Mario Ceccobelli Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/mario-ceccobelli/ Settimanale di informazione regionale Fri, 26 Aug 2022 11:33:15 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Mario Ceccobelli Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/mario-ceccobelli/ 32 32 A Collevalenza festa per madre Speranza. Messa con il Cardinale Bassetti https://www.lavoce.it/a-collevalenza-festa-per-madre-speranza-messa-con-il-cardinale-bassetti/ Fri, 29 May 2020 16:20:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57247

Domenica 31 maggio, Solennità di Pentecoste, alle ore 18, nella basilica del Santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza di Todi, si terrà una solenne concelebrazione eucaristica per il 6° anniversario della beatificazione di Madre Speranza di Gesù. La celebrazione sarà presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, e si svolgerà nel rispetto delle misure di sicurezza a seguito dell’emergenza sanitaria.

Il racconto di una amicizia spirituale

Ci parla di Madre Speranza, una delle figure di santità del nostro tempo più note e venerate in Umbria e nel mondo, mons. Mario Ceccobelli, vescovo emerito di Gubbio, ospite della comunità dei Figli dell'Amore Misericordiioso a Collevalenza dove ha scelto di vivere al termine del suo ministero episcopale eugubino. Ceccobelli,  originario di Marsciano e per lunghi anni vicario generale dell’Archidiocesi di Perugia, ha conosciuto personalmente Madre Speranza ed ha stretto nel tempo intensi legami di amicizia e di spiritualità con le due congregazioni fondate dalla Madre: i Figli dell’Amore Misericordioso e le Ancelle dell’Amore Misericordioso. Mons. Ceccobelli traccia un breve ricordo della beata Speranza di Gesù, definendola «una delle grandi donne del ‘900», si sofferma su cosa questa Santa avrebbe detto oggi, al tempo del “Coronavirus, a tutti i suoi “figli”. «Madre Speranza, che era una donna molto pratica – sottolinea mons. Ceccobelli –, potremmo dire una mamma di famiglia, che si preoccupava di tutto dei suoi figli, oggi credo avrebbe detto: “Figli miei, fatevi santi”.  Vuole dire: “non vi lasciate catturare dalle realtà del mondo, dai pericoli del mondo, dalle paure del mondo ”. [gallery ids="17949,17934,25127,25132,25128,18498,44087,42070,54671,49883"] Anche questo virus, che ha creato una depressione generale, un allarme, per Madre Speranza sarebbe stato colto come una esperienza di vita, seppur sofferta e difficile, per dirci: “figli miei ricordatevi che siete fatti per il Cielo, non per la terra”». «La Madre – continua il vescovo – aveva con Gesù un rapporto molto immediato, molto familiare, lei ci parlava come io parlo con te! Lo chiamava “Figlio mio”, è curioso ; il diario della Madre è bellissimo... La Madre era quella donna saggia che sapeva guardare la realtà umana e la sapeva leggere scrutandola dall’alto, con gli occhi della fede più che con le preoccupazioni del mondo». Ceccobelli racconta dei suoi primi viaggi a Collevalenza. «Io ho conosciuto Madre Speranza negli anni ’60, perché uno dei primi preti della Diocesi di Perugia, se non il primo a frequentare Collevalenza, fu proprio il mio parroco. Io sono nato a Marsciano, vivevo lì, e il parroco era don Arsenio Ambrogi e, per vie misteriose, la Madre l’ha portato con sé. Adesso sarebbe lungo raccontare tutta la storia, ma io da allora - avevo 14 anni -, quando lui lasciò la parrocchia, ho iniziato a conoscere il Santuario vedendolo crescere ed oggi mi sento di famiglia. Ho sempre pensato che questa sarebbe stata la mia ultima destinazione e devo dire che i religiosi mi hanno accolto con piena disponibilità e vivo con loro la vita della comunità».

La giornata al Santuario

Mons. Ceccobelli conclude raccontando come trascorre la giornata al Santuario. «La mattina, alle 7, abbiamo le lodi e poi la meditazione. Alle 8 la colazione e alle 9 io e gli altri sacerdoti addetti alle confessioni ci mettiamo a disposizione dei pellegrini. Poi abbiamo l’ora media e all’una il pranzo. Nel pomeriggio, alle 15,30, ci rendiamo ancora disponibili per le confessioni e alle 18 abbiamo il vespro, il rosario, l’adorazione e alle 19,30 la cena». Ma prova anche un po’ di nostalgia per la Chiesa che lo ha generato nella fede, quella Perugia-Città della Pieve, e per la Chiesa che lo ha avuto suo Pastore, quella di Gubbio. «Io porto con me – commenta il vescovo – la Chiesa madre che mi ha generato come figlio di Dio, e la Chiesa mia sposa, che mi è stata consegnata e che io ho custodito come ho saputo fare e che adesso è custodita, servita e amata dal vescovo Luciano, che sta facendo un buon lavoro pastorale e io sono veramente contento di avere un successore bravo, sicuramente più bravo di me». R.L. - AM.An Leggi anche la testimonianza del vescovo Domenico Cancian, Fam “La presto-beata Madre Speranza nei ricordi di mons. Cancian”]]>

Domenica 31 maggio, Solennità di Pentecoste, alle ore 18, nella basilica del Santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza di Todi, si terrà una solenne concelebrazione eucaristica per il 6° anniversario della beatificazione di Madre Speranza di Gesù. La celebrazione sarà presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, e si svolgerà nel rispetto delle misure di sicurezza a seguito dell’emergenza sanitaria.

Il racconto di una amicizia spirituale

Ci parla di Madre Speranza, una delle figure di santità del nostro tempo più note e venerate in Umbria e nel mondo, mons. Mario Ceccobelli, vescovo emerito di Gubbio, ospite della comunità dei Figli dell'Amore Misericordiioso a Collevalenza dove ha scelto di vivere al termine del suo ministero episcopale eugubino. Ceccobelli,  originario di Marsciano e per lunghi anni vicario generale dell’Archidiocesi di Perugia, ha conosciuto personalmente Madre Speranza ed ha stretto nel tempo intensi legami di amicizia e di spiritualità con le due congregazioni fondate dalla Madre: i Figli dell’Amore Misericordioso e le Ancelle dell’Amore Misericordioso. Mons. Ceccobelli traccia un breve ricordo della beata Speranza di Gesù, definendola «una delle grandi donne del ‘900», si sofferma su cosa questa Santa avrebbe detto oggi, al tempo del “Coronavirus, a tutti i suoi “figli”. «Madre Speranza, che era una donna molto pratica – sottolinea mons. Ceccobelli –, potremmo dire una mamma di famiglia, che si preoccupava di tutto dei suoi figli, oggi credo avrebbe detto: “Figli miei, fatevi santi”.  Vuole dire: “non vi lasciate catturare dalle realtà del mondo, dai pericoli del mondo, dalle paure del mondo ”. [gallery ids="17949,17934,25127,25132,25128,18498,44087,42070,54671,49883"] Anche questo virus, che ha creato una depressione generale, un allarme, per Madre Speranza sarebbe stato colto come una esperienza di vita, seppur sofferta e difficile, per dirci: “figli miei ricordatevi che siete fatti per il Cielo, non per la terra”». «La Madre – continua il vescovo – aveva con Gesù un rapporto molto immediato, molto familiare, lei ci parlava come io parlo con te! Lo chiamava “Figlio mio”, è curioso ; il diario della Madre è bellissimo... La Madre era quella donna saggia che sapeva guardare la realtà umana e la sapeva leggere scrutandola dall’alto, con gli occhi della fede più che con le preoccupazioni del mondo». Ceccobelli racconta dei suoi primi viaggi a Collevalenza. «Io ho conosciuto Madre Speranza negli anni ’60, perché uno dei primi preti della Diocesi di Perugia, se non il primo a frequentare Collevalenza, fu proprio il mio parroco. Io sono nato a Marsciano, vivevo lì, e il parroco era don Arsenio Ambrogi e, per vie misteriose, la Madre l’ha portato con sé. Adesso sarebbe lungo raccontare tutta la storia, ma io da allora - avevo 14 anni -, quando lui lasciò la parrocchia, ho iniziato a conoscere il Santuario vedendolo crescere ed oggi mi sento di famiglia. Ho sempre pensato che questa sarebbe stata la mia ultima destinazione e devo dire che i religiosi mi hanno accolto con piena disponibilità e vivo con loro la vita della comunità».

La giornata al Santuario

Mons. Ceccobelli conclude raccontando come trascorre la giornata al Santuario. «La mattina, alle 7, abbiamo le lodi e poi la meditazione. Alle 8 la colazione e alle 9 io e gli altri sacerdoti addetti alle confessioni ci mettiamo a disposizione dei pellegrini. Poi abbiamo l’ora media e all’una il pranzo. Nel pomeriggio, alle 15,30, ci rendiamo ancora disponibili per le confessioni e alle 18 abbiamo il vespro, il rosario, l’adorazione e alle 19,30 la cena». Ma prova anche un po’ di nostalgia per la Chiesa che lo ha generato nella fede, quella Perugia-Città della Pieve, e per la Chiesa che lo ha avuto suo Pastore, quella di Gubbio. «Io porto con me – commenta il vescovo – la Chiesa madre che mi ha generato come figlio di Dio, e la Chiesa mia sposa, che mi è stata consegnata e che io ho custodito come ho saputo fare e che adesso è custodita, servita e amata dal vescovo Luciano, che sta facendo un buon lavoro pastorale e io sono veramente contento di avere un successore bravo, sicuramente più bravo di me». R.L. - AM.An Leggi anche la testimonianza del vescovo Domenico Cancian, Fam “La presto-beata Madre Speranza nei ricordi di mons. Cancian”]]>
Dai laici alla formazione dei preti, i temi dell’intervista al vescovo Paolucci https://www.lavoce.it/dai-laici-alla-formazione-dei-preti-i-temi-dellintervista-al-vescovo-paolucci/ Fri, 01 Dec 2017 15:05:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50730

