Messa online Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/messa-online/ Settimanale di informazione regionale Fri, 22 May 2020 12:09:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Messa online Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/messa-online/ 32 32 Meglio la messa online che senza popolo https://www.lavoce.it/meglio-la-messa-online-che-senza-popolo/ https://www.lavoce.it/meglio-la-messa-online-che-senza-popolo/#comments Fri, 22 May 2020 14:01:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57199 Logo rubrica Il punto

In un saggio pubblicato su Il Regno, importante rivista cattolica a diffusione nazionale, la studiosa umbra Simona Segoloni ha trattato – dal punto di vista teologico – il tema delle messe celebrate senza la presenza del popolo, ma seguite in diretta grazie alla tv e alla Rete. Non voglio banalizzare il pensiero, profondo e articolato, della teologa; ma provo a sintetizzarne un passaggio. Dice che, se una messa con il popolo ma senza prete non è una messa, allo stesso modo non è una messa quella celebrata da un prete senza il popolo; e non conta che il popolo sia collegato in diretta, se non è presente fisicamente. La tesi di fondo è che la messa è un atto essenzialmente comunitario e, perché lo sia, bisogna che tutti siano riuniti. Non voglio adesso entrare in discussione sui princìpi. Faccio solo un commento a margine. Simona Segoloni, beata lei, è giovane e non ha vissuto la Chiesa e la liturgia prima del Concilio. Ma io sì: avevo 15 anni e facevo da tempo il chierichetto quando Giovanni XXIII è divenuto Papa. A quel tempo, la gente andava molto in chiesa, specie la domenica per via del precetto; ma si dava per scontato che davanti a Dio e per il bene spirituale dell’umanità il valore della messa fosse uguale, con il popolo o senza. Di più: dal punto di vista del celebrante, che il popolo ci fosse o non ci fosse non faceva differenza; non c’era nessuna partecipazione dei fedeli, neppure per la recita del Pater noster. Chi voleva pregare diceva il rosario per conto suo, o leggeva qualche libretto di devozioni. L’unico coinvolgimento dei fedeli era – solo nella messa domenicale – l’omelia dopo il Vangelo; ma c’era gente che abitualmente prima di entrare aspettava che la predica fosse finita; tanto, si diceva, la messa era ancora “buona”, cioè valida per il precetto. Proprio non capisco come ci sia ancora chi vorrebbe tornare a quel tipo di liturgia. Infinitamente meglio - in tempi di virus - la messa seguita in diretta tv, almeno ci si sente parte della comunità e ci si immedesima nel rito. Tanto più se alla diretta assiste, da casa, la famiglia riunita in preghiera. Pier Giorgio Lignani]]>
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In un saggio pubblicato su Il Regno, importante rivista cattolica a diffusione nazionale, la studiosa umbra Simona Segoloni ha trattato – dal punto di vista teologico – il tema delle messe celebrate senza la presenza del popolo, ma seguite in diretta grazie alla tv e alla Rete. Non voglio banalizzare il pensiero, profondo e articolato, della teologa; ma provo a sintetizzarne un passaggio. Dice che, se una messa con il popolo ma senza prete non è una messa, allo stesso modo non è una messa quella celebrata da un prete senza il popolo; e non conta che il popolo sia collegato in diretta, se non è presente fisicamente. La tesi di fondo è che la messa è un atto essenzialmente comunitario e, perché lo sia, bisogna che tutti siano riuniti. Non voglio adesso entrare in discussione sui princìpi. Faccio solo un commento a margine. Simona Segoloni, beata lei, è giovane e non ha vissuto la Chiesa e la liturgia prima del Concilio. Ma io sì: avevo 15 anni e facevo da tempo il chierichetto quando Giovanni XXIII è divenuto Papa. A quel tempo, la gente andava molto in chiesa, specie la domenica per via del precetto; ma si dava per scontato che davanti a Dio e per il bene spirituale dell’umanità il valore della messa fosse uguale, con il popolo o senza. Di più: dal punto di vista del celebrante, che il popolo ci fosse o non ci fosse non faceva differenza; non c’era nessuna partecipazione dei fedeli, neppure per la recita del Pater noster. Chi voleva pregare diceva il rosario per conto suo, o leggeva qualche libretto di devozioni. L’unico coinvolgimento dei fedeli era – solo nella messa domenicale – l’omelia dopo il Vangelo; ma c’era gente che abitualmente prima di entrare aspettava che la predica fosse finita; tanto, si diceva, la messa era ancora “buona”, cioè valida per il precetto. Proprio non capisco come ci sia ancora chi vorrebbe tornare a quel tipo di liturgia. Infinitamente meglio - in tempi di virus - la messa seguita in diretta tv, almeno ci si sente parte della comunità e ci si immedesima nel rito. Tanto più se alla diretta assiste, da casa, la famiglia riunita in preghiera. Pier Giorgio Lignani]]>
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Si torna a messa. Bassetti celebra il 18. Ecco le istruzioni della Curia perugina https://www.lavoce.it/si-torna-a-messa-bassetti-celebra-il-18-ecco-le-istruzioni-della-curia-perugina/ Thu, 14 May 2020 18:26:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57150

Il primo giorno in cui si potrà tornare a celebrare con il popolo, lunedì 18 maggio, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti presiederà la celebrazione eucaristica delle ore 18, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, nel giorno del centenario della nascita di san Giovanni Paolo II (1920-2020). Il ritorno alla celebrazione dell’Eucarestia con la partecipazione del popolo in questi gironi è preparato con incontri e strumenti che la Diocesi mette a disposizione delle parrocchie. «Siamo da alcuni giorni al lavoro insieme alla Commissione liturgica per permettere ai fedeli delle oltre 140 parrocchie della nostra comunità diocesana, seppur in numero limitato, di partecipare alle celebrazioni eucaristiche, a partire dal prossimo 18 maggio”, spiega il vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve mons. Marco Salvi. Il risultato del lavoro sono le “Indicazioni di Curia” (scarica qui il testo) che esplicitano in termini molto pratici le disposizioni contenute nel Protocollo siglato tra il Ministero dell’Interno e la Cei).

Capienza e norme da rispettare.

Uno degli aspetti pratici è quello del “distanziamento”. I tecnici hanno calcolato che chiese con ampie aule liturgiche, quali, per esempio, la chiesa di Castel del Piano e quella di Santa Lucia, potranno ospitare dai 270 ai 320 fedeli, inclusi i celebranti e i volontari addetti all’accoglienza, mentre la cattedrale di San Lorenzo e la basilica di San Domenico possono accogliere rispettivamente un massimo 550 e 700 fedeli. I parroci saranno responsabili dell’organizzazione e quindi anche del calcolo del numero massimo di presenze. “Il parroco dovrà fare rispettare un metro e mezzo di distanza tra un fedele e l’altro anche al momento della comunione che sarà distribuita - spiega mons. Salvi - con guanti monouso senza venire a contatto con le mani dei fedeli ed indossando la mascherina che copra naso e bocca”. Non si terrà lo scambio della pace, le acquasantiere resteranno vuote, non ci sarà né il coro né sussidi cartacei per la liturgia. E non ci sarà il termoscanner ma ai fedeli è chiesta grande responsabilità e restare a casa se dovessero aver avuto contatti con malati Covid19, sintomi influenzali o febbre anche solo 37,5.

Indicazioni e formazione

Dallo scorso fine settimana il vescovo ausiliare sta incontrando i parroci delle sette Zone pastorali dell’Archidiocesi per illustrare loro il cronoprogramma degli adempimenti. «A ciascun parroco, quale legale rappresentante della parrocchia – evidenzia mons. Salvi –  è stata consegnata copia del protocollo Ministero-Cei, esortandolo ad ottemperare alle prescrizioni contenute». È stato organizzato anche un incontro online per istruire i volontari nei compiti di igienizzazione degli ambienti e degli oggetti e nell’accoglienza-verifica del rispetto delle norme di sicurezza da parte dei fedeli, ed ha predisposto due tipi di manifesto-avviso: uno con le indicazioni-avvertenze per la partecipazione alla messa e l’altro, redatto insieme alla Commissione liturgica diocesana, con le indicazioni relative alla celebrazione dei sacramenti del battesimo e della prima comunione (escluso quello della cresima, sospeso fino ad ottobre) e delle esequie. Inoltre il parroco dovrà “assicurarsi che non vi sia assembramento di persone nel sagrato e in sacrestia”. Potranno cambiare molte abitudini ed usi. Dalle celebrazione della messa all’aperto se la chiesa fosse tropo piccola, alla raccolta delle offerte che potranno essere lasciate in “appositi contenitori collocati agli ingressi o in altro luogo ritenuto idoneo”. Si consiglia, inoltre, di celebrare battesimi e matrimoni “preferibilmente” al di fuori delle messe di orario per evitare assembramenti, cosa comunque raccomandata per il rito delle esequie Nelle “Indicazioni di Curia” una raccomandazione anche per le messe in diretta streaming ampiamente utilizzate nei mesi del lockdown. Si raccomanda che sia considerato “uno strumento solo suppletivo rispetto alla partecipazione reale e diretta” ed in ogni caso si curi che sia dignitosa, secondo le prescrizioni dei libri liturgici, e seguendo il protocollo e le presenti indicazioni. R. L. - M. R. V.]]>

