natalità Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/natalita/ Settimanale di informazione regionale Thu, 03 Oct 2024 12:59:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg natalità Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/natalita/ 32 32 Famiglia, chi è a favore e chi no della Legge regionale https://www.lavoce.it/famiglia-chi-e-a-favore-e-chi-no-della-legge-regionale/ https://www.lavoce.it/famiglia-chi-e-a-favore-e-chi-no-della-legge-regionale/#respond Thu, 03 Oct 2024 17:00:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77865 Foto di gruppo dei parteciapnti alla manifestazione delle associazioni pro legge famiglia umbra, con in mano i cartelli con gli slogan

Chi è a favore della legge

La famiglia da sempre riveste un ruolo fondamentale nella nostra società, anche se oggi è sempre più sgretolata. Termometro dei nostri tempi. Quello che stupisce, ma forse non più di tanto, è che la nuova legge regionale sulla famiglia non abbia accontentato tutti.

Il parere positivo di Vincenzo Aquino (Famiglie numerose)

Si sono creati due opposti ‘schieramenti’, tra chi la sostiene e la ritiene un modello innovativo da seguire, e chi la ritiene poco inclusiva e non all’altezza dei tempi.

Tra i vari sostenitori, Vincenzo Aquino, presidente regionale dell’Associazione famiglie numerose, che riunisce 1.100 nuclei dai tre figli in su. Aquino, essendo padre di 11 figli, di cui 7 maschi e 4 femmine, che vanno dai 14 ai 35 anni, conosce bene le difficoltà di una famiglia. E ritiene le polemiche nate attorno a questa legge: “Inutili”. Non solo perché si parla di 30 milioni di euro, ma anche perché durante l’iter c’è stata un’ampia partecipazione: “Abbiamo dato i nostri contributi, che sono stati accolti. Rappresenta un passo avanti importante per la nostra Regione. Anche perché mancava uno strumento più strutturato. E allo stato attuale, per noi famiglie numerose, ma anche per le giovani coppie, è un elemento di garanzia”.

Il fattore famiglia e il Dipartimento per la famiglia

Il riferimento è alla sperimentazione del ‘fattore famiglia’: “È una misura che allarga la platea di accesso a contributi e servizi, permettendo di ridistribuire in modo più equo i fondi a disposizione. Per rendere poi integrate e condivise le politiche per il sostegno famigliare, la legge istituisce il ‘Dipartimento per la famiglia’ con funzioni propositive, di coordinamento e monitoraggio degli effetti prodotti dagli interventi previsti nel piano triennale e valorizza il ruolo dell’associazionismo di supporto alle famiglie”.

La promozione della natalità

Per i sostenitori, la legge promuove in maniera concreta la natalità, anche a vantaggio delle famiglie monoparentali o fragili, aiuta la genitorialità per le coppie di fatto o in caso di separazione o divorzio, anche attraverso il sostegno psicologico e pratico nelle procedure per l’adozione o l’affido familiare. Istituisce poi un fondo per gli orfani e rafforza la mediazione familiare per la prevenzione e la lotta alla violenza domestica.

Crediamo nella famiglia naturale

Aquino su un punto però è chiaro: “Crediamo nella famiglia naturale, quella prevista dalla Costituzione. Purtroppo è una questione ideologica. Questo spiace, abbiamo il massimo rispetto per tutti, ma la legge è completa perché promuove la natalità in una Regione dove si fanno meno figli. Così, invece, ognuno nella piena libertà si sentirà più sicuro di fare il primo, il secondo o il terzo figlio”.

A favore anche Simona Morettini (Federvita Umbria)

Anche Simona Morettini, presidente di Federvita Umbria, è a favore: “Siamo un’associazione apartitica, a sostegno delle donne e delle famiglie”.  L’associazione infatti aiuta le donne che hanno difficoltà economiche a portare avanti una gravidanza e vede in questa nuova legge uno spiraglio in più, per chi si sente sola e ha timore di non farcela. “La legge prevede dei fondi rivolti proprio alla natalità – sottolinea la presidente Morettini –, dal terzo mese di gravidanza fino al primo anno di vita del bambino, quindi si tratta di un aiuto concreto dal punto di vista economico. Per questo la reputiamo una buona legge. Purtroppo le polemiche sono ideologiche e questo spiace, ma fa parte del contraddittorio”.

Quello che è certo è la consapevolezza dell’importanza della legge, che arriva dai fronti del dissenso e del consenso, ma che divide su alcuni punti. Proprio come la nostra società, sempre più divisa.

Chi è a sfavore della legge

Il coro dei “no” contro la nuova legge regionale è stato ribadito anche durante la Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro, che si è tenuta sabato scorso anche a Perugia, in piazza IV Novembre. La speranza infatti, dato che ormai la legge è stata approvata, è che semmai alle prossime regionali di novembre ci sia un cambio politico.

“Sappiamo – chiosa Giorgia Gaggiotti della Rete umbra per l’autodeterminazione – che non ci sono margini di miglioramento con questo interlocutore politico. Pertanto chiediamo a chi verrà dopo, se sarà di un altro colore politico, di cancellare questa legge”. E ribadisce la scelta di protestare ancora: “Questa legge regionale, che giaceva nei cassetti dal 2020, anche se ha visto miglioramenti, pur avendo inserito citazioni della Convenzione di Istanbul, in realtà non è cambiata nella sostanza. Il lessico ha un indirizzo ben preciso (‘famiglia’ e non ‘famiglie’ al plurale), che è quello di questa fantomatica famiglia naturale che antropologicamente non esiste, perché ogni società riconosce la famiglia in modo diverso. È una legge totalmente indirizzata verso un unico modello di famiglia anacronistica. Oltre al fatto che alcuni passaggi sono un copia e incolla del famoso ddl Pillon (ex senatore leghista) su cui abbiamo fatto tante battaglie”.

Legge non inclusiva

Il riferimento poi non poteva non andare alle famiglie arcobaleno, che in Umbria raccoglie l’adesione all’omonima associazione, con 30 iscritti. Gli autori della legge regionale “si rifanno alla Costituzione – ribadisce ancora Gaggiotti – che però parla di quella famiglia di quella società, mentre la società attuale nel frattempo è cambiata.

Ecco perché contestiamo questa legge: non è affatto inclusiva e rappresenta un ritorno al passato. Non riconosce a tutte le formazioni familiari, di qualsiasi tipo, il diritto all’assistenza, al riconoscimento giuridico e a usufruire dei diritti indirizzati invece verso la cosiddetta famiglia tradizionale”. Ma le criticità riguardano anche il settore sanità: “I consultori si chiameranno ‘Consultori delle famiglie’, che di fatto ingloberanno al loro interno anche le associazioni antiabortiste. Perciò una donna che, per qualsiasi motivo, decide di interrompere la propria gravidanza, avrà sempre più difficoltà”.

Le Famiglie arcobaleno

Tra i manifestanti anche le Famiglie arcobaleno. Daniel Baciarelli della segreteria nazionale e Giuseppe Barbieri, referente regionale, ribadiscono: “Faremo opposizione in tutte le sedi. Vogliamo capire il motivo della nostra esclusione. Siamo qui anche per difendere i diritti delle donne, che sono le figure più attaccate da questa legge, soprattutto per quanto riguarda il loro diritto di scelta sul proprio corpo e nell’accesso ai servizi di cui dovrebbero disporre”.

Il no di Emma Pavanelli (5Stelle)

Anche la senatrice dei cinquestelle Emma Pavanelli ha ribadito il suo no: “Vogliamo far sentire la nostra voce contro una legge che non è sulle famiglie. E poi ci sono altre criticità che sono presenti nel testo, come per esempio – vista la Giornata di oggi – le difficoltà che le donne incontrano nella nostra Regione a far valere le proprie scelte”.

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Foto di gruppo dei parteciapnti alla manifestazione delle associazioni pro legge famiglia umbra, con in mano i cartelli con gli slogan

Chi è a favore della legge

La famiglia da sempre riveste un ruolo fondamentale nella nostra società, anche se oggi è sempre più sgretolata. Termometro dei nostri tempi. Quello che stupisce, ma forse non più di tanto, è che la nuova legge regionale sulla famiglia non abbia accontentato tutti.

Il parere positivo di Vincenzo Aquino (Famiglie numerose)

Si sono creati due opposti ‘schieramenti’, tra chi la sostiene e la ritiene un modello innovativo da seguire, e chi la ritiene poco inclusiva e non all’altezza dei tempi.

Tra i vari sostenitori, Vincenzo Aquino, presidente regionale dell’Associazione famiglie numerose, che riunisce 1.100 nuclei dai tre figli in su. Aquino, essendo padre di 11 figli, di cui 7 maschi e 4 femmine, che vanno dai 14 ai 35 anni, conosce bene le difficoltà di una famiglia. E ritiene le polemiche nate attorno a questa legge: “Inutili”. Non solo perché si parla di 30 milioni di euro, ma anche perché durante l’iter c’è stata un’ampia partecipazione: “Abbiamo dato i nostri contributi, che sono stati accolti. Rappresenta un passo avanti importante per la nostra Regione. Anche perché mancava uno strumento più strutturato. E allo stato attuale, per noi famiglie numerose, ma anche per le giovani coppie, è un elemento di garanzia”.

Il fattore famiglia e il Dipartimento per la famiglia

Il riferimento è alla sperimentazione del ‘fattore famiglia’: “È una misura che allarga la platea di accesso a contributi e servizi, permettendo di ridistribuire in modo più equo i fondi a disposizione. Per rendere poi integrate e condivise le politiche per il sostegno famigliare, la legge istituisce il ‘Dipartimento per la famiglia’ con funzioni propositive, di coordinamento e monitoraggio degli effetti prodotti dagli interventi previsti nel piano triennale e valorizza il ruolo dell’associazionismo di supporto alle famiglie”.

La promozione della natalità

Per i sostenitori, la legge promuove in maniera concreta la natalità, anche a vantaggio delle famiglie monoparentali o fragili, aiuta la genitorialità per le coppie di fatto o in caso di separazione o divorzio, anche attraverso il sostegno psicologico e pratico nelle procedure per l’adozione o l’affido familiare. Istituisce poi un fondo per gli orfani e rafforza la mediazione familiare per la prevenzione e la lotta alla violenza domestica.

Crediamo nella famiglia naturale

Aquino su un punto però è chiaro: “Crediamo nella famiglia naturale, quella prevista dalla Costituzione. Purtroppo è una questione ideologica. Questo spiace, abbiamo il massimo rispetto per tutti, ma la legge è completa perché promuove la natalità in una Regione dove si fanno meno figli. Così, invece, ognuno nella piena libertà si sentirà più sicuro di fare il primo, il secondo o il terzo figlio”.

A favore anche Simona Morettini (Federvita Umbria)

Anche Simona Morettini, presidente di Federvita Umbria, è a favore: “Siamo un’associazione apartitica, a sostegno delle donne e delle famiglie”.  L’associazione infatti aiuta le donne che hanno difficoltà economiche a portare avanti una gravidanza e vede in questa nuova legge uno spiraglio in più, per chi si sente sola e ha timore di non farcela. “La legge prevede dei fondi rivolti proprio alla natalità – sottolinea la presidente Morettini –, dal terzo mese di gravidanza fino al primo anno di vita del bambino, quindi si tratta di un aiuto concreto dal punto di vista economico. Per questo la reputiamo una buona legge. Purtroppo le polemiche sono ideologiche e questo spiace, ma fa parte del contraddittorio”.

Quello che è certo è la consapevolezza dell’importanza della legge, che arriva dai fronti del dissenso e del consenso, ma che divide su alcuni punti. Proprio come la nostra società, sempre più divisa.

Chi è a sfavore della legge

Il coro dei “no” contro la nuova legge regionale è stato ribadito anche durante la Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro, che si è tenuta sabato scorso anche a Perugia, in piazza IV Novembre. La speranza infatti, dato che ormai la legge è stata approvata, è che semmai alle prossime regionali di novembre ci sia un cambio politico.

“Sappiamo – chiosa Giorgia Gaggiotti della Rete umbra per l’autodeterminazione – che non ci sono margini di miglioramento con questo interlocutore politico. Pertanto chiediamo a chi verrà dopo, se sarà di un altro colore politico, di cancellare questa legge”. E ribadisce la scelta di protestare ancora: “Questa legge regionale, che giaceva nei cassetti dal 2020, anche se ha visto miglioramenti, pur avendo inserito citazioni della Convenzione di Istanbul, in realtà non è cambiata nella sostanza. Il lessico ha un indirizzo ben preciso (‘famiglia’ e non ‘famiglie’ al plurale), che è quello di questa fantomatica famiglia naturale che antropologicamente non esiste, perché ogni società riconosce la famiglia in modo diverso. È una legge totalmente indirizzata verso un unico modello di famiglia anacronistica. Oltre al fatto che alcuni passaggi sono un copia e incolla del famoso ddl Pillon (ex senatore leghista) su cui abbiamo fatto tante battaglie”.

Legge non inclusiva

Il riferimento poi non poteva non andare alle famiglie arcobaleno, che in Umbria raccoglie l’adesione all’omonima associazione, con 30 iscritti. Gli autori della legge regionale “si rifanno alla Costituzione – ribadisce ancora Gaggiotti – che però parla di quella famiglia di quella società, mentre la società attuale nel frattempo è cambiata.

Ecco perché contestiamo questa legge: non è affatto inclusiva e rappresenta un ritorno al passato. Non riconosce a tutte le formazioni familiari, di qualsiasi tipo, il diritto all’assistenza, al riconoscimento giuridico e a usufruire dei diritti indirizzati invece verso la cosiddetta famiglia tradizionale”. Ma le criticità riguardano anche il settore sanità: “I consultori si chiameranno ‘Consultori delle famiglie’, che di fatto ingloberanno al loro interno anche le associazioni antiabortiste. Perciò una donna che, per qualsiasi motivo, decide di interrompere la propria gravidanza, avrà sempre più difficoltà”.

Le Famiglie arcobaleno

Tra i manifestanti anche le Famiglie arcobaleno. Daniel Baciarelli della segreteria nazionale e Giuseppe Barbieri, referente regionale, ribadiscono: “Faremo opposizione in tutte le sedi. Vogliamo capire il motivo della nostra esclusione. Siamo qui anche per difendere i diritti delle donne, che sono le figure più attaccate da questa legge, soprattutto per quanto riguarda il loro diritto di scelta sul proprio corpo e nell’accesso ai servizi di cui dovrebbero disporre”.

Il no di Emma Pavanelli (5Stelle)

Anche la senatrice dei cinquestelle Emma Pavanelli ha ribadito il suo no: “Vogliamo far sentire la nostra voce contro una legge che non è sulle famiglie. E poi ci sono altre criticità che sono presenti nel testo, come per esempio – vista la Giornata di oggi – le difficoltà che le donne incontrano nella nostra Regione a far valere le proprie scelte”.

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Cinica politica sugli immigrati https://www.lavoce.it/cinica-politica-immigrati/ https://www.lavoce.it/cinica-politica-immigrati/#respond Wed, 14 Jun 2023 15:42:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=72004 immigrati al lavoro nei campi

di Stefano De Martis

Da qualche tempo il tema degli immigrati come “pericolo” è tornato a fare breccia nell’opinione pubblica, e non solo in Italia. Non che fosse stato del tutto cancellato dai menù della propaganda politica, piuttosto era stato sopravanzato da altre paure, queste sì fondate e reali: prima la pandemia, poi la guerra. Il Covid però è stato sostanzialmente sconfitto; e alla guerra, purtroppo, si rischia di fare in qualche modo l’abitudine, se proprio non arriva dentro casa... Questo, almeno, è quanto riferiscono sondaggisti e sociologi.

La paura degli immigrati

Ma non si fa fatica ad averne conferma empirica anche attraverso un’osservazione meno rigorosa delle dinamiche della comunicazione e dell’informazione. Del resto la paura degli immigrati, che pure trova terreno fertile nelle conseguenze profonde di una globalizzazione ideologizzata e scomposta, è al centro di un circolo vizioso da cui è difficile uscire: gli stessi soggetti, politici e non, che riescono a inculcarla e ad alimentarla nell’opinione pubblica, poi ne sono fortemente condizionati perché si ritrovano a dover assecondare gli impulsi che loro stessi hanno sollecitato.

La Ue non riesce ad imprimere una svolta alla politica migratoria

Quando poi sono in vista dei passaggi elettorali – e, a prescindere da rilevanti appuntamenti nei singoli Stati, tra un anno si voterà comunque in tutta l’Unione europea –, il meccanismo diventa ancor più stringente. Ed è uno dei motivi per cui l’Ue non riesce a imprimere una svolta effettiva alla politica migratoria, anzi compie un passo avanti e uno indietro, come ha dimostrato anche il recentissimo accordo di Bruxelles. “Un compromesso cinico-politico”, lo ha definito il commissario europeo Paolo Gentiloni, ed è tutto dire. Lo spauracchio degli stranieri fa leva su pulsioni così intense che diventa difficile contrastarlo con argomenti razionali, anche ponendosi non su un piano umanitario e solidale – che dovrebbe essere prioritario quando si tratta di persone – ma su quello dell’economia.

Necessario il contributo degli immigrati

La situazione demografica del nostro Paese, per esempio, rende assolutamente necessario il contributo degli immigrati. Sono mesi che lo ripetono imprenditori e associazioni di categoria. Anche investendo tutte le energie possibili sulla promozione della natalità, com’è doveroso fare, almeno nei prossimi vent’anni non si potrà contare su “un aumento endogeno delle forze di lavoro”, per usare le parole di Ignazio Visco nella sua ultima relazione da governatore della Banca d’Italia

Potenziare i canali di ingresso regolari

In uno scenario del genere – fermo restando il dovere universale di salvare e di accogliere chi è in fuga –, la preoccupazione numero uno delle autorità politiche dovrebbe essere il potenziamento dei canali di ingresso regolari e dei percorsi di integrazione. L’accento continua invece a essere posto su rimpatri e respingimenti, in ossequio a una narrazione che vede l’arrivo degli immigrati come un’invasione da contrastare con ogni mezzo, addirittura evocando lo spettro della “sostituzione etnica”. In realtà, mentre gli sbarchi aumentano (e questo pone senza dubbio un problema in termini di accoglienza), il numero dei migranti effettivamente presenti sul territorio nazionale rimane sostanzialmente stabile dal 2018, con poco meno di 6 milioni di presenze.

