nelle sue profonde trasformazioni, dando voce ai lavoratori e alle lavoratrici, interrogandoci sul suo senso nel contesto attuale”. E, per andare oltre la denuncia, vi è pure la volontà di far emergere “le tante buone pratiche che, a livello aziendale, territoriale e istituzionale, stanno già offrendo nuove soluzioni ai problemi del lavoro e dell’occupazione”. Infine, “costruire alcune proposte che, sul piano istituzionale, aiutino a sciogliere alcuni dei nodi che ci stanno più a cuore”.

Nell’ottica della concretezza va pure l’impegno, enunciato nel documento, di proporre nel corso dell’anno “a tutte le comunità cristiane un’iniziativa di solidarietà nei confronti di chi non ha lavoro”.

 

]]>
Perugia: Il cardinale Bassetti incoraggia il mondo del lavoro ad avere fiducia e speranza https://www.lavoce.it/perugia-il-cardinale-bassetti-incoraggia-il-mondo-del-lavoro-ad-avere-fiducia-e-speranza/ Thu, 10 Mar 2016 16:44:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45688 Perugi, Europoligrafico, sala mensa. Celebrazione eucaristica presieduta dal card. Bassetti
Perugi, Europoligrafico, sala mensa. Celebrazione eucaristica presieduta dal card. Bassetti

«Dio è una fornace di amore e noi, con la preghiera, dobbiamo chiedere la sua intercessione per sostenerci nella vita e, in particolare, nel mondo del lavoro, della sanità, dell’istruzione…, perché il Signore vuole essere pregato da tutti affinché possa essere vicino a tutti». Così il cardinale Gualtiero Bassetti durante la celebrazione eucaristica presso la sala mensa dell’Europoligrafico della zona industriale di San Sisto in Perugia, la prima delle due realtà produttive visitate dal porporato nella mattinata del 10 marzo. «Nel prepararci alla Pasqua – ha proseguito il cardinale – non possiamo trascurare che Dio ha tanto amato il mondo da donargli il Figlio per la salvezza di tutti gli uomini nel consegnarlo a Giuda, ai peccatori, al Sinedrio… Cristo, per amore dell’umanità intera, si è immolato sulla croce e Dio ha accettato che il Figlio soffrisse, perché tutti gli uomini tornassero liberi da ogni peccato». Al momento della recita del Padre Nostro, il cardinale ha ricordato il significato importante dell’Anno giubilare della Misericordia, dicendo: «Chiedo di pregare incessantemente e di operare con determinazione a tutti i livelli della nostra società affinché in nessuna famiglia manchi il pane quotidiano, il pane frutto del lavoro, ma anche il pane del perdono e della riconciliazione».

Il Cardinale accompagnato dal parroco di San Sisto, don Claudio Regni, e dal direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, mons. Fausto Sciurpa, è stato accolto con molta cordialità dal presidente del Gruppo Europoligrafico, conte Gastone Colleoni. L’Europoligrafico, già Poligrafico Buitoni, che affonda le proprie origini agli inizi del ‘900, è una primaria realtà in Italia nel settore cartotecnico (produzioni di astucci, scatole etc. stampate ad alta definizione) con una significativa presenza anche a livello europeo. Vi lavorano circa 200 persone, di cui oltre la metà nel solo stabilimento di Perugia, grazie alle quali la società sviluppa su tre stabilimenti produttivi oltre 50 milioni di euro di fatturato.

Il Cardinale, intrattenendosi al termine della messa con maestranze e dirigenti, ha avuto per tutti parole di fiducia e di speranza. Riguardo alla crisi economica ha detto che ognuno è chiamato a fare la sua parte, anche la Chiesa. Infatti, «domenica 13 marzo sarà inaugurato l’Emporio Caritas “Divina Misericordia” con sede in questa zona industriale – ha annunciato don Claudio Regni –. Invitiamo tutti a visitarlo e ad unirsi ai tanti benefattori, operatori e volontari che accoglieranno dalla prossima settimana 300 e più famiglie in difficoltà anche per la perdita del lavoro, di cui il 40% sono italiane».

Perugia, visita alla Benedetti spa. Al card. Bassetti viene mostrato un cartone ondulato  prodotto in azienda
Perugia, visita alla Benedetti spa. Al card. Bassetti viene mostrato un cartone ondulato prodotto in azienda

Mons. Fausto Sciurpa, nel porgere il suo augurio pasquale ai dipendenti dell’Europoligrafico e poi a quelli della Mauro Benedetti Spa, ha annunciato che l’Ufficio pastorale da lui diretto sta organizzando, per la ricorrenza della Festa del Primo Maggio, il Giubileo diocesano della Misericordia per il mondo del lavoro. «Quest’anno la Festa dei lavoratori cade di domenica – ha commentato mons. Sciurpa –, un’occasione propizia per fare festa tutti insieme nel ricordo del patrono san Giuseppe artigiano, celebrando questa importante ricorrenza con l’attraversare la Porta della Misericordia della nostra cattedrale».

Anche all’azienda Mauro Benedetti Spa, distante in linea d’aria poche centinaia di metri dall’Europoligrafico, il cardinale Bassetti è stato accolto con molta cordialità dalle proprietarie, la signora Giovanna Speziali e le sue due figlie, Maria Pia e Francesca Benedetti. E’ una realtà produttiva a conduzione familiare, che dà lavoro a circa 100 persone, i cui proprietari iniziarono la loro attività come artigiani bottai nelle colline toscane, per poi diventare fabbricanti di casse in legno, chiamati ad operare nei primi anni venti del ‘900, a Perugia, dai Buitoni per produrre le casse per lo stabilimento della Perugina. Quest’azienda, successivamente, con Mauro Benedetti si concentrò nella produzione di scatole in cartone ondulato.

