induismo Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/induismo/ Settimanale di informazione regionale Fri, 26 Mar 2021 14:53:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg induismo Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/induismo/ 32 32 Fraternità e dialogo: a confronto religioni, filosofia e economia https://www.lavoce.it/fraternita-e-dialogo-a-confronto-religioni-filosfia-e-economia/ Sat, 09 May 2015 00:20:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32965 DSC_51701532325959
foto A.Coli

Quasi 500 persone hanno partecipato in questi giorni al Laboratorio di studio promosso a Perugia dal 7 al 9 maggio, in preparazione al convegno ecclesiale di Firenze 2015.

(Guarda le foto dell’evento)

 

Al centro congressi della Figc sede dei lavori, giovedì pomeriggio il cardinale Gualtiero Bassetti ha aperto i lavori con una riflessione sul valore dell’accoglienza declinato sulle tematiche perno del laboratorio, ovvero solidarietà, fraternità, identità, estraneità e relazioni, con il fine di portare un contributo ad un’umanesimo definito nuovo perché propositivo.

“Dobbiamo evitare di abbrutirci, puntando sempre alla ricerca dell’Assoluto”, è stata la frase più incisiva e ritwittata dai tanti follower del laboratorio. A moderare il dibattito don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo, che ha spiegato con queste parole l’impostazione del laboratorio: “Ci sentiamo interrogati sulla figura di Gesù e il nuovo umanesimo, intendendo il termine ‘nuovo’ come propositivo nei tempi in cui viviamo: cerchiamo di passare la visione di un umanesimo capace di dire qualcosa di buono per l’uomo di oggi, capendone le declinazioni che può assumere, dal punto di vista laico-filosofico e interreligioso, approfondendo i punti di contatto tra le tre religioni monoteistiche – cristianesimo, ebraismo e islamismo – e tra queste e le principali religioni orientali (buddismo e induismo)”.

Tutti i lavori del convegno sono stati trasmessi in streaming e i video sono disponibili on line (clicca qui per i video).
PRIMA GIORNATA

La prima giornata ha avuto un taglio di carattere filosofico e antropologico, con l’obiettivo di spiegare il significato della scelta del termine “nuovo umanesimo” (dove per nuovo s’intende capace di essere propositivo, in una dinamica di dialogo tra diversità volto ad arricchire gli interlocutori) e le sue declinazioni nel campo della ricerca filosofica (la relazione di Angelo Capecci, docente di Filosofia e prospettive di nuovo umanesimo all’ateneo di Perugia, si è incentrata sull’approfondimento del postulato “l’uomo è ciò che sceglie”, celebre nella trattazione filosofica) e dell’analisi dei fatti relativi alla storia contemporanea, grazie agli interventi degli storici Luciano Tosi, Marco Impagliazzo e Roberto Morozzo della Rocca.

L’evoluzione e l’andamento della religiosità in Europa. Marco Impagliazzo, docente di storia a Perugia e presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha offerto una relazione ricca di dati, utili a farsi un quadro dell’andamento socio-religioso in Europa, con particolare riguardo tra differenze e analogie che si stanno verificando in Italia e nella regione balcanica: “Nell’Europa contemporanea il 10% della popolazione è composta da immigrati o da persone di origine non europea – ha detto Impagliazzo -. Questo melting pot genera una pluralità di credenze religiose che obbligano ad un dialogo interreligioso sempre più fervente e importante, che non sia materia riservata a specialisti, ma da collocare in un cammino più vasto della Chiesa italiana. Il dialogo tra le religioni deve essere un fatto di popolo, che riguardi le Chiese locali, le parrocchie e i movimenti. Sostenere la fede delle popolazioni immigrate è necessario a rafforzare i legami comunitari, e salva dal rischio di una religione senza popolo. Papa Francesco nell’ultimo Concistoro ha parlato ai nuovi cardinali di pastorale dell’integrazione, stando attenti a non respingere nessuno. Nella Evangelii Gaudium c’è un passaggio che riecheggia lo spirito di Assisi trent’anni dopo: si parla infatti di mistica del vivere insieme, appoggiandoci a vicenda in una marea un po’ caotica che può trasformarsi in un santo pellegrinaggio”.

Tante analogie tra la religiosità italiana e quella balcanica. Il dialogo sull’Europa è proseguito analizzando il contesto dell’Europa balcanica e dei Paesi ex-comunisti con Roberto Morozzo della Rocca, docente di Storia dell’Europa contemporanea e Storia dell’Europa orientale all’ateneo di Roma Tre. Morozzo ha snocciolato i dati sull’andamento della religiosità popolare nei Paesi dell’Europa orientale, caratterizzati fino al 1989 dall’egemonia comunista, i quali solleticano il ragionamento sulla situazione attuale italiana. “In Polonia stanno rinascendo movimenti laicisti organizzati da polacchi che avevano vissuto il periodo comunista immigrando nei Paesi dell’Europa occidentale – ha spiegato Morozzo -, così come in Romania e nei Paesi balcanici in generale è pressoché assente l’ateismo dichiarato ma la religiosità è sempre più fragile, anche per la crescita del benessere economico grazie ai fondi europei. In Russia viene mantenuta in molte case la tradizione del cosiddetto “angolo delle icone” come luogo di preghiera, ma la pratica cristiana è poi quasi assente. Anche in Italia viviamo un periodo simile, con la religiosità che va disgregandosi anche tra coloro che si definiscono cristiani”.

Homo economicus e nuovo umanesimo. L’ultima tavola rotonda ha avuto come tema “Società civile, fraternità e dialogo interreligioso: prospettive di nuovo umanesimo”. Carlo Vinti dell’Università di Perugia e i docenti Francesco Fischetti, Mauro Letterio e Fulvio Longato hanno ragionato sulla necessità del dialogo tra culture e religioni differenti e spesso, per vari fattori, antagoniste. Più volte è stato citato il pensiero di Amartya Sen, il filosofo indiana premio Nobel per l’economia nel 1998, ma in particolare ha suscitato l’interesse del popolo virtuale (che ha seguito i lavori del convegno trasmesso in streaming sul sito www.firenze2015.it o twittando @Firenze_2015) la frase di Jacques Maritain “senza le religioni saremmo infinitamente più poveri e malvagi”. Su tale riflessione Fistetti ha analizzato il criterio di necessità della religione come elemento equilibrante della vita umana e – conseguentemente nonostante tutto – delle relazioni tra uomini. “Nell’homo economicus la libertà è intesa come non avere debiti con nessuno, introducendo il criterio razionale della giustizia di mercato, che diventa anche giustizia politica”.

Diritto internazionale e Magistero universale. Mauro Letterio ha cominciato la sua relazione citando Papa Francesco, il quale nel corso del suo ancora breve ma denso magistero ha parlato più volte “dell’uomo come essere relazionale”. Tale frase è in continuità con l’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e proseguendo in un’analisi storica del Diritto internazionale ha strutturato un parallelismo tra il crescendo del diritto e l’evoluzione del magistero ecclesiale. Infine Fulvio Longato ha esordito dicendo che “l’unità strutturale è basata su dignità, libertà, uguaglianza e fraternità, e l’implementazione dei diritti è strettamente legata alla crescita dei doveri”.

