istruzione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/istruzione-2/ Settimanale di informazione regionale Fri, 04 Nov 2022 11:00:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg istruzione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/istruzione-2/ 32 32 Sul ministero di Istruzione “e merito”, diatriba senza contenuti https://www.lavoce.it/ministero-istruzione-merito-diatriba-senza-contenuti/ Fri, 04 Nov 2022 10:51:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69175 Logo rubrica Il punto

Qualche settimana fa ho parlato del vezzo italiano di inventare, a ogni cambio di Governo, nuovi nomi – più o meno di fantasia – per i vecchi ministeri. Come quegli spot pubblicitari che lì per lì sembrano chissà che, e poi ti rendi conto che non dicono nulla. È il caso del ministero dell’Istruzione, che adesso si chiama anche “del merito”. Si sono scatenate polemiche fra quelli per i quali l’innovazione è sacrosanta e quelli per i quali è scellerata. Come spesso accade, lo scontro deriva semplicemente dal fatto che gli uni e gli altri intendono diversamente la parola “merito”, ma nessuno di loro si prende la briga di chiarire l’enigma. Per gli uni, merito nella scuola vuol dire che i voti più alti li prendono i bravi – quelli che studiano, si impegnano e apprendono veramente tutto ciò di cui avranno bisogno nella loro futura professione – mentre gli altri dovranno riparare o cambiare indirizzo di studi. Per gli altri, merito vuol dire che ci sarà una selezione classista per cui i figli dei poveri saranno bocciati (questo veramente sembrerebbe non il merito ma il suo contrario, ma lasciamo stare). Le due tesi contrapposte vengono sostenute appassionatamente come se questo cambiamento di nome avesse già mutato la realtà, nel bene o nel male. Invece non è vero. Potevano chiamarlo anche ministero della Sublime Perfezione, ma di fatto tutto resta – per ora e chissà per quanto – come prima. Non è cambiata una virgola in quella massa di leggi, regolamenti, circolari, direttive, programmi d’indirizzo, piani d’istituto, che poi alla fine del salmo produce il cento per cento dei promossi all’esame di maturità (o come si chiama adesso). Solo se e quando il nuovo ministro ci metterà mano – ammesso che ci riesca – si potrà dire che qualcosa sia veramente cambiato e se sia cambiato in meglio o in peggio. Per quanto mi riguarda, ho avuto compagni bocciati già in prima elementare (anno scolastico 1949-50), ma l’ingiustizia non era questa: era che una buona metà degli scolari, non importa se più o meno bravi, non andava oltre la quinta perché, dopo quella, la scuola non era per tutti. Ma grazie a Dio questo non accade più; e non si tornerà indietro, merito o non merito.

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Qualche settimana fa ho parlato del vezzo italiano di inventare, a ogni cambio di Governo, nuovi nomi – più o meno di fantasia – per i vecchi ministeri. Come quegli spot pubblicitari che lì per lì sembrano chissà che, e poi ti rendi conto che non dicono nulla. È il caso del ministero dell’Istruzione, che adesso si chiama anche “del merito”. Si sono scatenate polemiche fra quelli per i quali l’innovazione è sacrosanta e quelli per i quali è scellerata. Come spesso accade, lo scontro deriva semplicemente dal fatto che gli uni e gli altri intendono diversamente la parola “merito”, ma nessuno di loro si prende la briga di chiarire l’enigma. Per gli uni, merito nella scuola vuol dire che i voti più alti li prendono i bravi – quelli che studiano, si impegnano e apprendono veramente tutto ciò di cui avranno bisogno nella loro futura professione – mentre gli altri dovranno riparare o cambiare indirizzo di studi. Per gli altri, merito vuol dire che ci sarà una selezione classista per cui i figli dei poveri saranno bocciati (questo veramente sembrerebbe non il merito ma il suo contrario, ma lasciamo stare). Le due tesi contrapposte vengono sostenute appassionatamente come se questo cambiamento di nome avesse già mutato la realtà, nel bene o nel male. Invece non è vero. Potevano chiamarlo anche ministero della Sublime Perfezione, ma di fatto tutto resta – per ora e chissà per quanto – come prima. Non è cambiata una virgola in quella massa di leggi, regolamenti, circolari, direttive, programmi d’indirizzo, piani d’istituto, che poi alla fine del salmo produce il cento per cento dei promossi all’esame di maturità (o come si chiama adesso). Solo se e quando il nuovo ministro ci metterà mano – ammesso che ci riesca – si potrà dire che qualcosa sia veramente cambiato e se sia cambiato in meglio o in peggio. Per quanto mi riguarda, ho avuto compagni bocciati già in prima elementare (anno scolastico 1949-50), ma l’ingiustizia non era questa: era che una buona metà degli scolari, non importa se più o meno bravi, non andava oltre la quinta perché, dopo quella, la scuola non era per tutti. Ma grazie a Dio questo non accade più; e non si tornerà indietro, merito o non merito.

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Ci avevano detto che “studiare serve” https://www.lavoce.it/studiare-serve/ Thu, 08 Aug 2019 08:07:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55093 lente d'ingrandimento, logo rubrica De gustibus

di Daris Giancarlini Tra i segnali più evidenti della crisi di un modello di società c'è la rarefazione, fino alla scomparsa, del pacchetto di valori condivisi intorno ai quali quel modello stesso si era formato. Nell'Italia del dopoguerra e della rinascita, hanno tenuto insieme il tessuto sociale valori e modi di vita basati sulla solidarietà, il rispetto del prossimo, la buona educazione. E l'istruzione. "Prenditi un pezzo di carta": chi di noi figli del Dopoguerra non ha ascoltato dai propri genitori questa frase? Poi c'è stato chi ce l'ha fatta, a completare un buon percorso di formazione, e chi per mille motivi non lo ha potuto fare. Magari pentendosene, e per questo sollecitando a farlo i propri figli e nipoti. La sensazione che si ha ora è che la considerazione sociale di cui godeva il valore dell'istruzione si sia un po' persa. Di certo negli ultimi decenni sono transitati nell'opinione pubblica messaggi, provenienti dal mondo della politica ma non solo, per cui non fosse più necessario, per fare carriera o semplicemente rendersi la vita più soddisfacente, ricorrere all'impegno, al sacrificio e allo studio. Sono stati indicati percorsi brevi, in cui studio e formazione non necessariamente sono tra i requisiti principali. E se in una discussione a un tavolo tra amici e conoscenti, qualcuno magari ancora attaccato al vecchio modo di pensare si prova a ribadire che 'studiare serve', viene subito rintuzzato con obiezioni del tipo "è una perdita di tempo e di denaro". Certo, a scattare selfie si fa prima.]]>
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di Daris Giancarlini Tra i segnali più evidenti della crisi di un modello di società c'è la rarefazione, fino alla scomparsa, del pacchetto di valori condivisi intorno ai quali quel modello stesso si era formato. Nell'Italia del dopoguerra e della rinascita, hanno tenuto insieme il tessuto sociale valori e modi di vita basati sulla solidarietà, il rispetto del prossimo, la buona educazione. E l'istruzione. "Prenditi un pezzo di carta": chi di noi figli del Dopoguerra non ha ascoltato dai propri genitori questa frase? Poi c'è stato chi ce l'ha fatta, a completare un buon percorso di formazione, e chi per mille motivi non lo ha potuto fare. Magari pentendosene, e per questo sollecitando a farlo i propri figli e nipoti. La sensazione che si ha ora è che la considerazione sociale di cui godeva il valore dell'istruzione si sia un po' persa. Di certo negli ultimi decenni sono transitati nell'opinione pubblica messaggi, provenienti dal mondo della politica ma non solo, per cui non fosse più necessario, per fare carriera o semplicemente rendersi la vita più soddisfacente, ricorrere all'impegno, al sacrificio e allo studio. Sono stati indicati percorsi brevi, in cui studio e formazione non necessariamente sono tra i requisiti principali. E se in una discussione a un tavolo tra amici e conoscenti, qualcuno magari ancora attaccato al vecchio modo di pensare si prova a ribadire che 'studiare serve', viene subito rintuzzato con obiezioni del tipo "è una perdita di tempo e di denaro". Certo, a scattare selfie si fa prima.]]>
Sviluppo sostenibile: a che punto è l’Umbria https://www.lavoce.it/sviluppo-sostenibile-umbria/ Fri, 08 Feb 2019 10:00:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53979 sostenibile

Nell’articolo precedente abbiamo segnalato la rilevanza che una parte crescente di opinione pubblica tende ad attribuire alla sostenibilità della crescita, grazie alla quale, come si afferma nel Rapporto Brundtland (della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, 1987), il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente non comprometta il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future.

I quattro pilastri su cui si fonda questo concetto sono l’ambiente, l’economia, le istituzioni e la questione sociale. Di essi occorre garantire una gestione appropriata, mantenendo tra loro un corretto equilibrio, perché il venir meno di uno solo di essi potrebbe determinare l’insostenibilità complessiva del processo di sviluppo. In corrispondenza, si è affermato uno schema concettuale basato su quattro diverse forme di capitale, appunto naturale, economico, umano e sociale.

L’impegno collettivo deve essere volto a impedire che il depauperamento di queste forme di capitale determini la suddetta insostenibilità. Per puntare a questo risultato, occorre formulare e attuare politiche proiettate nel medio e lungo periodo, per cercare di cogliere il futuro verso cui tende il sistema economico e sociale.

Ciò purtroppo è il contrario di quanto osserviamo, anche in Italia, in economia, che va alla ricerca di profitti immediati, e in politica, in cui ogni sforzo mira a catturare il consenso degli elettori nel prossimo turno. C’è bisogno di una politica che pensi con una visione ampia e che sposi un approccio integrale ai problemi.

