missionari Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/missionari/ Settimanale di informazione regionale Wed, 10 Jul 2024 13:43:48 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg missionari Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/missionari/ 32 32 Don Orlando Sbicca, il parroco missionario https://www.lavoce.it/don-orlando-sbicca/ https://www.lavoce.it/don-orlando-sbicca/#respond Tue, 09 Jul 2024 23:21:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76935 Don Orlando Sbicca a destra in veste liturgica bianca scringe la mano al vescovo Ennio Antonelli, a sinistra, in veste liturgica color oro e rosso.

Monsignor Orlando Sbicca racconta la sua chiamata alla vita sacerdotale ricevendoci nella sacrestia della cattedrale di San Lorenzo dove è approdato come canonico confessore lo scorso ottobre, dopo essere stato missionario in Burundi e poi parroco ai Santi Biagio e Savino di Perugia, a Tavernelle di Panicale e Colle San Paolo. Nel frattempo, due riconoscimenti non di poco conto: monsignore cappellano di Sua Santità e canonico onorario del Santo Sepolcro. Infine, parroco a Casalina e a Castelleone di Deruta, un ritorno a casa… Gli si illuminano gli occhi quando pronuncia il nome del luogo in cui è nato, Castelleone di Deruta, l’11 gennaio 1941, e quando parla della sua famiglia di contadini, molto politicizzata di sinistra. «Sono cresciuto nel periodo delle lotte contadine comuniste che ha segnato la mia infanzia – racconta –. Entrai in Seminario grazie al parroco, don Redento Becci, che mi privilegiava pur non andando quasi mai in chiesa. Ci andavo rare volte con la mamma perché lei era una Veschini, di famiglia praticante. Il fratello di mamma, lo zio Gigiotto, era il babbo di mio cugino don Alberto divenuto anche lui sacerdote, l’attuale parroco di Ponte Felcino. Don Becci mi cercava sempre e forse era il Signore a volerlo, perché Lui ha le sue strade ed io ne ho imboccata una, quella che mi ha condotto a farmi prete. Quando la gente del posto seppe che il figlio degli Sbicca sarebbe entrato in Seminario, rimase incredula domandandosi: “Orlando prete? Appartiene a una famiglia di comunisti, di mangiapreti!”. Ci fu quasi una rivolta in paese dai toni persecutori: “Non ti vergogni di volerti fare prete?”. Il babbo, però, non mi ostacolò nella mia scelta ed entrai, a 12 anni, in Seminario, a Perugia». Un aneddoto degli anni trascorsi in Seminario? «Ricordo quando il cardinale Angelo Roncalli, patriarca di Venezia, il futuro papa Giovanni XXIII venne in visita al Seminario. In chiesa gli prepararono un inginocchiatoio dove potersi raccogliere in preghiera davanti al Santissimo, ma era troppo piccolo per la sua pancia “abbondante” e dovette inginocchiarsi direttamente a terra, sul tappeto… Allora la vita del Seminario (prima a Perugia con il rettore mons. Italiani e poi a Montemorcino con don Carlo Urru divenuto poi vescovo) era abbastanza severa..., ma la ricordo e l’assolvo tutta senza recriminazioni…». Lei privilegia molto la missione, ha da poco lasciato l’incarico di direttore dell’Ufficio diocesano missionario… «Negli anni di seminario nacque in me l’interesse per le missioni, entrando a far parte del gruppo missionario. Questo interesse per la vita missionaria, che fu anche un’inquietudine interiore, accrebbe in me quando arrivai in Seminario Regionale ad Assisi, maturando l’idea di farmi missionario… Nel contempo volevo ostacolare quest’idea, mandarla via, perché a quei tempi la missione era qualcosa anche di eroico… Quando ero nella chiesa del Seminario, a volte piangevo chiedendo al Signore di non farmi questa chiamata. Cammin facendo mi accorsi, invece, che era la mia strada! Andai a formarmi dai missionari Saveriani, a Parma, dove ricevetti l’ordinazione sacerdotale il 15 ottobre 1967.

Don Orlando missionario in Burundi

Dopo cinque anni di preparazione come animatore missionario in Piemonte e in Lombardia, nel 1972, partii per il Burundi. Fu un’esperienza bellissima, perché la missione ti tara, se sei in crisi ti brucia, se non lo sei ti dà qualcosa che ti cambia la vita. Ho avuto un amore grande per la gente e dalla gente del Burundi corrisposto in maniera edificante, che porto sempre nel mio cuore. Era gente che sapeva capirti ed ogni missionario aveva il suo soprannome ed io ne avevo due, uno positivo, che non ho detto mai a nessuno e lo porterò con me in Paradiso, l’altro “igniundo” (martello), perché i chiodi li mandavo giù tutti…». La vita in Burundi non è stata facile. Don Orlando, perché ha poi abbandonato la missione? «Ci sono stati anche momenti di sofferenza, di prova in un periodo in cui in Burundi furono commessi numerosi eccidi, oltre 150mila morti. Venivano da me tante vedove a dirmi: “padre mi hanno rubato la piantagione di caffè, di palme, ecc.…”. Dall’altare iniziai a denunciare queste ingiustizie, ma questo alle autorità locali non piacque e iniziarono le persecuzioni con un dossier tremendo su di me. Mi salvò una vedova di nome Maria che ero solito aiutare, perché molto povera, testimoniando la mia completa innocenza. Addirittura, diventai amico delle autorità non solo locali, ma anche del ministro dell’Interno, un cristiano molto buono. In Burundi, un Paese piccolo, la voce si sparse subito… Quando il presidente della Repubblica ebbe uno scontro durissimo con la Chiesa, iniziò il periodo delle espulsioni di missionari il sottoscritto incluso. Ricordo che il ministro degli Interni, l’amico colonnello Stanislao Mandi, mi fece pervenire un messaggio tramite il mio vescovo Roger Mpungu: mi assicurava che avrebbe fatto di tutto per farmi rientrare in Burundi. Dovetti lasciare il Paese nel 1979. In quei giorni drammatici, ricordo che una vedova in una assemblea in chiesa mi disse: “Padre Orlando, tu sei nei nostri cuori, ti ringraziamo perché per noi vedove sei stato nostro padre, nostro marito, nostro Dio”. Questa è la testimonianza di quanto la gente amasse noi missionari. Poi furono martirizzati in Burundi due confratelli, uno era padre Ottorino Maule, mio compagno di ordinazione ed una missionaria laica Catina Gubert. L’espulsione dal Burundi fu per me una prova particolarmente dolorosa, accompagnata da una crisi di fede. Chiesi ai superiori di fare un “anno sabatico”, di “silenzio” per rimettermi “in piedi”.

Il rientro a Perugia, in parrocchia

Poi per gravi motivi familiari tornai a Perugia, dove fui incardinato nel Clero diocesano e nominato dall’arcivescovo Ennio Antonelli, nel 1989, parroco dei Santi Biagio e Savino; e così il progetto di rientrare nel mio amato Burundi andò in fumo…». È stata la sua prima parrocchia, la sua prima “missione” ad “intra”. L’incontro con l’Abbé Pierre... «È stata un’esperienza nella quale devo ringraziare Dio per aver trovato nel mio predecessore una cara persona, don Genesio Censi, fondatore della comunità parrocchiale. Dodici anni di fraternità: don Genesio non mi fu di intralcio nella mia missione pastorale. Si meravigliò di questo bel rapporto una personalità ecclesiale di fama mondiale, che ospitai in parrocchia, l’Abbé Pierre, il fondatore delle Comunità Emmaus per poveri ed emarginati. Venne a Perugia per un incontro all’aperto, in piazza della Repubblica; io gli feci da interprete. Il giorno dopo lo accompagnai ad Assisi e durante il viaggio mi disse: “Padre, mi devo congratulare con lei, perché va d’accordo con il suo predecessore (l’“ancien curé”), di solito non è così!”. Con don Genesio avevamo affinità anche politiche, perché entrambi condividevamo gli ideali democristiani di sinistra». Dopo la comunità dei Santi Biagio e Savino, le altre parrocchie da lei guidate... «Tempi addietro, da preti, si entrava in città, mai il contrario… A me è toccato di andare controcorrente, uscendo dalla città, quando l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che mi stimava tanto (immeritatamente!), nel 2002, mi mandò parroco a Tavernelle e Colle San Paolo facendomi vivere un’esperienza positiva di “curato di campagna” a 360 gradi. Non sempre fu facile (era considerata la zona più scristianizzata della diocesi, parrocchie molto “dure”, molto politicizzate dove il partito comunista aveva maggioranze bulgare…), ma con i giovani è stato bellissimo. Io credo al sacramento della confessione e nel confessionale ho incontrato tanta santità… Poi il cardinale Gualtiero Bassetti mi affidò tutte le parrocchie (cinque) del comune di Panicale.

Don Orlando Sbicca parroco con l'anima missionaria

Ho proseguito la mia missione maturata ai Santi Biagio e Savino, dall’oratorio ai tanti campi estivi. Ricordo l’attenzione dei ragazzi durante le mie catechesi che sfioravano l’ora! Ho avuto sempre una venerazione per loro! Quando sento certe bestialità commesse da preti nei confronti di ragazzi e ragazze mi viene la pelle d’oca… Non molto tempo fa, vari animatori li ho rivisti ad un pranzo a Tuoro sul Trasimeno, da don Marco Cappellato; oggi sono sposati con figli. È stato molto bello!». A proposito del suo rapporto con i giovani, ha accompagnato qualcuno di loro al sacerdozio? «Il Signore non mi ha concesso il “privilegio” di accompagnare al sacerdozio dei giovani, uno l’ho avuto come adolescente, ma non so quanto io abbia influito nella sua scelta vocazionale». [Ho contattato questo giovane sacerdote, don Simone Pascarosa, attuale vicario episcopale per la Pastorale, e mi ha confermato che don Orlando Sbicca ha influito non poco sulla sua chiamata al sacerdozio, soprattutto per il suo carisma missionario]. Avviandoci alla conclusione, l’ultimo lustro di don Orlando parroco-missionario… «L’ho vissuto nella zona della mia fanciullezza, a Casalina e Castelleone, quasi un soggiorno salutare, prima di ritornare in città, questa volta da canonico confessore della cattedrale, incarico affidatomi dal nostro vescovo don Ivan. Giunto al 57° anno di sacerdozio, posso dire di avere una certa delusione, quella di vedere preti (soprattutto giovani) poco sensibili alla dimensione missionaria della pastorale. Sono ancora valide le parole di Gesù: “andate in tutto il mondo”! Vorrei umilmente dire loro: ricordatevi che è Cristo che ha salvato il mondo…, siate uomini di contemplazione per poi essere pastori che lasciano traccia e non tamburi che fanno chiasso».]]>
Don Orlando Sbicca a destra in veste liturgica bianca scringe la mano al vescovo Ennio Antonelli, a sinistra, in veste liturgica color oro e rosso.

Monsignor Orlando Sbicca racconta la sua chiamata alla vita sacerdotale ricevendoci nella sacrestia della cattedrale di San Lorenzo dove è approdato come canonico confessore lo scorso ottobre, dopo essere stato missionario in Burundi e poi parroco ai Santi Biagio e Savino di Perugia, a Tavernelle di Panicale e Colle San Paolo. Nel frattempo, due riconoscimenti non di poco conto: monsignore cappellano di Sua Santità e canonico onorario del Santo Sepolcro. Infine, parroco a Casalina e a Castelleone di Deruta, un ritorno a casa… Gli si illuminano gli occhi quando pronuncia il nome del luogo in cui è nato, Castelleone di Deruta, l’11 gennaio 1941, e quando parla della sua famiglia di contadini, molto politicizzata di sinistra. «Sono cresciuto nel periodo delle lotte contadine comuniste che ha segnato la mia infanzia – racconta –. Entrai in Seminario grazie al parroco, don Redento Becci, che mi privilegiava pur non andando quasi mai in chiesa. Ci andavo rare volte con la mamma perché lei era una Veschini, di famiglia praticante. Il fratello di mamma, lo zio Gigiotto, era il babbo di mio cugino don Alberto divenuto anche lui sacerdote, l’attuale parroco di Ponte Felcino. Don Becci mi cercava sempre e forse era il Signore a volerlo, perché Lui ha le sue strade ed io ne ho imboccata una, quella che mi ha condotto a farmi prete. Quando la gente del posto seppe che il figlio degli Sbicca sarebbe entrato in Seminario, rimase incredula domandandosi: “Orlando prete? Appartiene a una famiglia di comunisti, di mangiapreti!”. Ci fu quasi una rivolta in paese dai toni persecutori: “Non ti vergogni di volerti fare prete?”. Il babbo, però, non mi ostacolò nella mia scelta ed entrai, a 12 anni, in Seminario, a Perugia». Un aneddoto degli anni trascorsi in Seminario? «Ricordo quando il cardinale Angelo Roncalli, patriarca di Venezia, il futuro papa Giovanni XXIII venne in visita al Seminario. In chiesa gli prepararono un inginocchiatoio dove potersi raccogliere in preghiera davanti al Santissimo, ma era troppo piccolo per la sua pancia “abbondante” e dovette inginocchiarsi direttamente a terra, sul tappeto… Allora la vita del Seminario (prima a Perugia con il rettore mons. Italiani e poi a Montemorcino con don Carlo Urru divenuto poi vescovo) era abbastanza severa..., ma la ricordo e l’assolvo tutta senza recriminazioni…». Lei privilegia molto la missione, ha da poco lasciato l’incarico di direttore dell’Ufficio diocesano missionario… «Negli anni di seminario nacque in me l’interesse per le missioni, entrando a far parte del gruppo missionario. Questo interesse per la vita missionaria, che fu anche un’inquietudine interiore, accrebbe in me quando arrivai in Seminario Regionale ad Assisi, maturando l’idea di farmi missionario… Nel contempo volevo ostacolare quest’idea, mandarla via, perché a quei tempi la missione era qualcosa anche di eroico… Quando ero nella chiesa del Seminario, a volte piangevo chiedendo al Signore di non farmi questa chiamata. Cammin facendo mi accorsi, invece, che era la mia strada! Andai a formarmi dai missionari Saveriani, a Parma, dove ricevetti l’ordinazione sacerdotale il 15 ottobre 1967.

Don Orlando missionario in Burundi

Dopo cinque anni di preparazione come animatore missionario in Piemonte e in Lombardia, nel 1972, partii per il Burundi. Fu un’esperienza bellissima, perché la missione ti tara, se sei in crisi ti brucia, se non lo sei ti dà qualcosa che ti cambia la vita. Ho avuto un amore grande per la gente e dalla gente del Burundi corrisposto in maniera edificante, che porto sempre nel mio cuore. Era gente che sapeva capirti ed ogni missionario aveva il suo soprannome ed io ne avevo due, uno positivo, che non ho detto mai a nessuno e lo porterò con me in Paradiso, l’altro “igniundo” (martello), perché i chiodi li mandavo giù tutti…». La vita in Burundi non è stata facile. Don Orlando, perché ha poi abbandonato la missione? «Ci sono stati anche momenti di sofferenza, di prova in un periodo in cui in Burundi furono commessi numerosi eccidi, oltre 150mila morti. Venivano da me tante vedove a dirmi: “padre mi hanno rubato la piantagione di caffè, di palme, ecc.…”. Dall’altare iniziai a denunciare queste ingiustizie, ma questo alle autorità locali non piacque e iniziarono le persecuzioni con un dossier tremendo su di me. Mi salvò una vedova di nome Maria che ero solito aiutare, perché molto povera, testimoniando la mia completa innocenza. Addirittura, diventai amico delle autorità non solo locali, ma anche del ministro dell’Interno, un cristiano molto buono. In Burundi, un Paese piccolo, la voce si sparse subito… Quando il presidente della Repubblica ebbe uno scontro durissimo con la Chiesa, iniziò il periodo delle espulsioni di missionari il sottoscritto incluso. Ricordo che il ministro degli Interni, l’amico colonnello Stanislao Mandi, mi fece pervenire un messaggio tramite il mio vescovo Roger Mpungu: mi assicurava che avrebbe fatto di tutto per farmi rientrare in Burundi. Dovetti lasciare il Paese nel 1979. In quei giorni drammatici, ricordo che una vedova in una assemblea in chiesa mi disse: “Padre Orlando, tu sei nei nostri cuori, ti ringraziamo perché per noi vedove sei stato nostro padre, nostro marito, nostro Dio”. Questa è la testimonianza di quanto la gente amasse noi missionari. Poi furono martirizzati in Burundi due confratelli, uno era padre Ottorino Maule, mio compagno di ordinazione ed una missionaria laica Catina Gubert. L’espulsione dal Burundi fu per me una prova particolarmente dolorosa, accompagnata da una crisi di fede. Chiesi ai superiori di fare un “anno sabatico”, di “silenzio” per rimettermi “in piedi”.

