matrimonio Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/matrimonio/ Settimanale di informazione regionale Tue, 27 Aug 2024 14:04:57 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg matrimonio Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/matrimonio/ 32 32 Retrouvaille, un servizio alla coppia in crisi di relazione https://www.lavoce.it/retrouvaille-un-servizio-alla-coppia-in-crisi/ https://www.lavoce.it/retrouvaille-un-servizio-alla-coppia-in-crisi/#respond Fri, 02 Aug 2024 08:00:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77293 In primo piano una donna di profilo con i capelli che le coprono il volto e tiene una mano davanti al viso, sullo sfondo a sinistra un uomo di spalle. Si trovano in un bosco. Foto in bianco e nero

La storia di Claudio e Daniela una coppia ad un passo dalla separazione

“Arrivammo al matrimonio convinti che sarebbe stato l’inizio di una bellissima favola. Dopo i primi tempi, però - ci racconta Claudio - la routine e le frustrazioni quotidiane hanno minato la nostra relazione. A casa non mi sentivo considerato, percepivo il disagio di mia moglie ma prevaleva in me il pensiero che ero fatto così e che Daniela non mi capiva. Mi sentivo criticato e non realizzato. Iniziai a uscire la sera, a frequentare altre persone e a comportarmi da scapolo sposato”.

Claudio e Daniela sono due coniugi umbri che qualche tempo dopo le nozze si sono trovati soffocati dai problemi della coppia. “Criticavo Claudio su ogni sua scelta e atteggiamento, volevo ferirlo, considerandolo la causa della mia sofferenza. La convivenza - ci spiega Daniela - era diventata insostenibile, come un peso da togliere il fiato, erano crollati tutti i miei sogni, mi sentivo devastata”.

E poi il percorso di coppia con Retrouvaille

Poi, a un passo dalla separazione, si apre uno spiraglio di luce e una coppia di amici racconta loro del percorso di Retrouvaille. “Ci siamo iscritti all’esperienza - continuano Claudio e Daniela - senza tante speranze. Nel fine settimana, ascoltare le testimonianze delle altre coppie ha acceso in noi la speranza, ce la potevamo fare. Il metodo proposto ci ha insegnato a ricostruire una sana comunicazione base di ogni relazione, siamo riusciti a perdonarci, e con l’aiuto delle altre coppie a ricostruire la nostra relazione, consapevoli che amare è una decisione da prendere ogni giorno con costanza e impegno”.

L'associazione Retrouvaille e la tecnica di comunicazione

Sono una croce di legno con appeso un salvagente, simboli di fatica e di rinascita, quelli che accompagnano l’associazione Retrouvaille, che punta a recuperare matrimoni in crisi o addirittura già finiti. Già il nome - che significa “ritrovarsi” - vuol essere un segnale di speranze per i naufraghi delle relazioni. Grazie a un week end da trascorrere con un team composto da tre coppie e un sacerdote, è possibile salvare una relazione arrivata al capolinea. Retrouvaille offre una tecnica di comunicazione che consente di affrontare tutti i temi legati alla relazione di coppia, e il 70% delle coppie che partecipano ne ha tratto benefici tangibili.

È rivolta a tutti, anche alle coppie sposate civilmente o conviventi

Il team non fornisce però consulenza matrimoniale né psicologica. Il programma, di matrice cattolica, è aperto a tutti. La mano tesa, infatti, è rivolta anche a coppie sposate civilmente o conviventi con figli, oppure appartenenti ad altre religioni. Con l’intento di rimettere in moto il sogno che le aveva portate a formare una famiglia. Nel corso del programma vengono forniti gli strumenti per rivedere in modo nuovo e costruttivo la relazione matrimoniale. Veicoli di speranza sono le coppie del team, che hanno vissuto le stesse difficoltà e che sono rinate grazie al proprio impegno e all’aiuto del metodo Retrouvaille.

A settembre un incontro a Loreto

Dal 20 al 22 settembre 2024 si terrà a Loreto (An) il prossimo fine settimana di Retrouvaille per il centro Italia, Umbria compresa. Per informazioni si possono chiamare i numeri 346 2225896 e 800 123958, oppure visitare il sito www.retrouvaille.it. Il programma nasce negli anni Settanta in Canada e arriva in Italia nel 2001, quando la Chiesa italiana avverte l’esigenza di dare una risposta alle sempre più pressanti richieste di aiuto delle coppie in grave crisi.
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In primo piano una donna di profilo con i capelli che le coprono il volto e tiene una mano davanti al viso, sullo sfondo a sinistra un uomo di spalle. Si trovano in un bosco. Foto in bianco e nero

La storia di Claudio e Daniela una coppia ad un passo dalla separazione

“Arrivammo al matrimonio convinti che sarebbe stato l’inizio di una bellissima favola. Dopo i primi tempi, però - ci racconta Claudio - la routine e le frustrazioni quotidiane hanno minato la nostra relazione. A casa non mi sentivo considerato, percepivo il disagio di mia moglie ma prevaleva in me il pensiero che ero fatto così e che Daniela non mi capiva. Mi sentivo criticato e non realizzato. Iniziai a uscire la sera, a frequentare altre persone e a comportarmi da scapolo sposato”.

Claudio e Daniela sono due coniugi umbri che qualche tempo dopo le nozze si sono trovati soffocati dai problemi della coppia. “Criticavo Claudio su ogni sua scelta e atteggiamento, volevo ferirlo, considerandolo la causa della mia sofferenza. La convivenza - ci spiega Daniela - era diventata insostenibile, come un peso da togliere il fiato, erano crollati tutti i miei sogni, mi sentivo devastata”.

E poi il percorso di coppia con Retrouvaille

Poi, a un passo dalla separazione, si apre uno spiraglio di luce e una coppia di amici racconta loro del percorso di Retrouvaille. “Ci siamo iscritti all’esperienza - continuano Claudio e Daniela - senza tante speranze. Nel fine settimana, ascoltare le testimonianze delle altre coppie ha acceso in noi la speranza, ce la potevamo fare. Il metodo proposto ci ha insegnato a ricostruire una sana comunicazione base di ogni relazione, siamo riusciti a perdonarci, e con l’aiuto delle altre coppie a ricostruire la nostra relazione, consapevoli che amare è una decisione da prendere ogni giorno con costanza e impegno”.

L'associazione Retrouvaille e la tecnica di comunicazione

Sono una croce di legno con appeso un salvagente, simboli di fatica e di rinascita, quelli che accompagnano l’associazione Retrouvaille, che punta a recuperare matrimoni in crisi o addirittura già finiti. Già il nome - che significa “ritrovarsi” - vuol essere un segnale di speranze per i naufraghi delle relazioni. Grazie a un week end da trascorrere con un team composto da tre coppie e un sacerdote, è possibile salvare una relazione arrivata al capolinea. Retrouvaille offre una tecnica di comunicazione che consente di affrontare tutti i temi legati alla relazione di coppia, e il 70% delle coppie che partecipano ne ha tratto benefici tangibili.

È rivolta a tutti, anche alle coppie sposate civilmente o conviventi

Il team non fornisce però consulenza matrimoniale né psicologica. Il programma, di matrice cattolica, è aperto a tutti. La mano tesa, infatti, è rivolta anche a coppie sposate civilmente o conviventi con figli, oppure appartenenti ad altre religioni. Con l’intento di rimettere in moto il sogno che le aveva portate a formare una famiglia. Nel corso del programma vengono forniti gli strumenti per rivedere in modo nuovo e costruttivo la relazione matrimoniale. Veicoli di speranza sono le coppie del team, che hanno vissuto le stesse difficoltà e che sono rinate grazie al proprio impegno e all’aiuto del metodo Retrouvaille.

A settembre un incontro a Loreto

Dal 20 al 22 settembre 2024 si terrà a Loreto (An) il prossimo fine settimana di Retrouvaille per il centro Italia, Umbria compresa. Per informazioni si possono chiamare i numeri 346 2225896 e 800 123958, oppure visitare il sito www.retrouvaille.it. Il programma nasce negli anni Settanta in Canada e arriva in Italia nel 2001, quando la Chiesa italiana avverte l’esigenza di dare una risposta alle sempre più pressanti richieste di aiuto delle coppie in grave crisi.
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Festa delle Nozze d’argento a Terni per San Valentino. L’omelia del Vescovo https://www.lavoce.it/festa-delle-nozze-dargento-a-terni-per-san-valentino-lomelia-del-vescovo/ Sun, 20 Feb 2022 13:47:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65052 festa delle nozze d'argento 2020

Celebrata nella basilica di San Valentino festa delle nozze d’argento presieduta da mons. Francesco Antonio Soddu vescovo di Terni-Narni-Amelia.

Nozze d'argento: circa trenta coppie in Basilica

Circa 30 coppie, provenienti da Terni e provincia, dall’ Umbria e d’Italia e da Filottrano in provincia di Ancona, accompagnati dai figli e in qualche caso anche dai nipoti e genitori, hanno rinnovato davanti all’urna di San Valentino gli impegni consacrati sull’altare nel giorno del matrimonio. Tra loro anche alcune coppie che hanno celebrato i 30 anni di matrimonio.

Un incontro che celebra l’amore sponsale e familiare, sottolineando il valore forte della famiglia per la crescita dei figli e nella trasmissione dei valori e della fede. La tradizione della celebrazione della ricorrenza dei 25 anni di matrimonio nella basilica di San Valentino, che si rinnova da decenni, rappresenta una grande preghiera corale per le famiglie perché s’irrobustisca l’amore reciproco, l’attenzione e la tenerezza nel prendersi cura gli uni degli altri con sincerità e rispetto.

L'omelia del Vescovo sull'amore

Salutando i presenti mons. Soddu ha rivolto parole gioiose di benvenuto sottolineando la bellezza delle coppie di sposi: “Arrivando verso l'altare vi osservavo e pensavo quanto sono belli, perché davanti a Dio la bellezza acquista il significato profondo dell'amore”.

“Il comandamento nuovo – ha poi aggiunto - che vi amate come gli agli uni gli altri come vi ho amato, è il nucleo centrale non soltanto oggi, perché in questo comandamento vi è il senso dell’essere cristiani, il motivo per cui Dio è amore, quello stesso amore che ha dato all'umanità attraverso il suo figlio Gesù. Non si tratta semplicemente di un'imitazione di Cristo, ma di un'adesione al ciò che lui ha fatto, ha ricreato l'umanità con la sua morte. Con la sua donazione egli salva l'umanità e si unisce, come nelle nozze, all'umanità, infatti l'unione di Cristo all'umanità è un’unione sponsale, un’unione indissolubile. Ecco che cosa state celebrando voi: il sacramento dell'unione sponsale”.

“A voi sposi questo è dato - ha aggiunto il Vescovo - affinché nelle vostre attività quotidiane, nella vostra vita, possiate sempre manifestare questo amore grande che Dio ha avuto per voi e che voi avete l’uno per l'altro nella vostra famiglia e che avete sancito con l'esistenza dei vostri figli. Tutto questo si manifesta con i rapporti delle famiglie per creare la comunità e la società. Che l'amore di Dio nei vostri confronti sia questo sbocciare di un giardino, l’esplodere di grandi luci e belle luminose che rendono la vita più bella, così come ho trovato nei vostri volti e nei vostri sguardi entrando in questa chiesa”.

Ai partecipanti è consegnata la pergamena ricordo e alle signore un omaggio floreale.

[gallery td_select_gallery_slide="slide" td_gallery_title_input="Festa delle nozze d’argento - Terni -San Valentino 2020 " ids="65058,65057,65056,65055,65054,65053"]]]>
festa delle nozze d'argento 2020

Celebrata nella basilica di San Valentino festa delle nozze d’argento presieduta da mons. Francesco Antonio Soddu vescovo di Terni-Narni-Amelia.

Nozze d'argento: circa trenta coppie in Basilica

Circa 30 coppie, provenienti da Terni e provincia, dall’ Umbria e d’Italia e da Filottrano in provincia di Ancona, accompagnati dai figli e in qualche caso anche dai nipoti e genitori, hanno rinnovato davanti all’urna di San Valentino gli impegni consacrati sull’altare nel giorno del matrimonio. Tra loro anche alcune coppie che hanno celebrato i 30 anni di matrimonio.

Un incontro che celebra l’amore sponsale e familiare, sottolineando il valore forte della famiglia per la crescita dei figli e nella trasmissione dei valori e della fede. La tradizione della celebrazione della ricorrenza dei 25 anni di matrimonio nella basilica di San Valentino, che si rinnova da decenni, rappresenta una grande preghiera corale per le famiglie perché s’irrobustisca l’amore reciproco, l’attenzione e la tenerezza nel prendersi cura gli uni degli altri con sincerità e rispetto.

L'omelia del Vescovo sull'amore

Salutando i presenti mons. Soddu ha rivolto parole gioiose di benvenuto sottolineando la bellezza delle coppie di sposi: “Arrivando verso l'altare vi osservavo e pensavo quanto sono belli, perché davanti a Dio la bellezza acquista il significato profondo dell'amore”.

“Il comandamento nuovo – ha poi aggiunto - che vi amate come gli agli uni gli altri come vi ho amato, è il nucleo centrale non soltanto oggi, perché in questo comandamento vi è il senso dell’essere cristiani, il motivo per cui Dio è amore, quello stesso amore che ha dato all'umanità attraverso il suo figlio Gesù. Non si tratta semplicemente di un'imitazione di Cristo, ma di un'adesione al ciò che lui ha fatto, ha ricreato l'umanità con la sua morte. Con la sua donazione egli salva l'umanità e si unisce, come nelle nozze, all'umanità, infatti l'unione di Cristo all'umanità è un’unione sponsale, un’unione indissolubile. Ecco che cosa state celebrando voi: il sacramento dell'unione sponsale”.

“A voi sposi questo è dato - ha aggiunto il Vescovo - affinché nelle vostre attività quotidiane, nella vostra vita, possiate sempre manifestare questo amore grande che Dio ha avuto per voi e che voi avete l’uno per l'altro nella vostra famiglia e che avete sancito con l'esistenza dei vostri figli. Tutto questo si manifesta con i rapporti delle famiglie per creare la comunità e la società. Che l'amore di Dio nei vostri confronti sia questo sbocciare di un giardino, l’esplodere di grandi luci e belle luminose che rendono la vita più bella, così come ho trovato nei vostri volti e nei vostri sguardi entrando in questa chiesa”.

Ai partecipanti è consegnata la pergamena ricordo e alle signore un omaggio floreale.

