israeliani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/israeliani/ Settimanale di informazione regionale Thu, 18 Apr 2024 14:36:09 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg israeliani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/israeliani/ 32 32 Si potrà riprendere il filo dei dialoghi di pace? https://www.lavoce.it/si-potra-riprendere-il-filo-dei-dialoghi-di-pace/ https://www.lavoce.it/si-potra-riprendere-il-filo-dei-dialoghi-di-pace/#respond Thu, 18 Apr 2024 14:36:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75715 In primo pian macerie causate dalle bombe a gaza, sullo sfondo palazzi distrutti

Tutti auguriamo – o comunque io auguro – una vita lunga e serena allo Stato di Israele. Ma purtroppo il suo attuale governo sembra che stia facendo di tutto per tirarsi addosso quelli che vogliono distruggerlo. Questo è il commento che ci sentiamo di fare alla sciagurata iniziativa di portare un attacco aereo mortale alla rappresentanza diplomatica dell’Iran in una paese terzo. Sapendo che è sin dal 1979 – quando l’ala estremista e fanatica dell’islamismo sciita ha preso il potere in Iran rovesciando il governo monarchico – che quel grande paese ha messo al primo posto del suo programma politico la distruzione di Israele.

Certo, venire a patti con il regime degli ayatollah era impossibile. Ma almeno non offritegli pretesti per scatenarsi. È impressionante ricordare che appena dieci anni fa – era l’8 giugno del 2014Papa Francesco chiese ed ottenne che l’allora presidente di Israele, Shimon Peres, e il capo dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, si incontrassero in Vaticano per pregare, con lui, per la pace; c’era anche Bartolomeo di Costantinopoli. La formula era di nuovo quella di Assisi: se non ci sentiamo ancora pronti per “pregare insieme” possiamo però trovarci “insieme per pregare”. Assistemmo a quell’incontro in diretta televisiva, e fu emozionante. Dunque era possibile che la ricerca della pace facesse un passo in avanti, sia pure solo simbolico. Che cosa non si pagherebbe oggi per tornare a quel momento?

Shimon Peres era agli ultimi giorni del suo mandato come capo dello Stato; capo del governo israeliano era Netanyahu; da allora quest’uomo e la sua politica hanno reso sempre più evanescente lo schema “due popoli, due stati” che pure era stato consacrato dagli accordi di Oslo nel 1993 e nell’anno successivo aveva meritato il premio Nobel per la pace allo stesso Peres, all’allora primo ministro Rabin e al capo palestinese Arafat.

Purtroppo quelle promesse non hanno portato (ancora) i loro frutti, come abbiamo visto tragicamente negli ultimi mesi. Ma lo straordinario episodio del 2014 ci ricorda che vi è stato un tempo in cui il cammino per la pace in Palestina era in corso, e ai due popoli venivano offerte occasioni che alcuni avevano saputo raccogliere e altri, dopo, hanno lasciato cadere. Sarà ancora possibile recuperare il filo di quel cammino?

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In primo pian macerie causate dalle bombe a gaza, sullo sfondo palazzi distrutti

Tutti auguriamo – o comunque io auguro – una vita lunga e serena allo Stato di Israele. Ma purtroppo il suo attuale governo sembra che stia facendo di tutto per tirarsi addosso quelli che vogliono distruggerlo. Questo è il commento che ci sentiamo di fare alla sciagurata iniziativa di portare un attacco aereo mortale alla rappresentanza diplomatica dell’Iran in una paese terzo. Sapendo che è sin dal 1979 – quando l’ala estremista e fanatica dell’islamismo sciita ha preso il potere in Iran rovesciando il governo monarchico – che quel grande paese ha messo al primo posto del suo programma politico la distruzione di Israele.

Certo, venire a patti con il regime degli ayatollah era impossibile. Ma almeno non offritegli pretesti per scatenarsi. È impressionante ricordare che appena dieci anni fa – era l’8 giugno del 2014Papa Francesco chiese ed ottenne che l’allora presidente di Israele, Shimon Peres, e il capo dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, si incontrassero in Vaticano per pregare, con lui, per la pace; c’era anche Bartolomeo di Costantinopoli. La formula era di nuovo quella di Assisi: se non ci sentiamo ancora pronti per “pregare insieme” possiamo però trovarci “insieme per pregare”. Assistemmo a quell’incontro in diretta televisiva, e fu emozionante. Dunque era possibile che la ricerca della pace facesse un passo in avanti, sia pure solo simbolico. Che cosa non si pagherebbe oggi per tornare a quel momento?

