matrimoni gay Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/matrimoni-gay/ Settimanale di informazione regionale Fri, 26 Mar 2021 14:53:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg matrimoni gay Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/matrimoni-gay/ 32 32 L’editoriale. Famiglia: la piazza non aiuta a riflettere https://www.lavoce.it/leditoriale-famiglia-la-piazza-non-aiuta-a-riflettere/ https://www.lavoce.it/leditoriale-famiglia-la-piazza-non-aiuta-a-riflettere/#comments Sat, 30 Jan 2016 00:55:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45295 SenatoSabato 23 e sabato 30 gennaio: è il tempo delle piazze. Forse è giusto che sia così: arrivato il momento della conta dei voti in Parlamento, è naturale che ciascuno getti sulla bilancia il peso dei propri numeri, per farla inclinare dalla parte che si ritiene giusta. Certo è che la piazza non è il luogo del ragionamento e del dialogo, ma l’occasione per dire in modo forte e inevitabilmente sommario, a volte un po’ manicheo, le proprie idee e proposte. Dove l’avversario, le sue opinioni e le sue richieste difficilmente trovano spazi di ascolto, e dove anche i migliori pensieri “sanno” di ideologia.

Che dire? Gridino, adesso, le piazze: à la guerre comme à la guerre. Non è così, però, che dovrebbero nascere le leggi, soprattutto quelle che riguardano questioni tanto importanti per la vita e il futuro di un Paese, come il modello di famiglia, di educazione, di relazione tra i sessi. Non sono infatti faccende secondarie, né tanto meno private.

Se le cose stanno andando così, non è però un caso. L’intero dibattito è stato infatti radicalizzato e come falsato da un clima assai pesante, in cui l’innegabile “coscienza sporca” di tanti ambienti – anche ecclesiali – nei confronti delle persone omosessuali e della loro dignità ha dato il destro ai movimenti Lgtb per sventolare lo spettro dell’omofobia su ogni posizione avversa, con la conseguente, indebita appropriazione dei concetti di “progresso”, “civiltà” e “rispetto – riconoscimento dei diritti”.

Tutto ciò ha impedito di affrontare serenamente e seriamente almeno un paio di questioni di fondo. La prima è questa: se l’omosessualità è una semplice “variante naturale del comportamento umano” (Organizzazione mondiale della sanità), così come l’essere mancini, allora nessuna diversità o discriminazione è accettabile sul piano dell’istituto matrimoniale o del rapporto genitoriale: matrimonio in tutto e per tutto ha da essere. Ma è davvero così? È proprio la stessa cosa? È proprio del tutto irrilevante la separazione tra sesso biologico e orientamento sessuale? È veramente ininfluente la complementarità sessuale dei genitori nell’educazione delle nuove generazioni? E dov’è che si origina tale “variante naturale”, visto che la comunità scientifica si divide attorno a diverse ipotesi?

E siamo proprio convinti che basti affidarsi, per decisioni di tale spessore etico e sociale, al giudizio di discipline che non dovrebbero ardire a proporre verità, bensì teorie soggette al cambiamento (come molte volte è accaduto)? Infine, è saggio negare qualsiasi valore a una tradizione giuridica, filosofica e religiosa trans-culturale millenaria, cui si sono ispirate e si ispirano miliardi di persone, considerandola semplicemente il retaggio di un passato da superare?

La seconda è quest’altra: visto che esistono persone, coppie e famiglie omosessuali, si può continuare a ignorare la loro esistenza? Può la collettività non riconoscere persone e formazioni sociali che non possono non essere “naturalmente” portatrici di diritti? Anche in un quadro di piena tutela, l’istituto matrimoniale è una forma veramente adeguata per esprimere la tipicità di un coppia omosessuale? Ci sono comportamenti che debbano rimanere inaccettabili o inammissibili, nel medesimo orizzonte di tutela dei diritti e della dignità delle persone?

Non abbiamo più tempo, purtroppo, per cercare risposte che rendano patrimonio condiviso dal popolo una così importante legge dello Stato. Fuoco dunque alle polveri. Poteva non finire così? Chiediamocelo, perché non sarà certo questo l’ultimo episodio di un processo di revisione culturale e legislativa che mette a tema questioni relative alla persona, alla famiglia e alla vita.

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In piazza a difendere la famiglia. I vescovi umbri “accolgono con favore e sostengono il programma” https://www.lavoce.it/in-piazza-a-difendere-la-famiglia-i-vescovi-umbri-accolgono-con-favore-e-sostengono-il-programma/ Fri, 22 Jan 2016 12:11:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45105 Parlamento-italiano-cmykSabato 30 gennaio a Roma, al Circo Massimo, il comitato “Difendiamo i nostri figli”, come è oramai noto, organizza una manifestazione a difesa della famiglia e del diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà. Un vero e proprio Family day dell’associazionismo cattolico per dire un “no” chiaro al disegno di legge “Cirinnà” sulle unioni civili che, al 30 gennaio, potrebbe aver già incassato il placet del Senato.
In sintesi questa proposta, tra l’altro, prevede che due persone dello stesso sesso possono costituire un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. I matrimoni contratti all’estero e quelli nei quali un coniuge abbia cambiato sesso, potranno essere riconosciuti come unioni civili.
Dal disegno di legge rimangono escluse le adozioni: una coppia omosessuale non può adottare un bambino senza legame con uno dei due partner, come possono fare le coppie eterosessuali, ma si prevede l’estensione per le unioni civili tra persone dello stesso sesso dell’adozione del bambino che è già riconosciuto come figlio di uno solo dei due. Per quanto riguarda il regime giuridico nelle unioni civili tra persone dello stesso sesso, e cioè i rispettivi diritti e doveri, residenza, abusi familiari, interdizione, scioglimento dell’unione, il testo finale giunto in Aula, il cosiddetto Cirinnà bis, prevede che per le unioni civili siano validi gli articoli del codice civile relativi al matrimonio: stessi diritti e stessi doveri. Nei giorni scorsi, però, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi , preoccupato dall’esito del voto segreto del Parlamento, ha detto che il ddl Cirinnà cambierà.
Intanto il dibattito va avanti e ci si prepara all’appuntamento del 30 a Roma.

Senza giri di parole, il card. Angelo Bagnasco , arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha definito il ddl Cirinnà “una distrazione grave e irresponsabile…c’è una grande distrazione da parte del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia: creare posti di lavoro, dare sicurezza sociale, ristabilire il welfare”. E per il Porporato la manifestazione del 30 gennaio è “un’iniziativa dei laici, condivisibile. L’obiettivo della manifestazione è decisamente buono perché la famiglia è il fondamento di tutta la società. La famiglia – prosegue Bagnasco – non può essere uguagliata da nessun’altra istituzione o situazione. La sua difesa, la sua promozione e l’invocazione di sostegni reali, che fino ad adesso sembra che non ci siano, dovrebbe essere voce unitaria di tutto il Paese, di tutte le famiglie italiane, anche in modo diversificato”. Come è immaginabile, il dibattito nel mondo cattolico si alimenta.

La presidenza nazionale dell’ Azione cattolica in una nota parla di “una legge da riscrivere”, anche se “una legge per regolare le convivenze omosessuali va fatta”. “Tuttavia, prosegue la nota, la legge così com’è non ci piace: in questo modo, le unioni civili finiscono per essere assimilate nei fatti al matrimonio. Questa è una legge che meriterebbe di essere fatta oggetto di uno sforzo maggiore di ponderatezza, precisione ed equilibrio.*Auspichiamo davvero con forza che il Parlamento si dia il tempo e le modalità necessarie per farlo, con il necessario sforzo di ascolto delle istanze del Paese”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il Rinnovamento nello Spirito Santo : “Con viva preoccupazione esprimiamo ferma contrarietà” al testo del ddl Cirinnà, “che di fatto svilisce l’istituto della famiglia naturale nella sua unicità spirituale e sociale e altera la visione antropologica secondo natura già nella negazione dei diritti del bambino”. Per il Rns, poi, la manifestazione del 30 gennaio non deve essere ricondotta a sigle e denominazioni perché il sentire della maggioranza del popolo italiano non può, né deve essere ricondotto a classificazioni che limiterebbero “la portata di questo gesto di responsabilità civile.

L’Unione giuristi cattolici italiani chiede lo stralcio dal ddl Cirinnà della stepchild adoption e di tutti i rinvii alla disciplina del matrimonio. I Giuristi auspicano che “la posizione dei minori, ed in particolare l’istituto dell’adozione dei figli del partner, venga stralciato dal ddl Cirinnà”. E intanto in Umbria il vicepresidente nazionale arcigay, il perugino Stefano Bucaioni , ha scritto una lettera aperta al card. Gualtiero Bassetti (pubblicata sul Corriere dell’Umbria del 20 gennaio), chiedendogli di vigilare “affinchè una parte della comunità religiosa non avvelini il clima e il dibattito” su questi temi e si possa “dar vita ad un dibattito più sano e disteso”.

Di seguito la Nota della Conferenza episcopale umbra inerente la manifestazione promossa dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”, in programma a Roma il  prossimo 30 gennaio

«Il Comitato “Difendiamo i nostri figli”, che ha organizzato l’appuntamento del 20 giugno 2015, indice ora una nuova manifestazione il 30 gennaio a Roma per dare voce alle famiglie. Sono invitate le realtà ecclesiali ed anche gli uomini e le donne di buona volontà che si sentono di condividere questo gesto: cristiani delle diverse confessioni, appartenenti ad altre religioni e anche non credenti. I Vescovi dell’Umbria accolgono con favore e sostengono il programma espresso dal Comitato: “Andremo a dire che cosa crediamo: la visione della famiglia secondo la Costituzione italiana ed i principi dell’antropologia e dell’etica cristiana”».

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Gay: la legge s’ha da fare https://www.lavoce.it/gay-la-legge-sha-da-fare/ Thu, 21 Jan 2016 10:09:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45060 puntoA sentirli parlare, si direbbe che i sostenitori delle nozze gay siano convinti che il principio per cui il matrimonio è solo quello tra eterosessuali sarebbe stato deciso da “qualcuno” per fare una cattiveria agli omosessuali; e paragonano questa limitazione alle leggi razziste che vietavano il matrimonio tra bianchi e neri. In realtà non è andata così. Da quando esiste la specie umana (diciamo seimila secoli fa), per mettere al mondo un figlio ci vuole l’unione di un uomo e di una donna. Con il progredire dell’umanità, quello che prima poteva essere un rapporto occasionale è divenuto un legame più duraturo, regolamentato, socialmente protetto: e così sono nati i concetti di “matrimonio” e di “famiglia”.