Il primo giorno in cui si potrà tornare a celebrare con il popolo, lunedì 18 maggio, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti presiederà la celebrazione eucaristica delle ore 18, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, nel giorno del centenario della nascita di san Giovanni Paolo II (1920-2020). Il ritorno alla celebrazione dell’Eucarestia con la partecipazione del popolo in questi gironi è preparato con incontri e strumenti che la Diocesi mette a disposizione delle parrocchie. «Siamo da alcuni giorni al lavoro insieme alla Commissione liturgica per permettere ai fedeli delle oltre 140 parrocchie della nostra comunità diocesana, seppur in numero limitato, di partecipare alle celebrazioni eucaristiche, a partire dal prossimo 18 maggio”, spiega il vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve mons. Marco Salvi. Il risultato del lavoro sono le “Indicazioni di Curia” (scarica qui il testo) che esplicitano in termini molto pratici le disposizioni contenute nel Protocollo siglato tra il Ministero dell’Interno e la Cei).

Capienza e norme da rispettare.

Uno degli aspetti pratici è quello del “distanziamento”. I tecnici hanno calcolato che chiese con ampie aule liturgiche, quali, per esempio, la chiesa di Castel del Piano e quella di Santa Lucia, potranno ospitare dai 270 ai 320 fedeli, inclusi i celebranti e i volontari addetti all’accoglienza, mentre la cattedrale di San Lorenzo e la basilica di San Domenico possono accogliere rispettivamente un massimo 550 e 700 fedeli. I parroci saranno responsabili dell’organizzazione e quindi anche del calcolo del numero massimo di presenze. “Il parroco dovrà fare rispettare un metro e mezzo di distanza tra un fedele e l’altro anche al momento della comunione che sarà distribuita - spiega mons. Salvi - con guanti monouso senza venire a contatto con le mani dei fedeli ed indossando la mascherina che copra naso e bocca”. Non si terrà lo scambio della pace, le acquasantiere resteranno vuote, non ci sarà né il coro né sussidi cartacei per la liturgia. E non ci sarà il termoscanner ma ai fedeli è chiesta grande responsabilità e restare a casa se dovessero aver avuto contatti con malati Covid19, sintomi influenzali o febbre anche solo 37,5.

Indicazioni e formazione

Dallo scorso fine settimana il vescovo ausiliare sta incontrando i parroci delle sette Zone pastorali dell’Archidiocesi per illustrare loro il cronoprogramma degli adempimenti. «A ciascun parroco, quale legale rappresentante della parrocchia – evidenzia mons. Salvi –  è stata consegnata copia del protocollo Ministero-Cei, esortandolo ad ottemperare alle prescrizioni contenute». È stato organizzato anche un incontro online per istruire i volontari nei compiti di igienizzazione degli ambienti e degli oggetti e nell’accoglienza-verifica del rispetto delle norme di sicurezza da parte dei fedeli, ed ha predisposto due tipi di manifesto-avviso: uno con le indicazioni-avvertenze per la partecipazione alla messa e l’altro, redatto insieme alla Commissione liturgica diocesana, con le indicazioni relative alla celebrazione dei sacramenti del battesimo e della prima comunione (escluso quello della cresima, sospeso fino ad ottobre) e delle esequie. Inoltre il parroco dovrà “assicurarsi che non vi sia assembramento di persone nel sagrato e in sacrestia”. Potranno cambiare molte abitudini ed usi. Dalle celebrazione della messa all’aperto se la chiesa fosse tropo piccola, alla raccolta delle offerte che potranno essere lasciate in “appositi contenitori collocati agli ingressi o in altro luogo ritenuto idoneo”. Si consiglia, inoltre, di celebrare battesimi e matrimoni “preferibilmente” al di fuori delle messe di orario per evitare assembramenti, cosa comunque raccomandata per il rito delle esequie Nelle “Indicazioni di Curia” una raccomandazione anche per le messe in diretta streaming ampiamente utilizzate nei mesi del lockdown. Si raccomanda che sia considerato “uno strumento solo suppletivo rispetto alla partecipazione reale e diretta” ed in ogni caso si curi che sia dignitosa, secondo le prescrizioni dei libri liturgici, e seguendo il protocollo e le presenti indicazioni. R. L. - M. R. V.]]>
Covid19. Cei- Governo: primo accordo per la ripresa delle celebrazioni liturgiche https://www.lavoce.it/coronavirus-covid-19-cei-governo-primo-accordo-per-la-ripresa-delle-celebrazioni-liturgiche/ Sat, 02 May 2020 19:01:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57022

“Esprimo la soddisfazione mia, dei vescovi e, più in generale, della comunità ecclesiale per essere arrivati a condividere le linee di un accordo, che consentirà – nelle prossime settimane, sulla base dell’evoluzione della curva epidemiologica – di riprendere la celebrazione delle Messe con il popolo”. Così il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Gualtiero Bassetti, commenta la definizione di un Protocollo di massima, relativo alla graduale ripresa delle celebrazioni liturgiche.

Grazie per la “interlocuzione continua e proficua”

“Il mio ringraziamento va alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – aggiunge – con cui in queste settimane c’è stata un’interlocuzione continua e proficua. Questo clima ha portato un paio di giorni fa a definire le modalità delle celebrazioni delle Esequie. Grazie soprattutto alla disponibilità e alla collaborazione del Ministro dell’Interno e del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione”. Nel contempo, “un pensiero di sincera gratitudine mi sento in dovere di esprimerlo al Ministro della Salute e all’intero Comitato tecnico-scientifico – prosegue il Cardinale Bassetti -: questa tempesta, inedita e drammatica, ha posto sulle loro spalle un carico enorme in termini di responsabilità”.

Verso la rinascita, ma non si abbassi la guardia

“Come Chiesa – riconosce – abbiamo condiviso, certo con sofferenza, le limitazioni imposte a tutela della salute di tutti. Senza alcuna volontà di cercare strappi o scorciatoie, né di appoggiare la fuga in avanti di alcuno; ci siamo mossi in un’ottica di responsabilità, a tutela soprattutto dei più esposti. Alla vigilia di quella che ci auguriamo possa essere una rinascita per l’intero Paese, ribadisco l’importanza che non si abbassi la guardia. Come abbiamo ripetuto in questi mesi, si accolgano le misure sanitarie nell’orizzonte del rispetto della salute di tutti, come pure le indicazioni dei tempi necessari per tutelarla al meglio”.

La Chiesa vicina al Paese

“Al Paese – conclude il card. Bassetti – voglio assicurare la vicinanza della Chiesa. Ne sono segno e testimonianza le innumerevoli opere di carità a cui le nostre Diocesi e Parrocchie hanno saputo dar vita anche in questo difficile periodo. Ne è segno pure la preghiera che, anche in forme nuove, si è intensificata a intercessione per tutti: le famiglie, quanti sono preoccupati per il lavoro, gli ammalati e quanti li assistono, i defunti”.]]>

“Esprimo la soddisfazione mia, dei vescovi e, più in generale, della comunità ecclesiale per essere arrivati a condividere le linee di un accordo, che consentirà – nelle prossime settimane, sulla base dell’evoluzione della curva epidemiologica – di riprendere la celebrazione delle Messe con il popolo”. Così il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Gualtiero Bassetti, commenta la definizione di un Protocollo di massima, relativo alla graduale ripresa delle celebrazioni liturgiche.

Grazie per la “interlocuzione continua e proficua”

“Il mio ringraziamento va alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – aggiunge – con cui in queste settimane c’è stata un’interlocuzione continua e proficua. Questo clima ha portato un paio di giorni fa a definire le modalità delle celebrazioni delle Esequie. Grazie soprattutto alla disponibilità e alla collaborazione del Ministro dell’Interno e del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione”. Nel contempo, “un pensiero di sincera gratitudine mi sento in dovere di esprimerlo al Ministro della Salute e all’intero Comitato tecnico-scientifico – prosegue il Cardinale Bassetti -: questa tempesta, inedita e drammatica, ha posto sulle loro spalle un carico enorme in termini di responsabilità”.