Shimon Peres era agli ultimi giorni del suo mandato come capo dello Stato; capo del governo israeliano era Netanyahu; da allora quest’uomo e la sua politica hanno reso sempre più evanescente lo schema “due popoli, due stati” che pure era stato consacrato dagli accordi di Oslo nel 1993 e nell’anno successivo aveva meritato il premio Nobel per la pace allo stesso Peres, all’allora primo ministro Rabin e al capo palestinese Arafat.

Purtroppo quelle promesse non hanno portato (ancora) i loro frutti, come abbiamo visto tragicamente negli ultimi mesi. Ma lo straordinario episodio del 2014 ci ricorda che vi è stato un tempo in cui il cammino per la pace in Palestina era in corso, e ai due popoli venivano offerte occasioni che alcuni avevano saputo raccogliere e altri, dopo, hanno lasciato cadere. Sarà ancora possibile recuperare il filo di quel cammino?

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Piccoli semi di speranza gettati da israeliani e palestinesi https://www.lavoce.it/piccoli-semi-di-speranza-gettati-da-israeliani-e-palestinesi/ https://www.lavoce.it/piccoli-semi-di-speranza-gettati-da-israeliani-e-palestinesi/#respond Fri, 03 Nov 2023 15:01:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73887

Non ci resta che raccogliere frammenti di speranza – colligere fragmenta – per seminarli in attesa di un altro tempo. Questo tempo sembra infatti ormai perduto. Un gesto che sembra uno spreco, quello compiuto da Yocheved Lifshitz, 85 anni, una delle due donne ostaggio liberate da Hamas il 23 ottobre scorso. Al momento del rilascio, si è rivolta ai miliziani di Hamas regalandogli uno shalom e una stretta di mano. È un segno inatteso di apertura e di speranza.

Quando possono, come possono, i Parents Circle continuano a riunirsi almeno via Internet. Sono madri e padri che hanno perso i figli in un attentato o in conflitto, sono genitori israeliani e palestinesi uniti dal medesimo dolore. Una di loro è ostaggio di Hamas. E loro continuano a sostenersi vicendevolmente e a progettare percorsi di educazione alla pace con in più giovani.

E poi ci sono alcune comunità cristiane che, come sempre è avvenuto in tutti questi anni, riescono a farsi ponte tra arabi musulmani ed ebrei israeliani. Sono i frati della Custodia di Terra Santa, i Patriarcati a Gerusalemme e tante piccole comunità disseminate in quello scampolo di lievito madre che ha fecondato le tre fedi nell’unico Dio di Abramo. Si sa, i semi sono piccola cosa, quasi invisibili rispetto alle bombe e al loro fragore… ma guai se non ci fossero.

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Non ci resta che raccogliere frammenti di speranza – colligere fragmenta – per seminarli in attesa di un altro tempo. Questo tempo sembra infatti ormai perduto. Un gesto che sembra uno spreco, quello compiuto da Yocheved Lifshitz, 85 anni, una delle due donne ostaggio liberate da Hamas il 23 ottobre scorso. Al momento del rilascio, si è rivolta ai miliziani di Hamas regalandogli uno shalom e una stretta di mano. È un segno inatteso di apertura e di speranza.

Quando possono, come possono, i Parents Circle continuano a riunirsi almeno via Internet. Sono madri e padri che hanno perso i figli in un attentato o in conflitto, sono genitori israeliani e palestinesi uniti dal medesimo dolore. Una di loro è ostaggio di Hamas. E loro continuano a sostenersi vicendevolmente e a progettare percorsi di educazione alla pace con in più giovani.

