legge elettorale Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/legge-elettorale/ Settimanale di informazione regionale Fri, 26 Mar 2021 14:51:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg legge elettorale Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/legge-elettorale/ 32 32 Renzi: punto di non-ritorno https://www.lavoce.it/renzi-punto-di-non-ritorno/ Fri, 13 Nov 2015 12:22:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44374 puntoLo scenario politico italiano sta cambiando. Direte che ve ne siete accorti da un pezzo. Ma domenica 8 novembre si è toccato il punto di non-ritorno, anche se quello di arrivo è ancora lontano e incerto. Si sta completando la parabola di Renzi; dove il termine “parabola” non allude al Vangelo, e neppure alle antenne tv, ma alla figura geometrica che descrive il tragitto di una palla di cannone (e potrei andare oltre con la similitudine). È stato eletto sindaco di Firenze nel maggio 2009 come candidato del Pd (ma aveva sconfitto alle primarie il candidato ufficiale del partito) e da allora è stato un susseguirsi di successi incredibili: l’8 dicembre 2013 è stato plebiscitato segretario nazionale del Pd, avendo contro il gruppo dirigente del partito e non avendo mai fatto politica a livello nazionale. Nel febbraio 2014 diventa presidente del Consiglio (il più giovane nella storia). A maggio, alle elezioni per il Parlamento europeo, il suo partito supera il 40% e lui lo sbandiera come un suo trionfo personale (e magari è vero, ma lì finisce la fase ascendente della parabola). Sicuro di sé, si batte a lungo per far approvare un sistema elettorale e istituzionale tagliato su misura sullo scenario politico che appariva in quel momento. Ma fare le leggi elettorali su misura è sempre un azzardo. E infatti lo scenario è cambiato e cambia ancora. Domenica 8 una parte consistente del gruppo storico del Pd si è costituita in un partitino nuovo: Sinistra italiana. Non avrà una messe di voti, ma ne toglierà a Renzi quanti ne bastano per rendergli inevitabile (in vista della nuova legge elettorale) l’accorpamento con quella parte del centro-destra che un po’ per volta, da Alfano a Verdini, è passata dalla sua parte. Quindi il Pd perde definitivamente la sua identità – già malcerta – e con essa tutta quella massa di elettori che lo votava per attaccamento alla tradizione. Intanto i secessionisti di Sinistra italiana guardano verso il movimento di Grillo, e dunque lo scontro finale sarà tra un Renzi appoggiato a destra e un Grillo appoggiato a sinistra. Ci sarà da divertirsi.

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Il cambiamento c’è ma non si vede https://www.lavoce.it/il-cambiamento-ce-ma-non-si-vede/ Thu, 18 Jun 2015 11:11:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36219 palazzo_donini_perugiaLa presidente Catiuscia Marini pensa al quintetto dell’esecutivo, mentre il Psi si divide sul nome da proporre. Dovrebbe mancare poco all’ufficializzazione della nuova Giunta regionale uscita dal voto del 31 maggio.

Si danno per sicuri gli assessorati per Luca Barberini e Fernanda Cecchini, entrambi del Pd. Ma, per il resto, quello che un giorno sembra sicuro – il ternano Fabio Paparelli – il giorno dopo pare già dimenticato, per poi tornare magicamente in lizza.

Si è parlato a lungo di un “esterno” scelto dalla Marini, passando dal prof. Luca Ferrucci a un altro docente, Antonio Bartolini. C’è tanta tensione in casa socialista dopo le dimissioni del segretario regionale Aldo Potenza.

L’assessore uscente Silvano Rometti, rieletto in Consiglio, potrebbe essere di nuovo scelto, oppure vorrà segnalare qualcuno di fiducia (Claudia Bastianelli)?

Nella scelta degli assessori bisognerà considerare – visto che da 8 sono passati a 5 – il riferimento territoriale. Già ci sono stati alcuni territori, come Spoleto (basti pensare alla lista del Pd senza esponenti della città del Festival dei Due mondi), che si sono sentiti esclusi. C’è bisogno di coniugare il consenso elettorale con l’appartenenza politica e territoriale.

Forse il criterio preferibile sarebbe quello della competenza… ma non sempre viene posto al primo posto nella scala dei valori nella composizione di un esecutivo, non solo regionale. L’attesa per la definizione del nuovo esecutivo ha consentito a Claudio Ricci, il candidato del centrodestra sconfitto, di rilevare il fatto che “si continua, come se nulla fosse accaduto, a ipotizzare una Giunta regionale basata non sul cambiamento richiesto e sui progetti innovativi necessari ma, esclusivamente, come risultato di un esercizio di potere fra correnti interne e feudi, sempre più piccoli, da difendere”.

Ricci ha sottolineato che gli elettori umbri hanno inviato “un forte segnale di richiesta di cambiamento. Se ci fosse stata una legge elettorale normale, e non di dubbia costituzionalità, che avesse incluso il doppio turno modello-sindaci o almeno una soglia minima per avere il premio di maggioranza, la storia politica della Regione sarebbe già cambiata. Ma il centro-sinistra fa finta di non aver sentito il forte campanello d’allarme: dal vantaggio del 30 %  che aveva nel 2005 sul centro-destra, si è passati a uno striminzito 3 % del 2015, con ancora molte verifiche da fare. E l’Umbria scivola sempre più in basso, nell’assordante silenzio di molti”.

 

Chi vota (o non vota più) chi

Il voto umbro sotto la lente dell’Agenzia Umbria ricerche e dell’Università

La forbice tra centrosinistra e centrodestra è sempre più piccola; aumenta l’incidenza di Lega nord e M5s, con un forte incremento dell’astensione. Sono la fotografia del voto e le stime dei flussi elettorali delle elezioni regionali 2015 in Umbria, illustrati dal presidente di Aur (Agenzia Umbria ricerche), Claudio Carnieri, e da Bruno Bracalente del dipartimento di Economia dell’Università di Perugia. Si tratta di una situazione in movimento che fa emergere alcuni segnali presenti nelle più recenti consultazioni (le regionali del 2010 e le europee del 2014).

È stato sottolineato che il sistema politico regionale è diventato praticamente articolato in 4 poli: centrosinistra, centrodestra, Lega nord e  “grillini”, oltre al il fenomeno, sempre più diffuso, dell’astensionismo. Tra i dati più significativi, la riduzione del divario fra centrosinistra e centrodestra (rispetto alle regionali 2010 si è ulteriormente ridotto di 70 mila voti), marcando una distanza tra i due schieramenti di 18 mila voti, e l’incremento del non-voto che, sebbene fosse atteso, aumenta di 68 mila astensioni.

Il Pd ha perso molti consensi (24 mila voti rispetto al 2010) con un travaso di voti verso il centrodestra ma anche verso il M5s (14 mila) e la Lega nord (11 mila), secondo una tendenza che si era manifestata già nelle ultime politiche 2013 e nelle europee del 2014.

Da segnalare che, dei 150 mila voti di Pdl e Lega nord delle regionali 2010, ne sono rimasti solo 85 mila nell’ultima tornata elettorale. I voti mancanti, secondo l’analisi dei flussi, hanno preso la via del non-voto, delle liste del centrosinistra, del Movimento 5 stelle, o sono stati dati esclusivamente al candidato presidente. La Lega nord ha ricevuto un forte afflusso di voti dal Pdl, dal Pd, ma anche dalla sinistra radicale (8%), che per il 25% ha scelto l’astensionismo e per il 20% ha votato M5s.

Per quanto riguarda il movimento di Beppe Grillo, assente alle precedenti regionali, il raffronto con le politiche 2013 dice che il suo elettorato origina dal centrosinistra (33 mila voti contro i 7 mila del centrodestra). Le liste minori di centrosinistra hanno invece beneficiato di una consistente quota di voti socialisti (il cui elettorato è rimasto fedele per il 40%), di flussi provenienti dal centrodestra e dal non-voto.

Le liste del centrodestra hanno funzionato per la candidatura di Ricci presidente, andando a ereditare un quarto dell’elettorato Pdl che non ha votato Forza Italia e il 45% dell’Udc.

 

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Regione. Chi comporrà l’ambita cinquina? https://www.lavoce.it/chi-comporra-lambita-cinquina/ Thu, 11 Jun 2015 10:04:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=35388 L’aula del consiglio regionale dell’Umbria
L’aula del consiglio regionale dell’Umbria

Dopo il voto che ha confermato il centrosinistra e Catiuscia Marini alla guida dell’Umbria, oltre alla consueta analisi dei flussi elettorali, la composizione del nuovo esecutivo dovrebbe essere definito nei prossimi giorni.

Le norme riducono il numero degli assessori, che ora saranno cinque. La Presidente ha assicurato di voler mantenere autonomia nelle scelte, ma è chiaro che bisognerà considerare le “esigenze” dei partiti della coalizione (Pd, Psi e Sel) e, nella scelta tra i componenti del Partito democratico, inserire esponenti che possano coprire l’ambito territoriale e le varie “correnti”.

Nella riduzione del numero degli assessorati ci sarà spazio per nuovo blocco delle deleghe. Partiamo dai nomi in circolazione.

Donatella Porzi, già assessore alla Cultura della Provincia di Perugia, è stata la più votata in assoluto in Umbria, ma non sembra in corsa per un posto in Giunta.

Paiono più accreditati Fernanda Cecchini, Luca Barberini (area Bocci) e Fabio Paparelli (per coprire l’area di Terni). Rimangono a disposizione due posti, di cui uno dovrebbe andare ai socialisti, con Silvano Rometti in predicato di ulteriore conferma, anche se si fa il nome di Claudia Bastianelli.