Verso la rinascita, ma non si abbassi la guardia

“Come Chiesa – riconosce – abbiamo condiviso, certo con sofferenza, le limitazioni imposte a tutela della salute di tutti. Senza alcuna volontà di cercare strappi o scorciatoie, né di appoggiare la fuga in avanti di alcuno; ci siamo mossi in un’ottica di responsabilità, a tutela soprattutto dei più esposti. Alla vigilia di quella che ci auguriamo possa essere una rinascita per l’intero Paese, ribadisco l’importanza che non si abbassi la guardia. Come abbiamo ripetuto in questi mesi, si accolgano le misure sanitarie nell’orizzonte del rispetto della salute di tutti, come pure le indicazioni dei tempi necessari per tutelarla al meglio”.

La Chiesa vicina al Paese

“Al Paese – conclude il card. Bassetti – voglio assicurare la vicinanza della Chiesa. Ne sono segno e testimonianza le innumerevoli opere di carità a cui le nostre Diocesi e Parrocchie hanno saputo dar vita anche in questo difficile periodo. Ne è segno pure la preghiera che, anche in forme nuove, si è intensificata a intercessione per tutti: le famiglie, quanti sono preoccupati per il lavoro, gli ammalati e quanti li assistono, i defunti”.]]>
Messe e Fase2. Boccardo: “Delusione e amarezza, ma pensiamo al bene comune” https://www.lavoce.it/messe-e-fase2-boccardo-delusione-e-amarezza-ma-pensiamo-al-bene-comune/ Fri, 01 May 2020 12:35:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57012

Le diocesi umbre attendevano con trepidazione e speranza le notizie sulla “fase 2”, considerando che l’Umbria è una delle regioni italiane meno colpite dal contagio da Coronavirus. Dopo il nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri e la nota della Conferenza episcopale italiana, diffusa il 26 aprile, abbiamo chiesto un commento a mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente dei Vescovi umbri.

Mons. Boccardo, un po’ di delusione?

Delusione e anche amarezza. A seguito dei dialoghi che si erano condotti tra la Segreteria generale della Cei, il ministero dell’Interno e Palazzo Chigi, noi pensavamo che ci sarebbe stata una formula, non dico l’apertura totale, però una formula che permettesse ai credenti di partecipare alla celebrazione dell’Eucarestia. E invece questo decreto è stato un po’ come una doccia fredda se vogliamo, anche un po’ umiliante, perché si parla di celebrazioni là dove si parla del bingo. Sono due cose distinte. Secondo me c’è una idea di fondo che è sbagliata: nella vita quotidiana ci sono delle cose che sono indispensabili, necessarie, certamente il supermercato, come altri negozi, altri servizi, mentre la vita spirituale e la celebrazione dei sacramenti non è indispensabile, se ne può fare a meno. Questo è l’errore di fondo che poi genera queste prese di posizione, queste decisioni. Per questo la Conferenza episcopale italiana ha emanato quella nota che qualcuno ha definito durissima. Io direi una nota realistica: si dice che noi non possiamo vedere limitato l’esercizio del culto semplicemente per delle ragioni forse ideologiche, quando da parte della Conferenza episcopale c’era e rimane la piena disponibilità a mettere in atto nei luoghi di culto anche quelle misure di sicurezza e di garanzia sanitaria che ci verranno indicate dalle autorità competenti.

Uno degli argomenti di discussione, è proprio questo: le parrocchie riuscirebbero a garantire le condizioni di sicurezza per far sì che i fedeli entrino in chiesa?

Non possiamo dire sì oppure no. Cominciamo a riflettere su quali parrocchie, eventualmente lo potrebbero fare. E’ possibile che non tutte le parrocchie abbiamo i mezzi, gli strumenti per garantire un determinato standard di sicurezza così come viene richiesto. Benissimo, allora diremo che alcune parrocchie lo possono fare, altre non lo possono fare. Torno a ripetere, c’è una responsabilità che incombe su tutti i cristiani: essere collaboratori per il bene comune. E questo richiede a volte anche dei sacrifici. Allora vediamo questo dove si può fare e dove non si può fare. Non si può generalizzare né in un senso né nell’altro. Anche perché la vita cristiana, oltre alla celebrazione eucaristica domenicale o feriale, prevede anche altri momenti che attualmente non sono consentiti... Questo è un aspetto importante. Sembra che senza la messa non ci possa essere vita cristiana, e questo non è vero. È vero che la messa, con l’Eucarestia, è il culmine della vita cristiana. Però la vita cristiana non è solo l’Eucarestia. La vita cristiana è l’ascolto orante della parola del Signore, è il dialogo con Dio nella preghiera personale e comunitaria, è l’opera della solidarietà, dell’accoglienza, della carità, della riconciliazione. Sono tutti elementi che costituiscono il percorso della vita cristiana. Elementi che si vivono a livello personale interiore, ma si vivono anche in una dimensione comunitaria. Per cui, non c’è la messa ma non ci sono neanche le altre occasioni di incontro, di condivisione, di dialogo, di ricerca comune. Dunque lo sguardo deve essere ampio, deve prendere e deve abbracciare tutte le diverse modalità di alimento del cammino del Vangelo nella vita degli uomini. Francesco Carlini Nota della redazione: il 30 aprile, tra Governo e Cei si è trovato l'accordo per la celebrazione delle esequie. Qui la notizia sul sito della Cei.]]>

Le diocesi umbre attendevano con trepidazione e speranza le notizie sulla “fase 2”, considerando che l’Umbria è una delle regioni italiane meno colpite dal contagio da Coronavirus. Dopo il nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri e la nota della Conferenza episcopale italiana, diffusa il 26 aprile, abbiamo chiesto un commento a mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente dei Vescovi umbri.

Mons. Boccardo, un po’ di delusione?

Delusione e anche amarezza. A seguito dei dialoghi che si erano condotti tra la Segreteria generale della Cei, il ministero dell’Interno e Palazzo Chigi, noi pensavamo che ci sarebbe stata una formula, non dico l’apertura totale, però una formula che permettesse ai credenti di partecipare alla celebrazione dell’Eucarestia. E invece questo decreto è stato un po’ come una doccia fredda se vogliamo, anche un po’ umiliante, perché si parla di celebrazioni là dove si parla del bingo. Sono due cose distinte. Secondo me c’è una idea di fondo che è sbagliata: nella vita quotidiana ci sono delle cose che sono indispensabili, necessarie, certamente il supermercato, come altri negozi, altri servizi, mentre la vita spirituale e la celebrazione dei sacramenti non è indispensabile, se ne può fare a meno. Questo è l’errore di fondo che poi genera queste prese di posizione, queste decisioni. Per questo la Conferenza episcopale italiana ha emanato quella nota che qualcuno ha definito durissima. Io direi una nota realistica: si dice che noi non possiamo vedere limitato l’esercizio del culto semplicemente per delle ragioni forse ideologiche, quando da parte della Conferenza episcopale c’era e rimane la piena disponibilità a mettere in atto nei luoghi di culto anche quelle misure di sicurezza e di garanzia sanitaria che ci verranno indicate dalle autorità competenti.

Uno degli argomenti di discussione, è proprio questo: le parrocchie riuscirebbero a garantire le condizioni di sicurezza per far sì che i fedeli entrino in chiesa?

Non possiamo dire sì oppure no. Cominciamo a riflettere su quali parrocchie, eventualmente lo potrebbero fare. E’ possibile che non tutte le parrocchie abbiamo i mezzi, gli strumenti per garantire un determinato standard di sicurezza così come viene richiesto. Benissimo, allora diremo che alcune parrocchie lo possono fare, altre non lo possono fare. Torno a ripetere, c’è una responsabilità che incombe su tutti i cristiani: essere collaboratori per il bene comune. E questo richiede a volte anche dei sacrifici. Allora vediamo questo dove si può fare e dove non si può fare. Non si può generalizzare né in un senso né nell’altro. Anche perché la vita cristiana, oltre alla celebrazione eucaristica domenicale o feriale, prevede anche altri momenti che attualmente non sono consentiti... Questo è un aspetto importante. Sembra che senza la messa non ci possa essere vita cristiana, e questo non è vero. È vero che la messa, con l’Eucarestia, è il culmine della vita cristiana. Però la vita cristiana non è solo l’Eucarestia. La vita cristiana è l’ascolto orante della parola del Signore, è il dialogo con Dio nella preghiera personale e comunitaria, è l’opera della solidarietà, dell’accoglienza, della carità, della riconciliazione. Sono tutti elementi che costituiscono il percorso della vita cristiana. Elementi che si vivono a livello personale interiore, ma si vivono anche in una dimensione comunitaria. Per cui, non c’è la messa ma non ci sono neanche le altre occasioni di incontro, di condivisione, di dialogo, di ricerca comune. Dunque lo sguardo deve essere ampio, deve prendere e deve abbracciare tutte le diverse modalità di alimento del cammino del Vangelo nella vita degli uomini. Francesco Carlini Nota della redazione: il 30 aprile, tra Governo e Cei si è trovato l'accordo per la celebrazione delle esequie. Qui la notizia sul sito della Cei.]]>
Messe on line. Papa Francesco: sì, “ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci” https://www.lavoce.it/messeonline-papa-si-ma-per-uscire-dal-tunnel-familiarita/ Thu, 23 Apr 2020 09:12:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56958

“Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il Pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa […] questa non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre”. Così Papa Francesco nell’omelia del 17 aprile a Santa Marta, ha ammonito il popolo di Dio, mettendolo in guardia da una possibile deriva che questo tempo potrebbe portare con sé e che lui ha chiamato “viralizzazione”, cioè il rischio di non aver più la ferma consapevolezza che la familiarità con Gesù è concreta e non virtuale, come lo è stata quella vissuta dai discepoli con il Risorto e commentata dal Papa in Santa Marta (cfr. Gv 21,1-14). Parole semplici e precise che potrebbero aprire una lunga e densa riflessione che tutto il popolo di Dio è invitato ad affrontare. Perché, continua il Santo Padre, “è vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo: ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci”. Le misure adottate per contrastare l’attuale pandemia effettivamente hanno portato a non ritrovarsi più come popolo che celebrare insieme la Cena del Signore, come il non abitare e vivere i luoghi tipici della comunità cristiana, pensiamo alle chiese o agli oratori, come agli altri luoghi pastorali. Tutto ciò è stato, dati alla mano, necessario per aiutare il rallentamento dell’epidemia nella speranza che la corsa, in un futuro non troppo remoto, possa anche trovare la sua fine. Vietare gli assembramenti che non potessero assicurare il così detto “distanziamento sociale”, ha portato a vivere un altro ambiente, quello virtuale, nel quale anche la Chiesa, che già lo abitava timidamente da tempo, si è catapultata per non arrendersi di fronte alla realtà complessa che si sta attraversando.

Nel tunnel della straordinarietà

D’altra parte tra distanziamento e fede on-line, da non demonizzare, si potrebbe correre il rischio di rimanere intrappolati nel “tunnel” della straordinarietà, dettata dagli eventi, assunta come via ordinaria di essere Chiesa. Cosa possiamo fare di fronte a questa possibile deriva? Anzitutto ricordare cosa significa essere comunità cristiana. Per far ciò possiamo lasciare che la Scrittura illumini la riflessione, in particolare l’immagine delineata in Atti degli Apostoli: i battezzati
“erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio” (v. 42-47).
Significativo il fatto che in tutto il racconto viene sempre utilizzato il plurale ma soprattutto tutto ciò che i primi battezzati facevano lo facevano insieme.

La fede vissuta al plurale

Lo spezzare il pane (fede celebrata), come l’essere assidui nell'insegnamento degli apostoli (la fede annunciata), infine l’avere in comune ogni cosa (la fede vissuta): non è questione di singolare ma di plurale. La “familiarità” richiamata da papa Francesco dunque, non può essere solo ideale o spirituale né tanto meno solo digitale, perché “può diventare – diciamo – gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio”. La strada tracciata dal Pontefice, per vivere questa familiarità con Gesù, sembra reggersi dunque in una relazione sì intima ma al contempo necessariamente comunitaria. Dove ciò che oggi è vietato o visto con sospetto, cioè il contatto reale, invece è la chiave. Non resta dunque che attendere di ritornare ad essere Chiesa dell’incontro, della prossimità, della familiarità, non mediata dallo schermo. Attesa che non significa immobilità o adagiamento al contesto attuale. All’opposto significa progettare, tra una diretta e l’altra, il come tornare ad essere ciò che ora siamo solo in parte. Francesco Verzini]]>

“Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il Pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa […] questa non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre”. Così Papa Francesco nell’omelia del 17 aprile a Santa Marta, ha ammonito il popolo di Dio, mettendolo in guardia da una possibile deriva che questo tempo potrebbe portare con sé e che lui ha chiamato “viralizzazione”, cioè il rischio di non aver più la ferma consapevolezza che la familiarità con Gesù è concreta e non virtuale, come lo è stata quella vissuta dai discepoli con il Risorto e commentata dal Papa in Santa Marta (cfr. Gv 21,1-14). Parole semplici e precise che potrebbero aprire una lunga e densa riflessione che tutto il popolo di Dio è invitato ad affrontare. Perché, continua il Santo Padre, “è vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo: ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci”. Le misure adottate per contrastare l’attuale pandemia effettivamente hanno portato a non ritrovarsi più come popolo che celebrare insieme la Cena del Signore, come il non abitare e vivere i luoghi tipici della comunità cristiana, pensiamo alle chiese o agli oratori, come agli altri luoghi pastorali. Tutto ciò è stato, dati alla mano, necessario per aiutare il rallentamento dell’epidemia nella speranza che la corsa, in un futuro non troppo remoto, possa anche trovare la sua fine. Vietare gli assembramenti che non potessero assicurare il così detto “distanziamento sociale”, ha portato a vivere un altro ambiente, quello virtuale, nel quale anche la Chiesa, che già lo abitava timidamente da tempo, si è catapultata per non arrendersi di fronte alla realtà complessa che si sta attraversando.

Nel tunnel della straordinarietà

D’altra parte tra distanziamento e fede on-line, da non demonizzare, si potrebbe correre il rischio di rimanere intrappolati nel “tunnel” della straordinarietà, dettata dagli eventi, assunta come via ordinaria di essere Chiesa. Cosa possiamo fare di fronte a questa possibile deriva? Anzitutto ricordare cosa significa essere comunità cristiana. Per far ciò possiamo lasciare che la Scrittura illumini la riflessione, in particolare l’immagine delineata in Atti degli Apostoli: i battezzati
“erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio” (v. 42-47).
Significativo il fatto che in tutto il racconto viene sempre utilizzato il plurale ma soprattutto tutto ciò che i primi battezzati facevano lo facevano insieme.

La fede vissuta al plurale

Lo spezzare il pane (fede celebrata), come l’essere assidui nell'insegnamento degli apostoli (la fede annunciata), infine l’avere in comune ogni cosa (la fede vissuta): non è questione di singolare ma di plurale. La “familiarità” richiamata da papa Francesco dunque, non può essere solo ideale o spirituale né tanto meno solo digitale, perché “può diventare – diciamo – gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio”. La strada tracciata dal Pontefice, per vivere questa familiarità con Gesù, sembra reggersi dunque in una relazione sì intima ma al contempo necessariamente comunitaria. Dove ciò che oggi è vietato o visto con sospetto, cioè il contatto reale, invece è la chiave. Non resta dunque che attendere di ritornare ad essere Chiesa dell’incontro, della prossimità, della familiarità, non mediata dallo schermo. Attesa che non significa immobilità o adagiamento al contesto attuale. All’opposto significa progettare, tra una diretta e l’altra, il come tornare ad essere ciò che ora siamo solo in parte. Francesco Verzini]]>
Celebranti senza popolo: la messa al tempo del Covid-19 https://www.lavoce.it/messa-senza-popolo-covid-19/ https://www.lavoce.it/messa-senza-popolo-covid-19/#comments Fri, 17 Apr 2020 07:37:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56901

Con uno dei decreti della presidenza del Consiglio dei ministri l’8 marzo sono state sospese, in via preventiva, le cerimonie civili e religiose su tutto il territorio nazionale. Contestualmente la Conferenza episcopale italiana, come le Conferenze delle varie regioni ecclesiastiche, in ottemperanza a quanto stabilito dagli organi di governo, hanno diramato diversi comunicati, note e indicazioni pastorali, tutte in fin dei conti con lo stesso risultato: sospensione delle messe con la partecipazione di popolo.

Settimana santa a porte chiuse

Abbiamo atteso con speranza che almeno per la Settimana santa, la grande Settimana, le misure emergenziali si potessero attenuare, invece: Settimana santa a porte chiuse. Questa assenza di popolo e assenza per il popolo ha suscitato non pochi commenti nel mondo ecclesiale, a tutti i livelli. Come spesso accade in una interpretazione avventata della realtà, abbiamo corso il rischio, o nel rischio siamo caduti, di fornire “ricette facili”, che probabilmente non sono frutto - anche se le parti appaiono ben preparate - di una riflessione più attenta e meno ideologizzata. Quest’ultima infatti dovrebbe proporre una lettura della realtà attuale più ponderata e meno impulsiva. Con questo non intendo esporre una rigorosa riflessione sul tema della messa senza adunanza di popolo; cercherò piuttosto di offrire un contributo che scaturisce dal sincero desiderio di portare equilibrio tra le parti, dove “equilibrio” non è sinonimo di “compromesso”.