Una mezz’ora di attesa al Seminario diocesano di Gubbio. I preti della diocesi c’erano tutti, al ritiro al quale ha partecipato anche il nuovo vescovo Luciano Paolucci Bedini insieme al vescovo, ora emerito, mons. Mario Ceccobelli. Nel primo pomeriggio se ne sono andati quasi tutti, e don Luciano sta definendo con don Mirco Orsini i dettagli del 3 dicembre. Dopo una mattinata intensa e un pomeriggio che si presenta altrettanto intenso, “don” Luciano si presenta sorridente, accogliente, sereno. Accoglienza - ci dirà - è quello che ha ricevuto da preti e laici fin dal giorno dell’annuncio della nomina a vescovo di Gubbio. Mons. Paolucci, si può dire che ormai conosce la diocesi. Come si trova in questa che è la più piccola diocesi umbra? “Quando il Papa mi ha chiesto di diventare vescovo di Gubbio, sapevo della bellezza della città medievale, che avevo visitato qualche volta, del fatto che era piccola, anche, e che era ricca di una tradizione religiosa legata non solo a sant’Ubaldo e a san Francesco, ma anche di un pullulare di esperienze religiose intorno alla città di Gubbio, come del resto in tutta l’Umbria. Parlo delle comunità religiose, sia monastiche che di vita attiva, delle abbazie, come Fonte Avellana che per le Marche è ancora un faro e che è stata in diocesi di Gubbio”. Come è stato il primo incontro con i suoi nuovi fedeli? “Quello che mi ha colpito fin dall’inizio è stata la grande accoglienza che ho ricevuto, fin dal giorno dell’annuncio della nomina, quando il vescovo Mario con altri è venuto a trovarmi nel Seminario di Ancona dove stavo. E anche oggi che ho incontrato tutti i sacerdoti, ho visto questa semplicità di relazione, questa immediatezza. Da molti mi sono sentito incoraggiato, ringraziato anche per la disponibilità che ho dato al Papa, e sicuramente questo mi ha aiutato molto a consolare un po’ i miei timori e ad aprire un canale di fiducia immediato con il popolo di questa terra”. Un vescovo sottolineò che per fare un prete ci vogliono anni di Seminario, mentre per fare un vescovo si fa un corso di una settimana, e neppure sulle cose essenziali. Conferma? “Sì, anche se dicono che da quando c’è Papa Francesco il corso è più ricco e molto più concreto. Però è vero. Essendo stato rettore di Se- minario, a maggior ragione capisco e sento quanto la formazione sia un elemento fondamentale. In tutti i passaggi del mio ministero come prete ho sentito il bisogno di formarmi, o di continuare a formarmi. Mi impegno a studiare anche arrivando a Gubbio, perché sui doveri e le responsabilità di un vescovo ci sono molti documenti e dovrò davvero studiarli”. Papa Francesco parla molto di Chiesa popolo di Dio e sinodalità. Da vescovo che inizia il suo percorso, come immagina il cambiamento - iniziato con il Concilio vaticano II - di valorizzazione dei laici? “Conosco tutta la difficoltà che ha incontrato in questi anni, almeno gli ultimi trenta, quella famosa promozione dei laici che era stabilita dal Concilio. E forse ha ricevuto anche un contraccolpo all’indietro, perché non si vedono più le belle figure di laicato preparato, pronto, aperto a lavorare anche nel sociale. Molte esperienze ecclesiali ci hanno aperto i canali della spiritualità, ma ci hanno richiusi, come comunità, rispetto al mondo. Quello che però vedo come molto consolante, per cui penso ci sia una grande possibilità di impegno e di lavoro assiduo e proficuo, è che la promessa e l’ideale del Vaticano II quanto alla Chiesa popolo di Dio, alla Chiesa in cui tutti sono figli e tutti collaborano, è ancora davanti a noi, e ci chiama continuamente. Forse tanti aspetti della crisi della Chiesa: penso alle vocazioni ma anche a realtà come la famiglia... in fondo, tutto nasce da questa debolezza, di una Chiesa che da un punto di vista ha portato avanti l’essenziale, ma dall’altro non ha saputo affrontare le sfide della modernità fino a trovare strade nuove. È chiaro che di questa maturazione il laicato è strategico. Mi chiedo però se in questo momento non abbiamo bisogno di riprendere in mano l’esperienza di popolo di Dio in modo che non crescano ‘solo’ i laici... come se non avessero bisogno di crescere anche i vescovi e i preti. Vivendo nel mondo della formazione, mi sto convincendo di questo: che è finito il tempo in cui i laici si formano da soli, mentre i preti si formano prima e vivono ‘di rendita’ per tutta la vita. Oggi bisogna pensare una stagione nuova in cui tutti ci formiamo insieme”. Da tanto si parla di Chiesa missionaria… “Il laicato sta dentro la storia, dentro il mondo, in maniera concreta, laddove ormai, da un certo punto di vista grazie a Dio, ormai i preti non arrivano più. Penso che i protagonisti dell’evangelizzazione siano i laici, non i preti, perché il primo anuncio oggi si fa al supermercato, al lavoro, al campo di calcio... I preti continueranno a fare il loro mestiere, cioè guidare le comunità, ma il primo annuncio della nuova evangelizzazione non la faranno i preti”. Bisogna ripensare anche la formazione dei preti in questa prospettiva? “Se ne parla da molto tempo, e spero che Papa Francesco arrivi a parlare anche dei Seminari, perché ci sono questioni che sono già sul tavolo. I Seminari nella maggior parte dei casi stanno già lavorando per rinnovare la formazione per quanto possibile, anche inserendo elementi nuovi come tutto il discorso del femminile o delle famiglie. Al Seminario di Ancona da dieci anni ho coinvolto anche le famiglie nel discernimento vocazionale, e ho invitato i seminaristi ad avere una famiglia tutor : scelte pionieristiche che forse oggi la Amoris laetitia ‘sdogana’. Quelli che accettano di avere una famiglia tutor fanno un’esperienza formativa decisamente importante, perché vai in una casa dove hai amici più grandi di te, che vivono la fede come te - perché non sei l’unico che vive la fede! - ma hanno i bambini, lavorano, e alla sera quando ti invitano sono stanchi. Questo ti cambia”. Basterà questo? “Un’altra cosa che salverà il futuro della Chiesa in questo senso è che, accanto alla novità nella formazione, ci sia un discernimento chiaro, netto, perché - come diceva Papa Francesco - se uno ha difficoltà a stare con i compagni di classe, se ne torni a casa: un prete che non ha capacità relazionali fa del male”. Lei è già stato in Conferenza episcopale umbra, nella riunione dell’ottobre scorso, e le sono già stati assegnati dei settori da seguire: il Seminario e la catechesi. La dimensione regionale è molto sentita tra i laici e anche tra i preti delle diocesi umbre, per una lunga storia di collaborazione tra le diocesi che è passata dal Seminario regionale ma anche da progetti pastorali comuni da cui, per esempio, nel 1953 nacque questo settimanale interdiocesano. Lei come vede questa collaborazione regionale? “Ho trovato un clima di apertura e collaborazione in Ceu, e ho avuto segnali, anche da messaggi ricevuti da diverse realtà ecclesiali, che possa crescere. Ho il timore che, proprio perché si esalta la dimensione diocesana [per il Codice di diritto canonico solo nella diocesi, che è Chiesa in un luogo, si ha la pienezza del mistero della Chiesa, ndr ], specie quando è piccola, il rischio sia che le collaborazioni rimangano episodiche o di evento, ci si trovi a ‘fare’ un convegno piuttosto che ‘aprire una strada’, ma questo non serve. Credo che sia all’interno della dimensione diocesana che in quella sovradiocesana dobbiamo cominciare a concepire livelli diversi di coinvolgimento, di impegno e di risposta. È ciò che in altri campi la Chiesa chiama principio di sussidiarietà, di collaborazione, di rispetto dei livelli, di condivisione delle competenze. Questo si può già fare, perché si pone a livello organizzativo e pastorale, non teologico”. Sono molti i temi di attualità che dovrà affrontare. Penso a uno su tutti, il tema dell’immigrazione, sia perché porta divisione anche nelle comunità, sia perché nella sua diocesi c’è una relatà come Umbertide in cui la presenza degli immigrati è molto alta rispetto alla popolazione. “Di recente ho avuto la fortuna di avere in Seminario ad Ancona, per una testimonianza ai seminaristi, il card. Francesco Montenegro che è arcivescovo di Agrigento e quindi di Lampedusa, e presidente della Caritas italiana. Lui diceva, e condivido, che noi cristiani non dobbiamo aiutare gli immigrati perché siamo buoni o perché c’è un’emergenza sociale. Lo facciamo perché crediamo nel Vangelo. Se volete, diceva, il problema è il Vangelo. E ha aggiunto: provate a tagliare tutte le pagine in cui si parla dei poveri nel Vangelo, e vedrete che vi rimarrà solo la copertina. La questione a me sembra sempre quella di una corretta informazione. Noi, nel mondo della libera informazione e della connessione continua, ancora crediamo a bufale spaventose che sono costruite ad arte per creare e muovere specialmente i sentimenti più biechi. Credo che la cura vera sia quella di dire che dobbiamo conoscere la concretezza dei fatti, la realtà dei fatti e a quella rispondere, e rispondere nella maniera più umana possibile”. Tra le critiche c’è quella di chi accusa la Chiesa di aiutare solo gli immigrati a scapito degli italiani… “Sappiamo bene che il problema non sono solo gli immigrati. Gli immigrati presentano una questione che va affrontata, come vanno affrontate anche le tante altre situazioni alle quali dobbiamo aprire il cuore. Inoltre non credo al discorso delle ‘religioni contro’ e tanto meno alla ‘islamizzazione’. Per esperienza personale ho capito che tante posizioni si sciolgono quando uno conosce concretamente qualcuno che vive quelle situazioni”. Ultima domanda: dove andrà ad abitare? “Ho scelto di abitare in episcopio, d’accordo con don Mario, che è contento di questa scelta perché lui è sceso in Seminario soprattutto per assistere don Pietro che ormai faceva fatica. Andrò ad abitare in episcopio con la consapevolezza che quella è la casa del vescovo, ed è giusto che sia la casa dove il vescovo può accogliere tutti, ed è bello che sia in centro città. Per me è molto grande e ne abiterò una piccola parte, ma andare ad abitare lì vuol essere un segno, il segno di una presenza, di una accoglienza”.]]>