Ma la questione è aperta perché, anche dal segretario regionale Pd, Giacomo Leonelli, ora entrato a palazzo Cesaroni, è stata lanciata la proposta di una squadra totalmente nuova. Al punto che la Segreteria regionale del Psi ha fatto presente di non voler accettare imposizioni che “provengono da esponenti di altre forze politiche”, sottolineando “la propria autonomia sull’indicazione di eventuali figure per ricoprire il ruolo di assessore, partendo dal consenso ricevuto dagli elettori e considerando che, con la riduzione a 5 unità della Giunta, chi ricoprirà questo ruolo dovrà possedere determinati requisiti per affrontare al meglio i problemi che la regione ha davanti”.

La presidente Marini vorrebbe un “tecnico” – si fa il nome del prof. Luca Ferrucci – per ricoprire l’incarico con le deleghe all’economia. Nell’accorpamento dei settori, per la riduzione del numero degli assessori, si sta pensando a mettere insieme sanità e welfare, poi agricoltura insieme a turismo e cultura, urbanistica con l’ambiente, lavori pubblici e trasporti e un’area che comprenda bilancio e sviluppo economico. La Marini, che ha tenuto a lungo la delega alla sanità nella legislatura passata, dovrebbe tenere per sé tutta l’area che comprende la programmazione legata ai Fondi europei.

 

I grillini (e non solo) fanno ricorso

Da più parti si è levata un’accusa di incostituzionalità contro la legge elettorale regionale

La proclamazione degli eletti da parte dell’ufficio centrale regionale – alla corte d’Appello – ha di fatto avviato la decima legislatura regionale, e così la presidente Catiuscia Marini e i 20 consiglieri sono entrati in carica.

Ma c’è una prima novità nel Movimento 5 stelle: eletta Maria Grazia Carbonari (1.085 voti) con 4 voti in più rispetto a Claudio Fiorelli (1.081). Gli stessi grillini hanno annunciato un ricorso al Tar contro la legge elettorale.

I deputati Filippo Gallinella e Tiziana Ciprini hanno spiegato che “per la difesa dei principi di democrazia e di rappresentanza territoriale, presenteremo subito dopo la proclamazione degli eletti, come prevede la legge, un nuovo ricorso, questa volta al Tar, contro l’Umbricellum. Ricorso presentabile sia dai candidati che dagli elettori. Siamo convinti che il Movimento 5 stelle e i suoi sostenitori siano stati penalizzati dalla nuova legge elettorale dell’Umbria, che prevede meccanismi manifestamente incostituzionali”.

“La nuova legge elettorale – ha sottolineato Gallinella -, votata a febbraio da palazzo Cesaroni, è stata tagliata e cucita su misura per il Pd per frenare l’emorragia di consensi, a garanzia dello status quo. Una legge ostile al pluralismo politico e sorda alla domanda di cambiamento urlata il 31 maggio scorso dagli elettori. Una legge ‘salva poltrone’, lesiva della rappresentanza territoriale”.

Va ricordato che diverse formazioni politiche hanno presentato ricorso contro la legge elettorale, considerata incostituzionale.

Intanto, con la proclamazione degli eletti sarà possibile costituire i gruppi consiliari ed entro il prossimo 30 luglio – cioè a 60 giorni dalla data di svolgimento delle elezioni – sarà convocata la seduta di insediamento del nuova Assemblea da parte del consigliere regionale più anziano di età. Contestualmente verrà eletto l’Ufficio di presidenza, che è composto dal presidente dell’Assemblea legislativa e da due vice presidenti. Per eleggere il Presidente nelle prime tre votazioni è necessaria la maggioranza di 4/5, cioè 17 consiglieri. Dalla quarta votazione in poi sarà sufficiente la maggioranza assoluta, quindi 11 consiglieri.

Una volta eletto il Presidente, si voteranno i due vice presidenti con la procedura del voto limitato: una modalità che consente alle opposizioni di essere rappresentate perché ogni consigliere può esprimere una sola preferenza. Nella prima seduta successiva, la presidente Catiuscia Marini esporrà il programma di governo e presenterà i componenti della Giunta regionale.

 

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Elezioni regionali. Nemico comune: l’astensionismo https://www.lavoce.it/nemico-comune-lastensionismo/ Thu, 28 May 2015 08:55:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34317 elezioni-regionaliCatiuscia Marini, oppure Claudio Ricci. Ma avranno un grande peso, nell’esito finale, i consensi verso Andrea Liberati del Movimento 5 stelle, e soprattutto l’incognita – anzi l’incubo, per tanti candidati – dell’astensionismo, che potrebbe diventare il primo “partito” in Umbria.

Si dovrebbe giocare su questi fattori la poltrona di presidente della Regione Umbria per il prossimo quinquennio.

La legge elettorale regionale, tanto contestata, non prevede ballottaggi: quindi governerà chi prenderà più voti in percentuale. Basterà ottenere la maggioranza relativa per ottenere la maggioranza assoluta e guidare magari l’Umbria verso una sua aggregazione con un’altra Regione.

L’ultima settimana di campagna elettorale ha portato i big nazionali in Umbria nella convinzione – solo presunta – di suscitare qualche entusiasmo in più nell’elettorato, stanco e demotivato da una delle campagne elettorali meno coinvolgenti degli ultimi anni.

Silvio Berlusconi e Claudio Ricci
Silvio Berlusconi e Claudio Ricci

E così è arrivato ad Assisi, a sostegno di Claudio Ricci, Silvio Berlusconi , il quale si è pure rivolto a san Francesco per tentare di ripetere il “miracolo” del 2000 che portò, con il risultato delle regionali, a scalzare Massimo D’Alema da premier.

L’auspicio è che anche l’attuale primo ministro, Matteo Renzi – se sconfitto – vada a casa, perché, come al solito, il risultato delle regionali, nel nostro Paese, può influenzare la maggioranza politica che governa a livello nazionale.

Il leader di Forza Italia ha inoltre sottolineato che Ricci “ha già ottenuto un primo successo riuscendo, come prima Regione, a mettere insieme tutto il centrodestra”, osservando che “non è stato così facile, perché purtroppo la situazione attuale del centrodestra disorienta molti nostri, anche antichi, elettori”.

Nel frattempo è arrivato lo stesso Renzi a Perugia per sostenere Catiuscia Marini. “L’Umbria – ha detto il premier – è stata ben governata da Catiuscia Marini nei precedenti cinque anni.Lunedì prossimo Catiuscia sarà di nuovo alla guida di questa regione, amata da tutta l’Italia, di cui è il centro geografico e da cui è possibile una ripartenza per tutto il Paese”.

Catiuscia Marini, Matteo Renzi e Giacomo Leonelli
Catiuscia Marini, Matteo Renzi e Giacomo Leonelli

Ha pure ricordato quando, con il suo gruppo scout, venne a Nocera Umbra dopo il terremoto del 1997: “Mi resi conto in quella situazione di quanto questa terra fosse nel cuore di ogni italiano, che qui aveva una casa, un parente, una fidanzata. Vederla dall’elicottero mi ha fatto commuovere”.

Ma Renzi, premier ma anche segretario nazionale Pd, ha lanciato un monito: “C’è bisogno che non la diamo per vinta, l’Umbria. Qui c’è da lavorare”, fino all’ultimo, ha ricordato.

“Allora istruzioni per l’uso: prendere telefonino in mano, controllare la rubrica, fare l’elenco di persone da contattare” e “raccontiamo che nella scommessa di Catiuscia c’è la scommessa di tutti voi”.

 

I candidati:

FULVIO MAIORCA “No all’aborto, e aboliamo le Regioni”

Supportato dalla lista “Forza nuova”, Fulvio Carlo Maiorca, nato a Pisticci (Matera) nel 1937, è avvocato del Foro di Perugia. Tra le sue proposte c’è quella dell’abolizione delle Regioni e la devoluzione delle loro competenze e prerogative alla Provincia, nel quadro di un progetto di sviluppo politico dell’autonomia locale.

Per la rinascita dell’Umbria, afferma, è necessario il “richiamo dei giovani di buona volontà alle loro scelte vocazionali, per creare professionisti, artigiani, commercianti, agricoltori, allevatori che si sposino, abbiano figli, riempiano l’Umbria e siano di esempio e guida anche ai giovani immigrati i quali, per sopravvivere dignitosamente, dovranno essere preparati alla nostra cultura. E pertanto, stop immediato all’aborto e a tutte le pratiche abortive; via libera agli aiuti alle famiglie; applicazione piena dell’art. 31 della Costituzione”.

La copertura finanziaria di tali provvedimenti dovrà essere ricavata dalla riduzione dei costi della politica, dall’eliminazione delle spese inutili o superflue, di consulenze e uffici per gestire attività fantasma.

CATIUSCIA MARINI “Più fondi a sostegno delle imprese”

La Presidente uscente si avvale del supporto di 4 liste: Pd, “Umbria più uguale – Sinistra, ecologia libertà – La sinistra per l’Umbria”, “Socialisti riformisti – Territori per l’Umbria” e “Iniziativa per l’Umbria civica e popolare”.

La Marini è nata a Todi nel 1967, laureata in Scienze politiche con indirizzo internazionale. Dal 1998 al 2007 è stata sindaco di Todi per due mandati consecutivi. Nel 2007 è stata assunta come dirigente di Legacoop Umbria. Tra il 2008 e il 2009 è stata parlamentare europea. Nel 2010 è stata eletta presidente della Regione.

In tema economico, nel programma di Marini si parla di “700 milioni di euro nei prossimi anni a sostegno delle imprese agricole, industriali, dell’artigianato, del turismo, del commercio e dell’economia sociale”, di “237 milioni di euro di Fondo sociale europeo per favorire: occupazione giovanile, ritorno al lavoro dei disoccupati, riduzione delle povertà e miglioramento delle competenze dei lavoratori e delle persone”.

CLAUDIO RICCI “Case popolari, zero sprechi, sicurezza”

 

Ha sei liste in appoggio: “Ricci presidente”, “Per l’Umbria popolare con Ricci”, “Cambiare in Umbria con Ricci”, “Fratelli d’Italia – Alleanza nazionale – Ricci presidente”, Lega nord e Forza Italia. Ricci è nato a Perugia nel 1964. È ingegnere, e dal 1997 ricopre ruoli amministrativi ad Assisi, di cui è stato sindaco dal 2006 al 2015.