Messa senza popolo

Ma ora veniamo al dunque: messa senza popolo sì o messa senza popolo no? Per rispondere prendo come base del ragionamento il numero 254 dell’Ordinamento generale del Messale romano che così afferma:
“la celebrazione senza ministro o senza almeno qualche fedele non si faccia se non per un giusto e ragionevole motivo”.
Indubbiamente in questi tempi di emergenza sanitaria stiamo vivendo tale “giusto e ragionevole motivo”, che legittima la celebrazione dell’eucarestia con il solo presbitero o con il presbitero e un ministro, ma questa forma rimane un’eccezione all’ordinarietà. Difatti, la ratio che soggiace all’Ordinamento è la stessa della Sacrosanctum Concilium, la quale a sua volta trova ispirazione nella Scrittura e nella Tradizione. La comunità è il soggetto celebrante e non lo è il solo ministro ordinato, il quale fa parte della stessa assemblea presiedendola.

La celebrazione è affare di popolo

Le testimonianze bibliche, come quelle patristiche, come le fonti liturgiche, che non cito perché innumerevoli, concordano sul fatto che la celebrazione dell'eucaristia è affare di popolo e non di singolo. Popolo concreto adunato intorno alla mensa per celebrare il mistero pasquale. In altre parole, la celebrazione eucaristica è nata e cresciuta in una dimensione comunitaria. La comunità cristiana trova in essa la sua fonte sorgiva. Da questo non si sfugge. È per questo che l’attuale Messale romano nel suo Ordo Missae parla di “populo congregato” e non di “sacerdos parato”, come invece faceva il Messale tridentino, quale condizione per dare inizio alla celebrazione. Eppure ciò che viviamo - faticosamente sia da parte dei laici che del clero - in questi giorni è una liturgia vissuta “sine populo congregato”.

Messa in diretta

Per far fronte a ciò molti sacerdoti hanno pensato di trasmettere le messe in diretta attraverso i social media. Gesto apprezzabile ed espressione di vicinanza, ma che non può in alcuna maniera essere considerato come surrogato di un’assemblea “viva” che si raduna per il rendimento di grazie. Per questo, più che moltiplicare le dirette, si sarebbe potuto recuperare, da parte del clero (e far recuperare al popolo di Dio), il senso di una messa celebrata pro populo seppur in sua assenza. Infatti, la liturgia, anche se in “forma privata”, è sempre azione di Cristo e della Chiesa tutta che celebra «applicando per la salute del mondo intero l’unica e infinità virtù redentrice del sacrificio della Croce» (Paolo VI, Mysterium fidei). Un altro aspetto su cui avremmo potuto impegnarci di più è la necessità di recuperare, in questo tempo particolare, la dimensione familiare del celebrare. Far riscoprire alle famiglie il loro essere chiesa domestica, in cui si può lodare il Signore attraverso varie forme. La Liturgia delle ore o l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio. In conclusione, ritengo che tale questione vada affrontata da una prospettiva diversa, più equilibrata, tenendo maggiormente conto della complessa e provvisoria situazione pastorale che tale emergenza sta suscitando nelle nostre comunità cristiane. La messa senza popolo non può dunque che rimanere un'eccezione, pur sofferta, alla forma ordinaria, che tutti speriamo di riprendere al più presto. Francesco Verzini]]>

Con uno dei decreti della presidenza del Consiglio dei ministri l’8 marzo sono state sospese, in via preventiva, le cerimonie civili e religiose su tutto il territorio nazionale. Contestualmente la Conferenza episcopale italiana, come le Conferenze delle varie regioni ecclesiastiche, in ottemperanza a quanto stabilito dagli organi di governo, hanno diramato diversi comunicati, note e indicazioni pastorali, tutte in fin dei conti con lo stesso risultato: sospensione delle messe con la partecipazione di popolo.

Settimana santa a porte chiuse

Abbiamo atteso con speranza che almeno per la Settimana santa, la grande Settimana, le misure emergenziali si potessero attenuare, invece: Settimana santa a porte chiuse. Questa assenza di popolo e assenza per il popolo ha suscitato non pochi commenti nel mondo ecclesiale, a tutti i livelli. Come spesso accade in una interpretazione avventata della realtà, abbiamo corso il rischio, o nel rischio siamo caduti, di fornire “ricette facili”, che probabilmente non sono frutto - anche se le parti appaiono ben preparate - di una riflessione più attenta e meno ideologizzata. Quest’ultima infatti dovrebbe proporre una lettura della realtà attuale più ponderata e meno impulsiva. Con questo non intendo esporre una rigorosa riflessione sul tema della messa senza adunanza di popolo; cercherò piuttosto di offrire un contributo che scaturisce dal sincero desiderio di portare equilibrio tra le parti, dove “equilibrio” non è sinonimo di “compromesso”.

Messa senza popolo

Ma ora veniamo al dunque: messa senza popolo sì o messa senza popolo no? Per rispondere prendo come base del ragionamento il numero 254 dell’Ordinamento generale del Messale romano che così afferma:
“la celebrazione senza ministro o senza almeno qualche fedele non si faccia se non per un giusto e ragionevole motivo”.
Indubbiamente in questi tempi di emergenza sanitaria stiamo vivendo tale “giusto e ragionevole motivo”, che legittima la celebrazione dell’eucarestia con il solo presbitero o con il presbitero e un ministro, ma questa forma rimane un’eccezione all’ordinarietà. Difatti, la ratio che soggiace all’Ordinamento è la stessa della Sacrosanctum Concilium, la quale a sua volta trova ispirazione nella Scrittura e nella Tradizione. La comunità è il soggetto celebrante e non lo è il solo ministro ordinato, il quale fa parte della stessa assemblea presiedendola.

La celebrazione è affare di popolo

Le testimonianze bibliche, come quelle patristiche, come le fonti liturgiche, che non cito perché innumerevoli, concordano sul fatto che la celebrazione dell'eucaristia è affare di popolo e non di singolo. Popolo concreto adunato intorno alla mensa per celebrare il mistero pasquale. In altre parole, la celebrazione eucaristica è nata e cresciuta in una dimensione comunitaria. La comunità cristiana trova in essa la sua fonte sorgiva. Da questo non si sfugge. È per questo che l’attuale Messale romano nel suo Ordo Missae parla di “populo congregato” e non di “sacerdos parato”, come invece faceva il Messale tridentino, quale condizione per dare inizio alla celebrazione. Eppure ciò che viviamo - faticosamente sia da parte dei laici che del clero - in questi giorni è una liturgia vissuta “sine populo congregato”.

Messa in diretta

Per far fronte a ciò molti sacerdoti hanno pensato di trasmettere le messe in diretta attraverso i social media. Gesto apprezzabile ed espressione di vicinanza, ma che non può in alcuna maniera essere considerato come surrogato di un’assemblea “viva” che si raduna per il rendimento di grazie. Per questo, più che moltiplicare le dirette, si sarebbe potuto recuperare, da parte del clero (e far recuperare al popolo di Dio), il senso di una messa celebrata pro populo seppur in sua assenza. Infatti, la liturgia, anche se in “forma privata”, è sempre azione di Cristo e della Chiesa tutta che celebra «applicando per la salute del mondo intero l’unica e infinità virtù redentrice del sacrificio della Croce» (Paolo VI, Mysterium fidei). Un altro aspetto su cui avremmo potuto impegnarci di più è la necessità di recuperare, in questo tempo particolare, la dimensione familiare del celebrare. Far riscoprire alle famiglie il loro essere chiesa domestica, in cui si può lodare il Signore attraverso varie forme. La Liturgia delle ore o l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio. In conclusione, ritengo che tale questione vada affrontata da una prospettiva diversa, più equilibrata, tenendo maggiormente conto della complessa e provvisoria situazione pastorale che tale emergenza sta suscitando nelle nostre comunità cristiane. La messa senza popolo non può dunque che rimanere un'eccezione, pur sofferta, alla forma ordinaria, che tutti speriamo di riprendere al più presto. Francesco Verzini]]>
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Chiese umbre. Ora la liturgia va online https://www.lavoce.it/chiese-umbre-liturgia-online/ Fri, 13 Mar 2020 16:35:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56446

È una Quaresima surreale e inimmaginabile solo fino a qualche settimana fa, quella che stanno vivendo i cattolici anche in Umbria. I provvedimenti del Governo di fatto bloccano tutta l’Italia e dettano molti limiti alle possibilità di spostamento delle persone, di apertura e organizzazione di tutti i luoghi pubblici, di gestione della quotidianità di ciascuno di noi. “Queste ulteriori restrizioni - commentano i Vescovi umbri - generano sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. Attraverso il grave sacrificio richiesto ai credenti, la comunità cristiana intende assicurare il proprio significativo contributo alla tutela della salute pubblica, collaborando lealmente con le Istituzioni civili in questo momento di emergenza nazionale”.