Una mezz’ora di attesa al Seminario diocesano di Gubbio. I preti della diocesi c’erano tutti, al ritiro al quale ha partecipato anche il nuovo vescovo Luciano Paolucci Bedini insieme al vescovo, ora emerito, mons. Mario Ceccobelli. Nel primo pomeriggio se ne sono andati quasi tutti, e don Luciano sta definendo con don Mirco Orsini i dettagli del 3 dicembre. Dopo una mattinata intensa e un pomeriggio che si presenta altrettanto intenso, “don” Luciano si presenta sorridente, accogliente, sereno. Accoglienza - ci dirà - è quello che ha ricevuto da preti e laici fin dal giorno dell’annuncio della nomina a vescovo di Gubbio. Mons. Paolucci, si può dire che ormai conosce la diocesi. Come si trova in questa che è la più piccola diocesi umbra? “Quando il Papa mi ha chiesto di diventare vescovo di Gubbio, sapevo della bellezza della città medievale, che avevo visitato qualche volta, del fatto che era piccola, anche, e che era ricca di una tradizione religiosa legata non solo a sant’Ubaldo e a san Francesco, ma anche di un pullulare di esperienze religiose intorno alla città di Gubbio, come del resto in tutta l’Umbria. Parlo delle comunità religiose, sia monastiche che di vita attiva, delle abbazie, come Fonte Avellana che per le Marche è ancora un faro e che è stata in diocesi di Gubbio”. Come è stato il primo incontro con i suoi nuovi fedeli? “Quello che mi ha colpito fin dall’inizio è stata la grande accoglienza che ho ricevuto, fin dal giorno dell’annuncio della nomina, quando il vescovo Mario con altri è venuto a trovarmi nel Seminario di Ancona dove stavo. E anche oggi che ho incontrato tutti i sacerdoti, ho visto questa semplicità di relazione, questa immediatezza. Da molti mi sono sentito incoraggiato, ringraziato anche per la disponibilità che ho dato al Papa, e sicuramente questo mi ha aiutato molto a consolare un po’ i miei timori e ad aprire un canale di fiducia immediato con il popolo di questa terra”. Un vescovo sottolineò che per fare un prete ci vogliono anni di Seminario, mentre per fare un vescovo si fa un corso di una settimana, e neppure sulle cose essenziali. Conferma? “Sì, anche se dicono che da quando c’è Papa Francesco il corso è più ricco e molto più concreto. Però è vero. Essendo stato rettore di Se- minario, a maggior ragione capisco e sento quanto la formazione sia un elemento fondamentale. In tutti i passaggi del mio ministero come prete ho sentito il bisogno di formarmi, o di continuare a formarmi. Mi impegno a studiare anche arrivando a Gubbio, perché sui doveri e le responsabilità di un vescovo ci sono molti documenti e dovrò davvero studiarli”. Papa Francesco parla molto di Chiesa popolo di Dio e sinodalità. Da vescovo che inizia il suo percorso, come immagina il cambiamento - iniziato con il Concilio vaticano II - di valorizzazione dei laici? “Conosco tutta la difficoltà che ha incontrato in questi anni, almeno gli ultimi trenta, quella famosa promozione dei laici che era stabilita dal Concilio. E forse ha ricevuto anche un contraccolpo all’indietro, perché non si vedono più le belle figure di laicato preparato, pronto, aperto a lavorare anche nel sociale. Molte esperienze ecclesiali ci hanno aperto i canali della spiritualità, ma ci hanno richiusi, come comunità, rispetto al mondo. Quello che però vedo come molto consolante, per cui penso ci sia una grande possibilità di impegno e di lavoro assiduo e proficuo, è che la promessa e l’ideale del Vaticano II quanto alla Chiesa popolo di Dio, alla Chiesa in cui tutti sono figli e tutti collaborano, è ancora davanti a noi, e ci chiama continuamente. Forse tanti aspetti della crisi della Chiesa: penso alle vocazioni ma anche a realtà come la famiglia... in fondo, tutto nasce da questa debolezza, di una Chiesa che da un punto di vista ha portato avanti l’essenziale, ma dall’altro non ha saputo affrontare le sfide della modernità fino a trovare strade nuove. È chiaro che di questa maturazione il laicato è strategico. Mi chiedo però se in questo momento non abbiamo bisogno di riprendere in mano l’esperienza di popolo di Dio in modo che non crescano ‘solo’ i laici... come se non avessero bisogno di crescere anche i vescovi e i preti. Vivendo nel mondo della formazione, mi sto convincendo di questo: che è finito il tempo in cui i laici si formano da soli, mentre i preti si formano prima e vivono ‘di rendita’ per tutta la vita. Oggi bisogna pensare una stagione nuova in cui tutti ci formiamo insieme”. Da tanto si parla di Chiesa missionaria… “Il laicato sta dentro la storia, dentro il mondo, in maniera concreta, laddove ormai, da un certo punto di vista grazie a Dio, ormai i preti non arrivano più. Penso che i protagonisti dell’evangelizzazione siano i laici, non i preti, perché il primo anuncio oggi si fa al supermercato, al lavoro, al campo di calcio... I preti continueranno a fare il loro mestiere, cioè guidare le comunità, ma il primo annuncio della nuova evangelizzazione non la faranno i preti”. Bisogna ripensare anche la formazione dei preti in questa prospettiva? “Se ne parla da molto tempo, e spero che Papa Francesco arrivi a parlare anche dei Seminari, perché ci sono questioni che sono già sul tavolo. I Seminari nella maggior parte dei casi stanno già lavorando per rinnovare la formazione per quanto possibile, anche inserendo elementi nuovi come tutto il discorso del femminile o delle famiglie. Al Seminario di Ancona da dieci anni ho coinvolto anche le famiglie nel discernimento vocazionale, e ho invitato i seminaristi ad avere una famiglia tutor : scelte pionieristiche che forse oggi la Amoris laetitia ‘sdogana’. Quelli che accettano di avere una famiglia tutor fanno un’esperienza formativa decisamente importante, perché vai in una casa dove hai amici più grandi di te, che vivono la fede come te - perché non sei l’unico che vive la fede! - ma hanno i bambini, lavorano, e alla sera quando ti invitano sono stanchi. Questo ti cambia”. Basterà questo? “Un’altra cosa che salverà il futuro della Chiesa in questo senso è che, accanto alla novità nella formazione, ci sia un discernimento chiaro, netto, perché - come diceva Papa Francesco - se uno ha difficoltà a stare con i compagni di classe, se ne torni a casa: un prete che non ha capacità relazionali fa del male”. Lei è già stato in Conferenza episcopale umbra, nella riunione dell’ottobre scorso, e le sono già stati assegnati dei settori da seguire: il Seminario e la catechesi. La dimensione regionale è molto sentita tra i laici e anche tra i preti delle diocesi umbre, per una lunga storia di collaborazione tra le diocesi che è passata dal Seminario regionale ma anche da progetti pastorali comuni da cui, per esempio, nel 1953 nacque questo settimanale interdiocesano. Lei come vede questa collaborazione regionale? “Ho trovato un clima di apertura e collaborazione in Ceu, e ho avuto segnali, anche da messaggi ricevuti da diverse realtà ecclesiali, che possa crescere. Ho il timore che, proprio perché si esalta la dimensione diocesana [per il Codice di diritto canonico solo nella diocesi, che è Chiesa in un luogo, si ha la pienezza del mistero della Chiesa, ndr ], specie quando è piccola, il rischio sia che le collaborazioni rimangano episodiche o di evento, ci si trovi a ‘fare’ un convegno piuttosto che ‘aprire una strada’, ma questo non serve. Credo che sia all’interno della dimensione diocesana che in quella sovradiocesana dobbiamo cominciare a concepire livelli diversi di coinvolgimento, di impegno e di risposta. È ciò che in altri campi la Chiesa chiama principio di sussidiarietà, di collaborazione, di rispetto dei livelli, di condivisione delle competenze. Questo si può già fare, perché si pone a livello organizzativo e pastorale, non teologico”. Sono molti i temi di attualità che dovrà affrontare. Penso a uno su tutti, il tema dell’immigrazione, sia perché porta divisione anche nelle comunità, sia perché nella sua diocesi c’è una relatà come Umbertide in cui la presenza degli immigrati è molto alta rispetto alla popolazione. “Di recente ho avuto la fortuna di avere in Seminario ad Ancona, per una testimonianza ai seminaristi, il card. Francesco Montenegro che è arcivescovo di Agrigento e quindi di Lampedusa, e presidente della Caritas italiana. Lui diceva, e condivido, che noi cristiani non dobbiamo aiutare gli immigrati perché siamo buoni o perché c’è un’emergenza sociale. Lo facciamo perché crediamo nel Vangelo. Se volete, diceva, il problema è il Vangelo. E ha aggiunto: provate a tagliare tutte le pagine in cui si parla dei poveri nel Vangelo, e vedrete che vi rimarrà solo la copertina. La questione a me sembra sempre quella di una corretta informazione. Noi, nel mondo della libera informazione e della connessione continua, ancora crediamo a bufale spaventose che sono costruite ad arte per creare e muovere specialmente i sentimenti più biechi. Credo che la cura vera sia quella di dire che dobbiamo conoscere la concretezza dei fatti, la realtà dei fatti e a quella rispondere, e rispondere nella maniera più umana possibile”. Tra le critiche c’è quella di chi accusa la Chiesa di aiutare solo gli immigrati a scapito degli italiani… “Sappiamo bene che il problema non sono solo gli immigrati. Gli immigrati presentano una questione che va affrontata, come vanno affrontate anche le tante altre situazioni alle quali dobbiamo aprire il cuore. Inoltre non credo al discorso delle ‘religioni contro’ e tanto meno alla ‘islamizzazione’. Per esperienza personale ho capito che tante posizioni si sciolgono quando uno conosce concretamente qualcuno che vive quelle situazioni”. Ultima domanda: dove andrà ad abitare? “Ho scelto di abitare in episcopio, d’accordo con don Mario, che è contento di questa scelta perché lui è sceso in Seminario soprattutto per assistere don Pietro che ormai faceva fatica. Andrò ad abitare in episcopio con la consapevolezza che quella è la casa del vescovo, ed è giusto che sia la casa dove il vescovo può accogliere tutti, ed è bello che sia in centro città. Per me è molto grande e ne abiterò una piccola parte, ma andare ad abitare lì vuol essere un segno, il segno di una presenza, di una accoglienza”.]]>
Bassetti: “I nostri giovani risorsa e potenziale di speranza, per la società e la Chiesa” https://www.lavoce.it/bassetti-i-nostri-giovani-risorsa-e-potenziale-di-speranza-per-la-societa-e-la-chiesa/ Sat, 30 Jan 2016 00:28:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45289

La festa di san Costanzo, vescovo e martire, patrono della città e dell’Archidiocesi, ha richiamato numerosi fedeli in un pellegrinaggio continuo alla chiesa del Santo e nella cattedrale di San Lorenzo, dove nel pomeriggio di venerdì 29 si è tenuta la concelebrazione eucaristica della solennità di san Costanzo presieduta dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti. Con lui hanno concelebrato i vescovi della Metropolia, mons. Mario Ceccobelli di Gubbio e mons. Gualtiero Sigismondi di Foligno, l’arcivescovo emerito mons. Giuseppe Chiaretti, l’abate benedettino Giustino Farnedi e  numerosi sacerdoti e religiosi. Con il popolo di Dio presenti i rappresentanti delle principali Istituzioni civili e del mondo della cultura del capoluogo umbro. Al termine della celebrazione è stato intonato per la prima volta l’Inno a San Costanzo “Salve, decus Perusiae”, tratto dal testo in latino scritto dal cardinale Giacchino Pecci, vescovo di Perugia dal 1846 al 1878, poi papa Leone XIII, ed adattato per coro e organo o pianoforte dal maestro Salvatore Silivestro, direttore del Coro dell’Università degli Studi di Perugia, lo stesso Coro che ha eseguito l’inno in cattedrale in occasione della solennità del santo patrono. Il cardinale Bassetti, nell’omelia, ha richiamato l’importanza dei giovani e delle famiglie nella società odierna, affidandoli alla protezione di san Costanzo, esempio di umanità e santità per tutti. Di seguito il testo integrale dell’omelia del cardinale Bassetti  L'omelia del cardinale Bassetti È bello, e per me consolante, vedere assieme ai nostri vescovi, figli di questa Chiesa, ai sacerdoti e ai consacrati, il santo popolo di Dio, unito ai rappresentanti delle sue istituzioni, a cui, con profondo rispetto, porgo il mio saluto. Tutti ci sentiamo chiamati ad un’unica responsabilità, quella di costruire la pace e la concordia fra i cittadini. San Costanzo è stato l’evangelizzatore della nostra terra ed ha saputo difendere, nei primissimi secoli del cristianesimo, il suo gregge dai lupi rapaci di una società ancora pagana, che si stava autodistruggendo, per aver negato la dignità dell’uomo e il riferimento alla sua trascendenza. Ma cosa propone a noi, stasera, il nostro celeste patrono Costanzo? Ci chiede certo di far memoria del nostro passato di comunità di credenti, ma, soprattutto, di gettare uno sguardo attento sulla realtà di oggi e di saper prefigurare il futuro di questa nostra Chiesa, nella trasmissione di quella fede schietta e genuina, per la quale Costanzo ha dato la vita. Come non rivolgere, allora, il nostro pensiero alle giovani generazioni che, con i loro problemi, le loro ansie e la loro voglia di vivere, saranno la Chiesa di domani, i cristiani di questo secolo entusiasmante e tormentato? Negli incontri con tantissimi giovani durante la visita pastorale, soprattutto nelle scuole, li ho invitati, questi giovani, a sognare e ad avere coraggio. Ho detto loro: custodite i vostri sogni, ricordando un detto famoso di La Pira: “I sogni ce li mettono i giovani: la politica ci mette il coraggio!”. I giovani sognano il lavoro, che purtroppo per molti di loro è un miraggio lontano; sognano spazi non inquinati e non soltanto in senso ambientale; sognano soprattutto di potersi rendere partecipi del loro percorso di vita. In una società a misura d’uomo, adulti e giovani dovrebbero essere vasi comunicanti. Purtroppo non è così. I nostri ragazzi chiedono a noi adulti, istituzioni e Chiesa compresa, un dialogo più diretto e partecipato ed una riflessione seria sul loro avvenire. Di questo, tutti dobbiamo maggiormente preoccuparci. Mi scriveva, qualche tempo, un diciottenne di un istituto tecnico della zona del Lago: “voi adulti considerate i nostri problemi soltanto in termini di disagio e vi riferite spesso a visioni preconcette del mondo giovanile; ma esso di fatto è molto più ricco di potenzialità e di speranze di quanto voi pensiate… Noi siamo una risorsa”! Ne sono profondamente convinto: i nostri giovani rappresentano una grande risorsa e un potenziale di speranza, per la società e la Chiesa di domani. Queste poche righe mi hanno fatto profondamente riflettere. Proprio San Costanzo, vescovo e martire, ci viene incontro con la sua luminosa testimonianza. L’intrepido pastore ha saputo portare il lieto annunzio della salvezza ai poveri, ha fasciato le pieghe dei cuori spezzati; ha infranto le catene dei prigionieri e ha avuto parole di incoraggiamento e di consolazione evangelica per i piccoli, i tribolati, gli “scarti” della società, come direbbe Papa Francesco. Le parole di Gesù, che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo di Giovanni, si sono di fatto incarnate nella sua vita: “Io vi ho scelto e costituiti perché andiate portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. E cosa dice il santo patrono ai giovani? “Non abbiate paura di dichiarare, nei venti incrociati della cultura dell’indifferenza, le vostre convinzioni. Fateci dono del vostro entusiasmo e della vostra gioia di essere cristiani. Com’è bello avere Gesù amico che vi sa dare le cose essenziali della vita”. E cosa dice ai genitori: “Non abbiate paura della vostra vocazione e missione, in un tempo di sfide scoraggianti, la famiglia rimane il luogo della presenza del Signore e la vita dei figli è un dono che Dio vi affida e accompagna sempre”. Sempre, anche nelle sfide delle fatiche educative, perché la famiglia è il fondamento e il centro del tessuto sociale, il punto di riferimento, il luogo dove ricevere e dare calore. Una realtà insostituibile! Fratelli carissimi, in nome di san Costanzo, di cui seppure in maniera indegna sono umile successore, auguro alla nostra Chiesa perusino-pievese, che il giubileo della misericordia, che abbiamo appena iniziato, sia un tempo di salutare conversione che da una parte tocchi la coscienza e la buona volontà di tutti; e dall’altra spinga l’intera comunità ad una solidarietà sempre più condivisa, rendendola capace di farsi carico dei problemi di chi è alle prese con la fatica del vivere quotidiano. Mai sperimenterà la misericordia di Dio chi non accetta di essere misericordioso con il suo prossimo. Accogliamo perciò con decisione l’invito pressante che ci viene da Papa Francesco: “Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita: ve lo chiedo nel nome di Dio!”. Solo dal profondo rinnovamento personale, potremo sperare un rinnovamento della Chiesa e della società! Chiediamo a San Costanzo il dono di una sapienza profetica, perché tutti: vescovi, sacerdoti, genitori, scuola, istituzioni, sappiamo accogliere con amore e intelligente creatività, ciascuno nel proprio ambito, quelli che sono i frutti più preziosi della nostra società: i ragazzi e i giovani, “pietre vive” della Chiesa di domani. Impegniamoci tutti affinché questa Chiesa sappia ancora dare testimonianza al mondo della bellezza della vita cristiana e del messaggio di amore e di pace portato dal Signore Gesù. Una Chiesa aperta al mondo, non rinchiusa in se stessa, rinnovata dal soffio dello Spirito e capace di esser ancora madre e compagna di viaggio dell’umanità intera. Gesù è il Signore del tempo, in lui tutto vive e trova senso e compimento, è a lui, per intercessione del Santo Patrono, che chiediamo di saper essere autentici testimoni perché le giovani generazioni sappiano trasmettere ancora, nella gioia della carità, la luce della fede. Amen!]]>