Il cardinale ha ringraziato le “padrone di casa” per l’accoglienza e con tono scherzoso ha detto loro: «Visitando i vari reparti della vostra fabbrica sono venuto a apprendere la tecnica della lavorazione del cartone ondulato, che serve per vari usi industriali e domestici. Chi non ha in casa oggetti custoditi in queste scatole?». Il cardinale si è soffermato con interesse sul ciclo di lavorazione del cartone da imballaggio che,  hanno spiegato Maria Pia e Francesca Benedetti, da diversi decenni ha sostituito il legno come materia prima per la realizzazione di contenitori di oggetti.

Il porporato ha benedetto gli operai nelle loro postazioni e i vari reparti di produzione del cartone ondulato, il prodotto “fiore all’occhiello” della Mauro Benedetti Spa. Intrattenendosi poi con gli impiegati negli uffici direzionali, Bassetti ha ricordato che «il lavoro e la sua sicurezza sono un diritto dell’uomo. Il lavoro, insieme alla vita – ha commentato –, è una grande benedizione di Dio. Per questo, soprattutto in occasione della Pasqua, visito i luoghi di lavoro benedicendo chi li vive giorno per giorno, traendo onesto profitto per sé e per la propria famiglia».

 

]]>
Ci sono meno stranieri https://www.lavoce.it/ci-sono-meno-stranieri/ Sat, 05 Dec 2015 08:52:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44570 Assisi-bontempi-sorrentino-guasticchi-pirrami-salvatoreCome cambia la presenza degli stranieri in Umbria, terra di immigrazione.

A dirlo sono le Acli di Perugia e il circolo Acli “Ora et labora” di Fossato di Vico, che in collaborazione con il Comune di Nocera Umbra, hanno presentato venerdì 27, il 13° Censimento degli immigrati nel territorio al 30.09.2015, relativo alla presenza degli immigrati regolarmente soggiornanti nei Comuni di Costacciaro, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Gubbio, Nocera Umbra, Scheggia-Pascelupo, Sigillo e Valfabbrica.

“L’impostazione della ricerca – ha affermato Sante Pirrami, presidente del circolo fossatano – è in linea con quanto già elaborato negli anni precedenti, privilegiando la presenza degli stranieri residenti nel territorio e l’incidenza nella scuola. Inoltre si è guardato all’occupazione degli stranieri dal 2005 a giugno 2015”.

La popolazione straniera è diminuita nell’ultimo anno: del 3,3%, arrivando così a 5.639 unità. L’incidenza della popolazione straniera in rapporto alla popolazione totale residente è pari all’8,7% (-0,2%). Dal 2005 al 2015 nel nostro territorio si è verificato un calo progressivo (-1%).

Il Comune di Gubbio ha la percentuale maggiore di popolazione straniera con circa il 38,3%; il Comune di Gualdo Tadino ha il 30%. Fanalino di coda sono Scheggia, Costacciaro e Sigillo.

L’incidenza degli immigrati rispetto al 2014 evidenzia a Fossato di Vico una presenza pari al 17,7% (-1,1%), a Gualdo Tadino l’11,1% (-0,4) e a Nocera Umbra 11,1% (+0,4%).

Il confronto fra i dati del 2010 e quelli del 2015 denunciano un netto decremento di uomini (-2%). Le donne aumentano del 2,5%. Le braccia da lavoro che sono costituite dagli immigrati compresi nella fascia tra i 19-40 anni è il 38,7% e tra i 41-60 anni il 30,2%. L’etnia dominante è costituita da romeni con una presenza del 21,1%, seguita da Marocco, Ucraina, Macedonia e Nigeria.

Per quanto riguarda l’ambito scolastico, i tre Comuni che vedono la presenza di immigrati alle superiori sono Gualdo, Gubbio e Nocera; quest’ultima ha il maggior numero di presenze di alunni stranieri, pari al 22%. Il Comune di Fossato di Vico raggiunge una forte presenza di alunni stranieri in tutti i vari ordini di scuola, in particolare nella scuola dell’infanzia un alunno su tre. Le iscrizioni scolastiche degli alunni stranieri negli otto Comuni si attestano al 13,4%. Le nazionalità predominanti degli alunni sono da Albania, Marocco e Romania.

Altro dato importante è legato alle imprese presenti negli 8 Comuni nel 2005. Il Comune con maggiore imprese è Gubbio (451) seguito da Gualdo Tadino (249), Nocera Umbra (68) e, a pari merito, Fossato di Vico e Valfabbrica (42). Il Comune di Costacciaro ha la minore presenza di imprese (13).

Oggi, pur variando i numeri, il Comune di Gubbio risulta sempre il capofila. Le imprese negli 8 Comuni sono aumentate di 111.

Si sono confrontati su questi dati il sindaco di Nocera Giovanni Bontempi, il sindaco di Gualdo Massimiliano Presciutti, il “padre vescovo” Sorrentino (come ha chiesto di essere chiamato), l’avv. Mascia Salvatore del portale immigrazione stranierinitalia.it, il vice presidente del Consiglio regionale Marco Vinicio Guasticchi.

I vari interventi sono stati concordi nell’evidenziare l’importanza dell’integrazione attiva che si basa su regole chiare, uguali per tutti. “L’integrazione – si è detto – è l’arma che può contrastare chi porta messaggi di violenza e di morte. Oggi bisogna pensare più che mai in maniera globale”.

]]>
Resta incerto il futuro dei dipendenti delle Province https://www.lavoce.it/resta-incerto-il-futuro-dei-dipendenti-delle-province/ Thu, 01 Oct 2015 12:33:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43645 I dipendenti delle Province durante l’incontro con i presidenti dei gruppi politici in Regione
I dipendenti delle Province durante l’incontro con i presidenti dei gruppi politici in Regione

“Incertezza” è la parola d’ordine per descrivere la situazione delle Province umbre, che non sono in grado di presentare i bilanci, e sono a rischio di dissesto perché sono venute meno i trasferimenti statali. Ci saranno altri 20 giorni di tempo ma poi che succederà? I prefetti decreteranno la fine di questi enti?