Tra i punti del programma riguardanti l’economia, “realizzare più case popolari assegnandole, con alcuni parametri di priorità, a chi risiede in Umbria da almeno 10 anni e dando prevalenza a famiglie numerose e con disabili”; “risparmiare nei primi 3 anni almeno il 10% (del bilancio disponibile) azzerando gli sprechi per ridurre le tasse regionali”; “l’utilizzo gratuito di internet per tutti e in particolare per imprese e giovani”. Tra gli altri punti del programma: “Priorità alla sicurezza, finanziando di più la legge regionale sulla sicurezza. Sviluppare sistemi di videocamere e centrali di controllo attive 24 ore su 24 e sostenere le associazioni di volontari per la sicurezza (al servizio delle polizie locali)”.

MICHELE VECCHIETTI “Un’alternativa reale, antiliberista, di sinistra”

È appoggiato dalla lista “L’Umbria per un’altra Europa”. Nato a Terni nel 1981, è laureato in Filosofia e ha un master in Cooperazione internazionale. Ha lavorato come operatore sociale e insegnante; attualmente è un precario del pubblico impiego.

Si propone come “un’alternativa reale, antiliberista, democratica e di sinistra, rispetto al consociativismo del centrosinistra e del centrodestra, responsabile della ‘crisi nella crisi’ della nostra regione, e della subalternità alle scelte sciagurate del governo Renzi e dell’Europa delle banche”.

Nel suo programma vi è, tra l’altro, un “piano regionale per il contrasto alla povertà, che preveda la sperimentazione di forme di reddito minimo garantito, per inoccupati e disoccupati non coperti da ammortizzatori sociali”, e un “piano regionale per il lavoro, quale strumento con cui concentrare le risorse disponibili, tanto di provenienza regionale che di natura nazionale e comunitaria”, oltre al “blocco degli sfratti per morosità incolpevole”.

SIMONE DI STEFANO “La Ast va salvata nazionalizzandola”

 

È supportato dalla lista “Sovranità – Prima gli italiani”. Di Stefano, nato a Roma nel 1976, è vice presidente nazionale del movimento politico di destra Casapound. Tra i temi principali del suo programma “sicuramente lavoro e sicurezza. L’Umbria è una regione particolare, perché i suoi problemi sono emblematici di situazioni gravi anche a livello nazionale. Pensiamo alle Acciaierie di Terni, con famiglie intere di operai abbandonate a se stesse per colpa di un Governo asservito alla Ue a alle lobby finanziarie, che intende procedere verso lo smantellamento del comparto siderurgico italiano.

Noi siamo per la nazionalizzazione, per l’intervento pubblico, per una public company partecipata da capitale della Regione perché dobbiamo essere padroni delle Acciaierie e non lasciare che i tedeschi le facciano fallire”. Tra le proposte, lo “stop all’immigrazione. In una nazione che ha il 50% di disoccupazione giovanile, non possiamo accogliere altre persone. Non possiamo destinare quei famosi 35 euro al giorno agli immigrati. Dobbiamo destinare quei fondi alla sicurezza”.

AMATO JOHN DE PAULIS “Ecco come fermare i racket criminali”

 

È appoggiato dalla lista “Alternativa riformista”. De Paulis è nato a Wilmington (Delaware, Usa) nel 1950. Biologo e medico veterinario, ha ricoperto ruoli di vertice e rappresentativi di numerose associazioni di veterinari umbri. Tra i punti più caratterizzanti del programma: “Legalizzazione e auto-coltivazione regolamentata della cannabis nonché legalizzazione, controllo sanitario e tassazione della prostituzione: le uniche vie praticabili per spezzare il crimine organizzato e la violenza associata” e “riconoscimento degli animali d’affezione come membri effettivi del nucleo familiare, tutelando i loro diritti”.

Per quanto riguarda la sanità: “Riduzione del ticket sanitario attraverso l’accorpamento delle due Asl in un’unica struttura regionale” e “costituzione di un unico centro acquisti regionale di farmaci, attrezzature e di materiale sanitario”.

In tema economico punta, tra l’altro, sulla “formazione professionale” e sull’utilizzo delle aree agricole demaniali dismesse anche a favore dell’occupazione giovanile.

AURELIO FABIANI “I due problemi sono lavoro e povertà”

 

Lo sostiene la lista “Casa rossa – Partito comunista e dei lavoratori”. Fabiani è nato a Spoleto nel 1955. Nei suoi interventi ha affermato che “in Umbria, come in tutto l’Occidente, oggi i problemi sono due: il lavoro e la povertà. Questi sono originati da grandi gruppi finanziari che hanno causato la crisi e l’hanno poi scaricata sui Paesi più deboli e sui ceti sociali più deboli.

“Anche in Umbria dobbiamo rispondere in tema di lavoro e di povertà. Una vera forza comunista è fondamentale per questo. Da quando essa manca, non l’Umbria, ma i poveri e i lavoratori dell’Umbria hanno subìto un vero massacro sociale. Ci vuole una svolta politica, e l’unico progetto utile è unire le forze che in Umbria si oppongono a questa Europa capitalista delle banche e delle multinazionali che ci strozzano e ci rubano lavoro”. Fabiani ha posto l’accento anche sul fatto che è necessario destinare risorse per l’occupazione “tagliando consulenze e appalti clientelari, per dirottare il tutto per creare lavoro”.

ANDREA LIBERATI “Lotta senza quartiere alla corruzione”

 

È il candidato della lista del Movimento 5 stelle. Liberati è nato a Terni nel 1976; è giornalista, laureato in Scienze politiche e negli ultimi anni, ricoprendo ruolo di vertice locale di “Italia nostra”, ha sollevato le principali questioni ambientali della Conca ternana (tra le quali le contaminazioni di suolo, aria, acqua e cibo e l’ampliamento della discarica Ast).

Nella campagna elettorale di Liberati è stata centrale la lotta alla corruzione. C’è una “gigantesca questione morale che attanaglia l’Umbria ormai da decenni. Una vera e propria cappa che impedisce lo sviluppo della nostra Regione, preda di interessi privatistici lontani anni luce dal bene comune e dagli interessi dei cittadini”.

Tra i principali punti del programma, “il reddito di cittadinanza regionale: 780 euro al mese per disoccupati, inoccupati e pensioni minime. Sgravi fiscali alle imprese virtuose che producono utilità sociale ed eccellenza nel mondo attraverso il reperimento di risorse da una spending review generale”.

 

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Istruzioni per l’uso https://www.lavoce.it/istruzioni-per-luso/ Fri, 15 May 2015 07:54:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=33422 elezioni-regionaliL’Umbria è stata attraversata dalla marcia Perugia-Assisi promossa dal Movimento 5 stelle per sostenere l’avvento del reddito di cittadinanza. Il tema è di rilievo nazionale, ma ha toccato anche la campagna elettorale, anche se i candidati alla presidenza – tranne quello del M5s – hanno dato risposte interlocutorie.

Intanto il candidato del centrodestra, Claudio Ricci, ha presentato il proprio programma, molto snello. Tra i vari progetti ce n’è uno che punta ad azzerare gli sprechi per ridurre le tasse regionali. In pratica, Ricci propone di risparmiare, nei primi tre anni di legislatura, il 10 per cento del bilancio disponibile, quasi 250 milioni di euro, mentre si dice contrario alla trasformazione della E45 in autostrada.

La campagna elettorale si sta intensificando, nonostante non ci sia una grande mobilitazione. Con l’avvicinarsi del traguardo – domenica 31 maggio – si fanno vedere i rappresentanti nazionale dei vari partiti o movimenti. Tutti però sembrano avvertire una certa preoccupazione: il forte rischio dell’astensionismo. L’ultimo dato sull’affluenza alle urne per le regionali umbre – il 65 per cento del 2010 – già mostrava un costante calo della partecipazione rispetto a tutte le altre consultazioni. E stavolta raggiungere quella percentuale pare quasi impossibile.

Un successo con uno scarno consenso non porrebbe l’Umbria vicino all’Europa (nei Paesi con democrazia consolidata non si registra un’alta partecipazione alle urne) ma farebbe subito parlare di vittoria dimezzata. Sarà inoltre la prima volta che l’elettore umbro ci cimenterà con la nuova – e tanto contestata – legge elettorale. Va ricordato che i 707 mila umbri saranno chiamati a eleggere il nuovo presidente della Regione tra gli 8 candidati, e i membri dell’assemblea di palazzo Cesaroni (20 e non più 30) tra gli oltre 300 in lizza.

Tra le novità, il fatto che è stata introdotta la doppia preferenza di genere al consigliere della lista che appoggia il candidato presidente. La cosa particolare è che l’elettore potrà scrivere il nome di un solo candidato, oppure di due; ma in tal caso bisognerà indicare una preferenza a favore di un candidato di sesso diverso, altrimenti la seconda preferenza sarà annullata. In sintesi: si potrà votare un uomo o una donna, ma non due donne o due uomini perché la seconda preferenza non sarebbe valida. La nuova legge vieta anche il voto disgiunto, cioè la preferenza a un certo candidato presidente e il voto per una lista e un consigliere di diverso schieramento.