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immigrati al lavoro nei campi

di Stefano De Martis

Da qualche tempo il tema degli immigrati come “pericolo” è tornato a fare breccia nell’opinione pubblica, e non solo in Italia. Non che fosse stato del tutto cancellato dai menù della propaganda politica, piuttosto era stato sopravanzato da altre paure, queste sì fondate e reali: prima la pandemia, poi la guerra. Il Covid però è stato sostanzialmente sconfitto; e alla guerra, purtroppo, si rischia di fare in qualche modo l’abitudine, se proprio non arriva dentro casa... Questo, almeno, è quanto riferiscono sondaggisti e sociologi.

La paura degli immigrati

Ma non si fa fatica ad averne conferma empirica anche attraverso un’osservazione meno rigorosa delle dinamiche della comunicazione e dell’informazione. Del resto la paura degli immigrati, che pure trova terreno fertile nelle conseguenze profonde di una globalizzazione ideologizzata e scomposta, è al centro di un circolo vizioso da cui è difficile uscire: gli stessi soggetti, politici e non, che riescono a inculcarla e ad alimentarla nell’opinione pubblica, poi ne sono fortemente condizionati perché si ritrovano a dover assecondare gli impulsi che loro stessi hanno sollecitato.

La Ue non riesce ad imprimere una svolta alla politica migratoria

Quando poi sono in vista dei passaggi elettorali – e, a prescindere da rilevanti appuntamenti nei singoli Stati, tra un anno si voterà comunque in tutta l’Unione europea –, il meccanismo diventa ancor più stringente. Ed è uno dei motivi per cui l’Ue non riesce a imprimere una svolta effettiva alla politica migratoria, anzi compie un passo avanti e uno indietro, come ha dimostrato anche il recentissimo accordo di Bruxelles. “Un compromesso cinico-politico”, lo ha definito il commissario europeo Paolo Gentiloni, ed è tutto dire. Lo spauracchio degli stranieri fa leva su pulsioni così intense che diventa difficile contrastarlo con argomenti razionali, anche ponendosi non su un piano umanitario e solidale – che dovrebbe essere prioritario quando si tratta di persone – ma su quello dell’economia.

Necessario il contributo degli immigrati

La situazione demografica del nostro Paese, per esempio, rende assolutamente necessario il contributo degli immigrati. Sono mesi che lo ripetono imprenditori e associazioni di categoria. Anche investendo tutte le energie possibili sulla promozione della natalità, com’è doveroso fare, almeno nei prossimi vent’anni non si potrà contare su “un aumento endogeno delle forze di lavoro”, per usare le parole di Ignazio Visco nella sua ultima relazione da governatore della Banca d’Italia

Potenziare i canali di ingresso regolari

In uno scenario del genere – fermo restando il dovere universale di salvare e di accogliere chi è in fuga –, la preoccupazione numero uno delle autorità politiche dovrebbe essere il potenziamento dei canali di ingresso regolari e dei percorsi di integrazione. L’accento continua invece a essere posto su rimpatri e respingimenti, in ossequio a una narrazione che vede l’arrivo degli immigrati come un’invasione da contrastare con ogni mezzo, addirittura evocando lo spettro della “sostituzione etnica”. In realtà, mentre gli sbarchi aumentano (e questo pone senza dubbio un problema in termini di accoglienza), il numero dei migranti effettivamente presenti sul territorio nazionale rimane sostanzialmente stabile dal 2018, con poco meno di 6 milioni di presenze.

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Perugia. Bassetti celebra la messa dell’Epifania. Samuele ammesso alla preparazione al diaconato e al presbiterato https://www.lavoce.it/perugia-samuele-ammesso-al-sacerdozio-bassetti-celebra-messa-epifania/ Thu, 06 Jan 2022 16:35:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=64426 Messa Epifania 2022- ammissione al sacerdozio di Samuele Betti

Il seminarista Samuele Betti è stato ammesso al cammino di preparazione al sacerdozio questa mattina nella messa dell'Epifania celebrata dall'Arcivescovo di Perugia il Card. Gualtiero Bassetti. “Ringrazio ancora una volta il Signore, che mi dà la grazia di poter celebrare questa solennità dell’Epifania nella nostra cattedrale”, ha detto Bassetti, presidente della Cei, all’inizio dell’omelia, pronunciata nella cattedrale di Perugia il 6 gennaio, ritornando a celebrare in pubblico l’Eucaristia dopo essere stato in isolamento, durante le festività natalizie, a seguito del contagio da Covid-19. Bassetti si è poi soffermato sul significato dell’Epifania: “manifestazione, giorno pieno di luce” in cui “Gesù è l’unica luce che può far risplendere l’intero universo”.

Samuele ammesso al sacerdozio

Per la Chiesa diocesana di Perugia-Città della Pieve l’Epifania 2022 è stata particolarmente significativa, definita dallo stesso presule “una bella sorpresa e la befana – ha aggiunto Bassetti –, come si dice da noi, non è venuta a mani vuote”. Durante la celebrazione Bassetti ha ammesso agli Ordini Sacri il seminarista Samuele Betti, dell’Unità pastorale “Giovanni Paolo II” di Prepo, “che si candida – ha sottolineato il presule – al Diaconato e al Presbiterato. Caro Samuele non potevamo trovare una circostanza più bella in cui tu potessi, pubblicamente, davanti al popolo di Dio, dichiarare il tuo impegno di accedere agli Ordini Sacri”. “Oggi, purtroppo, - ha aggiunto Bassetti - in Seminario siete pochi, ma io mi devo rallegrare, perché fra voi c’è un clima fraterno e noto i frutti di una formazione umana, intellettuale e spirituale solida. Stamani, caro Samuele, all’oro, all’incenso e alla mirra dei magi, tu aggiungerai il tuo proposito di camminare verso il Diaconato e il Presbiterato. Ed io, a nome di tutta la Chiesa, accoglierò questo tuo impegno. Il popolo cristiano deve apprezzare questi giovani che si candidano a questo servizio”. [gallery columns="2" td_select_gallery_slide="slide" td_gallery_title_input="La messa dell'Epifania con l'ammissione di Samuele Betti al sacerdozio" ids="64430,64431,64429,64428"]

L’insegnamento del magi

Commentando il Vangelo, il cardinale ha esortato i credenti “a guardare i magi. Essi giungono dal lontano Oriente per vedere quel misterioso bambino, che già, nella notte di Natale, si è manifestato ai pastori. I pastori e i magi – ha aggiunto Bassetti –, pur così diversi fra loro, hanno però una cosa in comune: il cielo! Gli uni e gli altri suggeriscono a tutti noi che per incontrare Gesù è necessario alzare lo sguardo da sé stessi e scrutare parole e segni che il Signore pone lungo il nostro cammino”. Riflettendo sulla stella che videro il magi, il cardinale ha risposto all’interrogativo “cos’è la stella? È il Vangelo, è la Parola del Signore, come dice il Salmo: ‘la tua parola è luce al mio cammino’. Questa luce ci guida verso il ‘bambino’” Anche i magi “compresero che la salvezza consisteva e consiste tutt’oggi nell’accogliere nel proprio cuore quel ‘bambino’ debole e indifeso. E con Lui tutti i deboli e gli indifesi che stanno attorno a noi e nel mondo”.

Il preoccupante inverno delle nascite

Avviandosi alla conclusione, il presidente della Cei ha ribadito la sua preoccupazione per “questo inverno delle nascite”. “Oggi,- ha aggiunto - accogliere la presenza di un bambino in una famiglia diventa il gesto più significativo della nostra fede in Dio, della nostra fede nella vita, della nostra fede nella famiglia umana, perché si voglia o non si voglia Dio ci ha costituito, su questa terra, un’unica famiglia”.

Cambiare strada, la strada della conversione

“Sono i magi a salvare il ‘bambino’– ha ricordato il cardinale Bassetti –. Quei sapienti, come nota l’evangelista, fecero ritorno ai loro Paesi per un’altra strada. E questo vale anche per noi, perché, quando si incontra il Signore, non si può continuare a percorrere la strada di sempre. Bisogna fare come i magi: cambiare strada, mettersi sulla strada della conversione, dell’accoglienza gioiosa della Parola di Dio nella nostra vita. Beati noi, fratelli e sorelle, se con i pastori e con i magi sapremo farci pellegrini verso quel ‘bambino’ e con l’affetto sapremo prenderci cura di Lui. In verità sarà Lui a prendersi cura di noi. E questo è l’augurio che faccio a tutti voi e particolarmente al nostro carissimo Samuele, che è disposto ad offrire la sua vita per il grande ministero del sacerdozio”.]]>
Messa Epifania 2022- ammissione al sacerdozio di Samuele Betti

Il seminarista Samuele Betti è stato ammesso al cammino di preparazione al sacerdozio questa mattina nella messa dell'Epifania celebrata dall'Arcivescovo di Perugia il Card. Gualtiero Bassetti. “Ringrazio ancora una volta il Signore, che mi dà la grazia di poter celebrare questa solennità dell’Epifania nella nostra cattedrale”, ha detto Bassetti, presidente della Cei, all’inizio dell’omelia, pronunciata nella cattedrale di Perugia il 6 gennaio, ritornando a celebrare in pubblico l’Eucaristia dopo essere stato in isolamento, durante le festività natalizie, a seguito del contagio da Covid-19. Bassetti si è poi soffermato sul significato dell’Epifania: “manifestazione, giorno pieno di luce” in cui “Gesù è l’unica luce che può far risplendere l’intero universo”.

Samuele ammesso al sacerdozio

Per la Chiesa diocesana di Perugia-Città della Pieve l’Epifania 2022 è stata particolarmente significativa, definita dallo stesso presule “una bella sorpresa e la befana – ha aggiunto Bassetti –, come si dice da noi, non è venuta a mani vuote”. Durante la celebrazione Bassetti ha ammesso agli Ordini Sacri il seminarista Samuele Betti, dell’Unità pastorale “Giovanni Paolo II” di Prepo, “che si candida – ha sottolineato il presule – al Diaconato e al Presbiterato. Caro Samuele non potevamo trovare una circostanza più bella in cui tu potessi, pubblicamente, davanti al popolo di Dio, dichiarare il tuo impegno di accedere agli Ordini Sacri”. “Oggi, purtroppo, - ha aggiunto Bassetti - in Seminario siete pochi, ma io mi devo rallegrare, perché fra voi c’è un clima fraterno e noto i frutti di una formazione umana, intellettuale e spirituale solida. Stamani, caro Samuele, all’oro, all’incenso e alla mirra dei magi, tu aggiungerai il tuo proposito di camminare verso il Diaconato e il Presbiterato. Ed io, a nome di tutta la Chiesa, accoglierò questo tuo impegno. Il popolo cristiano deve apprezzare questi giovani che si candidano a questo servizio”. [gallery columns="2" td_select_gallery_slide="slide" td_gallery_title_input="La messa dell'Epifania con l'ammissione di Samuele Betti al sacerdozio" ids="64430,64431,64429,64428"]

L’insegnamento del magi

Commentando il Vangelo, il cardinale ha esortato i credenti “a guardare i magi. Essi giungono dal lontano Oriente per vedere quel misterioso bambino, che già, nella notte di Natale, si è manifestato ai pastori. I pastori e i magi – ha aggiunto Bassetti –, pur così diversi fra loro, hanno però una cosa in comune: il cielo! Gli uni e gli altri suggeriscono a tutti noi che per incontrare Gesù è necessario alzare lo sguardo da sé stessi e scrutare parole e segni che il Signore pone lungo il nostro cammino”. Riflettendo sulla stella che videro il magi, il cardinale ha risposto all’interrogativo “cos’è la stella? È il Vangelo, è la Parola del Signore, come dice il Salmo: ‘la tua parola è luce al mio cammino’. Questa luce ci guida verso il ‘bambino’” Anche i magi “compresero che la salvezza consisteva e consiste tutt’oggi nell’accogliere nel proprio cuore quel ‘bambino’ debole e indifeso. E con Lui tutti i deboli e gli indifesi che stanno attorno a noi e nel mondo”.

Il preoccupante inverno delle nascite

Avviandosi alla conclusione, il presidente della Cei ha ribadito la sua preoccupazione per “questo inverno delle nascite”. “Oggi,- ha aggiunto - accogliere la presenza di un bambino in una famiglia diventa il gesto più significativo della nostra fede in Dio, della nostra fede nella vita, della nostra fede nella famiglia umana, perché si voglia o non si voglia Dio ci ha costituito, su questa terra, un’unica famiglia”.

Cambiare strada, la strada della conversione

“Sono i magi a salvare il ‘bambino’– ha ricordato il cardinale Bassetti –. Quei sapienti, come nota l’evangelista, fecero ritorno ai loro Paesi per un’altra strada. E questo vale anche per noi, perché, quando si incontra il Signore, non si può continuare a percorrere la strada di sempre. Bisogna fare come i magi: cambiare strada, mettersi sulla strada della conversione, dell’accoglienza gioiosa della Parola di Dio nella nostra vita. Beati noi, fratelli e sorelle, se con i pastori e con i magi sapremo farci pellegrini verso quel ‘bambino’ e con l’affetto sapremo prenderci cura di Lui. In verità sarà Lui a prendersi cura di noi. E questo è l’augurio che faccio a tutti voi e particolarmente al nostro carissimo Samuele, che è disposto ad offrire la sua vita per il grande ministero del sacerdozio”.]]>
La Giunta regionale assesta il bilancio e riserva 500 euro per 300 nuovi nati https://www.lavoce.it/la-giunta-regionale-assesta-il-bilancio-e-riserva-500-euro-per-300-nuovi-nati/ Thu, 01 Jul 2021 17:13:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61267

Per 300 bambini nati dal primo ottobre 2020 a fine settembre 2021 la Giunta regionale dell'Umbria ha messo in bilancio un bonus di 500 euro. L'annuncio è arrivato oggi dalla presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, a seguito dell’approvazione, da parte della Giunta regionale, dell’assestamento di bilancio per il triennio 2021-2023. In totale sono stanziati 150 mila euro recuperati, ha spiegato in una nota la presidente Tesei, “nell’ambito della nostra politica di spending review, attraverso una gestione attenta dei fondi a disposizione della Presidenza, che ho deciso di utilizzare a sostegno delle famiglie”.

Bonus per 5 nuovi nati su 100

La misura sarà presentata nel dettaglio a settembre quando si aprirà il bando che con i 300 bonus previsti potrebbe interessare al massimo poco più del 5% dei nuovi nati (considerando che nel 2020 sono nati circa 5.200 bambini in Umbria - dati Istat). “Una scelta - ha aggiunto - che vuole essere un segnale di vicinanza alle famiglie che hanno deciso di avere figli anche in un momento complesso come quello vissuto” e che si inserisce in un quadro più ampio che ha l'obiettivo di “creare i presupposti affinché torni una visione positiva del futuro che spinga le coppie a far nascere e crescere i propri figli in questa magnifica regione”.

Assestamento da 20 milioni di euro: la metà va ai trasporti

“La manovra di assestamento di bilancio 2021-2023, è di circa 20 milioni di euro” ha detto l’assessore regionale al bilancio e programmazione della Regione Umbria, Paola Agabiti. L’assessore ha evidenziato che più della metà delle risorse degli interventi finanziati, pari a 11,3 milioni di euro, è destinata al trasporto pubblico locale. Di questa posta circa 7 milioni di euro andranno a sostenere le aziende di trasporto per il rinnovo del contratto di lavoro nazionale. Tra le altre voci finanziate, un contributo per l’Istituto Superiore di Studi Musicali di Terni "Giulio Briccialdi", riduzione del 30% del canone di concessione lacuale per il 2021 a favore delle attività economiche, interventi di messa in sicurezza civile ed ambientale e per il funzionamento della Protezione civile.

In Consiglio approvazione entro il 31 luglio

Il provvedimento verrà ora inviato all’Assemblea legislativa dell’Umbria per essere approvato entro la scadenza del 31 luglio 2021.

Soddisfazione delle associazioni Pro-family e Pro-life per la misura a sostegno delle famiglie

Le associazioni pro-family e pro-life in un comunicato esprimono soddisfazione per la misura a sostegno delle famiglie che hanno avuto bambini nell'ultimo anno. "Le nostre associazioni - scrivono nella nota datata 2 luglio - esprimono soddisfazione per la misura annunciata dalla Presidente Tesei con la quale si intende dare un segnale di vicinanza alle famiglie che hanno avuto figli anche in un momento complesso come quello vissuto nell’ultimo anno, misura che permetterà a 300 nati dal primo ottobre 2020 a fine settembre 2021 di ottenere un bonus di 500 euro. Questa scelta di valorizzazione della vita nascente ci ricorda quanto sia prezioso ogni nuovo nato, perciò, in attesa dell’approvazione della legge sulle politiche familiari che renderà strutturale le misure di sostegno alla vita ed alla famiglia, esprimiamo congratulazione alla presidente Tesei e alla sua amministrazione". Le firme Family Day Umbria, ANFN Umbria, Centro Amore e Vita Foligno, La Famiglia nel cuore, AGeSC, Generazione famiglia, Consultorio La Dimora, Coordinamento Umbria 2020, Esserci, Eticamente, Liberalidea, Movimento per la vita, Nova Civilitas, Ora et Labora in difesa della vita]]>

Per 300 bambini nati dal primo ottobre 2020 a fine settembre 2021 la Giunta regionale dell'Umbria ha messo in bilancio un bonus di 500 euro. L'annuncio è arrivato oggi dalla presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, a seguito dell’approvazione, da parte della Giunta regionale, dell’assestamento di bilancio per il triennio 2021-2023. In totale sono stanziati 150 mila euro recuperati, ha spiegato in una nota la presidente Tesei, “nell’ambito della nostra politica di spending review, attraverso una gestione attenta dei fondi a disposizione della Presidenza, che ho deciso di utilizzare a sostegno delle famiglie”.

Bonus per 5 nuovi nati su 100

La misura sarà presentata nel dettaglio a settembre quando si aprirà il bando che con i 300 bonus previsti potrebbe interessare al massimo poco più del 5% dei nuovi nati (considerando che nel 2020 sono nati circa 5.200 bambini in Umbria - dati Istat). “Una scelta - ha aggiunto - che vuole essere un segnale di vicinanza alle famiglie che hanno deciso di avere figli anche in un momento complesso come quello vissuto” e che si inserisce in un quadro più ampio che ha l'obiettivo di “creare i presupposti affinché torni una visione positiva del futuro che spinga le coppie a far nascere e crescere i propri figli in questa magnifica regione”.