La festa di san Costanzo, vescovo e martire, patrono della città e dell’Archidiocesi, ha richiamato numerosi fedeli in un pellegrinaggio continuo alla chiesa del Santo e nella cattedrale di San Lorenzo, dove nel pomeriggio di venerdì 29 si è tenuta la concelebrazione eucaristica della solennità di san Costanzo presieduta dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti. Con lui hanno concelebrato i vescovi della Metropolia, mons. Mario Ceccobelli di Gubbio e mons. Gualtiero Sigismondi di Foligno, l’arcivescovo emerito mons. Giuseppe Chiaretti, l’abate benedettino Giustino Farnedi e  numerosi sacerdoti e religiosi. Con il popolo di Dio presenti i rappresentanti delle principali Istituzioni civili e del mondo della cultura del capoluogo umbro. Al termine della celebrazione è stato intonato per la prima volta l’Inno a San Costanzo “Salve, decus Perusiae”, tratto dal testo in latino scritto dal cardinale Giacchino Pecci, vescovo di Perugia dal 1846 al 1878, poi papa Leone XIII, ed adattato per coro e organo o pianoforte dal maestro Salvatore Silivestro, direttore del Coro dell’Università degli Studi di Perugia, lo stesso Coro che ha eseguito l’inno in cattedrale in occasione della solennità del santo patrono. Il cardinale Bassetti, nell’omelia, ha richiamato l’importanza dei giovani e delle famiglie nella società odierna, affidandoli alla protezione di san Costanzo, esempio di umanità e santità per tutti. Di seguito il testo integrale dell’omelia del cardinale Bassetti  L'omelia del cardinale Bassetti È bello, e per me consolante, vedere assieme ai nostri vescovi, figli di questa Chiesa, ai sacerdoti e ai consacrati, il santo popolo di Dio, unito ai rappresentanti delle sue istituzioni, a cui, con profondo rispetto, porgo il mio saluto. Tutti ci sentiamo chiamati ad un’unica responsabilità, quella di costruire la pace e la concordia fra i cittadini. San Costanzo è stato l’evangelizzatore della nostra terra ed ha saputo difendere, nei primissimi secoli del cristianesimo, il suo gregge dai lupi rapaci di una società ancora pagana, che si stava autodistruggendo, per aver negato la dignità dell’uomo e il riferimento alla sua trascendenza. Ma cosa propone a noi, stasera, il nostro celeste patrono Costanzo? Ci chiede certo di far memoria del nostro passato di comunità di credenti, ma, soprattutto, di gettare uno sguardo attento sulla realtà di oggi e di saper prefigurare il futuro di questa nostra Chiesa, nella trasmissione di quella fede schietta e genuina, per la quale Costanzo ha dato la vita. Come non rivolgere, allora, il nostro pensiero alle giovani generazioni che, con i loro problemi, le loro ansie e la loro voglia di vivere, saranno la Chiesa di domani, i cristiani di questo secolo entusiasmante e tormentato? Negli incontri con tantissimi giovani durante la visita pastorale, soprattutto nelle scuole, li ho invitati, questi giovani, a sognare e ad avere coraggio. Ho detto loro: custodite i vostri sogni, ricordando un detto famoso di La Pira: “I sogni ce li mettono i giovani: la politica ci mette il coraggio!”. I giovani sognano il lavoro, che purtroppo per molti di loro è un miraggio lontano; sognano spazi non inquinati e non soltanto in senso ambientale; sognano soprattutto di potersi rendere partecipi del loro percorso di vita. In una società a misura d’uomo, adulti e giovani dovrebbero essere vasi comunicanti. Purtroppo non è così. I nostri ragazzi chiedono a noi adulti, istituzioni e Chiesa compresa, un dialogo più diretto e partecipato ed una riflessione seria sul loro avvenire. Di questo, tutti dobbiamo maggiormente preoccuparci. Mi scriveva, qualche tempo, un diciottenne di un istituto tecnico della zona del Lago: “voi adulti considerate i nostri problemi soltanto in termini di disagio e vi riferite spesso a visioni preconcette del mondo giovanile; ma esso di fatto è molto più ricco di potenzialità e di speranze di quanto voi pensiate… Noi siamo una risorsa”! Ne sono profondamente convinto: i nostri giovani rappresentano una grande risorsa e un potenziale di speranza, per la società e la Chiesa di domani. Queste poche righe mi hanno fatto profondamente riflettere. Proprio San Costanzo, vescovo e martire, ci viene incontro con la sua luminosa testimonianza. L’intrepido pastore ha saputo portare il lieto annunzio della salvezza ai poveri, ha fasciato le pieghe dei cuori spezzati; ha infranto le catene dei prigionieri e ha avuto parole di incoraggiamento e di consolazione evangelica per i piccoli, i tribolati, gli “scarti” della società, come direbbe Papa Francesco. Le parole di Gesù, che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo di Giovanni, si sono di fatto incarnate nella sua vita: “Io vi ho scelto e costituiti perché andiate portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. E cosa dice il santo patrono ai giovani? “Non abbiate paura di dichiarare, nei venti incrociati della cultura dell’indifferenza, le vostre convinzioni. Fateci dono del vostro entusiasmo e della vostra gioia di essere cristiani. Com’è bello avere Gesù amico che vi sa dare le cose essenziali della vita”. E cosa dice ai genitori: “Non abbiate paura della vostra vocazione e missione, in un tempo di sfide scoraggianti, la famiglia rimane il luogo della presenza del Signore e la vita dei figli è un dono che Dio vi affida e accompagna sempre”. Sempre, anche nelle sfide delle fatiche educative, perché la famiglia è il fondamento e il centro del tessuto sociale, il punto di riferimento, il luogo dove ricevere e dare calore. Una realtà insostituibile! Fratelli carissimi, in nome di san Costanzo, di cui seppure in maniera indegna sono umile successore, auguro alla nostra Chiesa perusino-pievese, che il giubileo della misericordia, che abbiamo appena iniziato, sia un tempo di salutare conversione che da una parte tocchi la coscienza e la buona volontà di tutti; e dall’altra spinga l’intera comunità ad una solidarietà sempre più condivisa, rendendola capace di farsi carico dei problemi di chi è alle prese con la fatica del vivere quotidiano. Mai sperimenterà la misericordia di Dio chi non accetta di essere misericordioso con il suo prossimo. Accogliamo perciò con decisione l’invito pressante che ci viene da Papa Francesco: “Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita: ve lo chiedo nel nome di Dio!”. Solo dal profondo rinnovamento personale, potremo sperare un rinnovamento della Chiesa e della società! Chiediamo a San Costanzo il dono di una sapienza profetica, perché tutti: vescovi, sacerdoti, genitori, scuola, istituzioni, sappiamo accogliere con amore e intelligente creatività, ciascuno nel proprio ambito, quelli che sono i frutti più preziosi della nostra società: i ragazzi e i giovani, “pietre vive” della Chiesa di domani. Impegniamoci tutti affinché questa Chiesa sappia ancora dare testimonianza al mondo della bellezza della vita cristiana e del messaggio di amore e di pace portato dal Signore Gesù. Una Chiesa aperta al mondo, non rinchiusa in se stessa, rinnovata dal soffio dello Spirito e capace di esser ancora madre e compagna di viaggio dell’umanità intera. Gesù è il Signore del tempo, in lui tutto vive e trova senso e compimento, è a lui, per intercessione del Santo Patrono, che chiediamo di saper essere autentici testimoni perché le giovani generazioni sappiano trasmettere ancora, nella gioia della carità, la luce della fede. Amen!]]>
San Francesco è la Chiesa Giubilare https://www.lavoce.it/san-francesco-e-la-chiesa-giubilare/ Sat, 05 Dec 2015 08:48:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44568 La chiesa di San Francesco
La chiesa di San Francesco

La diocesi eugubina si prepara a vivere con solennità e partecipazione l’inizio dell’Anno giubilare della Misericordia indetto da Papa Francesco. Lo ricorda a tutti il vescovo mons. Mario Ceccobelli che nell’introduzione a Camminiamo, il periodico di collegamento diocesano, così scrive: “L’8 dicembre sarà aperta la porta santa nella Basilica vaticana e quindi domenica 13 in tutte le diocesi.

È la grande novità di questo Giubileo straordinario: non solo Roma sarà meta di pellegrinaggio, ma anche ogni diocesi del mondo. Dò dunque appuntamento a tutti i fedeli della diocesi alle ore 16.30 nella chiesa di San Giovanni, per poi recarci processionalmente alla chiesa di San Francesco [scelta come chiesa giubilare diocesana, ndr] per attraversare la porta santa della Misericordia [quella che si apre dalla parte dei giardini pubblici, ndr].

Questo gesto che domenica faremo tutti insieme potrà essere ripetuto durante il corso dell’anno sia dalle comunità parrocchiali sia dai singoli. Varcare la porta santa non è tanto un gesto fisico, ma profondamente spirituale. Richiede un serio cammino di fede che più saprà coinvolgere la persona nel profondo più sarà fruttuoso e gratificante. Vivremo con frutto spirituale il Giubileo se, oltrepassando la porta santa, sapremo incontrare Gesù Cristo che è il volto della misericordia del Padre”.

Per aiutare a entrare nella spiritualità del Giubileo e cogliere la straordinaria occasione a disposizione, nel chiostro piccolo del convento di San Francesco, detto “della pace”, saranno installati dei pannelli e proiettato un video realizzato per l’occasione. Inoltre un gruppo di volontari, che si sta preparando da tempo, curerà l’accoglienza dei pellegrini aiutandoli a vivere questa esperienza spirituale.

“Per prepararci all’apertura della porta santa – ricorda ancora Ceccobelli – sono in programma due incontri, giovedì 10 e venerdì 11 dicembre, alle ore 21 nel salone di San Filippo in via Cairoli. Il biblista padre Giulio Michelini ci parlerà della misericordia nella Bibbia e suor Roberta Vinerba della misericordia in Papa Francesco: entrambi i relatori sono docenti presso l’Istituto teologico di Assisi”.

Questo, in dettaglio, il programma di domenica 13 dicembre: ore 16.30 chiesa di San Giovanni, inizio della celebrazione con la memoria del battesimo; al termine, processione attraverso piazza San Giovanni – via della Repubblica – piazza 40 Martiri fino alla porta santa della chiesa di San Francesco.

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Alla diocesi di ieri e di oggi https://www.lavoce.it/alla-diocesi-di-ieri-e-di-oggi/ Fri, 09 Oct 2015 10:35:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43725 L’interno delle cattedrale di Gubbio
L’interno delle cattedrale di Gubbio

Oltre alle iniziative per vivere e cogliere le opportunità che mette a disposizione il Giubileo straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco, uno degli avvenimenti più importanti inseriti nel calendario pastorale 2016 è il XVI centenario della lettera decretale di Papa Innocenzo I al vescovo di Gubbio Decenzio, datata 16 marzo 416. Scritta dal Pontefice in risposta ad alcuni chiarimenti sollecitati dal presule in ordine a tematiche riguardanti in particolare i sacramenti e la loro amministrazione, ha finito per assumere assoluto rilievo liturgico ed ecclesiale, ben oltre i confini della diocesi eugubina.

Anche dal punto di vista della storia della Chiesa, attesta che la diocesi di Gubbio ha origini antichissime. Per questi motivi, il vescovo Mario Ceccobelli ha deciso di celebrarne i 1.600 anni per riscoprire le proprie radici e tornare a tessere le vicende di una realtà che dal tempo antico fino al presente vuole e deve proiettarsi verso il futuro. La decretale è testimonianza delle difficoltà, dei problemi, dei conflitti che agitavano la Chiesa di allora e angustiavano chi ne era alla guida ma, al tempo stesso, è anche testimonianza di una volontà di soluzione nell’unità e nella concordia. L’occasione della lettera e la richiesta di Decenzio, unitamente alla risposta di Innocenzo, si fanno attuali e diventano esortazione ad affrontare le sfide che il presente e soprattutto il futuro pongono davanti alle Chiese particolari e alla Chiesa universale nel contesto sociale in cui si realizzano e operano. È la ragione prima per cui la celebrazione di questo anniversario è stata pensata secondo un registro non solo ecclesiale ma anche laico, per aiutare le diverse comunità cristiane a recuperare le proprie radici e approfondire il valore dei sacramenti e il significato della prassi liturgica.