In questi giorni c’è molta tensione tra i dipendenti umbri. La Regione ha varato un pacchetto di misure ma non potranno riguardare tutti i dipendenti. Solo qualche giorno fa, 80 lavoratori sono entrati a palazzo Cesaroni mentre si svolgeva il Consiglio regionale: la seduta è stata sospesa e i dipendenti sono stati ricevuti dai presidenti dei gruppi politici.

La Rsu della Provincia di Perugia ha chiesto “un provvedimento urgente di proroga del termine di approvazione del bilancio di previsione 2015”, attraverso una lettera consegnata alla prefettura di Perugia, affinché il prefetto si faccia interprete delle richieste che giungono dai lavoratori e dalle lavoratrici dell’ente.

“L’impossibilità di approvare il bilancio nei termini previsti – è detto nella lettera – oltre a compromettere l’erogazione di servizi già fortemente ridotti a causa delle misure imposte dalla legge di stabilità 2015, disegna uno scenario inedito dagli effetti non prevedibili.

Tali effetti rischiano di compromettere i già difficili e incerti processi di riordino istituzionale e di ricollocazione del personale derivanti dalla legge n. 56/2014. In tal senso, nelle more della necessaria adozione di misure di sostenibilità finanziaria dei bilanci degli enti di area vasta nell’anno in corso e per il 2016 e il 2017, la proroga deve consentire nell’immediato, oltre che a delineare con precisione gli effetti istituzionali e gestionali che conseguirebbero alla dichiarazione dello stato di dissesto, a rendere coerenti e compatibili le tempistiche del processo di riordino con le finalità di garanzia di tenuta dei servizi e dell’occupazione”.

Stessa situazione alla Provincia di Terni dive il presidente dell’ente, Leopoldo Di Girolamo, ha inviato una lettera al prefetto proprio per comunicare l’impossibilità dell’ente di chiudere la partita bilancio nei tempi previsti. “L’ente non è ancora in grado di produrre uno schema di bilancio completo di previsione 2015 entro il termine di legge fissato al 30 settembre per la persistenza di importanti incertezze circa l’attuazione della legge 56 del 2014 e della legge regionale 10 del 2015.

Non è ancora stato eseguito l’accordo Stato-Regioni relativo al finanziamento dei Centri per l’impiego e non è stato ancora approvato il decreto ministeriale modificato dalla legge di conversione 125 del 2015 che definisce le somme che le Regioni sono tenute a versare per le spese sostenute dalle Province per l’esercizio delle funzioni non fondamentali, oggetto di riordino”.

L’impressione è che, considerata la situazione, il Governo dovrà intervenire in qualche modo per sistemare la riforma che, come al solito, si è fermata in mezzo al guado.

 

]]>
Risposte vere, non scorciatoie https://www.lavoce.it/risposte-vere-non-scorciatoie/ Thu, 24 Sep 2015 08:42:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43452 L’immagine pubblicata sul sito web della Caritas Italiana per la presentazione del rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia
L’immagine pubblicata sul sito web della Caritas Italiana per la presentazione del rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia

La scorsa settimana è stato presentato a Roma il Rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia, elaborato da Caritas italiana, e già presentato su La Voce. I dati relativi alla povertà nel nostro Paese ci dicono che i “poveri assoluti” (coloro a cui mancano i beni essenziali per vivere) sono più di 4 milioni, pari a quasi il 7 % della popolazione nazionale, cioè più del doppio – sia in termini numerici che percentuali – rispetto all’inizio della crisi che ha investito il nostro Paese a partire dal biennio 2007-2008.

Ebbene, rispetto a questo scenario tratteggiato da Caritas italiana, la delegazione regionale Caritas, avendo a disposizione i dati dei Centri di ascolto diocesani e parrocchiali, ma soprattutto ben presenti i volti delle persone che quotidianamente vi si recano perché in stato di bisogno, non può che confermare la gravità della situazione nella nostra regione, come peraltro già da tempo segnalato anche dai Vescovi umbri.

Ciò che maggiormente colpisce nell’analisi dei dati a nostra disposizione è l’evoluzione nella tipologia delle persone e delle situazioni che incontriamo e che ci impegniamo a sostenere: i giovani, anche altamente scolarizzati, in cerca di prima occupazione, che non hanno alle spalle famiglie economicamente solide; i padri divorziati che, seppur con uno stipendio a volte dignitoso, sono schiacciati dal peso delle scadenze dei pagamenti per i debiti contratti e le obbligazioni assunte; famiglie in difficoltà estrema a causa del crollo verticale dei redditi disponibili generato dalla disoccupazione; anziani che vivono con niente perché impegnati a sostenere il peso delle famiglie dei figli; malati che non riescono a far fronte alle spese di una sanità sempre più “a pagamento”.

L’idea di affrontare questi enormi problemi con un welfare pubblico fatto di bonus, di sperimentazioni e di una tantum appare un’infondata illusione, oltre che poco riguardosa delle necessità di una crescente fetta della popolazione italiana.

Sappiamo bene che le problematiche sopra evidenziate sono assai chiare ai decisori politici umbri, a partire dalla Presidente della Regione e all’assessore alle Politiche sanitarie e sociali. Inutile allora pensare a scorciatoie, quando si affrontano questioni – come la crescente povertà generata dalla crisi socio-economica -, che rischiano di diventare stabili e strutturali, anche in Umbria.

Sempre più famiglie vulnerabili stanno diventando povere assolute. È giunto il momento di pensare a una misura universale e stabile – questa sì – di sostegno economico alle persone e alle famiglie in condizione di povertà, senza attendere una eventuale futura ripresa economica e occupazionale, i cui tempi non coincidono certo con l’attualità dei loro bisogni primari.