Italia ancora lontana

Gli Obiettivi di uno sviluppo sostenibile (Sdg), che abbiamo elencato nell’articolo precedente, riflettono appunto questo impegno a garantire un livello sostenibile delle quattro forme di capitale prima ricordate. L’Italia risulta molto distante dagli Obiettivi riguardanti la povertà, la salute, l’energia, le disuguaglianza, le performance economiche, lo stato delle infrastrutture e delle città.

Secondo gli studi dell’Asvis (Alleanza per lo sviluppo sostenibile, istituita in Italia nel 2016) risulterebbe impossibile per l’Italia raggiungere gli Sdg in assenza di una radicale trasformazione del “sistema Paese”.

Per mettere il Paese in grado di fronteggiare i mutamenti, gli shock che ci attendono, occorre imboccare la strada di una coraggiosa, profonda trasformazione - si pensi agli effetti dell’automazione e del cambiamento climatico su una popolazione invecchiata e disillusa sull’efficacia di politiche già sperimentate in passato.

Come suggerisce Giovannini, occorrono dunque politiche “trasformative”, lungo quattro direttrici di “trasformazione fondamentale di carattere sistemico, riguardanti il sistema energetico, il sistema produttivo, il sistema educativo e il sistema fiscale”.

Principalmente, si tratta di diffondere l’economia digitale e circolare (5) verso la piena circolarità, su tutte le fasi, e la formazione lungo tutto il ciclo di vita delle persone; di rafforzare lo studio delle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica); di aumentare il numero di laureati, garantire un’alternanza scuola-lavoro di qualità, riorientare entrate e spese fiscali allo sviluppo sostenibile, contrarre l’evasione fiscale e contributiva (continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce).

Pierluigi Grasselli

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Nell’articolo precedente abbiamo segnalato la rilevanza che una parte crescente di opinione pubblica tende ad attribuire alla sostenibilità della crescita, grazie alla quale, come si afferma nel Rapporto Brundtland (della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, 1987), il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente non comprometta il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future.

I quattro pilastri su cui si fonda questo concetto sono l’ambiente, l’economia, le istituzioni e la questione sociale. Di essi occorre garantire una gestione appropriata, mantenendo tra loro un corretto equilibrio, perché il venir meno di uno solo di essi potrebbe determinare l’insostenibilità complessiva del processo di sviluppo. In corrispondenza, si è affermato uno schema concettuale basato su quattro diverse forme di capitale, appunto naturale, economico, umano e sociale.

L’impegno collettivo deve essere volto a impedire che il depauperamento di queste forme di capitale determini la suddetta insostenibilità. Per puntare a questo risultato, occorre formulare e attuare politiche proiettate nel medio e lungo periodo, per cercare di cogliere il futuro verso cui tende il sistema economico e sociale.

Ciò purtroppo è il contrario di quanto osserviamo, anche in Italia, in economia, che va alla ricerca di profitti immediati, e in politica, in cui ogni sforzo mira a catturare il consenso degli elettori nel prossimo turno. C’è bisogno di una politica che pensi con una visione ampia e che sposi un approccio integrale ai problemi.

Italia ancora lontana

Gli Obiettivi di uno sviluppo sostenibile (Sdg), che abbiamo elencato nell’articolo precedente, riflettono appunto questo impegno a garantire un livello sostenibile delle quattro forme di capitale prima ricordate. L’Italia risulta molto distante dagli Obiettivi riguardanti la povertà, la salute, l’energia, le disuguaglianza, le performance economiche, lo stato delle infrastrutture e delle città.

Secondo gli studi dell’Asvis (Alleanza per lo sviluppo sostenibile, istituita in Italia nel 2016) risulterebbe impossibile per l’Italia raggiungere gli Sdg in assenza di una radicale trasformazione del “sistema Paese”.

Per mettere il Paese in grado di fronteggiare i mutamenti, gli shock che ci attendono, occorre imboccare la strada di una coraggiosa, profonda trasformazione - si pensi agli effetti dell’automazione e del cambiamento climatico su una popolazione invecchiata e disillusa sull’efficacia di politiche già sperimentate in passato.

Come suggerisce Giovannini, occorrono dunque politiche “trasformative”, lungo quattro direttrici di “trasformazione fondamentale di carattere sistemico, riguardanti il sistema energetico, il sistema produttivo, il sistema educativo e il sistema fiscale”.

Principalmente, si tratta di diffondere l’economia digitale e circolare (5) verso la piena circolarità, su tutte le fasi, e la formazione lungo tutto il ciclo di vita delle persone; di rafforzare lo studio delle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica); di aumentare il numero di laureati, garantire un’alternanza scuola-lavoro di qualità, riorientare entrate e spese fiscali allo sviluppo sostenibile, contrarre l’evasione fiscale e contributiva (continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce).

Pierluigi Grasselli

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La finanza italiana depreda la Nigeria https://www.lavoce.it/finanza-italiana-nigeria/ Mon, 21 Jan 2019 08:00:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53829 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

di Tonio Dell’Olio

Colpevole o distratta, l’informazione mancata su un processo che si sta celebrando a Milano, e che vede alla sbarra 13 imputati dell’alta finanza italiana, è un caso di scuola. L’accusa recita: “Sottrazione di oltre un miliardo di dollari dalle casse del Governo nigeriano”. Il caso riguarda Nigeria, Paesi Bassi, Italia, Regno Unito e Usa, e viene definito il più grande caso di corruzione internazionale dell’industria petrolifera mondiale.

Si tratta del pagamento di una concessione petrolifera denominata Opl 245 al largo del Delta del Niger, i cui soldi non sono mai arrivati a destinazione e, a quanto pare, hanno preso strade diverse. Eni e Shell si erano aggiudicati un affare che gli esperti dell’industria estrattiva definiscono come il più grande giacimento petrolifero d’Africa. Qui ci manca lo spazio per dettagliare il caso, ma almeno due informazioni sono d’obbligo.

Il processo è in corso e non vogliamo anticipare condanne, solo ci preme dar conto di due imputati che hanno scelto il rito abbreviato, ammettendo quindi le proprie colpe. La seconda considerazione è che la somma di un miliardo e 92 milioni di dollari, che sembra sparita nel nulla, corrisponde esattamente al bilancio dell’Istruzione 2018 della Nigeria. Non è questo che si intende quando si dice di “aiutarli a casa loro”?

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di Tonio Dell’Olio

Colpevole o distratta, l’informazione mancata su un processo che si sta celebrando a Milano, e che vede alla sbarra 13 imputati dell’alta finanza italiana, è un caso di scuola. L’accusa recita: “Sottrazione di oltre un miliardo di dollari dalle casse del Governo nigeriano”. Il caso riguarda Nigeria, Paesi Bassi, Italia, Regno Unito e Usa, e viene definito il più grande caso di corruzione internazionale dell’industria petrolifera mondiale.

Si tratta del pagamento di una concessione petrolifera denominata Opl 245 al largo del Delta del Niger, i cui soldi non sono mai arrivati a destinazione e, a quanto pare, hanno preso strade diverse. Eni e Shell si erano aggiudicati un affare che gli esperti dell’industria estrattiva definiscono come il più grande giacimento petrolifero d’Africa. Qui ci manca lo spazio per dettagliare il caso, ma almeno due informazioni sono d’obbligo.

Il processo è in corso e non vogliamo anticipare condanne, solo ci preme dar conto di due imputati che hanno scelto il rito abbreviato, ammettendo quindi le proprie colpe. La seconda considerazione è che la somma di un miliardo e 92 milioni di dollari, che sembra sparita nel nulla, corrisponde esattamente al bilancio dell’Istruzione 2018 della Nigeria. Non è questo che si intende quando si dice di “aiutarli a casa loro”?

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Perfino il Ministro boicotta la scuola https://www.lavoce.it/ministro-boicotta-scuola/ Thu, 13 Dec 2018 09:15:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53616 lente d'ingrandimento, logo rubrica De gustibus

di Daris Giancarlini

Vengo da un altro mondo, da un’altra epoca: così mi spiego il mio stupore di fronte all’uscita pre-natalizia dell’attuale ministro dell’Istruzione, del quale, se non ci fosse stato questo episodio, non mi sarei mai ricordato il nome, visto il silenzio che aveva avvolto il suo operato finora.

Ma Marco Bussetti adesso me lo ricorderò per un pezzo - in vista della lunga pausa per le feste, ha visto bene di indossare i panni di Babbo Natale, regalando ai docenti di ogni ordine e grado l’invito - tramite circolare a diminuire la quantità di compiti durante le vacanze.

Entusiasmo tra i ragazzi... ma loro sono ragazzi. Io che, purtroppo, non lo sono più anagraficamente, da qualche anno, mi chiedo se uno che ha il timone di una ‘barca’ così malmessa come quella della scuola italiana possa scegliere di legare la prima presa di posizione importante a una sorta di invito a studiare meno.

Le statistiche ci dicono che agli studenti italiani vengono assegnati compiti per 9 ore a settimana (secondi dietro a quelli russi, con 10). Non mi pare un’esagerazione: fa circa un’ora e mezza al giorno. E durante una pausa lunga come quella per le feste di Natale e Capodanno, il rischio non è di appesantirsi con troppi compiti, ma casomai di perdere allenamento allo studio se si studia poco.

Ma, appunto, queste sono considerazioni di un dinosauro, che andava a scuola in tempi dove maestri e professori avevano sempre ragione, erano figure di riferimento e venivano rispettati dalle famiglie. E dai ministri.

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di Daris Giancarlini

Vengo da un altro mondo, da un’altra epoca: così mi spiego il mio stupore di fronte all’uscita pre-natalizia dell’attuale ministro dell’Istruzione, del quale, se non ci fosse stato questo episodio, non mi sarei mai ricordato il nome, visto il silenzio che aveva avvolto il suo operato finora.