Assestamento da 20 milioni di euro: la metà va ai trasporti

“La manovra di assestamento di bilancio 2021-2023, è di circa 20 milioni di euro” ha detto l’assessore regionale al bilancio e programmazione della Regione Umbria, Paola Agabiti. L’assessore ha evidenziato che più della metà delle risorse degli interventi finanziati, pari a 11,3 milioni di euro, è destinata al trasporto pubblico locale. Di questa posta circa 7 milioni di euro andranno a sostenere le aziende di trasporto per il rinnovo del contratto di lavoro nazionale. Tra le altre voci finanziate, un contributo per l’Istituto Superiore di Studi Musicali di Terni "Giulio Briccialdi", riduzione del 30% del canone di concessione lacuale per il 2021 a favore delle attività economiche, interventi di messa in sicurezza civile ed ambientale e per il funzionamento della Protezione civile.

In Consiglio approvazione entro il 31 luglio

Il provvedimento verrà ora inviato all’Assemblea legislativa dell’Umbria per essere approvato entro la scadenza del 31 luglio 2021.

Soddisfazione delle associazioni Pro-family e Pro-life per la misura a sostegno delle famiglie

Le associazioni pro-family e pro-life in un comunicato esprimono soddisfazione per la misura a sostegno delle famiglie che hanno avuto bambini nell'ultimo anno. "Le nostre associazioni - scrivono nella nota datata 2 luglio - esprimono soddisfazione per la misura annunciata dalla Presidente Tesei con la quale si intende dare un segnale di vicinanza alle famiglie che hanno avuto figli anche in un momento complesso come quello vissuto nell’ultimo anno, misura che permetterà a 300 nati dal primo ottobre 2020 a fine settembre 2021 di ottenere un bonus di 500 euro. Questa scelta di valorizzazione della vita nascente ci ricorda quanto sia prezioso ogni nuovo nato, perciò, in attesa dell’approvazione della legge sulle politiche familiari che renderà strutturale le misure di sostegno alla vita ed alla famiglia, esprimiamo congratulazione alla presidente Tesei e alla sua amministrazione". Le firme Family Day Umbria, ANFN Umbria, Centro Amore e Vita Foligno, La Famiglia nel cuore, AGeSC, Generazione famiglia, Consultorio La Dimora, Coordinamento Umbria 2020, Esserci, Eticamente, Liberalidea, Movimento per la vita, Nova Civilitas, Ora et Labora in difesa della vita]]>
Vita lunga ma poche nascite. La salute degli umbri nel rapporto “Osservasalute” https://www.lavoce.it/vita-lunga-ma-poche-nascite-la-salute-degli-umbri-nel-rapporto-osservasalute/ Thu, 17 Jun 2021 10:18:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61034

L’Umbria è la regione italiana con la maggiore aspettativa di vita alla nascita: 81,1 anni per gli uomini e 85,6 per le donne, contro un valore nazionale rispettivamente di 79,7 per gli uomini e 84,4 per le donne. Il dato regionale è però in calo a causa dell’impatto del Covid-19, che in Umbria ha fatto perdere un anno netto agli uomini e circa 6 mesi alle donne. Proprio il coronavirus è la seconda causa di morte in Italia nel 2020, e ha avuto un peso enorme sulla speranza di vita della popolazione italiana: in media -1,4 anni, con punte di -2,6 in Lombardia tra gli uomini e -2,3 in Valle d’Aosta tra le donne. La pandemia ha bruciato dieci anni di guadagni in aspettativa di vita: a livello nazionale la variazione tra il 2019-2020 di questo indicatore è stato pari a -1,4 anni per gli uomini e -1,0 anni per le donne.

Il rapporto Osservasalute

È questo il dato principale che emerge dal rapporto Osservasalute 2020, stilato con cadenza annuale dall’Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane. L’ultimo numero del settimanale umbro La Voce - in distribuzione in questi giorni nelle edizioni cartacea e digitale - dedica un approfondimento (leggilo qui nell'edizione digitale) al rapporto, soprattutto in chiave regionale: dall’analisi demografica, alla spesa sanitaria, passando per i disturbi del comportamento alimentare. È la fotografia di una regione che invecchia sempre di più: basti pensare che negli ultimi 10 anni, il tasso di fecondità in Umbria è calato del 14,3%. Sono vari i parametri che l’approfondimento de La Voce, a firma di Francesco Mariucci, mette in evidenza in chiave umbra, estratti dal rapporto nazionale. In pobesiarticolare, i dati principali relativi allo stile di vita degli umbri: forma fisica, sedentarietà, uso di tabacco, propensione alla pratica sportiva e altro.

Dati economici

Anche i dati economici legati alla sanità regionale, come il valore dell’indicatore relativo alla spesa sanitaria pubblica pro capite che, nel 2019, è pari a 1.968 euro (con un valore medio nazionale di 1.904 euro). A partire dal 2012, la spesa pro capite in Umbria è stata sempre superiore a quella italiana. Estendendo invece l’arco temporale agli ultimi 10 anni, la spesa sanitaria per ogni cittadino è aumentata del 7,1%, contro un aumento medio italiano del 2,4 per cento. “Nel nostro Paese, il Servizio sanitario nazionale ha mostrato i suoi limiti, vittima della violenza della pandemia, ma anche delle scelte del passato che hanno sacrificato la sanità in nome dei risparmi di spesa”, afferma il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni Italiane, e tra gli esperti che hanno collaborato al rapporto. “Ci vogliono più risorse e innovazione, perché la fragilità del sistema è apparsa in tutta la sua drammaticità durante questa pandemia. Si deve tornare a investire nella ricerca, perché l’innovazione tecnologica porta esternalità positive in tutti i settori dell’economia”.

La crisi della natalità

Il rapporto mette in evidenza un dato critico della nostra regione, che non costituisce cero una novità. Scrive, infatti La Voce. “Dove invece la nostra regione è pericolosamente sotto la media nazionale, e ormai pure da parecchio tempo, è nel settore della natalità. Quella umbra è una popolazione sempre più anziana, e le donne fanno sempre meno figli: italiane e straniere insieme arrivano a 1,20 figli per donna, e il numero è in calo costante da più di dieci anni. Va poco meglio in Italia, dove questo numero sale a 1,27, ma è comunque ben lontano dai 2,1 figli per donna che garantirebbero un costante ricambio generazionale. Come detto, nell’arco temporale 2007-2019, si osserva che la ripresa dei livelli di fecondità, in atto a livello nazionale fino al 2010, ha registrato un andamento più altalenante. Considerando l’intero periodo in Umbria il tasso di fecondità è diminuito del -14,3% (contro un valore nazionale -9,3%)”.

Stili di vita … da migliorare

La Voce evidenzia dati sugli stili di vita degli umbri: la quota di fumatori tra la popolazione di età superiore ai 14 anni è pari al 21,7% (valore nazionale 18,4%);  i maggiorenni obesi sono l’11,6%, contro il 10,9% di media italiana e gli umbri sovrappeso sono il 34,2% (35,4% valore nazionale). “Sul lungo periodo però - scrive La Voce - la situazione sembra più confortante: negli ultimi 12 anni infatti, si è registrato un decremento di persone che conducono una vita sedentaria pari al 20,9%, dato più che doppio rispetto a quello nazionale (-9,9%)”.

L’Osservatorio

L’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane nasce su iniziativa dell’Istituto di sanità pubblica - Sezione di igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e svolge la sua attività in collaborazione con gli istituti di igiene delle altre università Italiane e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali. Questa attività collaborativa è multidisciplinare e coinvolge circa duecentotrenta esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti che, a diverso titolo e con diverse competenze, hanno posto al centro del proprio orizzonte scientifico la salute degli individui e delle collettività per promuoverne il continuo miglioramento.]]>

L’Umbria è la regione italiana con la maggiore aspettativa di vita alla nascita: 81,1 anni per gli uomini e 85,6 per le donne, contro un valore nazionale rispettivamente di 79,7 per gli uomini e 84,4 per le donne. Il dato regionale è però in calo a causa dell’impatto del Covid-19, che in Umbria ha fatto perdere un anno netto agli uomini e circa 6 mesi alle donne. Proprio il coronavirus è la seconda causa di morte in Italia nel 2020, e ha avuto un peso enorme sulla speranza di vita della popolazione italiana: in media -1,4 anni, con punte di -2,6 in Lombardia tra gli uomini e -2,3 in Valle d’Aosta tra le donne. La pandemia ha bruciato dieci anni di guadagni in aspettativa di vita: a livello nazionale la variazione tra il 2019-2020 di questo indicatore è stato pari a -1,4 anni per gli uomini e -1,0 anni per le donne.

Il rapporto Osservasalute

È questo il dato principale che emerge dal rapporto Osservasalute 2020, stilato con cadenza annuale dall’Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane. L’ultimo numero del settimanale umbro La Voce - in distribuzione in questi giorni nelle edizioni cartacea e digitale - dedica un approfondimento (leggilo qui nell'edizione digitale) al rapporto, soprattutto in chiave regionale: dall’analisi demografica, alla spesa sanitaria, passando per i disturbi del comportamento alimentare. È la fotografia di una regione che invecchia sempre di più: basti pensare che negli ultimi 10 anni, il tasso di fecondità in Umbria è calato del 14,3%. Sono vari i parametri che l’approfondimento de La Voce, a firma di Francesco Mariucci, mette in evidenza in chiave umbra, estratti dal rapporto nazionale. In pobesiarticolare, i dati principali relativi allo stile di vita degli umbri: forma fisica, sedentarietà, uso di tabacco, propensione alla pratica sportiva e altro.

Dati economici

Anche i dati economici legati alla sanità regionale, come il valore dell’indicatore relativo alla spesa sanitaria pubblica pro capite che, nel 2019, è pari a 1.968 euro (con un valore medio nazionale di 1.904 euro). A partire dal 2012, la spesa pro capite in Umbria è stata sempre superiore a quella italiana. Estendendo invece l’arco temporale agli ultimi 10 anni, la spesa sanitaria per ogni cittadino è aumentata del 7,1%, contro un aumento medio italiano del 2,4 per cento. “Nel nostro Paese, il Servizio sanitario nazionale ha mostrato i suoi limiti, vittima della violenza della pandemia, ma anche delle scelte del passato che hanno sacrificato la sanità in nome dei risparmi di spesa”, afferma il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni Italiane, e tra gli esperti che hanno collaborato al rapporto. “Ci vogliono più risorse e innovazione, perché la fragilità del sistema è apparsa in tutta la sua drammaticità durante questa pandemia. Si deve tornare a investire nella ricerca, perché l’innovazione tecnologica porta esternalità positive in tutti i settori dell’economia”.

La crisi della natalità

Il rapporto mette in evidenza un dato critico della nostra regione, che non costituisce cero una novità. Scrive, infatti La Voce. “Dove invece la nostra regione è pericolosamente sotto la media nazionale, e ormai pure da parecchio tempo, è nel settore della natalità. Quella umbra è una popolazione sempre più anziana, e le donne fanno sempre meno figli: italiane e straniere insieme arrivano a 1,20 figli per donna, e il numero è in calo costante da più di dieci anni. Va poco meglio in Italia, dove questo numero sale a 1,27, ma è comunque ben lontano dai 2,1 figli per donna che garantirebbero un costante ricambio generazionale. Come detto, nell’arco temporale 2007-2019, si osserva che la ripresa dei livelli di fecondità, in atto a livello nazionale fino al 2010, ha registrato un andamento più altalenante. Considerando l’intero periodo in Umbria il tasso di fecondità è diminuito del -14,3% (contro un valore nazionale -9,3%)”.

Stili di vita … da migliorare

La Voce evidenzia dati sugli stili di vita degli umbri: la quota di fumatori tra la popolazione di età superiore ai 14 anni è pari al 21,7% (valore nazionale 18,4%);  i maggiorenni obesi sono l’11,6%, contro il 10,9% di media italiana e gli umbri sovrappeso sono il 34,2% (35,4% valore nazionale). “Sul lungo periodo però - scrive La Voce - la situazione sembra più confortante: negli ultimi 12 anni infatti, si è registrato un decremento di persone che conducono una vita sedentaria pari al 20,9%, dato più che doppio rispetto a quello nazionale (-9,9%)”.

L’Osservatorio

L’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane nasce su iniziativa dell’Istituto di sanità pubblica - Sezione di igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e svolge la sua attività in collaborazione con gli istituti di igiene delle altre università Italiane e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali. Questa attività collaborativa è multidisciplinare e coinvolge circa duecentotrenta esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti che, a diverso titolo e con diverse competenze, hanno posto al centro del proprio orizzonte scientifico la salute degli individui e delle collettività per promuoverne il continuo miglioramento.]]>
Natalità. Morresi: per un’Agenda che non sia un tweet https://www.lavoce.it/natalita-morresi-per-unagenda-che-non-sia-un-tweet/ Thu, 20 May 2021 17:14:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60729

La ricerca di un consenso immediato, a breve termine, che aumenti i like nei social e gonfi i sondaggi: troppo spesso è diventato questo l’obiettivo della politica negli ultimi anni, a livello nazionale e locale.

Crisi della politica

Con risultati pessimi: la radicalizzazione delle posizioni in gioco, innanzitutto, perché è la dinamica più semplice per guadagnarsi la scena mediatica. Una radicalizzazione che implica la ipersemplificazione delle tematiche trattate, perché così è più facile ridurle a slogan i quali, rispetto a un ragionamento, sono molto più adatti ai tempi veloci televisivi e al breve spazio di un tweet o di un microvideo da far circolare su Whatsapp.

Schieramenti contro a colpi di social

E la ipersemplificazione per antonomasia è quella di sventolare bandiere, dare segnali immediatamente riconoscibili ai propri elettori, e quindi agli avversari: ius soli o controllo dell’immigrazione, Ddl Zan o famiglie tradizionali, “aperturisti” o “chiusuristi” (e chiediamo scusa al vocabolario della lingua italiana, ma è per capirsi), e via dicendo. Allo sventolìo di bandiere gli schieramenti si compattano e si va allo scontro, duro e scontato nelle modalità, nel linguaggio e nei risultati, e soprattutto, infruttuoso. Abbiamo sintetizzato solo alcuni dei segni più eclatanti della crisi che la politica sta attraversando, una crisi che ha radici lontane, nell’anomalia di “Mani pulite” e nelle campagne di discredito orchestrate contro la politica stessa. Ricordate il libro La Casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili, firmato da due giornalisti del Corriere della Sera? Fu pubblicato nel maggio del 2007, e l’8 settembre dello stesso anno Beppe Grillo organizzò il V-day (Vaffa-day). La scelta della data non era certo casuale, richiamando l’armistizio di Badoglio del 1943. La “V” iniziale è entrata a far parte del logo del moVimento 5 stelle, ed è restata.

Ripartire dai territori

Una crisi sulla quale ci sarebbe tanto da dire e che urge affrontare: abbiamo disperatamente bisogno di una buona politica, per un buon governo del Paese. E possiamo farlo a partire dai territori, localmente.

Lavorare insieme per la natalità in Umbria?

Invece di attaccarsi a destra e a sinistra per singoli episodi che assumono dimensioni eccessive rispetto al loro peso reale, perché non proviamo a entrare dentro i contenuti tenendo presente il nostro bene comune, in Umbria? Da tempo parliamo della terribile crisi demografica italiana e della grave denatalità. Draghi è il primo presidente del Consiglio che, finalmente, ha posto la questione con forza, in occasione degli Stati generali della natalità convocati dal Forum delle famiglie. Vogliamo mettere davvero questo problema al primo posto nell’agenda politica della nostra Regione?]]>

La ricerca di un consenso immediato, a breve termine, che aumenti i like nei social e gonfi i sondaggi: troppo spesso è diventato questo l’obiettivo della politica negli ultimi anni, a livello nazionale e locale.

Crisi della politica

Con risultati pessimi: la radicalizzazione delle posizioni in gioco, innanzitutto, perché è la dinamica più semplice per guadagnarsi la scena mediatica. Una radicalizzazione che implica la ipersemplificazione delle tematiche trattate, perché così è più facile ridurle a slogan i quali, rispetto a un ragionamento, sono molto più adatti ai tempi veloci televisivi e al breve spazio di un tweet o di un microvideo da far circolare su Whatsapp.

Schieramenti contro a colpi di social

E la ipersemplificazione per antonomasia è quella di sventolare bandiere, dare segnali immediatamente riconoscibili ai propri elettori, e quindi agli avversari: ius soli o controllo dell’immigrazione, Ddl Zan o famiglie tradizionali, “aperturisti” o “chiusuristi” (e chiediamo scusa al vocabolario della lingua italiana, ma è per capirsi), e via dicendo. Allo sventolìo di bandiere gli schieramenti si compattano e si va allo scontro, duro e scontato nelle modalità, nel linguaggio e nei risultati, e soprattutto, infruttuoso. Abbiamo sintetizzato solo alcuni dei segni più eclatanti della crisi che la politica sta attraversando, una crisi che ha radici lontane, nell’anomalia di “Mani pulite” e nelle campagne di discredito orchestrate contro la politica stessa. Ricordate il libro La Casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili, firmato da due giornalisti del Corriere della Sera? Fu pubblicato nel maggio del 2007, e l’8 settembre dello stesso anno Beppe Grillo organizzò il V-day (Vaffa-day). La scelta della data non era certo casuale, richiamando l’armistizio di Badoglio del 1943. La “V” iniziale è entrata a far parte del logo del moVimento 5 stelle, ed è restata.

Ripartire dai territori

Una crisi sulla quale ci sarebbe tanto da dire e che urge affrontare: abbiamo disperatamente bisogno di una buona politica, per un buon governo del Paese. E possiamo farlo a partire dai territori, localmente.

Lavorare insieme per la natalità in Umbria?

Invece di attaccarsi a destra e a sinistra per singoli episodi che assumono dimensioni eccessive rispetto al loro peso reale, perché non proviamo a entrare dentro i contenuti tenendo presente il nostro bene comune, in Umbria? Da tempo parliamo della terribile crisi demografica italiana e della grave denatalità. Draghi è il primo presidente del Consiglio che, finalmente, ha posto la questione con forza, in occasione degli Stati generali della natalità convocati dal Forum delle famiglie. Vogliamo mettere davvero questo problema al primo posto nell’agenda politica della nostra Regione?]]>
In questo numero. La proposta: un’agenda umbra per la natalità? Focus su Pnnr e la rinascita” della Pentecoste https://www.lavoce.it/proposta-agenda-umbra-per-natalita-pnnr-rinascita-pentecoste/ Thu, 20 May 2021 17:06:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60728

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Natalità. Per un’Agenda che non sia un tweet

di Assuntina Morresi

La ricerca di un consenso immediato, a breve termine, che aumenti i like nei social e gonfi i sondaggi: troppo spesso è diventato questo l’obiettivo della politica negli ultimi anni, a livello nazionale e locale.