Ma sempre fra un uomo e una donna, perché di quello si trattava. Molto più vicino a noi, le grandi civiltà dell’Europa mediterranea, quella greca e quella romana (che ci hanno lasciato l’eredità della filosofia, del diritto, dell’arte e di altro ancora) accettavano pubblicamente l’omosessualità; ma neanche loro si sarebbero sognati di estendere a una coppia omosessuale il nome e il concetto del matrimonio.

Bisognava arrivare ai nostri anni perché si affacciasse questo tipo di idea. A questo punto, però, bisogna prendere realisticamente atto che non solo le leggi di molti Paesi, ma anche i trattati internazionali obbligano gli Stati a dare un riconoscimento legale alle coppie di omosessuali che lo richiedano: o nella forma del matrimonio propriamente detto, o in una forma simile che potremmo chiamare unione civile. Per quello che conta la mia opinione, sarei contrario all’uso della parola “matrimonio”; ma alla regolamentazione delle unioni civili non vi è più spazio per opporsi, salvo discutere sui dettagli. Però, attenzione: se si vuole evitare il “salto” verso la piena equiparazione al matrimonio (come esiste in Francia, Spagna, Stati Uniti, Irlanda e altrove), la legge sulle unioni civili si deve fare; e anche alla svelta. Altrimenti, la Corte europea dei diritti umani è già pronta a dirci che dobbiamo applicare ai gay la legge sul matrimonio; e la discussione sarà chiusa.

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La sfida dell’Irlanda https://www.lavoce.it/la-sfida-dellirlanda/ Thu, 28 May 2015 09:22:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34327 NOZZE-GAY-irlandaIl voto irlandese lo vivono come una “loro” vittoria: la vittoria dei giovani. Sono loro ad aver aperto, con il referendum, la via costituzionale del matrimonio alle persone omosessuali. Figli e figlie di una Chiesa fortemente radicata sul territorio, la maggioranza di loro ha frequentato le scuole cattoliche.

Per questo, dopo le analisi di cardinali e arcivescovi, dopo le dichiarazioni di politici e sociologi, siamo andati a chiedere a loro, ai giovani cattolici irlandesi, che cosa pensano del voto, dell’amore e dell’insegnamento morale della Chiesa.

Maura Garrihy, 25 anni, ha accettato la sfida. Lavora nella diocesi di Galway nel West Coast irlandese. È direttrice dell’Ufficio diocesano per i giovani e coordinatrice del National Mission for Youth 2000 Ireland.

Maura, come hanno votato i tuoi amici al referendum? “Molti, quelli che non fanno parte di gruppi di preghiera o parrocchiali, hanno votato ‘sì’. Credo che lo abbiano fatto perché ritengono che consentire il matrimonio alle persone dello stesso sesso significhi garantire uguaglianza alle persone gay. Insomma, hanno ritenuto che questo referendum fosse una sorta di bilancio su come vengono considerate le persone gay e quale posto debbano avere nella nostra società.

In linea generale, non credo assolutamente che i giovani in Irlanda abbiano visto il referendum come una questione di ‘Chiesa contro Stato’. Non credo che chi ha votato ‘sì’ lo abbia fatto in rifiuto del cattolicesimo. I nostri giovani sono idealisti, desiderano un mondo giusto. Ritengono che aprire il matrimonio alle persone dello stesso sesso significhi creare un mondo più amorevole e giusto. È stato un voto fatto nel nome dell’amore, del rispetto, dell’uguaglianza”.

Cosa pensano i tuoi amici della famiglia, dell’amore, dell’omosessualità? “Per la stragrande maggioranza dei giovani, la famiglia e l’amore sono di estrema importanza. I giovani irlandesi vogliono il meglio per tutte le famiglie. Vogliono una società equa. Sono consapevoli delle sfide che devono affrontare le persone che sono gay.

Chi ha votato ‘sì’ lo ha fatto per assicurare che i gay non si sentano più cittadini di seconda classe o persone costrette a nascondere la loro sessualità. L’idealismo è importante, è veramente ciò che ispira il progresso. Ma credo anche che l’idealismo e il progresso non debbano oscurare la verità. E il referendum non era su come si sentono le persone gay o come dovrebbero essere trattate, era sulla definizione del matrimonio”.

L’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, ha detto che la Chiesa deve “fare i conti con la realtà”. Che cosa intendeva dire, secondo te? “Per molti versi, mi sembra che dobbiamo essere noi, giovani, a fare i conti con la nostra realtà! E la realtà è che i giovani sono alla ricerca di significato e di scopo. Desiderano la felicità. Vogliono una causa per cui combattere, vogliono ‘fare la differenza’ in questo mondo. Cercano questa felicità in una cultura che non è nutrita di valori cristiani. La nostra catechesi per i giovani è stata purtroppo mediocre, perciò alcuni hanno respinto la visione di fede che è stata finora presentata. Come risultato, fanno fatica ad accettare gli insegnamenti morali della Chiesa”.

Ma è un problema di linguaggio? “Viviamo in un mondo affollato e rumoroso. Può essere difficile per un giovane sentire, tra le tante, la voce della Chiesa. Molti dei nostri giovani, una volta che ricevono i sacramenti dell’iniziazione, non entrano più in chiesa fino a che non partecipano a un matrimonio, un funerale, un battesimo. La grande sfida è come condividere il messaggio di Gesù e della Chiesa in modo che i giovani lo possano capire, cogliendo la pienezza della verità e la bellezza della nostra fede. Il linguaggio della Chiesa, invece, non è familiare a molti dei nostri giovani”.

Mons. Martin parla di una rivoluzione sociale in atto. In che senso? “Siamo una società molto più istruita rispetto alle generazioni precedenti. Questa non è una brutta cosa! Ma gli interessi delle persone sono cambiati, così come il loro modo di pensare e le loro attitudini. Credo che la Chiesa abbia investito poche energie a comprendere questo cambiamento in atto. Non abbiamo reagito abbastanza velocemente alle esigenze della società e, in ultima analisi, ai suggerimenti dello Spirito santo.

Il risultato del referendum sottolinea proprio questo. Molti dei giovani elettori che hanno votato a favore, hanno ricevuto i sacramenti e seguito un’educazione cattolica. Il referendum rispecchia ‘dove siamo’. Abbiamo bisogno di guardare a come abbiamo educato alla fede, perché è chiaro che il modo in cui abbiamo trasmesso la bellezza della nostra fede non ha avuto successo, e lo stesso vale per la visione cristiana del matrimonio e della famiglia, o il fatto che ogni bambino merita una madre e un padre”.

Quale sfida si apre ora a chi lavora nella pastorale giovanile? “Dobbiamo attrezzarci e incoraggiare le persone ad amare la Chiesa. Noi stessi dobbiamo credere in quello che professiamo. Dobbiamo essere un popolo di profonda convinzione ed essere in grado di presentare ciò in cui crediamo, con entusiasmo, agli altri. Non credo che questo referendum sia stato un dibattito sulla Chiesa. Tuttavia noi come Chiesa, dobbiamo guardare a quello che il referendum ci ha detto, in particolare in rapporto all’evangelizzazione”.

 

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La famiglia svilita https://www.lavoce.it/la-famiglia-svilita/ Fri, 06 Mar 2015 11:30:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30704 mantovano-cafe-teologicoContinuano gli appuntamenti al “Cafè teologico”. Ospite dell’incontro di lunedì 2 marzo è stato il magistrato Alfredo Mantovano, che ha risposto alla domanda: “La famiglia è superata?”. Esponente del comitato “Sì alla famiglia”, Mantovano è membro dell’associazione “Alleanza cattolica” e si è spesso occupato, come politico e con alcuni interventi su vari giornali, di temi legati alla famiglia.

Nella serata tifernate, ha esordito illustrando alcune minacce rivolte alla famiglia tradizionale, provenienti anche dalla politica e dagli organi di governo. “Nella nostra legislazione – ha affermato – manca l’attenzione al fattore famiglia. Ad esempio, si prende in considerazione soltanto il reddito individuale; un fatto che può portare all’applicazione di scelte politiche sbagliate, non in equilibrio con il reale nucleo familiare. In un contesto ostile alla famiglia – ha aggiunto Mantovano, ponendo l’accento sui recenti dati demografici relativi all’Italia – nascono anche meno figli”.

Con una serie di esempi ha poi presentato varie leggi che possono portare a una svalutazione del concetto di matrimonio dal punto di vista culturale e antropologico. Le norme sul divorzio facile e sul divorzio breve, infatti, oltre a semplificare il processo di separazione, porterebbero anche a svalutare l’importanza dell’unione coniugale: “Queste norme sviliscono un passaggio importante della nostra vita, come il matrimonio, che oggi si è indotti a ritenere quasi fosse un contratto privato”.

Questo svilimento, d’altra parte – come affermato ancora da Mantovano – appare una sorta di paradosso, se confrontato con un’altra tendenza presente nella nostra società: le rivendicazioni di alcuni gruppi Lgbt [lesbo, gay, bisex, trans] che vorrebbero fosse riconosciuto il matrimonio omosessuale. “Da un lato, dunque, si ha un matrimonio sempre più esile; dall’altra si cercano di avvicinare le unioni tra persone dello stesso sesso a forme sempre più vicine al matrimonio” ha spiegato il magistrato, che ha quindi riportato alcuni diritti riguardanti i conviventi, già riconosciuti da decenni nel nostro Paese.

“Per contrastare tutte queste tendenze – ha concluso – ci è richiesto di avere la consapevolezza di quanto avviene, sia nella società sia in Parlamento, e di mobilitarci per combattere queste battaglie, soprattutto dal punto di vista culturale, tenendo sempre a mente che nella Storia, come ci ha insegnato san Giovanni Paolo II, nessuna cosa è ineluttabile”.