Ma Marco Bussetti adesso me lo ricorderò per un pezzo - in vista della lunga pausa per le feste, ha visto bene di indossare i panni di Babbo Natale, regalando ai docenti di ogni ordine e grado l’invito - tramite circolare a diminuire la quantità di compiti durante le vacanze.

Entusiasmo tra i ragazzi... ma loro sono ragazzi. Io che, purtroppo, non lo sono più anagraficamente, da qualche anno, mi chiedo se uno che ha il timone di una ‘barca’ così malmessa come quella della scuola italiana possa scegliere di legare la prima presa di posizione importante a una sorta di invito a studiare meno.

Le statistiche ci dicono che agli studenti italiani vengono assegnati compiti per 9 ore a settimana (secondi dietro a quelli russi, con 10). Non mi pare un’esagerazione: fa circa un’ora e mezza al giorno. E durante una pausa lunga come quella per le feste di Natale e Capodanno, il rischio non è di appesantirsi con troppi compiti, ma casomai di perdere allenamento allo studio se si studia poco.

Ma, appunto, queste sono considerazioni di un dinosauro, che andava a scuola in tempi dove maestri e professori avevano sempre ragione, erano figure di riferimento e venivano rispettati dalle famiglie. E dai ministri.

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Dieci motivi per scegliere una scuola cattolica https://www.lavoce.it/dieci-motivi-per-scegliere-una-scuola-cattolica/ Thu, 10 Sep 2015 10:25:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43169 scuola-paritarieQuarantacinque scuole materne, 5 elementari, 3 medie e 1 superiore nella provincia di Perugia; 19 materne, 1 elementare, 1 media e 1 superiore in quella di Terni. Una media di 20 bambini per classe alla materna, 15 alle elementari, alle medie e alle superiori.

Sono alcuni numeri delle scuole cattoliche presenti in Umbria. La maggioranza è gestita da Ordini religiosi, alcune dalle parrocchie e altre da cooperative sociali nate all’interno della scuola che proseguono il progetto educativo avviato dai fondatori.

Suore, frati, preti e personale laico si mettono al servizio di tante famiglie per formare i piccoli e i giovani, insegnando loro a leggere e scrivere, ad approfondire le varie materie didattiche, ma soprattutto li educano ai valori del cristianesimo quali la vita, la famiglia, la pace, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità.

Questo servizio oggi è messo in crisi non tanto dal calo di vocazioni (elemento comunque da non trascurare), ma dai continui tagli che gli istituti paritari subiscono dallo Stato.

Eppure, secondo uno studio condotto dall’Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc) per ogni studente iscritto alla scuola dell’infanzia paritaria lo Stato ha un risparmio di 5.532 euro, che sale a 6.500 euro per quella primaria, arriva a 7.528 euro per la secondaria di primo grado, fino agli 8.057 per le secondarie di secondo grado. Se, dunque, gli istituti d’istruzione cattolica chiudessero, avremmo un aggravio per i costi di istruzione pubblica pari a 6 miliardi e 245 milioni di euro.

“È vero – dice suor Anna Bortoli, superiora delle Maestre pie Filippini di Spoleto (scuola nata nel 1824 per volere di papa Leone XII) – che lo Stato tenta sempre di metterci i bastoni tra le ruote, ma noi resistiamo e andiamo avanti, convinti dei valori che testimoniamo con la vita e trasmettiamo con l’insegnamento. Il futuro non sarà facile, e per questo chiediamo a tutte le parrocchie dell’Umbria di far conoscere ancora di più le nostre scuole alle famiglie. È solo unendo le forze – conclude la religiosa – che questi luoghi di formazione cristiana potranno continuare a esistere, in modalità certamente diverse dal passato e con un numero di religiosi/e molto minore”.

Un gruppo di mamme spoletine ha elencato 10 buoni motivi per cui una famiglia dovrebbe iscrivere il proprio figlio/a in una scuola cattolica: è una comunità aperta a tutti, che poggia sulla centralità della persona; ha un progetto educativo rivolto alla formazione integrale; procura una crescita serena e ben orientata alla vita secondo la visione del Vangelo; educa a fare scelte libere e responsabili; risponde alle sfide culturali del nostro tempo; coltiva i valori per costruire il futuro; educa alla convivenza pacifica, solidale e fraterna; considera il sapere non solo come mezzo di affermazione e arricchimento, ma come dovere di servizio e responsabilità verso gli altri; si apre agli altri nel rispetto delle diversità; cammina insieme alla famiglia.

Le scuole cattoliche in Umbria sono una bella realtà: a tutti l’impegno di sostenerle facendo conoscere la loro missione educativa volta a sviluppare il senso del vero, del bene e del bello. Come ha ricordato Papa Francesco nell’incontro con le scuole cattoliche il 14 maggio 2014: “E per favore… per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!”.

 

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Scuole private: lo Stato “può” finanziarle https://www.lavoce.it/scuole-private-lo-stato-puo-finanziarle/ Thu, 30 Jul 2015 08:32:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=41104 Tornano ancora in questi giorni le polemiche sui contributi statali alle scuole private (quelle cattoliche, ma anche le altre). È una questione molto complessa, perché quando si parla di contributi, e anche quando si parla di scuole, si possono intendere tante cose diverse e quindi prima di azzuffarsi fra chi è pro e chi è contro bisognerebbe mettere in chiaro di che cosa si sta discutendo.

In ogni caso, si dovrebbe discuterne serenamente analizzando i vantaggi e gli svantaggi delle varie soluzioni, ed evitare le prese di posizione pregiudiziali.

Invece, in genere chi è contrario ne fa una questione di principio invocando addirittura un articolo della Costituzione: l’art. 33 che dice che chiunque è libero di aprire una scuola “senza oneri per lo Stato”. Secondo loro questa norma stabilisce un divieto: è vietato allo Stato assumere oneri per aiutare le scuole private. La tesi appare subito un po’ azzardata se si pensa che lo Stato italiano, alla luce del sole, finanzia un po’ tutto, dalle cliniche private ai circhi equestri.

Perché dovrebbe esserci un divieto proprio per un servizio utile come una scuola? Sul piano tecnico giuridico, c’è un passaggio tanto essenziale quanto elementare, che però il pregiudizio nasconde agli occhi di quasi tutti. Si tratta della differenza che c’è fra un “divieto” e un “non obbligo”.

Chi ha scritto l’art. 33 intendeva dire che la libertà di aprire scuole, costituzionalmente garantita, non include il diritto a riceverne le risorse dallo Stato; quindi lo Stato non è obbligato a fornirgliele (precisazione non superflua, perché al contrario altri diritti fondamentali includono l’obbligo dello Stato di farsi carico delle risorse). Ma un conto è dire che lo Stato “non è obbligato”, e un conto è dire che ci sia un divieto.

Se uno vuol aprire una scuola dove si insegna a giocare a poker, giustamente lo Stato non pagherà nulla. Ma se uno apre una scuola che fornisce l’istruzione obbligatoria rispettando i programmi ministeriali, si tratta di un servizio pubblico gestito da privati e non ci può essere un divieto costituzionale che impedisca allo Stato di agevolarlo, se ne riconosce l’utilità.

 

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Maturando, conosci te stesso https://www.lavoce.it/maturando-conosci-te-stesso/ Thu, 18 Jun 2015 11:20:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36224 Ora che il trambusto delle piazze contro la riforma detta della “Buona scuola” è terminato, l’Italia risente il clima della scuola reale in atto. È la maturità: un appuntamento che richiama la società con un segnale di serietà e qualità. Si fanno tanti esami nella vita e nella scuola, dalla primaria e scuola dell’obbligo alle facoltà universitarie, e tutti sono impegnativi e faticosi, nella vita privata e familiare. Quello di maturità, a parte il rito dell’apertura delle buste sigillate del ministero della Pubblica istruzione – ora c’è il “plico telematico” -, per chi lo fa da studente e anche da docente, lascia un segno che rimane nel tempo.

Attorno all’esame si attivano anche autorità scolastiche nazionali, nel nostro caso la ministra Giannini, già rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, e regionali, con informazioni, consigli e raccomandazioni. Per quelli che la affrontano, la maturità costituisce la conclusione di un percorso fatto insieme dagli studenti, spesso anche con docenti che portano quella classe fino all’esame per tutti gli anni del liceo; e dove, pertanto, come è naturale, si intrecciano profonde e durature amicizie.

È anche una svolta: terminato l’esame, ognuno cerca la sua via nel proseguire gli studi o nel cercare un immediato lavoro, prima tutti insieme e poi ognuno per conto suo, salvo rare eccezioni. Il trovarsi così da soli di fronte a scelte fondamentali della vita e della professione esige maturità. E non si tratta della somma delle nozioni raccolte e conservate in memoria – o almeno non solo quelle, anche se saranno sempre utili per la conoscenza e il giudizio di valore sulle cose e le vicende umane – ma maturità intesa come essere in grado di condurre la propria esistenza con consapevolezza e responsabilità.

Si pensi alla responsabilità di scegliere un indirizzo professionale che poi ti lega per la vita. La scuola dovrebbe preparare a fare queste scelte con un occhio anche fuori dall’aula, con esperienze in aziende e ambienti produttivi. Qui però entreremmo nell’intricato e conflittuale discorso della riforma scolastica; discorso che non facciamo, attendendo chiarimenti dalla maxi-conferenza nazionale di luglio promessa da Renzi. Non ci facciamo tuttavia illusioni. Dal tempo di Socrate si discute sul significato dell’insegnare e dell’imparare, del sapere e del ricercare la verità e la bellezza delle cose, del conoscere se stessi e le leggi dello Stato, e nessuno ha trovato la formula definitiva.