Nel video il direttore dell’Ufficio nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Cei, don Cristiano Bettega, fa il punto sulla prima giornata di lavori

 

 SECONDA GIORNATA – mattino

In apertura di giornata è stata la tavola rotonda “Dialogo: nel nome dell’Unico, per un’antropologia di pace” (introdotta dal vescovo di Città di Castello Mons. Domenico Cancian e le relazioni – introdotte da Brunetto Salvarani – del docente di teologia trinitaria Piero Coda e l’islamista Adnane Mokrani.

Il vescovo di Città di Castello Domenico Cancian

I parallelismi del dialogo interreligioso tra Cristianesimo e Islam.  “Il monoteismo può essere garante di alterità, come principio universale e sotto il profilo etico”, ha detto mons. Piero Coda, docente di Teologia trinitaria alla Ius Sophia, che ha proseguito la relazione sttolineando che “l’unicità di Dio è rappresentata dall’unità nella verità, ed è fondamentale non rimanere sul pianio teorico ma scendere nella prassi, nella cultura e nella pastorale ecclesiale.  Coda ha offerto una rilettura del “monoteismo trinitario cristiano” che “è attraversato al suo interno dal principio di alterità” e da una fraternità radicata nella Parola di Dio, che nella creazione dice “è bene che l’altro sia”.

Il teologo ha sottolineato l’esigenza di una “scuola di dialogo” in cui “imparare ad essere amici senza nascondere la propria identità, per discernere cosa è conforme alla fede nell’unico Dio e cosa è proiezione del nostro egoismo”. Questo, ha aggiunto, può essere il contributo dei credenti ad una società civile, politica, culturale “completamente sorda” su questo fronte, ancora incapace di prendere atto “della risorsa che di per sé le religioni possono costituire per la stessa società e i suoi assetti istituzionali”.

“La religione dovrebbe santificare l’uomo, ma l’uomo può santificare o falsificare la religione”. Con questa frase l’islamista Adnane Mokrani, tunisimo da oltre vent’anni in Italia, docente universitario e rappresentante del Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica, ha aperto la sua relazione nella quale ha proposto una interpretazione spirituale di alcuni passi del Corano per mostrare la contraffazione che del Libro sacro viene fatta da una lettura fondamentalista e violenta, una lettura che ne altera l’ispirazione profonda. Commentando  alcuni testi  del Corano, il relatore ha fatto notare che “i falsi nomi, le bugie sono all’origine della violenza, che è tale solo per le vittime: gli altri la chiamano con altri nomi, storia, civiltà… Nessuno ha il coraggio di dire i veri nomi, che sono violenza, sfruttamento”. E così, “la violenza verbale si trasforma in violenza teologica: è una rete satanica che non manca in certi ambienti religiosi”.

Ha fatto seguito il dibattito coordinato da Marco Bontempi sul tema del “Tavolo ebraico-cristiano-islamico”, con domande provenienti dal pubblico e dai follower che hanno seguito la diretta streaming sul sito www.firenze2015.it e sull’account Twitter @Firenze_2015.

 SECONDA GIORNATA – pomeriggo

“Epifania dell’altro e disvelamento del sé”. Padre Giulio Michelini (membro della Giunta coordinatrice di Firenze 2015),  ha aperto il pomeriggio presentando il tema ed i relatori, i docenti della Pontificia Università di Rio de Janeiro Maria Clara Bingemer e Paulo Fernando de Andrade, e la partecipazione di Roberto Repole, presidente dell’Associazione Teologica Italiana.

Da citare la frase di Maria Clara Bingemer  “la giustizia è tale solo se interpellata da etica”, estrapolata dal pensiero del filosofo francese Emmanuel Lévinas. “Si tratta di un’etica – quella mistica – che non può essere marginalizzata e che deve caratterizzare la politica, affinché quest’ultima non si riduca, nella nostra era della globalizzazione, ad essere solo una mera attuazione delle richieste del mercato”.

Paulo Fernando de Andrade ha trattato il tema della “Chiesa dei poveri” che Papa Francesco ha fatto suo sin dalla scelta del nome, e parlando ai giornalisti, tre giorni dopo la sua elezione disse “come vorrei una Chiesa povera per i poveri”. Andrade, specializzato in teologia della liberazione e questioni etiche, ha ripercorso la storia del gruppo ““Gesù, la Chiesa e i poveri” che portò il tema nel Concilio Vaticano II, contando tra i suoi membri personaggi come Paul Gauthier, Helder Camara, e tra gli italiani Dossetti chiamato dal Cardinale Lercaro che seguì da vicino il lavoro del gruppo e portò nelle discussioni conciliari l’attenzione al tema.

Infine Roberto Repole ha offerta una riflessione teologica sul dialogo interreligioso: “Riflettere sulla fraternità è certamente offrire un contributo al nuovo umanesimo in Cristo. La Chiesa deve essere contrassegnata dalla fraternità, intesa in senso di apertura all’altro: un concetto di fraternità cristiana che non è filantropia, ma ospitalità affinché ciascuno trovi la sua identità, con la capacità di ospitare gli altri nella sua sconvolgente novità è la strada verso una chiesa in uscita, come intende Papa Francesco”.

Citando il teologo Ratzinger che nel 1961 scriveva che “la fraternità dei cristiani è fondata nella incorporazione in Cristo” ha sottolineato la forza dell’eucarestia il cui “fine non è solo la transustanziazione” del pane e del vino poichè “noi nello Spirito veniamo ospitati in Cristo divenendo così ospiti gli uni degli altri”. E se la fraternità si fonda sulla comune paternità di Dio “non tollera nessun gerarchismo”, scriveva Ratzinger, aggiungendo che questa “non è solo questione ecclesiologica ma teologica perchè è manifestazione del volto di Dio”. Per i cristiani la fraternità non è chiusa ma universale poiché “in Cristo non è stato creato solo il cristiano ma ogni essere umano”.

Dialogare tra popoli diversi presuppone un’etica economica. In conclusione di giornata il dibattito ha affrontato il tema “Etica ed economia: la ferita dell’altro” con Simone Poledrini (Università di Perugia), Emmanuel Gabellieri (Università Cattolica di Lione), Alain Caillè (Università Paris X) e Luigino Bruni (Università Lumsa), quest’ultimo autore di molti studi sulla relazione tra economia, civiltà e religione.

Gabellieri e Caillè hanno commentato alcuni testi di Bruni anticipando e preparando l’intervento di Bruni, molto atteso per lo spessore degli studi – anche recenti – che lo stesso economista ha svolto.

“Viviamo la cultura dell’invulnerabilità dovuta a sua volta alla cultura dell’immunità, nel senso che ci si lascia toccare dall’altro, dal diverso, dal povero. Per riflettere sulla cultura nella quale viviamo è opportuno riflettere sul significato dell’abbraccio di Francesco d’Assisi al lebbroso. Il dono è una faccenda molto seria che la nostra società ha ridotto a segni spesso ridotti e banali, quasi dei vaccini per immunizzarci dalla vera logica del dono. Domandiamoci se c’è compatibilità tra economia e logica del dono: la risposta è negativa, soprattutto negli ultimi anni. Infatti non possiamo paragonare il capitalismo italiano degli anni Ottanta con quello odierno.