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“Dobbiamo aprire il cielo per dare speranza” https://www.lavoce.it/dobbiamo-aprire-il-cielo-per-dare-speranza/ Fri, 20 Feb 2015 11:21:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30406 Donne in preghiera per la pace nella città ucraina di Luhansk orientale
Donne in preghiera per la pace nella città ucraina di Luhansk orientale

Proprio in questi giorni i vescovi cattolici ucraini sono in Visita ad limina in Vaticano dove, come da prassi, sono ricevuti da vari Dicasteri e dallo stesso Papa Francesco che non manca di fare appelli affinché le armi lascino spazio al dialogo.

Tra i circa trenta vescovi delle quattro chiese cattoliche ucraine (quattro perché di quattro “Riti” differenti: latino, greco cattolico, armeno, ruteno) c’è anche Radoslaw Zmitrowicz, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, vescovo ausiliare della diocesi ucraina di Rito latino di Kamyanets- Podilskyi.

Mons. Zmitrowicz ha trascorso a Perugia le ultime settimane frequentando i corsi di italiano all’Università per Stranieri e collaborando con la parrocchia di Ferro di Cavallo nella quale risiedeva.

Ma perché un vescovo ausiliare viene a studiare l’italiano? Quando lo incontriamo sabato mattina nello spazio parrocchiale in cui è ospitato parla con fatica per la tosse che un’influenza gli ha lasciato, ma non si sottrae neppure a questa curiosità. “Studio l’italiano perché è la lingua della Chiesa”, risponde.

Poi mi parla dell’Ucraina, delle sofferenze del popolo ucraino fatto di polacchi, russi, armeni, ucraini, del desiderio anche comprensibile che i russi hanno di amare la loro cultura e di vivere in territorio russo, “ma la guerra – dice mons. Zmitrowicz – è un prezzo troppo alto!”.

La maggioranza della società è per la pace, e le diverse Chiese cattoliche insieme alle Chiese ortodosse promuovono incontri di preghiera per la pace. Sono segni di comunione in un paese in cui la divisione politica attraversa anche i cristiani delle diverse Chiese. Le difficoltà maggiori sono con la Chiesa ortodossa di Kiev che appartiene al Patriarcato di Mosca il quale condanna la guerra ma ritiene un pericolo per il popolo l’adesione all’Unione europea vista come portatrice di una cultura negativa (per esempio sui temi del’eutanasia, aborto, matrimoni gay, ecc). Il 2 marzo di un anno fa il responsabile della comunicazione Vsevolod Chaplin dichiarava al quotidiano Ukrainskaya Pravda che l’intervento militare russo in Ucraina era una “missione di pace” e auspicava che le operazioni russe “per proteggere la libertà, l’identità e la vita dei russi che vogliono tornare uniti nel loro territorio storico, non incontrino resistenza”. E aggiungeva “nessuno vuole spargimenti di sangue e rendere più profondo il divario che già esiste fra gli ortodossi sul territorio della russia storica” riferendosi alla grande Russia che includeva parte del territorio della Russia attuale, ucraina e Bielorussia.

La Chiesa cattolica si trova in un certo senso in mezzo, consapevole dell’aggressione culturale dell’Europa da un lato, l’aggressione della Russia dall’altro. In questa situazione, però, mons. Zmitrowicz indica una via che vada al fondo del problema.

“Il lavoro della Chiesa, dei cristiani, è aiutare la gente a scoprire l’amore di Dio perchè all’inizio tutti vogliono cambiare la situazione in meglio ma quando entrano in politica non ci riescono perché senza Dio nel cuore, senza vicinanza con i poveri non si cambia opinione”.

Non basta l’educazione o la formazione perché quello che manca è la speranza. Così mons. Zmitrowicz insiste sulla forza anche sociale della conversione. “La gente ha creduto al comunismo che prometteva il paradiso in terra. La promessa non si è realizzata ma è rimasta la ricerca il benessere qui su questa terra, e dunque ricerca di potere di avere su cui cresce la corruzione”.

In questa situazione, aggiunge, la cosa “più importante è dare l’amore di Dio, il Vangelo”.

Anche se la maggioranza degli ucraini dice di credere in Dio ha una fede a livello molto naturale. Una cosa buona, commenta mons. Zmitrowicz, “ma non cambia l’uomo. Non da speranza di felicità. La Storia dell’Ucraina è piena di sofferenza, gli uomni non hanno speranza, pensano che niente cambierà. Solo chi ha fatto esperienza della risurrezione di Cristo potrà pensare che si può cambiare il futuro dell’Ucraina. Questo è importante per il suo futuro”.

“La nostra missione è aprire il cielo per dare speranza”.

 

Chiese in Ucraina

L’Ucraina è, dopo la Russia, la nazione più popolata tra quelle nate dal crollo dell’Unione Sovietica; il Paese conta circa 46 milioni di abitanti. La Chiesa cattolica è presente nel Paese con circoscrizioni ecclesiastiche appartenenti a quattro diversi riti liturgici: latino, ruteno, armeno e greco-cattolico. La comunità più numerosa è quella greco-cattolica. La diocesi di Kam’janec’- Podil’s’kyj è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell’arcidiocesi di Leopoli (L’viv). Nel 2013 contava 250.000 battezzati su 3 milioni di abitanti. È attualmente retta dal vescovo Maksymilian Leonid Dubrawski, dei Frati minori. Il gruppo religioso più diffuso è la Chiesa ortodossa, che tuttavia è suddivisa in tre tronconi: la Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Mosca, la Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Kiev, e la Chiesa “autocefala” (indipendente) ortodossa ucraina. I protestanti – in senso lato – sono circa un milione, e il loro numero è notevolmente cresciuto dopo l’indipendenza del Paese. Il gruppo più consistente è quello dei pentecostali (oltre 300.000), seguito dagli evangelici (150.000 fedeli); si contano poi calvinisti, testimoni di Geova, luterani, metodisti, avventisti del Settimo giorno e mormoni.

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Orvieto. Sì alle “unioni civili”: è una conquista? https://www.lavoce.it/orvieto-si-alle-unioni-civili-e-una-conquista/ Fri, 05 Dec 2014 11:55:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29333 Il palazzo comunale di Orvieto
Il palazzo comunale di Orvieto

Riceviamo e pubblichiamo

Il Consiglio comunale di Orvieto, nella seduta del 17 novembre, ha bocciato una mozione sulla “famiglia naturale” e ha approvato il Registro delle unioni civili. Questa la notizia in breve. Per capire: il Consiglio comunale ha respinto una mozione per la tutela della famiglia naturale, cioè quella costituita da un uomo e da una donna uniti in matrimonio, e ha approvato l’istituzione del Registro delle unioni civili aperto a coppie lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Questo atto è stato salutato dalle associazioni Arcigay e Arcilesbica come una notizia “che fa sperare… Una città che sa riconoscere cittadinanza e valore a tutte le forme di famiglia, e non solo a quella della maggioranza dei suoi cittadini, è una città sicuramente più giusta e dove si vive meglio”. Ora, non credo che i cittadini di Orvieto dopo l’approvazione del Registro si siano accorti di vivere in “una città sicuramente più giusta e dove si vive meglio”.

È evidente che questo atto dell’Amministrazione comunale è arbitrario, contro la famiglia, e ispirato da evidenti ragioni di propaganda ideologica, o peggio ancora se è solo dettato da ragioni elettorali. Vale la pena riflettere. Non si riesce a capire la valenza di questo atto giuridico, in assenza di poteri da parte di Comuni e Regioni a disciplinare questa materia. In proposito, l’Unione giuristi cattolici di Piacenza recentemente ha osservato che una eventuale disciplina delle cosiddette “unioni civili” competerebbe solo alla legge dello Stato, non al Comune, e neppure alle Regioni, che in materia di diritto di famiglia e di stato delle persone non hanno alcuna potestà legislativa. Tra gli elementi che la legge dello Stato, in tal caso, dovrebbe disciplinare, vi sarebbero non solo le modalità di riconoscimento delle unioni civili, ma anche i requisiti perché le stesse possano essere considerate tali. In assenza di un tale presupposto normativo – hanno osservato i Giuristi cattolici – essendone ignoto (in senso tecnico) l’oggetto, l’iniziativa del Comune appare quindi essere in primo luogo una forzatura e un arbitrio. Se poi, dall’iscrizione a tale Registro derivassero per le coppie conviventi vantaggi e agevolazioni in concorrenza con quelli riservati alle famiglie regolari, una tale iniziativa si porrebbe anche contro la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, l’unica riconosciuta dalla Costituzione.

L’idea che alcuni Comuni hanno avuto di trascrivere nei Registri dello stato civile i matrimoni gay contratti all’estero fra cittadini italiani, non ha alcun valore legale e non è produttivo di effetti; e se agli interessati glielo si fa credere, è un inganno, una truffa. Infatti la registrazione avrebbe senso solo se producesse quei benefici legali che chiedono le coppie gay: allo Stato, con la registrazione o senza la registrazione, certo, non cambia la vita. Ricordiamo infine che Bruno Ferraro, presidente aggiunto onorario della corte di Cassazione, riflettendo su queste vicende ha affermato: “Non riesco a intravedere lacune suscettibili di essere colmate con norme di nuova emanazione”. Non esiste alcun problema successorio, di subentro nel contratto di locazione, nel diritto di visitare in carcere o in ospedale il partner: è tutto già possibile oggi e non c’è bisogno di cambiare la situazione “per dare a omosex e transex i diritti di cui sono già oggi titolari”. Le coppie omosessuali hanno già oggi tutti i diritti che invece pensano di poter acquisire con una legge sulle unioni civili.

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Cristiani perseguitati: i dati del rapporto annuale Acs https://www.lavoce.it/cristiani-perseguitati-i-dati-del-rapporto-annuale-acs/ Fri, 07 Nov 2014 13:45:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28912 Manifestazione di cristiani in Iraq
Manifestazione di cristiani in Iraq

Peggiora il quadro di rispetto della libertà religiosa nel mondo, e il gruppo religioso maggiormente perseguitato sono ancora i cristiani. È quanto risulta dalla 12a edizione del Rapporto sulla libertà religiosa di Acs – Aiuto alla chiesa che soffre, presentato martedì a Roma.

Schede per Paese e approfondimenti sono disponibili sul sito acs-italia.org o scaricando la nuova app Acs per smartphone; in varie lingue, vedi il sito religion-freedom-report.org.