Con risultati pessimi: la radicalizzazione delle posizioni in gioco, innanzitutto, perché è la dinamica più semplice per guadagnarsi la scena mediatica. Una radicalizzazione che implica la ipersemplificazione delle tematiche trattate, perché così è più facile ridurle a slogan i quali, rispetto a un ragionamento, sono molto più adatti ai tempi veloci televisivi e al breve spazio di un tweet o di un microvideo da far circolare su Whatsapp.  (…)

Focus

Pnrr Umbria, come usare 3 miliardi

di Giuseppe Croce Grazie alle risorse straordinarie fornite dall’Europa, il Pnrr definito dalla Giunta regionale prevede di riversare sull’Umbria, tra il 2021 e il 2026, finanziamenti per un totale di 3,12 miliardi di euro articolati in 45 linee di intervento. Si tratta, nel complesso, di una quantità di denaro pubblico davvero ingente, che potrebbe aprire nuove prospettive per l’economia regionale. L’obiettivo degli investimenti pubblici da realizzare (…)

La Pentecoste, tempo di rinascita

di Roberto Fornaciari La seconda Pasqua in tempo di pandemia continua a interrogarci e chiede a tutti noi di non perderci di coraggio per le difficoltà del momento presente. Da oltre un anno viviamo un tempo difficile che ci ha in qualche modo feriti. Occorre riconoscere le nostre ferite sepolte perché non ci facciano soffrire ulteriormentee. Siamo infatti vittime della pandemia anche se (…)

Nel giornale

Beati gli ultimi. Se...

Un po’ di respiro, o perlomeno di ottimismo, per le Rsa, le residenze per anziani in cui l’aumento sempre più forte delle spese non corrispondeva ad adeguati finanziamenti da parte delle istituzioni. Ora c’è un accordo di base, e politicamente trasversale, grazie alla mozione approvata in Consiglio regionale. Primo passo importante, ma che ovviamente richiede uno sviluppo anche legislativo. Se c’è la volontà politica. E senza dimenticare altre “residenze”, quelle per disabili, altrettanto fondamentali e altrettanto in difficoltà, che per ora invece non si sentono “ascoltate”. Abbiamo loro dato voce.

TERRA SANTA

La crisi attorno alla Striscia di Gaza non è “l’ennesima”: sono rimaste stupite e spaventate perfino le persone che da anni vivevano nelle aree più calde di quella fetta di Medio Oriente. Non è questione di quanti missili vengano sparati ogni giorno, ma di che cosa si sta trovando ad affrontare la gente. La denuncia e l’appello del patriarca Pizzaballa

CATECHISTI

Dopo che sono stati riconosciuti come vero e proprio “ministero laicale” da parte di Papa Francesco, approfondiamo tutte le implicazioni del motu proprio Antiquum ministerium insieme al direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Perugia, e con il direttore nazionale Cei. Ne esce un modello diverso non solo di catechesi ma di Chiesa.

LAVORO

Ancora tanti, tragici casi di infortuni e morti sul lavoro nella nostra regione. Il caso arriva sul tavolo nazionale non solo sul piano politico ma anche per interessamento del presidente della Cei, card. Bassetti, che ha incontrato i segretari dei tre sindacati confederali

TURISMO

Strana situazione quella del turismo in Umbria, già da ben prima del Covid: risorsa preziosissima, eppure spesso sfruttata male, anche per lacune di coordinamento. La parola a un seminario di studio e al Sindaco di Passignano. Intanto gli impianti riaprono, sì, ma... si rischia che manchino gli operatori]]>

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Natalità. Per un’Agenda che non sia un tweet

di Assuntina Morresi

La ricerca di un consenso immediato, a breve termine, che aumenti i like nei social e gonfi i sondaggi: troppo spesso è diventato questo l’obiettivo della politica negli ultimi anni, a livello nazionale e locale.

Con risultati pessimi: la radicalizzazione delle posizioni in gioco, innanzitutto, perché è la dinamica più semplice per guadagnarsi la scena mediatica. Una radicalizzazione che implica la ipersemplificazione delle tematiche trattate, perché così è più facile ridurle a slogan i quali, rispetto a un ragionamento, sono molto più adatti ai tempi veloci televisivi e al breve spazio di un tweet o di un microvideo da far circolare su Whatsapp.  (…)

Focus

Pnrr Umbria, come usare 3 miliardi

di Giuseppe Croce Grazie alle risorse straordinarie fornite dall’Europa, il Pnrr definito dalla Giunta regionale prevede di riversare sull’Umbria, tra il 2021 e il 2026, finanziamenti per un totale di 3,12 miliardi di euro articolati in 45 linee di intervento. Si tratta, nel complesso, di una quantità di denaro pubblico davvero ingente, che potrebbe aprire nuove prospettive per l’economia regionale. L’obiettivo degli investimenti pubblici da realizzare (…)

La Pentecoste, tempo di rinascita

di Roberto Fornaciari La seconda Pasqua in tempo di pandemia continua a interrogarci e chiede a tutti noi di non perderci di coraggio per le difficoltà del momento presente. Da oltre un anno viviamo un tempo difficile che ci ha in qualche modo feriti. Occorre riconoscere le nostre ferite sepolte perché non ci facciano soffrire ulteriormentee. Siamo infatti vittime della pandemia anche se (…)

Nel giornale

Beati gli ultimi. Se...

Un po’ di respiro, o perlomeno di ottimismo, per le Rsa, le residenze per anziani in cui l’aumento sempre più forte delle spese non corrispondeva ad adeguati finanziamenti da parte delle istituzioni. Ora c’è un accordo di base, e politicamente trasversale, grazie alla mozione approvata in Consiglio regionale. Primo passo importante, ma che ovviamente richiede uno sviluppo anche legislativo. Se c’è la volontà politica. E senza dimenticare altre “residenze”, quelle per disabili, altrettanto fondamentali e altrettanto in difficoltà, che per ora invece non si sentono “ascoltate”. Abbiamo loro dato voce.

TERRA SANTA

La crisi attorno alla Striscia di Gaza non è “l’ennesima”: sono rimaste stupite e spaventate perfino le persone che da anni vivevano nelle aree più calde di quella fetta di Medio Oriente. Non è questione di quanti missili vengano sparati ogni giorno, ma di che cosa si sta trovando ad affrontare la gente. La denuncia e l’appello del patriarca Pizzaballa

CATECHISTI

Dopo che sono stati riconosciuti come vero e proprio “ministero laicale” da parte di Papa Francesco, approfondiamo tutte le implicazioni del motu proprio Antiquum ministerium insieme al direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Perugia, e con il direttore nazionale Cei. Ne esce un modello diverso non solo di catechesi ma di Chiesa.

LAVORO

Ancora tanti, tragici casi di infortuni e morti sul lavoro nella nostra regione. Il caso arriva sul tavolo nazionale non solo sul piano politico ma anche per interessamento del presidente della Cei, card. Bassetti, che ha incontrato i segretari dei tre sindacati confederali

TURISMO

Strana situazione quella del turismo in Umbria, già da ben prima del Covid: risorsa preziosissima, eppure spesso sfruttata male, anche per lacune di coordinamento. La parola a un seminario di studio e al Sindaco di Passignano. Intanto gli impianti riaprono, sì, ma... si rischia che manchino gli operatori]]>
In questo numero: focus sugli “Stati generali della natalità”, sui Catechisti e tanto altro https://www.lavoce.it/in-questo-numero-focus-sugli-stati-generali-della-natalita-sui-catechisti-e-tanto-altro/ Thu, 13 May 2021 15:39:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60591

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Il Pnrr non è un giocattolo per cercare consensi

di Stefano De Martis
A forza di ripeterlo si rischia di diventare noiosi, eppure a osservare i comportamenti dei partiti non sembra che il concetto sia ancora ben chiaro e condiviso: la nostra possibilità di rilancio socio-economico dipende in larghissima misura e comunque in modo decisivo da come sapremo dare concreta attuazione al Pnrr – Piano nazionale di ripresa e resilienza. (…)

Focus

Welfare

di Pierluigi Grasselli I bambini e gli adolescenti sono il primo grande gruppo per il quale la didattica a distanza, resa necessaria dalla pandemia, può avere contribuito ad accrescere la dispersione scolastica, e che comunque possono aver sperimentato grandi difficoltà, per l’assenza... (a pag. 4)

Umbro iconico

di Dario Rivarossa Chi è stato il personaggio umbro a esercitare il massimo influsso sull’arte? Pietro Vannucci detto il Perugino? Nooo, di più, molto di più! Un nome che oggi è praticamente sconosciuto: Cesare Ripa. Non era un pittore, però scrisse un’Iconologia che ispirò gli artisti per due secoli (…)

Nel giornale

Nascere... per crescere

Il 14 maggio - in contemporanea con la data di uscita di questo giornale - si svogono a Roma per la prima volta gli “Stati generali della natalità”. Evento organizzato dal Forum delle associazioni familiari, e al quale partecipa anche Papa Francesco. Lo scopo: mettere sotto i riflettori in modo serio il tema della natalità in Italia, il cosiddetto “inverno demografico” sul quale circolano troppe idee superficiali o disfattiste - afferma il presidente del Forum, De Palo. Per questo sono stati invitati esponenti di tante categorie sociali, dalle imprese alle banche, dai mass media allo sport. E se la crescita (personale e del Paese) comincia dalla nascita, vale la pena fare un salto all’ospedale di Perugia per ammirare una mostra fotografica speciale.

I “ministri” catechisti

Papa Francesco apre una nuova porta al laicato. O meglio, riconosce ufficialmente come “ministero” quello che fin dai primordi della Chiesa è un ruolo-chiave nella missione evangelizzatrice: i catechisti. Il nostro esperto di liturgia analizza il motu proprio Antiquum ministerium

Noi siamo croce rossa

Per entrare come volontario nella Croce rossa bisogna saper guidare l’ambulanza? Niente affatto. Per la Giornata della benemerita istituzione, parla un gruppo di giovani umbri che hanno deciso di dedicare tempo agli altri nonostante, anzi a causa, del pericolo Covid

Riparte l’arte

Dopo una lunghissima pausa riaprono i musei, ripartono gli eventi culturali. Fonte di arricchimento personale e di attrazione turistica. Tra gli altri appuntamenti, le Giornate del Fai e la promozione del settore ceramica. Ma ogni territorio ha qualcosa da offrire. Scopriamolo]]>

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

Il Pnrr non è un giocattolo per cercare consensi

di Stefano De Martis
A forza di ripeterlo si rischia di diventare noiosi, eppure a osservare i comportamenti dei partiti non sembra che il concetto sia ancora ben chiaro e condiviso: la nostra possibilità di rilancio socio-economico dipende in larghissima misura e comunque in modo decisivo da come sapremo dare concreta attuazione al Pnrr – Piano nazionale di ripresa e resilienza. (…)

Focus

Welfare

di Pierluigi Grasselli I bambini e gli adolescenti sono il primo grande gruppo per il quale la didattica a distanza, resa necessaria dalla pandemia, può avere contribuito ad accrescere la dispersione scolastica, e che comunque possono aver sperimentato grandi difficoltà, per l’assenza... (a pag. 4)

Umbro iconico

di Dario Rivarossa Chi è stato il personaggio umbro a esercitare il massimo influsso sull’arte? Pietro Vannucci detto il Perugino? Nooo, di più, molto di più! Un nome che oggi è praticamente sconosciuto: Cesare Ripa. Non era un pittore, però scrisse un’Iconologia che ispirò gli artisti per due secoli (…)

Nel giornale

Nascere... per crescere

Il 14 maggio - in contemporanea con la data di uscita di questo giornale - si svogono a Roma per la prima volta gli “Stati generali della natalità”. Evento organizzato dal Forum delle associazioni familiari, e al quale partecipa anche Papa Francesco. Lo scopo: mettere sotto i riflettori in modo serio il tema della natalità in Italia, il cosiddetto “inverno demografico” sul quale circolano troppe idee superficiali o disfattiste - afferma il presidente del Forum, De Palo. Per questo sono stati invitati esponenti di tante categorie sociali, dalle imprese alle banche, dai mass media allo sport. E se la crescita (personale e del Paese) comincia dalla nascita, vale la pena fare un salto all’ospedale di Perugia per ammirare una mostra fotografica speciale.

I “ministri” catechisti

Papa Francesco apre una nuova porta al laicato. O meglio, riconosce ufficialmente come “ministero” quello che fin dai primordi della Chiesa è un ruolo-chiave nella missione evangelizzatrice: i catechisti. Il nostro esperto di liturgia analizza il motu proprio Antiquum ministerium

Noi siamo croce rossa

Per entrare come volontario nella Croce rossa bisogna saper guidare l’ambulanza? Niente affatto. Per la Giornata della benemerita istituzione, parla un gruppo di giovani umbri che hanno deciso di dedicare tempo agli altri nonostante, anzi a causa, del pericolo Covid

Riparte l’arte

Dopo una lunghissima pausa riaprono i musei, ripartono gli eventi culturali. Fonte di arricchimento personale e di attrazione turistica. Tra gli altri appuntamenti, le Giornate del Fai e la promozione del settore ceramica. Ma ogni territorio ha qualcosa da offrire. Scopriamolo]]>
Nuovo parere sulla RU486. Cosa fa l’Umbria? https://www.lavoce.it/nuovo-parere-ru486-umbria/ Mon, 31 Aug 2020 10:46:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57643 ministro speranza

di Assuntina Morresi*

In agosto sono state rese pubbliche le nuove linee di indirizzo sull’aborto farmacologico firmate dal ministro Roberto Speranza, basate su un nuovo parere del Consiglio superiore di sanità.

E l’aborto cambia radicalmente nella sua concezione, con una svolta a 180 gradi rispetto all’impostazione della Legge 194 che ritiene l’Interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) non solo un evento negativo di cui cercare di rimuovere le cause, ma un problema sociale, che ci riguarda tutti, e di cui le istituzioni sanitarie e sociali debbono farsi carico.

È per questo che, secondo la 194, l’intera procedura deve svolgersi in una struttura ospedaliera autorizzata fra quelle del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

Cosa avveniva 10 anni fa

Dieci anni fa, invece, tre pareri del Consiglio superiore di sanità avevano orientato le linee di indirizzo per il metodo farmacologico, che prevedevano tre giorni di ricovero ordinario per chi volesse abortire con la RU486, evitando che le Ivg avvenissero al di fuori delle strutture del Ssn, senza tutele per le donne.

L’aborto chimico, infatti, è di per sé imprevedibile, nelle modalità e nei tempi: mediamente si impiega tre giorni a completare la procedura, ma possono essere anche di più e soprattutto non è possibile prevedere a priori quando inizierà l’emorragia che segna che l’aborto è in corso.

Dieci anni fa, mentre la RU486 veniva introdotta in Italia dall’Europa, chi scrive era consulente del ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi, ed era sottosegretaria Eugenia Roccella: insieme abbiamo seguito i lavori ministeriali che hanno portato alle precedenti linee di indirizzo.

E proprio per la conoscenza diretta di quegli avvenimenti, Eugenia Roccella e io abbiamo firmato tre interventi sul quotidiano Avvenire.

Il primo del 12 agosto è una lettera aperta ai governatori di tutte le regioni italiane.

Indirizzi ministeriali e sentenze sulla ru486

Spieghiamo che gli indirizzi ministeriali non sono vincolanti, tanto che dieci anni fa l’Emilia Romagna se ne discostò subito, organizzandosi per un regime di day hospital, e lo ha potuto fare: se un governatore volesse, insomma, potrebbe benissimo continuare a garantire un regime di ricovero ospedaliero, non per un boicottaggio ma per un di più di sicurezza sanitaria, rispetto alle nuove indicazioni, che sono contraddittorie e non offrono tutele sufficienti nei confronti delle donne che affrontano l’aborto chimico.

Ma soprattutto chiediamo un monitoraggio specifico per l’aborto farmacologico, per gli effetti collaterali e gli eventi avversi specifici per questa procedura, e che sfuggono alla farmacovigilanza, costruita intorno alle tecniche chirurgiche.

Il secondo intervento, del 18 agosto, è un commento al nuovo parere del Consiglio superiore di sanità e alle linee guida che ne sono derivate. Tante le contraddizioni interne, soprattutto la possibilità di abortire in consultorio è evidentemente in contraddizione con la Legge 194, che ai consultori affida altre finalità, e non li nomina neppure fra le strutture in cui si può abortire.

In un terzo intervento, del 23 agosto, rivolto al ministro Speranza, andiamo nel dettaglio della farmacovigilanza necessaria per monitorare la procedura abortiva farmacologica, illustrando i dati necessari da raccogliere. La governatrice umbra Tesei ha già confermato l’adesione alle nuove linee ministeriali, e l’assessore Coletto ha specificato che sarà anche possibile optare per il ricovero ospedaliero, per chi lo chiedesse, ma sicuramente non avrà bisogno di specificarlo formalmente: non si può certo vietare a livello regionale il ricovero ospedaliero, qualora ce ne fossero i presupposti clinici, a prescindere dal fatto che si parli di aborto o meno.

In Umbria: mobilitazioni a sostegno della vita

Vedremo piuttosto se ci saranno iniziative della amministrazione per organizzare in Umbria una farmacovigilanza adeguata al nuovo corso abortivo farmacologico. Ma non è tutto: ricordiamo che nella nostra regione si sta lavorando anche a un altro tavolo, fortemente richiesto dal Movimento per la Vita: fondi di sostegno alle maternità difficili.

Nelle settimane scorse, nel pieno delle polemiche sull’aborto, abbiamo chiesto alla politica locale un cambio di passo: sosteniamo la vita! Dobbiamo farlo soprattutto quando ci sono condizioni difficili: tante donne in gravidanza, se sostenute adeguatamente, diventerebbero felicemente madri e non affronterebbero l’esperienza più drammatica che una donna può fare nella sua vita, quella dell’aborto.