Certamente si tratta di una decisione che spetta al Governo nazionale, rimarcando però che la Regione Umbria ha in più di un’occasione, specie in passato, implementato con risorse proprie i Fondi nazionali di contrasto alla povertà, assolutamente inadeguati, quando a volte addirittura inesistenti. Assistiamo inoltre con favore e attenzione al dibattito politico che si sta tenendo in Regione sull’impatto della crisi socio-economica sulle famiglie umbre e alla volontà di adottare, in breve tempo, misure di sostegno in favore delle fasce più deboli della popolazione regionale.

A tutti però vorremmo ricordare le parole del direttore di Caritas italiana, don Francesco Soddu, quando ha affermato che occorre “smettere di dirsi che qualcosa è meglio di niente. Quando si parla di povertà, questo non è vero”. È invece vero che la costruzione di welfare locali attenti ai bisogni degli ultimi giova ai bilanci delle Amministrazioni nel loro complesso: coloro che investono in modo maggiore nelle politiche sociali e di sostegno alle povertà, hanno i conti più in ordine di altre che decidono di limitare le spese previsionali su tali ambiti.

La Chiesa umbra, attraverso la rete delle Caritas diocesane e parrocchiali, continuerà a fare la sua parte, senza la presunzione di poter agire da sola, ma anzi, nella consapevolezza che la sussidiarietà rappresenta certamente un valore e una risorsa irrinunciabile per le politiche pubbliche, tuttavia non può e non deve in alcun modo sostituirsi a esse.

Affinché non venga dato “per carità” ciò che spetta per giustizia, occorre – in altre parole – che la povertà sia sempre più affare di tutti, e non sfortuna di alcuni.

 

]]>
I più colpiti sono i poveri https://www.lavoce.it/i-piu-colpiti-sono-i-poveri/ Thu, 17 Sep 2015 09:19:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43355 spesa-famigliaDall’inizio della crisi a oggi (2007-2014) la povertà assoluta in Italia è raddoppiata, passando da 1,8 a 4,1 milioni di poveri. In punti percentuali, si è passati dal 3,1% al 6,8% della popolazione.

Ma non solo. Sono cambiati i volti della povertà: prima della crisi era toccato solo il Meridione, ora anche il Nord. Prima solo gli anziani, ora anche i giovani. Prima riguardava le famiglie con almeno tre figli, adesso anche con due. Prima si era poveri perché senza lavoro, ora si è poveri anche con il lavoro.

E a pagare il prezzo più alto, durante la crisi, sono stati i più poveri: il 10% delle persone in povertà assoluta ha sperimentato una contrazione maggiore del proprio reddito (-27%) superiore a quella del 90% della popolazione.

È quanto emerge dal Rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia della Caritas italiana, presentato il 15 settembre a Roma, con una dettagliata analisi sulle politiche sociali dei Governi degli ultimi anni, compreso l’esecutivo Renzi.

In questi anni – rivela il rapporto, intitolato Dopo la crisi, costruire il welfare – sono cambiati i Governi, ma le politiche sociali non hanno contribuito a risolvere la situazione, che rischia di diventare strutturale se non viene messo in piedi un sistema di welfare pubblico.

Nello specifico, Caritas italiana chiede di nuovo l’introduzione del Reis, il Reddito di inclusione sociale proposto dall’Alleanza contro la povertà. Italia e Grecia sono gli unici Paesi in Europa a non averlo.

Da un’analisi sulle misure prese e annunciate dall’esecutivo Renzi – tra cui il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti, il bonus bebè per famiglie con figli entro i 3 anni, l’assegno di disoccupazione (Asdi) e il bonus per le famiglie numerose – risulta molto scarso l’impatto sui più poveri.

Secondo il Rapporto, l’idea che la ripresa economica e quella occupazionale possano rendere “superflue” le politiche contro l’indigenza è “una infondata illusione” senza un vero welfare per i più deboli. In ogni caso, “non è vero che qualcosa è meno di niente”, ribadisce Caritas italiana.

La crisi ha colpito e colpirà ancora i più deboli 

Sebbene i dati Istat dicano che la povertà assoluta ha smesso di crescere (dal 7,3% del 2013 al 6,8% del 2014), questo non significa che tutto sia a posto: “Rispetto all’Italia pre-recessione gli indigenti sono più che raddoppiati – afferma Cristiano Gori, docente di Politica sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, responsabile scientifico del Rapporto -.

La peggiore crisi economica del secondo dopoguerra ha colpito soprattutto i più deboli”. E difficilmente si riuscirà a tornare ai livelli pre-crisi. Anche nei prossimi anni, osserva Gori, l’indigenza sarà “maggiore rispetto al passato e trasversale a tutti i gruppi sociali”, tanto da costituire “un tratto abituale del nostro Paese”.

Politiche sociali “nel segno della continuità”

Povertà diffusa, quindi, anche a causa di un welfare pubblico “ancora del tutto inadeguato”. Nel 2012 i Comuni hanno speso in media 15 euro a persona per servizi e interventi sulla povertà, con un massimo di 22 euro nei Comuni del Centro e soli 6 euro al Sud.

Per Gori, il governo Renzi ha messo in campo politiche sociali “nel segno della continuità” con il passato, anche perché le misure come i bonus non hanno aiutato le persone “incapienti”, quelli cioè che non pagano le tasse perché con reddito inferiore agli 8.145 euro l’anno.

Gli 80 euro ai dipendenti, ad esempio, hanno incrementato il reddito delle famiglie indigenti solo dell’1,7%. Nel 2017 il bonus bebè sarà ricevuto solo dal 9% delle famiglie povere. E anche se complessivamente il sollievo sul reddito dei poveri è del 5,7%, quindi “migliore rispetto ai precedenti Governi”, si tratta di “un avanzamento marginale” perché raggiunge solo il 20% delle famiglie in povertà assoluta.

Il leggero aumento dei Fondi nazionali (politiche sociali, non autosufficienza e nidi) è una novità positiva ma ancora esigua rispetto agli stanziamenti pre-crisi.