Le parole dei Vescovi Umbri

Niente messe nelle cattedrali, nei santuari e nelle chiese umbre. Almeno non con la presenza dei fedeli. I riti cambiano e si adeguano ai tempi, spostandosi sui social media che rimangono pressoché gli unici spazi di relazione che superano la dimensione domestica e familiare. “I fedeli sono invitati a dedicare un tempo conveniente - aggiunge la Conferenza episcopale umbra nella sua ultima nota - all’ascolto della Parola di Dio, alla preghiera e alla carità; possono essere d’aiuto le celebrazioni trasmesse tramite radio, televisione e in streaming sui siti internet e sui social”.

PREGARE PER VIA TECNOLOGICA

TV2000 canale 28 in tv e 157 su Sky, www.tv2000.it/live Ore 7 - Messa di Papa Francesco da Santa Marta Ore 8.30 - Messa Ore 12 - Angelus Ore 15 - Coroncina della Divina Misericordia Ore 18 - Rosario da Lourdes Ore 19 - Messa dal santuario del Divino Amore Ore 20 - Rosario a Maria che scioglie i nodi 

Maria Vision Assisi canale 602 in tv, www.mariavision.it/mariavision-italia Ore 11 - Messa dal santuario della Spogliazione (solo festivi) Ore 12 - Adorazione eucaristica dalla chiesa del Serafico Ore 17.30 - Rosario e messa dal santuario della Spogliazione

 Basilica di San Francesco  www.facebook.com/sanfrancescoassisi/live_videoswww.sanfrancesco.org Ore 06.30 - Lodi e messa dalla basilica inferiore Ore 12.30 - Ora media dalla Tomba Ore 18.30 - Vespri e messa dalla basilica inferiore

 Basilica di Santa Maria degli Angeliwww.porziuncola.org/webtv.html Ore 06.30 - Lodi e messa Ore 17.30 - Rosario e messa Ore 19 - Vespri

Chiese diocesane dell'Umbria Ore 08 - Terni : Messa feriale dalla chiesa di San Giovannino ( www.facebook.com/diocesiterninarniamelia )

Ore 18 - Spoleto : Messa dalla cattedrale di Santa Maria Assunta ( www.facebook.com/archidiocesispoletonorcia )

Ore 18 - Foligno : Messa feriale e festiva da varie chiese della diocesi (Radio gente umbra - Fm 88.60 -93; www.diocesidifoligno.it ; www.facebook.com/diocesidifoligno )

  L’accesso ai luoghi di culto non è però precluso ai singoli fedeli che possono ritagliarsi momenti di preghiera individuale, avendo cura di osservare la distanza di sicurezza. “La situazione che si è venuta a creare - spiegano ancora i Vescovi umbri - ci conduce ad una esperienza particolare di ‘digiuno’, privandoci dei momenti di preghiera e di incontro comunitario che accompagnano il cammino quotidiano del credente, specialmente in questo tempo di Quaresima. Ciò tuttavia offre l’occasione di coltivare la preghiera personale e in famiglia e di dedicare un congruo tempo all’ascolto e alla meditazione della Parola di Dio, affinché questi giorni che siamo chiamati a vivere diventino per tutti un momento di grazia che rinnova la vita cristiana e ottiene la benedizione di Dio a quanti sono colpiti e ai loro familiari; agli anziani, esposti più di altri alla solitudine; a tutti gli operatori sanitari e al loro generoso servizio; a quanti affrontano le pesanti conseguenze di questa crisi sul piano lavorativo ed economico; a chi ha responsabilità scientifiche e politiche di tutela della salute pubblica”.

La Conferenza episcopale italiana

“Tale inedita situazione - commenta una nota della Conferenza episcopale italiana - deve poter incontrare una risposta non rassegnata né disarmante. Va in questa direzione l’impegno con cui la Chiesa italiana, soprattutto attraverso le sue Diocesi e parrocchie, sta affrontando questo tempo, che come ricorda papa Francesco costituisce un cambiamento d’epoca, per molti versi spiazzante. Più che soffiare sulla paura, più che attardarci sui distinguo, più che puntare i riflettori sulle limitazioni e sui divieti del Decreto, la Chiesa tutta sente una responsabilità enorme di prossimità al Paese”. Questa vicinanza a tutti gli italiani - aggiungono i Vescovi italiani “si esprime nell’apertura delle chiese, nella disponibilità dei sacerdoti ad accompagnare il cammino spirituale delle persone con l’ascolto, la preghiera e il sacramento della riconciliazione; nel loro celebrare quotidianamente – senza popolo, ma per tutto il popolo – l’Eucaristia; nel loro visitare ammalati e anziani, anche con i sacramenti degli infermi; nel loro recarsi sui cimiteri per la benedizione dei defunti”. Anche stavolta “la prossimità ha il volto della carità”, assicurando in diocesi e parrocchie - spiega Caritas italiana - i servizi essenziali a favore dei poveri, quali le mense, gli empori, i dormitori, i centri d’ascolto. Nonostante lo stop a quasi tutte le iniziative pastorali, si moltiplicano sul territorio nazionale e umbro le iniziative in campo liturgico e caritativo, sostenute dai Vescovi e dalla passione di preti e laici, di animatori e volontari.

Daniele Morini

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È una Quaresima surreale e inimmaginabile solo fino a qualche settimana fa, quella che stanno vivendo i cattolici anche in Umbria. I provvedimenti del Governo di fatto bloccano tutta l’Italia e dettano molti limiti alle possibilità di spostamento delle persone, di apertura e organizzazione di tutti i luoghi pubblici, di gestione della quotidianità di ciascuno di noi. “Queste ulteriori restrizioni - commentano i Vescovi umbri - generano sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. Attraverso il grave sacrificio richiesto ai credenti, la comunità cristiana intende assicurare il proprio significativo contributo alla tutela della salute pubblica, collaborando lealmente con le Istituzioni civili in questo momento di emergenza nazionale”.

Le parole dei Vescovi Umbri

Niente messe nelle cattedrali, nei santuari e nelle chiese umbre. Almeno non con la presenza dei fedeli. I riti cambiano e si adeguano ai tempi, spostandosi sui social media che rimangono pressoché gli unici spazi di relazione che superano la dimensione domestica e familiare. “I fedeli sono invitati a dedicare un tempo conveniente - aggiunge la Conferenza episcopale umbra nella sua ultima nota - all’ascolto della Parola di Dio, alla preghiera e alla carità; possono essere d’aiuto le celebrazioni trasmesse tramite radio, televisione e in streaming sui siti internet e sui social”.

PREGARE PER VIA TECNOLOGICA

TV2000 canale 28 in tv e 157 su Sky, www.tv2000.it/live Ore 7 - Messa di Papa Francesco da Santa Marta Ore 8.30 - Messa Ore 12 - Angelus Ore 15 - Coroncina della Divina Misericordia Ore 18 - Rosario da Lourdes Ore 19 - Messa dal santuario del Divino Amore Ore 20 - Rosario a Maria che scioglie i nodi 

Maria Vision Assisi canale 602 in tv, www.mariavision.it/mariavision-italia Ore 11 - Messa dal santuario della Spogliazione (solo festivi) Ore 12 - Adorazione eucaristica dalla chiesa del Serafico Ore 17.30 - Rosario e messa dal santuario della Spogliazione

 Basilica di San Francesco  www.facebook.com/sanfrancescoassisi/live_videoswww.sanfrancesco.org Ore 06.30 - Lodi e messa dalla basilica inferiore Ore 12.30 - Ora media dalla Tomba Ore 18.30 - Vespri e messa dalla basilica inferiore

 Basilica di Santa Maria degli Angeliwww.porziuncola.org/webtv.html Ore 06.30 - Lodi e messa Ore 17.30 - Rosario e messa Ore 19 - Vespri

Chiese diocesane dell'Umbria Ore 08 - Terni : Messa feriale dalla chiesa di San Giovannino ( www.facebook.com/diocesiterninarniamelia )

Ore 18 - Spoleto : Messa dalla cattedrale di Santa Maria Assunta ( www.facebook.com/archidiocesispoletonorcia )

Ore 18 - Foligno : Messa feriale e festiva da varie chiese della diocesi (Radio gente umbra - Fm 88.60 -93; www.diocesidifoligno.it ; www.facebook.com/diocesidifoligno )

  L’accesso ai luoghi di culto non è però precluso ai singoli fedeli che possono ritagliarsi momenti di preghiera individuale, avendo cura di osservare la distanza di sicurezza. “La situazione che si è venuta a creare - spiegano ancora i Vescovi umbri - ci conduce ad una esperienza particolare di ‘digiuno’, privandoci dei momenti di preghiera e di incontro comunitario che accompagnano il cammino quotidiano del credente, specialmente in questo tempo di Quaresima. Ciò tuttavia offre l’occasione di coltivare la preghiera personale e in famiglia e di dedicare un congruo tempo all’ascolto e alla meditazione della Parola di Dio, affinché questi giorni che siamo chiamati a vivere diventino per tutti un momento di grazia che rinnova la vita cristiana e ottiene la benedizione di Dio a quanti sono colpiti e ai loro familiari; agli anziani, esposti più di altri alla solitudine; a tutti gli operatori sanitari e al loro generoso servizio; a quanti affrontano le pesanti conseguenze di questa crisi sul piano lavorativo ed economico; a chi ha responsabilità scientifiche e politiche di tutela della salute pubblica”.