Si procede per esperimenti, suscettibili di aggiornamento seguendo la trasformazione della società: cambiamenti a volte lenti e talvolta, come nel nostro tempo, rapidi e radicali. Una cosa che è pure spesso incerta e inadeguata è la situazione economica e professionale degli insegnanti, ai quali è attribuita la competenza e la responsabilità della “maturità” o comunque, per le classi intermedie, del progresso e crescita degli studenti. Un compito importante, delicato e non sempre adeguatamente riconosciuto dalla società.

Nei giorni trascorsi l’opinione pubblica si è meravigliata della vivacità, o si direbbe, della rabbia eccessiva espressa nelle manifestazioni di piazza da parte di docenti e studenti rispetto alla calma e al disinganno di altri. Queste agitazioni, comparate con l’atteggiamento mostrato all’uscita dalle prove, suscitano una domanda spontanea: chi sono questi giovani? Quelli seri e rigorosi nell’esprimere le loro idee, perfino timidi di fronte al microfono di un giornalista che li intervista, o quelli tambureggianti, dal fischietto sonoro e dallo slogan facile delle piazze? Forse questi e quelli. Come li si possa tenere insieme in un’unica valutazione, non è facile dire. Rientra forse nell’enigma dell’essere umano, sempre alla ricerca inesausta di conoscere se stesso.

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Una seria scelta scolastica: la formazione professionale dai Salesiani https://www.lavoce.it/una-seria-scelta-scolastica-la-formazione-professionale-dai-salesiani/ Fri, 08 May 2015 09:53:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32936 Aula tecnica di una scuola salesiana, l’immagine è tratta da un video di presentazione delle attività delle Scuole Salesiani - Don Bosco
Aula tecnica di una scuola salesiana, l’immagine è tratta da un video di presentazione delle attività delle Scuole Salesiani – Don Bosco

Sono 2 milioni e 900 mila gli studenti mai arrivati al diploma negli ultimi 15 anni, il 37% negli istituti professionali. Su 100 allievi iscritti al primo anno, 27 non arriveranno a sostenere l’esame di maturità: quasi un terzo.

Sono questi i dati forniti dal dossier Tuttoscuola 2014 sulla dispersione scolastica, che evidenziano un fenomeno sociale reale, un disagio, un fallimento formativo degli adulti, ancor prima che dei giovani.

Una soluzione però c’è e si chiama “formazione professionale”, ovvero quel tipo di formazione volta a dare ai ragazzi, attraverso l’alternanza fra teoria e pratica, una qualifica spendibile sul mercato del lavoro. Per esempio, meccanico, elettricista, operatore della ristorazione, ecc.

Se ne è parlato mercoledì in occasione del convegno nazionale “Formazione professionale iniziale – La sfida di don Bosco”, organizzato dal Cnos-Fap (Centro nazionale opere salesiane – Formazione e aggiornamento professionale) presente anche in Umbria nei tre centri di Perugia, Foligno e Marsciano, che ospitano circa 300 ragazzi.

“La formazione professionale – ha spiegato Filippo Pergola, psicologo e moderatore del convegno – può essere uno strumento davvero efficace contro la dispersione. Costringere tutti i ragazzi a incanalarsi in un percorso educativo univoco porta al fallimento e all’abbandono di coloro che non ce la fanno. Fornirgli una valida alternativa, un modo diverso di fare cultura, è la strada per il loro successo e la loro piena realizzazione”.

Ma il modo migliore per capire le potenzialità della formazione professionale è darne un esempio concreto. Come il progetto TechPro2, esperienza di collaborazione nella formazione tra i Cfp (Centri di formazione professionale) gestiti dai Salesiani e la multinazionale nel campo dei trasporti Cnh Industrial.

“Il progetto – spiega Daniela Ropolo, dirigente di Cnh Industrial – nasce da una duplice esigenza: far fronte alla carenza di personale tecnico specializzato e motivato, e fornire un’opportunità reale ai giovani”.

Da questo ‘matrimonio’ sono così nati corsi di formazione professionale nel settore meccanico in 56 Cfp sparsi in tutto il mondo. “Noi – continua Ropolo – diamo l’appoggio economico, i materiali (come veicoli, motori, ecc.), le nostre conoscenze aziendali. I Salesiani mettono tutto il resto: la loro enorme esperienza nel campo della formazione e la capacità unica di parlare ai giovani”. Il risultato? Oltre 9.000 giovani formati in quattro Continenti.

“L’Europa – ha aggiunto Roberto Dasso, direttore generale di Arsel Liguria (Agenzia regionale per i servizi educativi e per il lavoro) – ci chiede questo: più corsi legati al lavoro e all’impresa. Dobbiamo rispondere agli stimoli europei e colmare il nostro ritardo. Non più semplicemente ‘sapere’, ma ‘saper fare’, avere delle competenze reali e spendibili”.

Eppure in Italia c’è ancora da combattere il pregiudizio tutto nostrano, specie nel Centro e Sud Italia, per cui la formazione professionale costituisce un’istruzione di serie B, proprio per la sua vocazione alla pratica e al lavoro.

“Noi italiani – ha sottolineato Giuseppe Tacconi, ricercatore dell’Università di Verona in Didattica e pedagogia speciale – manteniamo questa sorta di pregiudizio nei confronti del lavoro manuale, ritenuto inferiore a quello intellettuale. Ma il lavoro è già di per sé una grande scuola di relazioni, di saperi, di professionalità, di vita. Non poniamo questo divario insanabile fra scuola e lavoro, ma facciamo diventare il lavoro parte integrante e fruttuosa della scuola, come avviene nei Centri di formazione professionale di don Bosco”.

“In una società sempre più competitiva – ha sottolineato don Pascual Chavez, rettor maggiore emerito dei Salesiani – il miglior regalo che possiamo fare ai giovani, specie a quelli a cui la vita ha dato meno, è l’educazione per creare buoni lavoratori e attivi cittadini. Ma è anche il miglior regalo che possiamo fare a noi stessi, alla società tutta, all’Italia”.

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Scuola paritaria, il convegno regionale: la buona scuola è in cammino https://www.lavoce.it/scuola-paritaria-il-convegno-regionale-la-buona-scuola-e-in-cammino/ Fri, 20 Feb 2015 11:52:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30412 Scuola-maternaAlla vigilia dell’uscita di “Buona scuola”, il piano di riorganizzazione del sistema scolastico nazionale da parte del governo Renzi, la Fism (Federazione italiana scuole materne) Umbria ha organizzato per oggi, venerdì 20 (ore 16, sala dei Notari), il convegno “La buona scuola in cammino: la presenza della scuola paritaria sul territorio e il rapporto con gli enti locali”. L’iniziativa dà l’occasione per tornare a riflettere su questa importante realtà educativa che fa parte, a tutti gli effetti, del Sistema scolastico nazionale. Lo facciamo insieme al segretario regionale della Fism, Stefano Quadraroli.

Partiamo dal convegno: perché questo evento?

“L’incontro di arriva dopo un importante periodo di riorganizzazione interna della Fism Umbria, che è passata da due identità provinciali abbastanza autonome – cioè la sezione di Perugia e quella di Terni – a un unico rappresentante regionale. Forti di questa rinnovata struttura, siamo pronti a riprendere un dialogo costruttivo con l’esterno, in vista anche dell’imminente uscita del decreto sulla ‘Buona scuola’ del governo Renzi, ma anche di un generale periodo di riorganizzazione che, complice la crisi economica, sta portando le istituzioni politiche, sociali e culturali della regione a ripensare la propria funzione e i propri servizi. Lo stiamo facendo anche noi, ovviamente. Nel corso del convegno parleremo proprio di questo”.

Oltre alla riorganizzazione strutturale, quindi, anche la Fism Umbria sta ripensando i propri servizi.

“Assolutamente sì. Ce lo chiede il momento storico, ma ce lo chiedono in primis le famiglie, perché anche le loro necessità stanno cambiando. Ci sono infatti dei nuovi e oggettivi bisogni materiali a cui ci stiamo adeguando, ad esempio una maggiore flessibilità oraria, o una pre- e post-accoglienza. Ma ci sono, soprattutto, forti bisogni relazionali. Sempre più spesso organizziamo laboratori o iniziative, sia culturali che ludiche, che coinvolgono anche i genitori. Sono loro stessi a chiedercelo: sentono il bisogno di un maggior rapporto con i figli, ma anche con gli altri genitori, per confrontarsi, scambiare idee, non sentirsi soli. Hanno grande bisogno di comunicazione”.

Un servizio educativo alla comunità a tutti gli effetti. Anche un servizio sul piano economico?

“Direi proprio di sì. Le scuole paritarie sono un elemento fondamentale del nostro sistema scolastico. Innanzitutto perché garantiscono un servizio sparso su tutto il territorio regionale. Ci sono paesi o piccole frazioni dove la scuola paritaria è l’unica presente, e ciò vale particolarmente in una regione come l’Umbria, caratterizzata da tante e piccole municipalità. In secondo luogo, le scuole paritarie fanno risparmiare – e tanto! – allo Stato. I numeri parlano chiaro: in media, la spesa di una scuola paritaria è un terzo di quella pubblica; un terzo che poi si riduce a un nono, in quanto lo Stato dà contributi solo per un terzo della spesa complessiva di gestione della scuola paritaria. Infatti, i Comuni che negli anni hanno sviluppato un buon sistema scolastico integrato con le paritarie sono quelli che oggi, nonostante la pesante riduzione delle risorse economiche, riescono a garantire un buon servizio educativo per rispondere alle esigenze dei cittadini. Ultimo, ma non meno importante fattore, la nostra esistenza garantisce il sacrosanto diritto delle famiglie di scegliere liberamente dove e come educare i propri figli”.