Gli interventi annunciati

Il Rapporto Caritas prende in esame anche gli interventi annunciati dall’Esecutivo per il prossimo triennio: abolizione della Tasi sulla prima casa nel 2016, riduzione di Ires e Irap nel 2017 e dell’Irpef nel 2018.

L’impatto dell’abolizione della Tasi sui poveri sarà “estremamente contenuto” poiché solo il 35% delle famiglie in povertà assoluta la paga. Anche la riduzione dell’Irpef non aiuterà gli incapienti (perché ovviamente non la pagano), mentre Ires e Irap riguardano solo le imprese.

Le misure annunciate impatteranno dunque molto poco sui poveri assoluti, visto che non hanno abbastanza soldi o proprietà per pagare queste tasse.

 

]]>
“Panorama d’Italia” farà tappa anche a Spoleto https://www.lavoce.it/panorama-ditalia-fara-tappa-anche-a-spoleto/ Wed, 16 Sep 2015 14:02:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43284 Piazza Garibaldi a Spoleto
Piazza Garibaldi a Spoleto

“Panorama d’Italia” è in arrivo. Dal 30 settembre al 3 ottobre prossimi il tour del settimanale Panorama, che si sta svolgendo in alcune delle grandi città d’Italia per raccontare lo stivale direttamente dal territorio, farà tappa anche a Spoleto.

Saranno quattro giorni particolarmente intensi, ricchi di momenti di dibattito e di confronto sui grandi temi dello sviluppo, dell’occupazione e del fare impresa, sia innovativa che tradizionale. Ma anche di altrettante occasioni ludiche, divertenti, gustose e spettacolari. Tutti appuntamenti gratuiti, aperti a chi si registrerà sul sito www.panoraditalia.it.

Dopo l’evento di apertura in piazza Garibaldi con il taglio del nastro della “Casa di Panorama d’Italia”, ci sarà l’intervista pubblica che farà Giorgio Mulè al ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Tra i momenti “clou” della tappa già certa la partecipazione di Vittorio Sgarbi per una delle sue seguitissime lectio magistralis alla scoperta delle bellezze nascoste d’Italia; l’intervento di Alfonso Signorini, direttore di Chi, che intervisterà un personaggio dello spettacolo; attesissima e istruttiva l’adesione al dibattito sulle start-up dell’ambasciatore d’Israele in Italia Naor Gilon, rappresentante del Paese al mondo che più di tutti è riuscito a trasformare il sostegno alle imprese innovative in una leva strutturale di progresso.

Un pomeriggio sarà arricchito dall’“Incontro d’autore” con un grande giornalista, Vittorio Feltri con il suo ultimo saggio Non abbiamo abbastanza paura dedicato al pericolo dell’estremismo islamico; altri momenti momenti saranno lo “show-cooking” con la chef Giovanna Tomassoni e un’intervista pubblica su impresa e solidarietà con Brunello Cucinelli. Due dibattiti si occuperanno, rispettivamente, dello sviluppo di Spoleto rispetto alla sua capacità di essere punto di riferimento culturale globale e delle eccellenze imprenditoriali della città. È previsto anche un bike-tour sul nuovo percorso che da Spoleto raggiunge Assisi, mentre l’Associazione Amici di Spoleto organizzerà due esclusivi tour alla scoperta di una “Spoleto segreta”. Per info:  www.panoraditalia.it.

 

]]>
Perché assumere 94 nuovi dipendenti in Regione? https://www.lavoce.it/perche-assumere-94-nuovi-dipendenti-in-regione/ Thu, 10 Sep 2015 11:01:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43182 Palazzo Donini sede della presidenza della Regione dell’Umbria
Palazzo Donini sede della presidenza della Regione dell’Umbria

In un periodo così lungo di crisi economica, che si trascina da anni, l’assunzione alla Regione Umbria di 94 dipendenti tra laureati e diplomati – anche se solo per tre anni – rappresenta un’opportunità troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.

Ma proprio perché c’è una situazione dell’occupazione molto difficile, occorre far capire bene quanto avverrà, visto che da mesi si parla di personale in esubero dalle Province, dopo la riforma di questi enti.

Il dubbio è questo: perché assumere 94 dipendenti, anche se a tempo determinato, quando sono in corso le procedure per assegnare alla stessa Regione 200 dipendenti in uscita dalla Province?

La Regione dell’Umbria, anche in risposta ai rilievi del capogruppo del Movimento 5 stelle, Andrea Liberati, attraverso l’assessore alle Riforme, Antonio Bartolini, ha sottolineato che il bando per attuare il cosiddetto Pra (Piano di rafforzamento amministrativo) “è stato chiesto direttamente dalla Commissione europea per migliorare le performance della Regione in materia di finanziamenti comunitari, con il chiaro intento di agevolare lo sviluppo regionale e il tessuto economico locale”.

E quindi le 94 assunzioni verranno finanziate attraverso fondi strutturali (vincolati esclusivamente a questo scopo) e – ha osservato Bartolini – “non mettono in alcun modo in crisi il processo di riassorbimento del personale delle Province, che è disciplinato da un apposito protocollo d’intesa con i sindacati. Le assunzioni avverranno dopo l’attuazione delle legge 10 del 2015 relativa al riordino delle Province, quindi a trasferimento avvenuto del personale provinciale impegnato nelle materie delegate alla Regione. Rappresentano un’opportunità professionale per una generazione che ha capacità e talento, ma fatica ad affacciarsi al mondo del lavoro. È una risposta rapida e concreta per i giovani umbri”.