La Conferenza episcopale italiana

“Tale inedita situazione - commenta una nota della Conferenza episcopale italiana - deve poter incontrare una risposta non rassegnata né disarmante. Va in questa direzione l’impegno con cui la Chiesa italiana, soprattutto attraverso le sue Diocesi e parrocchie, sta affrontando questo tempo, che come ricorda papa Francesco costituisce un cambiamento d’epoca, per molti versi spiazzante. Più che soffiare sulla paura, più che attardarci sui distinguo, più che puntare i riflettori sulle limitazioni e sui divieti del Decreto, la Chiesa tutta sente una responsabilità enorme di prossimità al Paese”. Questa vicinanza a tutti gli italiani - aggiungono i Vescovi italiani “si esprime nell’apertura delle chiese, nella disponibilità dei sacerdoti ad accompagnare il cammino spirituale delle persone con l’ascolto, la preghiera e il sacramento della riconciliazione; nel loro celebrare quotidianamente – senza popolo, ma per tutto il popolo – l’Eucaristia; nel loro visitare ammalati e anziani, anche con i sacramenti degli infermi; nel loro recarsi sui cimiteri per la benedizione dei defunti”. Anche stavolta “la prossimità ha il volto della carità”, assicurando in diocesi e parrocchie - spiega Caritas italiana - i servizi essenziali a favore dei poveri, quali le mense, gli empori, i dormitori, i centri d’ascolto. Nonostante lo stop a quasi tutte le iniziative pastorali, si moltiplicano sul territorio nazionale e umbro le iniziative in campo liturgico e caritativo, sostenute dai Vescovi e dalla passione di preti e laici, di animatori e volontari.

Daniele Morini

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Anche senza popolo, è Messa per il popolo https://www.lavoce.it/anche-senza-popolo-messa/ Thu, 12 Mar 2020 14:21:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56433 Mons. Luigi Filippucci celebra la messa

Anche in Umbria le comunità cristiane si sono ritrovate a non potersi riunire per la celebrazione eucaristica a causa dell'emergenza Coronavirus/Covid19. Una decisione che ha sollevato obiezioni, proteste e domande. Infatti il comunicato dell’8 marzo della Conferenza episcopale italiana così afferma: “Il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, entrato in vigore quest’oggi, sospende a livello preventivo, fino a venerdì 3 aprile, sull’intero territorio nazionale le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. L’interpretazione fornita dal Governo include rigorosamente le messe e le esequie tra le “cerimonie religiose”. Quindi, interpretandola in soldoni: niente più messa.

Cosa dice la Chiesa

Decisione che ad alcuni sembra in contrasto con ciò che la Chiesa vive e insegna. Infatti, dopo quell’Ultima Cena celebrata da Gesù la comunità cristiana mai ha cessato di far memoriale del mistero pasquale. La prima testimonianza ci viene dagli Atti degli apostoli: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2, 42), e da quelle prime comunità giudeo-cristiane ininterrottamente l’invito: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11, 24) mai ha cessato di risuonare ed essere accolto dalla Chiesa. Questo perché mai e poi mai essa può tralasciare ciò la edifica, ciò che la nutre, ciò che è per la sua stessa vita “fonte” e “culmine” (Sacrosanctum Concilium, 10; Lumen gentium, 11), perché il popolo di Dio non può fare a meno della celebrazione dell’evento che lo ha redento. Ma allora la Chiesa che è in Italia entra in contraddizione con il suo Maestro? Certo che no, anche se a agli occhi di alcuni incauti parrebbe di sì... La Chiesa che è in Italia e di conseguenza le varie Regioni ecclesiastiche si sono conformate a ciò che il Governo ha disposto, con sofferenza, certo, perché in qualche maniera viene meno il nostro cuore, ma come lo stesso comunicato afferma: “L’accoglienza del decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica”. E dunque come possiamo affermare che non viene meno a quel “fate questo in memoria di me”? Non ne viene meno perché la messa non è finita! Infatti non è stato fatto divieto assoluto di celebrare, ma di celebrare con il popolo; e ciò significa che i Pastori continueranno a celebrare l’eucarestia ma senza la presenza del popolo.

Le indicazioni del Messale Romano

È vero, il Messale romano così afferma: “Quando il popolo si è redunato...”, perché costitutivamente la celebrazione eucaristica è affare di popolo e non di clero. Il Concilio Vaticano II nella Sacrosanctum Concilium al numero 27 afferma: “Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della messa benché qualsiasi messa abbia sempre un carattere pubblico e sociale e per l’amministrazione dei sacramenti”. Ma, come si dice, di necessità si fa virtù, e quindi possiamo continuare a sostenere i fedeli con la celebrazione eucaristica senza la loro presenza fisica, tanto che nel Messale romano troviamo una sezione dedicata alla messa senza il popolo, che poco cambia dalla celebrazione della messa con il popolo, se non per la presenza di un unico altro ministro. Potremmo così dire: Missa sine populo sed pro populo, messa senza il popolo ma per il popolo. Quindi nulla di contraddittorio, ancor più se si pensa all’eucaristia come sacramento della carità, dell’amore di Dio. Questo spinge la Chiesa a far sì che i frutti di ciò che abbiamo celebrato possano diventare nella nostra vita buoni e maturi con segni di carità concreti quali - per esempio, tanto per richiamarci all’attualità di questi giorni - la tutela della salute dei propri fedeli.

I Vescovi umbri

I Vescovi umbri nel loro messaggio hanno sottolineato che “possono essere d’aiuto le celebrazioni trasmesse tramite radio, televisione e in streaming sui siti internet e sui social”. Pur non potendo in nessuna maniera sostituire la presenza fisica del popolo, tali mezzi possono però rendere visibile il sostegno spirituale che tanti sacerdoti continuano a donare celebrando l’eucaristia a favore del popolo di Dio, diventando così segno di speranza in un tempo dove potremmo rischiare di perderla. Questa “pausa obbligata” dalla celebrazione eucaristica, che i fedeli sono chiamati a vivere in questo momento, oltre a essere motivo di responsabilità nei confronti della salute pubblica, può essere un tempo opportuno per riscoprire due dimensioni. La prima, quella di ritrovare nelle nostre famiglie la dimensione della preghiera, una sorta di recupero di una celebrazione familiare. Purtroppo la liturgia cattolica non ha codificate celebrazioni nelle quali i componenti della famiglia in qualche maniera intervengono attivamente nello svolgimento del rito nelle proprie case, come invece ci testimonia l’Esodo (12,21-27) nel rito della Pasqua ebraica. Ma nulla vieta di ritrovarsi e pregare nell’ascolto della Parola di Dio, la recita della liturgia delle ore, o con la preghiera del rosario e altre devozioni, facendo sì che la famiglia torni a essere “piccola Chiesa e sacramento del Tuo amore”.

Un’ultima considerazione

Nella logica del tempo liturgico che stiamo vivendo, cioè quello di Quaresima, è stato chiesto al popolo cristiano di fare un ‘digiuno’ particolare che difficilmente ci saremmo immaginati, un digiuno che può farci riscoprire il valore delle cose. Forse, dunque, questo tempo può diventare propizio per accogliere in noi questo sentimento di vuoto, così da poter tornare in futuro a celebrare l’eucaristia con una diversa consapevolezza, cioè con la consapevolezza che di essa non possiamo fare a meno. Don Francesco Verzini]]>
Mons. Luigi Filippucci celebra la messa

Anche in Umbria le comunità cristiane si sono ritrovate a non potersi riunire per la celebrazione eucaristica a causa dell'emergenza Coronavirus/Covid19. Una decisione che ha sollevato obiezioni, proteste e domande. Infatti il comunicato dell’8 marzo della Conferenza episcopale italiana così afferma: “Il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, entrato in vigore quest’oggi, sospende a livello preventivo, fino a venerdì 3 aprile, sull’intero territorio nazionale le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. L’interpretazione fornita dal Governo include rigorosamente le messe e le esequie tra le “cerimonie religiose”. Quindi, interpretandola in soldoni: niente più messa.