Il volume analizza i principali avvenimenti dall’ottobre 2012 al giugno 2014, riportando il grado di libertà religiosa in 196 Paesi, con riferimento alle violazioni subite non soltanto dai cristiani ma da tutti i gruppi religiosi.

Dei 196 Paesi analizzati, in ben 116, ovvero quasi il 60%, si registra il disprezzo per la libertà religiosa. Nella “mappa” disegnata dall’Acs, sono 20 i Paesi identificati come luoghi di “elevato” grado di violazione della libertà religiosa, dove cioè la libertà religiosa non esiste.

In 14 di questi Paesi la persecuzione è a sfondo religioso ed è legata all’estremismo islamico: Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sudan, Yemen.

Negli altri 6 Paesi, la persecuzione è portata avanti dai regimi politici: Azerbaigian, Cina, Corea del Nord, Eritrea, Myanmar (Birmania), Uzbekistan.

Quest’anno il Rapporto contiene una graduatoria che suddivide i Paesi in 4 categorie in base al grado di violazione della libertà religiosa.

Manifestazione di cristiani in Pachistan
Manifestazione di cristiani in Pachistan

L’Asia si conferma il Continente in cui essa è maggiormente violata. Nei Paesi in cui vi è una religione di maggioranza, si riscontra un incremento del fondamentalismo non soltanto islamico, ma anche hindu e buddista.

In Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi due anni è senza dubbio la crescita del fondamentalismo islamico – sotto l’impulso di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko haram e Al Shabaab – e si riscontra un aumento di casi di intolleranza religiosa in Egitto, Libia e Sudan.

In America Latina gli ostacoli alla libertà religiosa sono quasi sempre causati dalle politiche di regimi apertamente laicisti o atei, come in Venezuela ed Ecuador, che limitano la libertà di tutti i gruppi religiosi.

Il Medio Oriente è ‘fotografato’ dall’affermazione dello Stato islamico e dal crescente fenomeno delle migrazioni di massa. Le minoranze religiose mediorientali vanno riducendosi già da molti anni. Ad esempio, il numero di cristiani in Siria è passato da 1,75 milioni dei primi mesi del 2011 agli appena 1,2 milioni nell’estate del 2014, con un calo di oltre il 30% in tre anni. In Iraq, la diminuzione è stata ancora più evidente.

Nello Stato islamico o Califfato, tra Siria e Iraq, i jihadisti hanno cacciato tutti i gruppi religiosi, compresi i musulmani non sunniti, dalla città di Mosul. “Ai cristiani – si legge nel Rapporto – è stato chiesto di scegliere tra la conversione all’islam e l’esilio… E così, quasi nessuno dei circa 30 mila cristiani presenti in città è rimasto e – per la prima volta in 1.600 anni – a Mosul non è stata celebrata la messa domenicale”.

Fondazione Acs

“Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs) è una Fondazione di diritto pontificio creata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten. Si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa là dove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2013 ha raccolto oltre 88,3 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con sedi nazionali e ha realizzato 5.420 progetti in 140 nazioni. La Fondazione ha un sito internet italiano (acs-italia.org) nel quale pubblica continui aggiornamenti e notizie sulla situazione dei cristiani nel mondo.

Anche in Europa la libertà religiosa è minacciata

La libertà religiosa è in declino anche in Europa, soprattutto nel Nord. Paesi come Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Norvegia compaiono nella lista in cui “il grado di violazione della libertà religiosa” è definito “preoccupante” e in “peggioramento”. Ad attestarlo è il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo della Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” che è stato presentato nei giorni scorsi a Roma. Nei Paesi occidentali – si legge – le tensioni religiose sono in aumento a causa di fenomeni recenti come “l’ateismo aggressivo” e il “laicismo liberale”. Alcune tendenze destano preoccupazione, soprattutto quelle relative a temi quali le scuole religiose, il matrimonio omosessuale e l’eutanasia. “Benché – scrive l’Acs – l’opinione pubblica ritenga che i credenti debbano essere liberi di praticare la propria fede in privato, vi è un decisamente minore consenso in merito alla libertà di manifestare la fede all’interno dello spazio pubblico”.

Ciò significa che “i diritti di alcuni gruppi vengono sempre più schiacciati dai diritti di altri gruppi” e “ogni qualvolta i diritti all’eguaglianza di genere o degli omosessuali contrastano con i diritti di coscienza dei credenti, solitamente i primi prevalgono”. Il Rapporto porta l’esempio del Regno Unito, dove le agenzie di adozione cattoliche che si rifiutano di affidare bambini a coppie omosessuali sono state costrette a modificare le loro norme o a chiudere. A peggiorare la situazione concorre l’“analfabetismo religioso” dei politici occidentali e dei media internazionali.

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Chi ha paura del Sinodo? https://www.lavoce.it/chi-ha-paura-del-sinodo/ Thu, 09 Oct 2014 17:14:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28305 Ho letto con un certo stupore su un giornale cattolico – simile al nostro, della diocesi di Piacenza – un titolo sparato in prima pagina: “Chi ha paura del Sinodo sulla famiglia?”. Già, chi ha paura e perché? C’è chi teme che non si arrivi a decidere positivamente sulla comunione ai divorziati risposati, e sarebbero i progressisti. Altri temono invece che si arrivi a una decisione a favore, mettendo in discussione princìpi e regole fondamentali della tradizione cattolica, e questi sarebbero i tradizionalisti, reazionari o moderati. Tutto questo sulla base di interventi sulla stampa, libri e interviste a prelati e teologi, prima ancora che iniziasse la stessa assemblea dei padri sinodali.

Appena iniziata e ascoltate le prime parole, tutto è risultato risibilmente messo da parte. Papa Francesco, infatti, nella sua introduzione ai lavori (che si protrarranno fino al 19 ottobre) ha coraggiosamente invitato i vescovi e gli altri membri del Sinodo: “Dite tutto quello che avete in animo con parresìa e ascoltatevi l’un l’altro con umiltà”. Parresìa è una parola greca che significa libertà di parola e coraggio nel dire tutto (pan, tutto; rhema, discorso). Parleranno, dunque, e diranno tutto, poi si vedrà e si valuterà, senza fretta di concludere perché ci sarà un secondo tempo nel 2015, e poi c’è tutto il tempo della Chiesa, che – come disse Giovanni XXIII – non è “un museo archeologico” ma una realtà viva, umana e divina, in divenire, o meglio in pellegrinaggio lungo i secoli, sempre bisognosa di rinnovamento, aggiornamento, riforma: termini dinamici che indicano percorsi di libertà e responsabilità nei confronti del suo unico Maestro e Signore Gesù Cristo.

Ma ci sono altre paure, ad esempio quella delle “Sentinelle in piedi”. Hanno paura del Sinodo la sinistra estrema e le varie organizzazioni di gay, lesbiche e transessuali che irrompono nelle manifestazioni silenziose delle Sentinelle, considerandole una provocazione. Meraviglia che anche un intellettuale famoso, e per vari aspetti meritevole di stima, si sia accodato al coro dei lamentosi pronti a ravvisare ovunque parole e gesti nel segno dell’omofobia: Roberto Saviano. Il quale ha dichiarato che, pur essendo le Sentinelle libere di esprimere il proprio pensiero, ha trovato la loro manifestazione “un gesto – seppur pacifico nei modi – di forte violenza culturale”. Le Sentinelle che cosa, di fatto, vogliono comunicare? Molto semplicemente che il matrimonio è fatto da un uomo e una donna, e che il figlio deve avere un padre e una madre.

A questo proposito, al di sopra dell’articolo che riportava la dichiarazione di Saviano sfolgoravano – con evidente soddisfazione – un uomo da una parte, uno dall’altra, sorridenti, con un bimbo in mezzo che posava la manina sulla spalla di uno, quello di sinistra (forse quello che funge da madre?). Il bimbo era quasi sorridente. Chi lo guarda, lo è di meno… ma queste cose oggi, secondo Saviano e altri maîtres à penser, non si possono dire perché sarebbero offensive per i gay. In realtà, le persone non sono toccate da alcuna condanna. Nella loro vita personale e nelle scelte soggettive, nessuno invade la loro privacy (“Chi sono io per giudicare una persona?” – Papa Francesco). Ma chiediamo, in silenzio, che evitino di condannare chi pensa e vive diversamente da loro.

All’ultimo momento ho scoperto un’altra paura che fa veramente paura: Papa Francesco sarebbe stato eletto in modo erroneo, e quindi la sua elezione sarebbe invalida, e per di più Bergoglio non manifesta una “vera fede” perché non si inginocchia dopo la consacrazione dell’eucaristia, e ancora: la sua predicazione è difforme e spesso contraria alla tradizione cattolica, al Vangelo e al Concilio Vaticano II rettamente interpretato, per cui la Chiesa si trova in una grande tempesta e possono prevedersi avvenimenti catastrofici.

Non abbiamo tempo, voglia, né spazio per approfondire ciò che è scritto in questo nuovo libro di Antonio Socci. Ma, senza ripetere le espressioni forti usate da Maurizio Crippa su Il Foglio del 2 ottobre, la lettura sia pure rapida di queste 284 pagine fa nascere una grande pena per un uomo intelligente e buono quale è l’autore, che si è lasciato incantare dalla propria autoreferenzialità e sicurezza senza tenere conto dei generi letterari, della diversità dei modi di esprimersi, dei registri comunicativi propri di Papa Francesco, che la gente riesce a capire; di un pensiero, quello di Bergoglio, volutamente e consapevolmente “incompiuto”. Paragonandosi poi a Rosmini e ad altri personaggi della storia che hanno criticato la Chiesa, il libro e il suo autore si pone fuori di ogni contestualizzazione, fuori cioè dalla storia.

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Unioni gay. Il Ncd propone: riconoscimento di diritti individuali, ma in ambito privatistico https://www.lavoce.it/unioni-gay-il-ncd-propone-riconoscimento-di-diritti-individuali-ma-in-ambito-privatistico/ https://www.lavoce.it/unioni-gay-il-ncd-propone-riconoscimento-di-diritti-individuali-ma-in-ambito-privatistico/#comments Thu, 26 Jun 2014 16:15:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25866 Senato-bnIn Parlamento è stata presentata una proposta di legge di segno del tutto diverso da quella del Pd (vedi articolo a fianco). La spiega Maurizio Sacconi del Nuovo centrodestra, primo firmatario del disegno di legge dal titolo “Disposizioni in materia di unioni civili”.