Il M5s ha parecchi dubbi in merito, espressi da Liberati: “Ce lo chiede l’Europa. Non sappiamo davvero perché, ma, se lo esige l’Europa, allora la vecchia politica obbedisce pedissequamente come sempre fa. Ecco dunque che sulle 94 persone di cui, secondo l’assessore regionale Bartolini, l’Europa imporrebbe e pagherebbe l’assunzione, qualche domanda nasce spontanea: sanno a Bruxelles che qui, nella piccola e lontana Umbria, devono ancora essere assorbite le centinaia di dipendenti delle vecchie Province, dipendenti talora privi di concreti compiti nella pletorica amministrazione pubblica italiana, e umbra in particolare? Sa la mano destra quel che fa la sinistra? Su questa operazione sembra mancare una logica rigorosa e una visione d’insieme. Prendiamo 94 persone per tre anni e – sostiene Liberati – le parcheggiamo in ufficio. Quanti, frattanto, saranno invece fatti scivolare verso la pensione, come sarebbe necessario per non intrupparsi negli uffici, facendo poco o nulla? E cosa accadrà dopo tre anni ai ‘magnifici’ 94?”. L’ultimo interrogativo resta, ovviamente, senza risposta.

]]>
Solidarietà compatta per i lavoratori della Perugina https://www.lavoce.it/solidarieta-compatta-per-i-lavoratori-della-perugina/ Thu, 10 Sep 2015 10:24:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43167 Il sit-in dei sindacati della Perugina in piazza della Repubblica
Il sit-in dei sindacati della Perugina in piazza della Repubblica

Tanta solidarietà e tanta partecipazione nel primo giorno di presenza, nel centro storico di Perugia (7 settembre), dei rappresentanti della Rsu della Perugina.

I sindacati hanno “messo le tende” in piazza della Repubblica per tutta la settimana, con l’obiettivo di illustrare alla cittadinanza le preoccupazioni dei lavoratori, ma anche le proposte avanzate dalla stessa Rsu nel suo “Piano industriale degli operai”.

“Il perché oggi la Perugina è in piazza – ci dice Luca Turcheria, coordinatore Rsu Nestlé Flai-Cgil – è chiaro: siamo a un anno dalla scadenza del contratto di solidarietà [scadrà nel 2016], attivato nel 2014 perché la Nestlé dichiarava 214 esuberi. Per evitare che questi si trasformino in licenziamenti, abbiamo bisogno che cresca il volume dei prodotti che facciamo in fabbrica”.

Concetto ribadito anche da Daniele Marcaccioli, segretario territoriale di Perugia della Uila-Uil: “La Nestlé ci dica cosa intende fare per rilanciare la produzione dello stabilimento di San Sisto: che sia Bacio, che siano caramelle, biscotti o che sia caffè, qualcosa si deve fare. Nestlé è la più grande azienda dell’alimentare a livello mondiale, quindi ha le capacità economiche per cambiare le sorti anche di questo stabilimento”.

Decine di cittadini si sono fermati al gazebo per esprimere solidarietà ai lavoratori, sottoscrivendo anche il documento con le proposte presentate dalla Rsu. “La raccolta firme – afferma Filippo Ciavaglia, segretario generale della Camera del lavoro – serve a rendere consapevole la popolazione e gli amministratori dell’Umbria che la Perugina è importante per l’economia della nostra regione. Non si tratta solo di un problema occupazionale, che di per sé è già importante, ma è una delle aziende-simbolo della regione, quindi lo sviluppo di questa azienda sul territorio rappresenta una ricchezza che non vogliamo svilire”.

Anche le istituzioni si affiancano alla preoccupazione dei lavoratori della Perugina, dichiarandosi disposte a mettere in atto tutte le azioni necessarie a difesa dell’attività produttiva e dell’occupazione dello stabilimento di San Sisto.

Catiuscia Marini e Andrea Romizi durante il loro intervento
Catiuscia Marini e Andrea Romizi durante il loro intervento

“Io e il Sindaco di Perugia – ha affermato la presidente della Regione, Catiuscia Marini – abbiamo chiesto un incontro a livello nazionale, alla presenza del Governo, presso il ministero dello Sviluppo economico, con il gruppo Nestlé, perché vogliamo capire quali sono le proposte per il piano industriale nel medio e nel lungo periodo. È importante ricordare sempre che per Nestlé l’Italia non può essere soltanto un grande Paese di consumo e di mercato, ma deve continuare a essere una grande realtà di produzione e di occupazione”.

Solidarietà ai lavoratori è stata espressa anche dal sindaco del capoluogo umbro, Andrea Romizi: “La Perugina fa parte del nostro Dna, per cui cercheremo fino in fondo di esserle vicino, per accompagnare i lavoratori in un percorso che necessita di alcuni passaggi di chiarimento”.

Il vescovo ausiliare, mons. Paolo Giulietti, ha manifestato la vicinanza della Chiesa in questa vertenza “per tanti motivi. Per la difesa dell’occupazione che, in questo momento, è l’obiettivo prioritario sottolineato più volte da Papa Francesco; ma anche per la difficoltà di reinserire in altre opportunità produttive persone che dovessero perdere il posto di lavoro. È importante, soprattutto quando in gioco ci sono imprese multinazionali, che si faccia un po’ quadrato, perché l’attenzione alla realtà locale è inferiore rispetto a quella nazionale, per cui tante problematiche rischiano di passare sotto silenzio”.

 

]]>
Timidi segnali di ripresa per le imprese https://www.lavoce.it/timidi-segnali-di-ripresa-per-le-imprese/ Wed, 09 Sep 2015 14:05:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43133 Panorama della zona industriale di Terni
Panorama della zona industriale di Terni

Le mezze stagioni, che a quanto pare latitano nella meteorologia, fanno invece una gran figura in campo economico, dove gli annunci politicamente interessati danno come già passata la crisi… mentre i dati elaborati dagli istituti di analisi economica non la danno affatto per superata.

L’ufficio studi di Confindustria Umbria ha diffuso i dati riguardanti il secondo trimestre 2015, intitolando lo studio Soddisfazione fragile, lasciando quindi intendere il senso di quanto premesso, ovvero che stavolta i principali indicatori sono positivi.