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In questo numero: la scuola si prepara per l’estate – matrimoni forzati – oratori https://www.lavoce.it/la-scuola-si-prepara-per-lestate-matrimoni-forzati-oratori/ Fri, 11 Jun 2021 14:51:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60968

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

La scuola è anche questione di edilizia

di Alberto Campoleoni L’anno scolastico va verso la conclusione. Una conclusione “strana”, come è stato “strano” un po’ tutto questo anno scolastico, sballottato tra didattica a distanza e assenza vera e propria di didattica (già, perché non vanno dimenticate quelle situazioni più volte denunciate dove le infrastrutture inadeguate – reti internet, strumentazione tecnologica carente, difficoltà sociali e familiari – hanno impedito quasi del tutto l’esperienza scolastica). Un anno che si chiude però all’insegna della speranza di …

Focus

Brusca: è giusto scarcerarlo?

di Pier Giorgio Lignani Giovanni Brusca è stato scarcerato per fine pena, e non si placano le polemiche dei tanti che vorrebbero farlo stare in galera fino alla morte. La prima osservazione è che tutti parlano come se qualcuno si fosse svegliato una mattina e avesse deciso di scarcerare l’autore della strage di Capaci …

Burkina inerme di fronte al jihad

di Tonio Dell’Olio Il Papa l’ha richiamato all’Angelus domenicale, chiedendo una preghiera e la denuncia dell’indifferenza della comunità internazionale. Il Presidente del Burkina Faso, non riuscendo a garantire la difesa...

Nel giornale

Il banco di prova

Termina un anno scolastico molto particolare, di cui è ancora difficile valutare che trascichi avrà, tra nuove forme di apprendimento e problemi di apprendimento. Secondo la dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, Antonella Iunti, il 2020-21 è stato un duro “banco di prova”, di cui fare tesoro per la didattica futura. Intanto, al via le attività scolastiche estive: una scelta facoltativa, con punti dibattuti, ma che offre delle belle opportunità, come sottolineano esponenti del corpo docente. Senza dimenticare la fondamentale l’educazione alla vita sociale, per cui la Regione ha stanziato fondi importanti. Le proposte di Grest che arrivano  dalle nostre parrocchie

TURISMO

È confermato, in molti “amano il mare dell’Umbria”! Il settore turistico, duramente colpito, si prepara adesso a ripartire con slancio. Su cosa puntare? Lo abbiamo chiesto all’assessora regionale Paola Agabiti

CULTURA

Anche la musica elettronica esalta Dante nel suo centenario. Autore, un professore umbro... di violino

ECOLOGIA

Per la transizione ecologica, torna utile l’insegnamento di san Paolo. Il Messaggio della Cei per la prossima Giornata del creato

ISLAM E MATRIMONI FORZATI

Finalmente - dopo tragici fatti di cronaca - dal mondo islamico una parola chiara contro la pratica dei matrimoni foarzati. Ne abbiamo parlato con Maymouna Abdel Qader, figlia dello “storico” imam di Perugia. La voce giovane del dialogo e dell’apertura culturale  ]]>

Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

l’editoriale

La scuola è anche questione di edilizia

di Alberto Campoleoni L’anno scolastico va verso la conclusione. Una conclusione “strana”, come è stato “strano” un po’ tutto questo anno scolastico, sballottato tra didattica a distanza e assenza vera e propria di didattica (già, perché non vanno dimenticate quelle situazioni più volte denunciate dove le infrastrutture inadeguate – reti internet, strumentazione tecnologica carente, difficoltà sociali e familiari – hanno impedito quasi del tutto l’esperienza scolastica). Un anno che si chiude però all’insegna della speranza di …

Focus

Brusca: è giusto scarcerarlo?

di Pier Giorgio Lignani Giovanni Brusca è stato scarcerato per fine pena, e non si placano le polemiche dei tanti che vorrebbero farlo stare in galera fino alla morte. La prima osservazione è che tutti parlano come se qualcuno si fosse svegliato una mattina e avesse deciso di scarcerare l’autore della strage di Capaci …

Burkina inerme di fronte al jihad

di Tonio Dell’Olio Il Papa l’ha richiamato all’Angelus domenicale, chiedendo una preghiera e la denuncia dell’indifferenza della comunità internazionale. Il Presidente del Burkina Faso, non riuscendo a garantire la difesa...

Nel giornale

Il banco di prova

Termina un anno scolastico molto particolare, di cui è ancora difficile valutare che trascichi avrà, tra nuove forme di apprendimento e problemi di apprendimento. Secondo la dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, Antonella Iunti, il 2020-21 è stato un duro “banco di prova”, di cui fare tesoro per la didattica futura. Intanto, al via le attività scolastiche estive: una scelta facoltativa, con punti dibattuti, ma che offre delle belle opportunità, come sottolineano esponenti del corpo docente. Senza dimenticare la fondamentale l’educazione alla vita sociale, per cui la Regione ha stanziato fondi importanti. Le proposte di Grest che arrivano  dalle nostre parrocchie

TURISMO

È confermato, in molti “amano il mare dell’Umbria”! Il settore turistico, duramente colpito, si prepara adesso a ripartire con slancio. Su cosa puntare? Lo abbiamo chiesto all’assessora regionale Paola Agabiti

CULTURA

Anche la musica elettronica esalta Dante nel suo centenario. Autore, un professore umbro... di violino

ECOLOGIA

Per la transizione ecologica, torna utile l’insegnamento di san Paolo. Il Messaggio della Cei per la prossima Giornata del creato

ISLAM E MATRIMONI FORZATI

Finalmente - dopo tragici fatti di cronaca - dal mondo islamico una parola chiara contro la pratica dei matrimoni foarzati. Ne abbiamo parlato con Maymouna Abdel Qader, figlia dello “storico” imam di Perugia. La voce giovane del dialogo e dell’apertura culturale  ]]>
Anche perché l’asticella s’alza https://www.lavoce.it/anche-perche-lasticella-salza/ Mon, 11 May 2020 16:47:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57078 logo abat jour, rubrica settimanale

L’ultima abat-jour denunciava amarezza di fronte alla prorompente banalizzazione di un importante capitolo della vicenda umana qual è la sfera sessuale, ma si chiudeva con una nota positiva appena accennata: “anche perché”… Perché è stata l’occasione buona per esaltare ulteriormente la dignità di quella sfera alla luce del mistero che fa centro in Cristo.

Il matrimonio

Ricordo qualcosa della vecchia teologia del sacramento come me l’insegnò il prof. Lambruschini al Laterano, a ridosso dell’inizio del Concilio; essa ruotava intorno all’affermazione che “il matrimonio in tanto è sacramento in quanto è contratto”: consiste nelle cessione al coniuge dei diritti sul proprio corpo, che fra l’altro “contiene” anche l’anima... Un mercato delle vacche con tanto d’acqua santa. Oggi l’introduzione al nuovo rito del matrimonio, varato nel 2002: “Con la celebrazione del sacramento del Matrimonio gli sposi cristiani partecipano all’alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa e ricevono la grazia di viverla e manifestarla nel loro rapporto di coppia e nella vita familiare. Si tratta di una celebrazione in cui si attua un evento salvifico”. E la colletta: “Dio onnipotente, origine e fonte della vita, che ci hai rigenerati nell’acqua con la potenza del tuo Spirito, ravviva in tutti noi la grazia del Battesimo e concedi a N. e N. un cuore libero e una fede ardente perché, purificati nell’intimo, accolgano il dono del Matrimonio, nuova via della loro santificazione”. E si invita a privilegiare le letture che esprimono in modo particolare l’importanza e la dignità del Matrimonio nel mistero della salvezza. Questo modo di fare della Chiesa, credo ci debba entusiasmare. Più la cultura dei nostri giorni si laicizza in senso negativo, deprezzando la dignità dell’essere umano, più la Chiesa rilancia la grandezza dell’avventura umana. Più la invitano, i tanti suoi improvvisati consiglieri, ad abbassare l’asticella, e più la Chiesa, nella sua giovanissima vecchiaia, quell’asticella la alza! A cura di Angelo M. Fanucci]]>
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L’ultima abat-jour denunciava amarezza di fronte alla prorompente banalizzazione di un importante capitolo della vicenda umana qual è la sfera sessuale, ma si chiudeva con una nota positiva appena accennata: “anche perché”… Perché è stata l’occasione buona per esaltare ulteriormente la dignità di quella sfera alla luce del mistero che fa centro in Cristo.

Il matrimonio

Ricordo qualcosa della vecchia teologia del sacramento come me l’insegnò il prof. Lambruschini al Laterano, a ridosso dell’inizio del Concilio; essa ruotava intorno all’affermazione che “il matrimonio in tanto è sacramento in quanto è contratto”: consiste nelle cessione al coniuge dei diritti sul proprio corpo, che fra l’altro “contiene” anche l’anima... Un mercato delle vacche con tanto d’acqua santa. Oggi l’introduzione al nuovo rito del matrimonio, varato nel 2002: “Con la celebrazione del sacramento del Matrimonio gli sposi cristiani partecipano all’alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa e ricevono la grazia di viverla e manifestarla nel loro rapporto di coppia e nella vita familiare. Si tratta di una celebrazione in cui si attua un evento salvifico”. E la colletta: “Dio onnipotente, origine e fonte della vita, che ci hai rigenerati nell’acqua con la potenza del tuo Spirito, ravviva in tutti noi la grazia del Battesimo e concedi a N. e N. un cuore libero e una fede ardente perché, purificati nell’intimo, accolgano il dono del Matrimonio, nuova via della loro santificazione”. E si invita a privilegiare le letture che esprimono in modo particolare l’importanza e la dignità del Matrimonio nel mistero della salvezza. Questo modo di fare della Chiesa, credo ci debba entusiasmare. Più la cultura dei nostri giorni si laicizza in senso negativo, deprezzando la dignità dell’essere umano, più la Chiesa rilancia la grandezza dell’avventura umana. Più la invitano, i tanti suoi improvvisati consiglieri, ad abbassare l’asticella, e più la Chiesa, nella sua giovanissima vecchiaia, quell’asticella la alza! A cura di Angelo M. Fanucci]]>
Amore, dal romanzo alle fiction. Quanti secoli! https://www.lavoce.it/amore-dal-romanzo-alle-fiction-quanti-secoli/ Fri, 01 May 2020 10:50:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57004 logo abat jour, rubrica settimanale

Parbleu! Non è vero che in tempo di coronavirus tutta le nostre attività vanno avanti col freno tirato. Le fiction televisive, ad esempio, hanno fatto registrare un vero balzellone in avanti. E l’ozio della pandemia ha imposto molte delle loro molte puntate anche all’autore di abat-jour, notoriamente prevenuto verso tutto ciò che (come fiction, appunto) viene dal latino fingere . E invece oggi lui si rammarica del fatto che il mostro invisibile ha decurtato della puntata più importante, l’ultima, due delle fiction più coinvolgenti: Doc – Nelle tue mani e Il commissario Maltese. Tra le tante impressioni positive, ne emerge però una molto negativa: il rapporto sessuale sembra ridotto a poco più di una stretta di mano. Il matrimonio oggi non serve più a nulla, sembra. L’eterno Montalbano convive con Livia, ma Inge è quasi una riserva fissa, e poi lui non si tira mai indietro quando altre fìmmine si fanno avanti. Il suo vice Mimì è sposato, ma vive in perenne tensione a tradire la moglie Beba... Il commissario Maltese, la sera stessa del giorno in cui l’ha sottratta all’amico che l’affiancava per l’ultima volta nella sua lotta alla mafia trapanese, deliba felicemente Elisa, la fidanzata che viene dal Nord.

Quanto diverso il racconto dell'amore!

Quanti secoli sono passati da quando lo sguardo di Lucia, stressata fino al pianto al culmine della “notte degli inganni”, dalla barca che la portava lontano dalle grinfie di don Rodrigo andava accarezzando con lo sguardo, al chiarore della luna, i luoghi della sua infanzia? E le ultime che quel suo sguardo mestissimo accarezzava erano la casa di Renzo e la chiesetta: “Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio!”. Faccio male se lascio che cresca lo sgongolo d’amarezza che mi s’è formato in gola? Faccio male. Anche perché… Angelo M. Fanucci]]>
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Parbleu! Non è vero che in tempo di coronavirus tutta le nostre attività vanno avanti col freno tirato. Le fiction televisive, ad esempio, hanno fatto registrare un vero balzellone in avanti. E l’ozio della pandemia ha imposto molte delle loro molte puntate anche all’autore di abat-jour, notoriamente prevenuto verso tutto ciò che (come fiction, appunto) viene dal latino fingere . E invece oggi lui si rammarica del fatto che il mostro invisibile ha decurtato della puntata più importante, l’ultima, due delle fiction più coinvolgenti: Doc – Nelle tue mani e Il commissario Maltese. Tra le tante impressioni positive, ne emerge però una molto negativa: il rapporto sessuale sembra ridotto a poco più di una stretta di mano. Il matrimonio oggi non serve più a nulla, sembra. L’eterno Montalbano convive con Livia, ma Inge è quasi una riserva fissa, e poi lui non si tira mai indietro quando altre fìmmine si fanno avanti. Il suo vice Mimì è sposato, ma vive in perenne tensione a tradire la moglie Beba... Il commissario Maltese, la sera stessa del giorno in cui l’ha sottratta all’amico che l’affiancava per l’ultima volta nella sua lotta alla mafia trapanese, deliba felicemente Elisa, la fidanzata che viene dal Nord.

Quanto diverso il racconto dell'amore!