 

Fism Umbria, più unita e più forte

La Federazione italiana delle scuole materne (Fism) è l’associazione che unisce quasi 9.000 enti gestori di scuole dell’infanzia non statali di ispirazione cattolica presenti in Italia. In Umbria la Fism nasce nel 2008 su spinta della stessa Fism nazionale. Ad oggi, rappresenta il soggetto unitario di riferimento del territorio, dopo aver armonizzato e ottimizzato il lavoro delle due Fism provinciali di Perugia e Terni. L’intento è di creare un ‘interlocutore forte’, capace di interagire e collaborare con le istituzioni (Regione, Comuni, diocesi) per una maggior crescita e sviluppo delle scuole dell’infanzia presenti sul territorio. La scuola dell’infanzia paritaria in Umbria rappresenta quasi il 30% della popolazione scolastica e dà un contributo fondamentale dal punto di vista educativo ed economico al nostro territorio. Sono circa 90 le scuole dell’infanzia non statali che aderiscono alla Fism Umbria (di cui oltre 50 a Perugia, il resto a Terni), con una popolazione scolastica di oltre 4.300 bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni, e rispettive famiglie. Rispetto ad altre regioni italiane, l’Umbria si caratterizza per il fatto che gli enti che gestiscono queste scuole sono perlopiù congregazioni religiose di suore. Ci sono poi alcune scuole parrocchiali e altre – specie nell’ultimo decennio – gestite da laici che continuano l’impegno educativo, cercando di non perdere il carisma originario. Per dare qualche numero, la forza lavoro impiegata nelle strutture Fism è di circa 230 insegnanti, considerando che sono 129 le sezioni della provincia di Perugia e 51 quelle della provincia di Terni. Spesso gli insegnanti sono assistiti da personale religioso volontario. Tutti i docenti, scelti liberamente da chi dirige la scuola, devono comunque essere abilitati.

IL CONVEGNO

Venerdì 20 febbraio ore 16.30 – Perugia, Sala dei notari

Tema: “La buona scuola in cammino: la presenza della scuola paritaria sul territorio e il rapporto con gli enti locali”.

Relatori: Mons. Domenico Sorrentino, vescovo delegato CEU per l’educazione; Luigi Morgano, segretario nazionale della FISM; Gabriele Toccafondi, sottosegretario al Ministero della Pubblica istruzione. Saranno ance raccontate alcune “buone prassi” che hanno coinvolto le scuole FISM.

 

 

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Paritarie: quale rapporto con gli enti locali? https://www.lavoce.it/paritarie-quale-rapporto-con-gli-enti-locali/ Fri, 13 Feb 2015 12:24:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30321 Young boy drawing pictures of his familyVenerdì 20 febbraio alle ore 16.30, presso la Sala dei Notari – Palazzo dei Priori di Perugia, si tiene un convegno organizzato dalla Fism Umbria.

La Federazione italiana scuole materne paritarie vuole, in questa occasione, approfondire e dibattere su “La buona scuola in cammino: la presenza della scuola paritaria sul territorio e il rapporto con gli enti locali”. Dopo i saluti iniziali di Andrea Romizi, sindaco di Perugia, mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia e Domenico Petruzzo, vicario direttore generale Usr Umbria, sono previsti alcuni interventi programmati con le relazioni di mons. Domenico Sorrentino, delegato Ceu all’educazione, del segretario nazionale della Fism Luigi Morgano e del sottosegretario al Ministero della Pubblica istruzione, Gabriele Toccafondi.

In vista della pubblicazione, da parte del Ministero dell’Istruzione, degli esiti della consultazione su “La buona scuola” e dei decreti che riorganizzeranno l’intero sistema di istruzione italiano, la Fism Umbria chiederà al Sottosegretario la disponibilità ad un confronto che evidenzi anche la possibile sinergia e collaborazione tra le nostre scuole e gli enti locali.

Oltre ai saluti iniziali ed agli interventi dei relatori, infatti, vorremmo offrire uno spaccato della nostra realtà umbra, raccontando alcune esperienze di buona prassi che hanno coinvolto le scuole Fism e potrebbero essere di buon esempio per tutti. La scuola dell’infanzia paritaria in Umbria rappresenta quasi il 30% della popolazione scolastica e dà un contributo fondamentale dal punto di vista educativo ed economico al nostro territorio.

Sono circa 90 le scuole dell’infanzia non statali che aderiscono alla Fism Umbria, con una popolazione scolastica di oltre 4.300 bambini, di età compresa tra i 3 ed i 6 anni. Siamo lieti di organizzare un dibattito pubblico invitando anche le istituzioni locali: l’educazione alla prima infanzia è ovviamente un punto fondamentale per la crescita di una società; rispetto al momento difficile che stiamo vivendo proponiamo un ripensamento dell’intero sistema.

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La scuola umbra si autovaluta https://www.lavoce.it/la-scuola-umbra-si-autovaluta/ Fri, 13 Feb 2015 12:19:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30301 aula-scuola-studenti-bambiniParte anche in Umbria il sistema di autovalutazione delle scuole. Tale processo coinvolgerà, a partire dal mese di marzo, tutti gli istituti italiani (sia statali che paritari) di ogni ordine e grado secondo una direttiva del settembre 2014 stabilita dal Ministero per l’Istruzione, Università e ricerca (Miur). La conferenza di formale avvio nella nostra regione della prima tappa del Sistema nazionale di valutazione (Snv), che durerà tre anni, è avvenuta venerdì 6 febbraio nell’Aula magna dell’Università per stranieri di Perugia alla quale erano presenti Domenico Petruzzo, dirigente dell’Ufficio scolastico regionale per l’Umbria (Usr), Sabrina Bono, Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del Miur, Amilcare Bori, dirigente tecnico dell’Usr, Giovanni Paciullo, rettore dell’Università per Stranieri. La platea era composta da numerosi dirigenti scolastici e coordinatori didattici dell’Umbria, nonché docenti di alcune scuole. “Per molti anni in Italia non abbiamo avuto la sensibilità della valutazione” – ha detto Petruzzo. È comunque un processo già in atto da tempo in tutta Europa e sistemi di valutazione sono stati già avviati nel nostro Paese, a partire dalle prove Invalsi e Vales.

L’obiettivo di tale valutazione – ha spiegato il capo dipartimento Bono, ricordando le parole del ministro all’Istruzione Stefania Giannini, è quello di dare “alle scuole strumenti che non servono per promuoverle o bocciarle, ma per migliorarsi. Non stiamo pensando a classifiche di istituti, ma puntiamo ad una crescita del sistema scuola, che è possibile solo quando si è in grado di verificare quali siano i punti di forza e quelli di debolezza. La valutazione non è uno scopo, ma è uno strumento che serve a raggiungere uno scopo: migliorare e mettere a frutto il potenziale di ogni singola scuola”. In pratica tale valutazione, che durerà tre anni, prevede tre momenti: il primo riguarderà la valutazione che ogni singola scuola farà di se stessa, la seconda esterna, la terza della dirigenza scolastica. Le scuole già dai prossimi mesi dovranno compilare un format del Rapporto di autovalutazione (Rav) elaborato dall’Invalsi con la supervisione del Miur e di esperti. Il Rav prevede che gli istituti debbano analizzare il contesto in cui operano (ad es. popolazione scolastica), gli esiti (i livelli di apprendimento degli studenti, l’organizzazione della didattica), le risorse (l’utilizzo delle risorse umane e finanziarie), i processi (le pratiche educativo didattiche e gestionali-organizzative). Questi dati saranno inseriti in una piattaforma online, riservata ad ogni scuola.

Nel realizzare questa autovalutazione le scuole avranno un parametro nazionale di riferimento (bench-mark), che consentirà di paragonare i propri dati con quelli di altri istituti. All’interno della piattaforma compariranno altri elementi in possesso del Ministero, dell’Invalsi e di altre banche dati. Lo scopo è che ogni scuola possa avere a disposizione un quadro complessivo che le permetta di riflettere sui propri punti di debolezza o di forza, per cercare di capire come migliorarsi e potenziare la propria offerta formativa. Tale format, in formato elettronico, dovrà essere reso pubblico entro luglio- agosto 2015 sia sul sito della scuola, ed accessibile anche alle famiglie, che sulla piattaforma del Miur “Scuola in chiaro”. Alla fine del triennio, nell’anno scolastico 2016/2017, le scuole diffonderanno i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi di miglioramento programmati. Per fare tutto ciò ci saranno dei momenti di formazione. Durante l’anno scolastico 2015/16 prenderanno il via, invece, le visite alle scuole dei nuclei di valutazione esterna. Per la valutazione dei dirigenti sarà portata avanti secondo degli indicatori definiti dall’Invalsi in collaborazione con il Miur. Al termine dell’incontro la capo dipartimento Bono si è augurata che tale processo “non venga preso come uno dei tanti adempimenti normativi, ma che vada a migliorare la qualità del sistema scolastico”.

 

Le principali perplessità

 

Al termine dell’incontro non sono mancate domande e perplessità da parte dei dirigenti scolastici, pur convinti in buona parte del valore di tale valutazione. Tra le tante il sovraccarico di lavoro per dirigenti e docenti che si dovranno occupare di compilare il Rapporto, i fondi, la pericolosità di una lettura dei dati grezzi, senza possibilità di poterli commentare: la valutazione dovrebbe tener conto del contesto scolastico, sociale e territoriale – è stato commentato da alcuni – vedi il problema delle pluriclassi nelle zone montane, degli studenti provenienti da famiglie con un livello di istruzione basso, o di nazionalità straniera. Bisognerebbe conoscere anche il precedente percorso scolastico degli studenti, perché andrebbero valutati anche i progressi. E poi il Rav come verrà interpretato dai genitori nella scelta della scuola? Una cosa è condividere i dati tra addetti ai lavori, un’altra tra persone non esperte.