Intanto i dati dicono che la crescita si attesta allo 0,4% sul primo trimestre, e la previsione di crescita nel terzo sarà +0,2%. Più in generale, sono in rialzo i dati riguardanti i valori di produzione fatturato e ordinativi all’industria, a eccezione dell’occupazione, che non dà netti segnali di recupero.

Se analizziamo la crescita dei settori produttivi, crescono l’industria meccanica (+1,8%) e quella alimentare (+2,9%), un po’ meno la lavorazione dei materiali non metalliferi (+1,2%), mentre in fase negativa è il settore della carta, cartotecnica e stampa (-0,3%). Se guardiamo alla composizione quantitativa, le piccole imprese (+1,8%) crescono più di quelle con più di 20 dipendenti (+1,5%).

Lo studio di Confindustria analizza il trend delle aziende manifatturiere in Umbria, che è certamente positivo: infatti il 49,3% denota un ampliamento delle attività, mentre stabile risulta il 38,4% delle imprese, ma è interessante la scomposizione a livello provinciale. A Terni infatti le aziende che evidenziano una produzione stabile rispetto al trimestre precedente sono ben il 50%, quelle con crescita fino al 2,5% sono il 14,3%.

Quindi le aziende che non evidenziano crescita negativa sono il 92,9% del totale. Il punto unanimemente dolente appare l’andamento dell’occupazione che – complice anche la bassa crescita – non riesce ad attaccare quello zoccolo indurito dai lunghi anni di recessione.

La rilevazione di Confindustria Umbria la dà in crescita solo nel settore meccanico e nelle grandi imprese, mentre a livello provinciale la tendenza è positiva solo per Perugia. Le previsioni per il prossimo trimestre prevedono un timido trend di crescita, ma – come dicevamo – occorrerebbe che finalmente le variabili economiche si mettessero d’accordo e marciassero compattamente per la crescita.

]]>
Stranieri in crescita https://www.lavoce.it/stranieri-in-crescita/ Wed, 08 Jul 2015 14:04:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=38022 Alcuni momenti della presentazione tenuta alla Camera di Commercio di Terni
Alcuni momenti della presentazione tenuta alla Camera di Commercio di Terni

Il 7 luglio presso la Camera di Commercio si è tenuta la presentazione del rapporto “La presenza straniera nella provincia di Terni.

Aspetti demografici, sociali ed economici” realizzata dall’Istat in collaborazione con la Prefettura, il Comune di Terni, la Questura, l’Usr, Inail, Inps e Regione Umbria, uno strumento di ausilio nell’interpretazione e nella comprensione di una realtà sempre più complessa e diversificata per lingua, cultura, religione, condizioni socio-economiche.

La continua crescita nell’ultimo decennio della popolazione straniera, tra i residenti della Provincia e del Comune di Terni, ha rappresentato un fenomeno demografico e sociale di assoluta rilevanza; tra il 2005 e il 2014 il numero dei cittadini residenti è più che raddoppiato.

Al 1° gennaio 2014, l’incidenza della popolazione straniera sul totale di quella residente in provincia è pari al 10,0%, più sostenuto per le donne che per gli uomini.

È elevata la quota di persone in età infantile e di giovani adulti, mentre risulta quasi completamente assente il peso della popolazione anziana. Quasi tre quarti dei residenti (73% del totale) proviene dai Paesi europei, con una prevalenza di cittadini di Paesi dell’Unione europea (43,6%). La comunità più presente a Terni è quella dei romeni, seguita dagli albanesi, ucraini, indiani e filippini; sono in crescita costante nigeriani e pakistani.

incontro-immigrati-2Per quanto concerne le fasce d’età, il 23% degli stranieri ha tra i 30 e 39 anni; altro dato significativo è la presenza di giovani e di Seconda generazione, soprattutto nelle scuole, in particolare primarie.

Il focus delle Seconde generazioni è stato sottolineato da Eleonora Bigi della Regione Umbria: “L’intercultura è un metodo di integrazione e il modello sociale da perseguire.

Fare intercultura significa risoluzione dei conflitti e creazione di spazi di negoziazione e dialogo; la scuola è il primo e il più importante ambito nel quale fare questo, perché le scuole in Umbria hanno una forte presenza di Seconde generazioni e di studenti stranieri, ed è proprio lì che si creano i primi presupposti per una reale integrazione”.

Altri dati presentati, sono stati quelli relativi all’occupazione e all’imprenditoria. Il tasso di occupazione della popolazione residente straniera è del 58,5%, pressoché analogo a quello della popolazione complessiva.

I settori dove sono maggiormente occupati gli stranieri sono: agricoltura, costruzione e servizi di alloggio e ristorazione; questo nonostante abbiano un buon livello di scolarizzazione; nell’immaginario collettivo difatti, lo straniero è “ancora” colui che può essere impiegato solo in alcuni tipi di lavoro.

 

]]>
Il “Bes” è meglio del Pil per misurare la qualità della vita https://www.lavoce.it/il-bes-e-meglio-del-pil-per-misurare-la-qualita-della-vita/ Wed, 29 Apr 2015 18:03:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31996 gente-donneSi moltiplicano in questi ultimi anni i convegni in cui economisti e sociologi ragionano su metodi di “misurazione del benessere” in grado di integrare il Pil, quel Prodotto Interno Lordo che, come diceva Robert Kennedy, “misura tutto tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta”.

Dal 2011 l’Istat, guidata dall’ex ministro Enrico Giovannini, ha coniato il “Bes”, acronimo di “benessere equo-sostenibile”, sperimentando dapprima nella provincia di Pesaro-Urbino e poi in 29 capoluoghi italiani (tra cui tutte le città metropolitane) la misurazione di 134 indicatori che analizzano 12 dimensioni del vivere urbano: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi.