Il rientro a Perugia, in parrocchia

Poi per gravi motivi familiari tornai a Perugia, dove fui incardinato nel Clero diocesano e nominato dall’arcivescovo Ennio Antonelli, nel 1989, parroco dei Santi Biagio e Savino; e così il progetto di rientrare nel mio amato Burundi andò in fumo…». È stata la sua prima parrocchia, la sua prima “missione” ad “intra”. L’incontro con l’Abbé Pierre... «È stata un’esperienza nella quale devo ringraziare Dio per aver trovato nel mio predecessore una cara persona, don Genesio Censi, fondatore della comunità parrocchiale. Dodici anni di fraternità: don Genesio non mi fu di intralcio nella mia missione pastorale. Si meravigliò di questo bel rapporto una personalità ecclesiale di fama mondiale, che ospitai in parrocchia, l’Abbé Pierre, il fondatore delle Comunità Emmaus per poveri ed emarginati. Venne a Perugia per un incontro all’aperto, in piazza della Repubblica; io gli feci da interprete. Il giorno dopo lo accompagnai ad Assisi e durante il viaggio mi disse: “Padre, mi devo congratulare con lei, perché va d’accordo con il suo predecessore (l’“ancien curé”), di solito non è così!”. Con don Genesio avevamo affinità anche politiche, perché entrambi condividevamo gli ideali democristiani di sinistra». Dopo la comunità dei Santi Biagio e Savino, le altre parrocchie da lei guidate... «Tempi addietro, da preti, si entrava in città, mai il contrario… A me è toccato di andare controcorrente, uscendo dalla città, quando l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che mi stimava tanto (immeritatamente!), nel 2002, mi mandò parroco a Tavernelle e Colle San Paolo facendomi vivere un’esperienza positiva di “curato di campagna” a 360 gradi. Non sempre fu facile (era considerata la zona più scristianizzata della diocesi, parrocchie molto “dure”, molto politicizzate dove il partito comunista aveva maggioranze bulgare…), ma con i giovani è stato bellissimo. Io credo al sacramento della confessione e nel confessionale ho incontrato tanta santità… Poi il cardinale Gualtiero Bassetti mi affidò tutte le parrocchie (cinque) del comune di Panicale.

Don Orlando Sbicca parroco con l'anima missionaria

Ho proseguito la mia missione maturata ai Santi Biagio e Savino, dall’oratorio ai tanti campi estivi. Ricordo l’attenzione dei ragazzi durante le mie catechesi che sfioravano l’ora! Ho avuto sempre una venerazione per loro! Quando sento certe bestialità commesse da preti nei confronti di ragazzi e ragazze mi viene la pelle d’oca… Non molto tempo fa, vari animatori li ho rivisti ad un pranzo a Tuoro sul Trasimeno, da don Marco Cappellato; oggi sono sposati con figli. È stato molto bello!». A proposito del suo rapporto con i giovani, ha accompagnato qualcuno di loro al sacerdozio? «Il Signore non mi ha concesso il “privilegio” di accompagnare al sacerdozio dei giovani, uno l’ho avuto come adolescente, ma non so quanto io abbia influito nella sua scelta vocazionale». [Ho contattato questo giovane sacerdote, don Simone Pascarosa, attuale vicario episcopale per la Pastorale, e mi ha confermato che don Orlando Sbicca ha influito non poco sulla sua chiamata al sacerdozio, soprattutto per il suo carisma missionario]. Avviandoci alla conclusione, l’ultimo lustro di don Orlando parroco-missionario… «L’ho vissuto nella zona della mia fanciullezza, a Casalina e Castelleone, quasi un soggiorno salutare, prima di ritornare in città, questa volta da canonico confessore della cattedrale, incarico affidatomi dal nostro vescovo don Ivan. Giunto al 57° anno di sacerdozio, posso dire di avere una certa delusione, quella di vedere preti (soprattutto giovani) poco sensibili alla dimensione missionaria della pastorale. Sono ancora valide le parole di Gesù: “andate in tutto il mondo”! Vorrei umilmente dire loro: ricordatevi che è Cristo che ha salvato il mondo…, siate uomini di contemplazione per poi essere pastori che lasciano traccia e non tamburi che fanno chiasso».]]>
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Con l’atroce morte in Nigeria di padre Isaac Achi, affiora il ricordo di persecuzioni e violenze https://www.lavoce.it/con-latroce-morte-in-nigeria-di-padre-isaac-achi-affiora-il-ricordo-di-persecuzioni-e-violenze/ Wed, 18 Jan 2023 11:27:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70111 ricordo di padre Isaac Achi

"Ogni volta che apprendo la tragica notizia della morte violenta di un missionario, sia consacrato sia laico, in terra di missione, mi vengono i brividi. Nella morte atroce di padre Isaac Achi, bruciato vivo nella sua canonica in Nigeria, domenica scorsa 15 gennaio, rivivo quanto è accaduto ad alcuni dei miei compagni in Burundi, presso la Missione di Buyengero dei Padri Saveriani. La sera del 30 settembre 1995, tre soldati arrivano alla Missione di Buyengero: fanno inginocchiare padre Ottorino Maule,  padre Aldo Marchiol e Catina Gubert, una volontaria laica, e vengono uccisi con arma da fuoco. Padre Ottorino Maule fu ordinato sacerdote insieme a me e ad altri 29 saveriani il 15 ottobre 1967".

A raccontarlo al settimanale cattolico La Voce, in edicola venerdì 20 gennaio, è l’ottantaduenne monsignor Orlando Sbicca, direttore dell’Ufficio diocesano missionario di Perugia-Città della Pieve, che trentenne, nel 1971, lasciò la sua Umbria (è originario di Deruta, dove è nato l’11 gennaio 1941) per andare missionario in Burundi. Dal piccolo Paese africano, della regione dei Grandi Laghi, don Orlando venne espulso, su disposizione delle autorità governative, otto anni dopo, nel 1979, perché considerato un prete contrario ai Vatussi, precisa lo stesso sacerdote.

"Pur avendo dalla mia parte -ricorda don Orlando- persone del posto che testimoniarono in mio favore, smentendo le false accuse a me mosse, non ebbi scampo. Dopo momenti di tensione e di paura mi fu ordinato di lasciare il Burundi in ventiquattro ore… Furono momenti duri! Certo, con il cuore sono rimasto per sempre in Africa. Ogni volta che apprendo notizie su feroci persecuzioni, i ricordi affiorano nella mente e penso anche a quanto bene i missionari riescono a fare in mezzo a mille difficoltà e tribolazioni.

I cristiani sono da sempre perseguitati per la testimonianza della propria fede -commenta l’anziano sacerdote- diversi, purtroppo, fino al martirio in molte parti del mondo. È una tragedia che si ripete periodicamente con decine di morti. Lo scorso anno ne abbiamo contati ventidue tra consacrati e laici in terra di missione.

La loro memoria non va dimenticata e per questo ogni anno celebriamo anche nella nostra comunità diocesana la Giornata dei missionari martiri, il 24 marzo, in ricordo dell’uccisione, avvenuta nel 1980, dell’arcivescovo di San Salvador, Oscar Romeo, il Santo de America. E’ inquietante anche il fatto che ormai la stampa dà sempre meno rilevanza a questi martiri e al loro martirio, come del resto anche alle cosiddette guerre dimenticate, che si trasformano in vere e proprie stragi di innocenti indifesi.

Di queste stragi, tra i pochi a darne notizia, sono proprio i missionari che lo fanno, spesso, rischiando la vita. È di conforto -conclude don Orlando Sbicca- che il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, abbia subito condannato il brutale omicidio di padre Isaac Achi in Nigeria e fatto appello affinché tutti i governi proteggano le minoranze cristiane".

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ricordo di padre Isaac Achi

"Ogni volta che apprendo la tragica notizia della morte violenta di un missionario, sia consacrato sia laico, in terra di missione, mi vengono i brividi. Nella morte atroce di padre Isaac Achi, bruciato vivo nella sua canonica in Nigeria, domenica scorsa 15 gennaio, rivivo quanto è accaduto ad alcuni dei miei compagni in Burundi, presso la Missione di Buyengero dei Padri Saveriani. La sera del 30 settembre 1995, tre soldati arrivano alla Missione di Buyengero: fanno inginocchiare padre Ottorino Maule,  padre Aldo Marchiol e Catina Gubert, una volontaria laica, e vengono uccisi con arma da fuoco. Padre Ottorino Maule fu ordinato sacerdote insieme a me e ad altri 29 saveriani il 15 ottobre 1967".

A raccontarlo al settimanale cattolico La Voce, in edicola venerdì 20 gennaio, è l’ottantaduenne monsignor Orlando Sbicca, direttore dell’Ufficio diocesano missionario di Perugia-Città della Pieve, che trentenne, nel 1971, lasciò la sua Umbria (è originario di Deruta, dove è nato l’11 gennaio 1941) per andare missionario in Burundi. Dal piccolo Paese africano, della regione dei Grandi Laghi, don Orlando venne espulso, su disposizione delle autorità governative, otto anni dopo, nel 1979, perché considerato un prete contrario ai Vatussi, precisa lo stesso sacerdote.

"Pur avendo dalla mia parte -ricorda don Orlando- persone del posto che testimoniarono in mio favore, smentendo le false accuse a me mosse, non ebbi scampo. Dopo momenti di tensione e di paura mi fu ordinato di lasciare il Burundi in ventiquattro ore… Furono momenti duri! Certo, con il cuore sono rimasto per sempre in Africa. Ogni volta che apprendo notizie su feroci persecuzioni, i ricordi affiorano nella mente e penso anche a quanto bene i missionari riescono a fare in mezzo a mille difficoltà e tribolazioni.

I cristiani sono da sempre perseguitati per la testimonianza della propria fede -commenta l’anziano sacerdote- diversi, purtroppo, fino al martirio in molte parti del mondo. È una tragedia che si ripete periodicamente con decine di morti. Lo scorso anno ne abbiamo contati ventidue tra consacrati e laici in terra di missione.

La loro memoria non va dimenticata e per questo ogni anno celebriamo anche nella nostra comunità diocesana la Giornata dei missionari martiri, il 24 marzo, in ricordo dell’uccisione, avvenuta nel 1980, dell’arcivescovo di San Salvador, Oscar Romeo, il Santo de America. E’ inquietante anche il fatto che ormai la stampa dà sempre meno rilevanza a questi martiri e al loro martirio, come del resto anche alle cosiddette guerre dimenticate, che si trasformano in vere e proprie stragi di innocenti indifesi.

Di queste stragi, tra i pochi a darne notizia, sono proprio i missionari che lo fanno, spesso, rischiando la vita. È di conforto -conclude don Orlando Sbicca- che il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, abbia subito condannato il brutale omicidio di padre Isaac Achi in Nigeria e fatto appello affinché tutti i governi proteggano le minoranze cristiane".

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Missionari: Fides, 22 sono stati uccisi nel mondo nel 2021 https://www.lavoce.it/missionari-fides-22-sono-stati-uccisi-nel-mondo-nel-2021/ Sun, 02 Jan 2022 15:49:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=64316 Missionari uccisi nel 2021

Nell’anno 2021 sono stati uccisi nel mondo 22 missionari. Lo riferisce il consueto dossier diffuso a fine anno dall’agenzia Fides. Si tratta di 13 sacerdoti, un religioso, 2 religiose, 6 laici. “Riguardo alla ripartizione continentale, il numero più elevato si registra in Africa, dove sono stati uccisi 11 missionari (7 sacerdoti, 2 religiose, 2 laici), cui segue l’America, con 7 missionari uccisi (4 sacerdoti, 1 religioso, 2 laici) quindi l’Asia, dove sono stati uccisi 3 missionari (1 sacerdote, 2 laici), e l’Europa, dove è stato ucciso un sacerdote”. Negli ultimi anni – riferisce ancora Fides – sono l’Africa e l’America “ad alternarsi al primo posto di questa tragica classifica. Dal 2000 al 2020, secondo i nostri dati, sono stati uccisi nel mondo 536 missionari”.
L’elenco annuale di Fides ormai da tempo non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, “ma cerca di registrare tutti i cristiani cattolici impegnati in qualche modo nell’attività pastorale, morti in modo violento, non espressamente ‘in odio alla fede’”. Per questo si preferisce non usare il termine “martiri”, “se non nel suo significato etimologico di ‘testimoni’, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro”. Il dossier Fides specifica: “Allo stesso modo usiamo il termine ‘missionario’ per tutti i battezzati, consapevoli che ‘in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione” (Evangelii gaudium 120).
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Missionari uccisi nel 2021

Nell’anno 2021 sono stati uccisi nel mondo 22 missionari. Lo riferisce il consueto dossier diffuso a fine anno dall’agenzia Fides. Si tratta di 13 sacerdoti, un religioso, 2 religiose, 6 laici. “Riguardo alla ripartizione continentale, il numero più elevato si registra in Africa, dove sono stati uccisi 11 missionari (7 sacerdoti, 2 religiose, 2 laici), cui segue l’America, con 7 missionari uccisi (4 sacerdoti, 1 religioso, 2 laici) quindi l’Asia, dove sono stati uccisi 3 missionari (1 sacerdote, 2 laici), e l’Europa, dove è stato ucciso un sacerdote”. Negli ultimi anni – riferisce ancora Fides – sono l’Africa e l’America “ad alternarsi al primo posto di questa tragica classifica. Dal 2000 al 2020, secondo i nostri dati, sono stati uccisi nel mondo 536 missionari”.
L’elenco annuale di Fides ormai da tempo non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, “ma cerca di registrare tutti i cristiani cattolici impegnati in qualche modo nell’attività pastorale, morti in modo violento, non espressamente ‘in odio alla fede’”. Per questo si preferisce non usare il termine “martiri”, “se non nel suo significato etimologico di ‘testimoni’, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro”. Il dossier Fides specifica: “Allo stesso modo usiamo il termine ‘missionario’ per tutti i battezzati, consapevoli che ‘in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione” (Evangelii gaudium 120).
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Bassetti parla al clero del Sinodo che sta per iniziare https://www.lavoce.it/bassetti-parla-al-clero-del-sinodo-che-sta-per-iniziare/ Sat, 18 Sep 2021 16:36:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=62348 Il Cardinale Gualtiero Bassetti

Nello spirito dell’imminente Sinodo dei vescovi (2021-2023) indetto dal Papa, che a livello diocesano si aprirà a metà del prossimo mese di ottobre, l'arcivescovo card. Gualtiero Bassetti ha tracciato la “strada” che la sua comunità diocesana dovrà percorrere per un maggiore coinvolgimento e contributo alla vita dell’intera Chiesa rigenerandosi dall’interno anche per proseguire al meglio l’incontro e il dialogo con i “lontani” nel solco degli insegnamenti evangelici. Bassetti lo ha fatto parlando ai sacerdoti della diocesi nel primo ritiro mensile d’inizio Anno pastorale (2021-2022) dopo la pausa estiva. Soprattutto essere sempre più Chiesa in uscita, di strada, presente, svolgendo anche un ruolo sociale nel continuare a farsi di prossimità non solo territorialmente, ma nel partecipare ad affrontare e risolvere le necessità del momento come la crisi delle famiglie, del lavoro, l’educazione e la formazione dei giovani, l’accoglienza-integrazione di quanti fuggono dai loro Paesi perché perseguitati e non ultima la crisi provocata dalla pandemia, nel mettere in pratica la Dottrina sociale cristiana.

Una Chiesa missionaria

Il Sinodo, che per la Chiesa italiana si concluderà nel 2025, è l’occasione soprattutto di incontro-riflessione all’interno della Chiesa chiamata a dare risposte efficaci alla secolarizzazione sempre più diffusa, alle messe sempre meno partecipate, agli scandali, alle vocazioni in forte flessione… E la Chiesa dal basso, in mezzo alla gente, come quella perugino-pievese viva e propositiva, può e deve fare ancora molto per la “nuova evangelizzazione” e la propagazione della fede nel ritornare al suo primordiale ruolo di Chiesa missionaria.