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Cinque nuovi laboratori al Ciuffelli-Einaudi di Todi https://www.lavoce.it/cinque-nuovi-laboratori-al-ciuffelli-einaudi-di-todi/ Fri, 09 Jan 2015 17:32:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29698 Marcello Rinaldi
Marcello Rinaldi

Inizia nel migliore dei modi il 2015 per l’istituto Ciuffelli-Einaudi di Todi, il polo dell’istruzione tecnica e professionale nel quale convivono importanti articolazioni di studio (agraria, ragioneria, geometri, turismo, elettronica, moda) e a cui fanno riferimento 1.000 persone tra studenti, docenti e personale addetto alle tre sedi scolastiche e al convitto maschile e femminile annesso. Le novità riguardano l’inaugurazione di 5 laboratori, che vanno a implementare una dotazione costituita già ora da ben 60 diversi ambienti di apprendimento esperienziale.

“Si tratta – sottolinea il preside Marcello Rinaldi – di uno sforzo importante che punta a innalzare la qualità della formazione e le competenze professionalizzanti trasmesse”. Nei prossimi giorni gli studenti potranno disporre di un moderno laboratorio di disegno Cad dotato di 28 postazioni e di software all’avanguardia, il tutto nella sede dell’indirizzo agrario al posto della vecchia aula di disegno, topografia e costruzioni. All’Ipsia, invece, il taglio del nastro riguarderà il laboratorio di meccanica, le cui nuove dotazioni saranno a servizio dell’indirizzo professionale di elettronica. Ben tre le novità all’Einaudi, dove convivono gli indirizzi di ragioneria, geometri e del turismo: qui verranno inaugurati un laboratorio linguistico, un terzo di informatica generale e una nuova aula “2.0”.

Per conferire solennità all’apertura e all’intitolazione delle strutture si terranno tre cerimonie alla presenza di autorità, professionisti e imprenditori a sottolineare lo stretto legame della scuola con il territorio e il mondo del lavoro.

L’eccellenza del Ciuffelli-Einaudi trova conferma nel recente studio condotto dalla Fondazione Agnelli tra gli studenti iscritti all’Università, i cui risultati sono pubblicati nel portale “eduscopio” anche per aiutare a orientarsi nelle iscrizioni alle superiori. “La nostra scuola – evidenzia Rinaldi – risulta al primo posto nella regione per l’istruzione agraria, al primo posto per l’indirizzo geometri rispetto ai pari istituti nell’Umbria mediana, e al terzo posto per il commerciale, sempre nel confronto con le scuole della parte centrale della regione”.

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Gubbio: l’istituto alberghiero s’ha da fare! https://www.lavoce.it/gubbio-listituto-alberghiero-sha-da-fare/ Wed, 12 Nov 2014 14:27:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28941 Itis-CassataLa città di Gubbio torna a mobilitarsi attraverso le sue espressioni istituzionali, politiche e scolastiche per ampliare l’offerta formativa con un indirizzo alberghiero connaturale alla vocazione e alle caratteristiche del territorio. Era richiesto da tempo dall’istituto di istruzione “Gattapone-Cassata”; era stata individuata la sede nel Centro servizi Santo Spirito, e programmato l’inizio con l’anno scolastico 2015-16, ma c’è stato un brusco stop quando l’assessore regionale Carla Casciari, rispondendo a una sollecitazione del consigliere Orfeo Goracci (Comunisti umbri) ha di fatto negato l’esistenza dei requisiti per l’attivazione del nuovo corso.

Tra gli elementi presi in considerazione elencati dalla Casciari, anche “il quadro economico-sociale del comparto turistico” da cui emerge che il settore, “secondo una proiezione, fino al 2016 assorbirà un +0,7 per cento di posti di lavoro, pari a 650 unità”, ma Gubbio “potrà garantire al massimo 22 giorni di lavoro all’anno”.

Risposte e considerazioni che non trovano alcuna condivisione, tanto che la reazione è stata presso che unanime, dal consigliere Goracci al sindaco Stirati, da “Liberi e democratici” ad altre forze politiche. Da parte sua, la dirigenza del “Cassata-Gattapone” è andata avanti e le verifiche condotte con Provincia e Comune hanno confermato l’idoneità “in termini di sicurezza, igiene e destinazione urbanistica” del Centro servizi Santo Spirito.

Recente infine la presa di posizione anche del consigliere regionale Andrea Smacchi, secondo cui “l’indirizzo alberghiero a Gubbio si dove istituire nel più breve tempo possibile. Le verifiche sulla sostenibilità economica sono state completate e hanno dato risultati positivi; le strutture messe a disposizione dal Comune sono di alto livello qualitativo e rispondono in pieno alle esigenze didattiche”.

Inoltre “le decine di manifestazioni di interesse degli imprenditori, delle associazioni di categoria e delle sigle sindacali, e le quasi 3.000 firme raccolte non possono cadere nel dimenticatoio per colpa di una politica miope e poco coraggiosa”. Smacchi ricorda poi che “l’indirizzo alberghiero sarebbe ospitato al piano terra del complesso Santo Spirito con una disponibilità di spazi superiore ai 700 mq”.

Conclude richiamando i risultati di un sondaggio che ha confermato “la concreta possibilità di attivare sin da subito due classi prime per un totale di 50-60 alunni, senza considerare l’ulteriore adesione di studenti della fascia appenninica”.

Si confida in un ripensamento da parte della Regione.

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Inizia la scuola. Verrà “trasformata”? https://www.lavoce.it/inizia-la-scuola-verra-trasformata/ https://www.lavoce.it/inizia-la-scuola-verra-trasformata/#comments Thu, 11 Sep 2014 13:53:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27965 insegnante-scuola-aiuto-compitiUn nuovo anno scolastico è alle porte. Lunedì 15 settembre per circa 120 mila studenti umbri suonerà la campanella, salvo alcuni avvii anticipati che rientrano nelle scelte dell’autonomia dei singoli istituti.

È un anno che promette delle novità, (almeno così sembra) in attesa di vedere come si muoverà il Governo dopo la pubblicazione, nei giorni scorsi, del nuovo Piano della scuola italiana. Piano che, tra i principali punti, si pone l’obiettivo di porre fine al precariato ‘storico’ dei docenti promettendo di assumerne 150 mila a settembre 2015, eliminando così le graduatorie a esaurimento (Gae), dalle quali ogni anno viene attinto il 50% di tutti i nuovi docenti (la restante percentuale è riservata ai vincitori di concorso). In questo modo alle scuole verrà garantito un numero stabile di docenti che potrebbero coprire in modo programmato le tante cattedre vacanti. Basta con le supplenze!, è stato detto. Almeno questo è il proposito. Ma non tutti sono d’accordo. Chi coprirà le assenze brevi degli insegnanti? Aggiungendo delle ore in più ai loro colleghi di ruolo, con ore di straordinario magari senza essere pagati? – sostengono i docenti supplenti.

Certo superare il carosello di avvicendamenti di insegnanti a cui si assiste ogni settembre a inizio anno scolastico sarebbe cosa buona, così da assicurare agli studenti quella continuità didattica auspicata da anni. Intanto altra novità sarà il sistema d’accesso all’insegnamento a cui si arriverà – è la proposta del Governo – soltanto attraverso concorso pubblico. Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi mesi. Sul sito www.istruzione.it, “Piano della buona scuola. Facciamo crescere il Paese” è stata data facoltà a tutti, docenti, studenti, genitori e a chiunque è interessato al mondo della scuola, di poter interloquire dal 15 settembre al 15 novembre con il Governo nella fase iniziale di progettazione.

“In Umbria – spiega il dirigente vicario dell’Ufficio scolastico regionale Domenico Petruzzo – i docenti iscritti nelle graduatorie a esaurimento sono 2.464. Quelli immessi in ruolo nel corrente anno sono stati 496 (di cui 52 per la scuola dell’infanzia, 85 la primaria, 56 le secondarie di I grado, 63 le secondarie di II grado, 240 sono gli insegnanti di sostegno). Di questi nuovi insegnanti, 143 provengono dalle Gae, il restante numero è stato reclutato dall’ultimo concorso; per il sostegno, 221 provengono dalle Gae, per il resto anch’esse dal concorso. Cinquanta è il numero del personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario)”.

“Anche le graduatorie di istituto – aggiunge Petruzzo – sono in fase di elaborazione e saranno pronte per le operazioni di competenza delle scuole nei giorni di inizio delle lezioni. Il piano di modifica legislativa in corso prevede anche per queste graduatorie un cambiamento profondo”. Non tutti i posti disponibili nelle scuole sono stati comunque coperti: “Ci sono ancora circa 1.000 cattedre vacanti comuni, 300 nel sostegno. Tutte saranno coperte con contratti annuali entro la prossima settimana”.

Anche i dirigenti scolastici assunti a seguito dell’ultimo concorso nel 2011 sono al loro posto. “Nell’anno scolastico 2011-2012 ne sono stati nominati 25 – precisa Petruzzo – per l’anno in corso 8. Attualmente le graduatorie sono esaurite e il prossimo concorso sarà nazionale, non più regionale, e gestito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione”.