Ragioniamo sul finanziamento del no-profit, che oggi è finanziato per un 50% dalle multinazionali del gioco dell’azzardo. Il dono è il cuore dell’economia occidentale, e per capirlo dobbiamo riprendere la Bibbia, per la precisione il libro di Giobbe, dove si ragiona sulla logica retributiva. Proseguendo nell’analisi storica, possiamo fare un salto in avanti arrivando al periodo della Riforma, dove la logica del dono fu uno dei motivi di scissione. Arrivando al mondo contemporaneo, la dimostrazione che la logica del dono attualmente non esiste è l’analisi dei temi neomanageriali, basati sulla grande spinta motivazionale del giovane, sottoposto a trattamenti economici talvolta imbarazzanti, e la logica dell’incentivo, dove l’impiegato nonostante sia assunto con regolare contratto necessita di un incentivo per dare il meglio di sé.

Questo denota che il lavoratore è inteso come un asino o un mulo utile a fare lavori di fatica. Oppure, nel caso degli insegnanti, l’incentivo economico sottintende pensarli come fannulloni che altrimenti non svolgerebbero appieno il proprio lavoro. Quindi, un mondo che non accoglie l’invulnerabilità è semplicemente un mondo invivibile”.

 TERZA GIORNATA

Sabato mattina si è tenuta l’ultima sessione dedicata a “Dialogo: l’uomo, tra Oriente e Occidente”, moderata da Simone Morandini, dell’Istituto di Studi Ecumenici “San Bernardino” di Venezia, che ha introdotto gli intereventi di Massimo Raveri, dell’Università Ca’ Foscati di Venezia, Svamini Hamsananda Giri, dell’Unione Induista Italiana e di Osvaldo Santi, dell’Unione Buddista Italiana. Un confronto franco attraversato dalla domanda su come è visto l’uomo nelle tradizioni religiose orientali.

“Nella loro radicale alterità, le religioni orientali sfidano la crisi dell’Occidente”, ha esordito Raveri, che si è soffermato sul buddismo giapponese, per il quale “il mio io non ha alcuna consistenza ontologica”. Sta qui la “radicale differenza con il cristianesimo: alla fine dello svuotamento interiore, che per il cristianesimo è la kenosi, c’è la relazione con Dio, mentre nel buddismo c’è l’illuminazione del vuoto”. “È un errore considerare l’induismo politeista”. A spiegarlo, è stata Hamsananda Giri, monaca induista, che ha ricordato come l’induismo sia “una religione poliedrica, una filosofia di vita per cui nessuna verità è esclusa, ma viene accettata come tale”. Per l’induismo, cioè, “la verità è una, ma i saggi la chiamano, la invocano in molteplici nomi”. “Le religioni – ha concluso – devono essere sorelle: non si fanno concorrenza, devono sedersi intorno a un tavolo per ascoltare e arricchirsi delle reciproche differenze”. Osvaldo Santi ha sottolineato la dimensione dell’ascolto e della ricerca. “Dialogare vuol dire crescere di più nella propria spiritualità. Quando facciamo un percorso insieme, le differenze sono notevoli, ma ascoltare quanto mi viene detto mi fa crescere nella mia fede religiosa e comprenderla ancora di più”.

La sessione si è conclusa con l’esperienza di dialogo con l’Oriente vissuta accanto a don Luigi Giussani da Ambrogio Pisoni, delegato dell’Arcidiocesi di Milano per il dialogo con le religioni orientali.

LE CONCLUSIONI

Partecipare per esprimere le nostre idee per il futuro della nostra comunità, della Chiesa e della società. Questo è chiesto ai delegati nazionali al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze che sarà, lo ha anticipato Adriano Fabris concludendo a Perugia il primo dei tre Laboratori di studio in preparazione a Firenze.

Il Convegno di Firenze, ha detto Fabris, “non sarà un convegno in cui c’è solo l’ascolto ma un laboratorio di pensiero” in cui i delegati lavoreranno in piccoli gruppi e la partecipazione sarà “aperta” anche a chi non potrà essere presente grazie all’interattività sperimentata in queste giornate di Perugia trasmesse in streaming e commentate in diretta su Twitter e su Facebook.

Firenze, ha aggiunto, vuole esprimere  “idee per il futuro” percorrendo le “due vie” sperimentate a Perugia, quella del dialogo con le scienze umane quali l’economia, la sociologia, la filosofia, e quella del dialogo con le religioni.

Tutti i relatori del Laboratorioperugino sono stati invitati a confrontarsi con la parola fraternità, la cenerentola delle tre parole-manifesto della Rivoluzione francese, messa tra parentesi, dimenticata nell’Ottocento e nel Novecento. Nelle giornate di Perugia, ha detto Fabris, docente di Teologia morale all’Università di Pisa, “le scienze umane ci hanno detto che la fraternità è fondamentale per uscire dalla crisi perché la fraternità è un’esigenza dell’uomo in quanto essere umano e non in quanto essere umano religioso, e ce lo hanno detto, per esempio, con la categoria del dono”.

Nel dialogo, ha aggiunto Fabris, qui a Perugia “sia gli esponenti delle religioni monoteiste, sia quelli delle religioni orientali ci hanno testimoniato che le religioni pur nelle difficoltà di un incontro tra molte tradizioni diverse e differenze linguaggi, hanno in loro stesse una tensione verso l’elemento della fraternità”. Rimettere al centro questa parola ha portato i relatori a dire cosa è l’uomo, e è emerso chiaramente che l’essere umano non è quell’individuo isolato che si mette in relazione con gli altri se e come vuole, come lo pensa gran parte della cultura contemporanea, ma è “un essere in relazione” che cresce, si forma, si esprime in relazione con gli altri, con l’ambiente, con l’Altro. “Siamo fratelli non lo ha detto Robespierre”, ha detto Fabris a sottolineare la necessità di “riappropriarsi delle parole proprie del cattolicesimo, che gli sono state scippate o che rischiano di essere distorte da altri ambienti e altri settori”.

“Noi cristiani abbiamo il dovere di riproporre la fraternità, in un contesto sociale improntato a ben altri valori”. Lo ha detto il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, portando il saluto conclusivo ai convegnisti. “Mi ha fatto piacere – ha aggiunto – che in queste tre giornate il tema del dialogo abbia avuto il suo giusto spazio, sia come riflessione teorica, ma anche come incontro reale tra persone di diverse convinzioni, ma con la certezza che al centro deve essere sempre messo, e oggi in particolare deve tornare ad essere, l’uomo”. Il Cardinale ha detto poi di aver trovato “molto interessanti” le due proposte fatte da mons. Piero Coda della “istituzione di un gruppo di lavoro sui tre monoteismi” che possa essere “spazio di incontro reale e di apertura a un nuovo umanesimo del dialogo” e poi “l’attivazione di un’assemblea interreligiosa, per mettere al centro l’uomo e il suo desiderio di assoluto”.

Don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei Ecumenismo e dialogo, ha invitato a chiudere i lavori con “un momento di dialogo particolare: un minuto di silenzio in cui essere uniti “nella preghiera anche se non con le stesse parole”.