Cosa dice la Chiesa

Decisione che ad alcuni sembra in contrasto con ciò che la Chiesa vive e insegna. Infatti, dopo quell’Ultima Cena celebrata da Gesù la comunità cristiana mai ha cessato di far memoriale del mistero pasquale. La prima testimonianza ci viene dagli Atti degli apostoli: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2, 42), e da quelle prime comunità giudeo-cristiane ininterrottamente l’invito: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11, 24) mai ha cessato di risuonare ed essere accolto dalla Chiesa. Questo perché mai e poi mai essa può tralasciare ciò la edifica, ciò che la nutre, ciò che è per la sua stessa vita “fonte” e “culmine” (Sacrosanctum Concilium, 10; Lumen gentium, 11), perché il popolo di Dio non può fare a meno della celebrazione dell’evento che lo ha redento. Ma allora la Chiesa che è in Italia entra in contraddizione con il suo Maestro? Certo che no, anche se a agli occhi di alcuni incauti parrebbe di sì... La Chiesa che è in Italia e di conseguenza le varie Regioni ecclesiastiche si sono conformate a ciò che il Governo ha disposto, con sofferenza, certo, perché in qualche maniera viene meno il nostro cuore, ma come lo stesso comunicato afferma: “L’accoglienza del decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica”. E dunque come possiamo affermare che non viene meno a quel “fate questo in memoria di me”? Non ne viene meno perché la messa non è finita! Infatti non è stato fatto divieto assoluto di celebrare, ma di celebrare con il popolo; e ciò significa che i Pastori continueranno a celebrare l’eucarestia ma senza la presenza del popolo.

Le indicazioni del Messale Romano

È vero, il Messale romano così afferma: “Quando il popolo si è redunato...”, perché costitutivamente la celebrazione eucaristica è affare di popolo e non di clero. Il Concilio Vaticano II nella Sacrosanctum Concilium al numero 27 afferma: “Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della messa benché qualsiasi messa abbia sempre un carattere pubblico e sociale e per l’amministrazione dei sacramenti”. Ma, come si dice, di necessità si fa virtù, e quindi possiamo continuare a sostenere i fedeli con la celebrazione eucaristica senza la loro presenza fisica, tanto che nel Messale romano troviamo una sezione dedicata alla messa senza il popolo, che poco cambia dalla celebrazione della messa con il popolo, se non per la presenza di un unico altro ministro. Potremmo così dire: Missa sine populo sed pro populo, messa senza il popolo ma per il popolo. Quindi nulla di contraddittorio, ancor più se si pensa all’eucaristia come sacramento della carità, dell’amore di Dio. Questo spinge la Chiesa a far sì che i frutti di ciò che abbiamo celebrato possano diventare nella nostra vita buoni e maturi con segni di carità concreti quali - per esempio, tanto per richiamarci all’attualità di questi giorni - la tutela della salute dei propri fedeli.

I Vescovi umbri

I Vescovi umbri nel loro messaggio hanno sottolineato che “possono essere d’aiuto le celebrazioni trasmesse tramite radio, televisione e in streaming sui siti internet e sui social”. Pur non potendo in nessuna maniera sostituire la presenza fisica del popolo, tali mezzi possono però rendere visibile il sostegno spirituale che tanti sacerdoti continuano a donare celebrando l’eucaristia a favore del popolo di Dio, diventando così segno di speranza in un tempo dove potremmo rischiare di perderla. Questa “pausa obbligata” dalla celebrazione eucaristica, che i fedeli sono chiamati a vivere in questo momento, oltre a essere motivo di responsabilità nei confronti della salute pubblica, può essere un tempo opportuno per riscoprire due dimensioni. La prima, quella di ritrovare nelle nostre famiglie la dimensione della preghiera, una sorta di recupero di una celebrazione familiare. Purtroppo la liturgia cattolica non ha codificate celebrazioni nelle quali i componenti della famiglia in qualche maniera intervengono attivamente nello svolgimento del rito nelle proprie case, come invece ci testimonia l’Esodo (12,21-27) nel rito della Pasqua ebraica. Ma nulla vieta di ritrovarsi e pregare nell’ascolto della Parola di Dio, la recita della liturgia delle ore, o con la preghiera del rosario e altre devozioni, facendo sì che la famiglia torni a essere “piccola Chiesa e sacramento del Tuo amore”.

Un’ultima considerazione

Nella logica del tempo liturgico che stiamo vivendo, cioè quello di Quaresima, è stato chiesto al popolo cristiano di fare un ‘digiuno’ particolare che difficilmente ci saremmo immaginati, un digiuno che può farci riscoprire il valore delle cose. Forse, dunque, questo tempo può diventare propizio per accogliere in noi questo sentimento di vuoto, così da poter tornare in futuro a celebrare l’eucaristia con una diversa consapevolezza, cioè con la consapevolezza che di essa non possiamo fare a meno. Don Francesco Verzini]]>
Messe: anche in Umbria celebrazioni sospese fino al 3 aprile. La nota Ceu https://www.lavoce.it/messe-anche-in-umbria-celebrazioni-sospese-fino-al-3-aprile-la-nota-ceu/ Sun, 08 Mar 2020 19:35:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56411 assemblea

La celebrazione della messa è sospesa in tutte le chiese della regione fino a venerdì 3 aprile. Lo ha stabilito la Conferenza episcopale umbra con una decisione che accoglie le indicazioni fornite dalla Cei nella stessa giornata. La nota del presidente Ceu, l'arcivescovo di Spoleto - Norcia mons. Renato Boccardo, è arrivata nella tarda serta di questa domenica 8 marzo. Pubblichiamo il testo integrale. «A seguito del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri entrato in vigore quest’oggi 8 marzo per contrastare la diffusione del “coronavirus”, e a completamento della Nota della Conferenza Episcopale Umbra del 5 marzo u.s. i Vescovi della Regione Ecclesiastica stabiliscono la sospensione della celebrazione di tutte le SS. Messe feriali e festive con la presenza dei fedeli in tutte le chiese e santuari della Regione, fino a venerdì 3 aprile p.v. compreso. Tra le “cerimonie civili e religiose” il Decreto governativo include esplicitamente anche i funerali. Il rito funebre dovrà dunque essere celebrato senza Messa, direttamente al cimitero, alla presenza dei soli stretti familiari, secondo quanto previsto al cap. IV del Rito delle Esequie. Queste ulteriori restrizioni generano sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. Attraverso il grave sacrificio richiesto ai credenti, la comunità cristiana intende assicurare il proprio significativo contributo alla tutela della salute pubblica, collaborando lealmente con le Istituzioni civili in questo momento di emergenza nazionale. Nell’impossibilità di adempiere al precetto festivo ai sensi del can. 1248§2, i fedeli sono invitati a dedicare un tempo conveniente all’ascolto della Parola di Dio, alla preghiera e alla carità; possono essere d’aiuto le celebrazioni trasmesse tramite radio, televisione e in streaming sui siti internet e sui social. L’accesso ai luoghi di culto sia consentito ai singoli fedeli che vogliano recarvisi per la preghiera individuale, avendo cura che venga osservata la distanza di precauzione igienica».]]>
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La celebrazione della messa è sospesa in tutte le chiese della regione fino a venerdì 3 aprile. Lo ha stabilito la Conferenza episcopale umbra con una decisione che accoglie le indicazioni fornite dalla Cei nella stessa giornata. La nota del presidente Ceu, l'arcivescovo di Spoleto - Norcia mons. Renato Boccardo, è arrivata nella tarda serta di questa domenica 8 marzo. Pubblichiamo il testo integrale. «A seguito del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri entrato in vigore quest’oggi 8 marzo per contrastare la diffusione del “coronavirus”, e a completamento della Nota della Conferenza Episcopale Umbra del 5 marzo u.s. i Vescovi della Regione Ecclesiastica stabiliscono la sospensione della celebrazione di tutte le SS. Messe feriali e festive con la presenza dei fedeli in tutte le chiese e santuari della Regione, fino a venerdì 3 aprile p.v. compreso. Tra le “cerimonie civili e religiose” il Decreto governativo include esplicitamente anche i funerali. Il rito funebre dovrà dunque essere celebrato senza Messa, direttamente al cimitero, alla presenza dei soli stretti familiari, secondo quanto previsto al cap. IV del Rito delle Esequie. Queste ulteriori restrizioni generano sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. Attraverso il grave sacrificio richiesto ai credenti, la comunità cristiana intende assicurare il proprio significativo contributo alla tutela della salute pubblica, collaborando lealmente con le Istituzioni civili in questo momento di emergenza nazionale. Nell’impossibilità di adempiere al precetto festivo ai sensi del can. 1248§2, i fedeli sono invitati a dedicare un tempo conveniente all’ascolto della Parola di Dio, alla preghiera e alla carità; possono essere d’aiuto le celebrazioni trasmesse tramite radio, televisione e in streaming sui siti internet e sui social. L’accesso ai luoghi di culto sia consentito ai singoli fedeli che vogliano recarvisi per la preghiera individuale, avendo cura che venga osservata la distanza di precauzione igienica».]]>