Presenza di Chiesa nella storia

Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul Sinodo della Chiesa italiana anche in qualità di presidente della Cei, ha ribadito che si tratta di “quel processo necessario che permetterà alle nostre Chiese che sono in Italia di fare proprio, sempre meglio, uno stile di presenza nella storia che sia credibile e affidabile, perché attento ai complessi cambiamenti in atto e desideroso di dire la verità del Vangelo nelle mutate condizioni di vita degli uomini e delle donne del nostro tempo”. Il presule ha esortato il Clero diocesano a farsi carico di un maggiore coinvolgimento e partecipazione della Chiesa perugino-pievese, attraverso l’imminente Sinodo, alla costruzione dal basso di questo “stile di presenza nella storia”.

Pellegrinaggio diocesano in Terra Santa

Bassetti, al termine dell’incontro, ha annunciato una iniziativa, che spera si possa tenere, con l’aiuto di Dio, a conclusione del suo episcopato perugino-pievese iniziato dodici anni fa, il 4 ottobre 2009. Si tratta del pellegrinaggio diocesano in Terra Santa nella prossima primavera (pandemia permettendo), per ringraziare e lodare il Signore insieme al suo gregge. “Vorrei avere al mio fianco, nel visitare la terra in cui ha trovato origine la nostra fede – ha auspicato il cardinale – almeno un fedele per ciascuna delle nostre parrocchie. Insieme porteremo in pellegrinaggio le icone mariane che mi hanno segnato e guidato nel cammino del mio servizio di pastore delle diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e di Perugia-Città della Pieve: la Madonna del Conforto e la Madonna della Grazia, facendole sostare nella basilica della natività di Maria a Nazareth”.

Una piazza per mons. Coletti

Il cardinale si è poi commosso nell’apprendere la notizia dell’intitolazione di una piazza da parte del Comune di Perugia a mons. Gustavo Coletti, storico parroco di Ponte Pattoli, il primo sacerdote diocesano deceduto per il Covid-19 lo scorso autunno. Era il prete che in terapia intensiva implorò la Beata Vergine Maria affinché il Signore prendesse la sua anima al posto di quella del suo pastore (anche Bassetti era in terapia intensiva), perché potesse continuare a fare tanto del bene alla sua Chiesa. Compiacimento per la scelta dell’Amministrazione comunale di intitolare una piazza della frazione di Perugia dove per oltre mezzo secolo mons. Coletti esercitò il suo ministero sacerdotale, è stato espresso da tutto il Clero diocesano con un caloroso prolungato applauso. Al termine le  “comunicazioni-annunci” di attività e iniziative sono state illustrate dal vescovo ausiliare mons. Marco Salvi e dai direttori dei vari Uffici e Servizi diocesani.]]>
Il Cardinale Gualtiero Bassetti

Nello spirito dell’imminente Sinodo dei vescovi (2021-2023) indetto dal Papa, che a livello diocesano si aprirà a metà del prossimo mese di ottobre, l'arcivescovo card. Gualtiero Bassetti ha tracciato la “strada” che la sua comunità diocesana dovrà percorrere per un maggiore coinvolgimento e contributo alla vita dell’intera Chiesa rigenerandosi dall’interno anche per proseguire al meglio l’incontro e il dialogo con i “lontani” nel solco degli insegnamenti evangelici. Bassetti lo ha fatto parlando ai sacerdoti della diocesi nel primo ritiro mensile d’inizio Anno pastorale (2021-2022) dopo la pausa estiva. Soprattutto essere sempre più Chiesa in uscita, di strada, presente, svolgendo anche un ruolo sociale nel continuare a farsi di prossimità non solo territorialmente, ma nel partecipare ad affrontare e risolvere le necessità del momento come la crisi delle famiglie, del lavoro, l’educazione e la formazione dei giovani, l’accoglienza-integrazione di quanti fuggono dai loro Paesi perché perseguitati e non ultima la crisi provocata dalla pandemia, nel mettere in pratica la Dottrina sociale cristiana.

Una Chiesa missionaria

Il Sinodo, che per la Chiesa italiana si concluderà nel 2025, è l’occasione soprattutto di incontro-riflessione all’interno della Chiesa chiamata a dare risposte efficaci alla secolarizzazione sempre più diffusa, alle messe sempre meno partecipate, agli scandali, alle vocazioni in forte flessione… E la Chiesa dal basso, in mezzo alla gente, come quella perugino-pievese viva e propositiva, può e deve fare ancora molto per la “nuova evangelizzazione” e la propagazione della fede nel ritornare al suo primordiale ruolo di Chiesa missionaria.

Presenza di Chiesa nella storia

Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul Sinodo della Chiesa italiana anche in qualità di presidente della Cei, ha ribadito che si tratta di “quel processo necessario che permetterà alle nostre Chiese che sono in Italia di fare proprio, sempre meglio, uno stile di presenza nella storia che sia credibile e affidabile, perché attento ai complessi cambiamenti in atto e desideroso di dire la verità del Vangelo nelle mutate condizioni di vita degli uomini e delle donne del nostro tempo”. Il presule ha esortato il Clero diocesano a farsi carico di un maggiore coinvolgimento e partecipazione della Chiesa perugino-pievese, attraverso l’imminente Sinodo, alla costruzione dal basso di questo “stile di presenza nella storia”.

Pellegrinaggio diocesano in Terra Santa

Bassetti, al termine dell’incontro, ha annunciato una iniziativa, che spera si possa tenere, con l’aiuto di Dio, a conclusione del suo episcopato perugino-pievese iniziato dodici anni fa, il 4 ottobre 2009. Si tratta del pellegrinaggio diocesano in Terra Santa nella prossima primavera (pandemia permettendo), per ringraziare e lodare il Signore insieme al suo gregge. “Vorrei avere al mio fianco, nel visitare la terra in cui ha trovato origine la nostra fede – ha auspicato il cardinale – almeno un fedele per ciascuna delle nostre parrocchie. Insieme porteremo in pellegrinaggio le icone mariane che mi hanno segnato e guidato nel cammino del mio servizio di pastore delle diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e di Perugia-Città della Pieve: la Madonna del Conforto e la Madonna della Grazia, facendole sostare nella basilica della natività di Maria a Nazareth”.

Una piazza per mons. Coletti

Il cardinale si è poi commosso nell’apprendere la notizia dell’intitolazione di una piazza da parte del Comune di Perugia a mons. Gustavo Coletti, storico parroco di Ponte Pattoli, il primo sacerdote diocesano deceduto per il Covid-19 lo scorso autunno. Era il prete che in terapia intensiva implorò la Beata Vergine Maria affinché il Signore prendesse la sua anima al posto di quella del suo pastore (anche Bassetti era in terapia intensiva), perché potesse continuare a fare tanto del bene alla sua Chiesa. Compiacimento per la scelta dell’Amministrazione comunale di intitolare una piazza della frazione di Perugia dove per oltre mezzo secolo mons. Coletti esercitò il suo ministero sacerdotale, è stato espresso da tutto il Clero diocesano con un caloroso prolungato applauso. Al termine le  “comunicazioni-annunci” di attività e iniziative sono state illustrate dal vescovo ausiliare mons. Marco Salvi e dai direttori dei vari Uffici e Servizi diocesani.]]>
Si apre l’anno di Amoris Laetitia. In questo numero focus sulla famiglia https://www.lavoce.it/si-apre-lanno-di-amoris-laetitia-in-questo-numero-focus-sulla-famiglia/ Thu, 18 Mar 2021 10:50:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=59577

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana con un focus sull'anno dedicato all'approfodnimento di Amoris Laetitia. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

Un anno col virus, mai senza speranza. Ora è tempo di vaccini

Daniele Morini Un anno di pandemia ha interpellato su più fronti (anche sui vaccini) anche le Chiese umbre. Dopo un primo periodo di disorientamento, le nostre comunità si sono tirate su le maniche e si sono rimesse al lavoro, con una missione antica e modalità nuove. La vicinanza spirituale, anche quando le celebrazioni liturgiche erano impossibili, la preghiera a distanza e attraverso i media, i tanti aiuti materiali messi in campo dalle Caritas locali e nazionale, specie nei momenti in cui tardavano i ristori e i bonus dello Stato. E ancora …

Focus

Opportunità per il laicato

don Andrea Rossi Ci siamo svegliati un giorno, ed è questo, e ci siamo accorti che tutte le parole sui documenti del magistero riguardanti i laici avevano ben individuato la loro identità come soggetti...

Recovery Fund. E i progetti?

Nicola Salvagnin Arrivano i soldi, ma ci sono i progetti? E per “progetto” s’intende un piano completo di tutto, dalla realizzabilità pratica alla sostenibilità finanziaria ben precisata. Perché sono solo questi progetti che godranno dei finanziamenti del Recovery Fund. I libri dei sogni no. Beh, che ci vuole...

Nel giornale

Famiglia è amore. Amore è letizia

Dal 19 marzo ha inizio nella Chiesa universale un anno intero di riflessione sull’esortazione apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco. Testo rivoluzionario, profetico, che dopo cinque anni è ancora tutto da approfondire e applicare. Vediamo come ci si sta preparando in Umbria. Ma confrontiamo anche le esigenze della pastorale familiare odierna con la concreta situazione dell’Umbria, in preda a un drammatico “inverno demografico”. Da destra e da sinistra (politicamente parlando) arrivano due proposte di leggi più a misura di famiglia. Intanto, due libri raccontano le esperienze maturate nel mondo cattolico della nostra Regione in fatto di formazione delle coppie e adozioni internazionali.  

Missionari martiri

24 marzo, Giornata di preghiera e digiuno per coloro - preti, religiosi e religiose, laici - che nel mondo hanno dato la vita per annunciare il Vangelo. Magari uccisi per odio alla fede o magari per rapina, ma sempre sacrificio da onorare

Azione Cattolica

Consiglio regionale elettivo, con intervento di Luigi Alici. Una riflessione su “dove siamo” come Chiesa, e dove dovrebbe essere l’Ac oggi

Covid e scuola

Proteste di genitori e insegnanti per la decisione della Regione Umbria di applicare nella misura più restrittiva le norme emanate dal Governo centrale. Le precauzioni a favore della salute - denunciano - stanno avendo pesanti ripercussioni sulle nuove generazioni

Dante

Il 2021 è il “suo” anno. Foligno, che ha stampato la prima Commedia, gli dedica vari eventi in chiave francescana  ]]>

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana con un focus sull'anno dedicato all'approfodnimento di Amoris Laetitia. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

Un anno col virus, mai senza speranza. Ora è tempo di vaccini

Daniele Morini Un anno di pandemia ha interpellato su più fronti (anche sui vaccini) anche le Chiese umbre. Dopo un primo periodo di disorientamento, le nostre comunità si sono tirate su le maniche e si sono rimesse al lavoro, con una missione antica e modalità nuove. La vicinanza spirituale, anche quando le celebrazioni liturgiche erano impossibili, la preghiera a distanza e attraverso i media, i tanti aiuti materiali messi in campo dalle Caritas locali e nazionale, specie nei momenti in cui tardavano i ristori e i bonus dello Stato. E ancora …

Focus

Opportunità per il laicato

don Andrea Rossi Ci siamo svegliati un giorno, ed è questo, e ci siamo accorti che tutte le parole sui documenti del magistero riguardanti i laici avevano ben individuato la loro identità come soggetti...

Recovery Fund. E i progetti?

Nicola Salvagnin Arrivano i soldi, ma ci sono i progetti? E per “progetto” s’intende un piano completo di tutto, dalla realizzabilità pratica alla sostenibilità finanziaria ben precisata. Perché sono solo questi progetti che godranno dei finanziamenti del Recovery Fund. I libri dei sogni no. Beh, che ci vuole...

Nel giornale

Famiglia è amore. Amore è letizia

Dal 19 marzo ha inizio nella Chiesa universale un anno intero di riflessione sull’esortazione apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco. Testo rivoluzionario, profetico, che dopo cinque anni è ancora tutto da approfondire e applicare. Vediamo come ci si sta preparando in Umbria. Ma confrontiamo anche le esigenze della pastorale familiare odierna con la concreta situazione dell’Umbria, in preda a un drammatico “inverno demografico”. Da destra e da sinistra (politicamente parlando) arrivano due proposte di leggi più a misura di famiglia. Intanto, due libri raccontano le esperienze maturate nel mondo cattolico della nostra Regione in fatto di formazione delle coppie e adozioni internazionali.  

Missionari martiri

24 marzo, Giornata di preghiera e digiuno per coloro - preti, religiosi e religiose, laici - che nel mondo hanno dato la vita per annunciare il Vangelo. Magari uccisi per odio alla fede o magari per rapina, ma sempre sacrificio da onorare

Azione Cattolica

Consiglio regionale elettivo, con intervento di Luigi Alici. Una riflessione su “dove siamo” come Chiesa, e dove dovrebbe essere l’Ac oggi

Covid e scuola

Proteste di genitori e insegnanti per la decisione della Regione Umbria di applicare nella misura più restrittiva le norme emanate dal Governo centrale. Le precauzioni a favore della salute - denunciano - stanno avendo pesanti ripercussioni sulle nuove generazioni

Dante

Il 2021 è il “suo” anno. Foligno, che ha stampato la prima Commedia, gli dedica vari eventi in chiave francescana  ]]>
San Venanzo. Il cammino compiuto dall’opera Santa Maria della Luce https://www.lavoce.it/opera-santa-maria-luce/ Wed, 03 Jul 2019 16:45:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54800 luce

Sono trascorsi più di dieci anni dal riconoscimento dell’Opera S. Maria della Luce (OSMdL) e credo sia giusto richiamare alla mente alcuni aspetti di questi primi passi compiuti. Aiutano a comprendere eventi e progetti che danno prova di quanto lo Spirito Santo agisca indipendentemente dalla nostra buona volontà. Vorrei, a nome di tutti i sacerdoti, diaconi e aspiranti dell’OSMdL, inviare l’abbraccio fraterno che unisce chi vuole vivere nel nome di Gesù Cristo, Salvatore e Redentore dell’umanità, a servizio della Chiesa. Una piccola realtà la nostra che ha avuto, sin dall’inizio, il mandato missionario di andare, di servire, di inculturarsi, senza temere le onde contrarie e le paure di chi si sente portato dal vento di non fermarsi e seguire gli impegni presi. L’OSMdL è una realtà comunitaria nata senza voler essere una congregazione, ma aspirando a essere Società di Vita apostolica, caratterizzata quindi dall’annunzio evangelico, dalla vita fraterna in comune e dal servizio ai poveri. Tutto sotto la protezione della Madre di Dio, Madre della Luce. Il nostro carisma è cristologico ed ecclesiale. Giovanni 8,12 è il passo che ha ispirato da diversi anni i primi fratelli che hanno iniziato il cammino. L’intercessione di Maria, Madre della Luce, ha fatto sì che ogni impegno e azione quotidiana sia stata intrapresa sotto la sua protezione. L’esempio e la carità di Vincenzo de’ Paoli, la minorità di Francesco di Assisi hanno completato, sin dal primo istante, l’arduo cammino di una vita semplice e tenace per condurre i fratelli al non facile servizio ai poveri. Desideriamo, al compiersi dei primi dieci anni di vita, dire grazie a chi ha voluto guidarci. Vescovi, sacerdoti, religiosi e tutte le persone che, con buoni suggerimenti e sostegno, ci hanno accompagnati. In particolare mons. Dante Bernini, vescovo emerito di Velletri, mons. Decio Lucio Grandoni, mons. Giovanni Scanavino, mons. Benedetto Tuzia, nonché i Vescovi del Brasile, dello Zambia, dell’India e del Messico. Quest’ultimi hanno reso possibile l’apertura di fraternità e di opere, alcune delle quali in collaborazione con l’associazione Comunità Nazareth, associazione pubblica ecclesiale, composta di laici e consacrati, nata nel 1992 ed eretta da mons. Grandoni. A oggi l’OSMdL conta 45 membri, di cui 16 sacerdoti, 2 diaconi, un diacono permanente, e 26 tra studenti e ammessi all’aspirantato e noviziato. Tra questi, cinque giovani inizieranno, nel prossimo anno 2019-2020, un tempo di discernimento. Le nostre diverse nazionalità accrescono la spinta ad andare oltre i confini: Brasile, India, Zambia, Camerun, Nigeria, Haiti, Messico, Albania, Italia. L’iter formativo alla vita religiosa e ai ministeri si svolge, rispettivamente, nelle maggiori fraternità e seminari maggiori e inter-congregazionali, quando e dove è possibile farlo. Chiediamo a tutti i fratelli e amici l’invito a pregare assiduamente per l’OSMdL perché possiamo costituire, sempre più, “un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32), e così incarnare il comandamento nuovo di Gesù: “…che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati… da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 31-35). Notiamo come Gesù ripeta – con forza e insistenza – lo stesso principio fondante della vita fraterna. Principio su cui si basa la forza di una comunità di vita apostolica. Nessuno di noi immaginava che, in così poco tempo, la nostra esperienza avrebbe raggiunto risultati che sono davanti ai nostri occhi. Per tale motivo l’impegno dell’OSMdL è quello di dare, principalmente, la testimonianza di un amore vicendevole. Probabilmente è questo dato di fatto che ha reso possibile tale cammino ed è per questo che intendiamo assumerci il dovere e la missione di annunciare il Vangelo, condividendo la vita consacrata e la costante sfida di servire i più deboli. L’eucarestia, il costante contatto con la Parola di Dio e la preghiera sono al centro delle nostre Costituzioni e del progetto formativo.