Calendario scolastico

La Regione ha stabilito che la fine delle lezioni per le scuole primarie e secondarie di I e II grado avverrà mercoledi 10 giugno 2015; martedi 30 giugno 2015 sarà la data di fine attività didattica nelle scuole dell’infanzia. Festività: 1° novembre, festa di Tutti i Santi; 8 dicembre, Immacolata Concezione; 25 dicembre, Santo Natale; 26 dicembre, Santo Stefano; 1° gennaio, Capodanno; 6 gennaio, Epifania; 6 aprile, lunedì di Pasqua; 25 aprile, Anniversario della Liberazione; 1° maggio, Festa del lavoro; 2 giugno, festa nazionale della Repubblica; festa del Santo Patrono. Festività riconosciute dalla Regione: da martedì 23 dicembre a lunedi 5 gennaio 2015, compresi, per le vacanze natalizie; da giovedì 2 aprile a martedi 7 aprile 2015, compresi, per le vacanze pasquali; sabato 2 maggio 2015; lunedi 1 giugno 2015.

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Senza fiducia nei politici ma nella famiglia sì https://www.lavoce.it/senza-fiducia-nei-politici-ma-nella-famiglia-si/ Fri, 16 May 2014 07:30:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24996 famiglia-giovaniIn Rete, sfiduciati e lontani da politica e istituzioni, con ottime capacità di adattamento e una fede incrollabile nel valore della famiglia, sia quella da cui si proviene, sia quella che si vorrebbe creare. È il ritratto dei giovani italiani secondo La condizione giovanile in Italia – Rapporto giovani 2013 dell’istituto Giuseppe Toniolo, presentato venerdì al dipartimento di Filosofia, scienze sociali, umane e della formazione dell’Università di Perugia di fronte a un numeroso pubblico di studenti provenienti, in particolar modo, dal corso di perfezionamento in “Progettazione, gestione e coordinamento dell’oratorio” attivo nell’ateneo perugino.

La ricerca è stata condotta su 9.000 persone tra i 18 e i 29 anni, che verranno seguite continuativamente per cinque anni, così da aggiornare periodicamente la ricerca. Si tratta dei cosiddetti “Millennials”, ovvero di coloro che sono nati a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta fino alla fine degli anni Novanta e che, nel corso del tempo, sono stati definiti choosy, “bamboccioni”, “sfigati”.

“Tutte queste definizioni – ha detto Rita Bichi, ordinario di Sociologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha lavorato al Rapporto – non rispecchiano affatto la realtà. Il ritratto che la ricerca ha delineato è quello di giovani che non hanno un lavoro stabile e sono insoddisfatti della propria condizione economica, tanto da dover vivere con i genitori o ricevere aiuti da loro. Ma, nonostante questo, ritengono ancora il lavoro uno strumento di realizzazione, credono nelle proprie capacità e hanno un livello di istruzione maggiore rispetto al resto della popolazione, grazie anche all’uso quotidiano di internet”.

Un aspetto che differenzia i giovani del XXI secolo dai loro predecessori è sicuramente la famiglia. Se il conflitto generazionale era stato una delle caratteristiche della passata generazione, per i “Millennials” non c’è niente di più importante della famiglia, vero sostegno in ogni aspetto della vita nel presente e nel futuro, tanto che circa il 75% dei giovani intervistati vorrebbe almeno due figli.

Decisamente più prevedibile, invece, l’atteggiamento di totale sfiducia nei confronti delle istituzioni e della politica, da cui circa il 28,9% si dichiara addirittura “disgustato” e un sonoro 90,8% boccia senza appello tutti i partiti. Tra le istituzioni e le figure che godono ancora di fiducia, restano il Presidente della Repubblica, le forze dell’ordine e la scuola.

Per quanto riguarda la Chiesa (prima dell’arrivo di Papa Francesco), il 53,2% dei credenti esprime un parere positivo, che scende al 33,9% tra i non-credenti. Discorso a parte per il Pontefice, apprezzato dall’85-90% dei giovani.

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Scuola: dall’Umbria, in 2.000 dal Papa https://www.lavoce.it/scuola-dallumbria-in-2-000-dal-papa/ Fri, 09 May 2014 13:06:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24865 Papa Francesco nel giugno del 2013 in udienza speciale con i giovani studenti delle scuole dei Gesuiti
Papa Francesco nel giugno del 2013 in udienza speciale con i giovani studenti delle scuole dei Gesuiti

Anche l’Umbria si è mobilitata per partecipare all’evento di sabato 10 maggio “La Chiesa per la scuola”, promosso dalla Cei e che vedrà presente Papa Francesco, per testimoniare l’attenzione del mondo ecclesiale verso quella componente fondamentale della società che è l’istituzione scolastica.

Saranno oltre 2.000 gli umbri, rappresentativi di tutte le componenti scolastiche, a partire dagli studenti, compresi quelli più piccoli accompagnati dai genitori. Molti parteciperanno tramite i mezzi approntati per l’occasione dagli Uffici pastorali della scuola e della realtà religiose e aggregative; a loro si uniranno varie altre persone e famiglie che privatamente si daranno appuntamento con gli altri a piazza San Pietro.

L’avvenimento romano non è un fatto isolato, ma costituisce il culmine di un itinerario di preparazione iniziato nel maggio 2013 con il Convegno nazionale Cei di pastorale della scuola. I contenuti e gli stimoli di quello stesso Convegno sono stati poi attualizzati nel territorio, nello specifico della nostra regione attraverso la Commissione regionale per la scuola, educazione e università (Cresu), presieduta dall’arcivescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, e coordinata dalla scrivente. Giova ricordare, a tal proposito, i tre incontri dello scorso marzo e aprile, che hanno fatto eco alla visita del Papa nella città serafica, con l’analisi dei suoi forti messaggi educativi rivolti ai giovani, per educare alla solidarietà, alla responsabilità, alla scoperta della propria vocazione.

Naturalmente ogni diocesi, aggregazione laicale, istituto religioso ha provveduto a sensibilizzare e organizzare quanto necessario affinché la giornata di Roma sia vissuta non solo come una grande festa della scuola, ma anche per la scuola.

Così, infatti, ha scritto il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino: “L’obiettivo della mobilitazione del 10 maggio va inquadrato nel contesto del decennio sull’educazione e centrato sull’idea concreta di bene comune. Se educare è possibile e necessario, se coltivare l’Umano viene prima del profitto, se la scuola è la frontiera della socializzazione, non possiamo far finta di niente. La Chiesa storicamente ha sempre avvertito l’urgenza di stare dentro a questo mondo, perché sa per esperienza che solo persone libere e critiche possono dar seguito ad una società giusta e aperta”.

L’appuntamento del 10 maggio, perciò, si configura non solamente come una, pur doverosa, mobilitazione del mondo cattolico a sostegno di peculiari ideali, ma come occasione di rilancio dell’attenzione verso un mondo, quello scolastico, che intercetta tutti i bambini-ragazzi-giovani e le rispettive famiglie, e che non può essere considerato in un’ottica aziendalistica e efficientistica. Infatti la scuola è una comunità educante, dalla cui giusta valorizzazione possono e devono scaturire prospettive positive, anche sul piano “economico”, nel senso di investire in cultura e capitale umano per il nostro Paese.

Annarita Caponera
coordinatrice Cresu

 

La voce della Ceu

È un momento importante, perché tutta la Scuola si senta interpellata dalla stima e dalla parola della Chiesa. La Scuola è laboratorio di futuro, e le nuove generazioni hanno bisogno che la Scuola venga vista da tutte le realtà sociali, specie dalla politica, con una rinnovata attenzione facendo sinergia e mirando all’obiettivo di una Scuola ricca di valori, oltre che di istruzione.

† Domenico Sorrentino
vice presidente della Ceu, delegato dei Vescovi umbri per l’educazione, la scuola e l’università

CHI CI SARÀ

Il 10 maggio si prevedono migliaia di presenze. L’evento ha carattere peculiare per la composizione dell’assemblea, nella quale si realizza uno spaccato della società italiana che rappresenta tutta la fascia di età della prima generazione, bambini, adolescenti, giovani, i loro familiari, genitori e parenti, gli insegnanti, i dirigenti, il personale ausiliario, le autorità civili. In particolare, sarà rappresentativa di questi numeri: 7 milioni e 800 mila studenti, 736 mila studenti stranieri, 207 mila ragazzi disabili, 728 mila docenti in organico. In Umbria sono 119.575 gli studenti iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado. Nelle scuole dell’infanzia di Perugia e Terni sono 20.008. Nelle primarie 38.568. Nella secondaria di primo grado 23.249. Nella secondaria di secondo grado 37.750.

 

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La musica dei giovani dal mondo https://www.lavoce.it/la-musica-dei-giovani-dal-mondo/ Thu, 17 Apr 2014 11:14:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24512 Il Gem Connection Barbershop Ladies Choir
Il Gem Connection Barbershop Ladies Choir

Perugia e altri centri del territorio regionale, dal 15 aprile al 28 agosto, diventano location privilegiate per i 18 concerti di Musica dal mondo, festival internazionale dei cori e delle orchestre giovanili. La manifestazione quest’anno si propone in edizione speciale in collaborazione con “Perugia2019 con i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria”, per dare un contributo all’accelerazione della candidatura della città capoluogo a capitale europea della cultura.

In particolare – come ha sottolineato Arnaldo Colasanti, direttore artistico di Perugia 2019 in occasione della presentazione della kermesse musicale – vuol veicolare l’immagine di Perugia quale città dell’accoglienza, ospitando giovani musicisti dall’Europa e non solo. Un luogo dove ci si può sentire come a casa propria, dove poter tornare di nuovo con piacere e condividere insieme i valori culturali e ammirare le nostre bellezze.

