immagini sacre Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/immagini-sacre/ Settimanale di informazione regionale Tue, 07 Jul 2015 13:04:15 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg immagini sacre Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/immagini-sacre/ 32 32 Disinformati e distratti sì, ma non idifferenti https://www.lavoce.it/disinformati-e-distratti-si-ma-non-idifferenti/ Fri, 23 Jan 2015 13:44:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29938 gmg-madrid-Foto-Giorgio-ValdisserriGiovani vandali senza più il senso del Sacro

I fatti avvenuti nel periodo delle festività natalizie

Le festività natalizie hanno visto succedersi atti di vandalismo ai danni di oggetti sacri. Un esempio su tutti, il furto del Bambinello, a santo Setfano, dal grande presepe allestito dalla Caritas diocesana in piazza IV Novembre a Perugia; i responsabili sono stati riconosciuti in due studenti universitari fuori sede.

Invece in via Tilli, zona Cortonese, è stata colpita da atti vandalici la statua della Madonna a cui è stata dedicata da anni una piccola edicola nei giardini condominiali. I vandali hanno buttato in terra e spaccato la rappresentazione della Vergine, e ci hanno orinato sopra.

La notte fra il 3 e 4 gennaio è stato imbrattato a pennarello e trafugato, di nuovo, il Bambinello di piazza IV Novembre. I responsabili, due studenti di 23 e 24 anni, si giustificano definendo l’atto “una goliardata”.

 

“Il buio della notte è solo un colore del cielo”

I recenti atti di vandalismo contro statue e immagini sacre ci offrono lo spunto per porre alcune domande più ampie sul rapporto dei giovani con il Sacro. Le abbiamo fatte alla dott.ssa Laura Dalla Ragione, psicoterapeuta.

Cosa può spingere un giovane a compiere atti di vandalismo come questi?

“Il vandalismo è indicatore di una disaffezione verso le persone e le cose, che perdono la loro dimensione sacra. Così come scompaiono gli ideali, anche gli oggetti, nel consumismo, perdono la loro dimensione simbolica. Ecco allora il desiderio di distruggere oggetti che appartengono al Sacro: atti che esprimono la fine del Simbolico, dimensione senza la quale però l’essere umano non può vivere. Oggi la dimensione del Sacro non è completamente persa nei giovani, ma si è sicuramente allontanata dal loro orizzonte”.

Ma se si perde la dimensione del Sacro, quali altri valori restano ai giovani?

“Sicuramente questa è un’‘epoca delle passioni tristi’, come dice il titolo di un bellissimo libro. L’essere umano può sopravvivere al dolore, alla sofferenza più inaudita, ma non può vivere nell’insignificanza, che diventa per lui intollerabile, dis-umana. E la dimensione simbolica fa parte della costruzione di questa rete di significati che appartengono a ognuno di noi, ma anche a tutti. Il valore del Simbolico è indispensabile per costruire la rete della comunità, il senso dell’appartenenza. E oggi sicuramente c’è una enorme difficoltà nei ragazzi – per fortuna, non in tutti – a costruire un sistema valoriale, ideale, che si differenzi da quello dell’adulto”.

Per questo è necessario organizzare corsi per diventare genitori, come “L’importanza di chiamarsi genitori” a cui sta prendendo parte?

“Sì, credo che oggi più di ieri sia necessario aiutare la genitorialità, sopratutto nelle domande che questo compito ci pone. Ad esempio, quanti genitori, nel passato, si ponevano la domanda di felicità rispetto alla vita dei propri figli? Su altre dimensioni si giocava la partita delle attese e delle disillusioni genitoriali: gli studi, il lavoro, il matrimonio… Oggi, l’impalcatura è cambiata. La felicità sembra essere diventata condizione sufficiente a garantire il senso della propria vita. Quindi, oggi la prima delusione vera per un ragazzo diventa una catastrofe intollerabile. Allora, come genitori, come educatori, dovremmo insegnare ai ragazzi che ogni felicità conosce la sua ombra, il segreto sta nell’accettarla. Perché, in fondo, il buio della notte è solo uno dei colori del cielo”.