Abbiamo avuto in questi dieci anni la prova di quanto la preghiera sia fondante per una vita fraterna che desidera il carisma del “Chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Con gratitudine a Dio e alla sua immensa bontà

Don Ruggero Iorio

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luce

Sono trascorsi più di dieci anni dal riconoscimento dell’Opera S. Maria della Luce (OSMdL) e credo sia giusto richiamare alla mente alcuni aspetti di questi primi passi compiuti. Aiutano a comprendere eventi e progetti che danno prova di quanto lo Spirito Santo agisca indipendentemente dalla nostra buona volontà. Vorrei, a nome di tutti i sacerdoti, diaconi e aspiranti dell’OSMdL, inviare l’abbraccio fraterno che unisce chi vuole vivere nel nome di Gesù Cristo, Salvatore e Redentore dell’umanità, a servizio della Chiesa. Una piccola realtà la nostra che ha avuto, sin dall’inizio, il mandato missionario di andare, di servire, di inculturarsi, senza temere le onde contrarie e le paure di chi si sente portato dal vento di non fermarsi e seguire gli impegni presi. L’OSMdL è una realtà comunitaria nata senza voler essere una congregazione, ma aspirando a essere Società di Vita apostolica, caratterizzata quindi dall’annunzio evangelico, dalla vita fraterna in comune e dal servizio ai poveri. Tutto sotto la protezione della Madre di Dio, Madre della Luce. Il nostro carisma è cristologico ed ecclesiale. Giovanni 8,12 è il passo che ha ispirato da diversi anni i primi fratelli che hanno iniziato il cammino. L’intercessione di Maria, Madre della Luce, ha fatto sì che ogni impegno e azione quotidiana sia stata intrapresa sotto la sua protezione. L’esempio e la carità di Vincenzo de’ Paoli, la minorità di Francesco di Assisi hanno completato, sin dal primo istante, l’arduo cammino di una vita semplice e tenace per condurre i fratelli al non facile servizio ai poveri. Desideriamo, al compiersi dei primi dieci anni di vita, dire grazie a chi ha voluto guidarci. Vescovi, sacerdoti, religiosi e tutte le persone che, con buoni suggerimenti e sostegno, ci hanno accompagnati. In particolare mons. Dante Bernini, vescovo emerito di Velletri, mons. Decio Lucio Grandoni, mons. Giovanni Scanavino, mons. Benedetto Tuzia, nonché i Vescovi del Brasile, dello Zambia, dell’India e del Messico. Quest’ultimi hanno reso possibile l’apertura di fraternità e di opere, alcune delle quali in collaborazione con l’associazione Comunità Nazareth, associazione pubblica ecclesiale, composta di laici e consacrati, nata nel 1992 ed eretta da mons. Grandoni. A oggi l’OSMdL conta 45 membri, di cui 16 sacerdoti, 2 diaconi, un diacono permanente, e 26 tra studenti e ammessi all’aspirantato e noviziato. Tra questi, cinque giovani inizieranno, nel prossimo anno 2019-2020, un tempo di discernimento. Le nostre diverse nazionalità accrescono la spinta ad andare oltre i confini: Brasile, India, Zambia, Camerun, Nigeria, Haiti, Messico, Albania, Italia. L’iter formativo alla vita religiosa e ai ministeri si svolge, rispettivamente, nelle maggiori fraternità e seminari maggiori e inter-congregazionali, quando e dove è possibile farlo. Chiediamo a tutti i fratelli e amici l’invito a pregare assiduamente per l’OSMdL perché possiamo costituire, sempre più, “un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32), e così incarnare il comandamento nuovo di Gesù: “…che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati… da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 31-35). Notiamo come Gesù ripeta – con forza e insistenza – lo stesso principio fondante della vita fraterna. Principio su cui si basa la forza di una comunità di vita apostolica. Nessuno di noi immaginava che, in così poco tempo, la nostra esperienza avrebbe raggiunto risultati che sono davanti ai nostri occhi. Per tale motivo l’impegno dell’OSMdL è quello di dare, principalmente, la testimonianza di un amore vicendevole. Probabilmente è questo dato di fatto che ha reso possibile tale cammino ed è per questo che intendiamo assumerci il dovere e la missione di annunciare il Vangelo, condividendo la vita consacrata e la costante sfida di servire i più deboli. L’eucarestia, il costante contatto con la Parola di Dio e la preghiera sono al centro delle nostre Costituzioni e del progetto formativo.

Abbiamo avuto in questi dieci anni la prova di quanto la preghiera sia fondante per una vita fraterna che desidera il carisma del “Chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Con gratitudine a Dio e alla sua immensa bontà

Don Ruggero Iorio

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Madonna del Latte. Dal 2000 si è creato un legame con il Perù https://www.lavoce.it/madonna-latte-peru-gemellaggio/ Sat, 10 Nov 2018 10:02:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53337 gemellaggio

Da sempre Città di Castello ha avuto un rapporto diretto con il Perù, in quanto molti sacerdoti tifernati sono andati in quelle terre in missione, seguiti da diversi laici che ancora oggi svolgono la loro opera attraverso l’Operazione Mato Grosso. In quest’ottica anche la parrocchia della Madonna del Latte ha iniziato un gemellaggio.

La storia del gemellaggio

Era il 2000 quando don Ivo Baldi, sacerdote tifernate vescovo di Huari in Perù, propose a don Franco Sgoluppi, allora parroco della Madonna del Latte, un gemellaggio come opera concreta di beneficenza in occasione del Giubileo. La scelta cadde su Ocros, piccolo paese delle Ande dove l’anno successivo sarebbe arrivato padre Reynaldo Zavala.

Dopo la proposta di don Ivo è iniziato un rapporto epistolare, con scambio di fotografie, fino alla prima visita di un gruppo della Madonna del Latte nel 2004.

Come ama spesso ricordare padre Reynaldo, è stata una bellissima esperienza perché tutto il paese è stato coinvolto nell’accoglienza ed è stato motivo di allegria per tutti. Da lì i rapporti di amicizia sono diventati forti e si sono rinsaldati con la visita nel 2007, in occasione della festa di santo Domingo (san Domenico). Il legame con l’intera diocesi di Città di Castello è stato rafforzato anche simbolicamente con la presenza, nell’altare della chiesa di Ocros, delle reliquie di santa Veronica Giuliani e del beato Carlo Liviero.

Le opere

Fin dal suo arrivo nel 2001 padre Reynaldo si è lanciato nel progetto di ricostruire la chiesa, fortemente danneggiata da un terremoto, ma anche di ricostruire la comunità. Per questo ha organizzato l’oratorio, in modo da coinvolgere e far crescere i giovani: tutte le domeniche vi andavano oltre 100 ragazzi. Contemporaneamente, grazie al- l’aiuto di tante persone dall’Italia, ha ricostruito anche la casa parrocchiale. Prima della consacrazione della nuova chiesa nel 2007, ha celebrato tantissimi battesimi e matrimoni proprio per evidenziare che “la Chiesa siamo noi”.

[gallery ids="53339,53340,53341,53342,53343,53344,53345,53346,53338"]

Dopo due anni passati in Italia a studiare a Roma, dal febbraio del 2011 padre Reynaldo è diventato parroco del santuario del “Signore della Solitudine” di Huaraz, una grande parrocchia, la più importante della città di Huaraz. Il suo lavoro è cambiato, ma cerca di mantenere lo stesso spirito di servizio. A Ocros viveva con una famiglia che lo aiutava, ora invece vive insieme a un altro parroco, padre Clemente, con il quale c’è un’ottima collaborazione.

L'amicizia con Madonna del Latte

Come dice spesso padre Reynaldo, l’amicizia con la Madonna del Latte gli ha insegnato a confrontarsi per capire meglio i cambiamenti che avvengono all’interno della Chiesa. Con l’arrivo di don Paolo Bruschi alla Madonna del Latte le iniziative sono continuate, come ad esempio la bancarella di vendita di dolci fatti dalle parrocchiane per raccogliere fondi o la raccolta viveri fatta dai ragazzi o le offerte dei singoli parrocchiani.

Inoltre l’oratorio e i bambini del catechismo e piccoli gruppi di parrocchiani hanno deciso di sostenere il progetto di Elena, che ha vissuto un’esperienza come educatrice nel paese di San Martin situato sulle Ande peruviane. Si tratta di adottare a distanza dei bambini affinché possano frequentare un bellissimo e coloratissimo asilo. Questa è una delle risposte che come comunità della parrocchia Madonna del Latte abbiamo dato alla parola “avevo fame e mi avete dato da mangiare”.

Leggi anche "I ragazzi di Madonna del Latte scoprono il mondo della carità".

(Il Consiglio parrocchiale)

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gemellaggio

Da sempre Città di Castello ha avuto un rapporto diretto con il Perù, in quanto molti sacerdoti tifernati sono andati in quelle terre in missione, seguiti da diversi laici che ancora oggi svolgono la loro opera attraverso l’Operazione Mato Grosso. In quest’ottica anche la parrocchia della Madonna del Latte ha iniziato un gemellaggio.

La storia del gemellaggio

Era il 2000 quando don Ivo Baldi, sacerdote tifernate vescovo di Huari in Perù, propose a don Franco Sgoluppi, allora parroco della Madonna del Latte, un gemellaggio come opera concreta di beneficenza in occasione del Giubileo. La scelta cadde su Ocros, piccolo paese delle Ande dove l’anno successivo sarebbe arrivato padre Reynaldo Zavala.

Dopo la proposta di don Ivo è iniziato un rapporto epistolare, con scambio di fotografie, fino alla prima visita di un gruppo della Madonna del Latte nel 2004.

Come ama spesso ricordare padre Reynaldo, è stata una bellissima esperienza perché tutto il paese è stato coinvolto nell’accoglienza ed è stato motivo di allegria per tutti. Da lì i rapporti di amicizia sono diventati forti e si sono rinsaldati con la visita nel 2007, in occasione della festa di santo Domingo (san Domenico). Il legame con l’intera diocesi di Città di Castello è stato rafforzato anche simbolicamente con la presenza, nell’altare della chiesa di Ocros, delle reliquie di santa Veronica Giuliani e del beato Carlo Liviero.

Le opere

Fin dal suo arrivo nel 2001 padre Reynaldo si è lanciato nel progetto di ricostruire la chiesa, fortemente danneggiata da un terremoto, ma anche di ricostruire la comunità. Per questo ha organizzato l’oratorio, in modo da coinvolgere e far crescere i giovani: tutte le domeniche vi andavano oltre 100 ragazzi. Contemporaneamente, grazie al- l’aiuto di tante persone dall’Italia, ha ricostruito anche la casa parrocchiale. Prima della consacrazione della nuova chiesa nel 2007, ha celebrato tantissimi battesimi e matrimoni proprio per evidenziare che “la Chiesa siamo noi”.

[gallery ids="53339,53340,53341,53342,53343,53344,53345,53346,53338"]

Dopo due anni passati in Italia a studiare a Roma, dal febbraio del 2011 padre Reynaldo è diventato parroco del santuario del “Signore della Solitudine” di Huaraz, una grande parrocchia, la più importante della città di Huaraz. Il suo lavoro è cambiato, ma cerca di mantenere lo stesso spirito di servizio. A Ocros viveva con una famiglia che lo aiutava, ora invece vive insieme a un altro parroco, padre Clemente, con il quale c’è un’ottima collaborazione.

L'amicizia con Madonna del Latte

Come dice spesso padre Reynaldo, l’amicizia con la Madonna del Latte gli ha insegnato a confrontarsi per capire meglio i cambiamenti che avvengono all’interno della Chiesa. Con l’arrivo di don Paolo Bruschi alla Madonna del Latte le iniziative sono continuate, come ad esempio la bancarella di vendita di dolci fatti dalle parrocchiane per raccogliere fondi o la raccolta viveri fatta dai ragazzi o le offerte dei singoli parrocchiani.

Inoltre l’oratorio e i bambini del catechismo e piccoli gruppi di parrocchiani hanno deciso di sostenere il progetto di Elena, che ha vissuto un’esperienza come educatrice nel paese di San Martin situato sulle Ande peruviane. Si tratta di adottare a distanza dei bambini affinché possano frequentare un bellissimo e coloratissimo asilo. Questa è una delle risposte che come comunità della parrocchia Madonna del Latte abbiamo dato alla parola “avevo fame e mi avete dato da mangiare”.

Leggi anche "I ragazzi di Madonna del Latte scoprono il mondo della carità".

(Il Consiglio parrocchiale)

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Giornata missionaria. Chi sostiene le missioni dall’Italia? https://www.lavoce.it/chi-sostiene-missioni-italia/ Sat, 20 Oct 2018 12:00:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53175 missioni

Domenica 21 ottobre ricorre la Giornata missionaria. Ma chi sostiene le missioni dall'Italia? Missio è l’organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana (Cei) che in Italia rappresenta le Pontificie opere missionarie. È suddiviso in sezioni, a seconda dei destinatari a cui si rivolge.

Le missioni dei ragazzi

Per i più piccoli c’è la Pontificia opera dell’infanzia missionaria (Poim) o Missio ragazzi, che ha lo scopo di aiutare i bambini a vivere da veri missionari.

Come? Attraverso la concretizzazione di quattro impegni fondamentali preghiera, annuncio, condivisione, fraternità - nei propri ambienti di vita quotidiana. Tra i vari strumenti: il materiale per la Giornata missionaria dei ragazzi, la nuova proposta/gioco “Costruisci un ponte mondiale” e la rivista mensile Il ponte d’oro.

Per i giovani

Missio giovani è il servizio delle Pontificie opere missionarie svolto “dai giovani per i giovani”, che promuove a livello diocesano, regionale e nazionale la comunione e la corresponsabilità tra le diverse realtà missionarie di carattere giovanile. Fra gli strumenti di formazione e animazione missionaria proposti, c’è un’esperienza di missione in Paesi del Sud del mondo da fare in estate.

Per gli adulti

La pontificia opera Propagazione della fede (Popf) o Missio adulti & famiglie si dedica all’animazione missionaria di adulti, famiglie e comunità. Invita alla solidarietà spirituale con la preghiera per i missionari, e a quella materiale mediante la raccolta di offerte per le Chiese di missione da effettuare durante la Giornata missionaria mondiale (quest’anno il 21 ottobre).

Per i consacrati

La Pontificia unione missionaria (Pum), o Missio consacrati, dallo scorso anno offre una formazione missionaria universitaria attraverso il Corso di missiologia on line per sacerdoti, seminaristi, religiosi/e, collaboratori dei Centri missionari diocesani, studenti e chiunque sia interessato.

In collaborazione con la pontificia università Urbaniana di Roma, gli iscritti seguono via web le lezioni tenute dai professori universitari nel secondo semestre dell’anno accademico, ricevendo il materiale didattico per sostenere l’esame finale on line. L’attestato di partecipazione, rilasciato dopo il superamento della prova conclusiva, è riconosciuto dall’università Urbaniana, mentre nelle altre università italiane il corso può essere accreditato come “opzionale”.