È una ingiustizia evidente e radicale quella di uno stato che, a una donna incinta in difficoltà, offre solamente la possibilità di rinunciare al figlio, e non dà invece quella solidarietà concreta e fattiva che consentirebbe di farlo nascere.

L’esperienza del Movimento per la Vita dice che fra le migliaia di donne che sono riuscite a diventare madri perché hanno trovato l’aiuto liberamente richiesto, nessuna si è mai pentita di averlo fatto, ma ognuna è rifiorita, ha trovato in sé energie e forza e competenze inaspettate, che l’hanno accompagnata nella vita insieme al proprio bambino.

La politica in Umbria ha risposto al nostro appello. In regione, rappresentanti dell’opposizione civica hanno già presentato una proposta di legge a sostegno della natalità, con aiuti per maternità difficili, mentre politici della maggioranza hanno annunciato un testo riguardante la famiglia. Anche a livello di amministrazione comunale ci sono state iniziative. Il lavoro continua.

Le novità del Css

L e nuove linee di indirizzo annunciate dal ministro Speranza via Twitter, e anticipate con una circolare ministeriale, si basano su un parere del Consiglio superiore di sanità (Css) molto contraddittorio. Innanzitutto non si capisce perchè siano state modificate quelle vigenti: non ci sono novità giuridiche né scientifiche, i prodotti chimici usati sono sempre gli stessi, e soprattutto non vengono mai messi in discussione i presupposti con cui i precedenti tre pareri del Css concordano nel ricovero ospedaliero.

Al contrario, vengono confermate tutte le caratteristiche del metodo farmacologico, che lo rendono incerto, imprevedibile e più pericoloso di quello chirurgico. Senza ricovero ospedaliero, infatti, è possibile che l’emorragia che segna l’inizio dell’aborto avvenga ovunque si trovi la donna – a casa, al lavoro, in giro – con tutte le conseguenze del caso. Impressiona leggere i criteri non clinici di ammissione al metodo: la donna non deve essere ansiosa, non deve avere una bassa soglia di tolleranza del dolore, non deve avere condizioni abitative troppo precarie, deve avere la possibilità di raggiungere il pronto soccorso dell’ospedale entro un’ora.

È poi significativo il fatto che per le minori che abortiscono con la RU486 continui l’indicazione per il ricovero ospedaliero. Ma se fosse un metodo tanto migliore di quello chirurgico e meno invasivo, dovrebbero essere proprio le minori ad avere un accesso garantito: perché negarglielo?

È esteso il limite da 7 a 9 settimane di gravidanza, mostrando esplicitamente che gli eventi avversi raddoppiano in percentuale e, al contrario, commentando che l’aumento è lieve. E soprattutto ad applicare le linee ministeriali si rischiano fino a tre anni di reclusione: l’articolo 19 della Legge 194 prevede queste sanzioni per chi pratica l’aborto al di fuori delle modalità previste negli artt.5 e 8, cioè anche per aborti effettuati al di fuori delle strutture del Ssn esplicitate. E il domicilio delle donne, e i consultori sono nel nuovo indirizzo ministeriale, ma non nella legge. (A.M.)

*pres. Movimento per la Vita - Umbria

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ministro speranza

di Assuntina Morresi*

In agosto sono state rese pubbliche le nuove linee di indirizzo sull’aborto farmacologico firmate dal ministro Roberto Speranza, basate su un nuovo parere del Consiglio superiore di sanità.

E l’aborto cambia radicalmente nella sua concezione, con una svolta a 180 gradi rispetto all’impostazione della Legge 194 che ritiene l’Interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) non solo un evento negativo di cui cercare di rimuovere le cause, ma un problema sociale, che ci riguarda tutti, e di cui le istituzioni sanitarie e sociali debbono farsi carico.

È per questo che, secondo la 194, l’intera procedura deve svolgersi in una struttura ospedaliera autorizzata fra quelle del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

Cosa avveniva 10 anni fa

Dieci anni fa, invece, tre pareri del Consiglio superiore di sanità avevano orientato le linee di indirizzo per il metodo farmacologico, che prevedevano tre giorni di ricovero ordinario per chi volesse abortire con la RU486, evitando che le Ivg avvenissero al di fuori delle strutture del Ssn, senza tutele per le donne.

L’aborto chimico, infatti, è di per sé imprevedibile, nelle modalità e nei tempi: mediamente si impiega tre giorni a completare la procedura, ma possono essere anche di più e soprattutto non è possibile prevedere a priori quando inizierà l’emorragia che segna che l’aborto è in corso.

Dieci anni fa, mentre la RU486 veniva introdotta in Italia dall’Europa, chi scrive era consulente del ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi, ed era sottosegretaria Eugenia Roccella: insieme abbiamo seguito i lavori ministeriali che hanno portato alle precedenti linee di indirizzo.

E proprio per la conoscenza diretta di quegli avvenimenti, Eugenia Roccella e io abbiamo firmato tre interventi sul quotidiano Avvenire.

Il primo del 12 agosto è una lettera aperta ai governatori di tutte le regioni italiane.

Indirizzi ministeriali e sentenze sulla ru486

Spieghiamo che gli indirizzi ministeriali non sono vincolanti, tanto che dieci anni fa l’Emilia Romagna se ne discostò subito, organizzandosi per un regime di day hospital, e lo ha potuto fare: se un governatore volesse, insomma, potrebbe benissimo continuare a garantire un regime di ricovero ospedaliero, non per un boicottaggio ma per un di più di sicurezza sanitaria, rispetto alle nuove indicazioni, che sono contraddittorie e non offrono tutele sufficienti nei confronti delle donne che affrontano l’aborto chimico.

Ma soprattutto chiediamo un monitoraggio specifico per l’aborto farmacologico, per gli effetti collaterali e gli eventi avversi specifici per questa procedura, e che sfuggono alla farmacovigilanza, costruita intorno alle tecniche chirurgiche.

Il secondo intervento, del 18 agosto, è un commento al nuovo parere del Consiglio superiore di sanità e alle linee guida che ne sono derivate. Tante le contraddizioni interne, soprattutto la possibilità di abortire in consultorio è evidentemente in contraddizione con la Legge 194, che ai consultori affida altre finalità, e non li nomina neppure fra le strutture in cui si può abortire.

In un terzo intervento, del 23 agosto, rivolto al ministro Speranza, andiamo nel dettaglio della farmacovigilanza necessaria per monitorare la procedura abortiva farmacologica, illustrando i dati necessari da raccogliere. La governatrice umbra Tesei ha già confermato l’adesione alle nuove linee ministeriali, e l’assessore Coletto ha specificato che sarà anche possibile optare per il ricovero ospedaliero, per chi lo chiedesse, ma sicuramente non avrà bisogno di specificarlo formalmente: non si può certo vietare a livello regionale il ricovero ospedaliero, qualora ce ne fossero i presupposti clinici, a prescindere dal fatto che si parli di aborto o meno.

In Umbria: mobilitazioni a sostegno della vita

Vedremo piuttosto se ci saranno iniziative della amministrazione per organizzare in Umbria una farmacovigilanza adeguata al nuovo corso abortivo farmacologico. Ma non è tutto: ricordiamo che nella nostra regione si sta lavorando anche a un altro tavolo, fortemente richiesto dal Movimento per la Vita: fondi di sostegno alle maternità difficili.

Nelle settimane scorse, nel pieno delle polemiche sull’aborto, abbiamo chiesto alla politica locale un cambio di passo: sosteniamo la vita! Dobbiamo farlo soprattutto quando ci sono condizioni difficili: tante donne in gravidanza, se sostenute adeguatamente, diventerebbero felicemente madri e non affronterebbero l’esperienza più drammatica che una donna può fare nella sua vita, quella dell’aborto.

È una ingiustizia evidente e radicale quella di uno stato che, a una donna incinta in difficoltà, offre solamente la possibilità di rinunciare al figlio, e non dà invece quella solidarietà concreta e fattiva che consentirebbe di farlo nascere.

L’esperienza del Movimento per la Vita dice che fra le migliaia di donne che sono riuscite a diventare madri perché hanno trovato l’aiuto liberamente richiesto, nessuna si è mai pentita di averlo fatto, ma ognuna è rifiorita, ha trovato in sé energie e forza e competenze inaspettate, che l’hanno accompagnata nella vita insieme al proprio bambino.

La politica in Umbria ha risposto al nostro appello. In regione, rappresentanti dell’opposizione civica hanno già presentato una proposta di legge a sostegno della natalità, con aiuti per maternità difficili, mentre politici della maggioranza hanno annunciato un testo riguardante la famiglia. Anche a livello di amministrazione comunale ci sono state iniziative. Il lavoro continua.

Le novità del Css

L e nuove linee di indirizzo annunciate dal ministro Speranza via Twitter, e anticipate con una circolare ministeriale, si basano su un parere del Consiglio superiore di sanità (Css) molto contraddittorio. Innanzitutto non si capisce perchè siano state modificate quelle vigenti: non ci sono novità giuridiche né scientifiche, i prodotti chimici usati sono sempre gli stessi, e soprattutto non vengono mai messi in discussione i presupposti con cui i precedenti tre pareri del Css concordano nel ricovero ospedaliero.

Al contrario, vengono confermate tutte le caratteristiche del metodo farmacologico, che lo rendono incerto, imprevedibile e più pericoloso di quello chirurgico. Senza ricovero ospedaliero, infatti, è possibile che l’emorragia che segna l’inizio dell’aborto avvenga ovunque si trovi la donna – a casa, al lavoro, in giro – con tutte le conseguenze del caso. Impressiona leggere i criteri non clinici di ammissione al metodo: la donna non deve essere ansiosa, non deve avere una bassa soglia di tolleranza del dolore, non deve avere condizioni abitative troppo precarie, deve avere la possibilità di raggiungere il pronto soccorso dell’ospedale entro un’ora.

È poi significativo il fatto che per le minori che abortiscono con la RU486 continui l’indicazione per il ricovero ospedaliero. Ma se fosse un metodo tanto migliore di quello chirurgico e meno invasivo, dovrebbero essere proprio le minori ad avere un accesso garantito: perché negarglielo?

È esteso il limite da 7 a 9 settimane di gravidanza, mostrando esplicitamente che gli eventi avversi raddoppiano in percentuale e, al contrario, commentando che l’aumento è lieve. E soprattutto ad applicare le linee ministeriali si rischiano fino a tre anni di reclusione: l’articolo 19 della Legge 194 prevede queste sanzioni per chi pratica l’aborto al di fuori delle modalità previste negli artt.5 e 8, cioè anche per aborti effettuati al di fuori delle strutture del Ssn esplicitate. E il domicilio delle donne, e i consultori sono nel nuovo indirizzo ministeriale, ma non nella legge. (A.M.)

*pres. Movimento per la Vita - Umbria

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Creare un “fondo” per le mamme in difficoltà. La proposta del MPV https://www.lavoce.it/creare-un-fondo-per-le-mamme-in-difficolta-la-proposta-del-mpv/ Fri, 24 Jul 2020 09:30:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57550

“Perché non istituire un fondo appositamente dedicato alle donne che si trovano ad affrontare una gravidanza difficile?”. La proposta, calata nel pieno delle polemiche sulla decisione della Giunta regionale relativa alla RU486, chiudeva il commento della presidente regionale del Movimento per la Vita, Assuntina Morresi, su La Voce del 10 luglio, in prima pagina. Un commento che invitava a “voltare pagina” nel dibattito sull’aborto, al di là del mezzo utilizzato, chimico o chirurgico che fosse. [caption id="attachment_57559" align="alignleft" width="177"] Assuntina Morresi[/caption] Presidente Morresi, come immagina questo fondo regionale? “Dovrebbe trattarsi di un fondo destinato direttamente alle donne, senza intoppi burocratici, a prescindere dalla loro condizione personale, ovvero se siano coniugate o meno. Donne in stato di gravidanza che hanno difficoltà a portarla avanti per motivi economici o anche sociali o di salute, per i quali un aiuto economico può essere decisivo. Lo immagino come un percorso protetto per chi ha gravidanze vulnerabili, per esempio per le extracomunitarie o per chi ha un lavoro in nero”. Il Movimento per la Vita con i Centri di aiuto alla vita non si limita a dare soldi ma offre un accompagnamento umano e personale. Nel momento in cui si dovesse istituire il fondo si dovranno attivare anche percorsi con figure che accompagnino le donne in difficoltà? O solo con i volontari Mpv? “Lo immagino integrato con le istituzioni. Per esempio nella fase di un eventuale colloquio ci potrebbero essere sia volontari del Mpv sia operatori del Consultorio o l’assistente sociale, secondo le problematiche della madre. Sicuramente la presenza del volontariato, che ha maturato trent’anni di esperienza in questo particolare accompagnamento, può essere un valore aggiunto. Sarebbe in una integrazione con un volontariato che non chiede soldi per sé perché i soldi devono andare alle mamme, alle donne”.

Integrazione tra istituzioni e volontariato

Nel momento in cui si dovesse discutere della istituzione del fondo si dovrebbe anche intervenire sui compiti dei consultori e dei servizi sociali? “Sì, ma la 194 già prevede la collaborazione con le associazioni di volontariato. Si può declinare in una fase di sperimentazione, che so, due anni, in cui si pensa insieme un percorso che abbia al centro l’approccio con la persona, perché il problema di queste iniziative non è la cattiva volontà delle istituzioni ma è una burocrazia che non aiuta le donne. Questa fase “burocratica” con il volontariato non c’è perché ci sono dei colloqui, ci sono degli incontri, c’è un percorso in cui vengono ascoltate le donne. Chiaramente tutto parte da una loro richiesta, ma le donne devono sapere che c’è un posto in cui questo è possibile. Non vorrei entrare nel dettaglio perché penso che questo sia da costruire insieme”. Lei nel suo commento su La Voce parla di “fallimento dello Stato” quando offre l’aborto come unico percorso per una gravidanza difficile… “Quando si parla di fallimento voglio essere esplicita. Parlo del fatto che molte volte il Mpv ha chiesto semplicemente uno spazio fisico all’interno degli ospedali o dei consultori, per consentire alle donne di chiedere aiuto nel rispetto della loro libertà. Ma il fatto stesso di offrire una possibile alternativa all’aborto viene vista purtroppo in maniera ideologica come un voler ostacolare la possibilità di abortire delle donne. Invece non è così. Se si parla di libera scelta la donna dovrebbe poter avere diverse opzioni. La posizione del Movimento per la vita sulla 194 è nota, però questa legge ha delle parti che prevedono la possibilità di eliminare le cause che portano all’aborto e noi ci offriamo di collaborare per quella parte. Una donna che chiede l’interruzione di gravidanza è una donna che dice ‘io non ce la faccio’, e bisogna capire perché, poiché molto spesso ce la potrebbe fare. La nostra esperienza ci dice che quando la donna, opportunamente supportata, ha trovato in sé le risorse per diventare mamma, è fiorita, e nessuna in tanti anni è tornata indietro da noi per dire di essersi pentita di aver fatto nascere il bambino”. Con questa proposta si mette sul tavolo della discussione politica il sostegno a tutte le donne che vorrebbero essere madri? “Se io vedo che lo Stato mi aiuta quando io voglio avere un figlio, perché non è solo una questione privata questo figlio che arriverà, allora anche coloro che hanno una paura diversa, che non hanno figli non per questioni economiche ma per un timore generale, potranno vedere con meno paura la maternità. Iniziare da un sostegno economico e da un accompagnamento sociale e lavorativo quando queste sono le cause, contribuisce a creare una mentalità a favore della maternità”.

Vita e natalità: tema non solo cattolico

Ii dati Istat sul calo della popolazione portano il tema sul piano oggettivo di interesse di tutta la società e in Umbria il dato è drammatico. Non teme che possa ripresentarsi la barriera ideologica che fa del tema una battaglia cattolica? “Questa preoccupazione c’é, ma è talmente evidente che stiamo morendo come nazione, come regione, che chi pensa che sia una battaglia solo cattolica deve fare uno sforzo di onestà intellettuale perché un paese che si spegne, un Paese fatto di Rsa è un paese destinato a finire”. Ha descritto un paese di Rsa e l’Umbria non ne ha poche. Possiamo concludere dicendo che vorreste vedere una regione di asili nido? “Asili nido e famiglie con nonni e bambini. La Rsa è necessaria quando la famiglia che è povera e fragile non può tenere gli anziani in casa. Quindi vorrei vedere un paese con asili nido, con meno Rsa e più famiglie nel territorio con anziani che non vengono istituzionalizzati ma che sono una risorsa per il territorio”.
La 194 da applicare
C’è una parte della legge sull’aborto sulla quale il Movimento per la vita chiede un impegno comune per la sua applicazione. È l’articolo 5 della legge 194 approvata nel 1978 che detta le “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Eccone un passaggio.
«Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto».
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“Perché non istituire un fondo appositamente dedicato alle donne che si trovano ad affrontare una gravidanza difficile?”. La proposta, calata nel pieno delle polemiche sulla decisione della Giunta regionale relativa alla RU486, chiudeva il commento della presidente regionale del Movimento per la Vita, Assuntina Morresi, su La Voce del 10 luglio, in prima pagina. Un commento che invitava a “voltare pagina” nel dibattito sull’aborto, al di là del mezzo utilizzato, chimico o chirurgico che fosse. [caption id="attachment_57559" align="alignleft" width="177"] Assuntina Morresi[/caption] Presidente Morresi, come immagina questo fondo regionale? “Dovrebbe trattarsi di un fondo destinato direttamente alle donne, senza intoppi burocratici, a prescindere dalla loro condizione personale, ovvero se siano coniugate o meno. Donne in stato di gravidanza che hanno difficoltà a portarla avanti per motivi economici o anche sociali o di salute, per i quali un aiuto economico può essere decisivo. Lo immagino come un percorso protetto per chi ha gravidanze vulnerabili, per esempio per le extracomunitarie o per chi ha un lavoro in nero”. Il Movimento per la Vita con i Centri di aiuto alla vita non si limita a dare soldi ma offre un accompagnamento umano e personale. Nel momento in cui si dovesse istituire il fondo si dovranno attivare anche percorsi con figure che accompagnino le donne in difficoltà? O solo con i volontari Mpv? “Lo immagino integrato con le istituzioni. Per esempio nella fase di un eventuale colloquio ci potrebbero essere sia volontari del Mpv sia operatori del Consultorio o l’assistente sociale, secondo le problematiche della madre. Sicuramente la presenza del volontariato, che ha maturato trent’anni di esperienza in questo particolare accompagnamento, può essere un valore aggiunto. Sarebbe in una integrazione con un volontariato che non chiede soldi per sé perché i soldi devono andare alle mamme, alle donne”.