Quali sono gli elementi qualificanti della vostra iniziativa legislativa?

“Partiamo dal presupposto che la famiglia sia il cuore di ogni società umana, imprescindibile per lo sviluppo dei popoli. Una società dove la famiglia e le reti familiari sono solide è una società robusta. Quindi è interesse primario di ogni società quello di tutelare la famiglia e sostenerla nel prezioso compito di cura ed educazione dei figli. A nostro avviso, la tutela della famiglia basata sul matrimonio, come la intende la Costituzione agli articoli 29 e 31, si pone su un piano del tutto differente dal doveroso riconoscimento dei diritti individuali delle persone conviventi, che restano in un ambito strettamente di tipo privatistico”.

Quali specifici diritti prevede il vostro disegno di legge in favore dei conviventi?

“Stabilito che per famiglia intendiamo quella fondata sul matrimonio, e solo quella, noi affrontiamo i diritti dei conviventi partendo dal dato che per ‘convivenza’ si intende un rapporto stabile tra due persone maggiorenni, non legate da vincoli di parentela né coniugate, che duri da almeno tre anni nel caso non vi siano figli comuni, e da un anno quando vi siano figli comuni. Prevediamo il dovere di sostenere l’altro, il calcolo dell’Isee cumulando i redditi dei conviventi. In caso di morte, il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza, se di proprietà del defunto. Il diritto a succedere in un contratto di locazione, all’assistenza in caso di malattia e ricovero, ai permessi retribuiti per gravi malattie, come pure alla successione ereditaria secondo la quota disponibile”.

In che senso il vostro disegno di legge non comporta oneri per la finanza pubblica?

“Ci sembra un dato qualificante. Basta pensare ad altre proposte che parlano di pensione di reversibilità al convivente. Questo istituto, a dati 2010, costa alle finanze pubbliche 41 miliardi di euro l’anno e rappresenta il 2,6% del Pil, vale a dire la più alta percentuale al mondo per istituti di questo tipo. Pertanto, se noi immaginassimo l’estensione di questo istituto ad altri beneficiari, lo metteremmo definitivamente in discussione”.

Perché i politici cattolici presenti in Parlamento dovrebbero votare per la vostra proposta?

“Premesso che la nostra proposta è sostenuta da credenti e non credenti che riconoscono la famiglia come società naturale antecedente allo Stato, credo che non sia necessario il presupposto della fede per riconoscere la vocazione alla procreazione e alla continuità della specie per l’unione di un uomo e di una donna”.

Se ne uscirà muro contro muro?

“Io mi auguro che ci possa essere disponibilità all’ascolto reciproco e al dialogo. A noi sta a cuore risolvere i problemi pratici di due persone conviventi. Se invece si vuole un percorso ideologico che vuole estendere il concetto di famiglia, che vuole quindi relativizzare quella naturale, che vuole consentire poi l’adozione anche da parte della coppia omosessuale; oppure peggio ancora, se si vuole consentire la fabbricazione di figli selezionati attraverso l’utero in affitto… se si vuole questo percorso tutto ideologico, la nostra battaglia sarà ferma e determinata”.

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Unioni gay. Il Pd propone: stessi diritti delle famiglie tranne l’adozione https://www.lavoce.it/unioni-gay-il-pd-propone-stessi-diritti-delle-famiglie-tranne-ladozione/ Thu, 26 Jun 2014 16:11:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25864 Camera-dei-deputati-bnNei giorni scorsi L’Unità, quotidiano del Partito democratico, ha pubblicato in prima pagina con grande evidenza la notizia del varo, entro settembre, della legge sulle unioni gay. Esse avranno gli stessi diritti del matrimonio, esclusa l’adozione. I partner della nuova “unione civile”, che verrà registrata, potranno scegliere il regime patrimoniale comune, avranno il dovere di reciproca solidarietà, godranno dei diritti in campo sanitario, assistenziale, di successione, di reversibilità pensionistica. Per comprendere meglio i contenuti di questo disegno di legge, abbiamo intervistato la senatrice Pd Emma Fattorini, prima firmataria del testo depositato al Senato.

Quali sono gli elementi qualificanti della vostra iniziativa legislativa?

“Il primo è che si determina una distinzione netta tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali, e quindi per queste ultime non si parla di matrimonio. La ratio giuridica di queste unioni è che si fondano su una stabilità che non discende dal matrimonio e non sono, al tempo stesso, un ‘simil-matrimonio’. Infatti vengono attribuiti tutti i diritti civili eccetto quello dell’adozione dei figli. Il concetto di ‘unione civile’ non va confuso con le ‘coppie di fatto’ etero, che hanno dei diritti molto più limitati rispetto al matrimonio. Queste coppie, se vogliono, possono sposarsi acquisendo i relativi diritti”.

Perché l’Italia dovrebbe arrivare al riconoscimento della coppie gay?

“Intanto perché è un discorso di fondo per la società: credo che noi tutti, laici e cattolici, dobbiamo incoraggiare le unioni stabili, impostate sulla solidarietà e la protezione dei deboli, rispetto a condizioni di precarietà esistenziale o non riconosciute. Le coppie gay ci sono, non è lassismo riconoscerle”.

Rispetto all’impalcatura dei diritti civili attualmente riconosciuti in ambito privato, cosa cambia con la nuova configurazione giuridica da voi ipotizzata?

“Il vero salto nel dibattito giuridico in questi ultimi tempi si è avuto con le due sentenze, una della Corte costituzionale del 2010 e l’altra della Cassazione del 2012, che ci indicano, su questo tema, la via maestra. Queste sentenze infatti dicono che, riguardo alle unioni omosessuali, i diritti non sono da intendere solo come diritti individuali ma come diritti di coppia. Aggiungono che però tali diritti di coppia non significano equiparazione al matrimonio. Direi che la cultura giuridica italiana ha cominciato ad affermare la necessità della tutela giuridica della coppia omosessuale, asserendo come essa sia titolare, oltreché del diritto individuale, riconosciuto all’art. 2 della Costituzione, anche del diritto di vivere liberamente una condizione di coppia”.

Non teme che una parte consistente dei cattolici italiani possa esprimere contrarietà alla proposta del Pd di legalizzare le unioni omosessuali?

“Ci sono indagini, sondaggi, studi recenti che ci dicono come gli italiani, e tra di essi i cattolici, non sono contrari a unioni riconosciute che abbiano diritti. Invece sono contrari al matrimonio omosessuale. Noi da qui siamo partiti per elaborare la nostra proposta, tenendo presente l’aspetto dei figli per i quali prevediamo la non possibilità di adozione, escluso quando uno dei soggetti della coppia gay possa adottare il figlio, anche adottivo, dell’altra parte della nuova unione. Ciò nello spirito della difesa dei diritti della parte debole, in questo caso rappresentata dal figlio che rimarrebbe, senza tale adozione, isolato e senza riferimenti”.

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Unioni civili gay. Garantire il diritto di dissentire https://www.lavoce.it/unioni-civili-gay-garantire-il-diritto-di-dissentire/ Fri, 20 Jun 2014 13:50:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25688 C’è un diritto a dissentire che dovrebbe essere garantito a tutti sempre e comunque, a prescindere.

Mai come in questo momento, nella vita pubblica italiana, dovrebbe valere il motto di Voltaire: “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”. Affermazione di una laicità tanto rigorosa quanto impegnativa. E da applicare con determinazione e onestà intellettuale al dibattito sulle unioni civili per le coppie omosessuali.

Di un libero dibattito pubblico in realtà non c’è traccia. Nulla di simile a quanto avviene, ad esempio in Francia, dove il pluralismo viene garantito dalla convocazione degli états généraux su temi specifici. Occasione per tutti (compresi i mondi “religiosi”) di poter esprimere una posizione pubblica, anche minoritaria, ma con il rispetto che è dovuto a tutti i cittadini.

Purtroppo in Italia, è già capitato nel caso del divorzio breve, si decide senza un preventivo dibattito pubblico, con la prevalenza, neanche troppo nascosta, di una logica lobbystica. Il rischio che si palesa in queste ore, mancando un dibattito pubblico adeguato (se non vogliamo far assurgere “Porta a porta” a sede privilegiata del confronto) e un ascolto di tutte le realtà sociali coinvolte, è che ancora una volta si finisca per ratificare le scelte indicate dalle lobby. Magari accusando di “omofobia” ogni pur minima riserva o obiezione, fosse anche di sola natura economica (vedi i paventati costi pensionistici).

Poiché nessuno, lo ribadiamo nessuno, intende sollevare in questa sede un dibattito di natura moraleggiante, sarà laicamente consentito discernere, analizzare, distinguere e obiettare. E non solo condividere, plaudire, assecondare, approvare, sottoscrivere. Ne va della qualità della democrazia reale.

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Renzi e le coppie gay. Le vere ragioni di una discriminazione eterofobica https://www.lavoce.it/renzi-e-le-coppie-gay-le-vere-ragioni-di-una-discriminazione-eterofobica/ https://www.lavoce.it/renzi-e-le-coppie-gay-le-vere-ragioni-di-una-discriminazione-eterofobica/#comments Fri, 20 Jun 2014 13:48:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25686 La proposta di Renzi, riportata nei dettagli sull’Unità, circa il riconoscimento legale delle convivenze omosessuali era da tempo nell’aria. Ciò che lascia interdetti è il volerlo limitare alle sole convivenze gay, senza estenderlo alle coppie eterosessuali. Se fossi parte di una coppia convivente “etero” griderei subito allo scandalo e alla eterofobia, e in effetti non vi è ragione al mondo che fermerà la Consulta dal dichiarare l’incostituzionalità della norma laddove non preveda l’estensione del riconoscimento alle coppie etero.

L’autentica discriminazione che Renzi mette in campo è tuttavia dettata da ragioni ben diverse da quelle apparenti.