Per i seminaristi

Infine la Pontificia opera San Pietro apostolo (Pospa) sostiene lo sviluppo delle giovani Chiese di missione assicurando il necessario per il mantenimento dei seminaristi. I tanti strumenti che Missio Italia propone ai diversi destinatari (ragazzi, famiglie, comunità, religiosi, ecc.) sono visitabili su www.missioitalia.it.

Chiara Pellicci

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missioni

Domenica 21 ottobre ricorre la Giornata missionaria. Ma chi sostiene le missioni dall'Italia? Missio è l’organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana (Cei) che in Italia rappresenta le Pontificie opere missionarie. È suddiviso in sezioni, a seconda dei destinatari a cui si rivolge.

Le missioni dei ragazzi

Per i più piccoli c’è la Pontificia opera dell’infanzia missionaria (Poim) o Missio ragazzi, che ha lo scopo di aiutare i bambini a vivere da veri missionari.

Come? Attraverso la concretizzazione di quattro impegni fondamentali preghiera, annuncio, condivisione, fraternità - nei propri ambienti di vita quotidiana. Tra i vari strumenti: il materiale per la Giornata missionaria dei ragazzi, la nuova proposta/gioco “Costruisci un ponte mondiale” e la rivista mensile Il ponte d’oro.

Per i giovani

Missio giovani è il servizio delle Pontificie opere missionarie svolto “dai giovani per i giovani”, che promuove a livello diocesano, regionale e nazionale la comunione e la corresponsabilità tra le diverse realtà missionarie di carattere giovanile. Fra gli strumenti di formazione e animazione missionaria proposti, c’è un’esperienza di missione in Paesi del Sud del mondo da fare in estate.

Per gli adulti

La pontificia opera Propagazione della fede (Popf) o Missio adulti & famiglie si dedica all’animazione missionaria di adulti, famiglie e comunità. Invita alla solidarietà spirituale con la preghiera per i missionari, e a quella materiale mediante la raccolta di offerte per le Chiese di missione da effettuare durante la Giornata missionaria mondiale (quest’anno il 21 ottobre).

Per i consacrati

La Pontificia unione missionaria (Pum), o Missio consacrati, dallo scorso anno offre una formazione missionaria universitaria attraverso il Corso di missiologia on line per sacerdoti, seminaristi, religiosi/e, collaboratori dei Centri missionari diocesani, studenti e chiunque sia interessato.

In collaborazione con la pontificia università Urbaniana di Roma, gli iscritti seguono via web le lezioni tenute dai professori universitari nel secondo semestre dell’anno accademico, ricevendo il materiale didattico per sostenere l’esame finale on line. L’attestato di partecipazione, rilasciato dopo il superamento della prova conclusiva, è riconosciuto dall’università Urbaniana, mentre nelle altre università italiane il corso può essere accreditato come “opzionale”.

Per i seminaristi

Infine la Pontificia opera San Pietro apostolo (Pospa) sostiene lo sviluppo delle giovani Chiese di missione assicurando il necessario per il mantenimento dei seminaristi. I tanti strumenti che Missio Italia propone ai diversi destinatari (ragazzi, famiglie, comunità, religiosi, ecc.) sono visitabili su www.missioitalia.it.

Chiara Pellicci

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Da Collevalenza alle Filippine per volontariato https://www.lavoce.it/collevalenza-alle-filippine-volontariato/ Mon, 23 Oct 2017 16:16:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50287

A circa un mese dalla festa diocesana dell’Amore Misericordioso, abbiamo rivolto alcune domande ai volontari della onlus “Salamat”, molto legati allo spirito di Collevalenza. Per contribuire alle loro opere di solidarietà si può utilizzare il c/c IT 35 Q 02008 05071 000102646780 (Unicredit Roma Angiolillo 30035) - associazione Salamat onlus. Per donare il 5x1000, il codice fiscale è 97669550580. Quando e come è nata la vostra onlus? Perché avete scelto le Filippine? “Nel 2013, dopo una grave malattia del nostro presidente Antonio Silvestri, nacque l’idea di fondare una onlus no profit - Salamat in filippino significa ‘grazie’ - per ringraziare Dio e aiutare i poveri delle Filippine. La moglie di Antonio, Remi, è infatti filippina. Antonio aveva in precedenza visitato le Filippine grazie alla moglie, che lo aveva spinto ad andare nel suo Paese dove era rimasto ‘folgorato’ dalla bellezza dei luoghi e dall’accoglienza della gente, soprattutto i bambini, sempre con il sorriso sulle labbra. Antonio durante i suoi viaggi coinvolgeva i suoi colleghi di lavoro per interventi ‘spot’ (riparazioni dei vetri della scuola elementare, sostegno per la mensa dei bambini)… ma solo dopo la malattia decise di prendere un impegno più consistente, fondando una onlus. Da quel momento l’impegno è diventato sempre più grande e importante”. Quali sono le problematiche più urgenti? “Attualmente la onlus si è focalizzata proprio su alcune problematiche urgenti come l’aiuto ai malati (c’è una forte e competente sanità privata, ma una fatiscente sanità pubblica), agli studenti (abbiamo iniziato da qualche anno con circa 50 studenti, pagando loro le rette scolastiche perché l’istruzione dalle superiori in poi è a pagamento; 6 studenti hanno conseguito la laurea e 10 un diploma), ai bambini che vivono per strada, ai tantissimi indigeni che vivono in situazioni drammatiche. Le difficoltà sono tante, fondi insufficienti, carenze di strutture e attrezzature, Stato sociale pressoché inesistente”. I progetti finora organizzati e quelli in corso? “Tra le opere di cui ‘andiamo fieri’ c’è un ambulatorio dove i medici visitano centinaia di persone al giorno gratuitamente. Abbiamo avuto per due anni la gradita presenza di una pediatra missionaria, che ha visitato decine di bimbi e adulti. Abbiamo anche un piccolo ‘santuario’, che può accogliere un migliaio di persone, alle quali in ogni evento celebrativo vengono distribuiti pasti e sacchetti di riso. Abbiamo anche donato un’autoambulanza al nostro bario (quartiere) che ne era privo. Tra i progetti in fieri c’è la creazione di una area ludica per i bambini delle favelas, di un sito per anziani e di un’area per il raccoglimento e la preghiera. Tra le iniziative che hanno suscitato clamore c’è stata la celebrazione contemporanea di 44 matrimoni religiosi - evento che venne ripreso anche dal giornale nazionale Manila Bulletin -, una vera impresa, per il difficile reperimento della documentazione, con unioni non regolari. Facciamo anche celebrare molti battesimi, per venire incontro alle esigenze economiche di famiglie che non hanno soldi per la cerimonia. Siamo felici di aver ricostruito una gamba a un ragazzo di 13 anni che si era ustionato con la lampada a cherosene tre anni prima”. Chi sono i volontari che partecipano alle missioni? Quali motivazioni li spingono? “Abbiamo coinvolto un gruppo di fedelissimi amici-volontari (Carmen, Mario, Marina, Sandra, Meggie) che per un mese passano le loro vacanze ad aiutarci. Un vero ‘tour de force’ a cui si dedicano con entusiasmo: viaggi lunghi e faticosi per raggiungere i siti, passaggi alle favelas, cure ai bambini, distribuzione di riso, medicine, dolciumi, giocattoli, vestiti, scarpe, e quant’altro. Abbiamo inoltre i nostri collaboratori in loco, che ci tengono informati sulle situazioni critiche e sulla loro evoluzione. Perché lo facciamo? Le nostre motivazioni nascono dal desiderio di aiutare, nel nome di Dio, la popolazione e soprattutto i poveri. Sono stati anni bellissimi, che abbiamo condiviso con i nostri splendidi volontari, che ci hanno supportato da vicino e da lontano. Alcuni di loro non ci sono più, ma rimangono incancellabili nei nostri cuori. Che Dio li benedica tutti!”.]]>

A circa un mese dalla festa diocesana dell’Amore Misericordioso, abbiamo rivolto alcune domande ai volontari della onlus “Salamat”, molto legati allo spirito di Collevalenza. Per contribuire alle loro opere di solidarietà si può utilizzare il c/c IT 35 Q 02008 05071 000102646780 (Unicredit Roma Angiolillo 30035) - associazione Salamat onlus. Per donare il 5x1000, il codice fiscale è 97669550580. Quando e come è nata la vostra onlus? Perché avete scelto le Filippine? “Nel 2013, dopo una grave malattia del nostro presidente Antonio Silvestri, nacque l’idea di fondare una onlus no profit - Salamat in filippino significa ‘grazie’ - per ringraziare Dio e aiutare i poveri delle Filippine. La moglie di Antonio, Remi, è infatti filippina. Antonio aveva in precedenza visitato le Filippine grazie alla moglie, che lo aveva spinto ad andare nel suo Paese dove era rimasto ‘folgorato’ dalla bellezza dei luoghi e dall’accoglienza della gente, soprattutto i bambini, sempre con il sorriso sulle labbra. Antonio durante i suoi viaggi coinvolgeva i suoi colleghi di lavoro per interventi ‘spot’ (riparazioni dei vetri della scuola elementare, sostegno per la mensa dei bambini)… ma solo dopo la malattia decise di prendere un impegno più consistente, fondando una onlus. Da quel momento l’impegno è diventato sempre più grande e importante”. Quali sono le problematiche più urgenti? “Attualmente la onlus si è focalizzata proprio su alcune problematiche urgenti come l’aiuto ai malati (c’è una forte e competente sanità privata, ma una fatiscente sanità pubblica), agli studenti (abbiamo iniziato da qualche anno con circa 50 studenti, pagando loro le rette scolastiche perché l’istruzione dalle superiori in poi è a pagamento; 6 studenti hanno conseguito la laurea e 10 un diploma), ai bambini che vivono per strada, ai tantissimi indigeni che vivono in situazioni drammatiche. Le difficoltà sono tante, fondi insufficienti, carenze di strutture e attrezzature, Stato sociale pressoché inesistente”. I progetti finora organizzati e quelli in corso? “Tra le opere di cui ‘andiamo fieri’ c’è un ambulatorio dove i medici visitano centinaia di persone al giorno gratuitamente. Abbiamo avuto per due anni la gradita presenza di una pediatra missionaria, che ha visitato decine di bimbi e adulti. Abbiamo anche un piccolo ‘santuario’, che può accogliere un migliaio di persone, alle quali in ogni evento celebrativo vengono distribuiti pasti e sacchetti di riso. Abbiamo anche donato un’autoambulanza al nostro bario (quartiere) che ne era privo. Tra i progetti in fieri c’è la creazione di una area ludica per i bambini delle favelas, di un sito per anziani e di un’area per il raccoglimento e la preghiera. Tra le iniziative che hanno suscitato clamore c’è stata la celebrazione contemporanea di 44 matrimoni religiosi - evento che venne ripreso anche dal giornale nazionale Manila Bulletin -, una vera impresa, per il difficile reperimento della documentazione, con unioni non regolari. Facciamo anche celebrare molti battesimi, per venire incontro alle esigenze economiche di famiglie che non hanno soldi per la cerimonia. Siamo felici di aver ricostruito una gamba a un ragazzo di 13 anni che si era ustionato con la lampada a cherosene tre anni prima”. Chi sono i volontari che partecipano alle missioni? Quali motivazioni li spingono? “Abbiamo coinvolto un gruppo di fedelissimi amici-volontari (Carmen, Mario, Marina, Sandra, Meggie) che per un mese passano le loro vacanze ad aiutarci. Un vero ‘tour de force’ a cui si dedicano con entusiasmo: viaggi lunghi e faticosi per raggiungere i siti, passaggi alle favelas, cure ai bambini, distribuzione di riso, medicine, dolciumi, giocattoli, vestiti, scarpe, e quant’altro. Abbiamo inoltre i nostri collaboratori in loco, che ci tengono informati sulle situazioni critiche e sulla loro evoluzione. Perché lo facciamo? Le nostre motivazioni nascono dal desiderio di aiutare, nel nome di Dio, la popolazione e soprattutto i poveri. Sono stati anni bellissimi, che abbiamo condiviso con i nostri splendidi volontari, che ci hanno supportato da vicino e da lontano. Alcuni di loro non ci sono più, ma rimangono incancellabili nei nostri cuori. Che Dio li benedica tutti!”.]]>
Dieci giovani perugini missionari in Malawi https://www.lavoce.it/dieci-giovani-perugini-missionari-malawi/ Wed, 18 Oct 2017 15:46:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50255

Primo giorno in Malawi, a Thondwe, a pochi chilometri da Zomba. Simone esce da Casa Perugia, scende in strada per vedere, capire dove è. Una bambina lo osserva un po’. Lui ha la pelle chiara, è alto e non parla la sua lingua. Lei è piccola (potrebbe avere 4 o 5 anni) ha la pelle scura e lo vede per la prima volta. Dopo poco gli va incontro, lo prende per mano e lo porta a vedere il suo villaggio. Nell’incontro con questa bambina Simone, uno dei dieci ragazzi che sono stati in missione a Zomba con l’associazione “Amici del Malawi” dal 17 settembre all’8 ottobre, vede riassunta tutta la sua esperienza: fiducia e accoglienza. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de "La Voce"]]>

Primo giorno in Malawi, a Thondwe, a pochi chilometri da Zomba. Simone esce da Casa Perugia, scende in strada per vedere, capire dove è. Una bambina lo osserva un po’. Lui ha la pelle chiara, è alto e non parla la sua lingua. Lei è piccola (potrebbe avere 4 o 5 anni) ha la pelle scura e lo vede per la prima volta. Dopo poco gli va incontro, lo prende per mano e lo porta a vedere il suo villaggio. Nell’incontro con questa bambina Simone, uno dei dieci ragazzi che sono stati in missione a Zomba con l’associazione “Amici del Malawi” dal 17 settembre all’8 ottobre, vede riassunta tutta la sua esperienza: fiducia e accoglienza. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de "La Voce"]]>
La Storia è migrazione https://www.lavoce.it/la-storia-e-migrazione/ Thu, 27 Jul 2017 10:29:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=49548 La storia umana è una danza di migrazioni da almeno un milione e settecentomila anni (1.700.000). L’acqua del mare insegna: ferma, imputridisce! Il mare è in movimento ogni giorno, a volte dolcemente, a volte con tempeste e tsunami; sempre con le basse e alte maree. Così il mare è sorgente inesauribile e innovativa di vita vegetale animale e umana. Solo l’ignoranza, la memoria corta, le paure cieche e irrazionali trasformano le migrazioni in incubi. Donne-raccolta-Kenya-CMYKSenza negare i problemi che pongono e che hanno sempre posto sia a chi si muove che a chi riceve – ma la vita cresce e si sviluppa solo nel movimento e nell’accettazione giornaliera delle sue sfide. I giovani sono i grandi attori delle migrazioni non solo dal Sud al Nord ma anche, un’ondata nuova e crescente, dal Nord al Sud. Sono i vecchi di corpo e di mente e gli invecchiati che sognano staticità e muri e rigettano quei ponti di cui il “giovane ottantenne” Papa Francesco è l’alfiere.

 

Abramo, Giacobbe, Gesù, cristiani… salvati dall’emigrazione

Uno sguardo alla Bibbia: Abramo fu un grande emigrante! Viveva presso il fiume Eufrate nell’attuale Iraq, sovrappopolato da uomini e animali. Dio e la sua intelligenza lo ispirano a muoversi versa terre nuove. Va in Palestina vicino al fiume Giordano. Ma la Palestina era suscettibile di terribili siccità; quindi non di rado i discendenti di Abramo emigreranno per tempi più a meno lunghi in Egitto, in cui pane e pasture erano assicurate dalla inondazioni periodiche del Nilo. Gesù stesso sfugge al re Erode che voleva ucciderlo rifugiandosi in Egitto, e dopo nove anni torna a Nazareth. Tanti cristiani durante i primi tre secoli delle persecuzioni imperiali si salvarono fuggendo da una provincia a un’altra dove c’era un governatore meno ostile e più tollerante. Lo stesso è avvenuto nel 1600 quando, al tempo delle guerre di religione, molti cristiani europei si salvarono emigrando in Africa, in Australia e nelle Americhe.