Integrazione tra istituzioni e volontariato

Nel momento in cui si dovesse discutere della istituzione del fondo si dovrebbe anche intervenire sui compiti dei consultori e dei servizi sociali? “Sì, ma la 194 già prevede la collaborazione con le associazioni di volontariato. Si può declinare in una fase di sperimentazione, che so, due anni, in cui si pensa insieme un percorso che abbia al centro l’approccio con la persona, perché il problema di queste iniziative non è la cattiva volontà delle istituzioni ma è una burocrazia che non aiuta le donne. Questa fase “burocratica” con il volontariato non c’è perché ci sono dei colloqui, ci sono degli incontri, c’è un percorso in cui vengono ascoltate le donne. Chiaramente tutto parte da una loro richiesta, ma le donne devono sapere che c’è un posto in cui questo è possibile. Non vorrei entrare nel dettaglio perché penso che questo sia da costruire insieme”. Lei nel suo commento su La Voce parla di “fallimento dello Stato” quando offre l’aborto come unico percorso per una gravidanza difficile… “Quando si parla di fallimento voglio essere esplicita. Parlo del fatto che molte volte il Mpv ha chiesto semplicemente uno spazio fisico all’interno degli ospedali o dei consultori, per consentire alle donne di chiedere aiuto nel rispetto della loro libertà. Ma il fatto stesso di offrire una possibile alternativa all’aborto viene vista purtroppo in maniera ideologica come un voler ostacolare la possibilità di abortire delle donne. Invece non è così. Se si parla di libera scelta la donna dovrebbe poter avere diverse opzioni. La posizione del Movimento per la vita sulla 194 è nota, però questa legge ha delle parti che prevedono la possibilità di eliminare le cause che portano all’aborto e noi ci offriamo di collaborare per quella parte. Una donna che chiede l’interruzione di gravidanza è una donna che dice ‘io non ce la faccio’, e bisogna capire perché, poiché molto spesso ce la potrebbe fare. La nostra esperienza ci dice che quando la donna, opportunamente supportata, ha trovato in sé le risorse per diventare mamma, è fiorita, e nessuna in tanti anni è tornata indietro da noi per dire di essersi pentita di aver fatto nascere il bambino”. Con questa proposta si mette sul tavolo della discussione politica il sostegno a tutte le donne che vorrebbero essere madri? “Se io vedo che lo Stato mi aiuta quando io voglio avere un figlio, perché non è solo una questione privata questo figlio che arriverà, allora anche coloro che hanno una paura diversa, che non hanno figli non per questioni economiche ma per un timore generale, potranno vedere con meno paura la maternità. Iniziare da un sostegno economico e da un accompagnamento sociale e lavorativo quando queste sono le cause, contribuisce a creare una mentalità a favore della maternità”.

Vita e natalità: tema non solo cattolico

Ii dati Istat sul calo della popolazione portano il tema sul piano oggettivo di interesse di tutta la società e in Umbria il dato è drammatico. Non teme che possa ripresentarsi la barriera ideologica che fa del tema una battaglia cattolica? “Questa preoccupazione c’é, ma è talmente evidente che stiamo morendo come nazione, come regione, che chi pensa che sia una battaglia solo cattolica deve fare uno sforzo di onestà intellettuale perché un paese che si spegne, un Paese fatto di Rsa è un paese destinato a finire”. Ha descritto un paese di Rsa e l’Umbria non ne ha poche. Possiamo concludere dicendo che vorreste vedere una regione di asili nido? “Asili nido e famiglie con nonni e bambini. La Rsa è necessaria quando la famiglia che è povera e fragile non può tenere gli anziani in casa. Quindi vorrei vedere un paese con asili nido, con meno Rsa e più famiglie nel territorio con anziani che non vengono istituzionalizzati ma che sono una risorsa per il territorio”.
La 194 da applicare
C’è una parte della legge sull’aborto sulla quale il Movimento per la vita chiede un impegno comune per la sua applicazione. È l’articolo 5 della legge 194 approvata nel 1978 che detta le “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Eccone un passaggio.
«Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto».
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Calo delle nascite: una crisi di civiltà https://www.lavoce.it/una-crisi-di-civilta/ Wed, 15 Jul 2020 20:48:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57488 forum

di Gualtiero Bassetti English: "Decreased birth-rate: A crisis of civilization" Secondo l’ultimo bilancio demografico dell’Istat, nel 2019 si è registrato l’ennesimo calo delle nascite, che ha fatto segnare un “nuovo minimo storico” dall'Unità d’Italia a oggi. Un dato che si assomma a quello già preoccupante mostrato dalla Commissione europea qualche settimana fa, e che mette in luce un Continente sempre più vecchio, in cui nascono sempre meno figli. Il calo delle nascite, oggi, è una vera emergenza italiana. E probabilmente è la più grande emergenza dell’Europa. Non è una questione politica di destra o di sinistra, e non è neanche soltanto una questione di soldi o di sgravi fiscali (seppur necessari): è una questione di civiltà. Questo calo della natalità, infatti, è il segno di una crisi culturale che ha radici profonde nel nostro recente passato.

Giovani e vecchi, tutti avevano un ruolo

Io sono nato durante la Seconda guerra mondiale in un mondo di macerie, poverissimo eppure ancora ricco di umanità. Un mondo che mi ha insegnato che il saper condividere è fonte di sviluppo e che la vita non è soltanto un dono e un mistero – questioni decisive per ogni cristiano – ma è anche una sorgente di ricchezza. Una ricchezza talvolta immateriale, relazionale e morale. E una ricchezza concreta che implica uno scambio solidale tra le generazioni, una necessità di produzione, uno sviluppo dei consumi e un dinamismo economico. I giovani e i vecchi, nell'Italia della ricostruzione, avevano dei compiti e delle funzioni diverse ma erano senza dubbio complementari. Tutti svolgevano un ruolo all'interno della “casa comune”, dell'Oikos, come scrive Francesco nella Laudato Si’. Giorgio La Pira, nel 1954, quando consegnò le chiavi delle prime abitazioni sulle rive dell’Arno a Firenze, espose tre concetti cruciali nel rapporto tra la “città” e la “casa”: in primo luogo, che ogni casa è una “badia” ovvero un “giardino che ha terren buono e che produce fiori e frutti”; in secondo luogo, che i “bambini” ovvero i “germogli nuovi” devono essere “custoditi come la pupilla dei vostri occhi e come la ricchezza suprema della città intera”; e infine che “gli anziani” all’interno della casa/città devono trovare “conforto sereno, e sereno, amoroso tramonto”. Parole ancora attuali che non vanno scambiate per un romanticismo di vecchia fattura. Dietro quelle espressioni linguistiche, che possono apparire desuete agli occhi dei contemporanei, si colloca invece una visione del mondo, una filosofia della storia e soprattutto un deposito storico-culturale antichissimo che troppo frettolosamente è stato messo ai margini del vissuto quotidiano dell’Europa.

Oggi in occidente sono un considerati un peso

Oggi esiste indubbiamente un problema di organizzazione politico-economica dell’intera società, ma ancor prima c’è una grande questione esistenziale e culturale. In tutta Europa – ma forse dovremmo dire in tutto il mondo occidentale – la famiglia e i figli sono considerati nient’altro che un peso, un grosso intralcio all'affermazione e all'autodeterminazione del singolo individuo, un ostacolo alla carriera lavorativa e perfino all'arricchimento personale.  Alla base di quella che ai miei occhi si presenta come una crisi di civiltà, si colloca, quindi, un cambio di mentalità collettiva che ha mutato, fino a rovesciare completamente, la concezione della natalità: non più una ricchezza per la famiglia e la società, ma al contrario una causa di miseria, un impedimento al successo e, in alcuni casi, una fonte di angoscia. Oggi più che mai è necessario cambiare questo paradigma.

… ma la nascita di un bambino è una ricchezza!

Di fronte a una società che si sta polverizzando e a un potere politico sempre più particolaristico e feudale, occorre avere la consapevolezza che la nascita di un bambino è una ricchezza per tutti e non un peso per pochi. Occorre tornare ad annunciare con semplicità, gioia e senza dannose strumentalizzazioni politiche il Vangelo della vita: occorre cioè “riversare sulle anime” quella che La Pira chiamava “l’onda vitale e rigeneratrice della Grazia, della verità e della pace”.]]>
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di Gualtiero Bassetti English: "Decreased birth-rate: A crisis of civilization" Secondo l’ultimo bilancio demografico dell’Istat, nel 2019 si è registrato l’ennesimo calo delle nascite, che ha fatto segnare un “nuovo minimo storico” dall'Unità d’Italia a oggi. Un dato che si assomma a quello già preoccupante mostrato dalla Commissione europea qualche settimana fa, e che mette in luce un Continente sempre più vecchio, in cui nascono sempre meno figli. Il calo delle nascite, oggi, è una vera emergenza italiana. E probabilmente è la più grande emergenza dell’Europa. Non è una questione politica di destra o di sinistra, e non è neanche soltanto una questione di soldi o di sgravi fiscali (seppur necessari): è una questione di civiltà. Questo calo della natalità, infatti, è il segno di una crisi culturale che ha radici profonde nel nostro recente passato.

Giovani e vecchi, tutti avevano un ruolo

Io sono nato durante la Seconda guerra mondiale in un mondo di macerie, poverissimo eppure ancora ricco di umanità. Un mondo che mi ha insegnato che il saper condividere è fonte di sviluppo e che la vita non è soltanto un dono e un mistero – questioni decisive per ogni cristiano – ma è anche una sorgente di ricchezza. Una ricchezza talvolta immateriale, relazionale e morale. E una ricchezza concreta che implica uno scambio solidale tra le generazioni, una necessità di produzione, uno sviluppo dei consumi e un dinamismo economico. I giovani e i vecchi, nell'Italia della ricostruzione, avevano dei compiti e delle funzioni diverse ma erano senza dubbio complementari. Tutti svolgevano un ruolo all'interno della “casa comune”, dell'Oikos, come scrive Francesco nella Laudato Si’. Giorgio La Pira, nel 1954, quando consegnò le chiavi delle prime abitazioni sulle rive dell’Arno a Firenze, espose tre concetti cruciali nel rapporto tra la “città” e la “casa”: in primo luogo, che ogni casa è una “badia” ovvero un “giardino che ha terren buono e che produce fiori e frutti”; in secondo luogo, che i “bambini” ovvero i “germogli nuovi” devono essere “custoditi come la pupilla dei vostri occhi e come la ricchezza suprema della città intera”; e infine che “gli anziani” all’interno della casa/città devono trovare “conforto sereno, e sereno, amoroso tramonto”. Parole ancora attuali che non vanno scambiate per un romanticismo di vecchia fattura. Dietro quelle espressioni linguistiche, che possono apparire desuete agli occhi dei contemporanei, si colloca invece una visione del mondo, una filosofia della storia e soprattutto un deposito storico-culturale antichissimo che troppo frettolosamente è stato messo ai margini del vissuto quotidiano dell’Europa.

Oggi in occidente sono un considerati un peso

Oggi esiste indubbiamente un problema di organizzazione politico-economica dell’intera società, ma ancor prima c’è una grande questione esistenziale e culturale. In tutta Europa – ma forse dovremmo dire in tutto il mondo occidentale – la famiglia e i figli sono considerati nient’altro che un peso, un grosso intralcio all'affermazione e all'autodeterminazione del singolo individuo, un ostacolo alla carriera lavorativa e perfino all'arricchimento personale.  Alla base di quella che ai miei occhi si presenta come una crisi di civiltà, si colloca, quindi, un cambio di mentalità collettiva che ha mutato, fino a rovesciare completamente, la concezione della natalità: non più una ricchezza per la famiglia e la società, ma al contrario una causa di miseria, un impedimento al successo e, in alcuni casi, una fonte di angoscia. Oggi più che mai è necessario cambiare questo paradigma.

… ma la nascita di un bambino è una ricchezza!

Di fronte a una società che si sta polverizzando e a un potere politico sempre più particolaristico e feudale, occorre avere la consapevolezza che la nascita di un bambino è una ricchezza per tutti e non un peso per pochi. Occorre tornare ad annunciare con semplicità, gioia e senza dannose strumentalizzazioni politiche il Vangelo della vita: occorre cioè “riversare sulle anime” quella che La Pira chiamava “l’onda vitale e rigeneratrice della Grazia, della verità e della pace”.]]>
Esisterà ancora la Regione Umbria? https://www.lavoce.it/esistera-ancora-la-regione-umbria/ Thu, 17 Sep 2015 08:50:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43272 L'Umbria vista dallo spazio (foto esa.int)
L’Umbria vista dallo spazio (foto esa.int)

Ci sarà ancora la regione Umbria? Il governo Renzi nell’ambito delle riforme costituzionali aveva annunciato anche la creazione di macro-regioni. Nel dicembre scorso il Pd aveva presentato un disegno di legge costituzionale per ridurre il loro numero da 20 a 12.

Secondo questa proposta, l’Umbria entrerebbe a fare parte della Regione appenninica con la Toscana e la provincia di Viterbo. Una riforma che stravolgerebbe l’attuale assetto amministrativo (e forse anche il quadro politico) dell’Italia. Sul tema però è calato il silenzio, mentre si continua a litigare sulla riforma del Senato e sulla nuova legge elettorale.

Delle macro-regioni però si è tornato a parlare alla fine della scorsa settimana nelle Giornate della geografia, l’incontro annuale dei geografi italiani, che per la prima volta si è svolto a Perugia, organizzato dalla Università degli studi con il coordinamento del prof. Giovanni De Santis. Il tema della prima tavola rotonda era infatti “L’Umbria, regione centrale nell’Italia di mezzo”.

Una posizione di centro che – come emerso dai lavori – l’Umbria occupa soltanto nelle carte geografiche. Non lo è infatti dal punto di vista economico, e con una popolazione in cui gli anziani con più di 65 anni sono percentualmente superiori alla media nazionale.

Una regione di 900.000 abitanti, tanti quanti ne conta un grande quartiere di Roma, che non è mai esistita nelle carte geografiche prima dell’Unità d’ Italia e che – come ha detto lo storico Mario Tosti – è una “costruzione amministrativa”.

Dunque l’Umbria come ente Regione è da cancellare? Una domanda alla quale non possono rispondere i geografi ma i politici, i quali invece – come ha sottolineato il giurista Paolo Rossi – hanno fatto calare il silenzio su una questione complessa che rischierebbe di rimettere in discussione delicati equilibri tra le forze politiche in campo.

L’Umbria geograficamente – ha detto l’economista Sergio Sacchi – è proprio il centro dell’Italia, ma non dal punto di vista economico. Nel 1980 aveva un Pil superiore alla media nazionale, ora non è più così. Soprattutto negli ultimi anni c’è stata una discesa costante, con l’aumento del lavoro precario e irregolare e una diminuzione della capacità di esportare. Dal punto di vista dei parametri economici, l’Umbria – ha spiegato – si colloca al 12° posto tra le 20 regioni italiane. “Dunque – ha sintetizzato – l’essere al centro evidentemente non paga”.

Anche per le difficoltà nei collegamenti stradali e ferroviari, ha osservato il prof. Carlo Pongetti, dell’Università di Macerata, che ha coordinato la tavola rotonda.

Problemi aperti

Dall’intervento del demografo Odoardo Bussini è emerso che l’Umbria è una regione con tanti vecchi e pochi giovani. Il 24,2% degli abitanti hanno più di 65 anni, una percentuale che supera del 2,6% la media nazionale e dell’1,8 quella dell’Italia centrale. Nella classifica degli “over 65” è preceduta soltanto da Liguria, Friuli e Toscana. C’è poi anche una forte riduzione della natalità, superiore alla media nazionale e anche a quella dell’Italia centrale. Le persone che muoiono sono il 3,2% in più dei nati, con un calo demografico cominciato già negli anni ’90 e compensato solo dall’arrivo di immigrati.

Umbria proiettata verso l’Adriatico o verso il Tirreno? Il progetto di riforma costituzionale, con l’Umbria inserita nella Regione appenninica con Toscana e Viterbo, “ci proietta – ha detto ancora il prof. Paolo Rossi – verso il Tirreno”. Di questo si era discusso anche in Umbria, con pareri contrari tra chi lo condivide e chi invece preferisce una “proiezione verso l’Adriatico” con una macro-regione comprendente le Marche.

“Una riforma però – ha ricordato il giurista – della quale non si parla più e che sembra essere un non-problema, il grande assente nel dibattito politico”. Perché? “Si dovrebbero rimettere le mani sulla riforma elettorale e alle Circoscrizioni – ha risposto – riponendo in discussione delicati equilibri politici”.

Nel suo intervento il prof. Mario Tosti, presidente dell’Isuc (Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea), ha sottolineato la “difficoltà di identificare l’Umbria” che per secoli è stata caratterizzata da una frammentazione territoriale. È soltanto con l’Unità d’Italia che ha cominciato ad assumere una sua identità. In merito poi al progetto per le macro-regioni, Tosti ha detto che la Storia insegna che la ridefinizione di assetti amministrativi “non funziona se calata dal centro. Sono invece operazioni che vanno costruite dal basso, tenendo conto delle diversità e delle vocazioni dei territori e della valorizzazione delle autonomie locali”.

“Ogni soluzione – per l’economista Sergio Sacchi – ha aspetti positivi e negativi”. Se si dovesse andare avanti nel progetto di macro-regioni, a suo parere l’Umbria dovrà superare la “riserva mentale” di sentirsi al centro. “Io – ha concluso parlando con La Voce – sogno una Umbria come provincia di una macro-regione”.

 Il demografo Bussini: abbiamo bisogno degli immigrati

L’Umbria, regione di vecchi, è stata ringiovanita dagli immigrati; ma il loro apporto si sta esaurendo. Lo ha sottolineato nel suo intervento il prof. Odoardo Bussini, docente dell’ateneo perugino. Dalla fine dell’Ottocento agli anni Settanta del secolo scorso, 263.000 umbri hanno lasciato la loro terra per cercare fortuna altrove, il 70% all’estero e gli altri in altre regioni d’Italia.