 

Il presepe delle Logge di Braccio di Perugia senza bambinello
Il presepe delle Logge di Braccio di Perugia senza bambinello

Se ne parla in oratorio

Gli atti di vandalismo avvenuti nel corso delle festività natalizie appena trascorse – che hanno visto come protagonisti anche dei giovani – hanno spinto molti di quanti operano tutti i giorni al fianco dei ragazzi a porsi e porre delle domande. È il caso dell’oratorio “Giovanni Paolo II”, in cui ruotano almeno 180 tra ragazzi delle medie e adolescenti delle parrocchie di Ponte della Pietra, Prepo e San Faustino. Nel corso della settimana appena trascorsa, a pochi giorni di distanza dai fatti di cronaca sopracitati, gli educatori dell’oratorio – tra cui Simone Biagioli, coordinatore delle attività e progetti – hanno deciso di parlare ai ragazzi proprio di questi avvenimenti.

Simone, perché questa idea e qual è stata la reazione dei ragazzi?

“Innanzitutto, abbiamo voluto essere in comunione con la Chiesa diocesana e abbiamo recitato il rosario come preghiera di riparazione. Poi abbiamo voluto raccontare ai ragazzi i fatti: il furto del Bambinello del presepe della Caritas, ma anche la distruzione e profanazione della statua della Madonna di via Tilli. I ragazzi sono stati particolarmente attenti, ascoltavano a occhi sgranati, anche perché non conoscevano questi fatti. La loro prima parola è stata ‘dispiacere’, cioè amarezza, il sentirsi feriti di fronte a questi gesti. Specialmente nel caso della Madonna di via Tilli c’è stato da parte loro un giudizio tagliente e una condanna forte, forse anche maggiore di quella di noi adulti”.

I ragazzi non conoscevano i fatti? Come è possibile?

“Sì, infatti, questo è un grande problema. Intorno ai nostri ragazzi non c’è quel terreno fertile capace di educarli, o anche solo di informarli, di fargli porre l’attenzione su ciò che davvero importa. La loro disinformazione ci ha molto colpiti. Ma cos’altro potremmo aspettarci? La famiglia non informa più, i genitori sono spesso del tutto disinteressati a ciò che accade e che riguarda i loro ragazzi: sono tutti concentrati a riempire la dimensione materiale e non quella spirituale. La scuola e la società civile, invece, sempre più spesso, sono occupate a dis-informare”.

C’è quindi il rischio che nei giovani si perda del tutto la dimensione del Sacro?

“No, non credo. C’è nei giovani, comunque, una sete nei confronti del Sacro che non si è spenta, perché è sete di conoscere se stessi, di andare oltre, alle domande fondamentali della vita. Il problema, quindi, non sono i ragazzi ma noi adulti, che stiamo spegnendo questa fiamma della ricerca, trasmettendo loro il messaggio che la ricerca del Sacro non è importante. Di conseguenza si perde anche quel ‘timor di Dio’ che caratterizzava l’atteggiamento di rispetto nei confronti degli oggetti sacri. È un problema antropologico, prima ancora che teologico”.

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Con il legno e con la passione… l’arte di Rolando Chiaraluce https://www.lavoce.it/con-il-legno-e-con-la-passione-larte-di-rolando-chiaraluce/ Thu, 19 Sep 2013 13:20:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=19122 Alcune delle opera di tarsia lignea di Rolando Chiaraluce esposte alla mostra
Alcune delle opera di tarsia lignea di Rolando Chiaraluce esposte alla mostra

Il lavoro dura ore. Giorni e giorni passati prima a scegliere il soggetto da rappresentare, poi si fa il disegno e, cosa più importante, si cerca il legno più adatto, l’essenza giusta, con quel colore particolare o quei nodi che meglio si prestano a rappresentare quella parte del disegno. E poi la mano esperta dell’incisore fa il resto.

Sono ormai diversi anni che Rolando Chiaraluce, perugino Doc, prima falegname e oggi intarsiatore – anzi artista, come ormai in tanti lo definiscono – si dedica con amore e passione a incidere il legno, un lavoro certosino che lo ha portato a realizzare diversi quadri unendo uno accanto all’altro vari tasselli di legno (tarsie) dello spessore di pochi millimetri per creare scorci della sua città, Perugia, e dell’Umbria, nonché immagini sacre che ricalcano opere pittoriche famose di grandi artisti.