Quanti secoli sono passati da quando lo sguardo di Lucia, stressata fino al pianto al culmine della “notte degli inganni”, dalla barca che la portava lontano dalle grinfie di don Rodrigo andava accarezzando con lo sguardo, al chiarore della luna, i luoghi della sua infanzia? E le ultime che quel suo sguardo mestissimo accarezzava erano la casa di Renzo e la chiesetta: “Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio!”. Faccio male se lascio che cresca lo sgongolo d’amarezza che mi s’è formato in gola? Faccio male. Anche perché… Angelo M. Fanucci]]>
Il partner, dono di Dio da accogliere https://www.lavoce.it/partner-dono-accogliere/ Sat, 10 Aug 2019 08:32:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55097 logo rubrica domande sulla liturgia

Se il matrimonio cristiano è immagine della creazione di Adamo ed Eva, e dell'unione tra Cristo e la Chiesa, perchè avviene tramite un anello, che in quei brani non appare? Continuiamo la nostra riflessione sul rito del matrimonio per avere in certa misura dispiegato di fronte a noi la realtà del matrimonio cristiano attraverso il rito. Riprendendo quindi ad osservare da vicino la liturgia nuziale, dopo aver visto i riti di introduzione e la liturgia della Parola, arriviamo alla manifestazione del consenso preceduto dalle “interrogazioni” ovvero domande attraverso cui il celebrante chiede agli sposi se la loro scelta sia stata compiuta in piena liìbertà, e se, sempre liberamente, accettano di assumersi l’impegno alla fedeltà, alla accoglienza dei figli e alla loro educazione alla fede. Una volta espresse le intenzioni gli sposi manifestano il loro consenso con il quale «liberamente e scambievolmente si donano» (Premesse generali, n.2). Dandosi la mano destra esprimono il loro consenso nel quale si donano e si accolgono scambievolmente. La dinamica del dono è ben sottolineata dal verbo utilizzato all’inizio della formula di consenso: «Io…, accolte te»; dove una volta c’era un “prendo”, ora c’è un “accolgo”, perché non solo gli sposi si accolgono scambievolmente, ma accolgono il dono che Dio gli ha fatto. Ritorna in mente il secondo racconto della creazione nel quale il Signore fece scendere un torpore sull’uomo, egli si addormentò e dalla sua costola Dio plasmò una donna; l’uomo allora si trovò accanto la donna come un dono da accogliere, dono che si perpetua ogni volta che, tra le vicende della vita, il Signore pone accanto all’uomo la sua sposa e alla donna il suo sposo. Il sacerdote “accoglie“ il consenso degli sposi i quali, a sigillo di ciò che hanno appena celebrato, si scambiano gli anelli benedetti. Questo rito non è tipico del cristianesimo ed è presente anche nella celebrazione del matrimonio ebraico. Ne abbiamo una testimonianza indiretta nel Sant’Anello conservato fin dal Medioevo nella Cattedrale di Perugia, il quale, secondo la tradzione - non comprovata storicamente - sarebbe l’anello dello sposalizio della Vergine. Tornando al rito del matrimonio, dopo lo scambio degli anelli la liturgia consente di porre la benedizione nuziale. Attraverso le quattro formule proposte e il gesto epicletico (invocazione dello Spirito santo) la Chiesa esplicita l’opera che Dio ha iniziato nei nubendi per opera dello Spirito Santo affibché l’amore degli sposi sia segno dell’amore di Dio per il suo popolo e di Cristo per la sua Chiesa: «un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio» (Quarta formula, n.88). Infine, prima che la celebrazione continui come di consueto, il rituale propone la preghiera dei fedeli quale momento in cui la comunità cristiana intercede per gli sposi, e le litanie dei santi ai quali si chiede la loro intercessione ma anche l’essere per gli sposi modelli di vita.

Don Francesco Verzini

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Se il matrimonio cristiano è immagine della creazione di Adamo ed Eva, e dell'unione tra Cristo e la Chiesa, perchè avviene tramite un anello, che in quei brani non appare? Continuiamo la nostra riflessione sul rito del matrimonio per avere in certa misura dispiegato di fronte a noi la realtà del matrimonio cristiano attraverso il rito. Riprendendo quindi ad osservare da vicino la liturgia nuziale, dopo aver visto i riti di introduzione e la liturgia della Parola, arriviamo alla manifestazione del consenso preceduto dalle “interrogazioni” ovvero domande attraverso cui il celebrante chiede agli sposi se la loro scelta sia stata compiuta in piena liìbertà, e se, sempre liberamente, accettano di assumersi l’impegno alla fedeltà, alla accoglienza dei figli e alla loro educazione alla fede. Una volta espresse le intenzioni gli sposi manifestano il loro consenso con il quale «liberamente e scambievolmente si donano» (Premesse generali, n.2). Dandosi la mano destra esprimono il loro consenso nel quale si donano e si accolgono scambievolmente. La dinamica del dono è ben sottolineata dal verbo utilizzato all’inizio della formula di consenso: «Io…, accolte te»; dove una volta c’era un “prendo”, ora c’è un “accolgo”, perché non solo gli sposi si accolgono scambievolmente, ma accolgono il dono che Dio gli ha fatto. Ritorna in mente il secondo racconto della creazione nel quale il Signore fece scendere un torpore sull’uomo, egli si addormentò e dalla sua costola Dio plasmò una donna; l’uomo allora si trovò accanto la donna come un dono da accogliere, dono che si perpetua ogni volta che, tra le vicende della vita, il Signore pone accanto all’uomo la sua sposa e alla donna il suo sposo. Il sacerdote “accoglie“ il consenso degli sposi i quali, a sigillo di ciò che hanno appena celebrato, si scambiano gli anelli benedetti. Questo rito non è tipico del cristianesimo ed è presente anche nella celebrazione del matrimonio ebraico. Ne abbiamo una testimonianza indiretta nel Sant’Anello conservato fin dal Medioevo nella Cattedrale di Perugia, il quale, secondo la tradzione - non comprovata storicamente - sarebbe l’anello dello sposalizio della Vergine. Tornando al rito del matrimonio, dopo lo scambio degli anelli la liturgia consente di porre la benedizione nuziale. Attraverso le quattro formule proposte e il gesto epicletico (invocazione dello Spirito santo) la Chiesa esplicita l’opera che Dio ha iniziato nei nubendi per opera dello Spirito Santo affibché l’amore degli sposi sia segno dell’amore di Dio per il suo popolo e di Cristo per la sua Chiesa: «un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio» (Quarta formula, n.88). Infine, prima che la celebrazione continui come di consueto, il rituale propone la preghiera dei fedeli quale momento in cui la comunità cristiana intercede per gli sposi, e le litanie dei santi ai quali si chiede la loro intercessione ma anche l’essere per gli sposi modelli di vita.

Don Francesco Verzini

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I pilastri del matrimonio cristiano https://www.lavoce.it/pilastri-matrimonio/ Sat, 03 Aug 2019 08:06:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55059 logo rubrica domande sulla liturgia

Le letture di una messa di matrimonio, chi le sceglie, gli sposi o il prete? A volte sembra in un modo, a volte nell’altro. E poi non si potrebbe passare subito al rito dell’anello?

Dopo i riti d’introduzione si apre la liturgia della Parola, la quale è bene che venga preparata attraverso la scelta delle letture con i futuri sposi, se il calendario liturgico lo permette. Il rituale propone con abbondanza diversi schemi (composti da tre letture, la prima dall’Antico Testamento con abbinato un Salmo, la seconda dal Nuovo Testamento e il Vangelo) da privilegiare perché sottolineano l’importanza e la dignità del matrimonio nella storia della salvezza.

Inoltre, come sappiamo, nella proclamazione delle letture “Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale” (Ordinamento generale del Messale romano, n. 55), e “Cristo stesso è presente, per mezzo della sua Parola, tra i fedeli” (ibid.), e dunque, nella celebrazione del matrimonio Dio attraverso la sua Parola si pone in dialogo con gli sposi per illuminare la loro vita.

Una volta conclusa la liturgia della Parola (terminata l’omelia e dopo aver osservato il silenzio), ha inizio la liturgia del matrimonio, che si apre con le interrogazioni con le quali il sacerdote invita gli sposi a esprimere le loro intenzioni di fronte alla comunità cristiana. Il rituale presenta a questo punto due forme per farlo.

La prima, dialogica, nella quale il sacerdote pone tre domande alle quali gli sposi risponderanno con un “sì”, la seconda invece in forma di dichiarazione da parte degli sposi. Entrambe comunque tendono a far emergere i pilastri del matrimonio cristiano e la volontà degli sposi di farli propri. Infatti sia la prima che la seconda forma parlano di libertà, fedeltà, accoglienza e educazione dei figli.

Primo fra tutti è la libertà, cioè che il matrimonio sia frutto di una scelta libera, senza alcuna costrizione, e consapevole. Non può esserci matrimonio se le parti interessate non giungono a celebrare questo sacramento come atto libero nel quale ci si accoglie reciprocamente.

Il secondo pilastro che l’interrogazione sottolinea - prima del consenso - sono la fedeltà e l’indissolubilità del matrimonio: l’amore coniugale infatti vuole dagli sposi la fedeltà per tutta la vita, perché “l’amore vuole essere definitivo. Non può essere ‘fino a nuovo ordine’” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1646). La fedeltà trova il suo fondamento anzitutto nella fedeltà di Dio alla sua alleanza e di Cristo alla Chiesa, e di questa fedeltà divina gli sposi cristiani sono segno permanente.

L’ultima interrogazione riguarda il dono dei figli e la loro educazione. Agli sposi viene chiesta la volontà di essere aperti alla vita, perché lo stesso amore che si promettono, per sua natura, richiede di essere generativo: “Fin dall’inizio l’amore rifiuta ogni impulso di chiudersi in se stesso e si apre a una fecondità che lo prolunga oltre la sua propria esistenza” (Amoris laetitia, n. 80).

Figli che dovranno essere educati alla fede anzitutto nella famiglia, perché prima Chiesa dalla quale possono ricevere testimonianza.

Don Francesco Verzini

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Le letture di una messa di matrimonio, chi le sceglie, gli sposi o il prete? A volte sembra in un modo, a volte nell’altro. E poi non si potrebbe passare subito al rito dell’anello?

Dopo i riti d’introduzione si apre la liturgia della Parola, la quale è bene che venga preparata attraverso la scelta delle letture con i futuri sposi, se il calendario liturgico lo permette. Il rituale propone con abbondanza diversi schemi (composti da tre letture, la prima dall’Antico Testamento con abbinato un Salmo, la seconda dal Nuovo Testamento e il Vangelo) da privilegiare perché sottolineano l’importanza e la dignità del matrimonio nella storia della salvezza.

Inoltre, come sappiamo, nella proclamazione delle letture “Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale” (Ordinamento generale del Messale romano, n. 55), e “Cristo stesso è presente, per mezzo della sua Parola, tra i fedeli” (ibid.), e dunque, nella celebrazione del matrimonio Dio attraverso la sua Parola si pone in dialogo con gli sposi per illuminare la loro vita.

Una volta conclusa la liturgia della Parola (terminata l’omelia e dopo aver osservato il silenzio), ha inizio la liturgia del matrimonio, che si apre con le interrogazioni con le quali il sacerdote invita gli sposi a esprimere le loro intenzioni di fronte alla comunità cristiana. Il rituale presenta a questo punto due forme per farlo.

La prima, dialogica, nella quale il sacerdote pone tre domande alle quali gli sposi risponderanno con un “sì”, la seconda invece in forma di dichiarazione da parte degli sposi. Entrambe comunque tendono a far emergere i pilastri del matrimonio cristiano e la volontà degli sposi di farli propri. Infatti sia la prima che la seconda forma parlano di libertà, fedeltà, accoglienza e educazione dei figli.

Primo fra tutti è la libertà, cioè che il matrimonio sia frutto di una scelta libera, senza alcuna costrizione, e consapevole. Non può esserci matrimonio se le parti interessate non giungono a celebrare questo sacramento come atto libero nel quale ci si accoglie reciprocamente.

Il secondo pilastro che l’interrogazione sottolinea - prima del consenso - sono la fedeltà e l’indissolubilità del matrimonio: l’amore coniugale infatti vuole dagli sposi la fedeltà per tutta la vita, perché “l’amore vuole essere definitivo. Non può essere ‘fino a nuovo ordine’” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1646). La fedeltà trova il suo fondamento anzitutto nella fedeltà di Dio alla sua alleanza e di Cristo alla Chiesa, e di questa fedeltà divina gli sposi cristiani sono segno permanente.

L’ultima interrogazione riguarda il dono dei figli e la loro educazione. Agli sposi viene chiesta la volontà di essere aperti alla vita, perché lo stesso amore che si promettono, per sua natura, richiede di essere generativo: “Fin dall’inizio l’amore rifiuta ogni impulso di chiudersi in se stesso e si apre a una fecondità che lo prolunga oltre la sua propria esistenza” (Amoris laetitia, n. 80).

Figli che dovranno essere educati alla fede anzitutto nella famiglia, perché prima Chiesa dalla quale possono ricevere testimonianza.

Don Francesco Verzini

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Cominciamo da Adamo ed Eva https://www.lavoce.it/cominciamo-adamo-eva/ Sat, 20 Jul 2019 08:04:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54949 logo rubrica domande sulla liturgia

Se il matrimonio è il legame tra due persone che decidono di vivere insieme e procreare, che cosa aggiunge il rito celebrato in chiesa a questa intenzione già esistente?

Se prendiamo il Catechismo della Chiesa cattolica vediamo che, dopo aver parlato dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, apre la sezione dei sacramenti “al servizio della comunione”.

Questi sono due: l’Ordine, di cui abbiamo parlato nei numeri scorsi, e il matrimonio. Dopo essere stati iniziati alla fede cristiana attraverso il battesimo, la confermazione e l’eucarestia - in cui si esprime la comune “vocazione” di ogni cristiano alla santità e all’evangelizzazione - , i fedeli possono rispondere a un’altra “vocazione” che si esprime attraverso il sacramento del matrimonio.

Iniziamo quindi una riflessione sulla realtà del matrimonio cristiano attraverso il rito della celebrazione. I brani biblici suggeriti dal Rituale evidenziano il modo in cui in tutta la sacra Scrittura si parla dell’unione sponsale tra uomo e donna.

Attraverso alcune vicende in cui sono protagonisti degli sposi - Adamo ed Eva, Abramo e Sara, Tobia e Sara, e così via - , ma anche attraverso altri scritti che ci parlano di questa unione, emerge cosa sia il matrimonio nel disegno di Dio.

Per questo, non solo è buona cosa, nei corsi di preparazione al matrimonio o nella preparazione prossima alla liturgia, meditare insieme ai fidanzati i brani suggeriti dal Rituale, ma può essere altrettanto buona cosa per i fidanzati, così come per gli sposi, meditare personalmente sul senso del matrimonio cristiano attraverso la Scrittura, perché sempre la Parola di Dio illumina la vita degli sposi.

Tra tutti i testi biblici leggiamo, per ora, un brano dall’Antico Testamento: la creazione dell’uomo e della donna.

Dalle due brevi pagine bibliche possiamo già vedere come dal cuore di Dio prenda vita una creatura “in relazione”; e nel secondo passo ci viene dichiarato quale sia la realtà dell’amore sponsale. Guardando questi due racconti della creazione (Gen 1,26-31 e 2,4-25) si percepisce da subito come l’essere umano, uomo e donna, sia stato pensato come creatura in relazione.