 

“Che restino a casa loro”: è la politica dello struzzo

Ne abbiamo sentite tante a cominciare dal presidente Donald Trump, che propone un muro per respingere i latino-americani. Eppure gli Usa hanno bisogno delle giovani braccia del Sud America, tanto che gli imprenditori americani si sono schierati contro Trump. In Inghilterra la Brexit per bloccare le immigrazioni è nella stessa linea. Gli immigranti vengono da quelle nazioni che l’impero britannico ha sfruttato al massimo per decine e centinaia di anni. Poi che ne sarà del tunnel sotto la Manica costruito per favorire l’integrazione europea? Lo chiuderanno? In Italia ci sono familiari le litanie di Salvini e di certi austriaci che minacciano di chiudere il Brennero! Risposte egocentriche, antistoriche, sbagliate, per un mondo senza futuro.

 

“Aiutiamoli a casa loro”: la tradizione missionaria non è più sufficiente

È quello abbiamo fatto noi missionari negli ultimi 200 anni con migliaia e migliaia di scuole, ospedali, promozione dell’agricoltura con semi nuovi come il girasole, il granoturco, il frumento, patate, pomodori, nuova tecnologia come il trattore, l’aratro, ecc. I soldi di tanti amici e benefattori come sono stati investiti? Per “aiutarli a casa loro”! Non inventiamo la ruota dopo che è stata usata per decine e centinaia di anni. Risposta buona, ma non adeguata alle nuove situazioni emergenti.

Quindi dobbiamo andare oltre. Nel 2017 per “aiutarli a casa loro” non bastano le “offerte”. Ci vogliono anche risposte politiche e di strategia commerciale, che l’Europa, Italia inclusa, non vogliono considerare. La politica europea e americana è protezionistica per impedire ai prodotti africani agricoli e ittici di entrare nei mercati del Nord. Solo i fiori hanno condizioni favorevoli. All’Africa il protezionismo contro i prodotti europei è proibito; ma l’Europa usa il protezionismo a piene mani. L’Africa è ricca di materie prime di ogni genere, dal rame all’oro, dai diamanti al cobalto, dal legname al cuoio, dal gas al petrolio. Ma chi fissa e imponi i prezzi? Europa e America, e non certamente in a favore dell’Africa. Diciamo la verità: Europa, America, Cina Giappone, India investono milioni in Africa ma portano via miliardi. “Aiutiamoli a casa loro” è una boutade, una fanfaronata, se non tocca la politica, l’economia, il commercio e la finanza. Anche la Chiesa dovrebbe diventare piu inventiva!

Senza contare che tanti migranti sono spinti fuori dalle loro terre anche quando il livello di vita è decente. Perché? La disoccupazione giovanile oggi induce giovani di tutte le nazioni ad andare dove c’è lavoro almeno stagionale. Dall’Europa un 15.000 giovani all’anno emigrano in Africa, senza contare i cinesi, gli indiani e altri asiatici, che forse sono anche di più. Non dimentichiamo che siamo 7 miliardi di persone, senza contare gli animali che pure esigono il loro spazio vitale su questo piccolo pianeta Terra che ha un diametro di soli 40.000 chilometri. Cosa sono 10 milioni che emigrano? Una minima percentuale! “Aiutiamoli a casa loro” non può bloccare completamente le migrazioni.

Una nuova risposta: imprenditoria sociale in Africa e partenariato con Europa

In Africa sta sorgendo un nuova attenzione: la promozione della imprenditoria locale. La chiamiamo imprenditoria sociale per sottolineare che è focalizzata sulla trasformazione delle società africana, prima di tutto producendo al massimo i beni di consumo interni a prezzi accessibili a tutti, e poi creando posti di lavoro per le nuove generazioni minacciate dalla disoccupazione. In passato l’imprenditoria africana era impossibile. Gli imprenditori dovevano essere europei, con l’aggiunta di qualche indiano; era la legge del colonialismo, che voleva rendere l’Africa sempre più dipendente dall’Europa. Oggi, per fortuna, la situazione è cambiata. Sta sbocciando una sentita mentalità imprenditoriale soprattutto tra le nuove generazioni. Lo sviluppo di atteggiamenti e metodologie imprenditoriali è parte di tutti i programmi scolastici dalle elementari in su. Noi alla “Cattolica” di Nairobi abbiamo ottimi programmi in tale senso. Ci manca ancora un buon partenariato con imprenditori europei e soprattutto italiani.

Noi possiamo favorire questa necessaria collaborazione tra gli imprenditori locali e quelli europei interessati a un guadagno equamente distribuito; è ovvio che non possiamo tollerare che gli imprenditori europei vengano in Africa a fare soldi, e che i locali mangino le briciole.

 

Conclusione: i dolori del parto per un mondo nuovo

Le sofferenze e le incertezze legate alle migrazioni, che oggi per la prima volta hanno raggiunto un livello globale, sono vere profonde e di difficile soluzione. Accettiamole in modo positivo vedendole, assieme a Gesù (cfr. Gv 16,21), come doglie del parto; sofferenze necessarie perché una vita nuova a livello planetario possa emergere. Accettiamo ognuno la sua parte; accogliamo gli emigranti che incontriamo nel nostro quotidiano con rispetto e amicizia; se possiamo, aiutiamoli volentieri.

Non dimentichiamo che le rimesse degli africani che vivono in Italia contribuiscono in modo determinante alla realizzazione dell’“aiutiamoli a casa loro”. E quando andiamo a votare, eleggiamo politici e amministratori che hanno proposte serie e serene sulla inevitabili migrazioni, anche se ci chiedono sacrifici. Non scegliamo quelli che, falsamente, gettano sugli emigrati la colpa per tutti i problemi dell’Italia.

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In donazione totale al Vangelo https://www.lavoce.it/in-donazione-totale-al-vangelo/ Thu, 23 Mar 2017 09:00:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=48868 Aleppo-Chiesa-cmykTra i più noti all’opinione pubblica europea c’è don Jacques Hamel, il sacerdote di 84 anni ucciso da due terroristi il 27 luglio 2016 mentre celebrava messa a Parigi. O le quattro suore Missionarie della Carità (due ruandesi, una indiana e una keniana) uccise nello Yemen, insieme ad altre persone, da un commando di uomini armati che hanno attaccato la struttura dove assistevano anziani e disabili. Ma ci sono tanti volti non conosciuti, come don José Luis Sánchez Ruiz, della diocesi di San Andres Tuxtla in Messico, rapito e poi rilasciato con “evidenti segni di tortura”, secondo il comunicato della diocesi. Nei giorni precedenti aveva ricevuto minacce per le sue critiche contro la corruzione e la criminalità. Sono stati 28 gli operatori pastorali cattolici uccisi nel 2016, sei in più rispetto all’anno precedente. Secondo le stime compilate da Fides, per l’ottavo anno consecutivo il numero più elevato è nelle Americhe (12). È inoltre aumentato il numero delle religiose uccise, più del doppio rispetto al 2015. Si tratta di 14 sacerdoti, 9 religiose, un seminarista, 4 laici. In Africa sono stati uccisi 8 operatori pastorali, in Asia 7, in Europa un sacerdote. Dal 1990 al 2016 sono stati in totale 1.112.

Tutti vengono ricordati nella 25a Giornata in memoria dei missionari martiri che la Chiesa italiana, su iniziativa di Missio, organizza il 24 marzo di ogni anno. La data scelta ricorda il martirio del beato Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador assassinato nel 1980 mentre celebrava la messa in cattedrale.
Il tema di quest’anno è “Non abbiate paura”. “La celebrazione è molto sentita in Italia – dice don Michele Autuoro, direttore di Missio – e si sta diffondendo anche in altri Paesi. Abbiamo preparato sussidi con proposte di animazione e celebrazioni. Il manifesto è affisso in tutte le parrocchie. Vogliamo fare memoria di sacerdoti, religiose e laici che hanno consegnato la loro vita al Vangelo, mettendo in conto anche il martirio. È una testimonianza di donazione totale importante, in un mondo con tanti egoismi e muri che si alzano”.

La maggior parte degli operatori pastorali è stata uccisa a seguito di tentativi di rapina o di furto, in contesti di violenza e povertà economica e culturale. Spesso a tradirli sono state le stesse persone che aiutavano: come don René Wayne Robert, 71 anni, ucciso negli Stati Uniti il 10 aprile 2016 da un ragazzo con problemi psichici. Nel testamento scritto vent’anni prima già temeva: “Non condannate a morte il colpevole del mio omicidio”. O come il brasiliano don Joao Paulo Nolli, derubato di tutto e poi ucciso da tre adolescenti tossicodipendenti ai quali aveva dato un passaggio. Oppure sono morti per il loro impegno a favore della giustizia e dei diritti umani, semplicemente perché stavano svolgendo il loro servizio. Padre Vincent Machozi, Assunzionista, è stato ucciso dai militari il 20 marzo nella Repubblica democratica del Congo: stava animando un incontro con i capi tradizionali della popolazione Nande, di cui denunciava le sofferenze a causa dei gruppi armati dediti al traffico illegale di coltan, materiale che si usa per fabbricare i telefonini. Era già sfuggito a sette attentati. Altri sono stati rapiti a scopo di riscatto, come don John Adeyi, vicario generale della diocesi di Otukpo, in Nigeria. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato il 22 giugno, due mesi dopo il rapimento, nonostante la famiglia avesse pagato la somma richiesta. Sorte analoga è toccata a due sacerdoti messicani, don Alejo Nabor Jimenez Juárez e don José Alfredo Suárez de la Cruz, rapiti il 18 settembre nella città di Poza Rica e ritrovati uccisi la mattina dopo. La zona è teatro di scontri violenti tra i cartelli della droga.

La cronaca nera coinvolge anche le donne. Nove le religiose assassinate, tra cui la spagnola suor Isabel Solá Matas, 51 anni, missionaria ad Haiti da molti anni, uccisa nella pericolosa capitale Port-au-Prince mentre guidava la sua automobile, solo per rubarle la borsa. O suor Margaret Held e suor Paula Merril, entrambe 68enni, uccise a coltellate nella loro casa a Durant, nello Stato del Mississippi (Usa). Suor Veronica Rackova, 58 anni, religiosa slovacca delle Missionarie dello Spirito Santo, aveva invece ricevuto una chiamata per un parto difficile nel centro sanitario che dirigeva in Sud Sudan. Al ritorno è stata assassinata da militari. Alcune vittime erano operatori Caritas: Elias Abiad morto sotto le bombe ad Aleppo, in Siria. Nella Repubblica democratica del Congo sono stati uccisi, in luoghi e occasioni diverse, un contabile della Caritas di Basankusu e un autista che trasportava gli stipendi degli insegnanti, a 40 km da Uvira nel Sud Kivu.

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Danimarca, dove la Pasqua per molti è solo una festa laica. Ma non per tutti https://www.lavoce.it/danimarca-dove-la-pasqua-per-molti-e-solo-una-festa-laica-ma-non-per-tutti/ Fri, 25 Mar 2016 19:11:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45831 copenhagenLe festività pasquali in Danimarca, e in generale anche nel resto della Scandinavia, sono considerate comunemente solo come un breve periodo libero dal lavoro e dalla scuola o, eventualmente, per passare qualche giorno in Paesi più caldi. È considerato ‘tempo di Pasqua’ il periodo che va dalla domenica delle Palme fino al lunedì di Pasqua compreso (chiamato andendag påsk , secondo giorno di Pasqua). La rilevanza religiosa di questa festività è scarsa. Non sono certo molti quelli che vanno in chiesa!

Le famiglie si incontrano, mangiano insieme, stanno insieme, cosa non molto comune nei Paesi nordici. Il pranzo pasquale viene accompagnato da una speciale “birra di Pasqua” (siamo in un Paese specialista per la birra). Ci sono anche altre usanze e tradizioni. Una è quella di andare alla ricerca delle uova nel giardino, dove il padre di famiglia le ha accuratamente nascoste.

Sono i bambini che ne vanno alla ricerca. Possono essere uova decorate oppure uova di cioccolato, che poi naturalmente i bambini mangiano. Nella vicina Svezia si racconta ai bambini che una lepre ha nascosto le uova nel giardino, e cosí si vanno a cercare sia la lepre che le uova. È anche la “festa delle streghe”, un po’ come la nostra Befana. Alcune bambine si vestono da streghe. C’è anche chi adorna cespugli e alberelli con piume variopinte… Un giovane comico svedese ha fatto recentemente una garbata satira contro queste tradizioni popolari che hanno sostituito il contenuto di quanto la fede cristiana cristiana ha trasmesso e che era divenuto cultura secolare della gente. Che dire riguardo a come si vive questo periodo dal punto di vista religioso? La settimana precedente la Pasqua qui viene chiamata “settimana silenziosa” (stille uge). “Neanche è chiamata santa”, mi son detto tante volte, peccato! Sì, è vero, ma… anche il richiamo al silenzio, alla riflessione è qualcosa. La gente normalmente non va in chiesa a Pasqua.

Quelli che vanno in chiesa una volta all’anno, ci vanno a Natale. Un piccolo segno visibile: a Copenaghen il Venerdì santo ha luogo la cosidetta Københavner Passionen che viene celebrata dalla Folkekirke (la Chiesa luterana danese). Si tratta di una sorta di Via crucis per alcune vie di una zona di Copenaghen. Dopo la processione i partecipanti consumano il pasto insieme.

Forse vi domanderete: ma la risurrezione di nostro Signore Gesù dove si annuncia, dove si celebra e dove si vede? È la domanda giusta, che ci riguarda un po’ tutti, dovunque. Cosa è successo della nostra Pasqua? Di quella che è la festa delle feste? Anzi, che è più che una festa, perché è una persona, è Gesù di Nazaret! “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato” dice san Paolo. Ed è risorto!

Egli è la Risurrezione e la Vita! A Pasqua i nostri fratelli ebrei dicono: ognuno si consideri come se lui stesso fosse uscito oggi dalla schiavitù d’Egitto. E noi, in forza del nostro battesimo, possiamo dire: ognuno si consideri come uscito oggi con Cristo dal sepolcro. Qui la Chiesa cattolica è piccola, ma è una speranza e una luce. Anche qui facciamo la processione delle Palme (con rami d’olivo che alcuni miei fratelli, premurosamente, per il trentesimo anno consecutivo, mi hanno mandato da Perugia).

Anche qui il santo Triduo pasquale. Anche qui adorazione della santa Croce, ricordando che è la nostra gloria e la nostra salvezza, la chiave che ha riaperto il cielo. Anche qui Veglia pasquale l’intera notte per celebrare il più grande e decisivo evento della storia, il vero Big Bang , più grande del primo, perché, come dice un antico inno cristiano: “Cristo è risorto e voi, inferi, siete stati distrutti. Cristo è risorto e i demoni sono caduti. Cristo è risorto e gli angeli si rallegrano. Cristo è risorto e nessun morto resta nel sepolcro!”.

Gioisci e rallegrati, Maria! Alleluia! E rallegriamoci tutti! Buona Pasqua!

 

(Sacerdote “fidei donum” della diocesi di Perugia, don Alviero Buco è stato parroco in missione per 25 anni in Svezia. Dal 2011, dietro suggerimento dei responsabili del Cammino neocatecumenale, è stato richiesto dal vescovo di Danimarca mons. Kozon come rettore del Seminario diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Copenaghen).

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Africa assetata di Risurrezione https://www.lavoce.it/africa-assetata-di-risurrezione/ Fri, 25 Mar 2016 19:06:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45827 St-John-Korogocho-JuneAfrica assetata di Risurrezione: è la parola giusta! La sete non è un complemento, è una necessità impellente; se non la soddisfi, ti stende. La sete in Africa è a livello fisico, acqua naturale che fa fiorire il deserto, assicura le patate e il granoturco per il cibo, le pasture per gli armenti. Non basta! Sete inestinguibile di relazioni amichevoli che generano solidarietà.

Tanti fuggono dall’Africa perché hanno perduto la speranza sia dell’acqua naturale che delle relazioni costruttive. Vedono instabilità, guerre di religioni e tribali, costantemente risorgenti. Siamo cresciuti tanto in fraternità attraverso il lavoro delle Chiese! Eppure in un Continente con un miliardo e 200 mila persone, di invasati di tribalismo, soprattutto tra i politici, ne trovi a iosa! Si assicurano voti con la promessa di schiacciare “il nemico” più che con l’impegno per scuole, ospedali, acqua potabile.