I più vicini al premier vi diranno che le coppie conviventi eterosessuali che vogliano veder riconosciuti i loro diritti hanno la possibilità di farlo mediante il matrimonio, ma la verità è un’altra. Renzi non vuol replicare l’errore del Governo britannico che – alcuni anni or sono – rischiò di mettere sul lastrico la previdenza sociale di Sua Maestà con il riconoscimento della rilevanza pubblica delle convivenze, omo o etero che fossero. Capirai! Tutte le badanti che risultavano convivere con il proprio anziano di spettanza si precipitarono a chiedere i sussidi pubblici e – alla morte del “badato” – chiesero in massa la pensione di reversibilità.

Cifre da capogiro costrinsero il Governo inglese a una precipitosa retromarcia, risolta con le molto più economiche nozze gay.

Ecco perché Renzi oggi propone la civil partnership solo per le coppie omo: i numeri semplicemente irrisori di coloro che ne beneficeranno non destano alcuna preoccupazione per le fragili casse dell’Inps.

Peccato però che il nostro Paese non si regga sull’Inps ma sulla famiglia così come prevista dall’art. 29 della Costituzione.

Umiliare o ridicolizzare la famiglia, mettendola sullo stesso piano delle sgradevoli carnevalate di cui al Gay Pride di due settimane fa porterà prevedibili conseguenze sia all’istituto stesso del matrimonio sia e più ancora alla stessa tenuta sociale dell’istituto familiare. Per non parlare del fatto che il ddl prevede espressamente la possibilità di adozione – anche se per ora limitata ai figli dell’altro partner. Inoltre con la liberalizzazione della fecondazione eterologa ciascuno potrà ordinare su internet i suoi figli e farli adottare all’altro a tutti gli effetti di legge.

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Cattolici e politica: l’on. Preziosi presenta il suo libro a Fossato di Vico https://www.lavoce.it/cattolici-e-politica-lon-preziosi-presenta-il-suo-libro-a-fossato-di-vico/ Fri, 28 Feb 2014 12:18:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22828 Il tavolo dei relatori intervenuti all’incontro e dibattito con l’on. Ernesto Preziosi
Il tavolo dei relatori intervenuti all’incontro e dibattito con l’on. Ernesto Preziosi

Il 13 febbraio si è svolto all’auditorium San Cristoforo di Fossato di Vico l’incontro con l’on. Ernesto Preziosi, autore del libro Il cattolicesimo democratico in ricerca (Cittadella, 2013). Ne è seguito un dibattito che ha visto posizioni anche molto diverse sul tema religione e politica. L’iniziativa è stata promossa dal circolo Acli “Ora et labora” si sono confrontati con Preziosi Marco Jacovello, Giancarlo Pellegrini, Antonio Lunghi, vice sindaco di Assisi e Stefania Proietti della Pastorale sociale della diocesi di Assisi. Dopo il saluto di Sante Pirrami, vice presidente provinciale delle Acli, e di Ermenegildo Fabrizi, vice sindaco di Fossato, Preziosi ha ricordato che i cattolici si trovano ad affrontare una situazione delicata rispetto al passato. “Oggi c’è instabilità, la democrazia è in crisi, si respira tanta anti-politica, il modello economico è giunto al culmine e la Chiesa vive una fase delicata di secolarizzazione. La crisi è dunque anche religiosa, eppure la domanda di fede e morale c’è eccome”. Il grande spartiacque della concezione cattolica nella politica è stato il Concilio Vaticano II. Uno scenario e tanti cambiamenti nel contesto del Paese che indicano come “abbiamo un problema di riposizionamento dei cattolici nella politica. La politica non è la carità, è un’altra cosa, e semmai agisce a monte per eliminare certe situazioni per il bene comune; ognuno, di ciò, deve essere responsabile. Poi è necessario riconciliarsi con la politica. Chi, tra i cattolici, negli ultimi anni si è impegnato in politica, è in qualche modo stato escluso. La Chiesa non può formare persone e poi emarginarle se si impegnano politicamente”. Il prof. Pellegrini ha fatto un excursus delle esperienze personali in politica con la Dc, ricordando come forse la cosiddetta Prima Repubblica e le sue esperienze, “almeno fino alla morte di Moro”, sono da rivalutare, in primis per il grande impegno messo in campo dai cattolici, coraggiosi anche nell’affrontare il dialogo con una sinistra molto forte, quando invece oggi spesso va avanti solo chi urla di più o comunica attraverso i social network. Stefania Proietti ha ricordato come certi temi siano ormai fondamentali anche per la Chiesa e ha introdotto il grande argomento dell’ambiente: “La tutela della natura è la sfida del futuro. Anche Papa Francesco sta preparando un documento su questo, e noi come cattolici possiamo portare il nostro contributo, mettendo al centro l’uomo che, appunto, è il custode del creato”. Lunghi, vice sindaco di Assisi, ha parlato del tema dell’equità, e ha sottolineato come debba essere eliminato “il tabù della Chiesa per il quale non può esistere un partito cattolico”, perché “finora le strade intraprese dopo la caduta della Dc sono state fallimentari”. Del tutto differenti le posizioni di Iacovello, convinto che comunque fede e politica debbano in qualche modo restare separate: “Da parte della Chiesa e dei cattolici mi aspetto si parli del mistero di Dio e non di bioetica o matrimoni gay, altrimenti la fede diventa ideologia”.

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La teoria del “gender” alla conquista della scuola https://www.lavoce.it/la-teoria-del-gender-alla-conquista-della-scuola/ https://www.lavoce.it/la-teoria-del-gender-alla-conquista-della-scuola/#comments Thu, 09 Jan 2014 17:01:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21413 genderEntra nel vivo la “Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” voluta dal Governo italiano tramite il dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri. La “strategia” si propone di agire nella società affinché nessuno in famiglia, nella scuola, nei mass media, in chiesa, si “permetta” di proporre concezioni educative che dissentano da modelli “gender”.

“Strategia” affidata solo a 29 associazioni Lgbt. Nel documento governativo si è individuato il campo di analisi della situazione italiana, istituendo un “Gruppo nazionale di lavoro Lgbt”, acronimo che significa “lesbiche, gay, bisex e transgender”. Il Governo precedente (Monti) ha radunato nel “gruppo nazionale” 29 associazioni di settore (p.es. Arcigay, Arcilesbica), non facendo sapere nulla di questa operazione se non a cose fatte, provocando di fatto l’esclusione di numerose altre associazioni e realtà educative che potevano dare un prezioso contributo nella riflessione su cosa significhi oggi la “discriminazione” su base sessuale. Il primo punto affrontato è consistito nell’indagine statistica su come gli italiani concepiscano le discriminazioni verso “la comunità omosessuale”. I risultati emersi darebbero un quadro di accettazione e tolleranza (60%) verso le relazioni omosessuali, anche se poi solo il 43,9% sarebbe favorevole ai matrimoni gay e il 20% all’adozione da parte di coppie omosessuali. Da questi dati le “Pari opportunità” hanno iniziato a finanziare campagne nazionali di comunicazione contro l’omofobia, l’ultima col titolo perentorio: “E non c’è niente da dire. Sì alle differenze. No all’omofobia”. Ovviamente siamo tutti d’accordo sul non odiare i gay, ma se qualcuno pensasse che l’omosessualità non è un “bene”? Oppure la considerasse una forma di “disordine” del comportamento? Sarebbe per queste opinioni, di per stesse opinabili, perseguibile?

Rischio di forte pressione culturale. Proseguendo nell’azione, le “Pari opportunità” hanno siglato un accordo col ministero dell’Istruzione, dando vita a una estensione della Settimana contro la violenza nelle scuole (avviata dal 2009) che dal 2013 ha ampliato la sua sfera di azione alle diverse forme di discriminazione sessuale e “di genere”. Se al suo interno c’è un obiettivo valido, quello di combattere il “bullismo” che a volte si scatena nei confronti di qualche giovane gay o lesbica (si parla di 140 casi nel 2012, e del 24% di omosessuali italiani che hanno dichiarato di aver subito discriminazioni a scuola), in realtà lo scopo è quello di compiere una forte pressione culturale per far passare la visione “gender”.

Associazioni Lgbt in cattedra? La strategia non si limita a produrre iniziative da attuare nelle scuole, ma investe il mondo del lavoro, la sanità (donazione di sangue, riconversione chirurgica del sesso ecc.), le prigioni, gli alloggi, i mass media. Pertanto, ad esempio, a scuola verranno proposte iniziative didattiche “in maniera adeguata e sistematica” per docenti e alunni, utilizzando “l’expertise delle associazioni Lgbt”, cioè saliranno in cattedra direttamente coloro che vivono questa condizione sessuale. Non si pensa di coinvolgere i genitori o le associazioni familiari, chiedendo loro un parere. E poi, con quale autorevolezza didattica, poniamo, di un “transgender”: ci vorrà una laurea specifica, oppure il solo fatto di essere un “trans” darà diritto a diventare docente? E ancora: perché non affidare il tema del rispetto delle “diversità” agli stessi docenti che sono tenuti a educare ai valori costituzionali di rispetto della persona? Infine: è giusto, sul piano didattico e formativo, offrire agli studenti un solo indirizzo culturale ed etico su una materia così delicata per lo sviluppo completo della personalità? Tutti questi interrogativi assillano i genitori come i docenti. Dare una risposta coerente ed equilibrata può essere un bene per tutti.

La visione “gender”

“Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” è il titolo piuttosto lungo e complesso dell’azione, voluta dal Governo italiano tramite il dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri. Dietro questa terminologia asettica c’è una visione antropologica secondo la quale è finito il tempo in cui l’umanità si divide naturalmente in due sessi: i maschi e le femmine, gli uomini e le donne. Nella visione “gender”, su cui si fonda la “strategia” italiana, ciò che conta non è il sesso biologico e la relativa azione educativa che normalmente si riceve in famiglia, e poi nella scuola, in parrocchia o altrove. Tutto questo sarebbe superato da una nuova auto-consapevolezza di maschi e femmine che potrebbero scoprire di voler essere femmine in un corpo maschile, o maschi in un corpo femminile, o omosessuali o lesbiche o bisessuali o altro ancora. Invocando una libertà assoluta di diventare ciò che si desidera essere, qualsiasi ostacolo o condizionamento o concezione culturale che proponga un altro percorso educativo, anche semplicemente quello naturale di maschio o femmina, viene considerato sbagliato e addirittura “discriminatorio”.