Anzi, possiamo dire che il suo statuto originario sia proprio la relazione, e dunque l’uomo rispetta la sua stessa natura se è in relazione all’“altro”, una relazione pensata fin dalle origini in maniera particolare tra uomo e donna.

A questo punto il matrimonio risulta essere la “forma elevata di comunione tra le persone umane e una delle migliori analogie della vita trinitaria.

Quando un uomo e una donna uniscono il loro corpo e il loro spirito in un atteggiamento di totale apertura e donazione di sé, formano una nuova immagine di Dio. La loro unione in una sola carne non risponde semplicemente a una necessità biologica, ma all’intenzione del Creatore” (Comunione e servizio, n. 39).

Don Francesco Verzini

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Se il matrimonio è il legame tra due persone che decidono di vivere insieme e procreare, che cosa aggiunge il rito celebrato in chiesa a questa intenzione già esistente?

Se prendiamo il Catechismo della Chiesa cattolica vediamo che, dopo aver parlato dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, apre la sezione dei sacramenti “al servizio della comunione”.

Questi sono due: l’Ordine, di cui abbiamo parlato nei numeri scorsi, e il matrimonio. Dopo essere stati iniziati alla fede cristiana attraverso il battesimo, la confermazione e l’eucarestia - in cui si esprime la comune “vocazione” di ogni cristiano alla santità e all’evangelizzazione - , i fedeli possono rispondere a un’altra “vocazione” che si esprime attraverso il sacramento del matrimonio.

Iniziamo quindi una riflessione sulla realtà del matrimonio cristiano attraverso il rito della celebrazione. I brani biblici suggeriti dal Rituale evidenziano il modo in cui in tutta la sacra Scrittura si parla dell’unione sponsale tra uomo e donna.

Attraverso alcune vicende in cui sono protagonisti degli sposi - Adamo ed Eva, Abramo e Sara, Tobia e Sara, e così via - , ma anche attraverso altri scritti che ci parlano di questa unione, emerge cosa sia il matrimonio nel disegno di Dio.

Per questo, non solo è buona cosa, nei corsi di preparazione al matrimonio o nella preparazione prossima alla liturgia, meditare insieme ai fidanzati i brani suggeriti dal Rituale, ma può essere altrettanto buona cosa per i fidanzati, così come per gli sposi, meditare personalmente sul senso del matrimonio cristiano attraverso la Scrittura, perché sempre la Parola di Dio illumina la vita degli sposi.

Tra tutti i testi biblici leggiamo, per ora, un brano dall’Antico Testamento: la creazione dell’uomo e della donna.

Dalle due brevi pagine bibliche possiamo già vedere come dal cuore di Dio prenda vita una creatura “in relazione”; e nel secondo passo ci viene dichiarato quale sia la realtà dell’amore sponsale. Guardando questi due racconti della creazione (Gen 1,26-31 e 2,4-25) si percepisce da subito come l’essere umano, uomo e donna, sia stato pensato come creatura in relazione.

Anzi, possiamo dire che il suo statuto originario sia proprio la relazione, e dunque l’uomo rispetta la sua stessa natura se è in relazione all’“altro”, una relazione pensata fin dalle origini in maniera particolare tra uomo e donna.

A questo punto il matrimonio risulta essere la “forma elevata di comunione tra le persone umane e una delle migliori analogie della vita trinitaria.

Quando un uomo e una donna uniscono il loro corpo e il loro spirito in un atteggiamento di totale apertura e donazione di sé, formano una nuova immagine di Dio. La loro unione in una sola carne non risponde semplicemente a una necessità biologica, ma all’intenzione del Creatore” (Comunione e servizio, n. 39).

Don Francesco Verzini

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Inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico. Il punto sul matrimonio https://www.lavoce.it/tribunale-ecclesiastico-matrimonio/ Fri, 22 Feb 2019 10:10:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54082 ecclesiastico

Ogni anno è anche l’occasione per fare il punto sul grande tema del matrimonio. Parliamo dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale interdiocesano ecclesiastico umbro (Tieu) che avrà luogo a Perugia martedì 26 febbraio.

Una giornata che inizia con la concelebrazione eucaristica in cattedrale (ore 9.30) per proseguire (ore 10.30) con la cerimonia di inaugurazione nella Sala del Dottorato, delle Logge di San Lorenzo. Dopo il saluto del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia - Città della Pieve, moderatore del Tieu, presidente della Conferenza episcopale italiana, padre Cristoforo Pawlik, vicario giudiziale del Tieu presenterà la relazione sull’attività del Tribunale nell’anno 2018; seguirà la prolusione di mons. Giuseppe Bonfrate docente alla Pontificia Università Gregoriana, sul tema “Amoris lætitia”.

L'inaugurazione della Rota Romana e le parole del Papa

L’inaugurazione del Tieu segue di poche settimane l’inaugurazione dell’Anno giudiziario della Rota Romana (quest’anno si è tenuta il 29 gennaio scorso) che per il Papa è sempre occasione di intervenire sui temi pastorali e giuridici del matrimonio. Ricevendo in udienza i membri del tribunale, Papa Francesco ha messo a fuoco il tema dell’unità e della fedeltà “beni irrinunciabili costitutivi del matrimonio” ma anche, ha detto, “valori importanti e necessari in generale nei rapporti interpersonali e in quelli sociali”.

Unità e fedeltà per prime

“Nel quotidiano ministero a servizio del matrimonio cristiano, voi - ha detto Papa Francesco - fate esperienza di due fondamentali capisaldi non solo della teologia e del diritto matrimoniale canonico, ma anche e ancor prima dell’es- senza stessa della Chiesa di Cristo: l’unità e la fedeltà. Questi due beni matrimoniali, infatti, prima di essere, anzi, per essere obblighi giuridici di ogni unione coniugale in Cristo, devono essere epifania della fede battesimale”.

Per il Papa, “gli sposi che vivono nell’unità e nella fedeltà riflettono bene l’immagine e la somiglianza di Dio. Questa è la buona notizia: che la fedeltà è possibile, perché è un dono, negli sposi come nei presbiteri. Questa è la notizia che dovrebbe rendere più forte e consolante anche il ministero fedele e pieno di amore evangelico di vescovi e sacerdoti; come furono di conforto per Paolo e Apollo l’amore e la fedeltà coniugale degli sposi Aquila e Priscilla”.

Infine la gratitudine ai prelati uditori e la sottolineatura che il diritto matrimoniale “si pone al servizio della salus animarum e della fede degli sposi”.

Oltre all’espletamento delle pratiche, avverte Francesco, “occorre una triplice preparazione al matrimonio: remota, prossima e permanente”. Quest’ultima “è bene che comprenda in modo serio e strutturale le diverse tappe della vita coniugale, mediante una formazione accurata, volta ad accrescere negli sposi la consapevolezza dei valori e degli impegni propri della loro vocazione”.

M. R. V.

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ecclesiastico

Ogni anno è anche l’occasione per fare il punto sul grande tema del matrimonio. Parliamo dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale interdiocesano ecclesiastico umbro (Tieu) che avrà luogo a Perugia martedì 26 febbraio.

Una giornata che inizia con la concelebrazione eucaristica in cattedrale (ore 9.30) per proseguire (ore 10.30) con la cerimonia di inaugurazione nella Sala del Dottorato, delle Logge di San Lorenzo. Dopo il saluto del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia - Città della Pieve, moderatore del Tieu, presidente della Conferenza episcopale italiana, padre Cristoforo Pawlik, vicario giudiziale del Tieu presenterà la relazione sull’attività del Tribunale nell’anno 2018; seguirà la prolusione di mons. Giuseppe Bonfrate docente alla Pontificia Università Gregoriana, sul tema “Amoris lætitia”.

L'inaugurazione della Rota Romana e le parole del Papa

L’inaugurazione del Tieu segue di poche settimane l’inaugurazione dell’Anno giudiziario della Rota Romana (quest’anno si è tenuta il 29 gennaio scorso) che per il Papa è sempre occasione di intervenire sui temi pastorali e giuridici del matrimonio. Ricevendo in udienza i membri del tribunale, Papa Francesco ha messo a fuoco il tema dell’unità e della fedeltà “beni irrinunciabili costitutivi del matrimonio” ma anche, ha detto, “valori importanti e necessari in generale nei rapporti interpersonali e in quelli sociali”.

Unità e fedeltà per prime

“Nel quotidiano ministero a servizio del matrimonio cristiano, voi - ha detto Papa Francesco - fate esperienza di due fondamentali capisaldi non solo della teologia e del diritto matrimoniale canonico, ma anche e ancor prima dell’es- senza stessa della Chiesa di Cristo: l’unità e la fedeltà. Questi due beni matrimoniali, infatti, prima di essere, anzi, per essere obblighi giuridici di ogni unione coniugale in Cristo, devono essere epifania della fede battesimale”.

Per il Papa, “gli sposi che vivono nell’unità e nella fedeltà riflettono bene l’immagine e la somiglianza di Dio. Questa è la buona notizia: che la fedeltà è possibile, perché è un dono, negli sposi come nei presbiteri. Questa è la notizia che dovrebbe rendere più forte e consolante anche il ministero fedele e pieno di amore evangelico di vescovi e sacerdoti; come furono di conforto per Paolo e Apollo l’amore e la fedeltà coniugale degli sposi Aquila e Priscilla”.

Infine la gratitudine ai prelati uditori e la sottolineatura che il diritto matrimoniale “si pone al servizio della salus animarum e della fede degli sposi”.

Oltre all’espletamento delle pratiche, avverte Francesco, “occorre una triplice preparazione al matrimonio: remota, prossima e permanente”. Quest’ultima “è bene che comprenda in modo serio e strutturale le diverse tappe della vita coniugale, mediante una formazione accurata, volta ad accrescere negli sposi la consapevolezza dei valori e degli impegni propri della loro vocazione”.

M. R. V.

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Un errore che ripeterò https://www.lavoce.it/un-errore-che-ripetero/ Tue, 27 Nov 2018 08:00:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53465 logo abat jour, rubrica settimanale

di Angelo M. Fanucci

Abbiamo chiuso l’ultima finestra chiedendoci: come potremmo invitare ad assistere a un battesimo le mezzecalzette che hanno sparato e sparano a zero sull’altissima qualità della nostra visione della vita? La visione incarnata nei tria munera [tre doni e incarichi] fondamentali che vengono assegnati al bambino appena battezzato: sacerdote, re e profeta.

Ma, su un piano ben più serio, è ancora più importante chiedersi come mai, nella riproposizione del battesimo a preludio del matrimonio, il ricordo di questa seconda, essenziale, importantissima parte del rito di iniziazione venga omessa dall’Ordo che norma l’amministrazione dei sacramenti.

Oltretutto, se viene sottaciuto l’impatto morale e culturale che sulla vita del battezzato produce l’acqua misteriosa - che è quella della creazione, quella del diluvio universale e soprattutto quella che, mista a sangue, uscì dal costato trafitto di Cristo in croce - , tutto il rito sacro rischia di ridursi a magia, o a cerimonia, a qualcosa che comunque non c’entra niente con la futura qualità della vita degli sposi...

Una situazione che mi è parsa intollerabile. Ho rimediato a modo mio. Sul libretto personalizzato che metto a disposizione degli sposi e di tutti presenti al loro matrimonio, appena il celebrante ha detto “… perché, inserito in Cristo, sacerdote, re e profeta, tu sia sempre suo membro vivo, fino alla vita eterna” ho aggiunto: “Dio onnipotente e buono, questi due fidanzati il giorno del loro battesimo vennero consacrati a te con il sacro crisma, e venne augurato loro di rimanere per tutta la vita inseriti in Cristo, sacerdote, re e profeta. Oggi quell’augurio diventa un impegno che essi assumono insieme. Aiutali con la tua grazia, Signore, Dio del cielo e della terra.

- Aiutali a essere sacerdoti, cioè impegnati a celebrare nella trama quotidiana dell’esistenza la vita come dono sacro, da accogliere dalle tue mani e da rilanciare generosamente a beneficio di chi nella vita cammina accanto a loro, soprattutto i più poveri.

- Aiutali a essere re, cioè forti e decisi nel rifiutarsi di subire il mondo in cui vivono così com’è, con tutte le sue brutture e le sue superficialità, e di dominarlo, per quanto possono, per contribuire con tutti gli uomini di buona volontà a farne il luogo di accoglienza della verità, del bene, di Dio e la casa di tutti.

- Aiutali a essere profeti, a parlare, più con la vita che con le parole, di ciò che arricchisce davvero la vita, la rende degna di essere vissuta e la conduce verso Dio”.

Ho inserito. Ho fatto male? La prossima volta lo faccio di nuovo.

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di Angelo M. Fanucci

Abbiamo chiuso l’ultima finestra chiedendoci: come potremmo invitare ad assistere a un battesimo le mezzecalzette che hanno sparato e sparano a zero sull’altissima qualità della nostra visione della vita? La visione incarnata nei tria munera [tre doni e incarichi] fondamentali che vengono assegnati al bambino appena battezzato: sacerdote, re e profeta.

Ma, su un piano ben più serio, è ancora più importante chiedersi come mai, nella riproposizione del battesimo a preludio del matrimonio, il ricordo di questa seconda, essenziale, importantissima parte del rito di iniziazione venga omessa dall’Ordo che norma l’amministrazione dei sacramenti.

Oltretutto, se viene sottaciuto l’impatto morale e culturale che sulla vita del battezzato produce l’acqua misteriosa - che è quella della creazione, quella del diluvio universale e soprattutto quella che, mista a sangue, uscì dal costato trafitto di Cristo in croce - , tutto il rito sacro rischia di ridursi a magia, o a cerimonia, a qualcosa che comunque non c’entra niente con la futura qualità della vita degli sposi...

Una situazione che mi è parsa intollerabile. Ho rimediato a modo mio. Sul libretto personalizzato che metto a disposizione degli sposi e di tutti presenti al loro matrimonio, appena il celebrante ha detto “… perché, inserito in Cristo, sacerdote, re e profeta, tu sia sempre suo membro vivo, fino alla vita eterna” ho aggiunto: “Dio onnipotente e buono, questi due fidanzati il giorno del loro battesimo vennero consacrati a te con il sacro crisma, e venne augurato loro di rimanere per tutta la vita inseriti in Cristo, sacerdote, re e profeta. Oggi quell’augurio diventa un impegno che essi assumono insieme. Aiutali con la tua grazia, Signore, Dio del cielo e della terra.