Sete di Dio, del contatto con il Mistico che respiri nelle foreste, nei deserti, nel cielo stellato che ti avvolge, nelle montagne incappucciate di nuvole, nelle storie delle origini delle tribù. Un Continente traboccante di Dio e di mistero, assetato di liberazione dal male. La Settimana santa ci aiuti a procurarci l’acqua, o meglio le acque di cui abbiamo bisogno…

Acque della Settimana santa

L’acqua naturale: la lunga estate da dicembre a marzo asciuga non solo l’acqua dei ruscelli ma anche il sudore. Con la luna nuova della Settimana santa arriva la desideratissima stagione delle piogge. L’acqua del battesimo del Sabato santo è acqua ‘nuova’.

Domenica delle Palme: l’acqua della sete pubblica di Dio . Noi africani non siamo figli dell’Illuminismo europeo che rinchiude Dio in sacrestia, per le anime in pena e credulone. Qui Dio è al centro della vita personale e pub- blica. Tutti i nostri inni nazionali sono preghiere, e promesse di collaborazione per costruire la nazione. La processione pubblica delle Palme per le vie principali è un formale riconoscimento di Gesù come costruttore e garante della vita sociale. Le palme vengono agitate con entusiasmo come bandiere.

Via crucis: l’acqua delle sofferenza

Spesso nella sofferenza siamo soli, ma non nella Via crucis del Venerdì santo. In ogni angolo del Kenya, dove c’è una comunità cristiana, la Via crucis si snoda solenne e partecipata dalle 9 all’una. Tutti seguono la croce, senza riguardo per la religione, favoriti anche dal giorno non lavorativo. Le stazioni non sono fittizie ma vere. Si sosta dove c’è sofferenza e lacrime: può essere la famiglia con un malato grave, un centro per persone disabili, un dispensario, un ospedale, le carceri, dove è morto qualcuno. La sofferenza è permeata dalla speranza e consolata dalla fraternità.

La notte di Pasqua: l’acqua della fraternità

Tanti battesimi! I nuovi membri vengono gioiosamente accolti dalla comunità cristiana. Almeno per un po’ cadono le barriere tribali e l’ostilità. Si celebra la nuova fraternità basata sulla fede e sull’unico sangue di Cristo. I poveri non vengono dimenticati, si va in chiesa con un dono per loro, consegnato all’offertorio. La mattina di Pasqua c’è profumo di nuova umanità.

 

(Padre Pierli, 73 anni, è stato superiore generale (1985-1991) dei missionari Comboniani. Ha fatto 29 anni di missione in Africa, tra cui 6 in Uganda e 23 in Kenya, dove si trova attualmente. È professore al Tangaza College di Nairobi, Kenya, dove ha fondato l’“Institute for Social Ministry” che forma laici e preti africani ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa.)

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News dal Mato Grosso https://www.lavoce.it/news-dal-mato-grosso/ Fri, 13 Nov 2015 13:08:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44401 La scuola salesiana di formazione professionale a Vila Piloto
La scuola salesiana di formazione professionale a Vila Piloto

Qualche giorno fa è tornato a farci visita in redazione Armando Catrana, missionario salesiano laico di Perugia. Nel giro di pochi giorni sarebbe ripartito per il Brasile, per tornare tra i suoi ragazzi a Vila Piloto, un barrio (quartiere) nella periferia di Tres Lagoas, città dello Stato brasiliano del Mato Grosso del Sud al confine con lo Stato di San Paolo. A 77 anni e “con qualche acciacco in più”, non nasconde di essere sempre più stanco, ma i bambini e i ragazzi della favelas, per i quali ha realizzato il Centro giovanile “Gesù adolescente” con l’oratorio e il centro di formazione professionale, hanno ancora bisogno di lui. Ci aggiorna sullo stato del suo progetto perché, anche se ha sempre avuto il sostegno di tanti amici italiani e perugini, si è sempre affidato alla Provvidenza – come ama sottolineare. Anche la grande forza di volontà ha avuto certamente il suo peso perché, confessa, non è solo un fatto di cuore, ma di testa: “I miei ragazzi non sono ‘facili’ e provengono da realtà familiari e sociali difficili. Quando per la prima volta sono arrivato a Tres Lagoas, nel 2002, in obbedienza ai miei superiori, a Vila Piloto c’era una grande baraccopoli di 10 mila persone costruita con mezzi di fortuna. Rimasi molto colpito dalla povertà di quella gente, e dopo pochi giorni capii che quello era il mio posto. Volevo rimanere lì per aiutare quei bambini e quei ragazzi che incontravo vagabondare in mezzo alla strada, abbandonati a se stessi. Anche don Bosco avrebbe scelto di rimanere lì, in mezzo a loro. I primi tempi – ricorda ancora – è stato molto difficile avvicinarli. Molti giovani hanno alle spalle problemi di delinquenza, furti, violenza fisica, droga. Ancora oggi è così, anche se le cose sono cambiate. La famiglia, quella tradizionale, è quasi inesistente: vivono in famiglie ‘allargate’, i genitori sono spesso conviventi, con più di una relazione alle spalle e vari figli. La scuola c’è, ma la percentuale di abbandono è molto alta”. Il primo approccio è stato con il pallone: “Lo portavo con me tutti i giorni, insieme a qualche maglietta e a qualcosa da mangiare. Poi li ho invitati a venire all’oratorio presso la cappella del barrio.

Ho costruito per loro una lunga tettoia dove potevano giocare a ping-pong, a calciobalilla. La domenica alle 8 c’era, e c’è ancora, la messa per i ragazzi. Il sabato pomeriggio la catechesi e poi la merenda”. Sorride mentre lo dice: “È un modo per incentivare la partecipazione! Sono ragazzi che non hanno mai sentito parlare di Dio, di Gesù. Alla fine dell’anno chi più partecipa viene premiato con denaro simbolico, che può spendere nello shopping center dove possono trovare cibo, vestiario, giochi, materiale scolastico”. Nella sua azione missionaria Armando ogni anno battezza anche diversi ragazzi dai 16 ai 17 anni, perché “anche se il mio operare è apparentemente più sociale, la mia è una vocazione missionaria all’interno della Chiesa”. Purtroppo c’è anche chi si perde per strada, sottolinea con rammarico: “Ho 22 ragazzi dell’oratorio in carcere. La mia sofferenza è questa: parli, esorti, indichi cammini, correggi, e poi alcuni vedi che apparentemente non hanno preso niente. Ma qualcosa si vedrà con i figli dei ragazzi con cui lavoro. Sono appena all’inizio!”. Nel 2003 – ricorda – c’è stata la posa della prima pietra del Centro giovanile – oratorio, su un terreno concessomi dal Municipio, poi è nato il Centro di formazione professionale. Oggi la disoccupazione non c’è e le fabbriche hanno bisogno di manodopera specializzata”. Le condizioni di vita sono migliorate; le case, anche se piccole, sono di mattoni. Da aprile Armando non è più solo: i superiori della provincia del Mato Grosso gli hanno affiancato 4 confratelli salesiani, in sintonia con il messaggio di Papa Francesco: “Vorrei una Chiesa povera, aperta alle periferie”. La missione continua.

 

La formazione

Attualmente sono 1.500 gli studenti che ogni anno partecipano ai corsi professionali a Tres Lagoas. La scuola forma nelle diverse specializzazioni richieste dal mercato del lavoro: meccanica, falegnameria, saldatura, istallazioni elettriche, informatica, taglio e cucito. I corsi si svolgono in tre turni dal pomeriggio fino a sera; vi partecipano anche maggiorenni privi di specializzazione che vogliono crescere professionalmente nel mondo del lavoro. L’oratorio accoglie 600 ragazzi. Tante le attività: sportive, educative, artistiche, culturali, religiose, ricreative. Si organizzano tornei, c’è un coro e la banda. Sono 48 i docenti, tutti stipendiati, grazie anche al contributo del Comune. Poi ci sono tecnici, inservienti e cuochi.

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Stimmatini, carisma nato “alla scuola di Dio” https://www.lavoce.it/stimmatini-carisma-nato-alla-scuola-di-dio/ Wed, 04 Nov 2015 23:14:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44181 Padre Andrea Martinelli
Padre Andrea Martinelli

La congregazione degli Stimmatini ha come padre e fondatore san Gaspare Bertoni, prete diocesano dell’800. Egli plasma il nascente istituto con il suo esempio. Si dedica molto ai giovani, costituendo gli oratori prima in tutta la città di Verona e poi in provincia. Uomo di grande carità, va negli ospedali ad assistere gli ammalati e i moribondi, visita i carcerati. Ma anche uomo di grande sapienza, esperto di teologia e della Bibbia. Viene chiamato a predicare le missioni popolari di San Fermo e riceve dalla Santa Sede il titolo di missionario apostolico. Un giorno davanti all’altare di Sant’Ignazio di Loyola con altri amici preti e seminaristi sente l’invito del Santo che li sprona a fondare una nuova comunità che annunci il Vangelo partendo dalla città di Verona per andare in tutto il mondo. Così nel 1816 Gaspare comincia la prima comunità nella piccola chiesetta delle Stimmate di San Francesco a Verona: di qui il nome, “preti delle stigmate” o Stimmatini. Egli viveva in grande povertà e umiltà con la sua comunità. Non potendo creare oratori, perché era diventato proibito radunare i giovani, fonda una piccola scuola per i ragazzi poveri, quelli che non potevano permettersi di studiare. San Gaspare fu provato duramente dalla malattia per più di metà della sua vita. Quando qualcuno lo vedeva soffrire, egli diceva che stava imparando “alla scuola di Dio”.

La casa di Pieve Fanonica
La casa di Pieve Fanonica

Lo stare a questa scuola speciale lo portò a una “sapienza divina”, tanto che per molti anni arrivarono al suo letto sia persone povere e semplici, sia grandi personaggi della vita ecclesiale e politica a chiedere il suo consiglio. Fu così che fu soprannominato “angelo del consiglio”. Soleva dire: “Fidiamoci di Dio, che è un bel fidarsi”. Muore il 12 giugno 1853. La presenza della comunità in Umbria, su invito del Vescovo, inizia ufficialmente nel 2003 con padre Claudio Montolli e fratel Adriano Baldo nella casa canonica di Vescia di Foligno, con l’intento di vivere la povertà e semplicità, la fraternità e la familiarità nelle relazioni in casa ed essere “missionari apostolici” al servizio della diocesi di Foligno. Il Vescovo affida a padre Claudio la responsabilità della Caritas diocesana e a frate Adriano la responsabilità della pastorale giovanile, oltre che nell’Unità pastorale, anche quella in diocesi. Con l’arrivo del terzo confratello, la casa canonica diventa stretta; così il vescovo Arduino pensa di affidare nel 2008 la casa di Pieve Fanonica che è molto più grande, per dare la possibilità di incrementare il lavoro di pastorale giovanile. Oggi la comunità stimmatina è composta da tre confratelli: padre Andrea Martinelli, con l’esperienza dell’oratorio, padre Sergio Gaspari con una bella esperienza di missione in Costa d’Avorio e ora, da qualche giorno, il giovane padre Marc Kassy, proveniente dalla Costa d’Avorio. Noi tre sacerdoti collaboriamo con il parroco moderatore don Luigi Bonollo e don Franco Valeriani, sacerdoti diocesani, nell’unità pastorale San Domenico da Foligno. Le nostre comunità stimmatine in Italia, per il calo delle vocazioni, stanno diventando sempre di più internazionali. Questa internazionalità ci arricchisce e diventa un camminare insieme a una società che sempre di più diventa internazionale.

La nostra è una congregazione missionaria sparsa per il mondo in 4 Continenti con una presenza numerica di 500 consacrati, compresi quelli in formazione. Il mio lavoro specifico è quello di assistente alla Pastorale giovanile e responsabile della Pastorale vocazionale diocesana. Il nostro carisma si manifesta nella Chiesa come servizio nell’annuncio della Parola, nella formazione dei giovani, nell’accompagnare spiritualmente le persone, nel prendersi cura delle famiglie, e nel lavorare in piena sintonia e collaborazione con il vescovo e la pastorale delle diocesi in cui siamo inseriti. Oggi, sull’esempio del nostro fondatore, sentiamo che sia il vivere in fraternità sia il vivere a contatto con tutte le persone senza fare alcuna distinzione, ci aiuta a crescere nella grande scuola dell’amore di Dio.

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Giornata missionaria a Marsciano https://www.lavoce.it/giornata-missionaria-a-marsciano/ Fri, 30 Oct 2015 14:22:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44125

La Giornata mondiale missionaria è stata celebrata in parrocchia, anche quest’anno, con quindici giorni di ritardo, il 25 ottobre, per i due turni della Cresima a Marsciano e a Schiavo. Giornata arricchita della cerimonia speciale per il “Mandato” ai catechisti: la missione che parte dalla parrocchia e si allarga alle periferie del mondo. La parrocchia si è preparata alla Giornata con due segni importanti: la veglia missionaria di venerdì 23 ottobre e il corredo missionario (tovaglie d’altare, camici, corporali, manutergi, copricalice...), esposto in fondo alla chiesa, impegno di tante persone che si sono unite al gruppo di Azione cattolica e hanno lavorato tutta l’estate. Per la raccolta delle offerte, la novità è stata rappresentata dal libro su don Silvio Corgna che è stato accolto con favore e consenso, segno di stima e affetto per il parroco emerito. Nel pomeriggio la visita graditissima della delegazione diocesana con il direttore padre Dante Volpini insieme ad Anna Maria Federico e la sua mamma. Si sono complimentati per la raffinata esposizione del corredo d’altare, hanno letto con commozione le lettere di ringraziamento dei missionari, esposte su un leggio e provenienti da ogni parte del mondo e ci hanno incoraggiato a lavorare per le missioni e per i tanti progetti in cantiere nei cinque Continenti. Si intitola Don Silvio Corgna, un ministero lungo 69 anni, il libro preparato per la Giornata mondiale missionaria 2015. È la storia della parrocchia di Marsciano dal 1974, anno dell’ingresso di don Silvio, fino ad oggi. Una raccolta di cronache inviate e pubblicate dal settimanale La Voce o scritte per il Giornalino parrocchiale, di eventi celebrati, di anniversari festeggiati, feste patronali, soprattutto la realizzazione di due opere grandiose compiute da don Silvio, quali il restauro della chiesa in vista del centenario (1896- 1996) e la fondazione della casa di accoglienza “Maria Immacolata” (1999). Un libro che si legge con piacere, che lo si vive con commozione ricordando fatti e persone attraverso la ricca serie di foto; un libro che dialoga con i lettori, che non ha nessun altro obiettivo se non quello di sollecitare la riflessione sulla molteplice attività pastorale di don Silvio e sulla disponibilità che ciascuno di noi può e deve offrire alla parrocchia e alle missioni. L’impianto narrativo è armonico, equilibrato, solido e nel suo piccolo risponde sufficientemente ai criteri di chiarezza e di comunicabilità. Vogliamo sperare che sia dono gradito: è storia che ci appartiene perché coinvolti e partecipi, è storia che fa parte della vita nostra e di quanti non ci sono più, perché è storia - testimonianza di valori da tenere stretti e da tramandare. Possa questo lavoro essere di stimolo e di incoraggiamento ad andare avanti senza lasciarsi paralizzare dalle difficoltà di oggi e possa aiutare i lettori a riscoprire la parrocchia come dono e impegno in una dimensione missionaria. Tutti presenti, tutti attivi, tutti in qualche modo impegnati.]]>