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Suicidio a Notre-Dame: sì alla vita, no alla violenza https://www.lavoce.it/suicidio-a-notre-dame-si-alla-vita-no-alla-violenza/ Thu, 23 May 2013 15:52:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16954 L’esterno di Notre Dame a Parigi, folla e mezzi di soccorso dopo il suicidio di Dominique Venner
L’esterno di Notre Dame a Parigi, folla e mezzi di soccorso dopo il suicidio di Dominique Venner

Parigi sotto choc per il suicidio dello scrittore e storico Dominique Venner: si è sparato martedì sull’altare della cattedrale di Notre-Dame per protestare in maniera estrema contro la legge sui matrimoni gay che, dopo il varo delle due Camere del Parlamento, venerdì scorso ha ricevuto anche il via libera del Consiglio costituzionale. Il personale della cattedrale ha tentato di rianimare Venner prima dell’arrivo rapido – ma purtroppo inutile – dei soccorsi. La tragedia si è consumata a poche ore dall’inizio della Veglia di preghiera per la vita organizzata dalle otto diocesi dell’Ile de France.

Nel prendere la parola all’inizio della Veglia, l’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois, ha sottolineato: “Più che la cattedrale, sono i nostri cuori che devono essere purificati. È dai nostri cuori che bisogna cacciare la violenza”. E poi: “Mai nessuna violenza! Di qualsiasi tipo, che sia fisica o verbale, che tocca il bambino innocente che è chiamato a nascere o l’anziano che è stato abbandonato e che si vuol far morire, che colpisce il nostro avversario o che colpisce noi stessi. Mai nessuna violenza fa progredire l’essere umano nella conoscenza di ciò che è buono e nella volontà di farlo. Mai nessuna violenza fa progredire l’amore. La violenza non produce che violenza e morte”. Ha quindi fatto un appello, in vista della grande manifestazione che si terrà a Parigi (su iniziativa della “Manif pour tous”) domenica 26 maggio, per protestare contro la legge sui matrimoni gay. “Visto che molti cattolici parteciperanno alla manifestazione – ha detto il cardinale – domandiamo loro, come abbiamo fatto per le manifestazioni precedenti, di astenersi da ogni forma di violenza, non solamente nei gesti ma anche nelle parole. Domandiamo loro di essere testimoni della pace e della vita”.

Quella di Parigi è una Chiesa viva nella fede, impegnata nelle periferie, a fianco delle ferite, delle sfide, ma anche delle attese dei suoi abitanti. Nel centro accoglienza di Valgiros, ad esempio, vengono ospitate 21 persone senza fissa dimora o in situazioni di profonda precarietà. “Sono persone – racconta un volontario – prigioniere della sofferenza. Nessuna istruzione, nessun lavoro. Hanno spesso subìto violenza quand’erano bambini. E hanno commesso violenza”. Durante la Veglia è stata poi raccontata l’esperienza vissuta dalla Pastorale familiare della diocesi di Pontoise a fianco delle coppie in crisi “in cui manca l’amore, la tenerezza, la fiducia, il dialogo, la forza di reagire e fare progetti per il futuro” e per le quali “il matrimonio è diventato un sogno inaccessibile”. A Versailles c’è, invece, una casa-famiglia che accoglie persone che vivono situazioni di grande vulnerabilità, che “può essere stata causata dalla perdita di un lavoro, da una separazione, dalla presenza di un handicap in famiglia, una malattia, un lutto”; e chiedono semplicemente “un sostegno, un aiuto, un accompagnamento”. A Saint-Denis sono le famiglie rom a richiamare l’attenzione della Chiesa locale. “Ci sono persone che nella nostra società vivono prove e difficoltà. Ma ci sono anche persone che soffrono di più. Perché nessuno li vuole: sono le famiglie rom. Possiamo ignorare questi segni di esclusioni e di miseria?”. Infine, la testimonianza di una volontaria che nella diocesi di Créteil accompagna i malati di Alzheimer: “È una malattia che avanza progressivamente. E il malato si ritrova a non riconoscere più nessuno, nemmeno la moglie e i figli. Non ricorda nulla, non sa più chi è, chi è stato. Quando entro nella stanza di un malato, basta un sorriso, una presenza, uno sguardo che s’incrocia con il suo”. Al termine della veglia, in un clima di profondo silenzio, è stata letta una preghiera: “Ispira negli uomini un profondo rispetto per la vita umana. Aiutaci a capire come possiamo aiutarci vicendevolmente per accogliere la vita, ogni vita, come un dono. Ispira medici e ricercatori a trovare le cure migliori per alleviare la sofferenza, ispira i nostri responsabili politici e sociali a ricercare il bene di tutti. Ma soprattutto, ispira in tutti amore per la vita”.

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Nozze gay: “no” agli estremismi https://www.lavoce.it/nozze-gay-no-agli-estremismi/ Thu, 07 Feb 2013 14:46:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=14979 C’è modo e modo di dire le cose e affrontare i problemi. Iuxta modum e Est modus in rebus, che continua: Sunt certi denique fines ultra citroque nequit consistere rectum (Orazio). Qualcuno parlerà di ipocrisia, di mancanza di coraggio, di paura delle verità scomode. Credo invece che sia del tutto naturale e razionale, e se è un compromesso, è nella natura delle cose. In natura non esiste neppure una linea retta, ma ogni linea ha qualche sinuosità. L’espressione latina iuxta modum era usata dai Padri al Concilio per dichiarare una adesione con una certa riserva. Chi approvava diceva placet, chi disapprovava diceva non placet, chi era in mezzo scriveva sulla scheda: placet iuxta modum. Anche la frase di Orazio, che un professore di filosofia ci fece imparare a memoria, e a memoria ho citato, vuol dire che ci sono degli estremi che bisogna evitare da un parte e dall’altra, delle esagerazioni ed esasperazioni, chiamate oggi radicalizzazioni o fondamentalismi, oppure settarismi, fanatismi. Tutti questi pensieri mi sono piovuti addosso a proposito della questione sui matrimoni gay e mi hanno fatto ripensare a quella virtù oggi così rara che i greci chiamavano mesotes e i latini mediatas mediocritas. Nel caso della omosessualità, vi sono stati e forse ci sono ancora quelli che vorrebbero eliminare almeno socialmente e culturalmente i gay, considerati o malati o viziosi, e si vorrebbe dare via libera alle demonizzazioni pubbliche con la libera espressione degli infamanti epiteti con cui vengono appellati. C’è chi al contrario chiede che l’amore omosessuale abbia la stessa dignità, gli stessi diritti, la stessa considerazione culturale sociale, e magari anche religiosa, dell’amore eterosessuale. Amore è amore e basta, dicono alcuni sostenitori della ideologia gay. Qualcuno plaude alla approvazione di leggi in Francia e in Inghilterra. Plaude al punto che chi si dichiara contrario viene considerato contro la modernità, contro l’Europa e contro la storia. Una specie di minaccia. In questo modo venivano considerati e condannati gli eretici ai tempi dell’intolleranza. Mi pare che si debba riflettere sul senso della natura dell’amore nelle sue varie forme e manifestazioni, e non fossilizzarsi alla sua manifestazione matrimoniale e sponsale. Per cui parlare di “matrimonio omosessuale”, come è stato scritto chiaramente nell’articolo di Lignani il 25 gennaio, è un controsenso. Ma la cosa grave è che molti questo controsenso non riescono a vederlo, ad apprezzarlo, pur essendo scritto nella natura razionale dell’essere umano, nel suo statuto genetico e fisiologico, nella considerazione della specie umana. Un conto è rispettare la persona nella sua dignità e libertà, anche sessuale, un conto è fare di una coppia gay un vero e proprio matrimonio con stessi diritti e regole. Qualcuno pare si accontenti di dire che “non lo chiameremo matrimonio”. Credo però che la questione non sia nominale, ma di sostanza: quando si fanno aperture all’adozione di figli o all’acquisto di figli tramite complicate vie di approvvigionamento del seme o dell’utero. Se questo avviene, e se questo comporta un’idea o messaggio culturale pedagogico, si viene a banalizzare e umiliare la natura, che è il bene più grande che abbiamo per la vita singola e per la specie umana, e che non è manipolabile a capriccio, ma governabile per la sua umanizzazione. Questo comporta contemporaneamente una grande attenzione, stima, rispetto e diritti individuali per le persone che fanno una libera scelta omosessuale, o che vi si sentono determinate dalla propria struttura psico-fisica, come per tutte le persone del mondo, a prescindere dalle loro scelte di vita.

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No all’omofobia, no alle famiglie omosessuali https://www.lavoce.it/no-allomofobia-no-alle-famiglie-omosessuali/ Thu, 04 Oct 2012 12:39:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=13196 La sfida – scrive il quotidiano cattolico La Croix – era quella di “trovare il tono giusto” per esprimere la propria convinzione circa i fondamenti antropologici che secondo la visione cattolica reggono la società, senza però cadere nel rischio di fomentare una “omofobia in aumento”. Nasce così il documento che il Consiglio “famiglia e società” della Conferenza episcopale francese ha pubblicato il 27 settembre. In 10 pagine la Chiesa di Francia spiega e prende ufficialmente posizione sul dibattito in corso nel Paese circa l’apertura del matrimonio e dell’adozione alle coppie omosessuali annunciata dal Governo. Si tratta di una Nota intitolata Allargare il matrimonio alle persone dello stesso sesso: apriamo il dibattito! La Nota – si legge nella presentazione che ne fa il portavoce dei vescovi francesi, mons. Bernad Podvin – è frutto di una “convergenza di competenze pluridisciplinari”, propone al Paese “una analisi” perché, nello spirito del Concilio Vaticano II, la Chiesa aspira a partecipare in modo “costruttivo alle questione vitali della società”. Il testo è stato oggetto di un approfondito confronto prima di essere reso pubblico con l’approvazione del presidente della Conferenza episcopale, card. André Vingt-Trois. È innanzitutto un invito ad aprire un dibattito prima che la questione diventi legge: “L’apertura del matrimonio alle persone dello stesso sesso e la possibilità per loro di accedere alla adozione è una questione seria. Una tale decisione – si legge nel documento – avrebbe conseguenze importanti sui bambini, l’equilibrio delle famiglie e la coesione sociale. Sarebbe riduttivo giustificare la modifica del diritto che regge il matrimonio e la famiglia prendendo in considerazione il solo aspetto della non-discriminazione e del principio di uguaglianza. La società – prosegue il testo – si trova di fronte ad una situazione nuova e inedita. L’omosessualità è sempre esistita, ma fino a qualche tempo fa non c’erano rivendicazioni da parte delle persone omosessuali circa la possibilità di dare un quadro giuridico ad una relazione destinata a iscriversi nel tempo, né di vedersi investire di una autorità genitoriale. Spetta al potere politico accogliere la richiesta e darvi la risposta più adeguata. Ma questa risposta è il risultato di una scelta politica” e in quanto tale – affermano i Vescovi – richiede un “serio dibattito democratico” così da far emergere “la miglior risposta nell’interesse di tutti”.