- Aiutali a essere sacerdoti, cioè impegnati a celebrare nella trama quotidiana dell’esistenza la vita come dono sacro, da accogliere dalle tue mani e da rilanciare generosamente a beneficio di chi nella vita cammina accanto a loro, soprattutto i più poveri.

- Aiutali a essere re, cioè forti e decisi nel rifiutarsi di subire il mondo in cui vivono così com’è, con tutte le sue brutture e le sue superficialità, e di dominarlo, per quanto possono, per contribuire con tutti gli uomini di buona volontà a farne il luogo di accoglienza della verità, del bene, di Dio e la casa di tutti.

- Aiutali a essere profeti, a parlare, più con la vita che con le parole, di ciò che arricchisce davvero la vita, la rende degna di essere vissuta e la conduce verso Dio”.

Ho inserito. Ho fatto male? La prossima volta lo faccio di nuovo.

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Parole come macigni https://www.lavoce.it/parole-come-macigni/ Tue, 13 Nov 2018 08:00:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53365 logo abat jour, rubrica settimanale

di Angelo M. Fanucci

Splendida, dunque (riprendendo la discussione della settimana scorsa), teologicamente impeccabile la scelta del nuovo Ordo, con la quale la Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti vuole che al rito del matrimonio venga premessa la memoria del battesimo: “memoria”, o piuttosto “memoriale”, con tutta la portata che ha questo termine nella nostra tradizione cristiana.

Ma, ahimè, il battesimo in quell’ Ordo viene riproposto solo nella sua prima parte, l’acqua misteriosa che sgorga dal costato di Cristo trafitto e invade quanto di più profondamente umano c’è nell’uomo.

Bene, ma… e la seconda parte del rito battesimale, quella nella quale il sacerdote unge la fronte del battezzato col santo crisma? Il crisma consta di una mescolanza di olio d’olivo e di balsamo, mentre per gli altri olî (quello dei catecumeni e quello degli infermi), basta l’olio semplice. Perché?

Perché l’unzione con il crisma è di gran lunga il gesto più incisivo nel cammino cristiano, in quanto essenziale nel battesimo, nella confermazione e nell’Ordine sacro, i soli tre sacramenti che “imprimono il carattere”, che lasciano nel più profondo dell’essere umano ognuno una sfraghìs, un marchio a fuoco che sarà visibile solo al termine della vicenda storica di chi lo riceve.

Per questo fin dal IV secolo la consacrazione del crisma fu riservata al vescovo, assistito da 12 sacerdoti, 7 diaconi e 7 suddiaconi, ognuno dei quali aveva un ufficio da compiere nel rito consacratorio; poi il crisma veniva portato processionalmente là dove ne ricevevano una parte i parroci della diocesi. Lo useranno anche per consacrare chiese, altari, patene, calici, campane; una volta, quado Berta filava, lo si usava anche nella consacrazione dei re. Oggi, a parte i re da parata, l’unico che conta è il re di denari sotto carnevale. Sit venia verbis.

Quello che nel rito del battesimo è strepitoso, sul piano antropologico, sono le parole che esprimono il senso dell’unzione sulla fronte del battezzato: “Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, ti ha liberato dal peccato e ti ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito santo, unendoti al suo popolo; Egli stesso ora ti consacra con il crisma di salvezza, perché inserito in Cristo, sacerdote, re e profeta, tu sia sempre membro del suo Corpo per la vita eterna”.

Sacerdote, re e profeta. Sacerdote, re e profeta: parole come macigni. Ci prendiamo sette giorni per rifletterci su?

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di Angelo M. Fanucci

Splendida, dunque (riprendendo la discussione della settimana scorsa), teologicamente impeccabile la scelta del nuovo Ordo, con la quale la Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti vuole che al rito del matrimonio venga premessa la memoria del battesimo: “memoria”, o piuttosto “memoriale”, con tutta la portata che ha questo termine nella nostra tradizione cristiana.

Ma, ahimè, il battesimo in quell’ Ordo viene riproposto solo nella sua prima parte, l’acqua misteriosa che sgorga dal costato di Cristo trafitto e invade quanto di più profondamente umano c’è nell’uomo.

Bene, ma… e la seconda parte del rito battesimale, quella nella quale il sacerdote unge la fronte del battezzato col santo crisma? Il crisma consta di una mescolanza di olio d’olivo e di balsamo, mentre per gli altri olî (quello dei catecumeni e quello degli infermi), basta l’olio semplice. Perché?

Perché l’unzione con il crisma è di gran lunga il gesto più incisivo nel cammino cristiano, in quanto essenziale nel battesimo, nella confermazione e nell’Ordine sacro, i soli tre sacramenti che “imprimono il carattere”, che lasciano nel più profondo dell’essere umano ognuno una sfraghìs, un marchio a fuoco che sarà visibile solo al termine della vicenda storica di chi lo riceve.

Per questo fin dal IV secolo la consacrazione del crisma fu riservata al vescovo, assistito da 12 sacerdoti, 7 diaconi e 7 suddiaconi, ognuno dei quali aveva un ufficio da compiere nel rito consacratorio; poi il crisma veniva portato processionalmente là dove ne ricevevano una parte i parroci della diocesi. Lo useranno anche per consacrare chiese, altari, patene, calici, campane; una volta, quado Berta filava, lo si usava anche nella consacrazione dei re. Oggi, a parte i re da parata, l’unico che conta è il re di denari sotto carnevale. Sit venia verbis.

Quello che nel rito del battesimo è strepitoso, sul piano antropologico, sono le parole che esprimono il senso dell’unzione sulla fronte del battezzato: “Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, ti ha liberato dal peccato e ti ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito santo, unendoti al suo popolo; Egli stesso ora ti consacra con il crisma di salvezza, perché inserito in Cristo, sacerdote, re e profeta, tu sia sempre membro del suo Corpo per la vita eterna”.

Sacerdote, re e profeta. Sacerdote, re e profeta: parole come macigni. Ci prendiamo sette giorni per rifletterci su?

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Bene, benissimo, ma… https://www.lavoce.it/bene-benissimo-matrimonio/ Tue, 06 Nov 2018 08:00:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53306 logo abat jour, rubrica settimanale

di Angelo M. Fanucci

Il nuovo rito del matrimonio cambia radicalmente il modo con cui gli sposi si dicono “sì”: ne convennero unanimi gli oltre 600 delegati delle 227 diocesi italiane, presenti a Grosseto ai primi di novembre del 2004 per la presentazione del nuovo rito del matrimonio, voluto dalla Conferenza episcopale italiana.

Tema: “Celebrare il mistero grande dell’amore”. L’allora segretario generale della Cei, mons. Betori, affermò che la Chiesa italiana chiede di partire dalla celebrazione del rito per un cammino verso una fede matura e consapevole; la scelta di chi ha deciso di consacrarsi nell’amore stesso di Cristo, fedele e indistruttibile, animato dallo Spirito santo - disse don Andrea Fontana, direttore dell’Ufficio catechistico di Torino.

Ma fu don Paolo Giulietti, allora direttore del Servizio Cei per la pastorale giovanile, a centrare il cuore del problema: “Il pensiero della Chiesa sul matrimonio - disse - si distacca sempre di più dall’idea del contratto, del gesto burocratico come potrebbe essere un matrimonio civile, perché restituisce tutto all’ambito dell’esperienza religiosa.

Al tempo stesso, il nuovo rito favorisce una visione del matrimonio meno folcloristica e romantica, perché trasposta più decisamente nel campo della fede”. E concluse: “Il nuovo rito potrà aiutare a vivere in maniera diversa anche la decisione di sposarsi, come risposta a una chiamata di Dio che viene dal battesimo e conseguentemente ad accettare il matrimonio come missione”.

Concretamente la massima innovazione fu il cambio della formula, da “ prendo te” ad “ accolgo te”, che - sottolineava mons. Betori “ricorda che il matrimonio è un impegno fondato sulla grazia di Cristo”. Un’altra novità, altrettanto importante, riguardò l’inizio della celebrazione: il sacerdote accoglie la coppia vicino al fonte battesimale, dove i futuri sposi rinnovano le promesse battesimali prima di incamminarsi insieme verso l’altare.

E giunti all’altare, il sacerdote invita tutta l’assemblea a pregare perché quello che allora fu un auspicio, un auguro cristianamente fondato, diventi ora una scelta consapevole per quei due, che allora erano batuffoli capaci solo di frignare nel momento meno opportuno e di fare pipì a tradimento, e adesso decidono autonomamente del futuro della propria vita.

Il “sì” che genitori e padrini dissero al posto loro non fu una prevaricazione, non poté esserlo: come non fu prevaricazione, e non poté esserlo, la decisione di metterli al mondo. Tutto bene.

Ottimo, indispensabile il ricordo del battesimo, che celebra l’iniziativa di Dio, sommo protagonista di tutti i sacramenti. Ma a questo punto si apre un buco grosso come una voragine. Quale? Meditate, gente, meditate! E poi vi sarà detto ciò che deve essere detto. Ne concorderete? Spero.

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di Angelo M. Fanucci

Il nuovo rito del matrimonio cambia radicalmente il modo con cui gli sposi si dicono “sì”: ne convennero unanimi gli oltre 600 delegati delle 227 diocesi italiane, presenti a Grosseto ai primi di novembre del 2004 per la presentazione del nuovo rito del matrimonio, voluto dalla Conferenza episcopale italiana.

Tema: “Celebrare il mistero grande dell’amore”. L’allora segretario generale della Cei, mons. Betori, affermò che la Chiesa italiana chiede di partire dalla celebrazione del rito per un cammino verso una fede matura e consapevole; la scelta di chi ha deciso di consacrarsi nell’amore stesso di Cristo, fedele e indistruttibile, animato dallo Spirito santo - disse don Andrea Fontana, direttore dell’Ufficio catechistico di Torino.

Ma fu don Paolo Giulietti, allora direttore del Servizio Cei per la pastorale giovanile, a centrare il cuore del problema: “Il pensiero della Chiesa sul matrimonio - disse - si distacca sempre di più dall’idea del contratto, del gesto burocratico come potrebbe essere un matrimonio civile, perché restituisce tutto all’ambito dell’esperienza religiosa.

Al tempo stesso, il nuovo rito favorisce una visione del matrimonio meno folcloristica e romantica, perché trasposta più decisamente nel campo della fede”. E concluse: “Il nuovo rito potrà aiutare a vivere in maniera diversa anche la decisione di sposarsi, come risposta a una chiamata di Dio che viene dal battesimo e conseguentemente ad accettare il matrimonio come missione”.

Concretamente la massima innovazione fu il cambio della formula, da “ prendo te” ad “ accolgo te”, che - sottolineava mons. Betori “ricorda che il matrimonio è un impegno fondato sulla grazia di Cristo”. Un’altra novità, altrettanto importante, riguardò l’inizio della celebrazione: il sacerdote accoglie la coppia vicino al fonte battesimale, dove i futuri sposi rinnovano le promesse battesimali prima di incamminarsi insieme verso l’altare.

E giunti all’altare, il sacerdote invita tutta l’assemblea a pregare perché quello che allora fu un auspicio, un auguro cristianamente fondato, diventi ora una scelta consapevole per quei due, che allora erano batuffoli capaci solo di frignare nel momento meno opportuno e di fare pipì a tradimento, e adesso decidono autonomamente del futuro della propria vita.

Il “sì” che genitori e padrini dissero al posto loro non fu una prevaricazione, non poté esserlo: come non fu prevaricazione, e non poté esserlo, la decisione di metterli al mondo. Tutto bene.

Ottimo, indispensabile il ricordo del battesimo, che celebra l’iniziativa di Dio, sommo protagonista di tutti i sacramenti. Ma a questo punto si apre un buco grosso come una voragine. Quale? Meditate, gente, meditate! E poi vi sarà detto ciò che deve essere detto. Ne concorderete? Spero.

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Matrimoni in crisi quando chi si sposa non è maturo. Lo speciale “osservatorio” del Tribunale ecclesiastico interdiocesano https://www.lavoce.it/matrimoni-crisi-si-sposa-non-maturo-lo-speciale-osservatorio-del-tribunale-ecclesiastico-interdiocesano/ Tue, 27 Mar 2018 11:00:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51528

Perché i matrimoni finiscono? Molti se lo chiedono e molte sono le risposte che vengono formulate da psicologi, consulenti familiari, sacerdoti, istituti di ricerca e chi più ne ha più ne metta. Difficile, però, trovare in questo elenco il Tribunale ecclesiastico dove, trattando delle cause di nullità, i matrimoni falliti sono pane quotidiano. È vero che deve valutare se il sacramento è stato validamente celebrato e non se il matrimonio è stato felice oppure no, eppure il dialogo quotidiano con le persone offre una comprensione interessante della crisi matrimoniale. Ne parliamo con Giorgio Bencini, Patrono stabile (avvocato d’ufficio) del Tribunale ecclesiastico interdiocesano umbro, che con il collega Giuseppe Carpita oltre ad assistere le persone nel procedimento per la causa di nullità matrimoniale, svolgono anche un servizio di consulenza, gratuito, per tutti coloro che vogliono capire se vi sono le condizioni per introdurre la causa e come fare. Nel 2017 hanno effettuato 668 consulenze, esaminato 184 casi dei quali solo 97 hanno avviato l’iter per la causa. Solitamente il coniuge separato prende in considerazione la causa di nullità dopo aver concluso il percorso civile della separazione e del divorzio con la definizione dei relativi obblighi e oneri e la inizia spinto dal desiderio di poter celebrare in Chiesa la nuova unione. Sono in numero minore, ma in crescita, le richieste che nascono dal desiderio di fare chiarezza sul proprio percorso di vita e di fede, spesso su suggerimento del movimento o associazione cattolica di cui fanno parte o dello stesso parroco. “Chi viene con la necessità di celebrare un nuovo matrimonio forse si domanda poco l’aspetto sacramentale del matrimonio, cosa è stato o cosa non è stato. A queste persone - racconta Bencini - cerco di far capire che hanno celebrato un matrimonio che nessuno può cancellare come esperienza vissuta anche se può essere mancato l’aspetto sacramentale”. E il dialogo parte da lì, da “che cos’è un sacramento, che differenza c’è tra un Battesimo e una Comunione e il sacramento del Matrimonio nel quale è richiesta una libertà oltre che fisica anche interiore”. Il colloquio è sempre strettamente riservato (salvo poche eccezioni su richiesta della persona stessa) e diventa una sorta di confessione ma “nel senso che con le persone si ricostruisce un mondo che teoricamente dovrebbero conoscere e che in realtà non conoscono”. Invece, prosegue Bencini, “chi viene indipendentemente dalla necessità di riaccompagnarsi ha già fatto un passaggio del genere e quindi vuole sapere se quel matrimonio che gli è andato male è stato comunque un sacramento e quindi fa parte del proprio bagaglio di vita e devono tenerselo in quella maniera, chiamiamola ‘una croce’, oppure se invece è stato un passaggio della vita magari fondamentale per il raggiungimento della salvezza, ma non come sacramento”. Nel colloquio non si chiede di raccontare la vita matrimoniale ma di capire se siano riscontrabili e dimostrabili eventuali cause di nullità del sacramento celebrato. “Cerchiamo di capire essenzialmente due cose spiega Bencini - : con quali intenzioni una persona si è avvicinata al matrimonio, e dunque se la volontà era analoga o diciamo confacente rispetto a quanto la Chiesa chiede, e poi cerchiamo di capire se la persona aveva delle riserve o meno sull’indissolubilità del matrimonio, sulla procreazione, sulla fedeltà oppure se quella persona era matura, che è il 99% dell’oggetto delle indagini”. Continua a leggere gratuitamente sull'edizione digitale de La Voce.]]>