Presso il Centro servizi camerali “Galeazzo Alessi” di via Mazzini a Perugia, dal 12 settembre sono esposte alcune delle sue produzioni principali, vere opere d’arte. Tanti gli scorci di Perugia: c’è l’arco etrusco, Sant’Ercolano, porta San Girolamo, il tempio di San Michele arcangelo, Corciano, Todi, Preggio. E poi paesaggi innevati, Eurochocolate, Umbria Jazz.

La produzione più numerosa riguarda i soggetti sacri: la Madonna delle Grazie della cattedrale di Perugia, opere del Perugino, la Madonna con Bambino copia di quella realizzata da don Nello Palloni, suo amico, per l’ospedale di Santa Maria della Misericordia di Perugia. C’è anche un ritratto di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Crocifissioni bellissime. Grazie alla scelta di determinate tarsìe, Chiaraluce riesce a creare sfumature, profondità, prospettive inaspettate. Qua e là il tocco del pennello, per un po’ di colore.

Tutto è iniziato sessant’anni fa, all’età di 12 anni, in una via del centro di Perugia, lavorando con il padre falegname. Poi gli studi all’istituto d’arte “Bernardino di Betto”, abbandonati dopo poco per aiutare il padre nella lavorazione di mobili su misura per le famiglie della città.

La passione, però, è rimasta sempre viva in lui. Oggi, in età ormai più che matura, con più tempo a disposizione e con una grande esperienza alle spalle, “le sue capacità artistiche e la sua sensibilità, già presenti in lui – ha detto il curatore della mostra Guido Buffoni – sono esplose interpretando, non copiando, le opere che più lo colpiscono”. C’è stato anche il tempo di proseguire gli studi per diventare maestro d’arte. La mostra si chiuderà il 22 settembre.

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Borghi immaginifici https://www.lavoce.it/borghi-immaginifici/ Tue, 03 Jan 2012 08:21:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=415 Fino al 20 gennaio il Museo della Castellina di Norcia ospita il progetto fotografico di Rolando Marini, docente universitario di Sociologia della comunicazione di massa, e dedito alla fotografia fin dal 1975.
Lo studio è dedicato a scorci e vedute dei centri storici colti nei forti contrasti di luci e ombre proiettate sui monumenti nelle diverse ore del giorno e immortalate dall’attento studio dell’artista.
“Il progetto – spiega Rolando Marini – vuole proporre vedute e scorci di città antiche, tra reale e immaginifico, dove lo spazio fisico esprime un suo spirito; per trarre l’immateriale da ciò che è materiale e cogliere peculiarità e irripetibilità di atmosfere che non sono sempre nella natura dei luoghi, ma possono essere nello sguardo umano. E per questo divengono spunto per la creatività e per l’espressione figurativa. In un certo senso – continua l’artista – questa lettura vuole rappresentare la declinazione fotografica del concetto rinascimentale di città ideale, teso anch’esso ad esprimere il carattere metafisico dello spazio urbano; non rifacendosi, tuttavia, ad un anelito di perfezione trascendentale, ma muovendosi alla ricerca dei significati di spiritualità che lo spazio urbano può evocare grazie alla luce. Si propone così una lettura radicalmente e provocatoriamente anti-metropolitana, contro la concezione stessa della città contemporanea, pervasa di non luoghi e trasudante una logica del tutto disumanizzante”.
“La mostra temporanea – dice Maria Angela Turchetti, direttore del Circuito museale nursino – è allestita all’interno della sezione civica e diocesana del Museo della Castellina tentando un doppio percorso e una duplice lettura. A capolavori indiscussi quali la Vergine Annunciata di Jacopo della Quercia o al gruppo dell’Annunciazione di Luca della Robbia, si affiancano particolari inediti di monumenti storici trasfigurati da forti contrasti luministici: le immagini sacre che popolano il Museo civico e diocesano sembrano così trasmutare nella ieraticità dei luoghi letti ed interpretati con gli occhi dell’anima, offrendo spunti di riflessione per chiunque voglia andare al di là del visibile e scandagliare, negli spazi assolati e nelle ombre profonde che nascondono i particolari, l’immensa spiritualità della natura umana e delle sue creazioni”.