Ogni gruppo partecipante si potrà così far promotore, ritornando a casa propria, dell’immagine della città in giro per l’Europa – ha detto il maestro Salvatore Silivestro, presidente Agimus, il quale ha sottolineato la grande capacità di una manifestazione come questa di attirare a Perugia tanti giovani stranieri. Ha poi ringraziato il Capitolo della cattedrale di Perugia per la disponibilità dimostrata nella concessione della cattedrale, la Scuola di Lingue estere dell’esercito per il complesso del Santa Giuliana e la Fondazione per l’istruzione agraria per la concessione della basilica di San Pietro.

Diciotto sono i complessi giovanili che partecipano al programma, con un repertorio che va dalla musica classica a quella contemporanea, fino a quella popolare dei paesi che interverranno.

Oltre ai concerti canonici che si svolgeranno anche ad Assisi, verranno effettuate delle repliche e altri concerti verranno programmati ex-novo (nel periodo di Umbria jazz) in altri centri del territorio quali Santa Maria degli Angeli, Passignano, Trevi, Umbertide, il Castello dei Cavalieri di Malta di Magione. Tra gli Stati che partecipano la maggior parte sono europei, quali Portogallo, Spagna, Germania, Slovenia, Regno Unito, ma non mancano gruppi provenienti dagli Stati Uniti, Corea, Svizzera.

Tra le principali sedi dei concerti il chiostro e la basilica di San Lorenzo a Perugia, la basilica di San Pietro a Perugia, piazza IV Novembre, piazza del Circo. Il primo concerto si è già svolto martedì 15 aprile nella cattedrale di Perugia con The Greater Buffalo Youth Orchestra (Buffalo, New York, Usa), diretto da Gerard Floriano e che ha proposto musiche di Mozart, Lalo, Dvorak.

Il prossimo sarà domenica 4 maggio alle ore 18 nella chiesa di Santa Giuliana con il Gem Connection Barbershop Ladies Choir. La manifestazione, che è organizzata dal Comune e dall’Agimus di Perugia con il patrocinio della Fondazione Perugiassisi2019, ha quale partner storico anche l’Università per Stranieri di Perugia.

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Figorilli: Ateneo e città, avanti insieme https://www.lavoce.it/ateneo-e-citta-avanti-insieme/ Thu, 03 Apr 2014 17:24:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24140 Studenti nella biblioteca di Giurisprudenza
Studenti nella biblioteca di Giurisprudenza

Mercoledì prossimo, 9 aprile, sarà inaugurato l’anno accademico dell’Università degli studi di Perugia. È un ateneo nuovo quello che si appresta a prendere il suo avvio ufficiale.

Nuovo nella leadership, con il rettore Franco Moriconi insediatosi ad ottobre, e i suoi 28 delegati. Nuovo nell’organizzazione e nell’amministrazione, con l’attivazione dei Dipartimenti a partire dal 1° gennaio scorso in sostituzione delle facoltà, e la piena attuazione dei cambiamenti voluti dalla riforma Gelmini. Nuovo nelle intenzioni e negli obiettivi che puntano tutti al rilancio dello Studium quale luogo di cultura, approfondimento, ricerca e innovazione a misura dello studente, della città e del mondo del lavoro. Eppure Fabrizio Figorilli, pro-rettore e docente di Diritto amministrativo al dipartimento di Giurisprudenza, consiglia cautela nell’usare il termine “novità”. La volontà, l’impegno e lo status mentale ci sono, ma la strada del cambiamento è appena iniziata e si prospetta lunga.

“Di sicuro – spiega Figorilli – c’è che abbiamo atteso questo 9 aprile per presentarci con tutti gli organi e gli adempimenti imposti dalla riforma Gelmini insediati e completati. Ad oggi, manca soltanto il direttore generale che, tranne qualche contrattempo dell’ultima ora, sarà nominato nei primi giorni della prossima settimana e avrà il compito di rivedere tutta la struttura amministrativa e adeguarla alle nuove esigenze universitarie”.

Altro punto messo a segno dalla nuova governance la Programmazione triennale 2013-2015 dell’Università, richiesta direttamente dal Ministero e volta a sancire le linee d’indirizzo dello Studium su ricerca, didattica, personale, studenti… “La grande sfida che ci aspetta – dice Figorilli – sta nel fatto che dagli obiettivi che ci porremo e da come li raggiungeremo dipenderà il nostro futuro. Le valutazioni dell’Anvur, la nuova Agenzia di valutazione del sistema universitario e di ricerca, saranno determinanti per la distribuzione delle risorse governative. Se falliremo, saremo penalizzati. Ormai tutti siamo sottoposti a valutazione”.

La squadra di lavoro, comunque, c’è ed è affiatata e determinata “a colmare gli anni di ritardo. Tutto quello che stiamo facendo era nel nostro programma elettorale”. Come due punti cari al rettore Moriconi: la sinergia con la città e l’impegno nella comunicazione. “La visione di Perugia come città universitaria – sottolinea Figorilli – sta tornando alla ribalta. Ci siamo già incontrati con il Comune, l’Accademia di belle arti, il Conservatorio, l’Università per Stranieri e la Scuola di lingue estere dell’Esercito per progettare un discorso comune sulla città che significhi anche servizi per gli studenti, agevolazioni nei trasporti, biblioteche e disponibilità di nuovi spazi di aggregazione. Le Segreterie, ad esempio, stanno già tornando nei vari dipartimenti”.

Sul fronte comunicazione, l’idea è quella di aprire lo Studium alla modernità, informando su ciò che si fa e promuovendo l’ateneo. “Basti pensare – dice il pro-rettore – alla Bacheca d’ateneo o all’enorme sforzo che si è fatto, dopo almeno 6-7 anni, sul fronte Orientamento per farci conoscere davvero dalle scuole, organizzando incontri, lezioni e iniziative aperte ai maturandi. Basta con la cattiva pubblicità che ha investito Perugia in questi anni – conclude – e che, al fianco della crisi e della grande offerta di atenei, ha portato al calo degli iscritti di cui tanto si è parlato. Il percorso non è facile, ma il pessimismo e il disfattismo non aiutano, perché o ci salviamo insieme o affondiamo insieme”.

La Cerimonia: il Ministro Giannini all’inaugurazione dell’AA

Il 9 aprile, alle ore 11, nell’aula magna di palazzo Murena a Perugia sarà inaugurato l’anno accademico 2013-2014. La cerimonia sarà aperta dalla relazione del magnifico rettore Franco Moriconi; interverrà il rappresentante del personale Tab e quello degli studenti. Prolusione di Caterina Petrillo “Le infrastrutture di ricerca internazionali”. Interverrà il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Stefania Giannini. Verranno consegnati gli attestati al merito scientifico ai dottori Diego Perugini ed Enrico Tiacci. La cerimonia di inaugurazione sarà preceduta alle ore 9 dalla messa celebrata dal card. Gualtiero Bassetti nella chiesa dell’Università.

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Il cardinale Bassetti a mensa con gli studenti https://www.lavoce.it/il-cardinale-bassetti-a-mensa-con-gli-studenti/ Mon, 31 Mar 2014 16:25:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24015 card gualtiero bassetti a mensa con gli universitari 31 03 14«La Mensa è sempre un luogo di incontro, di dialogo…; anche Gesù per evangelizzare spesso andava a tavola e incontrava le persone. E’ interessante anche non ufficializzare sempre tutti gli incontri, ma vivere quelli che sono i momenti ordinari della vita delle persone per inserirsi veramente nel contesto concreto della realtà». E’ quanto ha commentato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti intorno all’ora di pranzo, lunedì 31 marzo, mentre salutava gli studenti all’ingresso della Mensa dell’Università degli Studi di Perugia, dove con loro ha consumato il pasto. Ad attenderlo c’erano anche alcuni responsabili dell’Adisu, l’Agenzia per i diritto allo studio universitario dell’Umbria, della quale il cardinale è stato ospite insieme al direttore e al vice direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale universitaria don Riccardo Pascolini e padre Paolo Zampollini, che poi l’hanno accompagnato nel suo impegnativo “pomeriggio universitario” in occasione della Visita pastorale.

Tanti studenti hanno avuto modo di salutare e scambiare qualche battuta con il cardinale mentre passava per i tavoli con in mano il vassoio dopo aver fatto la fila al self-service della Mensa, chiedendo loro di dove erano e a che corso di laurea erano iscritti. Alcuni studenti l’avevano già incontrato nel frequentare la chiesa dell’Università e le attività della Pastorale universitaria, mentre per altri era la prima volta e non poco sorpresi nel vederlo alla loro Mensa.

«Sono veramente onorato di essere oggi a pranzo con gli universitari – ha detto l’arcivescovo Bassetti –. Ho stima dei giovani e soprattutto dei giovani che studiano, perché in questo momento così difficile per tutti hanno tanto coraggio di impegnarsi. Sono qui tra loro anche per incoraggiarli, perché nella vita è sempre bene anche qualificarsi. Ho letto delle statistiche, che, nonostante le enormi difficoltà che abbiamo, ci indicano che i ragazzi che hanno studiato hanno qualche possibilità in più d’impego».

Anche in occasione di questa visita-incontro presso la Mensa dell’Università, il cardinale Bassetti ha colto quanto gli studenti gli stanno comunicando: «soprattutto gli enormi sacrifici che fanno per sostenere i loro studi – ha commentato –. C’è chi mi ha detto che va avanti con la pensione dei nonni. Ho detto con forza poco tempo fa, in occasione della mia visita all’Ospedale e alla Facoltà di Medicina, che è uno sbaglio fare del tagli ai bilanci della sanità e dell’istruzione scolastica ed universitaria, perché sono due settori che riguardano non qualche particolare, ma la sostanza, il tutto della vita dell’uomo. Questo non vuol dire che non si debba risparmiare, ma neppure è pensabile far mancare ai cittadini le cure più opportune e sulla scuola e sull’università non si investe per quello che esse valgono e per dove dovrebbero condurre l’uomo, la persona».

 

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