Perché i matrimoni finiscono? Molti se lo chiedono e molte sono le risposte che vengono formulate da psicologi, consulenti familiari, sacerdoti, istituti di ricerca e chi più ne ha più ne metta. Difficile, però, trovare in questo elenco il Tribunale ecclesiastico dove, trattando delle cause di nullità, i matrimoni falliti sono pane quotidiano. È vero che deve valutare se il sacramento è stato validamente celebrato e non se il matrimonio è stato felice oppure no, eppure il dialogo quotidiano con le persone offre una comprensione interessante della crisi matrimoniale. Ne parliamo con Giorgio Bencini, Patrono stabile (avvocato d’ufficio) del Tribunale ecclesiastico interdiocesano umbro, che con il collega Giuseppe Carpita oltre ad assistere le persone nel procedimento per la causa di nullità matrimoniale, svolgono anche un servizio di consulenza, gratuito, per tutti coloro che vogliono capire se vi sono le condizioni per introdurre la causa e come fare. Nel 2017 hanno effettuato 668 consulenze, esaminato 184 casi dei quali solo 97 hanno avviato l’iter per la causa. Solitamente il coniuge separato prende in considerazione la causa di nullità dopo aver concluso il percorso civile della separazione e del divorzio con la definizione dei relativi obblighi e oneri e la inizia spinto dal desiderio di poter celebrare in Chiesa la nuova unione. Sono in numero minore, ma in crescita, le richieste che nascono dal desiderio di fare chiarezza sul proprio percorso di vita e di fede, spesso su suggerimento del movimento o associazione cattolica di cui fanno parte o dello stesso parroco. “Chi viene con la necessità di celebrare un nuovo matrimonio forse si domanda poco l’aspetto sacramentale del matrimonio, cosa è stato o cosa non è stato. A queste persone - racconta Bencini - cerco di far capire che hanno celebrato un matrimonio che nessuno può cancellare come esperienza vissuta anche se può essere mancato l’aspetto sacramentale”. E il dialogo parte da lì, da “che cos’è un sacramento, che differenza c’è tra un Battesimo e una Comunione e il sacramento del Matrimonio nel quale è richiesta una libertà oltre che fisica anche interiore”. Il colloquio è sempre strettamente riservato (salvo poche eccezioni su richiesta della persona stessa) e diventa una sorta di confessione ma “nel senso che con le persone si ricostruisce un mondo che teoricamente dovrebbero conoscere e che in realtà non conoscono”. Invece, prosegue Bencini, “chi viene indipendentemente dalla necessità di riaccompagnarsi ha già fatto un passaggio del genere e quindi vuole sapere se quel matrimonio che gli è andato male è stato comunque un sacramento e quindi fa parte del proprio bagaglio di vita e devono tenerselo in quella maniera, chiamiamola ‘una croce’, oppure se invece è stato un passaggio della vita magari fondamentale per il raggiungimento della salvezza, ma non come sacramento”. Nel colloquio non si chiede di raccontare la vita matrimoniale ma di capire se siano riscontrabili e dimostrabili eventuali cause di nullità del sacramento celebrato. “Cerchiamo di capire essenzialmente due cose spiega Bencini - : con quali intenzioni una persona si è avvicinata al matrimonio, e dunque se la volontà era analoga o diciamo confacente rispetto a quanto la Chiesa chiede, e poi cerchiamo di capire se la persona aveva delle riserve o meno sull’indissolubilità del matrimonio, sulla procreazione, sulla fedeltà oppure se quella persona era matura, che è il 99% dell’oggetto delle indagini”. Continua a leggere gratuitamente sull'edizione digitale de La Voce.]]>
Come stanno cambiando i corsi di preparazione al matrimonio in chiesa https://www.lavoce.it/stanno-cambiando-corsi-preparazione-al-matrimonio-chiesa/ Mon, 12 Mar 2018 11:00:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51406

L’ufficio di Pastorale familiare da tempo ha riorganizzato i corsi di preparazione al matrimonio, limitandoli di numero e ridefinendo gli argomenti. Si è voluto ripartire dalla denominazione: non “corso” ma “itinerario”, volendo con ciò far emergere che non bastano alcune “lezioni” per dar vita a una famiglia per sempre, ma che la vita coniugale è un itinerario che necessità continuamente di “tagliandi” per continuare ad amarsi nonostante i limiti umani di ciascuno. Anche i contenuti sono stati rivisti introducendo argomenti quali il dialogo, il perdono, e soprattutto una modalità di interazione tra l’équipe e i fidanzati per renderli protagonisti attivi e non meramente passivi. Queste modifiche hanno fatto sì che i ragazzi che partecipano agli itinerari arrivano alla fine molto contenti del percorso fatto. Vale ricordare la riflessione di una coppia che ha partecipato agli incontri di preparazione al matrimonio nel 2017 e oggi fa parte di un’équipe. “Siamo sposi ‘giovani’ - si presentano Paola e Giovanni - che hanno ricevuto il sacramento del matrimonio nell’agosto scorso, dopo aver frequentato il corso prematrimoniale. Ci ricordiamo ancora la sensazione di quando la prima sera siamo arrivati in parrocchia, ignari di quello che avremo fatto, visto e sentito. Con nostra grande sorpresa, ci siamo resi con- to di aver intrapreso un percorso bellissimo che ci ha arricchito culturalmente e spiritualmente. Da buoni cristiani, conoscevamo la Parola di Dio, ma durante il corso ci siamo ritrovati a viverla grazie alla grande fede delle persone; coppie che ci hanno guidato in questo cammino e che ci hanno fatto avvicinare ancora di più alla Trinità. Molti sono stati gli insegnamenti, molti sono stati i consigli e gli spunti di riflessione. Quando, quest’anno, ci hanno chiesto se ci avrebbe fatto piacere unirci all’équipe, con estrema gioia abbiamo accettato, memori della bellissima esperienza che avevamo vissuto in prima persona. Avevamo piacere che anche altre giovani coppie potessero godere della gioia di arricchirsi, come era avvenuto per noi. Questo cammino da collaboratori ci ha responsabilizzato di un ruolo bellissimo: donare spunti di riflessione e portare la nostra esperienza al servizio di questi giovani che si apprestano a ricevere il sacramento. Ciò che è cambiato da essere partecipanti a collaboratori è strettamente legato al ruolo di responsabilità (inteso come corretto ‘indirizzamento’ a capire cosa sia il matrimonio cristiano, di come cambierà la vita di coppia con la guida del Signore), l’organizzazione pratica, l’essere un punto di riferimento per queste giovani coppie. Per il resto, stiamo continuando a confrontarci con la stessa umiltà di buoni fratelli come ci hanno insegnato le coppie guida nel precedente corso, sperando di migliorare sempre di più nel tempo in questo percorso”.]]>

L’ufficio di Pastorale familiare da tempo ha riorganizzato i corsi di preparazione al matrimonio, limitandoli di numero e ridefinendo gli argomenti. Si è voluto ripartire dalla denominazione: non “corso” ma “itinerario”, volendo con ciò far emergere che non bastano alcune “lezioni” per dar vita a una famiglia per sempre, ma che la vita coniugale è un itinerario che necessità continuamente di “tagliandi” per continuare ad amarsi nonostante i limiti umani di ciascuno. Anche i contenuti sono stati rivisti introducendo argomenti quali il dialogo, il perdono, e soprattutto una modalità di interazione tra l’équipe e i fidanzati per renderli protagonisti attivi e non meramente passivi. Queste modifiche hanno fatto sì che i ragazzi che partecipano agli itinerari arrivano alla fine molto contenti del percorso fatto. Vale ricordare la riflessione di una coppia che ha partecipato agli incontri di preparazione al matrimonio nel 2017 e oggi fa parte di un’équipe. “Siamo sposi ‘giovani’ - si presentano Paola e Giovanni - che hanno ricevuto il sacramento del matrimonio nell’agosto scorso, dopo aver frequentato il corso prematrimoniale. Ci ricordiamo ancora la sensazione di quando la prima sera siamo arrivati in parrocchia, ignari di quello che avremo fatto, visto e sentito. Con nostra grande sorpresa, ci siamo resi con- to di aver intrapreso un percorso bellissimo che ci ha arricchito culturalmente e spiritualmente. Da buoni cristiani, conoscevamo la Parola di Dio, ma durante il corso ci siamo ritrovati a viverla grazie alla grande fede delle persone; coppie che ci hanno guidato in questo cammino e che ci hanno fatto avvicinare ancora di più alla Trinità. Molti sono stati gli insegnamenti, molti sono stati i consigli e gli spunti di riflessione. Quando, quest’anno, ci hanno chiesto se ci avrebbe fatto piacere unirci all’équipe, con estrema gioia abbiamo accettato, memori della bellissima esperienza che avevamo vissuto in prima persona. Avevamo piacere che anche altre giovani coppie potessero godere della gioia di arricchirsi, come era avvenuto per noi. Questo cammino da collaboratori ci ha responsabilizzato di un ruolo bellissimo: donare spunti di riflessione e portare la nostra esperienza al servizio di questi giovani che si apprestano a ricevere il sacramento. Ciò che è cambiato da essere partecipanti a collaboratori è strettamente legato al ruolo di responsabilità (inteso come corretto ‘indirizzamento’ a capire cosa sia il matrimonio cristiano, di come cambierà la vita di coppia con la guida del Signore), l’organizzazione pratica, l’essere un punto di riferimento per queste giovani coppie. Per il resto, stiamo continuando a confrontarci con la stessa umiltà di buoni fratelli come ci hanno insegnato le coppie guida nel precedente corso, sperando di migliorare sempre di più nel tempo in questo percorso”.]]>
Inaugurazione dell’anno giudiziario al Tribunale ecclesiastico https://www.lavoce.it/inaugurazione-dellanno-giudiziario-al-tribunale-ecclesiastico/ Thu, 08 Mar 2018 11:00:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51373

È un tribunale un po’ speciale perché si occupa quasi solo di matrimoni, ma non perché sia la sua unica competenza quanto piuttosto perché la stragrande parte del suo lavoro riguarda, appunto, il sacramento del matrimonio. Il Tribunale ecclesiastico interdiocesano umbro (Teiu) martedì ha celebrato il suo Dies annualis con il consueto bilancio delle attività presentato dal Vicario giudiziale del Teiu padre Cristoforo Pawlik e la prolusione sul tema delle “condizioni di ammissione al processo breviore e il ruolo del vescovo in tale forma processuale”, quest’anno tenuta da mons. Paolo Bianchi, vicario giudiziale del TER Lombardo. Alla presenza dei vescovi umbri e dei rappresentanti della Magistratura civile, a Perugia nella sala del Dottorato delle Logge della cattedrale di San Lorenzo, il 6 marzo, si è così celebrata l’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Teiu. Ha presieduto l’incontro l’arcivescovo di Perugia - Città della Pieve il cardinale Gualtiero Bassetti, moderatore del Teiu, tribunale competente per le cause di nullità matrimoniale per le archidiocesi e le diocesi in Umbria. Al centro della prolusione di mons. Bianchi il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus con cui Papa Francesco, nel 2015, ha riformato il processo di nullità matrimoniale canonica. Mons. Bianchi ha illustrato i passaggi fondamentali del processus brevior, il processo breve di cui è competente il vescovo stesso, o meglio, ha precisato, il vescovo ordinario diocesano, non un suo delegato né un vescovo emerito. Processo breve, ha sottolineato nell’ampia prolusione pubblicata sul sito del Tribunale insieme alla relazione del Vicario Giudiziale (www.tribunaleecclessiasticoumbro. it), che può essere introdotto quando sono evidenti e ben documentate le cause di nullità (ovvero il fatto che il sacramento del matrimonio non è stato validamente celebrato). Il ‘processo breve’, ha detto il cardinale Bassetti sottolineando l’impegno della cura pastorale della Chiesa per gli sposi, consentendo di fare chiarezza sulla situazione matrimoniale in tempi brevi, è un “grande dono”, “un gesto bellissimo del Papa a seguito del Giubileo Straordinario della Misericordia”. Il cardinale ha espresso “gratitudine al Tribunale ecclesiastico per l’accuratezza nell’applicare le norme nella fedeltà alla verità e tenendo conto con carità pastorale della salus animarum riconoscendo i tanti cuori feriti che vengono a sottoporre alla Chiesa i loro drammi che colpiscono l’istituzione più fragile che è la famiglia”. Nella sua dettagliata relazione il Vicario giudiziale p. Pawlik si è soffermato sulle cause di nullità del sacramento e in particolare sul “consenso”, ricordando che “alla luce dell’insegnamento pontificio, la mancanza della fede, la lontananza dalla pratica religiosa e la vita vissuta nel- l’opposizione ai principi morali cristiani, ecc. (elementi che in buona parte possono essere verificati e provati con l’istruttoria canonica), incidono o almeno possono incidere gravemente sul consenso matrimoniale, che non può più essere inteso - come insegna Papa Francesco - come un “automatismo”, ma esige sempre per la sua validità “una coscienza illuminata dalla fede (ossia l’intenzione di fare davvero ciò che fa la Chiesa), come il risultato di una combinazione tra umano e divino”. Il vicario giudiziale si è soffermato anche sui costi delle cause sui quali “ancora oggi circolano notizie infondate” per cui “tante persone sono scoraggiate, diffidenti fino a rinunciare in partenza ad accostarsi al Tribunale Ecclesiastico per introdurre la causa, pur avendone diritto e motivi validi”. Padre Pawlik ha anche ricordato che “nella Chiesa la giustizia è accessibile a tutti senza distinzione, tanto è vero che anche quest’anno ci sono stati 47 persone esonerate totali e 22 che hanno ottenuto le riduzioni dal contributo dovuto per le spese processuali, mentre sono state 37 le parti attrice e 3 le parti convenute che hanno contribuito regolarmente alle spese. Questo - ha aggiunto - è possibile grazie all’8xMille alla Chiesa cattolica”.  ]]>