 

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Le religioni sanno ancora dialogare https://www.lavoce.it/le-religioni-sanno-ancora-dialogare/ Fri, 08 May 2015 11:39:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32960 Egitto: cristiani e musulmani manifestano insieme
Egitto: cristiani e musulmani manifestano insieme

È in corso a Perugia (dal 7 al 9 maggio) il primo dei tre “Laboratori” di preparazione al Convegno ecclesiale di Firenze. Il laboratorio ha per tema “Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità e relazioni per un nuovo umanesimo”. L’evento è organizzato dall’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, dal dipartimento di Filosofia – scienze sociali – umane e della formazione dell’Università di Perugia, dalla Commissione politiche sociali e lavoro della Conferenza episcopale umbra e dall’Istituto teologico di Assisi. La sede del convegno è l’auditorium del Centro congressi della Figc (strada di Prepo 2).

Quattro le sessioni di lavoro su tre giornate, 9 tavole rotonde, più la conclusione finale di Adriano Fabris, un cardinale (Gualtiero Bassetti di Perugia) e un vescovo (Domenico Cancian di Città di Castello) tra i 29 relatori, di cui 22 sono docenti universitari impegnati soprattutto in atenei laici.

Un convegno reale e virtuale: è possibile seguire tutte le relazioni in diretta streaming collegandosi al sito www.firenze2015.it, ed è possibile rivolgere domande ai relatori (che saranno raccolte e lette in diretta prima del dibattito post-relazione) twittando @Firenze2015 o inviando email a redazione@firenze2015.it.

Diamo la parola a don Cristiano Bettega, sacerdote trentino di 48 anni, che dal settembre 2013 guida per la Cei l’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.

Quanto è difficile occuparsi di ecumenismo e di dialogo interreligioso con la strage di Parigi stampata negli occhi e le minacce continue dell’Is?

“Spesso i media ci fanno credere che in varie parti del mondo e con certe culture sia impossibile il dialogo interreligioso. Leggevo su Avvenire del 6 maggio che, se da una parte sta emergendo il dramma di Aleppo in Siria, dall’altra parte un frate francescano che vive lì racconta che islamici e cristiani convivono in ottimi rapporti. La questione è spinosa, ma vorrei presentare l’immagine della rosa: ha il gambo spinoso, ma il fiore è bello, vario, profumato. Credo che la stessa cosa valga per il dialogo con l’altro, non solo inteso in ottica di cultura religiosa. Nella storia ci sono sempre stati episodi di contrasto e a volte di conflitto tra la visione che vuole distruggere l’altro e la logica che porta ad avvicinarsi all’altro, scoprendone il positivo”.

Come reagisce il mondo cattolico nei confronti del suo lavoro?

“Stiamo vivendo un periodo eccezionale perché i fatti di cronaca pongono ogni giorno il dialogo interreligioso. Parlando della ricezione di tale dialogo, a prescindere dai fatti attuali, direi che nelle Chiese locali trovo un interesse parcellizzato, ovvero ci sono persone più vicine all’approfondimento e altre che hanno reazioni più ‘contaminate’ dalle visioni mediatiche. Va sottolineato il dato che diocesi molto grandi hanno personalità preparate per occuparsi a tempo pieno di tali tematiche, mentre diocesi più piccole sono meno strutturate. Soprattutto in questi casi diventa fondamentale valorizzare il magistero di Papa Francesco, che sta dicendo le stesse cose di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma utilizzando una gestualità più capace di provocare la Chiesa. Se non ci siamo ancora lasciati provocare abbastanza dai gesti di Francesco, credo che il problema sia soltanto il tempo – ancora poco – trascorso dall’inizio del suo magistero, che è già denso di momenti forti, come la visita a Lampedusa e a Istanbul”.

Come avete impostato il percorso del laboratorio di Perugia?

“Ci siamo sentiti interrogati sulla figura di Gesù e il nuovo umanesimo, intendendo il termine ‘nuovo’ come propositivo nei tempi in cui viviamo. Abbiamo cercato di passare la visione di un umanesimo capace di dire qualcosa di buono per l’uomo di oggi, capendone le varie declinazioni che può assumere, dal punto di vista laico-filosofico e interreligioso, approfondendo i punti di contatto tra le tre religioni monoteistiche (cristianesimo, ebraismo, islam) e tra queste e le principali religioni orientali (buddismo e induismo)”.

Evento interattivo

Il Convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze nel prossimo novembre si annuncia come un convegno fortemente interattivo, seguendo il solco dell’Era digitale nella quale la Chiesa ha già trovato ampiamente la propria dimensione. “Perugia – sottolinea padre Giulio Michelini, membro della Giunta nazionale del Convegno – è fondamentale per sperimentare una modalità di coinvolgimento digitale dei fedeli che ci seguono a distanza: oltre alla diretta streaming su www.firenze2015.it, è possibile l’interazione diretta attraverso l’account twitter @Firenze2015 e l’email redazione@firenze2015.it”.

06/05/2015 – Foto Andrea Coli

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Fraternità e dialogo https://www.lavoce.it/fraternita-e-dialogo/ Fri, 27 Mar 2015 13:34:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31107 genteDal 7 al 9 maggio si terrà a Perugia il primo dei tre “Laboratori di studio” in preparazione al Convegno ecclesiale nazionale, in calendario il 9-13 novembre a Firenze. Se il tema generale del Convegno sarà “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, a Perugia si approfondirà l’aspetto culturale e dialogico, ossia “Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità e relazioni per un nuovo umanesimo”. L’appuntamento, che avrà sede all’auditorium del Centro congressi Figc, “ha una sua specificità” sottolineano i promotori, che sono la Cei, l’Università di Perugia – dipartimento di Filosofia, la Ceu – Commissione politiche sociali e lavoro, e l’Ita di Assisi. “Innanzitutto – spiegano – è organizzato in stretta collaborazione con l’Università degli studi di Perugia, cioè con la massima istituzione culturale del territorio, e ha l’ambizione quindi di essere un momento di alto profilo scientifico. In secondo luogo, si colloca sulla scia di altre importanti iniziative culturali che sono state svolte negli ultimi anni. In particolare, prosegue il percorso formativo e culturale sul tema del nuovo umanesimo proposto dall’associazione culturale Stromata; si pone in linea di continuità con i convegni organizzati dal 2007 dalla Scuola di formazione politica Agorà; raccoglie l’eredità dell’importante iniziativa internazionale organizzata dalla Conferenza episcopale umbra nel novembre del 2013 dal titolo ‘Custodire l’umanità. Verso le periferie esistenziali’; e si riconnette, infine, con il recente convegno internazionale organizzato a Rio de Janeiro ‘Il sé e l’altro’”. Proprio da Rio è nata l’idea di promuovere questo nuovo convegno, a partire da una recente sollecitazione di Jürgen Habermas che invitava a ripensare la solidarietà attraverso la sua radice fondamentale e propriamente cristiana: l’idea di fraternità”. Di alto livello i relatori che si susseguiranno a Perugia. Oltre al card. Bassetti e al Magnifico rettore dell’ateneo, ricordiamo Cristiano Bettega dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, Angelo Capecci dell’Università di Perugia, Marco Impagliazzo dell’Università per Stranieri, l’esperto di dialogo interreligioso Brunetto Salvarani, mons. Domenico Cancian, il teologo Piero Coda, Adnane Mokrani del Pisai (Pontificio istituto di studi arabi e di islamistica), il rabbino Giuseppe Laras, padre Giulio Michelini, esponenti dell’induismo e del buddismo, e altri numerosi docenti universitari.