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Non c’è legge (elettorale) che tenga… https://www.lavoce.it/non-ce-legge-elettorale-che-tenga/ Fri, 08 May 2015 09:36:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32920 E così, abbiamo finalmente una nuova legge elettorale, buona o cattiva che sia, ma l’abbiamo. Renzi l’ha ottenuta sfidando il rischio di dividere il suo partito, ma è difficile dar torto a chi dice che i dissidenti del partito democratico, quando erano loro a guidare il partito, non erano mai stati capaci di presentare un progetto compiuto, non si dice di condurlo in porto. La legge approvata ha qualche difetto? Sicuramente sì, e non da poco. Ma la legge elettorale perfetta non esiste. Valga l’esempio della Gran Bretagna. Sentiamo ripetere da sempre che quella inglese è la legge migliore, perché (dicono tutti) il suo effetto è che appena finito lo spoglio delle schede si sa subito chi governerà per i prossimi cinque anni (la cosiddetta “governabilità”). Ma è vero solo in parte, e il merito non è della legge elettorale, bensì del sistema politico e della maturità dell’elettorato inglese. Tecnicamente la legge elettorale britannica è irrazionale e anacronistica; è stata concepita (senza essere mai modificata) in tempi nei quali non esistevano partiti politici organizzati su scala nazionale e quindi non si poneva il problema di verificare col voto quale partito avesse più elettori; era pensata invece per dare ad ogni comunità locale un rappresentante che difendesse gli interessi del suo campanile davanti al potere centrale e in contrasto con i difensori degli altri campanili. Ma, un secolo dopo l’altro, l’elettorato britannico ha saputo servirsi di questo strumento antiquato per farlo funzionare in modo moderno. Fino ad oggi. Ma ora gli stessi inglesi stanno scoprendo che quel sistema non va più bene, perché il quadro politico tradizionale si è scompaginato e frammentato: la competizione non sarà più fra due, e nemmeno fra tre, ma fra quattro se non cinque partiti. Questa dunque è la riprova che la legge elettorale è buona solo se è adeguata al quadro politico complessivo. E questo vale non solo in materia elettorale ma per tutto: non è importante cambiare le leggi, è importante cambiare la testa della gente. Ma in giro (adesso parlo dell’Italia) vedo solo confusione di idee e di linguaggi. Non nascondiamo i nostri problemi dietro le tecniche elettorali.

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Sto con il bulldozer https://www.lavoce.it/sto-con-il-bulldozer/ Thu, 30 Apr 2015 10:08:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32335 Il pessimismo non si addice al cristiano, che per principio è un ottimista impenitente. Lo è perché da sempre sa che il mondo è già stato salvato, e nel cuore della storia umana è stato deposto un germe di vita resistente a batteri e virus di morte, di qualsiasi genere, indistruttibile; una forza che, proprio perché trascende la storia, ne garantisce l’autentico progresso – che in nuce è quello che il grande Teilhard de Chardin, con la sue categorie paleontologico-filosofiche, chiamava “ominizzazione”.

Questo pensavo quando mi prendeva l’angoscia mentre sentivo snocciolare i nomi dei tanti nostri parlamentari che si dichiarano cristiani, eppure il Parlamento non è mai stato una cloaca a cielo aperto come lo è oggi. Se vogliamo usare uno dei verbi più icastici usati da Papa Francesco, quello che ha utilizzato per la mafia, il Parlamento “spuzza”.

Mi sembrava evidente che la maggior parte di quei signori è interessata soprattutto, o probabilmente in maniera esclusiva, al mantenimento della propria poltrona: l’hanno spalmata di Attak di prima qualità, ma quando qualcuno li “inviterà” ad alzarsi, tirandoli su per le ascelle, il fondo dei calzoni, consumato dal troppo tempo che il proprietario ci è rimasto seduto, reggerà?

È chiaro che anche Renzi e i suoi non disdegnano la prospettiva di passare un qualche altro annetto a passeggiare post prandium nel “transatlantico” di Montecitorio, ma molto di più appaiono interessati ad affondare il barcone dell’ingovernabilità della nostra Italia, che in questo non ha nulla da invidiare ai barconi che partono e partiranno ancora a lungo dalla Libia.

Parlando dell’Italicum, la nuova legge elettorale, mi pare condivisibile la prima preoccupazione di Renzi: quella di permettere ai partiti di garantirsi un capolista di spessore, bloccando certe logiche particolaristiche che possono mandare su ancora una volta qualche piripacchio fantasioso, capace solo dormicchiare a spese nostre. È successo coi pentastellati, dalla cerchia dei quali sono usciti diversi esseri ragionevoli, ma anche qualche orango e qualche sciacquina.

In questa luce, la proposta del “capolista bloccato” e delle preferenze a partire dal secondo eletto non è né uno scandalo morale né un attentato alla Costituzione, come ululano i loro piazzaioli.

Mentre scrivo, non si sa come finirà il braccio di ferro sull’approvazione definitiva dell’Italicum tra il Governo e i suoi contestatori interni. Ma io mi dico: se davvero alla redazione di quel testo di legge sono state dedicate (sommando quelle impegnate di ogni singolo parlamentare ai vari livelli del dibattito) molte migliaia di ore di discussione, tutte ovviamente pagate dal contribuente, ha senso impiegarne altre ancora? E poi, si troverebbe l’accordo con “poche” altre migliaia di ore?

Anche i dissidenti concordano sul fatto che le riforme vanno fatte al più presto, ma poi accusano Renzi di lavorare con il bulldozer. E con che doveva farlo, con il cesello preso in prestito da Giulietto Chiesa, o con il cucchiaio di legno della nonna di Pippo Civati?

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A chi non piace la legge elettorale https://www.lavoce.it/a-chi-non-piace-la-legge-elettorale/ Fri, 20 Mar 2015 13:53:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31013 elezioni-urna-elettoraleFatta la legge (elettorale), trovato (se non l’inganno) il ricorso. Che è stato presentato a Perugia dal Comitato per la democrazia in Umbria, formato da Radicali, Scelta civica, Alternativa riformista e Sinistra capitalista, al quale si sono uniti anche “L’altra Umbria”, i deputati del M5s e Progetto Terni.

A capo dell’attività per impugnare la nuova legge elettorale umbra, che non tutelerebbe le minoranze, è Felice Besostri, avvocato che insieme ad altri colleghi è riuscito a chiudere con il Porcellum. Naturalmente andrà a finire per le lunghe.

Sulla questione si era espresso, in risposta all’interrogazione urgente della parlamentare di Scelta civica Adriana Galgano, il sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, sottolineando che “il Governo non intende impugnare davanti alla Corte costituzionale; ritiene che legge non abbia profili di incostituzionalità e rientri nei parametri di discrezionalità politica ai sensi dell’articolo 122 della Costituzione”, ovvero quello che affida alle regioni la materiale elettorale.

“A ogni forma di governo – ha spiegato il sottosegretario – corrisponde una serie di ipotesi e modelli di legge elettorale, che devono avere una caratteristica fondamentale per essere legittimi: quella di garantire la rappresentanza e la formazione di una maggioranza, e ciò ha importanza nei sistemi presidenziali”.

Le parole di Bressa non sono piaciute alla Galgano. “Il sottosegretario – ha replicato – ha fatto riferimento alla diversa natura delle assemblee regionali e nazionali e, dunque, all’impossibilità di estendere la sentenza della Consulta alle leggi elettorali regionali. Ma il punto da noi sollevato è tutt’altro, e cioè ribadire che gli elettori, siano essi chiamati alle urne per rinnovare i Consigli regionali o il Parlamento, godono degli stessi diritti garantiti dalla Costituzione. Il principio di rappresentatività non può essere sacrificato interamente sull’altare della governabilità”.

Il segretario di Radicali Perugia, Michele Guaitini, ha affermato che “il sottosegretario forse non si è reso conto, o fa finta di non rendersi conto, che la sentenza della Corte costituzionale non solo ha bocciato il Porcellum, ma ha stabilito il principio che tutti i sistemi elettorali di organi elettivi devono rispondere a criteri di ragionevolezza”.

Nel frattempo è giunta l’ufficialità della data del voto, il 31 maggio. Secondo il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Andrea Lignani Marchesani, la data scelta “è troppo a ridosso di uno dei primi ponti ormai estivi, e ciò, unitamente al clima generale di antipolitica che pervade l’Italia, renderà molto probabile una grande astensione dei cittadini chiamati al voto”.

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Ci sono 4 candidati https://www.lavoce.it/ci-sono-4-candidati/ Fri, 27 Feb 2015 11:12:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30529 Palazzo Donini sede della giunta regionale dell’Umbria
Palazzo Donini sede della giunta regionale dell’Umbria

Varata la legge elettorale, già arrivano le prime richieste di incostituzionalità. Ma è partito il girotondo delle candidature e delle alleanze. Al momento per le elezioni regionali che si dovrebbero tenere domenica 17 maggio ci sono quattro candidati in pista. Per il centrosinistra si ricandida Catiuscia Marini, sostenuta da Pd, Psi e dalla Sinistra per l’Umbria di Stefano Vinti. Ancora in dubbio l’appoggio di Sel che si dovrebbe decidere a giorni. Verrà sfidata da Claudio Ricci, sindaco di Assisi, che ha lanciato da circa un anno la sua candidatura basata su un progetto civico ma che tenta di attirare il voto moderato. Alcuni partiti di centrodestra lo appoggiano: gli alfaniani di Ncd sono stati i primi a puntare su di lui, l’Udcl lo potrebbe sostenere ma non vuole la Lega Nord di mezzo che, invece, con Matteo Salvini, ha abbracciato già il programma di Ricci. Che conta anche sulla confusione del centrodestra che, a forza di aspettare i vertici romani, ancora non sa che pesci pigliare.

Altra candidata sicura è Laura Alunni del Movimento 5 Stelle, scelta attraverso il meccanismo del voto sul sito di Grillo. Il suo programma pone al centro la scuola e le battaglie per la legalità. Ma la sua candidatura è stata già contestata da una dissidente, Maria Luigia D’Amore e, per questo, ha perfino manifestato la volontà di dimettersi, salvo poi ripensarci. Ultimo in senso cronologico è candidarsi è Amato John de Paulis che, nelle file dei Radicali, si candidò a sindaco di Perugia nel 2009. Ora è sostenuto dall’associazione “Alternativa riformista”, che critica aspramente il Pd ma anche i partiti del centrodestra per l’approvazione della legge elettorale che limiterebbe la democrazia. Questi sono i quattro candidati ufficiali ma, a sinistra, c’è la possibilità di un altro candidato che raccolga l’eredità di Rifondazione, con l’Altra Europa con Tsipras, che non vuole avere nulla a che fare con il Pd. Ma non sarà così semplice trovare un candidato di richiamo.