Articolato e affascinante il programma, illustrato in conferenza stampa dal Vescovo e da don Matteo Monfrinotti, responsabile del comitato organizzatore: convegno internazionale (18 marzo 2016 – pontificio ateneo Sant’Anselmo, Roma), tavola rotonda (Biblioteca comunale Gubbio, 19 marzo 2016), Mostra (“416-2016. Roma Gubbio. Una lettera di 1600 anni”, Santa Maria dei Laici, 28 marzo – 9 settembre 2016). In calendario anche progetti didattici e un concorso per premi di studio destinati alle scuole di ogni ordine e grado.

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Appello a favore della famiglia https://www.lavoce.it/appello-a-favore-della-famiglia/ Thu, 01 Oct 2015 08:58:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43565 Un momento della celebrazione durante la Festa della famiglia a Gubbio
Un momento della celebrazione durante la Festa della famiglia a Gubbio

Un pressante appello alle istituzioni e al mondo dell’economia per sostenere la famiglia e il ruolo fondamentale che svolge all’interno della società. Un caldo e paterno invito alle famiglie a vivere con consapevolezza e convinzione il proprio ruolo “lasciandosi illuminare dalla Parola di Dio”. È stato questo il filo conduttore dell’omelia pronunciata dal vescovo Mario Ceccobelli nella solenne celebrazione religiosa che in Piazza grande, domenica 27 settembre, ha concluso la prima Festa diocesana della famiglia sviluppata intorno al tema “Famiglia, cantiere di speranza”.

Con il presule hanno concelebrato l’emerito Pietro Bottaccioli e alcuni sacerdoti e diaconi della diocesi. Erano centinaia le famiglie che hanno partecipato all’iniziativa organizzata dall’ufficio di Pastorale familiare, animando per l’intera giornata le vie e le piazze del centro storico e approfittando dell’occasione per riflettere e pregare insieme, scambiarsi esperienze e consigli, confidarsi problemi e difficoltà.

Una giornata importante, che ha trovato nell’omelia di Ceccobelli richiami importanti. Ha iniziato ricordando che “la famiglia è lo spazio vitale dove i figli apprendono tutto: il linguaggio, i gesti, le relazioni umane, i sentimenti e anche la fede”, con i genitori “punti di riferimento e i modelli a cui si ispirano i figli”. Sostenerla “è compito anche, ma direi soprattutto, delle autorità civili che hanno a cuore il bene della società”. Di qui l’appello al “mondo della politica e dell’economia” di “mettere al centro della sua attività questa cellula che sta a fondamento della società. Oggi sono necessarie e urgenti leggi che sostengano le famiglie nell’educazione dei figli, che predispongano strutture e provvedimenti capaci di aiutare i coniugi a credere nella vita e a donarla perché la nostra società abbia un futuro”.

Ampio spazio è stato dedicato ai genitori, raccomandando loro di aver fiducia “sul vigoroso aiuto che viene dallo Signore” ricevuto con il sacramento del matrimonio. Cecobelli ha così concluso: “Care famiglie, coraggio, non abbiate paura ad andare controcorrente: i vostri figli, la loro crescita, la loro educazione e la loro felicità sono più importanti di ogni altra cosa. Lasciatevi illuminare dalla Parola di Dio e in compagnia di Maria, la Madre che Gesù morente ci ha consegnato, siate impegnati nel costruire la vostra famiglia sulla roccia che è Gesù, il Signore della vita”.

 

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Al via la prima Festa della famiglia https://www.lavoce.it/al-via-la-prima-festa-della-famiglia/ Wed, 23 Sep 2015 13:10:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43412 famiglia-nonni-anziani“L’ultima domenica del mese avrà luogo la prima Festa diocesana della famiglia. Mi auguro che il lavoro prezioso, zelante e intelligente dell’ufficio della Pastorale familiare abbia successo e che la nostra città sia invasa da tutte le famiglie della diocesi per vivere una giornata di festa e per gioire dei doni del Signore che fanno bella la famiglia”.

Così il vescovo Ceccobelli ha annunciato e “raccomandato” la prima festa dedicata alla famiglia nella nostra diocesi; si terrà domenica 27 settembre a Gubbio. Significativo ed efficace il titolo scelto per un’iniziativa davvero importante: “La famiglia, cantiere di speranza”. La famiglia viene così rappresentata, opportunamente, come un cantiere per la realizzazione di un’opera sempre aperta alla relazione a all’accoglienza della vita.

È stata fortemente voluta dal Vescovo, che ha stimolato le realtà diocesane e parrocchiali a rendere un omaggio e una gioiosa testimonianza di questo nucleo fondamentale per la società e per la Chiesa. La festa si propone l’obiettivo di coinvolgere le famiglie dei Comuni della diocesi (Gubbio, Umbertide, Cantiano, Scheggia e Costacciaro) in una giornata da trascorrere in allegria, con la partecipazione attiva di tutti i soggetti che compongono il nucleo familiare: nonni, genitori e figli attraverso giochi, balli, preghiera e storie per raccontarne la bellezza, l’accoglienza, le difficoltà, le speranze.

La famiglia è la prima “palestra di vita” che accomuna tutta l’umanità e che il Padre ha scelto quale luogo privilegiato per la incarnazione del suo Figlio.

La manifestazione inizierà al mattino alle 9.30 partendo da piazza San Giovanni in cui si farà l’accoglienza e le iscrizioni. A seguire un momento di preghiera (ore 10) e quindi (nelle fasce 10.30-12.45 e 14.30-16.30) giochi organizzati insieme ai figli, spettacoli di burattini, artisti di strada e giochi da tavolo lungo le vie del centro storico da via Cavour a piazza Bosone, all’astenotrofio “Mosca”.

Ci saranno anche spazi da dedicare alla riflessione, confessioni e adorazione per tutta la giornata a partire dalle 10.30 nella chiesa della Misericordia in via Baldassini. Il pranzo si svolgerà sotto gli arconi del palazzo dei Consoli alle ore 13, il ballo dalle 14.30 in piazza San Pietro. La festa si concluderà con la celebrazione eucaristica in Piazza grande (in caso di maltempo nella chiesa di San Francesco), presieduta dal vescovo Mario Ceccobelli.

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La Misericordia ci fa “uscire” https://www.lavoce.it/la-misericordia-ci-fa-uscire/ Wed, 16 Sep 2015 14:14:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43297 I partecipanti all’Assemblea diocesana
I partecipanti all’Assemblea diocesana

Uscire per annunciare la Misericordia di Dio è il titolo della lettera pastorale 2015-16 (in fase di distribuzione) nella quale il vescovo Mario Ceccobelli sintetizza le linee guida per la Chiesa diocesana.

Nell’introduzione, l’elenco degli eventi più importanti del 2016: Anno santo della Misericordia, Convegno di Firenze, i 1.600 anni della lettera di Papa Innocenzo I al vescovo di Gubbio, Decenzio (19 marzo 416), la Settimana liturgica nazionale.

La lettera entra subito nel vivo con alcuni spunti per vivere al meglio l’anno pastorale, sintetizzati in due termini: uscire e misericordia.

Per illustrare il primo si utilizzano le parole di Papa Francesco: “Uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”. “Ciascuno di noi – osserva Ceccobelli – è chiamato a uscire dai suoi rifugi, dalle sue posizioni pregiudiziali, dai suoi convincimenti, dalle forme legate alle devozioni tradizionali” per “raggiungere l’uomo moderno, sovente prigioniero della cultura dell’effimero”, attraverso “la via del cuore e dei sentimenti”, ma soprattutto “con la testimonianza della vita”.

Un percorso che deve coinvolgere quanti svolgono compiti educativi, comprese le comunità parrocchiali. A tale proposito c’è un fermo richiamo al ruolo della parrocchia, che “deve porsi in un atteggiamento nuovo” non solo “nel rispondere alle richieste dei parrocchiani nel fornire i servizi”, ma cercando di “coinvolgere i fedeli nel cammino di fede della comunità avvalendosi del sostegno dei collaboratori pastorali”.

Seguono le riflessioni, con l’ausilio dei testi sacri, sulla misericordia di Dio, ricordando “una per tutte, la bellissima parabola del figlio prodigo, che piuttosto dovrebbe essere chiamata parabola del padre misericordioso”. “Non chiudiamoci in noi stessi – la raccomandazione del Vescovo -, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui”.

Il verbo uscire è legato al sostantivo misericordia, prosegue il presule, ricordando che “l’uscita da noi stessi, dalle nostre strutture per incontrare il mondo ha un unico scopo, quello di annunciare con la vita che il Dio di Gesù Cristo è il Dio delle misericordie”.

Nell’ultima parte, indicazioni “utili per vivere sempre più la nostra identità di Chiesa che esce per annunciare la misericordia di Dio”, soffermandosi su una tradizione popolare ancora radicata: la Benedizione delle famiglie nel tempo quaresimale. “Mai e poi mai un parroco può rinunciare a questa forma di uscita”: sarebbe “come tagliare un cordone ombelicale che lega ancora tanta gente alla Chiesa”.

A proposito del suggerimento dell’Assemblea diocesana di recuperare la pratica dei Centri d’ascolto, si ritiene opportuno, per ora, “curare con una adeguata preparazione quei momenti aggregativi già presenti nelle nostre parrocchie” quali le novene, il mese di maggio, il rosario nella casa del defunto, i tridui celebrati nelle comunità parrocchiali. C’è anche una esortazione a “incentivare la pratica della lectio divina”, l’impegno a costituire “una équipe itinerante” per aiutare a scoprire sempre più tale pratica, la sollecitazione a “un impegno sociale, che a volte sembra essere un po’ debole nella nostra vita ecclesiale”.

Infine la raccomandazione di una forte attenzione “ai poveri e alle situazioni di grave disagio che alcune famiglie vivono”, e a quella “nuova forma di povertà, dilagante in particolare tra le giovani generazioni: la mancanza di lavoro”. Se necessario, “a ogni liturgia domenicale un incaricato della Caritas faccia un appello per il sostegno ai poveri della comunità”.

 

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Sarà un’esperienza di Chiesa https://www.lavoce.it/gubbio-sara-sede-della-settimana-liturgica-nazionale-2016/ Wed, 09 Sep 2015 12:20:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43120 Una celebrazione nella cattedrale di Gubbio
Una celebrazione nella cattedrale di Gubbio

Qualche indiscrezione era emersa nelle settimane passate, ma la notizia ufficiale è giunta solo domenica 30 agosto, quando mons. Alceste Catella, presidente del Centro di azione liturgica (Cal), concludendo la 66a Settimana liturgica nazionale a Bari, ha annunciato che la città di Gubbio era stata scelta quale sede della 67a Settimana.

Mons. Mario Ceccobelli a nome della diocesi aveva presentato la candidatura anche come occasione per sottolineare l’importante centenario che si vivrà nel 2016: i 1600 anni della promulgazione della lettera che papa Innocenzo inviò al vescovo di Gubbio Decenzio il 19 marzo 416. Ad appena un secolo dall’Editto di Costantino (313), la Chiesa eugubina in un documento ufficiale – come ricorda il direttore dell’ufficio Beni culturali Paolo Salciarini – viene riconosciuta completa nella sua organizzazione fondamentale: cattedrale ed episcopio, clero e giovani che si preparano all’Ordine sacro, parrocchie e chiese anche in campagna.

“Cerca – raccomandava il Papa – di dirigere bene la tua Chiesa e di istruire convenientemente i nostri chierici, che sotto la tua guida e nella tua stessa dimora si esercitano nell’apprendimento dei divini offici”.

Una lettera rilevante, dal momento che le indicazioni fornite da Innocenzo a Decenzio furono poi accolte dalla Chiesa universale. La 67a Settimana si terrà nell’ultima settimana di agosto 2016, ma la macchina organizzativa si è già attivata sotto la guida di don Matteo Monfrinotti, il quale, presentando l’evento alla riunione plenaria degli uffici di Curia convocata dal Vescovo lo scorso 31 agosto, ha sottolineato: “Questo appuntamento, offerto ogni anno dal Centro di azione liturgica, prima ancora che un’occasione di formazione e di spiritualità, è un’esperienza di Chiesa. I lavori della Settimana, infatti, vedranno riuniti un considerevole numero di laici, operatori pastorali, rappresentanti delle diocesi e degli istituti religiosi di tutt’Italia, con la partecipazione di personalità di spicco nel campo degli studi liturgici e teologici”.

Il tema e le date della 67a Settimana verranno comunicati nelle prossime settimane, non appena il Comitato preparatorio per le celebrazioni del 16° centenario e il Cal avranno stabilito il programma dell’iniziativa. Mons. Ceccobelli appena ricevuto la notizia – in diretta, visto che don Matteo si trovava a Bari insieme agli oltre mille partecipanti – ha provveduto a scrivere a mons. Catella per manifestare tutta la sua gratitudine al Cal per aver scelto la diocesi a lui affidata.