E poi ci sono alcune comunità cristiane che, come sempre è avvenuto in tutti questi anni, riescono a farsi ponte tra arabi musulmani ed ebrei israeliani. Sono i frati della Custodia di Terra Santa, i Patriarcati a Gerusalemme e tante piccole comunità disseminate in quello scampolo di lievito madre che ha fecondato le tre fedi nell’unico Dio di Abramo. Si sa, i semi sono piccola cosa, quasi invisibili rispetto alle bombe e al loro fragore… ma guai se non ci fossero.

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Il silenzio dei potenti sulla pace nella Striscia di Gaza https://www.lavoce.it/il-silenzio-dei-potenti-sulla-pace-nella-striscia-di-gaza/ https://www.lavoce.it/il-silenzio-dei-potenti-sulla-pace-nella-striscia-di-gaza/#respond Thu, 26 Oct 2023 09:12:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73806 Una donna reagisce disperataaccanto alle macerie di un edificio in seguito agli attacchi israeliani su Rafah nel sud della Striscia di Gaza

di padre Ibrahim Faltas*

Ancora morti innocenti, ancora sofferenze del corpo e dell’anima, ancora voci inascoltate. Quando si fermeranno le armi? Chi sta usando l’arma del dialogo e della pace? In questi giorni abbiamo visto arrivare e ripartire governanti, leader e personaggi importanti, che analizzano, consigliano, parteggiano… ma purtroppo tacciono e non intervengono per porre fine a questa guerra. È giunto il momento per tutti i potenti, che hanno un ruolo importante, di far cessare il fuoco, di far deporre le armi, di tirare fuori il coraggio di uomini che siano degni dell’importante ruolo che rivestono.

Purtroppo le nostre speranze sono state deluse perché non abbiamo sentito voci che chiedono il rispetto della vita umana, non abbiamo sentito implorare con forza la pace. Solo da Papa Francesco abbiamo udito parole forti, equilibrate e portatrici di verità. Perché i suoi appelli non ricevono ancora una risposta concreta? Perché il suo affermare con forza che la guerra è una sconfitta per l’umanità non spinge a comprendere che bisogna bloccare questa spirale di violenza? Sono certo che, se potesse, Papa Francesco verrebbe di persona a parlare ai cuori dei governanti, verrebbe a fermare le mani armate, verrebbe a portare una carezza ai bambini oltraggiati e indifesi. Noi, uomini di buona volontà, abbiamo solo il potere di parole e di azioni in difesa della vita. Tutti avremo sulla coscienza e dovremo rispondere a Dio e alla Storia di tanti innocenti morti, perché non siamo stati capaci di difendere il bene prezioso di ogni singola vita umana.

Sono arrivati in questi giorni in Terra Santa molti giornalisti e televisioni a documentare la brutalità della guerra. Anche i media possono fare molto in questo momento storico. La comunicazione è fondamentale: vogliamo un’informazione corretta, che non dia notizie non verificate che poi diventano strumenti di incitamento all’odio. Ciò è dannoso e non aiuta a salvare vite umane. L’obiettivo primario per tutti deve essere solo di fermare questa guerra, per il bene dell’umanità intera. La coscienza di ognuno si risvegli per porre fine a questa disumanità che sta colpendo tante vite, e che rischia di coinvolgere il mondo.  Facciamoci tutti strumenti di pace, perché non vogliamo la guerra.

* vicario custodiale della Custodia francescana di Terra Santa

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Una donna reagisce disperataaccanto alle macerie di un edificio in seguito agli attacchi israeliani su Rafah nel sud della Striscia di Gaza

di padre Ibrahim Faltas*

Ancora morti innocenti, ancora sofferenze del corpo e dell’anima, ancora voci inascoltate. Quando si fermeranno le armi? Chi sta usando l’arma del dialogo e della pace? In questi giorni abbiamo visto arrivare e ripartire governanti, leader e personaggi importanti, che analizzano, consigliano, parteggiano… ma purtroppo tacciono e non intervengono per porre fine a questa guerra. È giunto il momento per tutti i potenti, che hanno un ruolo importante, di far cessare il fuoco, di far deporre le armi, di tirare fuori il coraggio di uomini che siano degni dell’importante ruolo che rivestono.