Nel centrodestra di Forza Italia molti hanno ambizione di candidarsi e non hanno voglia di appoggiare Ricci.

Intanto con la pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale della legge elettorale è già partita la corsa alla raccolta delle firme. Nel frattempo cominciano le schermaglie nei territori per le candidature dei propri rappresentanti. Il Pd di Umbertide, ad esempio, si è schierato a fianco di Manlio Mariotti, consigliere uscente ed ex segretario della Cgil. E nello stesso terreno dovrebbe scendere anche l’ex presidente della Provincia di Perugia, Marco Vinicio Guasticchi.

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La Regione approva la nuova legge elettorale https://www.lavoce.it/la-regione-approva-la-nuova-legge-elettorale/ Fri, 20 Feb 2015 11:41:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30414 L’aula del consiglio regionale dell’Umbria
L’aula del consiglio regionale dell’Umbria

È arrivata la nuova legge elettorale: il testo è stato approvato dal Consiglio regionale con qualche voto in più rispetto al previsto: 19 a favore e 11 contrari. Oltre a Pd e Psi, “sì” anche da 3 consiglieri regionali di opposizione, Fiammetta Modena (FI), Andrea Lignani Marchesani (FdI) e Massimo Monni (Ncd). A votare “no” sono stati Prc, Idv e gli altri rappresentanti dell’opposizione. Il voto favorevole dei 3 esponenti del centrodestra è arrivato grazie a un emendamento già definito “premio di minoranza”. In pratica, il candidato presidente perdente, ma che ha raccolto più voti rispetto agli altri sconfitti, avrà di diritto un proprio seggio.

La nuova legge elettorale prevede l’abolizione del listino, il turno unico (vince il candidato che ottiene il risultato migliore), il collegio unico regionale e la doppia preferenza di genere. La coalizione vincente ottiene fino a un massimo di 12 seggi (più il presidente) e i restanti 8 vanno alla minoranza (incluso il primo degli sconfitti). La lista che ottiene più voti, tra quelle che appoggiano il presidente eletto, può ottenere fino a un massimo di 10 seggi, mentre i restanti 2 vanno alle liste che ottengono il risultato migliore tra quelle che superano il 2,5%. Per molti critici, questo fattore consentirebbe l’elezione di 10 esponenti del Pd e di 2 del Psi.

Per la minoranza, i 7 seggi andranno alle liste che hanno ottenuto una percentuale del 2,5%. Inoltre il numero delle firme per la presentazione delle liste è stato abbassato, passando da 750 a una forbice tra 500 e 1.000 per la prima applicazione; poi ne serviranno 1.500. Stabilito anche un tetto alle spese elettorali: 100 mila euro per i candidati presidenti e 25 mila per i candidati consiglieri.

Secondo la presidente Catiuscia Marini, “la legge elettorale migliora molto il testo vigente e supera molte argomentazioni critiche espresse in aula. Il premio di maggioranza della nuova legge garantirà la governabilità ma anche la rappresentanza democratica e il pluralismo”.

Il segretario Pd Giacomo Leonelli, sul collegio unico, ha sottolineato che “il Pd ha scommesso su un nuovo regionalismo, archiviando battaglie di campanile e rendite di posizione territoriali, e sostenendo l’idea di una Regione che deve ragionare da Regione e che ha bisogno di uno scatto in avanti, di scelte coraggiose, di una classe dirigente all’altezza”.

Per Franco Zaffini (FdI), “si tratta di una legge scritta su misura per il paradosso di una maggioranza formata da un partito con oltre il 35% e da uno che arriva al 2,5%, ma che era indispensabile per approvare questo testo con i 16 voti minimi”.

Secco il giudizio di Damiano Stufara (Prc), e di Paolo Brutti (Idv), che hanno sottolineato la possibile incostituzionalità di una legge caratterizzata anche da scarsa equità. Per il tempo della seduta finale alcuni rappresentanti del Comitato per la democrazia in Umbria hanno partecipato ai lavori esponendo maglie con la scritta “Furto di democrazia”.

 

POLITICA. Primi sondaggi sul possibile esito delle prossime elezioni regionali

È il momento di stringere alleanze

Dopo la nuova legge elettorale, parte la stagione delle alleanze. Oltre all’accordo Pd-Psi, si deve appurare se gli altri pezzi del centrosinistra andranno per conto loro o se sarà possibile allargare la coalizione, guidata da Catiuscia Marini. Intanto Sel, attraverso il coordinatore regionale Fausto Gentili, lancia un appello al Pd e alla Marini per costruire “un vero programma di svolta, in cui siano visibili e riconoscibili con chiarezza alcuni forti elementi di cambiamento. Un programma in cui possano riconoscersi i cittadini più deboli, i giovani e le forze più dinamiche della nostra regione”. Sel chiede un confronto programmatico dal cui esito “dipenderanno i nostri futuri passi verso le elezioni”. È tempo anche di sondaggi. Quello commissionato dal Pd, e realizzato da Swg, ha sondato le intenzioni di voto di 1.000 umbri chiedendo chi voterebbero tra Catiuscia Marini, Claudio Ricci, Mauro Volpi e Laura Alunni (M5s). La Marini sarebbe avanti con una forbice tra il 46 e il 48 per cento; dietro arriverebbe Claudio Ricci con una percentuale che oscilla tra il 29 e il 34 per cento. Un dato, quest’ultimo, che riguarda un sindaco di Assisi a capo di una larga coalizione di centrodestra. Sempre secondo i numeri del Pd, la candidata del Movimento 5 stelle raccoglierebbe tra il 13 e il 14 per cento, mentre Mauro Volpi, che da settimane viene indicato come uno dei candidati di una possibile “Altra Umbria con Tsipras”, raggiungerebbe una percentuale tra il 3,5 e il 4 per cento. Ma lo stesso Ricci che, nell’incertezza del centrodestra, rimane da un anno il candidato dell’area, pur con le sue tre liste “Per l’Umbria popolare”, “Cambiare in Umbria” e “Ricci presidente”, sostiene che i risultati sarebbero completamente diversi nel confronto diretto con la Marini. È un fatto che Ricci non incontri il favore di tutte le anime del centrodestra. Fino a questo momento ha incassato il consenso di Lega nord (e per questo l’Udc non approva), di Gioventù nazionale (l’organizzazione giovanile di “Fratelli d’Italia”), di singoli consiglieri regionali e amministratori. Ma non Forza Italia. E si attendono ancora le decisioni romane. Ma Ricci non pare preoccupato, convinto che “la piramide è stata rovesciata dai cittadini, ed è dal territorio che nascono liste e candidati capaci di attrarre consensi e, ci auguriamo, vincere le regionali in Umbria”.

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Umbria, riforma elettorale: l’opposizione “lascia” https://www.lavoce.it/umbria-riforma-elettorale-lopposizione-lascia/ https://www.lavoce.it/umbria-riforma-elettorale-lopposizione-lascia/#comments Fri, 23 Jan 2015 13:10:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29931 Raffaele Nevi (Forza Italia) e Andrea Lignani Marchesani (Fratelli d’Italia) in Consiglio regionale
Raffaele Nevi (Forza Italia) e Andrea Lignani Marchesani (Fratelli d’Italia) in Consiglio regionale

In Senato si consuma la lotta interna al Pd. Ma anche in Forza Italia per l’approvazione dell’Italicum, in Umbria, più ‘modestamente’, si assiste all’abbandono – da parte di tutti i gruppi di opposizione – dei lavori della Commissione Statuto, dove si sta discutendo la nuova legge elettorale. Si va verso l’approvazione di una legge votata solo dalla maggioranza, e tramonta quindi l’ipotesi di un testo condiviso. “Noi – ha spiegato in una nota il capogruppo di Forza Italia Raffaele Nevi – non parteciperemo più ai lavori. I modi procedurali scelti dalla maggioranza di questo organismo, impegnato nell’elaborazione della legge elettorale, non sono consoni al livello politico e istituzionale che la definizione di regole di democrazia fondamentali come quelle elettorali richiedono”. Per Nevi, “la maggioranza considera la Commissione Statuto il luogo di ratifica di scelte fatte nelle stanze dei partiti di centrosinistra, che rispondono solo a becere logiche di convenienza elettorale. E questo è inaccettabile”. Sulla base del testo base elaborato dal Pd per la nuova legge, sono stati votati e approvati articoli che riguardano l’introduzione del collegio unico, il turno unico e una percentuale massima di donne in lista pari al 60%. Tra le norme approvate, quelle relative alla rappresentanza regionale dei consiglieri senza obbligo di vincolo di mandato, e alla doppia preferenza di genere.

Quanto alle firme necessarie per presentare le liste: ne serviranno da 1.500 a 2.000, ma per la prima applicazione il loro numero sarà dimezzato. Se la nuova legge elettorale non ha trovato una mediazione capace di intercettare le diverse proposte ma ha mostrato la maggioranza di centrosinistra compatta, il voto per i tre ‘grandi elettori’ umbri per scegliere il 29 gennaio il nuovo Presidente della Repubblica ha fatto emergere qualche crepa. Indubbiamente, qualche assessore o consigliere regionale non si sente molto sicuro del proprio futuro, e ha voluto farlo capire. Rappresenteranno l’Umbria la presidente Catiuscia Marini, il presidente dell’assemblea, Eros Brega, e il consigliere d’opposizione Andrea Lignani Marchesani (Fratelli d’Italia), ma l’esito del voto ha suscitato più di un interrogativo. Si dirà che sono le tipiche fibrillazioni in periodo elettorale, ma denotano malcontento. Con voto segreto, limitato a una preferenza, Lignani Marchesani ha ottenuto 12 voti, Brega 9 e Marini 8. Ci sono stati anche un voto per Fiammetta Modena (che ha ceduto il passo a Lignani Marchesani) e uno per Sergio Cofferati, che dopo le vicende legate alle primarie in Liguria ha lasciato il Pd in aperta polemica con il segretario Matteo Renzi. Secondo gli accordi interni alla maggioranza, la Marini avrebbe dovuto ottenere un voto in più rispetto a Brega, e invece si è registrato il contrario. Insomma, la volata per le candidature è cominciata e, come al solito, si stanno rincorrendo le voci sui ‘passaggi di casacca’.