 

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Arte sacra nelle chiese di oggi: parliamone https://www.lavoce.it/arte-sacra-nelle-chiese-di-oggi-parliamone/ Tue, 03 Jan 2012 07:47:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=388 Siamo un gruppo di amici che vivono la propria esperienza di cristiani in stretta relazione con il loro fare arte, lavoriamo nell’ambito della pittura, della scultura, dei paramenti liturgici. Provenienti da diversi cammini di fede, abbiamo iniziato ad incontrarci mossi dal bisogno di mettere in comune le nostre esperienze. Nelle conversazioni, le prime domande che ci siamo posti, molto sentite da ognuno di noi, sono state queste: come riusciamo a conciliare il nostro fare arte con la nostra fede? Come si può vivere ed esprimere la propria fede attraverso l’arte? Di conseguenza a queste prime questioni per noi fondamentali, si sono aperte altre strade, altre tracce da sviluppare e sulle quali riflettere. Il nostro desiderio di esporle pubblicamente nasce dal bisogno di ascoltare altri pareri, in un dibattito aperto, e conoscere il pensiero dei fedeli, dei consacrati, dei sacerdoti, dei vescovi, soprattutto all’interno della nostra diocesi. Le nostre chiese sono piene di affreschi, sculture, tele, suppellettili, di raffigurazioni di santi ed episodi delle loro vite, di opere d’arte che “raccontano” gli episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Questi, come scrisse l’allora cardinale Joseph Ratzinger nel testo Introduzione allo Spirito della liturgia non sono “affatto semplici immagini di eventi passati… ma una forma di racconto che, facendo memoria, attualizza una presenza (Haggada)”, quella di Dio.

Il Concilio Vaticano II nella Sacrosantum Concilium fa una chiara distinzione sui termini da utilizzare, distinguendo tra arti liberali (le belle arti), arte religiosa, che si distingue dalla prima perché rappresenta temi religiosi, e arte sacra considerata il vertice dell’arte religiosa, più strettamente legata alla liturgia ed alla preghiera. L’architettura delle nostre chiese e le immagini sono un importante mezzo per accompagnare la liturgia, la preghiera pubblica e quella privata; se non adempiono a questo possono, al contrario, distrarre, allontanare o in alcuni casi essere un forte elemento di disturbo. Osservando molte chiese costruite negli ultimi decenni e le opere all’interno di esse, ci chiediamo se alcuni principi dell’arte moderna e contemporanea siano conciliabili con la Sacrosantum Concilium, con l’essere cristiani e con l’arte sacra. Per esempio la necessità di esprimere se stessi, di avere un proprio linguaggio e un proprio stile, la continua esasperata ricerca di essere originali, porta a una infinità di stili e modi rappresentativi che possono essere una potenziale ricchezza ma possono portare anche ad una babele di linguaggi dove la comprensione e la comunicazione diventano difficili.

Quando si parla di arte sacra il riferimento principale è la Scrittura. Attraverso le immagini la Parola si fa visibile ed entrambe sono a servizio della comunità dei fedeli. L’arte nelle nostre chiese non deve, di conseguenza, essere chiara e comprensibile a tutti? Dal più colto al meno colto, dall’esperto al meno esperto, dal bambino all’anziano? Confrontarsi con la cultura contemporanea, con l’arte contemporanea, può portare a non tenere conto di cosa si vuole comunicare nel modo migliore e di come farlo? Sarebbe interessante in questa sede sapere cosa pensano i parroci e le comunità parrocchiali dell’architettura della loro chiesa e delle immagini che vi sono dentro. L’arte spesso viene presentata come qualcosa che ci deve spiazzare, confondere, rompere i nostri pregiudizi, farci vedere quello che non avremmo mai pensato di poter vedere. Ma ci chiediamo: può la non-comprensione diventare un valore in sé? Non dobbiamo nel nostro presente provare a discernere, imparare a separare ciò che ha un valore da ciò che non vale? E ancora, può la firma dell’artista o dell’architetto affermato essere unica garanzia della validità dell’opera? Nella tradizione cristiana troviamo le immagini “non fatte da mano d’uomo” (acheiropoietos), come le icone bizantine. Ora, nell’arte sacra l’artista dovrebbe rimettere le sue mani a servizio del Signore e della Chiesa, farsi guidare da essa.