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Religioni per la pace https://www.lavoce.it/religioni-per-la-pace/ Fri, 16 Jan 2015 13:20:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29852 Sri Lanka, 14 gennaio- Papa Francesco nel santuario di Nostra Signora del Rosario a Madhu
Sri Lanka, 14 gennaio- Papa Francesco nel santuario di Nostra Signora del Rosario a Madhu

Lo Sri Lanka accoglie Papa Francesco. “Quando lo scorso giugno – ricorda padre Cyril Gamini Fernando, responsabile generale per l’informazione – è stato ufficialmente annunciato che il Papa sarebbe venuto in Sri Lanka, c’è stata una reazione di gioia ed entusiasmo nella popolazione. Sebbene la maggioranza non sia cattolica, qui tutti amano la persona di Papa Francesco per il suo comportamento, la semplicità di vita, l’amore e la cura per i poveri e i malati. Lo hanno visto in televisione, su internet, e così hanno potuto conoscerlo e amarlo”.

Isola al largo della costa sud-orientale del subcontinente indiano, lo Sri Lanka per la sua forma particolare è stata soprannominata la “lacrima dell’India”. Il buddhismo theravada (70,2%) e l’induismo (12,6%) sono le religioni predominanti, seguite da islam (9,7%) e cristianesimo (7,5%, di cui il 6,5% cattolici).

Come è nata l’idea di questo viaggio? “Il nostro Cardinale – risponde padre Gamini – lo ha invitato in Sri Lanka. Il Papa gli aveva detto che voleva vedere come le differenti religioni vivono insieme in armonia. Il Cardinale gli ha proposto di venire a vedere di persona, e a quel punto il Papa ha accettato”.

Il dialogo interreligioso ha fatto dunque da sfondo al viaggio del Papa in Sri Lanka: molto atteso l’incontro con i leader religiosi al Palazzo dei congressi di Colombo. Sebbene anche questo Paese sia alle prese con gruppi di estremisti, l’auspicio espresso dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, è che la radicata tradizione di dialogo e armonia religiosa presente in Sri Lanka “possa prevalere su questi nuovi tentativi di destabilizzare la situazione, e nello stesso tempo auspichiamo che le autorità possano intervenire proprio per preservare questi che sono valori fondamentali della popolazione”.

In Sri Lanka, Bergoglio tocca un’altra “lacrima” che ha bagnato la storia del Paese: la guerra civile tra singalesi e tamil che per 26 anni (1983-2009) ha devastato l’isola, lasciando ancora oggi ferite profonde. “La guerra – conferma padre Gamini – è stata una guerra molto lunga. Il Paese sta cercando, anche se molto lentamente, di ritrovare la sua stabilità”.

Ma il processo che passa per la giustizia e conduce alla riconciliazione è ancora lungo e difficile. Cosa può fare Papa Francesco per aiutare lo Sri Lanka? “Papa Francesco – risponde Gamini – è un promotore di pace e di riconciliazione. È visto come la persona giusta che può approcciare questo discorso senza discriminare etnie o religioni. Penso che il Santo Padre potrà avere un certo effetto sulla nostra gente”.

Molto atteso anche l’arrivo del Papa in elicottero al santuario di Madhu, nel nord dell’isola, il più importante e frequentato santuario mariano del Paese. Si trova nella regione a maggioranza tamil, dove la guerra è stata intensa. Qui il Papa ha rivolto un discorso per la riconciliazione e la pace. “Quello di cui lo Sri Lanka oggi ha bisogno – ribadisce padre Gamini – è riconoscere che ogni essere umano è degno della sua umanità, senza considerare la sua razza, la sua origine. Ha bisogno di pace e anche di giustizia”.

Maria Chiara Biagioni

 

 

Sri Lanka, 14 gennaio- Papa Francesco celebra la Santa Messa per la canonizzazione del beato Giuseppe Vaz nel Galle Face Green a Colombo
Sri Lanka, 14 gennaio- Papa Francesco celebra la Santa Messa per la canonizzazione del beato Giuseppe Vaz nel Galle Face Green a Colombo

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Conosco lo Sri Lanka come si può conoscere un Paese, una Chiesa, un popolo visitato tre volte negli ultimi anni, a seguito di un prete che da trenta ci mette piede – e mani e cuore… Appena un anno dopo la tragedia dello tsunami (dicembre 2004), che provocò – solo in Sri Lanka – oltre 40 mila vittime, la mia prima visita sui luoghi dove, grazie alla fratellanza e alla condivisione, si stava ricostruendo la speranza. La “perla dell’Oceano Indiano” ha lunghissime spiagge ombreggiate di palme, coste battute da venti e adorate dai surfisti, danze e costumi antichi e pittoreschi, processioni di elefanti e grandi templi con enormi Buddha da visitare nei giorni di luna piena, giorni di grande festa, ogni mese. Sta appena uscendo da trent’anni di guerra civile; miseria e violenza hanno prodotto il doppio delle vittime dello tsunami!

Nei canali di Colombo trovai un altro gigante della carità, padre Michele Catalano, ultraottantenne (scomparso qualche anno fa). Un grande uomo, capelli bianchi e sguardo dolce e sorridente; aveva compiuto il sessantesimo anno di missione in Sri Lanka. Il suo quartiere generale era poco più di una capanna fra le mille dei canali di Colombo. Costruiti dagli olandesi nel XVII secolo per portare spezie e mercanzie all’interno, furono poi abbandonati e trasformati in discariche all’aperto – di tutto: uomini, donne e bambini compresi. La terra del tè: colline dolci e infinite ricoperte, come vello di un agnello, da milioni di tenere foglioline verdi degli alberelli di tè. Le donne perse nei filari, simili a formiche colorate, cariche dei pesanti sacchi di tela, silenziose come monache, strappano veloci i germogli e sembrano accarezzarli. Un vecchio, in un villaggio, mi dice: “Siamo i più poveri, noi raccoglitori di tè. Veniamo da due secoli di colonialismo. La vostra solidarietà ci fa sperare e la fede ci sostiene e ci tiene uniti. Il futuro? Ho un figlio in seminario e alcuni nostri giovani studiano all’università. Ci sembra un segno di speranza”. Il seminario, già. Perché qui ci sono diocesi, seminari, religiosi.

A Kandy, l’antica capitale, al Seminario maggiore, filosofico e teologico, sono 120 i giovani studenti. Mi chiedono alcune parole. “Noi – dico – non siamo gli occidentali generosi che vengono a fare l’elemosina, ma il segno di Chiese sorelle che incontrano altre Chiese sorelle. Quello che ci scambiamo, fraternamente, è lo stesso dono: il Vangelo. Il Vangelo è il solo debito reciproco”. Sì, conosco un po’ lo Sri Lanka, come si conosce ciò che si ama. E ora Papa Francesco vi ha messo piede. Anche lui missionario umile, come il nuovo e primo santo srilankese, Joseph Vaz che, pur di entrare in Sri Lanka e annunciare il Vangelo, scelse la sola via allora possibile in piena persecuzione calvinista: farsi schiavo, pur di portare un conforto sotterraneo alla comunità perseguitata. La Chiesa di Sri Lanka non è da terzo mondo; ha semi pieni come quelli dell’inizio.