Parte della nota dei Vescovi francesi è riservata al rifiuto dell’omofobia e al rispetto delle persone omosessuali. Discriminazioni e angherie nei loro confronti – scrivono – “non sono oggi più tollerabili” e il Diritto giustamente condanna ogni forma di discriminazione e incitazione all’odio soprattutto in ragione dell’orientamento sessuale. Purtroppo però “bisogna ammettere – proseguono i presuli francesi – che l’omofobia non è ancora scomparsa nella nostra società” perché “i pregiudizi sono duri da superare e le mentalità cambiano lentamente”. La Nota francese si spinge ancora oltre, fino ad affermare che “la diversità delle pratiche omosessuali non deve impedire dal prendere sul serio le aspirazioni di coloro che auspicano di impegnarsi in un legame stabile”. Insomma, la Chiesa comprende “il desiderio di un impegno alla fedeltà di un affetto, l’attaccamento sincero, la cura dell’altro, una solidarietà che supera la riduzione della relazione omosessuale ad una semplice relazione erotica”, ma “questa comprensione non permette di ignorare le differenze”. I Vescovi ritengono in sostanza che l’alterità uomo/donna, la ricchezza che essa rappresenta per la società e il bene dei bambini, l’origine della vita nella procreazione naturale “non possono passare sotto silenzio”. La Nota ribadisce dunque l’impegno della Chiesa nei confronti delle persone omosessuali, e che essa “continuerà a dare il suo contributo alla lotta contro ogni forma di omofobia e di discriminazione”. Tuttavia – afferma – pretendere di regolare questi problemi ignorando le differenze fra le persone, “appare una scelta ideologica pericolosa”. Il principale compito del potere politico – sottolineano i Vescovi – è difendere non solo i diritti e le libertà individuali, ma anche e soprattutto il bene comune e “il bene comune non è la somma degli interessi individuali”, bensì il bene dell’intera comunità. E conclude: “Una evoluzione del diritto di famiglia è sempre possibile. Ma piuttosto che cedere alle pressioni dei vari gruppi, la Francia si farebbe onore se instaurasse un vero e proprio dibattito sulla società e cercasse una soluzione originale che renda giustizia al riconoscimento delle persone omosessuali senza minare le fondamenta antropologiche della società”.

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Nozze gay? Chiese divise https://www.lavoce.it/nozze-gay-chiese-divise/ Thu, 07 Jul 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9493 Nel numero scorso, un lettore ci aveva posto un quesito sulla benedizione di una coppia omosessuale da parte della comunità valdese di Milano. Abbiamo dato una breve risposta, come si usa nelle Lettere al direttore. Ora ci torniamo sopra perché la cosa ha destato molto interesse e molte discussioni, che hanno molteplici versanti. Le persone si domandano: chi ha ragione? I sostenitori di questa “novità” sono per la distruzione del matrimonio e la riduzione della sessualità a puro piacere? Pensano di abolire il matrimonio procreativo e lasciare che i figli si facciano con i metodi con cui si riproducono oggi i vitelli? Se ha ragione Veronesi, secondo cui l’amore omosessuale è il più puro perché il più disinteressato, in quanto non implica la procreazione, l’esito per l’umanità sarebbe quello di considerare la procreazione un fatto utilitario per la conservazione della specie, mentre la sessualità diventa gioco e divertimento. Oppure l’unione omosessuale diventa uguale al matrimonio, con tutti i diritti civili, la costituzione di famiglie con figli avuti da adozione o inseminazione artificiale di uno dei partner, nella relazione tra donne. In questo caso comunque gli eterosessuali sarebbero da considerare persone di serie B. Ci sono già dei club e delle lobby di omosessuali che fanno affermazioni simili. Chi è contrario, poi, è da considerare un fascista o un retrogrado che vorrebbe eliminare gli omosessuali? Queste domande sono tutte in piedi, e la Chiesa cattolica, insieme agli ortodossi, a molte comunità protestanti tradizionaliste o legate fortemente alla lettera del testo biblico, affermano che si deve rispetto agli omosessuali come ad ogni uomo, ma si deve considerare l’esercizio dell’omosessualità come difforme alla morale cristiana derivata dalla Bibbia e dalla tradizione; non si deve comunque giudicare la coscienza delle persone, che non sono scomunicate, né fuori dalla Chiesa, anche se essa non può accettare la loro forma di relazione. Alcune comunità ecclesiali hanno invece fatto un ragionamento diverso. Hanno detto: questi due si amano, sono credenti, l’amore viene da Dio, quindi noi, Chiesa di Cristo, dietro loro richiesta, non possiamo negare la benedizione. La comunità valdese di Milano, ai due suoi membri, Guido Lanza (62 anni) e Ciro Scelsi (42 anni), ha dato la benedizione e il pastore – che si chiama Giuseppe Platone – ha dichiarato: “L’amore merita la nostra benedizione. Esso non danneggia nessuno, e noi non togliamo nulla alle coppie sposate”. Il dibattito all’interno stesso della Chiesa valdese resta comunque vivace. Il noto pastore e teologo Paolo Ricca, ad esempio, loda il Sinodo valdese del 2010, perché ha “avuto il coraggio di affrontare l’argomento”, ma resta perplesso di fronte a una serie di questioni: “Il Sinodo – ribadiva già a suo tempo – avrebbe dovuto spiegare perché non considera più valida per noi oggi la condanna dell’omosessualità chiaramente presente nella Bibbia”. Avrebbe inoltre “dovuto spiegare cosa si intende per ‘benedizione’… Non basta dire che essa è preghiera, a me sembra che sia qualcos’altro, e di più”. E infine, andava meglio chiarita la differenza “tra benedizione di una coppia omosessuale e quella di una coppia eterosessuale. L’opinione pubblica, disinformata e approssimativa com’è, identifica facilmente benedizione di una coppia con matrimonio”. Certo è che episodi come questo rischiano di rendere ancora più spinoso il dialogo tra Chiesa cattolica e Chiese protestanti “storiche”; mentre le nuove forme di comunità evangeliche sono tendenzialmente più vicine alla morale cattolica.

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Coppie gay: perchè la Chiesa dice no al riconoscimento https://www.lavoce.it/coppie-gay-perche-la-chiesa-dice-no-al-riconoscimento/ Thu, 18 Sep 2003 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3355 Il fatto/ La prima iscrizione al registro delle coppie di fatto a Perugia è gayIl registro delle unioni di fatto approvato dal Comune di Perugia sei mesi fa sta per essere varato. Non da una coppia eterosessuale, come prospettavano i promotori del registro, ma da una coppia gay, Gian Pietro Bucciarelli, vice presidente dell’Arcigay Omphals di Perugia, e Antonio suo compagno da vent’anni, Hanno dato l’annuncio in un dibattito alla Festa dell’Unità a Perugia. Da punto di vista pratico non cambierà nulla, ha detto Buccciarelli affermando di fare il grande passo ‘per manifestare liberamente la nostra diversità’. Ma il gesto ha ‘valore politico’, ovvero ‘il registro servirà per esercitare una pressione sul Parlamento affinchè venga approvata una lege sulle coppie di fatto’ ha detto l’assessore al comune di Perugia Wladimiro Boccali, e il presidente nazionale Arcigay Sergio Lo Giudice ha annunciato che a Perugia sono state raccolte 500 firme per far approvare una legge per riconoscere maggiori diritti ai conviventi. La strategia è chiara: ottenere diritti che al momento la legge riconosce solo ai coniugi. Il convegno promosso da Cif e Giuristi cattolici arriva ‘a fagiolo’. Coincidenza non prvedibile ma occasione preziosa per chiarire di cosa si va discutendo. In occasione del dibattito sulla iscrizione di coppie gay in un apposito registro approntato dal comune di Perugia e da altri comuni in Umbria e in Italia oltre che all’estero, si è levata una vibrante protesta da parte di alcuni membri di associazioni e movimenti che richiamano una serie di diritti per le coppie gay stabili e un certo riconoscimento legale. Nella protesta viene coinvolta pesantemente la Chiesa che ha sempre dichiarato di essere contraria a questo tipo di riconoscimento ed ha invitato gli amministratori cattolici a opporsi fino all’esercizio del diritto di obiezione di coscienza. La questione rappresenta una battaglia di cultura e di civiltà e non soltanto una querelle di tipo religioso o confessionale. Si tratta di concezioni diverse della persona umana, della famiglia e della società. La Chiesa si ispira a criteri tratti dalla Rivelazione biblica ed evangelica, dall’etica naturale razionalmente elaborata, dalla preoccupazione per il bene della società. Nelle sue posizioni è evidente la condanna del fatto oggettivo dell’unione omosessuale considerato contrario alla sua concezione della persona umana e della famiglia. La Chiesa ritiene che gli assertori dei diritti delle coppie gay, direttamente o indirettamente, propongano di legittimare una alternativa alla famiglia naturale, nel momento in cui nella società fosse riconosciuto lo stesso trattamento e la stessa considerazione. Ciò non comporta un giudizio negativo o di condanna per i singoli soggetti, i quali devono poter essere considerati come singoli cittadini portatori di diritti e di doveri in quanto persone, senza però stravolgere l’ordinamento sociale basato sul modello universale della famiglia eterosessuale. Il documento della Congregazione della Dottrina della Fede pubblicato in data 3 giugno 2003 riassume il pensiero della Chiesa in questo campo e conclude con le parole che seguono: ‘La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l’unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equiparale al matrimonio significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità. La Chiesa non può non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società.’

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