L’artigiano artista può e deve cercare di soddisfare le richieste del committente e collaborare con esso mettendo da parte il proprio io creativo (senza chiaramente annullarlo), riporre la propria autoaffermazione a favore di un dialogo con la Chiesa, con gli storici dell’arte, i teologi, i liturgisti, i pastori. Sarebbe bello poter creare delle scuole di arte sacra, come raccomanda la Sacrosantum Concilium, dove poter approfondire la riflessione su questi temi. Un ultimo pensiero sulla relazione tra arte e fede. Il credente vive un’esperienza difficilmente comprensibile da chi non crede. Ora, ci si può domandare come possa realizzare opere per la Chiesa un artista che non sperimenta la fede. Capiamo bene che non si può chiudere le porte a tutti quegli architetti, pittori, scultori e artisti in genere, che non hanno questo vissuto, ma pensiamo anche che non si debba arrivare a ritenere questo aspetto per nulla rilevante. La riflessione teologica, soprattutto nella seconda metà del Novecento, sottolinea l’assenza di un’adeguata considerazione dei fenomeni artistici nella Chiesa cattolica, avanzando l’idea che l’arte sacra possa essere affidata all’artista credente o non credente, purché vero creatore capace di parlare all’uomo moderno, mostrando che l’autentica e perciò libera espressione artistica, potesse mettere in contatto anche l’uomo contemporaneo con le verità cristiane.

Queste idee, sulla carta, sono molto belle e pienamente condivisibili, (come tutta la riflessione su questi temi della nostra Chiesa di quegli anni, che tra i protagonisti ha visto lo stesso papa Paolo VI), sono espressione di una grande liberalità, la conseguenza potrebbe però essere una forte perdita di identità. Nel nostro presente possiamo osservare i risultati concreti che tali aperture hanno prodotto. Senza pregiudizio vi invitiamo a cercare con internet o con altri mezzi, le chiese costruite e le immagini sacre all’interno di esse, nate dopo gli anni Sessanta e condividerne insieme le impressioni. Guardare soprattutto quelle della nostra diocesi e della nostra regione; invitiamo tutti anche a osservare le immagini che accompagnano le letture del nuovo Lezionario. Gli interrogativi e le riflessioni che portiamo in questo articolo sono quelle che da anni poniamo a noi stessi, spesso senza trovare risposta. Sarebbe bello aprire un dialogo, ricevere altri contributi, con sincero e aperto spirito di servizio.

 

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Ma Lui… come ha reagito, Lui? https://www.lavoce.it/ma-lui-come-ha-reagito-lui/ Thu, 26 Nov 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8035 L’episodio ha fatto sensazione. Un professore di Lecco ha staccato dalla parte di un’aula scolastica il crocifisso e l’ha gettato nel cestino. I colleghi ne sono rimasti esterrefatti. E noi con loro. L’on. Calderoli, ministro per la Semplificazione (?!), quello che ieri s’era fatto stampare sulla canotta immagini blasfeme anti-islam, oggi, rubicondo come sempre, in coerenza ha… semplificato, scaricando la patata bollente al ministro dell’Istruzione Gelmini. Preside e Provveditore valutano il provvedimento disciplinare giusto. L’insegnante si scusa: “È stato solo nervosismo”. Io ho scaricato da internet una dozzina di pagine di reazioni Prima reazione: “Perché questo estremo bisogno di laicismo improvviso dopo decenni di tolleranza delle immagini sacre a scuola?”. Seconda: “Così si offende solo la minoranza islamica: gli ebrei, da sempre in Italia, mai hanno mosso critiche in proposito”. Terza: “È il solito fallito che per farsi notare non trova di meglio da fare per sfogare le proprie frustrazioni”. Quarta: “Poveretto! Ha gettato nel cestino se stesso!”. Ultima: “È stata come una bestemmia, una preghiera in negativo, perché se uno offende un altro vuol dire che gli attribuisce quanto meno l’esistenza: il buttare il crocefisso nel cestino si configura come un tentativo di distruzione che ammette implicitamente l’alto valore di quella immagine”. Mille reazioni diverse. Ma… la Sua reazione, qual è stata? Perché Lui (lo sappiamo bene! O no?!), Lui è vivo e ha delle reazioni tutte sue; e ne è molto geloso. Reazioni sorprendenti. Pensate al Vangelo di domenica scorsa. Nel cortile del pretorio di Pilato la soldataglia aveva organizzato a beneficio della sua imminente esecuzione capitale un farsesco simulacro di intronizzazione, e lui ne accettò senza fiatare il copione e gli strumenti materiali, reperiti da un improvvisato trovarobe: la corona di spine invece di quella d’oro, il mantello del matto invece di quello del re, la canna fessa al posto dello scettro d’argento massiccio, gli sghignazzi salaci misti a rutti poderosi al posto delle consuete acclamazioni a quattro voci pari. Accettò senza fiatareE quando Pilato lo Scettico, dopo che con la flagellazione l’aveva ridotto ad un grumo di sangue, lo spinse verso la folla, su quel balcone del suo pretorio che si protendeva verso il mondo, e gridò: “Ecco il vostro Re”, il mondo intero crollò in ginocchio di fonte a quella farsesca presentazione serissima, autenticata dall’Uomo di Roma, regina del mondo. E oggi? Nel momento in cui lo preleviamo dal cestino dei rifiuti per ricollocarlo sulla parete, Lui forse ci chiede se per caso non siano stati i tanti, i troppi nostri comportamenti incompatibili con la qualifica di “Suoi seguaci” a legittimare in qualche modo il gesto del professore pazzo. Poverino. Forse è solo l’ultima ruota del carro. E lui, il Crocifisso, stravede per le ultime ruote del carro.