Negli anni Ottanta, l’inversione di tendenza: l’Umbria diventa meta di immigrati. Oggi quelli regolari sono circa 100.000, l’11% della popolazione. Percentuale che colloca la regione al terzo posto in Italia dopo Emilia Romagna e Lombardia. “L’Umbria – ha detto ancora – è un buon esempio di integrazione: i nuovi abitanti si occupano dei nostri anziani, fanno lavori poco ambiti dagli italiani, vanno a scuola e giocano con i nostri figli. Questo loro contributo al ringiovanimento della nostra popolazione si sta però esaurendo, anche per colpa della crisi economica. Stiamo assistendo – ha aggiunto Bussini parlando con La Voce – a questa fuga di massa da Paesi colpiti da guerre e carestie.

È un fenomeno storico destinato a durare e che dobbiamo governare, perché abbiamo ancora bisogno di immigrati da integrare nella nostra economia e nella nostra società. Le ultime stime delle Nazioni Unite dicono che la popolazione nel mondo nei prossimi decenni continuerà a crescere. In Europa siamo 700 milioni, ma nella sola Africa sub-sahariana si supereranno i 2 miliardi.

In Italia solo 13 abitanti su 100 hanno meno di 15 anni, mentre in Africa e negli altri Paesi del cosiddetto terzo mondo sono 35-40, quasi la metà della popolazione. Ci saranno dunque milioni di persone, in gran parte giovani, che nei prossimi decenni inevitabilmente non avranno pane sufficiente nei loro Paesi e quindi premeranno in massa ai confini delle nazioni dell’Occidente. Certo non basteranno i muri a fermarli. E tutto questo avverrà mentre in Italia, senza il loro apporto, saremo sempre di meno e sempre più vecchi”.

 

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Anagraficamente non si muove nulla https://www.lavoce.it/anagraficamente-non-si-muove-nulla/ Thu, 18 Jun 2015 10:40:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36201 culle-vuoteSono quasi 61 milioni i residenti in Italia al 31 dicembre 2014. Oltre 5 milioni (8,2%) di loro sono di cittadinanza straniera. Questi, comunica l’Istat con la statistica Bilancio demografico nazionale – Anno 2014, i principali risultati relativi alla popolazione residente in Italia.

Si tratta di una crescita zero, essendo il numero di residenti rimasto quasi stabile. Il “movimento naturale” della popolazione, cioè i nati meno i morti, è risultato negativo di quasi 100 mila unità.

Le nascite continuano a diminuire: sono nati circa 12 mila bambini in meno rispetto al 2013, e continuano a diminuire anche i nati stranieri (-2.638 rispetto al 2013), anche se in percentuale sono una parte rilevante del totale: il 14,9% dei nati.

Nel complesso, nel quinquennio 2009-2013 le nascite sono state 75 mila in meno. La concomitanza tra la crisi economica e la diminuzione delle nascite, che interessa soprattutto le fasce giovanili di popolazione ed è comune a tutti i Paesi europei – scrive l’Istat – “fa presumere una relazione di causa-effetto tra i due fenomeni, anche se non è possibile stabilirne con certezza il legame causale”.

Lo stesso si può dire per il calo dei matrimoni degli ultimi cinque anni. Da alcuni anni l’immigrazione dall’estero sta rallentando, tanto che nel 2014 contiene a malapena la perdita di popolazione dovuta al saldo naturale negativo. Gli iscritti in anagrafe provenienti da Paesi stranieri sono stati circa 280 mila, il 90% stranieri. Gli italiani rientrati dopo un periodo di emigrazione all’estero poco meno di 30 mila. Sono invece circa 136 mila le persone che lasciano l’Italia, e quasi 90 mila di loro italiani.

Rispetto agli anni precedenti diminuiscono gli immigrati e aumentano gli emigrati. Le regioni italiane maggiormente interessate dal movimento migratorio – sia verso l’estero sia tra le regioni – sono quelle settentrionali e centrali. Le nazionalità presenti in Italia sono circa 200, di cui oltre il 50% (più di 2,6 milioni di persone) di Paesi europei. I più numerosi sono i romeni, con 1.131.839 residenti (22,6%), seguiti da albanesi (9,8%, cioè 490.483 residenti), marocchini (449.058, 9%), cinesi (265.820, 5,3%), ucraini (226.060, 4,5%).

Le acquisizioni di cittadinanza aumentano: i nuovi italiani sono infatti circa 130 mila (+29%). Le cause sono varie: acquisizione e riconoscimento di cittadinanza per matrimonio, naturalizzazione, trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero diventato italiano, per scelta da parte dei 18enni nati in Italia e residenti dalla nascita, per ius sanguinis.

La popolazione continua a invecchiare, arrivando a un’età media di 44,4 anni, per quanto con alcune differenze a livello regionale. Nelle regioni del Centro-Nord si superano in media i 45 anni, mentre in quelle del Mezzogiorno il valore è poco più di 43. La regione con l’età più elevata è la Liguria, con 48,3 anni, seguita da Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Piemonte, Umbria, tutte con valori superiori ai 46 anni. Al di sotto della media nazionale Trentino-Alto Adige (42,9 anni), Lazio (44,1), Sicilia (42,9 anni) e Campania (41,5).

Contemporaneamente all’elevarsi dell’età media si riduce la popolazione sotto i 15 anni, che risulta al 13,8%. Anche la popolazione in età attiva (15-64 anni) si contrae ulteriormente: era il 65% nel 2011 ed è scesa al 64,5% nel 2014. Tra gli anziani aumentano i cosiddetti “grandi vecchi” (80 anni e più), che arrivano al 6,5% della popolazione. Gli ultracentenari alla fine dello scorso dicembre erano 19 mila, con una netta prevalenza di donne (16 mila contro i 3.000 uomini). Sono 800 addirittura le persone che hanno superato i 105 anni di età (un centinaio uomini); oltre i 110 anni sono 18, tutte donne. La Liguria è regione con il maggiore squilibrio tra giovani e anziani, con il 28% di popolazione anziana e l’11,5% di giovani sotto i 14 anni. La Campania invece è la regione con la più bassa percentuale di anziani (17,6%).

 

Meno gente, più anziani

Dati Istat relativi alla popolazione

L’Istat ha pubblicato il 15 giugno il Bilancio demografico nazionale aggiornato a fine 2014. Abbiamo analizzato i dati relativi all’Umbria comparandoli con la media nazionale.

I residenti nelle province di Perugia e Terni sono 894.762, con un calo di 1.980 unità dal 2013 (i nati sono stati 7.015, i morti 9.907, pari a un tasso di natalità del 7,8% e di mortalità del 11,1%). Gli stranieri sono l’11% della popolazione umbra (la media nazionale è pari all’8,2%), e le etnie presenti rispecchiano il dato nazionale (in Italia i romeni sono il 22,6%, gli albanesi il 9,8, i marocchini il 9, i cinesi il 5,3 e gli ucraini il 4,5; seguono altre 195 nazionalità con percentuali inferiori).

Il tasso migratorio interno alla regione è in lieve flessione (-0,3%) e quello verso l’estero è aumentato (+1,7%). Fatti i conti, l’Umbria decresce del 2,2%, mentre il dato nazionale parla di una crescita pari a +0,2%. Interessante è il dato strutturale della popolazione: il 13% degli umbri ha meno di 14 anni (13,9 in Italia), il 62,4% ha tra i 15 e i 64 anni (64,7), il 24,6% ha tra i 65 e gli 80 anni (21,4) e l’8,1% ha più di 80 anni (6,4). L’età media è quindi più alta rispetto alla media nazionale, attestandosi a 46,1 anni contro i 44,2 del dato italiano.

 

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Il Sinodo “riparte” con 46 domande sulla famiglia https://www.lavoce.it/il-sinodo-riparte-con-46-domande-sulla-famiglia/ Fri, 12 Dec 2014 12:34:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29481 I vescovi riuniti durante il Sinodo straordinario sulla famiglia
I vescovi riuniti durante il Sinodo straordinario sulla famiglia

Il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia (5-19 ottobre) era stato preceduto da un Questionario inserito nel documento preparatorio, e ora si prepara alla celebrazione finale promuovendo ancora una volta “un’ampia consultazione sulla famiglia”. È la novità dei Lineamenta della 14a Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che si svolgerà dal 4 al 25 ottobre 2015 sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. Al centro dei Lineamenta sta la Relatio Synodi con cui si è conclusa la prima fase. “Lasciarsi guidare dalla svolta pastorale che il Sinodo straordinario ha iniziato a delineare, radicandosi nel Vaticano II e nel magistero di Papa Francesco”: è l’invito che precede le domande di approfondimento della terza parte della Relatio Synodi, dove sono affrontati anche i temi che hanno monopolizzato l’attenzione dell’opinione pubblica: matrimoni civili, convivenze, divorziati risposati, persone con tendenza omosessuale. Per fronteggiare adeguatamente le sfide poste da tali situazioni, ci vuole “una pastorale retta dall’arte dell’accompagnamento”, come indica il Papa nella Evangelii gaudium. Chiese particolari e istituzioni accademiche, organizzazioni e aggregazioni laicali dovranno far giungere i risultati della consultazione alla Segreteria generale del Sinodo dei vescovi entro il 15 aprile 2015, in modo da rendere possibile la pubblicazione dell’Instrumentum laboris prima dell’estate. Le 46 domande appena pubblicate vogliono essere una riflessione su come “ripartire dalla famiglia” per “annunciare con efficacia il nucleo del Vangelo”, come si legge nei Lineamenta, in cui si ricorda che il cammino tracciato dal Sinodo straordinario “è inserito nel più ampio contesto ecclesiale” indicato dalla Evangelii gaudium. Partire cioè dalle “periferie esistenziali”, con una pastorale contraddistinta dalla “cultura dell’incontro”, capace di “riconoscere l’opera libera del Signore anche fuori dai nostri schemi consueti” e “assumere, senza impaccio”, le sembianze – come ha detto il Papa – di un “ospedale da campo”.

Fonte: Sir

 

Quali soluzioni di fronte alle nuove sfide?

I principali temi che emergono dalle 46 domande proposte dai “Lineamenta” ai Vescovi sul tema famiglia
La prima delle 46 domande sulla famiglia che dovranno ‘traghettare’ la riflessione dalla prima alla seconda fase del Sinodo dei vescovi chiede: “La descrizione della realtà della famiglia presente nella Relatio Synodi corrisponde a quanto si rileva nella Chiesa e nella società di oggi?”.

Attenzione ai “lontani”. “In quale proporzione, e attraverso quali mezzi, la pastorale familiare ordinaria è rivolta ai lontani?” prosegue una delle domande relative alla prima parte della Relatio. L’obiettivo è valorizzare il “desiderio di famiglia” presente anche in chi “è coinvolto in situazioni di famiglie non corrispondenti alla visione cristiana”. “Tra i non battezzati quanto è forte la presenza di matrimoni naturali, anche in relazione al desiderio di famiglia dei giovani?”.

La minaccia è quella del “relativismo culturale” e “conseguente rigetto, da parte di molti, del modello di famiglia formato dall’uomo e dalla donna uniti nel vincolo matrimoniale e aperto alla procreazione”.

Per reagire alle “contraddizioni culturali” odierne bisogna chiedersi quali siano, “oltre all’annuncio e alla denuncia, le modalità scelte per essere presenti come Chiesa accanto alle famiglie nelle situazioni estreme”, quali le “strategie educative per prevenirle”, e “che cosa si può fare per rafforzare le famiglie credenti, fedeli al vincolo”.

Famiglie ferite. “Senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno”. È il n. 44 della Evangelii gaudium a fornire le coordinate per lo “sguardo” della Chiesa verso le famiglie “ferite e fragili”, di cui si parla nella seconda parte della Relatio Synodi, per rispondere alla domanda su “quale sguardo deve rivolgere la Chiesa ai cattolici che sono uniti solo con vincolo civile, a coloro che ancora convivono, e a coloro che dopo un valido matrimonio si sono divorziati e risposati civilmente”.

“Consapevoli degli evidenti limiti e delle imperfezioni presenti in così diverse situazioni, i Padri hanno assunto positivamente la prospettiva indicata da Papa Francesco”, si ricorda nel testo. Si esortano quindi le Chiese locali a interrogarsi su “come aiutare a capire che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio, e come esprimere questa verità nell’azione pastorale della Chiesa verso le famiglie, in particolare quelle ferite e fragili”.

Tra le domande contenute nei Lineamenta, quella su “come rendere più accessibili e agili, possibilmente gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità” matrimoniale. “La pastorale sacramentale nei riguardi dei divorziati – si legge ancora – necessita di un ulteriore approfondimento, valutando anche la prassi [della Chiesa] ortodossa e tenendo presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti”.

Quanto alla “cura pastorale delle persone con tendenza omosessuale”, secondo i Lineamenta, “pone oggi nuove sfide, dovute anche alla maniera in cui vengono socialmente proposti i loro diritti”.

Ecologia del generare. “Come promuovere il dialogo con le scienze e le tecnologie biomediche in maniera che venga rispettata l’ecologia umana del generare?” è poi la domanda dei Lineamenta relativa alla parte della Relatio in cui si affronta il tema della trasmissione della vita e della sfida della denatalità, citando l’Humanae vitae di Paolo VI.

Si chiede un asame di coscienza anche su “come la Chiesa combatte la piaga dell’aborto”.

Sul piano socio-politico, le comunità ecclesiali sono esortate a essere coraggiose “nella proposta di soluzioni valide” per promuovere una maternità e paternità “generosa”, incoraggiando anche all’adozione e all’affido, e promuovendo “la cura e il rispetto dei fanciulli”.

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Pochi “ostinati” a dare la vita https://www.lavoce.it/pochi-ostinati-a-dare-la-vita/ Fri, 05 Dec 2014 12:57:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29353 culle-vuote“Ma cosa vi è passato per la testa?” è una delle reazioni che sente una coppia quando annuncia di essere in attesa di un bambino. Diventare papà e mamma è arduo, semplice forse non è mai stato. Oggi però il contesto è meno incoraggiante. Il clima è tale che raccogliere la sfida della genitorialità sembra quasi testimoniare l’ostinazione di pochi. Per osservare il panorama, è sufficiente indirizzare lo sguardo sui dati presentati dall’ultimo rapporto Istat su “Natalità e fecondità in Italia”, nel quale si testimonia il forte calo dei nuovi nati: poco sopra i 514mila bambini. Si certifica che in un anno i neonati sono diminuiti quasi di 20mila unità.

La descrizione della struttura demografica del nostro Paese è impietosa: una parte del declino delle nascite è certamente dovuto al progressivo invecchiamento degli italiani, che riduce anche il numero delle donne in età feconda, quelle tra i 15 e i 49 anni; un’altra parte si può attribuire alla posticipazione dell’età al parto, oggi l’età media è di 31,5 anni; si consideri poi che un nato su 8 ha una mamma oltre i 40 anni. Infine c’è un basso numero di figli per donna, dato che il tasso di fecondità è dell’1,39 figli. Lo scenario in cui ci muoviamo non nasce dal nulla, ha radici socio-culturali precise. Alcune sono indicate nello stesso Rapporto: in primo luogo sul calo incide la diminuzione dei matrimoni; in secondo luogo la riduzione delle nascite è dovuta alla minore presenza nel paese dei cittadini immigrati che hanno tassi di fecondità più alti di quelli italiani, ancora oggi il 20% dei nuovi bimbi sono figli di immigrati. Si possono però aggiungere ulteriori elementi. Innanzitutto c’è la questione della condizione giovanile: tra i 18 e i 30 anni degli italiani oltre il 70% vive con i genitori, oltre alla difficoltà di inserimento lavorativo che porta a un’instabilità diffusa che mina le aspirazioni alla genitorialità.

Il mondo del lavoro poi è poco accogliente verso i genitori. Dietro le dichiarazioni di principio, che apprezzano l’adozione di politiche che conciliano famiglia e lavoro, nell’ambiente quotidiano si sperimenta l’astio e la chiusura verso chi esercita il diritto di usufruire dei congedi di maternità o paternità, la scarsa disponibilità a concedere il telelavoro o il part-time, senza considerare l’emarginazione non dichiarata dal mercato del lavoro delle donne che hanno più di un figlio. C’è infine un sostrato culturale di derivazione sessantottina che propugna una libertà senza vincoli per privilegiare le proprie opportunità e soddisfare i desideri possibili: un atteggiamento favorito del rimando ad altri tempi della genitorialità. Nel clima scoraggiante quei genitori che scelgono la vita sono proprio ostinati. Un’ostinazione che nasce da due sorgenti: uno è l’orologio biologico che nella maturità della vita richiede l’assunzione di responsabilità verso l’altro, quando ce ne accorgiamo la logica cede il passo all’affidamento per i credenti, all’irrazionalità per gli altri; la seconda è la speranza nella vita che si nutre del sorriso di ogni nuovo bimbo.