Angelo Sceppacerca

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L’India rende sempre più difficili le conversioni religiose https://www.lavoce.it/lindia-rende-sempre-piu-difficili-le-conversioni-religiose/ Thu, 18 Jul 2013 14:52:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18195 Cristiani-in-IndiaSette dei 28 Stati dell’India (Orissa, Chhattisgarh, Arunachal Pradesh, Gujarat, Rajasthan, Himanachal Pradesh e Madhya Pradesh) prevedono leggi anti-conversione, nonostante la Costituzione indiana garantisca la libertà di culto. Queste leggi incidono soprattutto su coloro che da hindu desiderano diventare cristiani. L’induismo, che conta l’adesione dell’80% della popolazione, è la prima religione dell’Unione, nella quale è poi presente una ‘grande minoranza’ musulmana (la terza al mondo per numero di aderenti), mentre il numero dei cristiani è di 25 milioni.

Il caso del Madhya Pradesh. Di recente, nello Stato di Madhya Pradesh, è stato approvato dal Governo – guidato dal partito nazionalista hindu – un provvedimento che inasprisce le misure sul divieto di conversione, esistenti dal 1968. La nuova legge prevede che la persona che intenda cambiare religione debba informare della sua decisione il magistrato distrettuale, e obbliga i sacerdoti che presiedono una “cerimonia di conversione” (ovvero un battesimo) a informare un mese prima il Governo sul giorno esatto, luogo e ora in cui la conversione avrà luogo, prevedendo pene se questo non accade. Segue un’indagine amministrativa della polizia per accertare se vi sia stata coercizione. Una Nota del Gcic (Consiglio globale dei cristiani indiani), riportata dall’agenzia Fides, afferma: “La normativa sembra lasciare molti cittadini con la falsa impressione che la conversione sia illegale in India, e questa idea è portata avanti dai gruppi estremisti che propugnano l’ideologia dell’hindutva (‘induità’) con ferocia religiosa. Tale decisione frettolosa è parte di un piano che intende creare un clima di sospetto e di odio nei confronti della comunità cristiana, in vista delle elezioni parlamentari del 2014”.

Il ruolo dei nazionalisti hindu. Nel Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, l’associazione evangelica “Porte aperte” evidenzia che le leggi “anti-conversione” sono frequentemente usate come pretesto per interrompere e disturbare i culti nelle chiese e per molestare e accusare i cristiani. Il permesso per costruire o ristrutturare una chiesa è quasi impossibile da ottenere, e tutte le attività comunitarie possono essere percepite come ‘oltraggiose nei confronti dei sentimenti religiosi del popolo’ e ‘distruttive della pace e dell’ordine’”. Il movimento maoista-comunista dei “Naxaliti”, che si oppone al Governo e ha le proprie basi in almeno 12 Stati federali, percepisce i cristiani come nemici a causa dei loro – perlomeno presunti – collegamenti con il Governo e con l’Occidente. Più volte, negli ultimi vent’anni, l’India è stata teatro di scontri feroci di origine religiosa. È accaduto nel 1992-1993, con gli scontri tra hindu e musulmani a Mumbai; nel 2002 con i massacri del Gujarat, sempre tra hindu e musulmani; nel 2008, con i pogrom anticristiani dell’Orissa, perpetrati da fondamentalisti hindu. Secondo il Gcic, “continuano ad avvenire episodi di intimidazione, persecuzione e atti di violenza contro singoli e piccole comunità”. Le leggi anti-conversione che, dove applicate, hanno portato alla diminuzione del numero delle conversioni, vanno lette in questo difficile contesto, che diventa ancora più problematico negli Stati guidati dal Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista hindu) e in cui c’è una forte presenza delle organizzazioni che fanno parte del Sangh Parivar (movimento ultranazionalista hindu), come la Rashtriya Sawayamsevak Sangh (Rss).

Le linee guida dell’Ue. Di qui, il richiamo dei leader del Gcic all’importanza delle Linee guida sulla libertà di religione e di credo recentemente approvate dall’Unione europea, nelle quali si afferma che il diritto alla libertà di pensiero, coscienza, religione o credo è “un diritto fondamentale di ogni essere umano”, sebbene esso subisca oggi violazioni in tutte le parti del mondo. L’Ue si impegna quindi ad “aiutare a prevenire e affrontare le violazioni di questo diritto in modo tempestivo, consistente e coerente”.

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Meic Foligno. L’India raccontata da don Roy https://www.lavoce.it/meic-foligno-lindia-raccontata-da-don-roy/ Fri, 21 Dec 2012 16:09:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=14296
Calcutta

Si è svolto sabato 15 dicembre presso la sala conferenze della Biblioteca Jacobilli di Foligno l’ incontro dal titolo “Conosciamo l’India” organizzato dal Meic con relatore Don Roy Antony Valiyaparambil. Il Meic infatti, che da molti anni agisce in Foligno per “fare” cultura, ha sentito l’esigenza di dare voce a Don Roy, che risiede ormai da tredici anni a Foligno, ma mantiene viva la cultura d’origine, per scavare un po’ sotto l’alone di mistero che avvolge un Paese affascinante come l’India. Dopo una breve introduzione del presidente del Meic Bernard Fioretti, Don Roy nel corso del suo intervento ha individuato i momenti fondamentali della storia, della cultura e delle religioni indiane. Ha evidenziato come un Paese vastissimo in cui le quattro religioni principali (induismo, islam, buddismo e cattolicesimo) sono riuscite a convivere pacificamente per tantissimi anni, fino almeno all’assassinio di Indira Gandhi nel 1984, si trova oggi di fronte a sfide cruciali, tra cui sicuramente la più importante è la lotta contro la fame che risulta essere una piaga devastante. Benché quella indiana sia un’economia emergente a livello mondiale (la suddivisione della popolazione nel sistema piramidale delle caste è un freno certamente pesante), lo squilibrio sociale è profondo e le ricchezze sono concentrate nelle mani di pochissimi, mentre il resto della popolazione è ridotto all’indigenza. Ciò nonostante l’India, depositaria com’è di una cultura millenaria molto più antica di quella occidentale, deve rappresentare anche una risorsa a cui noi possiamo attingere per cercare di recuperare quell’equilibrio interiore che spesso la vita frenetica dell’Occidente di oggigiorno ci fa perdere.