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Come il lupo, sulla via della riconciliazione https://www.lavoce.it/come-il-lupo-sulla-via-della-riconciliazione/ Thu, 03 Sep 2015 11:22:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43035 Il gruppo dei partecipanti durante i saluti prima della partenza della marcia Assisi-Gubbio
Il gruppo dei partecipanti durante i saluti prima della partenza della marcia Assisi-Gubbio

Sono arrivati numerosi da tutta Italia i pellegrini che hanno partecipato nei giorni scorsi alla settima edizione del “Sentiero di Francesco” in cammino da Assisi a Gubbio, a ricordo di quello compiuto dal Santo nell’inverno tra il 1206 e il 1207 dopo aver lasciato la casa paterna e le sue ricchezze.

Il primo giorno i partecipanti sono stati accolti in episcopio dal vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino, che ha richiamato l’importanza della custodia del creato all’interno del messaggio cristiano, sulla scia dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco.

Mons. Sorrentino ha poi presentato il suo ultimo scritto dedicato proprio a questi temi. Dopo una breve sosta sulla tomba del Poverello, i pellegrini sono usciti dalla città per arrivare in serata a Valfabbrica, dove sono stati ospitati per cena nella cornice della “Festa d’autunno”.

Il secondo giorno il cammino si è snodato da Valfabbrica, passando per Biscina fino ad arrivare all’eremo di San Pietro in Vigneto dove – momento centrale di tutto il cammino – i pellegrini hanno potuto confessarsi con l’aiuto di numerosi sacerdoti. Il tema del “Sentiero” di quest’anno era infatti quello della riconciliazione con Dio.

Il terzo giorno è stata confermata la collaborazione con l’iniziativa “Gubbio Città del ben…essere”, legata ai temi della salute e della corretta alimentazione, arrivata alla 29a edizione. All’abbazia di Vallingegno – con il coordinamento di Guido Monacelli, nutrizionista e promotore dell’evento – si è parlato di fame e povertà estrema, la lotta alle quali è il primo “Obiettivo del millennio” lanciato dall’Onu.

Ai pellegrini francescani, si è dunque aggregata la “Marcia della pace alimentare” che ha percorso l’ultimo tratto del Sentiero arrivando nel pomeriggio presso la chiesa della Vittorina dove – secondo la tradizione – avvenne l’incontro tra san Francesco e il lupo.

I pellegrini hanno partecipato poi alla messa nella chiesa di San Francesco, celebrata dal vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, che è il primo promotore del Sentiero, e che anche quest’anno ha camminato per tutt’e tre giorni insieme ai partecipanti.

Nella serata conclusiva è stato consegnato anche il premio “Lupo di Gubbio per la riconciliazione” a Roberto Giannoni per aver ritrovato Dio e riscoperto la fede durante una lunga e ingiusta detenzione carceraria, che ha provato molto duramente lui e la sua famiglia. Un “calvario” che l’ex bancario toscano ha affrontato e superato grazie anche all’incontro con don Danilo Cubattoli, decano dei cappellani delle carceri d’Italia, scomparso nel 2006, e soprannominato “don Cuba” da amici e compagni di seminario come Lorenzo Milani, Silvano Piovanelli, Ernesto Balducci.

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L’in-Canto delle creature https://www.lavoce.it/lin-canto-delle-creature/ Wed, 02 Sep 2015 14:32:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42958 Il vescovo Ceccobelli (in primo piano con il cappellino) ed altri partecipanti in partenza per la marcia Assisi-Gubbio
Il vescovo Ceccobelli (in primo piano con il cappellino) ed altri partecipanti in partenza per la marcia Assisi-Gubbio

Il nuovo corso ecologista inaugurato da Papa Francesco piace e ispira una nutrita serie di iniziative. Si è iniziato martedì scorso, 1° settembre, con la partenza da Assisi della marcia “Il sentiero di Francesco”, organizzata dalla diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino in collaborazione con quella di Gubbio.

Prima tappa dei pellegrini in cammino è stata l’abbazia di Santa Maria Assunta a Valfabbrica, dove, dopo i vespri pomeridiani, il vescovo mons. Domenico Sorrentino ha presentato ufficialmente al pubblico Laudato si’.

Dal Cantico di frate sole all’enciclica di Papa Francesco, la sua ultima fatica editoriale, nella quale sostiene la tesi che il problema della custodia del creato non potrà avere una soluzione efficace senza la “dimensione spirituale” del problema, che è appunto la chiave di lettura cristiana offerta dall’enciclica.

La marcia, quindi, guidata dal vescovo eugubino mons. Mario Ceccobelli, si è avvicinata pian piano a Gubbio, dove si è conclusa ieri, giovedì 3 settembre. Ma già oggi pomeriggio, 4 settembre, è prevista una nuova iniziativa, anch’essa legata direttamente al testo di Papa Bergoglio.

Alle ore 17.30, presso il santuario della Madonna della Ghea a Purello (Fossato di Vico), il circolo Acli “Ora et labora” di Fossato di Vico organizza una tavola rotonda sulla Laudato si’, che vedrà confrontarsi sulle tematiche ambientali diversi esperti del settore. Dopo l’apertura da parte di Monia Ferracchiato, sindaco di Fossato di Vico, relazioneranno Stefania Proietti, docente dell’Università “Guglielmo Marconi” di Roma, vice presidente della Fondazione “Sorella Natura” e componente del Gruppo custodia del creato della Cei; Giancarlo Pellegrini, docente di Storia moderna presso l’Università di Perugia; Sante Pirrami, presidente del circolo “Ora et labora” e vice presidente provinciale delle Acli; don Raniero Menghini, responsabile diocesano della Pastorale sociale del lavoro e della salvaguardia del creato e, infine, Antonio Pieretti, docente di Filosofia dell’Università di Perugia.

Nemmeno un giorno di pausa e già il 5 settembre, alle ore 16, stavolta a Gualdo Tadino presso la sala della Città della Rocca Flea, avrà luogo un altro convegno organizzato dal Cai e dall’Accademia dei Romiti, sempre sull’enciclica Laudato si’, che vedrà come relatore e come moderatore ancora il prof. Pieretti. Saranno previsti anche interventi del prof. Marco Geri, docente universitario e istruttore nazionale di alpinismo del Cai, e del prof. Marco Moschini, docente universitario e responsabile regionale dell’Agesci.

 

La giornata

Fioccano le iniziative, nella nostra diocesi, in occasione della Giornata per la custodia del creato. Quest’anno, poi, Papa Francesco ha creato un positivo dibattito attorno alle questioni legate all’inquinamento e all’uso delle risorse del pianeta grazie alla sua enciclica Laudato si’. Ben tre iniziative in meno di cinque giorni: la prima, dal 1° al 3 settembre, tra Assisi e Gubbio, con la marcia “Il sentiero di Francesco”; la seconda a Fossato di Vico con un convegno sulla Laudato si’ il 4 settembre e la terza, con un altro convegno sulla Laudato si’, stavolta a Gualdo Tadino.

 

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Cercansi volontari per il Giubileo https://www.lavoce.it/cercansi-volontari-per-il-giubileo/ Wed, 02 Sep 2015 14:24:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42954 La porta laterale (che si affaccia su piazza Quaranta Martiri) della chiesa di San Francesco a Gubbio
La porta laterale (che si affaccia su piazza Quaranta Martiri) della chiesa di San Francesco a Gubbio

Anche la diocesi eugubina si prepara a celebrare con solennità il Giubileo della Misericordia indetto a Papa Francesco: l’evento avrà il suo riferimento nella chiesa di San Francesco e prenderà il via il 13 dicembre.

Lo straordinario avvenimento ha ispirato una lettera del vescovo Mario Ceccobelli che indica alcune delle tappe più significative e chiama alla mobilitazione i “volontari del Giubileo”.

Così scrive: “Fin da ora convoco tutto il popolo di Dio che è nella diocesi di Gubbio per il pomeriggio di domenica 13 dicembre, quando con un solenne rito apriremo la porta laterale [che si affaccia su piazza Quaranta Martiri] di San Francesco, chiesa che dopo ampia consultazione, è stata scelta quale chiesa giubilare”.

Dopo aver ricordato che “il Papa desidera che questo Giubileo straordinario sia vissuto in ogni diocesi”, così prosegue: “Auguro a tutti i fedeli della diocesi di attraversare la Porta santa con il desiderio di guardare il volto di Gesù e di lasciarsi penetrare dal suo sguardo misericordioso per diventare capaci di donare misericordia ai fratelli, specialmente a quelli che ne hanno maggiore necessità”.

Annuncia quindi che “un gruppo guidato da don Oliviero, parroco di Branca, sta già lavorando all’organizzazione di questo anno straordinario, ma saranno necessari altri volontari per accogliere i pellegrini del Giubileo e aiutarli a percorrere un itinerario all’interno del chiostro piccolo di San Francesco”.

La lettera, quindi, è un appello rivolto a tutti coloro che possono mettere a disposizione dell’Anno santo un po’ del loro tempo: “Penso in modo particolare ai pensionati, che non avendo impegni lavorativi possono dedicarsi a questo prezioso servizio. Penso anche ai gruppi, movimenti e associazioni e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Invito tutti i parroci a far risuonare nelle assemblee liturgiche festive questo mio appello, esortando i fedeli a essere generosi e a non preoccuparsi delle competenze e del tempo che possono avere: anche un’ora alla settimana può essere preziosa!”.

Per essere volontari del Giubileo della Misericordia – spiega – è necessaria solo una cosa: “il desiderio di mettersi al servizio per accogliere con gioia coloro che verranno per fare l’esperienza della misericordia del Signore. A chi risponderà a questa mia chiamata dò appuntamento per giovedì 17 settembre alle ore 21 nella sala Refettorio di San Francesco. Conoscendo la generosità del popolo eugubino, spero che molti risponderanno: li attendo numerosi all’incontro fissato”.

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Diamo più sostegno ai beni culturali! https://www.lavoce.it/diamo-piu-sostegno-ai-beni-culturali/ Thu, 30 Jul 2015 07:54:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41099 Una sala del Museo diocesano di Gubbio
Una sala del Museo diocesano di Gubbio

Il Museo e l’archivio-biblioteca diocesani esprimono il valore e l’importanza del patrimonio ecclesiale nel quadro dello studio, della ricerca e della promozione, ma nello stesso tempo hanno bisogno di aiuti e risorse pubbliche per coltivare prospettive di una sopravvivenza tranquilla, oltre che di crescita e sviluppo.

L’uno e l’altro sono stati citati come casi emblematici dal vescovo della diocesi eugubina mons. Mario Ceccobelli nella relazione che, in qualità di delegato per il settore beni culturali della Conferenza episcopale umbra, ha svolto in occasione del recente incontro di Perugia (complesso di San Pietro), voluto dalla Giunta regionale in vista della elaborazione del programma di legislatura.

Ceccobelli ha documentato non solo il valore, il ruolo e l’importanza del patrimonio storico-artistico-culturale della Chiesa, ma anche le difficoltà che le istituzioni ecclesiastiche per far fronte a quanto richiede in termini di conservazione, godimento e fruibilità. Le diocesi umbre, ha sottolineato il presule, con le loro 500 e più parrocchie, i santuari, la “miriade di chiese, cappelle, oratori e conventi di indubbio valore artistico” custodiscono la gran parte dei beni culturali della regione, ma a stento riescono a tutelarlo e renderlo godibile.

Da qui la proposta di un “accordo quadro di programma, coordinato dalla Regione con l’adesione dello Stato e della Conferenza episcopale umbra” per “mettere insieme le competenze, le risorse economiche, l’individuazione di effettive priorità, da sostanziare in un programma operativo pluriennale”.

In questo contesto e a titolo emblematico ha fatto riferimento alle due realtà eugubine. “Il Museo diocesano – ha osservato Ceccobelli – è unico nel suo genere per la tipologia di patrimonio conservato, e merita di essere valorizzato e tutelato, sostenuto da ogni tipo di istituzione. I finanziamenti annuali alla programmazione, seppur modesti, potrebbero garantire la sopravvivenza di questa ricchissima realtà, che ha anche una imprescindibile funzione pastorale”.

Da parte loro invece “l’Archivio e biblioteca diocesani di Gubbio conservano e aggiornano un patrimonio cartaceo fondamentale per la conoscenza della storia civile ed ecclesiastica non solo locale. Costituisce un supporto alle scolaresche per l’approfondimento di argomenti di ricerca e realizza manifestazioni culturali aperte alla cittadinanza contribuendo all’elevazione culturale e spirituale della comunità. Per il migliore svolgimento delle attività sopraddette necessitano pertanto di un adeguato supporto finanziario”.