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Famiglia, perché parlarne? https://www.lavoce.it/famiglia-perche-parlarne/ Fri, 25 May 2012 10:15:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=10913 Il VII Incontro mondiale delle famiglie, che Milano ospiterà tra pochi giorni, non riveste soltanto un grande significato ecclesiale, ma è anche un appuntamento che ha una profonda valenza civile, sociale e culturale. Il significato è indicato dal tema: “La famiglia: il lavoro e la festa”. Ma prima ancora l’incontro è significativo per se stesso, come evento di carattere mondiale. Le famiglie provenienti dai cinque continenti e le famiglie di Milano e del territorio, si incontrano, si accolgono reciprocamente, si scambiano esperienze. La grande assemblea riunita intorno al Papa, esprime e celebra l’unità e l’universalità del popolo di Dio. Quanto al tema, bisogna spiegare che famiglia, lavoro e festa non sono tre argomenti giustapposti, ma un solo argomento, cioè l’interazione di questi tre valori, che sono fondamentali per la vita delle persone e per la società. Fin dal primo capitolo della Bibbia, famiglia, lavoro e festa sono presentati come tre benedizioni, tre doni di Dio per una vita buona. Infatti per la felicità sono necessari sia i beni materiali che relazionali, sia la ricerca dell’utile che il riposare e lo stare insieme con gli altri e con Dio. Perché oggi è quanto mai urgente riflettere su famiglia, lavoro e festa? Affrontare questi argomenti in modo non superficiale può contribuire innanzi tutto ad uscire dalla crisi che affligge l’Occidente, che non è solo crisi economica. Tutti si rendono conto che occorrono da una parte innovazione, investimenti e maggiore produttività e, d’altra parte, equilibrato ricambio generazionale e quindi tasso di natalità più elevato e migliore educazione. Dalle indagini sociologiche risulta che sono proprio le famiglie sane ad assicurare risparmio, responsabilità ed efficienza, procreazione generosa e impegno educativo. È dunque interesse della società sostenere le famiglie, offrire opportunità di lavoro, conciliare le esigenze e i tempi della famiglia con quelli dell’impresa, armonizzare maternità e professione, aiutare le famiglie numerose. Dalle ricerche sociologiche risulta che, per la felicità delle persone, la salute, le buone relazioni familiari, la capacità di stabilire rapporti solidali, improntati al rispetto reciproco, nel proprio ambiente di lavoro e nella propria comunità, contano più del reddito. Occorre dunque recuperare il senso della festa, perché non sia tempo di evasione e di dispersione, ma piuttosto tempo di concentrazione sui valori essenziali: Dio, famiglia, comunità, amicizia, cultura, solidarietà. Specialmente occorre salvaguardare la domenica dall’invadenza del mercato. Oggi la centralità della domenica appare minacciata da una certa cultura relativistica che, da una parte vorrebbe appiattire l’uomo sull’oggi, azzerando qualsiasi tensione trascendente, dall’altra sostiene che, soprattutto in tempo di crisi, occorre dare la precedenza all’efficientismo della produzione e del guadagno. In questo modo però non si comprende che l’esigenza della festa non potrà mai essere cancellata perché iscritta profondamente nel cuore dell’uomo e, in modo ancora più ricco di significati, nel cuore del cristiano che celebra nella domenica la Pasqua settimanale del Signore. “Senza domenica non possiamo vivere”, risposero i martiri di Abitene alle autorità dell’Impero romano che chiedevano conto di quel loro riunirsi per celebrare la liturgia festiva. Si tratta di una urgenza valida ancora oggi. La domenica, la festa, è il richiamo a una dimensione che va al di là dell’effimero e si collega all’eterno. La festa è, da un lato, il tempo della gratuità, del gioco, della contemplazione, della natura, delle relazioni buone, della famiglia, ma dall’altro è soprattutto il tempo della preghiera, della spiritualità, del rapporto con Dio. Recuperare il significato della domenica e della festa vuol dire quindi iniettare nell’organismo in crisi di questa nostra civiltà occidentale, un benefico antidoto contro l’individualismo, il soggettivismo, l’egoismo sociale che sono alla radici di tanti mali: aborti, separazioni, divorzi, carenze educative. Infine l’incontro di Milano è prezioso per dare visibilità a molte realtà positive. Anche in Europa ci sono tante famiglie esemplari, tante famiglie numerose per scelta consapevole. E poi fioriscono movimenti, associazioni, forme di aggregazioni, reti tra famiglie: sono davvero esperienze belle, capaci di dare speranza. L’appuntamento di Milano sarà davvero la festa di tutto quanto di bello, di ricco, di fecondo può generare quel “mistero grande”, che è la famiglia fondata sul matrimonio.

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Famiglia,lavoro e festa: il cardinale Antonelli per La Voce spiega il tema del prossimo Incontro mondiale https://www.lavoce.it/10881/ Wed, 23 May 2012 18:11:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=10881 “Perché oggi è quanto mai urgente riflettere su famiglia, lavoro e festa? Affrontare questi argomenti in modo non superficiale può contribuire innanzi tutto ad uscire dalla crisi che affligge l’Occidente, che non è solo crisi economica”. Lo afferma il cardinale Ennio Antonelli in un articolo in cui su La Voce spiega le ragioni del tema scelto per l’Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno. “Tutti si rendono conto – scrive Antonelli – che occorrono da una parte innovazione, investimenti e maggiore produttività e, d’altra parte, equilibrato ricambio generazionale e quindi tasso di natalità più elevato e migliore educazione. Dalle indagini sociologiche risulta che sono proprio le famiglie sane ad assicurare risparmio, responsabilità ed efficienza, procreazione generosa e impegno educativo”. “È dunque interesse della società – aggiunge il Cardinale – sostenere le famiglie, offrire opportunità di lavoro, conciliare le esigenze e i tempi della famiglia con quelli dell’impresa, armonizzare maternità e professione, aiutare le famiglie numerose”. All’incontro parteciperanno anche  numerose famiglie umbre.

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Appello pro-vita, nuove adesioni https://www.lavoce.it/appello-pro-vita-nuove-adesioni-2/ Thu, 09 Feb 2012 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=835 Nuove adesioni sono giunte all’appello “pro vita” pubblicato su queste pagine una settimana fa in vista della Giornata per la vita che la Chiesa ha celebrato il 5 febbraio. Alle 13 associazioni se ne sono aggiunte altre 10 e due adesioni personali (vedi box qui accanto). Condividendo l’affermazione secondo cui “la difesa della vita non è un valore ‘cattolico’ ma appartiene alla stessa umanità” i firmatari dell’appello invitavano a dedicare a questo tema “tempi e spazi per un dibattito che faccia avanzare le idee e le ‘buone pratiche’”. L’appello, spiegano i promotori, è nato dall’amara constatazione del fatto che si discute molto su quale sia “il modo migliore per interrompere la vita appena concepita”, mentre non si dedica tempo né energie “per trovare il modo migliore per aiutare madri e padri ad accogliere e far crescere la vita appena concepita”. L’appello concludeva chiedendosi se invece non sia “interesse della nostra regione sostenere la natalità con tutti i modi e mezzi disponibili”. Contemporaneamente all’appello firmato dalle associazioni è stato diffuso il documento che alcuni membri dell’Istituto Conestabile di Perugia hanno redatto per la giornata della Vita. Un contributo articolato e argomentato dettato dalla volontà di “unirsi all’auspicata riflessione” sulla vita, “non soltanto insieme ai giovani, ai quali è diretto l’ultimo messaggio della CEI, ma – scrivono Gianfranco Maddoli, Mario Tosti, Fausto Grignani, Gianfranco Faina e Mario Roych – anche a quanti, adulti credenti e non credenti, e in particolare a coloro che sono impegnati in responsabilità politiche, devono sentire il dovere di affrontare con piena consapevolezza e senza superficialità di atteggiamenti solo ideologici, una problematica che tutti avvertiamo molto complessa”. “La vita umana non è un valore solo morale-religioso ma un fondamentale valore laico-civile affermato anche nella nostra Costituzione. Noi vorremmo – aggiungono i firmatari – che se ne discutesse pacatamente”.Il testo ha suscitato la dura reazione di un gruppo femminista di Terni legato agli ambienti atei e anticlericali della città, che in un comunicato definisce l’intervento del Conestabile un “attacco alla legge 194”, poi si scaglia contro la Chiesa che, a loro dire “vieta ai giornalisti di tutte le emittenti televisive e radiofoniche italiane di nominare la parola ‘preservativo’ durante la giornata mondiale della lotta contro l’Aids!”. Obiettivo politico del comunicato delle femministe ternane è la Regione. “Pretendiamo – scrivono – che la politica, in questa regione (governata da una donna!) prenda definitivamente le distanze da quelle posizioni medievali, sessiste e indegne, tipiche del peggiore fondamentalismo cattolico”. Lo stesso gruppo il 3 febbraio aveva “denunciato” che “dietro la preghiera per la vita nascente in realtà si cela una manifestazione politica contro la 194”. Posizioni estreme, più diffuse di quanto si pensi, che sono il segnale di quanto sia difficile un dialogo sereno su questi temi. CHI HA FIRMATO L’elenco delle adesioni pervenute fino a mercoledì 8 febbraio. Chi vuole aggiungersi può inviare una mail a meic.perugia@yahoo.it- Maria Rita Valli, Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) – Perugia- Fausto Santeusanio, Associazione “Alle querce di Mamre” – Pasquale Caracciolo, Centro volontari delle sofferenza (Cvs) – Perugia- Sergio De Vincenzi, comitato prov.le Associazione genitori scuole cattoliche (AGeSC) Perugia- Luciano Valentini di Laviano, delegato per Perugia e Terni dell’Ordine di Malta- Fabrizio Saracino, Federazione universitaria cattolica (FUCI) “G. Toniolo” di Perugia- Maurizio Santantoni, Associazione perugina di volontariato (Apv) – suor Roberta Vinerba, Circolo “La Pira” – Simone Pillon, Forum delle Famiglie – Perugia- Vincenzo Silvestrelli, Federazione umbra Movimento per la vita- Marco Canonico, Unione giuristi cattolici (Ugci) – sezione di Perugia- Pierluigi Grasselli, Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid) – gruppo di Perugia- Enrico Sebastiani, Movimento dei Focolari- Alessandro Moretti, Azione cattolica diocesana di Perugia – Città della Pieve- Assuntina Morresi, Associazione Scienza e Vita – Perugia- Mario Timio, Associazione medici cattolici (Amci) – Perugia- Domenico Piano, Unione cattolica stampa italiana (UCSI) – Umbria- Maddalena Pievaioli, Istituzione teresiana – Perugia- Giuseppe Capaccioni, Comunione Liberazione (CL) – Gaia e Dino Buonforte, Équipe notre dame- Angelo Filardo, Centro ”Amore e Vita” di Foligno- Francesca Tura Menghini, coordinatore diocesano Rinnovamento nello Spirito (RnS) – Maria Teresa Di Stefano, Centro ecumenico e universitario San Martino, PerugiaSono infine giunte le adesioni personali di: – Prof Lino Conti, ordinario di Storia della scienza e di Bioetica, Università degli Studi di Perugia- prof.ssa Marisa Borchiellini

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Dedicate tempo ed energie “pro” vita, non “contro”! https://www.lavoce.it/dedicate-tempo-ed-energie-pro-vita-non-contro-3/ Thu, 02 Feb 2012 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=817 La vera giovinezza risiede e fiorisce in chi non si chiude alla vita”. È la frase con cui si apre il messaggio dei Vescovi italiani per la giornata per la vita che la Chiesa celebra il 5 febbraio. Un messaggio che guarda al futuro della nostra società mettendo al centro dell’attenzione i giovani e le loro speranze. In questo tempo in cui la crisi deprime non solo l’economia ma anche gli animi, crediamo sia doveroso impegno di tutti gli adulti che hanno rsponsabilità educative, sociali, politiche, fare quanto necessario per rendere questa nostra società aperta ed accogliente per la vita, dal suo inizio al suo compimento naturale. Per queste ragioni riteniamo sia giusto e opportuno dedicare a questo tema tempi e spazi per un dibattito che faccia avanzare le idee e le “buone pratiche” da chiunque messe in campo. La difesa della vita non è un valore “cattolico” ma appartiene alla stessa umanità. È decisamente anacronistico e non più sostenibile dedicare intere sedute e dibattiti nelle varie aule consigliari per decidere quale sia il modo migliore per interrompere la vita appena concepita, mentre non si dedica tempo né energie per trovare il modo migliore per aiutare madri e padri ad accogliere e far crescere la vita appena concepita. Un recente esempio di ciò è la delibera del Consiglio comunale di Perugia con la quale si impegna la Giunta comunale ad “esprimere pieno sostegno alla Giunta regionale” affinché venga maggiormente utilizzato l’aborto chimico (RU486) rispetto a quello chirurgico. Senza entrare nel merito del dibattito, vogliamo qui soltanto evidenziare che si tratta sempre e comunque di aborto. La stessa delibera del Consiglio comunale, inoltre, impegna la Giunta “ad intraprendere tutte le attività possibili di divulgazione” del metodo abortivo chimico coinvolgendo anche le farmacie comunali (Afas). È triste dover constatare l’insistente volontà di dispiegare energie per far sapere alle donne che c’è un modo nuovo di abortire (migliore? certamente più economico) mentre non c’è un eguale impegno per dare alle donne la possibilità di conoscere l’esistenza di associazioni (il Movimento per la vita, ma non solo) di volontariato disponibili ad aiutare le donne che vorrebbero tenere il bambino. Riteniamo infine che nella nostra regione, la più vecchia d’Italia, quella, per intenderci, dove nascono meno bambini, sarebbe miopia politica non tenere conto dell’allarme denatalità lanciato già molti anni fa dagli economisti umbri quando avvertivano che non sarà sufficiente l’immigrazione a colmare il “buco” generazionale che avrebbe fatto mancare alle nostre aziende i lavoratori di cui hanno bisogno. Senza i bambini l’Umbria è destinata ad un inesorabile declino. Non è, invece, interesse della nostra regione sostenere la natalità con tutti i modi e mezzi disponibili? Firmato da- Maria Rita Valli, Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) – Perugia- Fausto Santeusanio, Associazione “Alle querce di Mamre” – Pasquale Caracciolo, Centro volontari delle sofferenza (Cvs) – Perugia- Sergio De Vincenzi, comitato prov.le Associazione genitori scuole cattoliche (AGeSC) Perugia- Luciano Valentini di Laviano, delegato per Perugia e Terni dell’Ordine di Malta- Fabrizio Saracino, Federazione universitaria cattolica (FUCI) “G. Toniolo” di Perugia- Maurizio Santantoni, Associazione perugina di volontariato (Apv) – suor Roberta Vinerba, Circolo “La Pira” – Simone Pillon, Forum delle Famiglie – Perugia- Vincenzo Silvestrelli, Federazione umbra Movimento per la vita- Marco Canonico, Unione giuristi cattolici (Ugci) – sezione di Perugia- Pierluigi Grasselli, Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid) – gruppo di Perugiav- Enrico Sebastiani, Movimento dei Focolari

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Sostenibilità familiare https://www.lavoce.it/sostenibilita-familiare/ Thu, 06 Oct 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9683 “La ricerca di nuovi equilibri in una società che invecchia” richiede azioni politiche che mettano ancora una volta “al centro la famiglia e le scelte che ne accompagnano i processi di formazione e di sviluppo”. Sono le conclusioni cui pervengono gli autori de Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia (Laterza, Bari-Roma 2011), curato dal Comitato per il progetto culturale della Cei (www.progettoculturale.it) e presentato il 5 ottobre a Roma. Al volume, con prefazione a firma del card. Camillo Ruini, presidente del Comitato, hanno lavorato demografi e studiosi di diverse discipline, che aggiungono: “Occorre diffondere una nuova mentalità che renda più generativa ed equa la società italiana”, preoccupandosi “dell’ecologia umana, cioè del rispetto di quelle forme sociali di vita che rendono dignitosa la nascita dei figli e la possibilità di allevarli ed educarli in un contesto che non ha sostituti o equivalenti funzionali: il contesto familiare”. A tale fine “dobbiamo però rivedere il concetto di sostenibilità e includere in esso le relazioni umane e sociali, che rendono la popolazione non soltanto numericamente equilibrata, ma anche socialmente coesa e giusta nelle relazioni fra i sessi e fra le generazioni”. Incuria demografica. Suddiviso in tre parti, il rapporto prende il via dalla convinzione che “l’incuria italiana degli ultimi quarant’anni nei confronti del problema demografico” abbia “prodotto gravissimi danni sociali, economici e politici”. La prima sezione, corredata da tabelle e grafici, ripercorre il cammino demografico nel nostro Paese, dove da molti anni nascono meno di 600 mila bambini l’anno (561.944 nel 2010, secondo l’Istat, dato in progressivo calo dagli anni Settanta quando toccava i 900 mila), 150 mila in meno di quanto sarebbe necessario “solo per garantire” nel tempo “l’attuale dimensione demografica”, mentre la fecondità “si è attestata attorno alla media di 1,4 figli per donna”. La seconda parte offre una riflessione sui cambiamenti e i principali nodi critici, tra cui l’allungamento della vita, la convivenza con gli oltre 5 milioni di immigrati, le difficoltà dei giovani adulti a raggiungere l’autonomia e il disagio per dover rimanere ancora in famiglia, le conseguenze della legge 194 e l’influenza dei media sulla società. L’ultima è dedicata alle proposte e alle azioni e politiche sociali per governare questi mutamenti. Fecondità “voluta” ma… Gli autori della ricerca ritengono che, nonostante la diffusa concezione antropologica che privilegia “un’idea individualistica della persona umana” e “relega nell’ambito del privato tutto ciò che appartiene agli affetti, alla sessualità, alla filiazione e alla famiglia”, dietro “alle grandi trasformazioni demografiche” ci sia “una vera grande protagonista: la famiglia”, nella quale “si concretizza il risultato dei comportamenti riproduttivi della popolazione italiana”. Proprio nelle difficoltà familiari trova “normalmente ragione il divario tra la fecondità voluta – gli oltre due figli che le madri vorrebbero – e quella di fatto realizzata, i circa 1,3-1,4 figli per donna”. Quanto al “rallentamento dei processi di formazione di nuove coppie – dagli oltre 400 mila matrimoni degli anni Settanta agli attuali poco più di 200 mila”, esso “va di pari passo” con il “diffuso prolungamento della permanenza dei giovani adulti nella casa dei genitori”, l’innalzamento “oltre i 30 anni dell’età media al primo matrimonio, sino al rinvio delle scelte procreative sempre più verso la soglia dei 40 anni”. Allarme invecchiamento. Tuttavia, secondo gli studiosi, “il grande fenomeno che fa da sfondo al panorama del cambiamento demografico nell’Italia del XXI secolo” resta quello dell’invecchiamento della popolazione: “la transizione dal sorpasso (già realizzato) tra nonni e nipoti a quello (in un futuro non così lontano) tra bisnonni e pronipoti”. Un aspetto che “suscita molto allarme” per la tenuta del sistema di welfare, la salvaguardia del sistema produttivo e “la capacità di garantire una pacifica convivenza sociale”. Definendo “selettive e frammentate” le misure fino ad oggi adottate in Italia per sostenere la natalità, il rapporto afferma che “la misura più significativa in tal senso” è l’equità fiscale, intesa come “modalità strutturale di trattamento equo della famiglia sotto il profilo del reddito effettivamente spendibile dai suoi membri”. Di qui la proposta di adottare il quoziente familiare, oppure il “fattore famiglia” con la determinazione di una no tax area. Si devono inoltre “potenziare i servizi di qualità per la primissima infanzia”, in particolare i nidi, e valorizzare il ruolo dei consultori. Ma occorre soprattutto “un piano nazionale per la famiglia” con “carattere sussidiario”, oltre ad “una strategia dinamica e di lunga durata che la collochi al centro della società” come “una dimensione di tutte le politiche sociali, economiche, educative”. Gli autori della ricerca invitano inoltre a conciliare famiglia e lavoro e ad elaborare adeguate politiche abitative.

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