È un tribunale un po’ speciale perché si occupa quasi solo di matrimoni, ma non perché sia la sua unica competenza quanto piuttosto perché la stragrande parte del suo lavoro riguarda, appunto, il sacramento del matrimonio. Il Tribunale ecclesiastico interdiocesano umbro (Teiu) martedì ha celebrato il suo Dies annualis con il consueto bilancio delle attività presentato dal Vicario giudiziale del Teiu padre Cristoforo Pawlik e la prolusione sul tema delle “condizioni di ammissione al processo breviore e il ruolo del vescovo in tale forma processuale”, quest’anno tenuta da mons. Paolo Bianchi, vicario giudiziale del TER Lombardo. Alla presenza dei vescovi umbri e dei rappresentanti della Magistratura civile, a Perugia nella sala del Dottorato delle Logge della cattedrale di San Lorenzo, il 6 marzo, si è così celebrata l’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Teiu. Ha presieduto l’incontro l’arcivescovo di Perugia - Città della Pieve il cardinale Gualtiero Bassetti, moderatore del Teiu, tribunale competente per le cause di nullità matrimoniale per le archidiocesi e le diocesi in Umbria. Al centro della prolusione di mons. Bianchi il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus con cui Papa Francesco, nel 2015, ha riformato il processo di nullità matrimoniale canonica. Mons. Bianchi ha illustrato i passaggi fondamentali del processus brevior, il processo breve di cui è competente il vescovo stesso, o meglio, ha precisato, il vescovo ordinario diocesano, non un suo delegato né un vescovo emerito. Processo breve, ha sottolineato nell’ampia prolusione pubblicata sul sito del Tribunale insieme alla relazione del Vicario Giudiziale (www.tribunaleecclessiasticoumbro. it), che può essere introdotto quando sono evidenti e ben documentate le cause di nullità (ovvero il fatto che il sacramento del matrimonio non è stato validamente celebrato). Il ‘processo breve’, ha detto il cardinale Bassetti sottolineando l’impegno della cura pastorale della Chiesa per gli sposi, consentendo di fare chiarezza sulla situazione matrimoniale in tempi brevi, è un “grande dono”, “un gesto bellissimo del Papa a seguito del Giubileo Straordinario della Misericordia”. Il cardinale ha espresso “gratitudine al Tribunale ecclesiastico per l’accuratezza nell’applicare le norme nella fedeltà alla verità e tenendo conto con carità pastorale della salus animarum riconoscendo i tanti cuori feriti che vengono a sottoporre alla Chiesa i loro drammi che colpiscono l’istituzione più fragile che è la famiglia”. Nella sua dettagliata relazione il Vicario giudiziale p. Pawlik si è soffermato sulle cause di nullità del sacramento e in particolare sul “consenso”, ricordando che “alla luce dell’insegnamento pontificio, la mancanza della fede, la lontananza dalla pratica religiosa e la vita vissuta nel- l’opposizione ai principi morali cristiani, ecc. (elementi che in buona parte possono essere verificati e provati con l’istruttoria canonica), incidono o almeno possono incidere gravemente sul consenso matrimoniale, che non può più essere inteso - come insegna Papa Francesco - come un “automatismo”, ma esige sempre per la sua validità “una coscienza illuminata dalla fede (ossia l’intenzione di fare davvero ciò che fa la Chiesa), come il risultato di una combinazione tra umano e divino”. Il vicario giudiziale si è soffermato anche sui costi delle cause sui quali “ancora oggi circolano notizie infondate” per cui “tante persone sono scoraggiate, diffidenti fino a rinunciare in partenza ad accostarsi al Tribunale Ecclesiastico per introdurre la causa, pur avendone diritto e motivi validi”. Padre Pawlik ha anche ricordato che “nella Chiesa la giustizia è accessibile a tutti senza distinzione, tanto è vero che anche quest’anno ci sono stati 47 persone esonerate totali e 22 che hanno ottenuto le riduzioni dal contributo dovuto per le spese processuali, mentre sono state 37 le parti attrice e 3 le parti convenute che hanno contribuito regolarmente alle spese. Questo - ha aggiunto - è possibile grazie all’8xMille alla Chiesa cattolica”.  ]]>
Il Tribunale ecclesiastico? Un “ospedale da campo” per la cura delle anime https://www.lavoce.it/il-tribunale-ecclesiastico-un-ospedale-da-campo-per-la-cura-delle-anime/ Mon, 02 May 2016 08:44:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=46128 famiglia-crisiNon è semplice spiegare come una attività giudiziaria possa avere allo stesso tempo un carattere e una funzione pastorale, ovvero di “cura delle anime”. Si può dire che anno dopo anno l’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico regionale umbro (Teru) è stata occasione per comunicare anche questo aspetto.

Va in questa direzione Papa Francesco con il suo magistero, con l’indizione del Sinodo sulla famiglia e i documenti che ne sono il frutto, l’Esortazione post sinodale Amoris laetitia e il Motu Proprio “Mitis iudex dominus Iesus” sulla “riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio”. Nel Motu proprio il Papa ricorda che “il fine supremo delle istituzioni, delle leggi, del diritto” oggi come ieri è “la preoccupazione della salvezza delle anime”, ed aggiunge che è questo a “spingere il Vescovo di Roma ad offrire ai Vescovi questo documento di riforma, in quanto essi condividono con lui il compito della Chiesa, di tutelare cioè l’unità nella fede e nella disciplina riguardo al matrimonio, cardine e origine della famiglia cristiana”.

Padre Cristoforo Pawlik, Vicario giudiziale del Teru, mercoledì prossimo, 4 maggio, presenterà la sua relazione annuale. Come negli anni precedenti la sua speranza è che partecipino alla giornata inaugurale non solo gli addetti ai lavori ma anche parroci, religiosi e laici in vario modo impegnati nella pastorale familiare o anche nei percorsi formativi dei giovani. Prevenire è meglio che curare dice Papa Francesco. Si potrebbe dire che il Tribunale può solo “curare” un matrimonio fallito facendo “verità” sul sacramento celebrato quando uno o entrambi i coniugi lo richiedano.

Padre Pawlik usa l’immagine dell’“ospedale da campo” per spiegare il ruolo del Tribunale. E cita Papa Francesco quando nell’intervista a Antonio Spadaro, pubbblicata da L’ Osservatore Romano il 19 agosto del 2013, spiegava che “prima viene la misericorida e poi il resto” e che “le riforme strutturali e organizzative della Chiesa sono secondarie, cioé vengono dopo” perché “la prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento, i ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone”.

Così, quando gli chiediamo cosa è cambiato con il Motu Proprio , risponde che “non è cambiato nulla” ma allo stesso tempo è cambiato molto nel senso di una Chiesa che anche in questo settore vuole farsi vicina alle persone che vivono situazioni matrimoniali irregolari. Papa Francesco, sottolinea p. Pawlik, “ha voluto comunicare il tenero e intenso abbraccio della Chiesa a quelle famiglie ferite per le quali occorre accoglienza, accompagamento e preghiera, senza mai negare la verità, senza mai nasconderla o mistificarla”.

Molto si è parlato del “processo breve” nel quale “lo stesso Vescovo è giudice”, ma in realtà non c’è una verà novità quanto piuttosto, spiega p. Pawlik, una applicazione di quanto già stabilito dal Codice di diritto canonico del 1982, una applicazione nella quale viene data maggiore evidenza e concretezza alla centralità del Vescovo nel servizio della Giustizia e alla sua vicinanza di Pastore. Ma anche nel “processo breve”, percorribile solo con il consenso di entrambe le parti e solo se la nullità è manifesta e sostenuta da testimonianze e documenti che non richiedano ulteriori approfondimenti, valgono le stesse le garanzie processuali del processo ordinario.

Il Motu proprio introduce altri cambiamenti nelle cause di nullità matrimoniale, che vanno tutte nel senso di rendere più evidente la sollecitudine pastorale della Chiesa: l’abolizione della cosidetta “copia conforme” per cui era richiesto un secondo grado di giudizio per rendere effettiva la sentenza (resta comunque il diritto delle parti di ricorrere in appello), grazie alla quale i tempi delle decisioni si fanno più brevi; la semplificazione dei criteri per la definizione della competenza del tribunale, tali per cui possono essere accorciate le distanze geografiche che in molti paesi potevano costituire un ostacolo all’accesso al giudizio; infine viene eliminato l’impedimento economico essendo stabilita la totale gratuità delle cause (fatti salvi i compensi degli avvocati scelti dalle parti che non richiedono il patrocinio gratuito) con un impegno delle Chiese locali a sostenere i costi relativi soprattutto alle persone che con il loro lavoro assicurano il servizio del Tribunale diocesano o interdiocesano quale è quello umbro.

“Noi giudici del Tribunale interdiocesano umbro siamo consapevoli che quanto facciamo è complemento ad una azione a servizio della famiglia che inizia nelle parrocchie. Anche nell’esperienza di un matrimonio nato male la persona ha bisogno di sentirsi amata da Dio e le dinamiche procedurali sono a servizio di tale azione e rispondono al bisogno spirituale dei fedeli”.

Ogni anno sono alcune centinaia (554 l’anno 2015) le persone che si rivolgono a Tribunale per fare chiarezza sul loro stato. Nella gran parte dei casi l’esame previo offerto dai Patroni stabili non riscontra elementi tali da suggerire di proseguire nel processo ma il loro lavoro costituisce già una risposta all’esigenza di fare chiarezza.

Le cause che proseguono sono alcune decine (nel 2015 ne sono state introdotte 80 valutate dai Patroni stabili e 23 dai patroni esterni) ed in genere si concudono entro 18 mesi.

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Amoris Laetitia. La famiglia secondo Papa Francesco https://www.lavoce.it/amoris-laetitia-la-famiglia-secondo-papa-francesco/ Fri, 08 Apr 2016 16:47:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45926 Amorislaetitia1RIDTre verbi – “accompagnare, discernere e integrare” – e un imperativo: “Integrare tutti”, cioè “aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita”. È Amoris laetitia, l’esortazione apostolica di Papa Francesco firmata il 19 marzo, ma pubblicata l’8 aprile e indirizzata “ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, agli sposi cristiani e a tutti i fedeli laici sull’amore nella famiglia”. “Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”, esordisce Francesco nel documento – 260 pagine, 325 paragrafi articolati in nove capitoli – in cui definisce “un prezioso poliedro” il contributo offerto dai padri sinodali nei due anni di cammino del Sinodo sulla famiglia, il primo del suo pontificato.

E proprio le due “Relatio Synodi” del 2014 e del 2015, insieme alle 28 catechesi del mercoledì nel periodo intersinodale (menzionate 50 volte), sono i testi maggiormente citati da Francesco, insieme agli interventi dei suoi predecessori – san Giovanni Paolo VI, Paolo VI e Benedetto XVI – in testi basilari per la pastorale familiare come la Familiaris consortio e l’Humanae vitae.

Guardare alle famiglie così come sono

Parlare delle famiglie “così come sono”, la consegna del Papa improntata a un sano realismo cristiano e alla tradizione gesuitica dell’educazione alla responsabilità personale: di qui la necessità di “una salutare autocritica” sul modo in cui abbiamo parlato del matrimonio, facendone a volte “un ideale troppo astratto”. No, allora, alla distinzione tra famiglie “regolari” e “irregolari”: “Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivono in stato di peccato mortale”. Sì, invece, nell’Anno del Giubileo, allo “sguardo positivo” sulla famiglia, improntando a quella stessa misericordia che Gesù ha usato con la samaritana. “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete – l’affermazione di sintesi del Papa sull’impostazione di fondo del documento – è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico applicabile a tutti i casi”.

La legge della gradualità

Per le situazioni difficili, complesse e “irregolari” delle famiglie la legge da seguire è quella della “gradualità”, già sancita da san Giovanni Paolo II 35 anni fa, nella Familiaris consortio. “I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse”, scrive il Papa esortando i vescovi e i pastori a coniugare “discernimento personale” e “discernimento pastorale”. I divorziati risposati, in particolare, “devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo”.

È la “logica dell’integrazione”: “Sono battezzati, sono fratelli e sorelle”, “non devono sentirsi scomunicati”, e la loro partecipazione “può esprimersi in diversi servizi ecclesiali”, attraverso la capacità di “discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate”. “Credendo che tutto sia bianco e nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio”. Nella Amoris laetitia, non si nomina mai esplicitamente il tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati ma – in una nota dell’ottavo capitolo -, a proposito dell’“aiuto della Chiesa”, si fa presente che “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti”. L’invito ai pastori è al “discernimento pratico” caso per caso: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà”.

Impegno pastorale per prevenire

“Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture”. Ne è convinto il Papa, che nell’ultima sezione dell’ottavo capitolo del testo spiega in questi termini la “logica della misericordia pastorale”.

Tiene i “piedi per terra” il Papa, nel secondo capitolo, dedicato all’analisi della situazione delle famiglie. L’abuso sessuale sui bambini è “ancora più scandaloso nelle istituzioni cristiane”, tuona Francesco, che stigmatizza l’ideologia del “gender”, la pratica dell’“utero in affitto”, la violenza sulle donne e in fatto di migrazioni esorta a distinguere tra “mobilità umana” e “migrazioni forzate”. Nel sesto capitolo, ampio spazio alla preparazione remota e prossima al matrimonio. Tra le proposte, istituire nelle parrocchie “un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare”. Una trattazione a parte meriterebbero il quarto e il quinto capitolo, definiti “centrali” dallo stesso Francesco: un tributo all’“amore” umano in tutti i suoi aspetti, comprese la fecondità e la generatività.

“Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi”. A ribadirlo è il Papa, che nel capitolo sesto dell’Amoris laetitia, tra le “situazioni complesse”, cita i matrimoni tra cattolici e altri battezzati, i matrimoni misti e quelli con disparità di culto.