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Cristiani e musulmani imparino dall’Africa https://www.lavoce.it/cristiani-e-musulmani-imparino-dallafrica/ Thu, 26 Nov 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8031 Per i missionari in Africa, la sfida della convivenza fra cristiani e musulmani è pane quotidiano. Per questo il mio vivo interesse a partecipare alla serata presso la sala comunale di Città di Castello sul tema “Il dialogo interreligioso fra cristiani e musulmani come dovere civico”. L’occasione era la celebrazione dell’ottava Giornata nazionale del dialogo cristiano-islamico, che cronologicamente cadeva il 27 ottobre. Non era la solita conferenza, ma un incontro e una condivisione fra due comunità: quella cristiana, soprattutto cattolica, e quella musulmana, prevalentemente magrebina. I cattolici avrebbero usufruito della presenza e contributo del vescovo Domenico Cancian, la seconda di Omar Camilletti del Centro culturale islamico situato presso la grande moschea dell’Acqua Acetosa in Roma. La Caritas diocesana, l’organizzazione ecclesiale più coinvolta nelle iniziative concrete di solidarietà fra le due comunità, con il suo direttore don Paolino Trani, ha moderato la serata. È bello vedere il Comune, la Chiesa, la comunità islamica incontrarsi per riflettere su come migliorare la convivenza e la collaborazione in una società civile sempre più pluralistica e diversificata. Con umiltà! Perché, di fronte al nuovo evento della crescente presenza dei magrebini di religione musulmana nell’Alta Valle Tevere, nessuno ha risposte prefabbricate. La sala era piena zeppa, con chiara maggioranza di magrebini, giustamente interessati a configurare sempre meglio la loro presenza e azione. Quindi anche una grande dimensione politica, sociale e giuridica, con problemi urgenti come il voto per chi ha una presenza più che quinquennale corroborata da una valido lavoro. La cittadinanza implica doveri da parte di chi arriva ma anche diritti perché l’integrazione possa diventare effettiva e appetibile. È per questo che il terzo sponsor della serata era il Comune di Città di Castello, rappresentato dall’assessore ai problemi sociali, che ha messo a disposizione dell’incontro la bellissima sala comunale. La convivenza pone sfide, sia a chi arriva sia a chi riceve. Ovviamente questi ultimi sono in posizione di forza, mentre chi arriva di debolezza. Sarebbe un peccato se i cittadini valtiberini pensassero che la sfida è solo per chi arriva. Un cambiamento vero a livello di conoscenza, di liberazione dai pregiudizi, di adeguata organizzazione sociale e giuridica si impone per tutti. La fine dell’esclusivismo religiosoRicordo quando al tempo di mons. Pagani negli anni ‘80 i primi magrebini arrivarono in zona. Ci fu grande attenzione e compassione! Prevaleva la logica del “poverini”; si sfiorava il paternalismo. Non mi piaceva proprio! Proposi al Vescovo di organizzare un incontro con chi avesse esperienza per gestire il fatto nuovo con rispetto, ma anche con competenza e fermezza per non passare, come di fatto è avvenuto, dal paternalismo al rifiuto. Le difficoltà furono sottovalutate; ci furono esperienze negative su come, per esempio, gestire le case e gli appartamenti della diocesi in uso ai magrebini. Quelle incertezze iniziali lasciarono la bocca amara in non pochi, che restano ancora diffidenti, per non dire ostili. Eppure, come ha affermato il vescovo Cancian nel suo intervento, il Concilio Vaticano II dette un chiaro mandato 40 anni fa al popolo cristiano di assumere l’iniziativa di configurare nuovi rapporti con le grandi religioni mondiali come islam, ebraismo, induismo, eccetera. Superando e correggendo l’ostilità che caratterizzarono il secondo millennio che si aprì nel secolo XII con le crociate. I sette martiri monaci trappisti uccisi in Algeria il 21 maggio 1996 dagli integralisti islamici, lungamente citati dal Vescovo, sono il simbolo di un’epoca nuova. L’Algeria ha vissuto un colonialismo molto violento, molto più che altrove, e non di rado capitanato da integralisti cattolici. Allora i musulmani furono le vittime. Con i trappisti anche i cristiani sono diventati vittime, come Gesù sulla croce. Dopo 13 anni possiamo affermare che attraverso quel martirio la piccola comunità cristiana algerina ha acquistato una credibilità nuova. Il monastero di Tibihirine è ora luogo sacro, meta di pellegrinaggio non solo per i cristiani ma anche per i musulmani, quella grande maggioranza che non si riconosce nel fondamentalismo. Pellegrinaggi organizzati assieme, cosa mai prima avvenuta. Quella morte violenta subita, non inflitta, ha aperto una nuova èra caratterizzata dal pluralismo, che vede cristiani e musulmani più vicini e complementari; più disposti alla convivenza superando il pericolo dell’aut-aut. È un fatto nuovo, fragile come tutti gli inizi, ma che si sta affermando con decisione. Uno stile nuovo a cui anche in Italia e in Europa ci si deve educare. I Vescovi e le nazioni confinanti come Mali, Bourkina Faso, Senegal, al recente Sinodo sull’Africa hanno sottolineato il crescente clima di collaborazione e solidarietà nelle rispettive nazioni. Francesco Pierli

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Che non sia come 40 anni fa https://www.lavoce.it/che-non-sia-come-40-anni-fa/ Thu, 28 Aug 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6889 Qualcuno potrà pensare che non sia opportuno ricordare certe date, che lasciano uno strascico di sofferenza e di odio. Ma in questi giorni si sono rivisti in televisione carri armati russi, per fortuna non più ‘sovietici’, che avevano qualcosa di molto minaccioso; e nella zona del Caucaso (vedi articoli a p. 3) si teme che possano ripetersi violenze come sono già pesantemente accadute in Georgia, con centinaia di morti e migliaia di profughi. Il presidente russo Medvedev ha detto che non teme un ritorno della guerra fredda, ma il mondo teme che possa scatenarsi una guerra calda. Sono quaranta anni giusti da quella che fu detta la Primavera di Praga, che doveva dare inizio alla fase del comunismo dal volto umano, contrastato dal comunismo staliniano, che riuscì non solo a vincere con l’esercito, ma anche a convincere molti (non tutti) comunisti italiani. Non fu convinto invece il giovane praghese Jan Palach, che si dette fuoco per protesta contro la repressione sovietica. Il ’68 è stato anche questo. Oggi il mondo è cambiato, il comunismo è crollato, ma sogni di potenza da parte della Russia di Putin e ricerca di autonomia nazionale di piccoli popoli dell’area di influenza russa della zona caucasica, possono innescare tempi di confusione e di tensioni internazionali. Alcuni commentatori politici si sono domandati se dopo 40 anni si possa paragonare Tbilisi a Praga e la Georgia alla Cecoslovacchia. Tutti pensano e sperano che non sia così. Ma intanto il Papa ha ammonito duramente ed ha messo in guardia contro il ricorso alla violenza per dirimere questioni territoriali. All’Angelus di domenica scorsa e nella catechesi d mercoledì ha detto che si ‘si deve respingere la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi’, quali l’uso delle armi, mentre si deve ricorrere alla ‘forza morale, trattative eque e trasparenti a partire da quelle legate al rapporto tra integrità territoriale e autodeterminazione dei popoli, fedeltà alla parola data e ricerca del bene comune’. Le indicazioni di Benedetto XVI sono chiare e universalmente accettabili, perché fondate sulla razionalità, il buon senso, rispetto della legalità e del bene dei popoli. Un forte richiamo contro la violenza l’ha fatta anche a difesa della Chiesa cattolica in India, dove sono avvenute aggressioni contro i cristiani. A sostenere una vera e propria persecuszione sono i fondamentalisi indù, contrari a cristiani e musulmani. La Sala stampa vaticana ha inviato una Nota di protesta al Governo Indiano perché si ponga fine alle violenze e si ristabilisca un clima di rispetto e di libertà. Ci si è domandati come mai dalla religione di Gandhi, che esalta il valore del rispetto per ogni vita e della non violenza, si sprigioni tanto odio. La risposta è data dal card. Tauran, che ha escluso una lotta tra religioni, depositarie di princìpi di giustizia e di rispetto, mentre chi fa violenze sono uomini religiosi che non rispettano i princìpi della loro fede. Un motivo di natura politica dà un’ulteriore spiegazione, ricordando che i cristiani sono per l’abolizione delle caste e l’emancipazione dei dalit, quella classe fuori casta cui è consentito soltanto raccogliere con le mani escrementi per le strade. Nella grande democrazia indiana ci sono ancora simili forme di vita socilae, che i cristiani osteggiano. Ciò spiega molte cose.