 

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Regione. L’impresa della cultura https://www.lavoce.it/marini-il-futuro-imprese-culturali/ Thu, 23 Jul 2015 09:20:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39923 apertura-culturaRiuscirà l’Europa dove non è riuscita la politica? Avete presente le infinite code agli assessorati alla cultura regionale, provinciale e comunale, per chiedere finanziamenti per le più diverse iniziative culturali?

Dalla pubblicazione del libro alla rassegna di danza, dal restauro dell’affresco alla mostra d’arte moderna, dalla manifestazione storica ai concerti di musica varia, ecc ecc.

La coda in effetti negli ultimi anni si è sfoltita per mancanza di soldi, con annunci di “ultima edizione” di manifestazioni “per colpa” dell’ente pubblico di turno che non dà più il contributo.

Questo lo scenario in cui si pone il discorso che la presidente della Regione, Catiuscia Marini, ha tenuto lunedì 20 luglio, in un’affollatissima Aula Magna del complesso monumentale di San Pietro a Perugia, di fronte alle istituzioni e agli operatori della cultura della regione.

Uno degli incontri che sta tenendo con le diverse categorie sulle nuove politiche programmatiche per il quinquennio 2015-2020.

La presidente, insieme alla neo assessore alla cultura, Fernanda Cecchini, ha detto chiaramente che se non fosse per i fondi europei la Regione non avrebbe di che spendere per la cultura, ma per averli l’Europa mette delle condizioni che cambiano alla base il modo di pensare e soprattutto di operare del settore.

Le risorse “verranno meno nei prossimi anni sia per la gestione che per le spese ordinarie di mantenimento dei beni e delle attività culturali” ma, ha aggiunto Marini, “contemporaneamente potremo utilizzare quelle comunitarie previste per la creatività, per l’innovazione, per la formazione, (qualche decina di milioni di euro in 5 anni)”.

“L’Europa ci chiede di individuare i cosiddetti ‘grandi attrattori culturali’ della regione e l’Umbria nel suo insieme siamo convinti sia il più forte attrattore”, ha detto la Presidente evidenziando poi la necessità di “un nuovo modello organizzativo” per poter accedere ai Fondi comunitari, un modello che faccia “perno sulle imprese culturali, soprattutto per la gestione”, imprese che creino lavoro.

L’altra parola chiave, ha aggiunto, è il “fare rete” “per raggiungere dimensioni ed economie di scala significative”. Per la Presidente l’Umbria “è all’avanguardia in

termini di diffusione delle risorse culturali di qualità in tutto il territorio”. In tutto ci sono 120 musei tra pubblici e privati, compresi i 13 della Rete dei musei ecclesiastici dell’Umbria, ben rappresentati alla conferenza dalla vicepresidente Catia Cecchetti e altri consiglieri Meu.

Esistono già forme di rete “ma la situazione vede ancora singole iniziative chiuse nelle loro angustie gestionali e finanziarie”. Ha poi parlato della necessità di una “revisione della legislazione, arrivando ad una Legge quadro regionale in materia di cultura e della sua valorizzazione” visto che tra l’altro è cambiata in questo settore anche la legislazione nazionale.

Il tavolo dei relatori durante l’incontro della conferenza regionale della cultura
Il tavolo dei relatori durante l’incontro della conferenza regionale della cultura

Va fatto inoltre ogni sforzo “per ampliare la partecipazione dei privati e delle Fondazioni “sfruttando la recente legislazione nazionale che promuove tale partecipazione”. Infine nell’anno del Giubileo straordinario – ha sottolineato ancora la Marini – la collaborazione con la Conferenza episcopale umbra e con i referenti del più significativo patrimonio culturale dell’Umbria è fondamentale.

Alla conferenza erano pre

senti Franco Moriconi, rettore dell’Università degli studi di Perugia e presidente della Fondazione per l’Istruzione agraria, Francesco Tei, direttore Dipartimento di Scienze agrarie alimentari ed ambientali Università di Perugia, Luisa Montevecchi, segretario regionale Mibact per l’Umbria, Giorgio Armillei, coordinatore Consulta Cultura Anci Umbria, mons. Mario Ceccobelli, delegato Beni culturali della Ceu.

 

Beni culturali ecclesiastici anima della cultura umbra

Beni ecclesiastici. Per mons. Ceccobelli (Ceu) c’è bisogno di maggiore sinergia tra pubblico e privato. Necessari fondi non solo per la valorizzazione ma anche per la gestione

“Le diocesi umbre con le loro 500 e più parrocchie, e i santuari custodiscono la gran parte dei beni culturali della regione. Alcune chiese monumentali rappresentano esse stesse opere d’arte e richiamano migliaia di visitatori. Ma, al di là, dei grandi centri d’arte, vi è una miriade di chiese, cappelle,

oratori e conventi di indubbio valore artistico. Essi rappresentano la ‘vera anima’ della cultura umbra, che si è formata attraverso i secoli grazie alla fede e alla pietà popolare”. Ha sottolineato così l’importanza del patrimonio culturale delle Chiese umbre, mons. Mario Ceccobelli, intervenuto alla conferenza in rappresentanza della Conferenza episcopale umbra.

Un patrimonio immenso del quale “l’ente pubblico deve farsi carico poiché, anche se non gli appartiene giuridicamente, fa parte integrante dei beni pubblici della nostra terra” ha detto il vescovo ricordando “che le diocesi, le parrocchie e le comunità religiose a stento riescono a tutelare e prima ancora a salvare e rendere fruibili” beni tra i quali ci sono chiese “cariche di opere d’arte” ma chiuse da anni perchè non gli si può garantire adeguata custodia.

Mons. Ceccobelli ha poi ricordato il processo di inventariazione dei beni culturali ecclesiastici portato avanti grazie al contributo dell’otto per mille e della realtà della Rete museale ecclesiastica umbra, che comprende 13 musei. Ricordando la collaborazione e sinergia tra Rete museale e Regione mons. Ceccobelli ha chiesto “tavoli di lavoro periodici con l’assessorato e gli uffici competenti regionali” per poter formulare “progetti e iniziative in grado di consolidare e potenziare lo straordinario patrimonio culturale umbro”.

In questa direzione va anche la necessità di trovare, ha aggiunto, “la possibilità di finanziamenti non solo destinati alla valorizzazione ma anche alla gestione dei musei ecclesiastici”, indicando tra le necessità quella di “modificare le normative che impediscono alle diocesi dell’Umbria l’accesso ai finanziamenti europei”.

Di fronte alle tante emergenze evidenziatesi a seguito dei recenti censimenti sul patrimonio architettonico, storico artistico, archivistico e bibliografico attuato dalla diocesi umbre, difficili da gestire per mancanza di risorse pubbliche, Ceccobelli ha infine auspicato la “stipula di un Accordo di Programma Quadro coordinato dalla Regione con l’adesione dello Stato e della Conferenza episcopale umbra, rivolto a mettere insieme le competenze, le risorse economiche, l’individuazione di effettive priorità, da sostanziare in un programma operativo pluriennale che potrebbe essere un tentativo di soluzione di un problema che riguarda tutti”.

 

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La potenza della musica sacra https://www.lavoce.it/la-potenza-della-musica-sacra/ Tue, 21 Jul 2015 14:21:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39735 Il progetto del nuovo organo
Il progetto del nuovo organo

La basilica di Sant’Ubaldo si arricchisce di un nuovo organo, degno davvero dell’importanza del luogo. L’inaugurazione avrà luogo giovedì 30 luglio alle ore 21.30, con Leonardo Ciampa e i Cantores beati Ubaldi.

È la conclusione di un percorso faticoso ma gratificante per cui meritano gratitudine la generosità degli eugubini, il vescovo Mario Ceccobelli per la tenacia con la quale ha sostenuto il progetto, e l’infaticabile rettore mons. Fausto Panfili.

Il quale in due anni, grazie anche alla generosa collaborazione della Fondazione Cassa di risparmio di Perugia, ha accresciuto lo splendore di basilica e convento con iniziative eccellenti come il recupero di alcuni locali a piano terra e la sistemazione dello spazio esterno, trasformato in un vero e proprio “teatro di pace” a beneficio di pellegrini, cittadini e visitatori.

Il nuovo organo va proprio nella direzione di rendere il luogo sempre più accogliente in tutte le sue espressioni. Il 30 luglio il nuovo organo, costruito nel 1956 da Emanuel Kemper, farà sentire la sua voce possente e coinvolgente con un concerto di Leonardo Ciampa e la partecipazione della cappella musicale Cantores beati Ubaldi diretta dal m° Renzo Menichetti.

La presenza di Ciampa, compositore, pianista e organista di origini italiane, ma cittadino americano residente a Boston, costituisce un evento nell’evento: è considerato uno dei più grandi musicisti viventi.

L’organo è a due tastiere e pedaliera, ha una dotazione fonica di 17 registri e circa mille canne. I lavori di restauro e ampliamento sono stati eseguiti dagli organari Silvano Roverato di Padova ed Eugenio Becchetti di Perugia, coadiuvati dalla preziosa collaborazione di Sandro Bazzucchi.

Un ringraziamento all’architetto Milena Bazzucchi e alle maestranze della ditta Colabeton, Francesco Bolognini e Roberto Rossi, per la realizzazione della struttura portante in ferro. La pregevole cassa lignea dello strumento è stata progettata – ed è in corso di realizzazione – dalla ditta Minelli, restauratori in Gubbio dal 1939.

Il nuovo organo è stato collocato nella seconda navata, sotto la vetrata raffigurante la Discordia tra gli uomini : l’auspicio è che una nuova armonia possa rendere ancora più bella la partecipazione dei fedeli ai riti in basilica. Sono ancora aperte le sottoscrizioni per l’“acquisto” dell’organo sotto forma di sottoscrizione per una canna, con l’offerta di 30 euro.

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Grotte, luoghi in cui si manifesta Dio https://www.lavoce.it/grotte-luoghi-in-cui-si-manifesta-dio/ Wed, 15 Jul 2015 10:34:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=38973 Il card. Gualtiero Bassetti, il vescovo Mario Ceccobelli e don Mirko Orsini
Il card. Gualtiero Bassetti, il vescovo Mario Ceccobelli e don Mirko Orsini

Nella sala “Cattedrale” delle celebri grotte del monte Cucco, “costruita da un ‘soffio’ che ha scavato queste pareti splendide con questo gotico naturale” (mons. Ceccobelli), per il sesto anno consecutivo è stata celebrata la festa di san Benedetto da Norcia, dal 1968 patrono degli speleologi.

La messa è stata officiata dal card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, dal vescovo di Gubbio Mario Ceccobelli, da don Mirko Orsini, presenti sindaci e amministratori della zona, guide speleologiche ed escursionisti.

“La natura – ha detto Bassetti nell’omelia -, con la sua straordinaria forza e le sue bellezze, ci rimanda sempre a qualcosa di più grande di noi, a qualcosa di immenso e di misterioso che sa dar vita e senso a tutte le cose”.

“Papa Francesco – ha aggiunto – comincia l’enciclica Laudato si’ proprio con l’Umbria e con il Cantico delle creature, e sono sicuro che quando la firmava pensava veramente ad Assisi, a Francesco e a noi. Il Santo Padre ci dice che la contemplazione del creato ci permette di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare, perché per il credente contemplare il creato è anche ascoltare un messaggio, udire una voce paradossale e silenziosa”.

“Accanto alla Rivelazione propriamente detta – ha proseguito – contenuta nelle sacre Scritture, c’è quindi una manifestazione divina nello sfolgorare del sole e nel calare della notte, nella impressionante grandezza dei monti, dei dirupi, delle caverne e dei fiumi scroscianti. Confrontandosi con queste realtà, tante cose si ridimensionano nella nostra vita, perché queste sono più grandi di noi”.

“La liturgia in questa grotta – ha sottolineato ancora – non è dunque un fatto bizzarro. La storia ci ricorda che molti profeti e santi fecero l’esperimento del sacro proprio in grotta: san Francesco a La Verna, Mosè e il profeta Elia. Anche la più importante manifestazione di Dio che la storia ricordi è avvenuta proprio in una grotta: le viscere della terra videro per prime il Creatore e il Salvatore del mondo, e questo è un fatto commovente”.

“Il nostro confluire in questa grotta immensa del monte Cucco – ha concluso Bassetti – trova oggi la sua ragione nel ricordo di uno dei più grandi santi che la storia cristiana ricordi, Benedetto da Norcia, orgoglio e vanto della nostra terra umbra. Affascinato anch’egli dalla ricerca di Assoluto, abbandonò la normale vita quotidiana per dedicarsi solo alla lode di Dio, e lo fece inizialmente rifugiandosi nella solitudine di una grotta, sopra Subiaco”.