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Riforma delle Province, che gran confusione! https://www.lavoce.it/riforma-delle-province-che-gran-confusione/ Fri, 09 Jan 2015 18:22:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29725 marini-cmykIl 2015 dovrebbe essere un anno di grandi mutamenti nell’assetto istituzionale e amministrativo dell’Umbria, tra la riforma delle Province avviata dal governo Renzi e le elezioni regionali in programma tra qualche mese. In un quadro di incertezze e confusione. Soprattutto per le due Province, con 700 dipendenti da ricollocare, competenze da definire, servizi a rischio (non secondari, come quelli per 140 scuole e 3.000 km di strade), e soldi che potrebbero mancare anche per pagare gli stipendi. In Regione si chiude una legislatura che il presidente del Consiglio regionale Eros Brega, nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, ha definito “la più complessa dell’intera storia dell’Umbria”.

Nella tarda primavera si voterà, ma non si sa ancora con quale legge elettorale. I consiglieri passeranno dagli attuali 30 a 20: un problema in più per i partiti, attualmente impegnati nella ricerca della complicata formula vincente per le ambizioni personali e di lista. E intanto continua la crisi economica, con 137.000 persone che, secondo la Cgil, “vivono una forte sofferenza occupazionale: 51.000 disoccupati, 23.000 giovani che non studiano e non lavorano, 22.000 cassintegrati e 41.000 lavoratori estremamente precari”. E la Regione avrà meno soldi da spendere.

La presidente Catiuscia Marini, nella conferenza stampa di fine anno, ha detto che la legge di stabilità e le varie manovre per ridurre la spesa pubblica nel 2015 faranno mancare nelle casse della Regione una somma stimata in circa 90 milioni di euro. La prossima legislatura poi potrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere l’ultima per la Regione Umbria. Si torna infatti a parlare di “macroregioni”. Due parlamentari del Pd hanno presentato una proposta di legge di riforma costituzionale (dunque un cammino lungo) per ridurre il numero delle Regioni da 20 a 12, con uno schema che prevede l’accorpamento di Umbria, Toscana e provincia di Viterbo. Una macroregione dell’Italia Centrale, della quale però si parla da almeno vent’anni.

Intanto però è partita la riforma delle Province e delle città metropolitane. Dall’ottobre scorso non ci sono più consiglieri provinciali eletti dai cittadini, ma le due Province restano, con i loro palazzi di rappresentanza e le loro strutture. Ci sono due nuovi presidenti (il sindaco di Foligno Nando Mismetti a Perugia e il sindaco della Città dell’acciaio Leopoldo Di Girolamo in provincia di Terni) che non percepiscono indennità aggiuntive per questo incarico. Ci sono però anche 1.350 dipendenti che aspettano ancora di sapere quale sarà il loro futuro.

La riforma varata dal Governo prevede che per 700 di loro si trovi un’altra collocazione; in pratica, che vengano destinati ad altre Amministrazioni pubbliche, che vadano in pensione, o che finiscano in “mobilità”. Ma nessuno ha ancora deciso il loro destino, anche perché resta da definire chi si occuperà dei servizi attualmente svolti dalle Province. Ambiente, trasporti, scuole, strade e pari opportunità restano di loro competenza; ma per la formazione professionale, il turismo, l’agricoltura, sviluppo economco e altre funzioni dovrebbero subentrare Comuni e Regioni, con modalità e tempi da fissare.

Incertezze e confusione che hanno spinto dipendenti e sindacati a clamorose azioni di protesta: a Perugia i lavoratori hanno fatto irruzione nelle sale della Regione dove si teneva la conferenza stampa di fine anno della presidente Marini, mentre a Terni hanno simbolicamente occupato la sede della Provincia. Alla fine di dicembre si è svolta una riunione alla quale hanno partecipato i nuovi Presidenti delle due Province, l’assessore regionale Fabio Paparelli, sindacalisti, dirigenti dell’Anci (Associazione nazionale Comuni) e dell’Upi (Unione Province). Sono state formulate alcune ipotesi. Dei 700 dipendenti in esubero, la Regione ne potrebbe assorbire 130-150. Tra questi ci saranno 50 precari che avranno il contratto prorogato per un anno. Altri 80 potrebbero andare a rinforzare gli organici carenti degli uffici giudiziari, e altri 120, i più fortunati, entro il 2016 potranno andare in pensione. Per i rimanenti si spera di trovare una collocazione in uffici periferici dello Stato, come la Soprintendenza ai beni culturali. Ma c’è anche il problema di 160 dipendenti delle Comunità montane formalmente soppresse da alcuni anni, e che sarebbero dovuti passare alle Province.

Per tutti resta il quesito di chi pagherà gli stipendi da gennaio. Il Governo ha dimezzato il numero dei dipendenti delle Province e dal 1° gennaio 2015 ha anche dimezzato le risorse per pagare loro gli stipendi. Le casse delle due Province umbre – come hanno ricordato i loro Presidenti – sono praticamente vuote, con difficoltà anche ad assicurare il riscaldamento delle scuole e il rifornimento del sale per le strade in caso di neve. Ma anche la Regione e i Comuni, che dovrebbero assumere parte del personale in esubero, non se la passano bene. La nuova legge di stabilità, secondo alcune stime dei sindacati, ha tagliato 160 milioni per gli enti locali dell’Umbria. Insomma, la riforma delle Province tanto attesa, invocata o temuta, forse ridurrà gli sprechi, ma per ora è certo che ha aumentato la confusione.

 

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Pd umbro e riforma elettorale: nulla di fatto https://www.lavoce.it/pd-umbro-e-riforma-elettorale-nulla-di-fatto/ Fri, 07 Nov 2014 13:22:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28902 Pd umbro e riforma elettorale: nulla di fatto
Pd umbro e riforma elettorale: nulla di fatto

Con si riesce a modificare la legge elettorale per le prossime consultazioni di primavera, perché il Pd è profondamente diviso. Non è più un’indiscrezione, ma la conferma della profonda spaccatura in seno al Partito democratico umbro è evidenziata dallo stesso segretario regionale, Giacomo Leonelli, che, al termine di una riunione del gruppo Pd in Consiglio regionale, ha espresso “grande preoccupazione per l’esito della riunione, dalla quale è emersa la mancata condivisione su come modificare la legge elettorale, rispetto invece a quanto stabilito nel corso dell’ultima riunione della Direzione regionale del partito.

Dalla Direzione era infatti stato indicato un percorso ben preciso, che andava verso la scelta dell’introduzione della preferenza di genere, l’abolizione del ‘listino’, e indicava un’ampia prevalenza per il collegio unico regionale. Il ‘nulla di fatto’ della riunione, invece, rischia di minare la credibilità dell’intero Partito democratico dell’Umbria, che, attraverso i suoi organismi designati attraverso il meccanismo delle primarie, aveva largamente condiviso il percorso che stiamo portando avanti, anche tramite le riunioni dei Circoli, e l’introduzione di una legge elettorale con quelle precise caratteristiche.

Il tergiversare oltre, per di più nella non facile fase storica che sta attraversando la nostra regione, significherebbe di fatto assumersi la responsabilità di frenare le istanze di rinnovamento di cui il Partito democratico con i suoi organismi cerca da tempo di rendersi interprete”. Il problema che divide i democratici è tecnico, con un valore politico molto forte: il meccanismo dei “resti”. Se applicato in un certo modo, può salvaguardare i partiti alleati del Pd, altrimenti il Partito democratico diventerebbe padrone dei consensi, in termini di seggi, della quasi totalità della coalizione. Ma c’è anche la questione del turno unico che fa discutere i consiglieri regionali del partito di maggioranza, che dovrebbero portare un testo in Commissione e farlo approvare dall’aula entro pochi giorni. È indubbio che lo scarso tempo a disposizione non aiuta a ragionare freddamente, perché si mescola la necessità di varare una nuova legge elettorale con la possibilità per il singolo consigliere di rientrare o meno tra gli eventuali eletti.

È anche vero che essere arrivati a quattro mesi dalle elezioni senza un testo condiviso implica che, al di là delle tante chiacchiere, non si ha la volontà – tra l’altro – di dare un taglio alla “vergogna” del listino, che ha sempre consentito di sedere a palazzo Cesaroni a tanti che non avrebbero mai catturato consensi. Una legge elettorale dovrebbe garantire, al meglio, la governabilità della Regione. Non la presenza di qualche consigliere regionale.

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Legge elettorale: rifare le regole è un’arte https://www.lavoce.it/legge-elettorale-rifare-le-regole-e-unarte/ Thu, 30 Oct 2014 14:19:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28779 elezioni-16_-urna-elettoraleSulla riforma elettorale si procede a strappi. Le ultime notizie segnalano una significativa svolta, nella prospettiva – sembra – del bipartitismo. O più esattamente, una sorta di bipartitismo imperfetto. Sì come quello oggetto di una famosa definizione (del politologo Giorgio Galli) vecchia del secolo scorso. Cercava di cogliere la peculiarità italiana degli anni Sessanta, un quadro bloccato, con un partito grande sempre al governo, e un altro più piccolo, sempre all’opposizione. Si chiamavano Democrazia cristiana e Partito comunista. Sembra che, per la legge in lunga e faticosa gestazione, Renzi voglia proporre – con l’accordo di Berlusconi – il premio di maggioranza al partito e non alla coalizione, rivedendo il testo votato alla Camera il 12 marzo, così come il difficile accordo sulle soglie di sbarramento, che sembra anch’esso tornare in discussione.