La Giornata mondiale missionaria è stata celebrata in parrocchia, anche quest’anno, con quindici giorni di ritardo, il 25 ottobre, per i due turni della Cresima a Marsciano e a Schiavo. Giornata arricchita della cerimonia speciale per il “Mandato” ai catechisti: la missione che parte dalla parrocchia e si allarga alle periferie del mondo. La parrocchia si è preparata alla Giornata con due segni importanti: la veglia missionaria di venerdì 23 ottobre e il corredo missionario (tovaglie d’altare, camici, corporali, manutergi, copricalice...), esposto in fondo alla chiesa, impegno di tante persone che si sono unite al gruppo di Azione cattolica e hanno lavorato tutta l’estate. Per la raccolta delle offerte, la novità è stata rappresentata dal libro su don Silvio Corgna che è stato accolto con favore e consenso, segno di stima e affetto per il parroco emerito. Nel pomeriggio la visita graditissima della delegazione diocesana con il direttore padre Dante Volpini insieme ad Anna Maria Federico e la sua mamma. Si sono complimentati per la raffinata esposizione del corredo d’altare, hanno letto con commozione le lettere di ringraziamento dei missionari, esposte su un leggio e provenienti da ogni parte del mondo e ci hanno incoraggiato a lavorare per le missioni e per i tanti progetti in cantiere nei cinque Continenti. Si intitola Don Silvio Corgna, un ministero lungo 69 anni, il libro preparato per la Giornata mondiale missionaria 2015. È la storia della parrocchia di Marsciano dal 1974, anno dell’ingresso di don Silvio, fino ad oggi. Una raccolta di cronache inviate e pubblicate dal settimanale La Voce o scritte per il Giornalino parrocchiale, di eventi celebrati, di anniversari festeggiati, feste patronali, soprattutto la realizzazione di due opere grandiose compiute da don Silvio, quali il restauro della chiesa in vista del centenario (1896- 1996) e la fondazione della casa di accoglienza “Maria Immacolata” (1999). Un libro che si legge con piacere, che lo si vive con commozione ricordando fatti e persone attraverso la ricca serie di foto; un libro che dialoga con i lettori, che non ha nessun altro obiettivo se non quello di sollecitare la riflessione sulla molteplice attività pastorale di don Silvio e sulla disponibilità che ciascuno di noi può e deve offrire alla parrocchia e alle missioni. L’impianto narrativo è armonico, equilibrato, solido e nel suo piccolo risponde sufficientemente ai criteri di chiarezza e di comunicabilità. Vogliamo sperare che sia dono gradito: è storia che ci appartiene perché coinvolti e partecipi, è storia che fa parte della vita nostra e di quanti non ci sono più, perché è storia - testimonianza di valori da tenere stretti e da tramandare. Possa questo lavoro essere di stimolo e di incoraggiamento ad andare avanti senza lasciarsi paralizzare dalle difficoltà di oggi e possa aiutare i lettori a riscoprire la parrocchia come dono e impegno in una dimensione missionaria. Tutti presenti, tutti attivi, tutti in qualche modo impegnati.]]>
In missione nelle Filippine https://www.lavoce.it/in-missione-nelle-filippine/ Fri, 30 Oct 2015 14:12:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44120

[caption id="attachment_44101" align="alignleft" width="350"]Un momento della celebrazione nel Santuario dell’Amore Misericordioso (foto di Pietro Iacopini) Un momento della celebrazione nel Santuario dell’Amore Misericordioso (foto di Pietro Iacopini)[/caption] Domenica 18 ottobre, durante la messa delle ore 17 celebrata al santuario dell’Amore Misericordioso a Collevalenza, suor Erika Bellucci, eam, e due consorelle, hanno ricevuto il mandato missionario per le Filippine. Abbiamo incontrato suor Erika per sapere qualcosa in merito a questa “nuova” missione che a breve si troverà a svolgere. Con l’occasione, vogliamo rivolgere a lei e alle sue consorelle gli auguri per un fecondo servizio, assicurando la preghiera della comunità diocesana. Cosa farai nelle Filippine? “Insieme a due giovani consorelle, suor Suja e suor Sobha, vado nella diocesi di Malolos, e precisamente a Marilao, presso il santuario nazionale della Divina Misericordia. Il vescovo mons. Josè Francisco Oliveros ha invitato noi Ancelle dell’Amore Misericordioso a servire la Chiesa di questa terra, dove da quasi tre anni sono presenti i nostri confratelli, i Figli dell’Amore Misericordioso. Ci viene aperto un largo campo di azione, nell’anno in cui i Vescovi delle Filippine dedicano ai poveri: la nostra presenza vuole essere un piccolo segno della tenerezza di Dio per tutti i suoi figli, specialmente per i più abbandonati e lontani”. Alla vigilia dell’Anno santo della Misericordia, dovrai testimoniare questo messaggio centrale del Vangelo a un popolo così lontano da noi. Ti spaventa? “Sì, molto. Ho interrogato a lungo la Parola di Dio per abbracciare un’obbedienza impegnativa e affascinante. Gesù comanda a Pietro di prendere il largo! Nel rivelarsi a Madre Speranza, Gesù le chiede di ‘riuscire a farlo conoscere agli uomini non come un Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre amorevole, che cerca in ogni maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli’. Lontani o vicini, tutti siamo figli! Non so perché il Signore abbia scelto me e la piccola comunità che andiamo a costituire, ma ci chiede di essere fiaccole di misericordia. Il coraggio è dono del Suo Spirito”. Madre Speranza ha preceduto quello che oggi nella Chiesa è un cammino di rinnovamento. Non ti senti un po’ come lei quando ha iniziato questa missione a Collevalenza? “Il paragone è ardito! Ma mi sento figlia di Madre Speranza e come lei, con le sorelle e fratelli che il Signore ha costituito ‘unica famiglia’, spero che Gesù ci aiuti a spogliarci di quanto è superfluo, perché ‘ricchi della Sua povertà’ possiamo andare incontro ai poveri, che sono ‘i Suoi preferiti’ e così farlo contento!”. Che messaggio lasci alla vigilia della tua partenza a noi che siamo un popolo di antica evangelizzazione ma fortemente in crisi? “La missione è nel cuore della Chiesa. Basta soffiare sulla cenere della nostra debolezza e il fuoco dell’Amore Misericordioso divamperà in tutto il mondo!”.  

Nel mondo

La Famiglia dell’Amore Misericordioso è presente nel mondo in Spagna, Italia, Germania, Francia, Grecia, Romania, Brasile, Perù, Bolivia, Messico, Cile, India e Filippine. I Figli e le Ancelle, insieme all’Associazione laici Amore Misericordioso, danno testimonianza di impegno missionario e sociale attraverso l’accoglienza di pellegrini, dei giovani, dei sacerdoti, degli anziani, degli ammalati; inoltre assicurano la loro collaborazione alle parrocchie, ai centri professionali, alle scuole, ai centri di spiritualità. Le due congregazioni “sono una cosa sola, con lo stesso Titolare, la stessa missione di carità senza limiti e tutti sono figli della stessa Madre”, la beata Speranza di Gesù Alhama Valera, beatificata da Papa Francesco lo scorso 31 maggio 2014 a Collevalenza. La famiglia ha un punto di riferimento centrale nel santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza: il 13 dicembre si aprirà la Porta santa proprio dove il Crocifisso dell’Amore Misericordioso attende tutti per dare loro il perdono.]]>

[caption id="attachment_44101" align="alignleft" width="350"]Un momento della celebrazione nel Santuario dell’Amore Misericordioso (foto di Pietro Iacopini) Un momento della celebrazione nel Santuario dell’Amore Misericordioso (foto di Pietro Iacopini)[/caption] Domenica 18 ottobre, durante la messa delle ore 17 celebrata al santuario dell’Amore Misericordioso a Collevalenza, suor Erika Bellucci, eam, e due consorelle, hanno ricevuto il mandato missionario per le Filippine. Abbiamo incontrato suor Erika per sapere qualcosa in merito a questa “nuova” missione che a breve si troverà a svolgere. Con l’occasione, vogliamo rivolgere a lei e alle sue consorelle gli auguri per un fecondo servizio, assicurando la preghiera della comunità diocesana. Cosa farai nelle Filippine? “Insieme a due giovani consorelle, suor Suja e suor Sobha, vado nella diocesi di Malolos, e precisamente a Marilao, presso il santuario nazionale della Divina Misericordia. Il vescovo mons. Josè Francisco Oliveros ha invitato noi Ancelle dell’Amore Misericordioso a servire la Chiesa di questa terra, dove da quasi tre anni sono presenti i nostri confratelli, i Figli dell’Amore Misericordioso. Ci viene aperto un largo campo di azione, nell’anno in cui i Vescovi delle Filippine dedicano ai poveri: la nostra presenza vuole essere un piccolo segno della tenerezza di Dio per tutti i suoi figli, specialmente per i più abbandonati e lontani”. Alla vigilia dell’Anno santo della Misericordia, dovrai testimoniare questo messaggio centrale del Vangelo a un popolo così lontano da noi. Ti spaventa? “Sì, molto. Ho interrogato a lungo la Parola di Dio per abbracciare un’obbedienza impegnativa e affascinante. Gesù comanda a Pietro di prendere il largo! Nel rivelarsi a Madre Speranza, Gesù le chiede di ‘riuscire a farlo conoscere agli uomini non come un Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre amorevole, che cerca in ogni maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli’. Lontani o vicini, tutti siamo figli! Non so perché il Signore abbia scelto me e la piccola comunità che andiamo a costituire, ma ci chiede di essere fiaccole di misericordia. Il coraggio è dono del Suo Spirito”. Madre Speranza ha preceduto quello che oggi nella Chiesa è un cammino di rinnovamento. Non ti senti un po’ come lei quando ha iniziato questa missione a Collevalenza? “Il paragone è ardito! Ma mi sento figlia di Madre Speranza e come lei, con le sorelle e fratelli che il Signore ha costituito ‘unica famiglia’, spero che Gesù ci aiuti a spogliarci di quanto è superfluo, perché ‘ricchi della Sua povertà’ possiamo andare incontro ai poveri, che sono ‘i Suoi preferiti’ e così farlo contento!”. Che messaggio lasci alla vigilia della tua partenza a noi che siamo un popolo di antica evangelizzazione ma fortemente in crisi? “La missione è nel cuore della Chiesa. Basta soffiare sulla cenere della nostra debolezza e il fuoco dell’Amore Misericordioso divamperà in tutto il mondo!”.  

Nel mondo

La Famiglia dell’Amore Misericordioso è presente nel mondo in Spagna, Italia, Germania, Francia, Grecia, Romania, Brasile, Perù, Bolivia, Messico, Cile, India e Filippine. I Figli e le Ancelle, insieme all’Associazione laici Amore Misericordioso, danno testimonianza di impegno missionario e sociale attraverso l’accoglienza di pellegrini, dei giovani, dei sacerdoti, degli anziani, degli ammalati; inoltre assicurano la loro collaborazione alle parrocchie, ai centri professionali, alle scuole, ai centri di spiritualità. Le due congregazioni “sono una cosa sola, con lo stesso Titolare, la stessa missione di carità senza limiti e tutti sono figli della stessa Madre”, la beata Speranza di Gesù Alhama Valera, beatificata da Papa Francesco lo scorso 31 maggio 2014 a Collevalenza. La famiglia ha un punto di riferimento centrale nel santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza: il 13 dicembre si aprirà la Porta santa proprio dove il Crocifisso dell’Amore Misericordioso attende tutti per dare loro il perdono.]]>
“Dalla parte dei poveri” https://www.lavoce.it/dalla-parte-dei-poveri/ Thu, 15 Oct 2015 14:09:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43903 Foto di gruppo dei giovani che hanno partecipato alla missione in Malawi
Foto di gruppo dei giovani che hanno partecipato alla missione in Malawi

Come ogni anno, a Perugia, tappa importante del cammino formativo del mese dell’“Ottobre missionario” è la “Veglia diocesana” che coinvolge giovani, famiglie e gruppi parrocchiali per riflettere sul valore della missionarietà. La Veglia di quest’anno si svolge venerdì 16 ottobre (ore 21), presso la parrocchia perugina di San Raffaele in Madonna Alta ed è presieduta dal vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti. Canti, riflessioni, preghiere e testimonianze saranno declinate intorno al tema “Dalla parte dei poveri”, seguendo la parabola del Buon samaritano, analizzando la tematica del viaggio, dell’indifferenza e della compassione affettiva. In questa prospettiva si inserisce la testimonianza di alcuni giovani che, dal 14 settembre al 4 ottobre, hanno partecipato alla missione diocesana in Malawi, nella diocesi “gemella” di Zomba, visitando e lavorando nella realtà parrocchiale di Chipini, nell’asilo di Lisanjala e nel “Solomeo Rural Hospital” di Pirimiti. Questa importante struttura ospedaliera, lo ricordiamo, è stata realizzata alcuni anni fa attraverso un progetto di cooperazione internazionale, che ancora prosegue, promosso dall’associazione onlus “Amici del Malawi” dell’archidiocesi di Perugia-Città della Pieve e finanziato dalla Fondazione Brunello Cucinelli in Solomeo e dalla Regione Umbria. La Veglia sarà preceduta dalla “cena povera” (ore 20), momento di condivisione e solidarietà per le necessità dei fratelli del mondo. Il Centro missionario diocesano ricorda, inoltre, che il “Cammino del mese missionario” culminerà domenica 18 ottobre nella Giornata mondiale missionaria: occasione di solidarietà concreta per le necessità delle Chiese di missione nello stile della cooperazione e comunione ecclesiale, che si celebra in tutte le diocesi italiane e del mondo.

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Crescere insieme nella condivisione https://www.lavoce.it/crescere-insieme-nella-condivisione/ Wed, 23 Sep 2015 11:25:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43414 Un momento dell'assemblea diocesana
L’intervento del vescovo all’assemblea diocesana

La riflessione del vescovo mons. Cancian su “La nostra Chiesa nel prossimo anno pastorale” ha concluso l’Assemblea diocesana che si è svolta il 17 e 18 settembre.

Dopo una prima considerazione sull’attuale situazione della diocesi in seguito agli spostamenti di alcuni parroci e sulla condizioni di molti sacerdoti tifernati, anziani o malati, il Vescovo presenta una anteprima delle linee pastorali che guideranno la diocesi nell’anno a venire.

La Chiesa di Città di Castello seguirà nel prossimo anno un cammino alla luce della Misericordia, sulla cui centralità Papa Francesco ha molto insistito fino a indire uno speciale Anno santo che si aprirà il prossimo 8 dicembre. “Questo appuntamento – dice mons. Cancian – non deve essere solo devozionale. Dietro questa parola c’è il cuore del Vangelo; e l’uomo di oggi, privo di relazioni e smarrito di fronte ai grandi interrogativi della vita, ha estremo bisogno del balsamo della Misericordia.

Questa parola non deve essere banalizzata, non va trasformata in buonismo, è essa che può favorire un cambiamento radicale di pensiero e donarci un cuore nuovo”.

Nel prossimo anno liturgico verrà letto il Vangelo di Luca che è l’evangelista che, più degli altri, usa la parola “misericordia”, ma anche san Paolo per esempio nella Lettera ai Colossesi (3,12) indica alla Chiesa il cammino verso la comunione fraterna. “Vedo nella nostra Chiesa ancora molto individualismo – dice il Vescovo. – Dobbiamo crescere nella condivisione, collaborazione e comunione dimostrando disponibilità al cambiamento, a nutrire relazioni fraterne anche attraverso il progetto delle Unità pastorali e il coinvolgimento dei laici.

Ho una percezione positiva del lavoro delle parrocchie ma dobbiamo adoperarci perché questi processi non si interrompano. Tutti siamo chiamati in causa a responsabilizzarci nei confronti della famiglia, dei giovani, favorendo alleanze educative che li formino e li guidino alla scoperta del valore della vita, anche vocazionale”.

E infine la Misericordia passa anche attraverso l’accoglienza che spinge l’uomo a ricollocarsi nella società attraverso l’impegno. La comunità tifernate seguirà l’invito recentemente mosso dal Papa ad accogliere una famiglia di poveri in ogni parrocchia. La diocesi sta compiendo questo sforzo: sono al vaglio proposte e progetti di accoglienza a livello di Unità pastorale da strutturare attraverso la Caritas locale.

Al termine della riflessione del Vescovo hanno animato l’assemblea alcuni interventi, tra i quali quello di padre Francesco Pierli, missionario comboniano rientrato a Città di Castello dall’Africa per un breve periodo. “Non si può fare misericordia senza concrete indicazioni di apostolato sociale – ha detto. – Emergiamo da un millennio contrario all’accoglienza, iniziato con le crociate come risposta della Chiesa alla diversità.

È necessario reinventare la cultura dell’accoglienza, e il Concilio Vaticano II ne ha sancito la base. Identificare e destrutturare ciò che nella Chiesa è contrario all’accoglienza, smontare la cultura della difesa a favore dell’educazione alla collaborazione tra diversi”.

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