 

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Tarquinio ai delegati umbri a Firenze: le tre “i” che minacciano l’uomo e la società https://www.lavoce.it/tarquinio-ai-delegati-umbri-a-firenze-le-tre-i-che-minacciano-luomo-e-la-societa/ Fri, 03 Jul 2015 11:10:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=37329 collevalenza-incontro-cancianIl santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza di Todi ha ospitato l’ultimo incontro preparatorio dei delegati delle otto Diocesi umbre al Convegno ecclesiale nazionale “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, in programma a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.

Ad aprire l’incontro, presieduto da mons. Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello e delegato della Conferenza episcopale umbra (Ceu) al Convegno di Firenze, è stato padre Giulio Michelini membro del Comitato preparatorio del Convegno stesso, che ha illustrato i vari ambiti di lavoro ai quali saranno chiamati a dare anche il loro contributo i rappresentanti delle Diocesi umbre.

Al Convegno hanno partecipato anche i vescovi di Orvieto-Todi, mons. Benedetto Tuzia, e di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli.

Mons. Cancian ha aggiornato i presenti sul Convegno, che vedrà una giornata, il 10 novembre, segnata dalla presenza di papa Francesco che al mattino incontrerà i delegati e nel pomeriggio celebrerà la Messa. Nei giorni successivi i delegati lavoreranno in piccoli gruppi sui temi che verranno introdotti dal teologo Giuseppe Lorizio e dal sociologo Mauro Magatti.

Tutti, ha aggiunto padre Michelini, potranno partecipare al convegno, anche se non delegati, grazie alla trasmissione in streaming e alla partecipazione attraverso i social network come Twitter e Facebook.

Momento centrale dell’incontro dei delegati umbri a Collevalenza è stato l’intervento di Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire che segue con particolare attenzione la preparazione al Convegno di Firenze e il dibattito sul “nuovo umanesimo”.

Dall’osservatorio priviligiato del quotidiano cattolico nazionale Tarquinio ha raccolto, e proposto ai presenti, i problemi che caratterizzano il dibattito attuale e che chiama in causa l’idea di uomo e di umanità da cui si parte, non senza prima aver sottolineato che “l’Italia sarebbe infinitamente più povera senza i cristiani” e il loro impegno su tutti i fronti.

Ma dove sta andando la nostra società? Per Tarquinio ci sono “tre grandi ‘i’ che ci minacciano” e sono le  “i” di “isolamento, insterilimento e incattivimento”.

L’isolamento, invocato da molti quando si parla di immigrazione, accoglienza, guerra, terrorismo, di fronte ai quali si crede che la soluzione sia innalzare muri tra le persone e i paesi. Ma i cristiani, ha sostenuto Tarquinio, “sono portatori di valori che costituiscono quell’alfabeto dell’uomo che consente di dialogare con tutti”.

Un isolamento che diventa sterilità di società nelle quali “siamo stati capaci di rendere sconveniente la famiglia, e non solo economicamente” e dove si assiste “all’insterilimento delle nostre capacità di essere innanzitutto uomini solidali e fraterni, capaci di avere uno sguardo compassionevole, che non significa giustificare tutto, ma portare le proprie ragioni e testimonianza”.

Ma oggi assistiamo anche all’incattivirsi delle relazioni, sociali e personali: dall’anticlericalismo alle polemiche su tutto. “Sarà per questo incattivimento, per la rottura del patto uomo donna – si è chiesto Tarquinio – che il nostro mondo non riesce a vedere le donne ridotte al oggetto con la pratica dell’utero in affitto?”.

E infine, sollecitato dal vescovo Cancian, il direttore di Avvenire, nato e cresciuto ad Assisi lasciata per seguire la professione che aveva scelto muovendo i primi passi proprio nel settimanale La Voce, ha dato alcune sottolineature sull’Umbria, “una delle regioni più vecchie demograficamente e per questo deve ricominciare a credere nella vita che è fonte di grande ricchezza”, e in riferimento al tema della legalità ha invitato “la comunità cristiana a dare testimonianza nel rispetto di tutte le regole che sono la misura della nostra socialità”

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Uomini nuovi in Cristo https://www.lavoce.it/uomini-nuovi-in-cristo/ Wed, 17 Jun 2015 07:56:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36020 assemblea-gubbioLa Chiesa eugubina si è lasciata alle spalle una settimana particolarmente significativa, durante la quale si è svolta l’Assemblea diocesana sul tema “In Gesù Cristo uomini nuovi” convocata dal vescovo Mario Ceccobelli per pregare insieme e per compiere quella riflessione comunitaria utile per comprendere le strade che il Signore suggerisce per annunciare il Suo regno.

I lavori sono iniziati mercoledì 10 giugno con i workshop costruiti a partire dai cinque verbi che i Vescovi italiani hanno indicato nella traccia per il cammino verso il prossimo Convegno ecclesiale Nazionale in programma a Firenze dal 9 al 13 novembre prossimo, che costituiscono altrettanti itinerari per rinnovare la nostra pastorale, e più in generale la nostra umanità: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

Questa prima serata è stata segnata da una partecipazione qualificata di molti fedeli che hanno vissuto i lavori di gruppo come punto d’arrivo di un percorso iniziato lo scorso febbraio quando il vescovo Ceccobelli insieme ad alcuni suoi collaboratori hanno visitato i Consigli pastorali di ogni parrocchia consegnando un sussidio, strumento preparatorio per l’Assemblea, che doveva guidare il confronto all’interno di ogni comunità.

Il lavoro è confluito in una sintesi generale per ogni verbo, individuando vie concrete per attuare nella realtà diocesana ognuno dei cinque aspetti. Giovedì 11 l’assemblea si è riunita per ascoltare la parola e la testimonianza del card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale italiana. Venerdì 12 giugno l’Assemblea si è spostata nella sala dell’ex refettorio del convento di San Francesco in piazza 40 Martiri.

Sono state condivise le diverse proposte che ogni gruppo di lavoro ha individuato, poi ufficialmente consegnate al Vescovo durante la celebrazione eucaristica nella chiesa di San Francesco. L’Assemblea è da anni un appuntamento centrale per la vita diocesana, per progettare il cammino della propria comunità, per affrontare le diverse tematiche che chiedono il suo intervento. Come stile, evidenzia il volto comunionale e sinodale di una comunità che si lascia guidare dallo Spirito; come metodo è quel percorso che porta a confrontarsi insieme, con passaggi logici e ordinati, per analizzare una situazione, valutarla alla luce del Vangelo e dei valori cristiani, per giungere a esprimere un giudizio e a operare delle scelte adeguate.

Due novità

L’Assemblea quest’anno è stata segnata da due significative novità. In primo luogo la data: dal tradizionale mese di settembre è stata anticipata ai primi di giugno per permettere al Vescovo di elaborare in tempo le linee pastorali per il prossimo anno. L’Assemblea ha avuto anche una nuova strutturazione per favorire il discernimento, vale a dire lo stile e il metodo che una comunità cristiana assume per leggere la Storia cercandovi i segni della presenza di Dio.

 

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Il cuore pulsante della comunità https://www.lavoce.it/il-cuore-pulsante-della-comunita/ Tue, 09 Jun 2015 15:09:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=35160 Il card. Bassetti, mons. Ceccobelli, Stirati, il rettore della basilica e i fratelli Colaiacovo (foto Gavirati)
Il card. Bassetti, mons. Ceccobelli, Stirati, il rettore della basilica e i fratelli Colaiacovo (foto Gavirati)

Con la recente inaugurazione dei lavori di restauro e sistemazione di alcuni locali del convento e dei piazzali esterni, l’intero complesso della basilica di Sant’Ubaldo ha assunto una dimensione che ne valorizza ruolo e finalità a servizio della città e della intera diocesi.

Un investimento notevole, reso possibile da un robusto contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Perugia, dal sostegno di Colacem e di altre 43 attività del territorio, oltre che dal volontariato.

Alla cerimonia svoltasi il 5 giugno, oltre a tantissimi cittadini, sono intervenuti, tra gli altri, il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, il sindaco Filippo Stirati, il vescovo Mario Ceccobelli, il presidente della Fondazione, Carlo Colaiacovo, consiglieri regionali, esponenti del mondo politico, religioso, civile, militare e culturale.

“Siamo – ha esordito Bassetti – nel cuore pulsante della comunità eugubina, espressione di grande devozione e unità di un popolo”, auspicando che “possa diventare un centro spirituale e caritativo della diocesi”.

Il vescovo Ceccobelli ha ringraziato la Fondazione e quanti hanno contribuito a valorizzare ulteriormente “il luogo più amato dagli eugubini, dove si sentono davvero a casa propria”.

Da parte sua Stirati, ringraziati quanti hanno reso possibile un simile intervento, ha lanciato un appello per il futuro della diocesi. “Sarebbe impensabile – ha esclamato – che Gubbio dovesse farne a meno: eredità del Patrono e testimonianza irrinunciabile di un sistema di valori”.

Il presidente Carlo Colaiacovo si è dichiarato soddisfatto ed emozionato per aver portato a termine un intervento destinato a ridare centralità a basilica e convento quali luoghi di accoglienza e incontro, Soddisfazione anche dal rettore mons. Panfili, che ha ringraziato Fondazione, imprese e volontariato per un progetto che ha fatto del complesso in vetta al monte Ingino, frequentato annualmente da circa 100 mila persone, “un luogo di preghiera e di incontro aperto a tutti”.

Iniziati con la ricostruzione della croce dinanzi al convento, i lavori sono proseguiti con il recupero e adeguamento dei locali destinati all’accoglienza (sala riunioni, cucina, refettorio), con la sistemazione degli spazi esterni con opere che hanno riguardato il muro di contenimento, la realizzazione di servizi igienici e spogliatoi con docce per pellegrinaggi, scout, visitatori, oltre a una struttura polivalente a disposizione della città. La cerimonia è stata valorizzata da una suggestiva esibizione del gruppo Sbandieratori.

 

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Il caso dei Ceri finisce sul… tavolo https://www.lavoce.it/il-caso-dei-ceri-finisce-sul-tavolo/ Wed, 03 Jun 2015 14:33:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34552 ceri-gubbioSono approdate al tavolo istituzionale le polemiche esplose dopo l’ultima festa dei Ceri per quella “conclusione unitaria”, apprezzata da diversi strati della pubblica opinione, ma non condivisa – in particolare – dai Ceraioli di sant’Ubaldo. Posizione ufficializzata con un documento approvato al termine di un’assemblea svoltasi in una Taverna affollata, con un confronto serrato e in un clima attraversato da passaggi a tratti abbastanza aspri.

È stato l’inizio di uno scambio di vedute, con una lettera aperta dell’ex cappellano dei Ceri mons. Giuliano Salciarini (“I Ceri non sono di qualcuno o di una Famiglia ma sono del popolo eugubino”, alla cui coralità spettano “certe decisioni di forma”, che non competono certo a “una taverna, anche se è piena”) e un manifesto di “cittadini e cittadine” che invitano i santubaldari ad ascoltare e, in genere, ad accantonare egoismi e protagonismi, per il bene di una manifestazione che è di tutti.

In questo contesto si situa la convocazione da parte del sindaco Filippo Stirati del “tavolo istituzionale” (Comune, diocesi, Università dei muratori, associazione Maggio eugubino, famiglie dei Santubaldari, Sangiorgiari, Santantoniari, primo e secondo capitano Pierangelo Radicchi e Francesco Ranghiasci), che ha “sottolineato l’esigenza di favorire nella città un sereno clima di dialogo, di condivisione e di rispetto che consenta di riflettere con maturità e spirito di concordia sulle problematiche della festa”.

Ricordato che compito del “tavolo” è “la cura dei complessi aspetti organizzativi della festa, la tutela e la valorizzazione della sua immagine”, Stirati sottolinea che “tutti hanno condannato aspramente le forme di intolleranza e le espressioni ingiuriose e minacciose che, in alcuni casi, hanno caratterizzato la discussione e le polemiche sulla conclusione della corsa in basilica il 15 maggio scorso, esprimendo al tempo stesso solidarietà a quanti ne sono stati oggetto”.

“Per quello che mi riguarda – ha aggiunto -, nel manifestare vicinanza e gratitudine al magistero di sua eccellenza Mario Ceccobelli, nostro vescovo, come sindaco della città mi sento in prima linea nella difesa ed esaltazione dei valori profondi e autentici della festa dei Ceri, dei sentimenti popolari che la connotano, espressione devozionale della comunità eugubina nei confronti del suo amatissimo patrono sant’Ubaldo, grande riformatore della Chiesa e interprete supremo della riconciliazione tra gli uomini”.

 

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