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Alunno, i segreti di un restauro https://www.lavoce.it/alunno-i-segreti-di-un-restauro/ Thu, 09 Feb 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4968 Il restauro del polittico di Sant’Angelo di Niccolò Alunno, iniziato nel settembre 2001 e conclusosi alla fine del 2005, ha restituito alla città di Bastia un’opera che sembra quasi rinata. Per chi infatti non è del settore, la pratica del restauro può considerarsi quasi un miracolo: come è possibile recuperare la bellezza perduta? E soprattutto, è ancora preservata la sua autenticità? Ed ecco che il restauratore, Stefano Petrignani, ha spiegato come si è giunti a questi straordinari risultati che qualunque osservatore, anche il più distratto, può cogliere ammirando l’opera. Il Polittico, prima del restauro, si conservava presso la chiesa collegiata di Santa Croce, addossato alla parete destra dell’abside; già da una prima osservazione sono emerse caratteristiche interessanti. Infatti, in questa prima fase, si era intuito ciò che con il disassemblaggio delle varie parti si è potuto verificare: la macchina della cornice era stata manomessa nella parte sommitale, in un passato non stabilito (fine XVIII – inizi XIX sec.). Questa è stata sicuramente una delle informazioni più di rilievo emerse da questo intervento, consentendo alla Soprintendenza ai Beni culturali dell’Umbria, nella persona della dott.ssa Cristoferi, di ipotizzare l’originale composizione. Probabilmente l’opera è stata ridimensionata nella decorazione della cornice, per esigenze di collocazione; questo è un esempio di come un restauro, effettuato in un’altra epoca storica, possa portare un danno irreversibile alla storia di un’opera. Ecco perché, nel restauro moderno, prima di qualsiasi intervento vanno effettuate delle indagini specifiche che possono essere invasive e non. Il Polittico, trasportato nel laboratorio del restauratore, ha ricevuto le attenzioni sia dello stesso Stefano Petrignani, sia del centro di eccellenza Smaart dell’Università di Perugia e di Pavia. Queste sono state fondamentali per comprendere la tecnica d’esecuzione con cui l’Alunno ha realizzato l’opera e lo stato di conservazione. In questo modo il tecnico ha potuto pianificare in maniera puntuale e misurare il proprio intervento, soprattutto nella fase di pulitura dallo sporco accumulatosi sulla superficie dipinta. Questo tipo di operazione è una delle più delicate e pericolose che un restauratore può svolgere. Si pensi infatti che proprio un passato intervento di pulitura sulla immagini sacre del Polittico di Bastia (la Madonna, il Bambino e san Michele arcangelo) ha fatto perdere molto del colore originale. In particolare il San Michele, secondo le attuali indagini scientifiche, era tutto in foglia argento, proprio per dare l’effetto di brillantezza del metallo, ma in seguito a questo intervento, probabilmente coevo a quello sulla cornice, effettuato con materiali acidi o caustici, ne è andata perduta quasi completamente la straordinaria lucentezza. Invece l’operato di Stefano Petrignani si è basato su dati certi che gli hanno consentito di recuperare, ove possibile, strato dopo strato, il colore nelle sue tonalità originali. Tutto ciò senza intaccare l’originalità dell’opera e consentendone la sua trasmissione al futuro.

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