Converrebbe al premier, che si è posto (esplicitamente e con l’ormai nota sicurezza) l’obiettivo di altri due mandati di legislatura, e forse conviene allo stesso Berlusconi, alla ricerca di tutele personali e patrimoniali, oltre che di spazio politico ancillare. Può giovare financo all’appannato Grillo. Di qui la prospettiva di un bipartitismo imperfetto, con un partito a esclusiva vocazione di governo, e altri che presidiano spezzoni di opposizione. Il “maggioritario all’italiana” è da sempre un bricolage in cui la forma prevaleva sulla sostanza, i contenitori sui contenuti, le sigle sulla realtà politica. In realtà, le vicende recenti hanno dimostrato che per vincere le elezioni non servono i premi, ma la capacità politica, come alle europee. Paradossalmente, allo stato attuale il Presidente del Consiglio potrebbe vincere anche con un buon proporzionale con preferenze: in astratto, certamente il sistema più rappresentativo, quello che la Corte costituzionale ha provvisoriamente fissato nella famosa sentenza n. 1 del 2014 e con cui andremmo a votare in caso di elezioni anticipate. Di queste si parla ogni tanto, per smentirle, ma anche per agitarle come spauracchio di fronte a un Parlamento disorientato, cioè, in concreto, a diverse centinaia di parlamentari che non hanno assolutamente alcuna certezza del proprio futuro politico, tanto nel Pd che negli altri schieramenti.

Così il dibattito a strappi sulla legge elettorale rafforza la presa del premier sul suo partito, che vuole trasformare per condannarlo a vincere, ma anche sul più ampio sistema politico, nei confronti del quale si presenta ed emerge senza alternative. Fare bene le regole del gioco – quelle elettorali, e a maggior ragione quelle costituzionali – è un’arte. Bisogna guardare oltre il breve termine e ben combinare le ragioni della governabilità con quelle del pluralismo. Perché, tanto nel proporzionale che nel maggioritario in tutte le sue molteplici sfaccettature, ciò che conta e che permette formare Governi solidi, durevoli e capaci di realizzare, non sono (come ben abbiamo visto) solo i numeri.

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Le “regionali” all’orizzonte https://www.lavoce.it/le-regionali-allorizzonte/ Sat, 19 Jul 2014 08:59:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27182 Palazzo-Cesaroni-5 Non soffrire della ‘sindrome Boccali’ ed evitare, per la presidenza della Regione, una nuova, cocente, sconfitta per il Pd, dopo quella, storica, che ha portato un sindaco di centrodestra alla guida di Perugia. Per questo motivo si rincorrono voci sul fatto che la ricandidatura di Catiuscia Marini non sarebbe così scontata. Forse è troppo presto per fare previsioni, ma da più parti si stanno immaginando, per il centrosinistra, soluzioni diverse per la guida di palazzo Donini.

Probabilmente il tutto nasce anche perché si sta discutendo la nuova legge elettorale che dovrebbe essere approvata entro settembre. La commissione Statuto del Consiglio regionale si è riunita partendo da alcuni punti cardine: la garanzia della governabilità e la più ampia rappresentanza politico-territoriale. Il presidente della commissione Andrea Smacchi (Pd) ha indicato i principi da modificare o integrare e, tra questi, c’è l’abolizione del “listino” e l’elezione diretta del presidente.

Ma restano molti fronti aperti, in particolare sul numero dei collegi e sull’eventuale doppio turno. Quest’ultima opzione piace al centrodestra, che nei primi giorni di settembre dovrebbe presentare la sua proposta di legge: Zaffini (Fratelli d’Italia) è d’accordo, Nevi (FI) la preferirebbe nel caso in cui nessuna coalizione raggiungesse una soglia adeguata di voti. Sì al doppio turno anche da Mantovani (Ncd).

Nel centrosinistra invece il doppio turno non piace particolarmente. Brutti (Idv) lo evidenzia come ipotesi nel caso il vincitore si fermasse sotto al 40% – la stessa soglia indicata anche da Goracci -, proponendo in alternativa un’assegnazione puramente proporzionale dei seggi.

Poi c’è la questione relativa al premio di maggioranza. Per la maggior parte dei commissari, non dovrà superare il 60%. Gli altri capitoli che potrebbero essere fonte di fibrillazione riguardano il numero di collegi e la cosiddetta preferenza di genere. Uno, o al massimo due collegi è l’opzione preferita dal Ncd, mentre Stufara (Prc) ne vorrebbe uno solo.

Ma in questo periodo bisognerà ascoltare anche la voce dei territori. Molti sindaci del Pd hanno detto chiaramente che bisogna salvaguardare la rappresentanza (quindi niente collegio unico), mentre in altre zone – da Spoleto al Trasimeno fino all’alto Tevere – si vorrebbero almeno due collegi. Tra le altre proposte ci sono quelle di Nevi (FI), che oltre a una riduzione delle spese elettorali, insieme a Mantovani (Ncd), chiede la possibilità di nominare assessori esterni senza limitazioni. Per il leghista Cirignoni occorre inserire lo sbarramento al 3% vincolato al risultato della coalizione e l’obbligo, per tutti gli eletti, di dichiarare la propria appartenenza “ad associazioni segrete di ogni livello”.

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Un’equazione che non torna https://www.lavoce.it/unequazione-che-non-torna/ https://www.lavoce.it/unequazione-che-non-torna/#comments Thu, 13 Mar 2014 15:10:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23628 In molti di quelli che per piacere o per dovere seguono le trasmissioni televisive o leggono i giornali sorge spesso una domanda (se non sorge, è un brutto segno): “Ma come fanno i politici e alcuni cittadini politicizzati, gente di partito o di lobby legate a interessi particolari, ad arrabbiarsi tanto per certe cose, e come fanno a ingoiarne tranquillamente tante altre senza fiatare? Come ragiona la gente?”.

Questo pensiero mi è saltato in mente ascoltando i resoconti televisivi delle votazioni alla Camera sulla riforma della legge elettorale che boccia le quote rosa. A parte le sceneggiate delle donne in bianco, qualcuno ha visto la faccia di una famosa e illustre parlamentare stagionata che ha dichiarato che si tratta di un fatto gravissimo, una lacerazione, una ferita che non si potrà rimarginare, che rischia di spaccare il partito e di far saltare tutto. Insomma una tragedia nazionale.

Chi ha una qualche resistenza e autonomia personale di pensiero, ricorda che è successo che una madre abbia ucciso tre figli, un marito ha ucciso la moglie, famiglie al 50 per cento in zona povertà, un albanese qui vicino a noi ha dato una coltellata mortale a un marocchino, in Siria sono morte circa un milione di persone per mano di altri siriani e un’alta percentuale è di bambini, nel nostro civilizzato Continente europeo si sta camminando verso la guerra civile tra ucraini indipendentisti che aspirano a essere inseriti appieno nell’Unione europea e ucraini filo-russi che amano la Grande Madre-Padrona. Negli scontri sono morte già più di cento persone.

Se allarghiamo lo sguardo, sappiamo che in Asia ci sono più di un milione di spose bambine che vengono comprate e vendute, assegnate a mariti di ogni età che potrebbero essere i loro padri o nonni. E potremmo procedere. Non dimentichiamo i bambini-soldato. Tanto per far capire la fonte: l’Osservatore Romano di domenica 9 marzo in prima pagina riporta una risoluzione dell’Onu (la n. 2143), una di quelle “grida” internazionali che lasciano il tempo che trovano purtroppo, in cui si citano otto Paesi coinvolti, con il fenomeno costituito da circa 250 mila minori arruolati e sfruttati nei conflitti armati. Si dirà: che c’entra? Se si pensa a tutto non si fa nulla. E poi le donne sono un tema importante Certo.

Quello che si vuol dire è dare importanza alle cose fondamentali: il lavoro, la salute, la povertà, il futuro e l’educazione dei giovani, la cura degli anziani non autosufficienti e soli, i conflitti in Europa e nel mondo, gli immigrati e i senzatetto, la violenza all’interno delle famiglie e nella società. È possibile che le questioni di lana “politica” siano sempre là a impedire di pensare e fare qualcosa di altro e di utile? Se si devono fare le riforme, facciamole cercando accordi a largo raggio senza pregiudizi. In una Nota il card. Maradiaga, presidente della Caritas internazionale, scrive: “Tanti anni fa insegnavo matematica.

Ma ciononostante, un’equazione non mi torna: le 85 persone più ricche del pianeta possiedono quanto la metà della popolazione mondiale messa insieme” (O.R. 12 marzo 2014, p. 8). Forse è il caso di imitare Papa Francesco e fare un ritiro spirituale per rimettere in ordine i pensieri.

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Dal basso, oseremmo suggerire… https://www.lavoce.it/dal-basso-oseremmo-suggerire/ Thu, 20 Feb 2014 14:16:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22501 Matteo Renzi riceve l’incarico a formare il Governo dal presidente Napolitano
Matteo Renzi riceve l’incarico a formare il Governo dal presidente Napolitano

Quella che sino a pochi giorni fa sembrava una legislatura nata morta per mancanza di vincitore certo, si sta palesando come una legislatura di lungo, se non lunghissimo corso. Tutto merito di Matteo Renzi e di Giorgio Napolitano? Difficile dirlo. Di sicuro, noi cittadini elettori stiamo assistendo a un fatto politico nuovo, del quale dobbiamo decifrare ancora tutte le conseguenze. Non ci aiutano di certo le analisi che stanno accompagnando la nascita del nuovo Governo. Il non-detto sembra prevalere sull’affermato pubblicamente, le ombre delle stanze di decisione sembrano avere la meglio sulla luce delle pratiche pubbliche, le battaglie private concluse sembrano avere il sopravvento sulla tregua pubblica sottoscritta. Difficile sottrarsi, al netto delle speculazioni di parte del Movimento 5 stelle e della Lega, alla sensazione sgradevole di qualche interferenza sulla scena pubblica italiana.