Con il Rapporto UrBes 2015, pubblicato il 23 aprile scorso (con dati nella maggior parte aggiornati a fine 2013), anche Perugia e Terni, per il secondo anno consecutivo, sono state inserite tra le città del progetto UrBes. La misurazione non si presta a parzialità “politiche”, in quanto gli indicatori vengono misurati dalle Amministrazioni comunali e provinciali con la stretta supervisione dell’Istat, e la finalità non è la composizione di graduatorie ma la misurazione del miglioramento o peggioramento delle suddette dimensioni del benessere.

La rete delle città coinvolte comprende 14 città metropolitane (Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari) e altri 15 Comuni (Brescia, Bolzano, Verona, Trieste, Parma, Reggio Emilia, Cesena, Forlì, Livorno, Prato, Perugia, Terni, Pesaro, Potenza, Catanzaro). Tutte le tavole relative alle singole città possono essere scaricate in pdf dal sito www.istat.it/urbes2015.

IL “BES” A PERUGIA

Salute. Dal 2004 al 2013 si è assistito a un aumento della speranza di vita: per gli uomini è passato da 79,3 anni a 80,5 anni, mentre per le donne da 84,7 anni a 85,9 anni. In diminuzione il tasso di mortalità per tumore nella popolazione maschile, che nel 2011 è stato tra i più bassi in Italia, e della mortalità infantile, il cui tasso è poco oltre la metà di quello nazionale (30,9).

Lavoro. Dal 2009 la provincia di Perugia ha visto calare il tasso di occupazione delle persone tra 20 e 64 anni di età. Resiste comunque una soddisfacente situazione economica, confermata dal reddito pro capite che, con oltre 18.000 euro, ha superato nel 2012 la media nazionale. A Perugia solo il 27,4% di contribuenti dichiara redditi inferiori a 10.000 euro, e solo il 4,6% dei residenti vive in famiglie senza occupati.

Relazioni sociali. In crescita il settore del volontariato, la cui presenza nel territorio comunale aumenta nel decennio 2001-2011 da 73,1 a 85,6 per 10.000 abitanti.

Sicurezza. Rispetto al 2011, gli omicidi denunciati sono triplicati, passando da 0,4 a 1,2 ogni 100.000 abitanti. I furti in abitazione sono in aumento, assumendo un valore maggiore al resto del Paese. In diminuzione le rapine, da 48 a 43,4 ogni 100.000 abitanti.

Raccolta differenziata. Nel periodo 2004-2012 nella provincia di Perugia la percentuale di rifiuti urbani interessati dalla raccolta differenziata ha mostrato un andamento crescente di anno in anno, con una marcata accelerazione nell’ultimo biennio. Questa modalità di raccolta è cresciuta di quasi due volte e mezzo, posizionando la provincia tra quelle più virtuose.

Qualità dell’aria. Nel corso dell’ultimo decennio Perugia ha visto un decremento dei giorni di superamento del limite di Pm10 (da 57 giorni nel 2004 a 28 giorni nel 2013), nonostante un elevato numero di automobili.

Mobilità urbana. Il tempo dedicato alla mobilità delle persone che si spostano per studio o lavoro all’interno del Comune è contenuto, attestandosi su valori pari a 19,6 minuti, in linea con provincia e regione.

Cultura. Nel 2012 Perugia offre solo 1,2 biblioteche pubbliche ogni 100.000 abitanti, frequentate da poche persone (in media 15,4 utenti ogni 100 abitanti). La diffusa presenza in città di musei e monumenti – il doppio della media italiana – ha un numero di visitatori non altrettanto significativo, rimanendo al di sotto della media nazionale.

IL “BES” A TERNI

Salute. I ternani hanno una speranza di vita pari a 79,8 anni per i maschi e 84 per le femmine. Negli ultimi anni si sta assistendo a un aumento della mortalità degli ultra 65enni per malattie del sistema nervoso.

Lavoro. I ternani e gli umbri hanno un titolo di studio mediamente più elevato rispetto al resto d’Italia. Purtroppo ciò non incide sulla situazione lavorativa, che a Terni appare peggiorata negli ultimi cinque anni. Dagli indicatori sul reddito risulta però che le famiglie ternane hanno retto meglio all’impatto della crisi, potendo contare nel 2012 su un reddito medio di 16.256 euro.

Relazioni sociali. In città il volontariato ha avuto un incremento, passando da 50,2 a 67,3 ogni 10.000 abitanti, valore ben oltre il dato nazionale.

Sicurezza. I mutamenti demografici e il protrarsi della crisi hanno reso la città meno sicura e determinato un incremento delle denunce. Basta guardare i furti nelle abitazioni: se nel 2009 si sono rilevate 220,9 denunce per 100.000 abitanti, nel 2012 queste sono passate a 531,8, con un incremento del 141%.

Raccolta differenziata. Nonostante le politiche di sensibilizzazione dei cittadini e l’aumento della percentuale di rifiuti differenziati (da 25,1% a 33,3%), questa rimane molto al di sotto della media umbra.

Qualità dell’aria. La situazione dell’inquinamento acustico e dell’aria non è favorevole; Terni in entrambi i casi si colloca ben al di sopra della media nazionale e regionale. Per quanto riguarda i giorni di superamento del limite previsto per il Pm10, il dato è migliorato, passando da 70 nel 2010 a 63 del 2013.

Mobilità urbana. Gli studenti e i lavoratori impiegano meno tempo dei residenti nel resto d’Italia per gli spostamenti. La conformazione pianeggiante del territorio favorisce gli spostamenti in bicicletta, che viene utilizzata da un buon numero di residenti, ma le piste ciclabili sul territorio comunale sono scarse e inalterate negli ultimi cinque anni.

Cultura. Sebbene le aree intorno alla città siano ricche di paesaggi e storia, Terni rispetto all’Umbria si colloca su livelli modesti sia per quanto riguarda la presenza di musei e monumenti sia per il numero di visitatori. Infatti, rispetto al dato nazionale – pari a 407,5 visitatori per 10.000 abitanti – la città ne conta soltanto 44,7.

]]>