Educare

Imparare a educare i figli senza l’“ossessione del controllo”. È uno dei consigli del Papa ai genitori, contenuto nel capitolo settimo, dedicato a questo tema. “Sì all’educazione sessuale”, il titolo di un paragrafo, in cui il Papa propone un esame di coscienza: “Dovremmo domandarci se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida”.

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Amoris laetitia. Don Saulo Scarabattoli (parroco al Sinodo): “Tutte le porte sono aperte” https://www.lavoce.it/amoris-laetitia-don-saulo-scarabattoli-parroco-al-sinodo-tutte-le-porte-sono-aperte/ Fri, 08 Apr 2016 16:35:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45922 saulo-scarabattoliIl cinquantesimo di sacerdozio, celebrato qualche giorno fa a Roma, è stata per don Saulo Scarabattoli non soltanto l’occasione per rivedere i vecchi compagni di corso. Dopo la messa a Santa Marta, infatti, il parroco di Perugia che ha partecipato al Sinodo sulla famiglia è stato ricevuto da Francesco per un saluto: “Sono tornato a casa con una bellissima sensazione di speranza e di apertura. Ho ringraziato il Papa, perché noi parroci possiamo contare sulla sua benedizione e la sua esortazione a uscire. Se mi avesse detto: devi portare l’armatura di ferro della dottrina e farla indossare alle persone, sarei stato angosciato perché non avrei trovato nessuno a cui l’armatura sarebbe stata adeguata. Ma Francesco ci invita a curare le persone, allora posso andare con fiducia. Porto un vestito adatto a ciascuno, cucito su misura per coprire la nudità della desolazione, dell’amarezza, della solitudine. È un vestito di festa”.

 

Dall’Esortazione apostolica si apprende che la “logica dell’integrazione” è la “chiave” dell’accompagnamento pastorale delle situazioni dette “irregolari”.

“Discernimento e integrazione sono i termini forti per quel che riguarda l’accoglienza delle situazioni difficili. L’Esortazione è la fioritura dei semi gettati durante il Sinodo, anche tra qualche erbaccia. Tutte le porte sono aperte. Questo non significa che il Papa percorra ogni sentiero, ma che lascia a noi parroci la libertà di andare incontro alle persone in carne e ossa. Se ci fossero state porte chiuse, la dottrina sarebbe stata un’armatura di ferro conservata in un castello e noi parroci saremmo diventati i custodi del museo. Nell’accompagnamento dei giovani al matrimonio, Francesco suggerisce “un maggiore coinvolgimento dell’intera comunità privilegiando la testimonianza delle stesse famiglie”. Dobbiamo comunicare alle coppie di fidanzati la bellezza di quello che il Signore gli promette e che è possibile vivere il “per sempre”. I giovani non devono temere di impegnarsi: spesso si domandano “Cosa succederà?” e non “Cosa posso fare perché accada il bene?”. La preparazione è fondamentale, perché se butto nei campi il loglio non posso attendermi fiori sgargianti. Le famiglie e i genitori dei fidanzati sono la prima scuola esistenziale per convincersi che valga la pena. Nelle parrocchie dobbiamo accogliere le speranze, soprattutto quando l’esempio che i ragazzi hanno davanti non è sano”.

“La Chiesa non manca di valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio”. Perché molti giovani non hanno fiducia nel matrimonio e scelgono la convivenza?

“Non credo che la convivenza sia un dramma per quanti non sono arrivati alla maturità della scelta matrimoniale. Piuttosto che un matrimonio avventato, è meglio una onesta convivenza in cui iniziare a sperimentare valori umani positivi. Considero la convivenza come una fase iniziale per chi non si sente ancora pronto. E poi parliamo apertamente: se i messalizzanti bene che vada sono il 25 per cento degli italiani, anche i matrimoni cattolici dovrebbero essere di analoga percentuale. Io invito le persone a celebrare il matrimonio, ma le aiuto a scegliere partendo dalle loro condizioni di vita”.

“Adeguato discernimento personale e pastorale” è richiesto anche nei confronti dei divorziati che vivono una nuova unione.

“Da quando sono andato al Sinodo, ho incontrato soltanto due situazioni irregolari che sto seguendo. Li accompagno fino ai piedi dell’altare. Tendere le mani per prendere l’Eucarestia dipende dalla singola persona, non è il prete che può decidere se darla o meno. Io mi limito a chiedere di interrogare la coscienza davanti al Signore, perché nessuno è escluso. Come prete darò sempre l’Eucarestia. Se vedo mani aperte, penso che anche il cuore lo sia. E allora chi sono io per decidere chi non può prendere l’Eucarestia?”.

Lei è anche cappellano della sezione sezione femminile del Carcere di Perugia. Si può parlare di famiglia anche dietro le sbarre?

“La famiglia in carcere è inesistente. Non c’è la possibilità di avere contatti quotidiani, quando va bene si parla di una telefonata a settimana. È possibile conservare dei legami, ma è faticoso. Gran parte delle persone in carcere, poi, non sono sposate. Una buona parte delle donne ha compagni e non mariti, sono convivenze di fatto virtuali. Molte di loro non hanno esperienza di famiglia, né in quella di origine né in quella che hanno provato a costruire”.

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In piazza a difendere la famiglia. I vescovi umbri “accolgono con favore e sostengono il programma” https://www.lavoce.it/in-piazza-a-difendere-la-famiglia-i-vescovi-umbri-accolgono-con-favore-e-sostengono-il-programma/ Fri, 22 Jan 2016 12:11:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45105 Parlamento-italiano-cmykSabato 30 gennaio a Roma, al Circo Massimo, il comitato “Difendiamo i nostri figli”, come è oramai noto, organizza una manifestazione a difesa della famiglia e del diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà. Un vero e proprio Family day dell’associazionismo cattolico per dire un “no” chiaro al disegno di legge “Cirinnà” sulle unioni civili che, al 30 gennaio, potrebbe aver già incassato il placet del Senato.
In sintesi questa proposta, tra l’altro, prevede che due persone dello stesso sesso possono costituire un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. I matrimoni contratti all’estero e quelli nei quali un coniuge abbia cambiato sesso, potranno essere riconosciuti come unioni civili.
Dal disegno di legge rimangono escluse le adozioni: una coppia omosessuale non può adottare un bambino senza legame con uno dei due partner, come possono fare le coppie eterosessuali, ma si prevede l’estensione per le unioni civili tra persone dello stesso sesso dell’adozione del bambino che è già riconosciuto come figlio di uno solo dei due. Per quanto riguarda il regime giuridico nelle unioni civili tra persone dello stesso sesso, e cioè i rispettivi diritti e doveri, residenza, abusi familiari, interdizione, scioglimento dell’unione, il testo finale giunto in Aula, il cosiddetto Cirinnà bis, prevede che per le unioni civili siano validi gli articoli del codice civile relativi al matrimonio: stessi diritti e stessi doveri. Nei giorni scorsi, però, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi , preoccupato dall’esito del voto segreto del Parlamento, ha detto che il ddl Cirinnà cambierà.
Intanto il dibattito va avanti e ci si prepara all’appuntamento del 30 a Roma.

Senza giri di parole, il card. Angelo Bagnasco , arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha definito il ddl Cirinnà “una distrazione grave e irresponsabile…c’è una grande distrazione da parte del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia: creare posti di lavoro, dare sicurezza sociale, ristabilire il welfare”. E per il Porporato la manifestazione del 30 gennaio è “un’iniziativa dei laici, condivisibile. L’obiettivo della manifestazione è decisamente buono perché la famiglia è il fondamento di tutta la società. La famiglia – prosegue Bagnasco – non può essere uguagliata da nessun’altra istituzione o situazione. La sua difesa, la sua promozione e l’invocazione di sostegni reali, che fino ad adesso sembra che non ci siano, dovrebbe essere voce unitaria di tutto il Paese, di tutte le famiglie italiane, anche in modo diversificato”. Come è immaginabile, il dibattito nel mondo cattolico si alimenta.

La presidenza nazionale dell’ Azione cattolica in una nota parla di “una legge da riscrivere”, anche se “una legge per regolare le convivenze omosessuali va fatta”. “Tuttavia, prosegue la nota, la legge così com’è non ci piace: in questo modo, le unioni civili finiscono per essere assimilate nei fatti al matrimonio. Questa è una legge che meriterebbe di essere fatta oggetto di uno sforzo maggiore di ponderatezza, precisione ed equilibrio.*Auspichiamo davvero con forza che il Parlamento si dia il tempo e le modalità necessarie per farlo, con il necessario sforzo di ascolto delle istanze del Paese”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il Rinnovamento nello Spirito Santo : “Con viva preoccupazione esprimiamo ferma contrarietà” al testo del ddl Cirinnà, “che di fatto svilisce l’istituto della famiglia naturale nella sua unicità spirituale e sociale e altera la visione antropologica secondo natura già nella negazione dei diritti del bambino”. Per il Rns, poi, la manifestazione del 30 gennaio non deve essere ricondotta a sigle e denominazioni perché il sentire della maggioranza del popolo italiano non può, né deve essere ricondotto a classificazioni che limiterebbero “la portata di questo gesto di responsabilità civile.

L’Unione giuristi cattolici italiani chiede lo stralcio dal ddl Cirinnà della stepchild adoption e di tutti i rinvii alla disciplina del matrimonio. I Giuristi auspicano che “la posizione dei minori, ed in particolare l’istituto dell’adozione dei figli del partner, venga stralciato dal ddl Cirinnà”. E intanto in Umbria il vicepresidente nazionale arcigay, il perugino Stefano Bucaioni , ha scritto una lettera aperta al card. Gualtiero Bassetti (pubblicata sul Corriere dell’Umbria del 20 gennaio), chiedendogli di vigilare “affinchè una parte della comunità religiosa non avvelini il clima e il dibattito” su questi temi e si possa “dar vita ad un dibattito più sano e disteso”.

Di seguito la Nota della Conferenza episcopale umbra inerente la manifestazione promossa dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”, in programma a Roma il  prossimo 30 gennaio

«Il Comitato “Difendiamo i nostri figli”, che ha organizzato l’appuntamento del 20 giugno 2015, indice ora una nuova manifestazione il 30 gennaio a Roma per dare voce alle famiglie. Sono invitate le realtà ecclesiali ed anche gli uomini e le donne di buona volontà che si sentono di condividere questo gesto: cristiani delle diverse confessioni, appartenenti ad altre religioni e anche non credenti. I Vescovi dell’Umbria accolgono con favore e sostengono il programma espresso dal Comitato: “Andremo a dire che cosa crediamo: la visione della famiglia secondo la Costituzione italiana ed i principi dell’antropologia e dell’etica cristiana”».

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Accolti dal Padre misericordioso https://www.lavoce.it/accolti-dal-padre-misericordioso/ Sat, 21 Nov 2015 16:58:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44466 Sinodo-cmykSi può “vivere” – pienamente – senza un Padre? Si può vivere senza sapere che il nostro Dio si fa chiamare Abbà, “papà”?

Ricordo, alcuni anni fa: arriva in carcere una donna che aveva ucciso la mamma. Disperata, in stato confusionale, possiamo immaginarlo. Gli agenti mi consigliavano di stare lontano dalla cella, poteva essere pericoloso. Invece mi avvicinai, le domandai se conosceva questo racconto del Vangelo. “No”, mi rispose.

Glielo raccontai, le parlai di un Padre che non rifiuta mai l’abbraccio ai figli… Mi sembrò che si rasserenasse un po’. La trasferirono subito dopo, e non la rividi più… Ho la speranza che quel piccolo racconto le abbia aperto uno spiraglio di cielo.

La Chiesa, al Sinodo, si è come fermata, ha provato a sostare e guardare ancora una volta al cuore di questo Padre, per imparare ancora una volta la misericordia.

E se questo Padre ha un abbraccio per un figlio che ha commesso un omicidio, lo rifiuterà a un figlio che si trova in una situazione matrimoniale “irregolare”?

Sappiamo bene la differenza tra un “atto” e una “situazione”; eppure anche per chi si trovasse in una situazione che non è più possibile cambiare, non ci sarà un sentiero per l’incontro con il Padre? E se non si potrà muovere il figlio, non si muoverà il Padre per andare, lui, a cercarlo?

Uno dei Padri sinodali, in un’intervista, aveva sostenuto che è vero che il Padre abbraccia il figlio e lo perdona, ma solo perché è tornato a casa – come a dire, il Padre aspetta, immobile.

Ma è così? Un Padre fermo che non va incontro al figlio? Il racconto del Vangelo dice il contrario: questo Padre, quando vede il figlio, “gli corse incontro”.

Ma supponiamo che questo figlio, che se n’è andato di casa, pur desiderando tornare, non possa più farlo: ha ripensato al suo gesto, si è pentito, ha deciso di tornare (“Mi alzerò e tornerò da mio padre”), ma ci sono delle circostanze che glielo impediscono (per rimanere nella parabola: la strada è interrotta, lui è malato…).

Che farà il Padre?

Quando ero al Sinodo, ho fatto questa domanda (tramite WA, un sistema di comunicazione di gruppo) a varie persone della parrocchia. Tutti mi hanno risposto che il Padre andrà, lui, alla ricerca del figlio rimasto intrappolato lontano.

Questo padre che, “vistolo, gli corse incontro”, se non lo vede, continuerà la sua corsa… E porterà con sé la veste e i sandali e l’anello (forse non il “vitello grasso”!), e sarà lui a muoversi per abbracciare il figlio che vorrebbe, ma non può più tornare.

Alcuni vescovi, soprattutto sudamericani, descrivevano la situazione di una donna, per esempio, sposata ma poi abbandonata dal marito che magari le ha lasciato anche vari figli (accade spesso, purtroppo). Se poi incontra e accetta di stare con un uomo che accoglie e sostiene lei e i figli, sarà rifiutata per sempre da Dio Padre? Se, per amore dei figli, pur desiderando un matrimonio “regolare”, accetta questa convivenza, potrà essere condannata ed esclusa per sempre dalla Chiesa?

Questa domanda, dolorosa, è risuonata nel Sinodo.

Nel documento conclusivo non c’è una riposta definitiva; ma il “cuore” della Chiesa si è fatto sensibile a questa situazione.

Il Papa nell’esortazione post-sinodale (già annunciata) ci indicherà i sentieri da percorrere.

Là dove il figlio, pur desideroso di tornare, non “potrà” farlo, sentirà – una volta o l’altra – bussare alla sua porta. E andando ad aprire, lo sorprenderà il sorriso e l’abbraccio del “papà” (Abbà).

 

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