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La “spinosa” via della pace https://www.lavoce.it/la-spinosa-via-della-pace/ Thu, 14 Sep 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5379 Ciò che ha da dire, ce l’ha scritto in faccia: lineamenti occidentali con colorito asiatico, sacerdote cattolico avvolto in un largo camicione indiano, Raimon Panikkar sintetizza in sé l’umanità del terzo millennio, multietnica e multireligiosa. Dopo un incontro a Città di Castello, e prima di ripartire per Bologna, Panikkar ha sostato a Perugia (palazzo Donini) l’11 settembre per parlare di ‘Dialogo interreligioso a vent’anni dall’incontro di Assisi’. All’incontro, organizzato dal mensile ‘L’altrapagina’ e dalla Regione Umbria, il teologo indo-europeo ha descritto la giornata di preghiera voluta da Giovanni Paolo II nel 1986 come ‘l’apertura di un nuovo periodo, in cui le religioni si aprono al dialogo. Senza questa disponibilità, non è possibile neppure vivere la propria religione. Assisi ha tolto i sensi di colpa a molti credenti, che temevano che incontrare fedi diverse dalla propria fosse una forma di apostasia’. Sono quindi emersi concetti come ‘dialogo dialogante’, incontro degli occhi e dei cuori… Tutti discorsi che sono piaciuti al pubblico presente in sala, già ben disposto, evitando però accuratamente di aprire un confronto sui punti più spinosi. Così, Panikkar ha potuto opporre la ‘fede’, intesa come apertura al Mistero, alla ‘credenza’ intesa come insieme di dogmi, che variano da un luogo all’altro; ha potuto definire la verità in modo ristretto come ‘ciò che si cerca’; ha perfino potuto distinguere Gesù ‘che era un individuo’ da Cristo ‘che non è un individuo’… e nessuno dei presenti ha sollevato obiezioni, se non altro per avere chiarimenti, per mettere in luce la complessità delle idee proposte. Un’istituzione pubblica come la Regione Umbria ha buon gioco a invitare personaggi come Panikkar, in modo da trovare interlocutori abbastanza condiscendenti. Tuttavia Panikkar non è un novellino: le sue affermazioni, anche quelle più problematiche, nascono da decenni di studi, di esperienze, di viaggi, di riflessioni. Il rischio è quello di ‘dare in pasto al pubblico’ idee che, per non diventare fuorvianti, avrebbero bisogno di una lenta maturazione anche da parte di chi ascolta. Barcellona (dove il teologo è nato) l’hanno visitata in molti, ma molti meno hanno avuto occasione di meditare a Varanasi, centro spirituale dell’induismo nonché luogo dove il Buddha cominciò la sua predicazione. Per non smarrirsi, occorrerà tenere sempre in mente – come ha ricordato lo stesso Panikkar – gli unici due saluti utilizzati dal Risorto: ‘Pace’ e ‘Non temete’.

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Più di duecento rappresentanti delle varie religioni del mondo ad Assisi https://www.lavoce.it/piu-di-duecento-rappresentanti-delle-varie-religioni-del-mondo-ad-assisi/ Thu, 17 Jan 2002 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2168 Non sappiamo quante carrozze avrà il treno della pace che trasporterà il Papa e i partecipanti all’incontro di Assisi. Il fatto che sia un treno il mezzo di trasporto, tuttavia, suscita un sentimento quasi patetico, come se attraverso la scelta del mezzo si volesse anche dire il ritorno a forme più semplici di vita e forse anche per significare che mentre la guerra corre a velocità supersonica con gli aerei più sofisticati, la pace purtroppo ha solo un treno, magari anche ansimante, cui solo la leggerezza spirituale dei partecipanti consentirà di arrivare alla mèta.

C’è un precedente, tuttavia, e di buon auspicio: il viaggio, in treno appunto, di Giovanni XXIII quando si recò ad Assisi e a Loreto il 4 ottobre 1962. Di buon auspicio, dicevamo, perché quel treno fu salutato con entusiasmo a tutte le stazioni da folle di persone che in quel gesto e in quel simbolo avevano colto lo stile di un Papa e di un uomo che amava profondamente la gente e andava seminando serenità e gioia in tutti. Anche i non credenti avevano scorto in lui il volto di un uomo buono, il Papa buono. Di buon auspicio anche perché Giovanni XXIII proprio in quei giorni dava inizio alla celebrazione del Concilio vaticano II da lui stesso annunciato e convocato tre anni prima. Il treno di Giovanni XXIII ha portato un vento di rinnovamento nella Chiesa e una grande apertura verso l’intera umanità.

Il treno di Giovanni Paolo, non più viaggiatore isolato ma accompagnato da così numerose personalità provenienti da tutto il mondo, è destinato a portare un vento gagliardo di ravvedimento e di riconciliazione. Ma chi sono questi personaggi? Scorrendo la lista (non definitiva) abbiamo contato 14 gruppi religiosi: Chiese ortodosse, Antiche Chiese d’oriente, Chiese e comunità ecclesiali d’Occidente, Ebraismo, Buddismo, Tenrikyo, Shintoismo, Islam, Giainismo, Sikhismo, Induismo Zoroastrianesimo, religioni tradizionali africane, Cristianesimo. Il raggruppamento più numeroso è quello dei cristiani che sono presenti con 33 denominazioni, seguito da una trentina di rappresentanti di molti paesi musulmani, compresi l’Arabia Saudita, il Pakistan, Le Filippine, L’Egitto, il Kazakhstan. Si può segnalare come di grande importanza la presenza di 11 Chiese ortodosse autocefale con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I e una nutrita delegazione in prima fila.

Importante anche il raggruppamento delle Chiese provenienti dalla Riforma protestante che è presente con grandi personalità, tra cui Ismael Noko che, in qualità di segretario generale della Federazione luterana mondiale, ha operato in prima persona per la firma della dichiarazione cattolico – luterana sulla giustificazione. Tra gli ebrei vi sono altissime personalità, alcune ben conosciute come il rabbino emerito della sinagoga di Roma Elio Toaff, che era presente anche nell’86, e anche il rabbino di Gerusalemme David Rosen e di Francia Samuel René Sirat. È ricca anche la rappresentanza del Buddismo con un inviato dal Dalai Lama e un folto gruppo di buddisti giapponesi. Da tutto ciò appare che chi pensava ad una stanca ripetizione dell’avvenimento dell’86 può costatare che l’invito del Papa a pregare per la pace ancora una volta ha avuto grande eco nell’ambito delle religioni mondiali. Non sono compresi in questo elenco i 33 tra cardinali, arcivescovi e vescovi, personalità invitate (come Chiara Lubich e leader di Movimenti ecclesiali cattolici). Saranno presenti inoltre il Presidente della Repubblica Ciampi, il Presidente del Consiglio Berlusconi e il ministro Lunardi.

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