Perché prevale tanto ottimismo? Da dove emerge tutta la voglia di andare in soccorso del vincitore? Dove era nascosta tanta maturità della classe politica italiana? Dov’è maturata tutta la consapevolezza di queste ore che fa convergere pensosi consensi e garanzie di “opposizione responsabile”? Non vivessimo in Italia, dove, fino a qualche giorno fa, sembrava dovessimo tutti noi (cittadini e istituzioni) portare i libri in tribunale, verrebbe da gridare “al miracolo”. Forse, ma è solo un’illazione, in tanti hanno capito di essere arrivati a lambire l’orlo del baratro. E prima di precipitare – ancora “forse” – in molti, nelle stanze che contano, hanno fatto due conti e hanno deciso di scommettere su Renzi e Napolitano. Una scommessa fatta addirittura a occhi chiusi e dita incrociate. Comunque, una scommessa da “la va o la spacca”. Magari annusando l’aria di una vaga ripresa economica accompagnata dalla speranza che in Europa accada qualcosa. Che la paura dei populismi arrembanti in ogni angolo del Continente spinga i potenti d’Europa (Merkel in primis) a guardare all’Italia come un fratellino da aiutare, piuttosto che come uno scolaro indisciplinato da relegare dietro la lavagna. Fuor di metafora, meglio rivedere il vincolo del 3% sul rapporto deficit-Pil che venire travolti dalla “vandea” populista. Non possiamo dire quanto contino tutte queste motivazioni, in ogni caso ci prepariamo a una stagione politica nuova che si annuncia interessante. Almeno per chi deve decifrarla e raccontarla.

Altre invece saranno le valutazioni sul piano della fisiologia dello scontro democratico, sulla necessità di intervenire vigorosamente sull’architettura dello Stato, sull’opportunità (fino a ieri, un mantra) di mettere mano alle riforme costituzionali e alla definizione di una nuova legge elettorale, sull’urgenza di snellire tutte le procedure pubbliche che frenano la libera iniziativa economica e rendono impossibile la vita delle famiglie e delle imprese, sulla revisione dei livelli di tassazione che ormai tolgono fiato agli onesti e ai produttori. L’elenco potrebbe continuare, ma ci fermiamo qui. Sommessamente esponiamo solo le nostre di urgenze. Di noi semplici cittadini elettori. Siamo ben consapevoli che contano poco o niente, e non abbiamo la pretesa di rappresentare nessuno, anche perché – come dice Papa Francesco – non bisogna avere “l’assurda pretesa di trasformarsi in ‘voce’ dei popoli, pensando forse che essi non ce l’abbiano. Tutti i popoli ce l’hanno, magari ridotta a volte a un sussurro a causa dell’oppressione. Bisogna aguzzare l’udito e ascoltarla, ma non voler parlare noi al loro posto”. Dunque, nella consapevolezza di non interpretare e di non rappresentare nessuno, se non noi stessi, ci permettiamo di suggerire al nuovo Governo di tenere a cuore i poveri, il lavoro, le famiglie e la scuola. E facciamo ai governanti un semplice augurio: ascoltate il sussurro del vostro popolo. In quel sussurro c’è tutta la sua sovranità.

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La politica ha perso la bussola https://www.lavoce.it/la-politica-ha-perso-la-bussola/ Thu, 13 Feb 2014 14:54:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22209 Scrivo queste righe mentre l’Italia (quella che si interessa di politica) sta con il fiato sospeso: Letta lascerà il governo? Renzi prenderà il suo posto? Probabilmente, quando il giornale arriverà ai lettori, queste domande avranno già avuto risposta. Comunque vadano le cose, questo episodio mi sembra l’ennesima prova dello sfascio della politica. Il quadro sembrava abbastanza chiaro: Letta governa e Renzi dal suo posto di capo del partito propone le riforme, e soprattutto la nuova legge elettorale; poi, quando saranno state definite le nuove regole del gioco, ci saranno le elezioni e si vedrà chi vince. Stop. Ma se Renzi va al governo (ammesso che ci vada) prima che siano passate le riforme istituzionali e la legge elettorale, la sua posizione diventa più vulnerabile, sarà costretto a più compromessi, la difficoltà di governare appannerà la sua immagine. Quando infine verranno le elezioni, per Renzi presentarsi come capo del Governo uscente sarà uno svantaggio, non un vantaggio. Toccasse a me dargli un consiglio (ma per fortuna sua e mia, non tocca a me) gli direi di non provarci. Intanto, già ora, e anzi da diverso tempo, le grandi istituzioni dello Stato agiscono in modo sempre più confuso. La confusione investe anche i ruoli del Governo e del Parlamento. Le leggi non nascono più in Parlamento, ma vengono alla luce come decreti-legge del Governo, che poi le Camere devono approvare con procedura d’urgenza. Sarebbe, secondo la Costituzione, una formula eccezionale; è diventata invece abituale, e questo è un abuso che la Corte costituzionale ha più volte denunciato. Un altro abuso è quello di infilare nei decreti-legge o nelle leggi che li ratificano contenuti eterogenei, disparati; e ciò toglie senso al dibattito parlamentare. È accaduto nelle settimane scorse con il decreto-legge che si occupava promiscuamente dell’Imu e della Banca d’Italia; era accaduto otto anni fa con la legge Fini-Giovanardi sui tossicodipendenti (infilata nel decreto-legge per il finanziamento delle Olimpiadi invernali di Torino) che proprio per questo è stata annullata dalla Corte costituzionale mercoledì scorso. Il sistema politico ha perso la bussola.

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È la volta che la Politica cambia? https://www.lavoce.it/e-la-volta-che-la-politica-cambia/ Thu, 23 Jan 2014 14:28:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21678 È la volta buona? La volta, voglio dire, che si fa una nuova legge elettorale, dopo anni di chiacchiere inconcludenti, e che si dà uno scossone al sistema politico italiano rimettendolo in moto. L’attivismo forsennato di Renzi, a quanto pare, sta dando qualche frutto. È presto per dire se saranno frutti buoni o cattivi. Ma almeno c’è un po’ di movimento, si stanno rimescolando le carte, si cambia gioco. Fosse pure tutto sbagliato, potrebbe almeno servire per far tornare l’interessamento alla politica, intesa come proposte, come dibattito su cose concrete, non più come un eterno teatrino dei pupi dove le maschere ripetono sempre la stessa parte. Per un po’ la ripetizione piace, dà sicurezza, gli spettatori ridono quando puntualmente, come previsto, Pulcinella prende a bastonate Arlecchino; ma a un certo punto non se ne può più. Anche perché nel frattempo la vita reale, quella della gente vera, pone problemi altrettanto reali che esigono risposte. Dunque la rottura degli schemi è già un fatto positivo. Come è saltato fuori un Renzi che non assomiglia a nessuno di quelli che c’erano e parla un linguaggio diverso, ora è possibile che da un’altra parte ne salti fuori un altro, anche lui diverso da tutti (Renzi compreso, s’intende) e poi un altro ancora. Magari di qui a poco avremo un quadro politico nel quale saranno cambiati tutti i protagonisti e gli schieramenti. Basterà questo per salvare l’Italia? Certamente no. L’Italia non si salva dall’alto, cioè dai vertici della politica, ma dal basso, cioè dai comportamenti di massa dei singoli cittadini, se saranno comportamenti virtuosi e costruttivi, ciascuno nel suo piccolo (come è stato negli anni della grande crescita, dal 1948 al 1968). Però il rinnovamento della politica serve, se non altro, perché elimina gli alibi morali che hanno fornito una giustificazione al disinteresse e al disimpegno: quella diffusa convinzione che la politica sia fatta solo di chiacchiere e di arricchimenti illeciti, e che il Paese possa andare avanti da solo. Invece, della (buona) politica il Paese ha bisogno.

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Renzi, il segno di discontinuità https://www.lavoce.it/renzi-il-segno-di-discontinuita/ Fri, 13 Dec 2013 14:05:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21053 Il successo di Renzi è indiscutibile: da solo ha avuto più del doppio dei voti dei suoi due avversari messi insieme. La storia del suo partito ha voltato pagina, definitivamente; e non solo quella del suo partito, ma probabilmente quella dell’intero sistema politico italiano.

Sulle proposte politiche di Renzi si potrà essere d’accordo o no (e qualcuno potrà anche dire che non esistono) ma mi sembra impossibile negare che il suo avvento alla segreteria segni una totale discontinuità con cui anche gli avversari dovranno fare i conti: per esempio, non sarà più possibile acchiappare voti sfruttando la paura del comunismo. La speranza insomma è che non si faccia più politica suonando sempre (da una parte e dall’altra) le vecchie canzoni e agitando le pregiudiziali ideologiche, ma discutendo invece su temi reali e concreti.

Uno dei segni di stanchezza e decadenza del nostro sistema politico è che da tempo i partiti hanno smesso di cercare di allargare i propri consensi pescando elettori nel campo avverso: lo sforzo è solo quello di convincere i propri elettori di sempre ad andare ancora una volta alle urne invece di stare a casa. Chi è più bravo in questo gioco, vince, ma il sistema politico resta bloccato. Renzi rompe questi schemi. Io non ho votato alle primarie del Pd (non partecipo mai alle manifestazioni dei partiti) ma so per certo che ci sono andate, e hanno votato per Renzi, persone che per il Pd non avevano mai votato. La novità dirompente è proprio questa: la capacità di attirare elettori dall’altra parte della barricata – che dunque vuol dire la scomparsa della barricata. Gli altri si dovranno adeguare. È questo, molto più che una nuova legge elettorale, che potrà dare all’Italia un sistema politico finalmente moderno. Ma è solo l’inizio. Nulla è facile e semplice.

Quello che va ricostruito, da zero, è la cultura politica; e anche la moralità della politica. Più che aggiornare le tecniche elettorali, conta elaborare, interiorizzare e diffondere le idee e i valori. E all’orizzonte non si vede granché.

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