Purtroppo le nostre speranze sono state deluse perché non abbiamo sentito voci che chiedono il rispetto della vita umana, non abbiamo sentito implorare con forza la pace. Solo da Papa Francesco abbiamo udito parole forti, equilibrate e portatrici di verità. Perché i suoi appelli non ricevono ancora una risposta concreta? Perché il suo affermare con forza che la guerra è una sconfitta per l’umanità non spinge a comprendere che bisogna bloccare questa spirale di violenza? Sono certo che, se potesse, Papa Francesco verrebbe di persona a parlare ai cuori dei governanti, verrebbe a fermare le mani armate, verrebbe a portare una carezza ai bambini oltraggiati e indifesi. Noi, uomini di buona volontà, abbiamo solo il potere di parole e di azioni in difesa della vita. Tutti avremo sulla coscienza e dovremo rispondere a Dio e alla Storia di tanti innocenti morti, perché non siamo stati capaci di difendere il bene prezioso di ogni singola vita umana.

Sono arrivati in questi giorni in Terra Santa molti giornalisti e televisioni a documentare la brutalità della guerra. Anche i media possono fare molto in questo momento storico. La comunicazione è fondamentale: vogliamo un’informazione corretta, che non dia notizie non verificate che poi diventano strumenti di incitamento all’odio. Ciò è dannoso e non aiuta a salvare vite umane. L’obiettivo primario per tutti deve essere solo di fermare questa guerra, per il bene dell’umanità intera. La coscienza di ognuno si risvegli per porre fine a questa disumanità che sta colpendo tante vite, e che rischia di coinvolgere il mondo.  Facciamoci tutti strumenti di pace, perché non vogliamo la guerra.

* vicario custodiale della Custodia francescana di Terra Santa

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Medio Oriente nel sangue https://www.lavoce.it/medio-oriente-nel-sangue/ https://www.lavoce.it/medio-oriente-nel-sangue/#respond Thu, 12 Oct 2023 12:22:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73619

La carneficina israelo-palestinese di questi giorni è il prodotto di una spirale di violenza che dura ormai da 75 anni. Sangue chiama sangue. L’attacco terroristico del 7 ottobre è da condannare senza esitazione, ma rispondere con la vendetta al terrorismo sanguinario e crudele di Hamas non risolve la questione, l’aggrava e serve esclusivamente a prolungare il conflitto. Se anche la risposta violenta riuscisse a neutralizzare tutte le cellule di terrorismo e a salvare il maggior numero di ostaggi, si porrebbero comunque le basi per l’odio e la violenza di domani. Sono ragioni sufficienti per far comprendere al mondo intero che non si può continuare a fare da spettatori, e che la comunità internazionale è l’unico soggetto con la titolarità e la forza per trarre quelle popolazioni fuori dalla logica della violenza e avviare a una soluzione pacifica. In questa direzione vanno gli appelli del Papa e le dichiarazioni dei Patriarchi e dei capi delle Chiese di Gerusalemme. E noi non possiamo che unirci alla preghiera, alimentare la speranza, sottrarci al linguaggio della violenza, e continuare a credere nel dialogo anche quando sembra lontano e difficile.]]>

La carneficina israelo-palestinese di questi giorni è il prodotto di una spirale di violenza che dura ormai da 75 anni. Sangue chiama sangue. L’attacco terroristico del 7 ottobre è da condannare senza esitazione, ma rispondere con la vendetta al terrorismo sanguinario e crudele di Hamas non risolve la questione, l’aggrava e serve esclusivamente a prolungare il conflitto. Se anche la risposta violenta riuscisse a neutralizzare tutte le cellule di terrorismo e a salvare il maggior numero di ostaggi, si porrebbero comunque le basi per l’odio e la violenza di domani. Sono ragioni sufficienti per far comprendere al mondo intero che non si può continuare a fare da spettatori, e che la comunità internazionale è l’unico soggetto con la titolarità e la forza per trarre quelle popolazioni fuori dalla logica della violenza e avviare a una soluzione pacifica. In questa direzione vanno gli appelli del Papa e le dichiarazioni dei Patriarchi e dei capi delle Chiese di Gerusalemme. E noi non possiamo che unirci alla preghiera, alimentare la speranza, sottrarci al linguaggio della violenza, e continuare a credere nel dialogo anche quando sembra lontano e difficile.]]>
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