Arcivescovo Giuseppe Chiaretti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giuseppe-chiaretti/ Settimanale di informazione regionale Wed, 10 Jul 2024 13:43:48 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Arcivescovo Giuseppe Chiaretti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giuseppe-chiaretti/ 32 32 Don Orlando Sbicca, il parroco missionario https://www.lavoce.it/don-orlando-sbicca/ https://www.lavoce.it/don-orlando-sbicca/#respond Tue, 09 Jul 2024 23:21:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76935 Don Orlando Sbicca a destra in veste liturgica bianca scringe la mano al vescovo Ennio Antonelli, a sinistra, in veste liturgica color oro e rosso.

Monsignor Orlando Sbicca racconta la sua chiamata alla vita sacerdotale ricevendoci nella sacrestia della cattedrale di San Lorenzo dove è approdato come canonico confessore lo scorso ottobre, dopo essere stato missionario in Burundi e poi parroco ai Santi Biagio e Savino di Perugia, a Tavernelle di Panicale e Colle San Paolo. Nel frattempo, due riconoscimenti non di poco conto: monsignore cappellano di Sua Santità e canonico onorario del Santo Sepolcro. Infine, parroco a Casalina e a Castelleone di Deruta, un ritorno a casa… Gli si illuminano gli occhi quando pronuncia il nome del luogo in cui è nato, Castelleone di Deruta, l’11 gennaio 1941, e quando parla della sua famiglia di contadini, molto politicizzata di sinistra. «Sono cresciuto nel periodo delle lotte contadine comuniste che ha segnato la mia infanzia – racconta –. Entrai in Seminario grazie al parroco, don Redento Becci, che mi privilegiava pur non andando quasi mai in chiesa. Ci andavo rare volte con la mamma perché lei era una Veschini, di famiglia praticante. Il fratello di mamma, lo zio Gigiotto, era il babbo di mio cugino don Alberto divenuto anche lui sacerdote, l’attuale parroco di Ponte Felcino. Don Becci mi cercava sempre e forse era il Signore a volerlo, perché Lui ha le sue strade ed io ne ho imboccata una, quella che mi ha condotto a farmi prete. Quando la gente del posto seppe che il figlio degli Sbicca sarebbe entrato in Seminario, rimase incredula domandandosi: “Orlando prete? Appartiene a una famiglia di comunisti, di mangiapreti!”. Ci fu quasi una rivolta in paese dai toni persecutori: “Non ti vergogni di volerti fare prete?”. Il babbo, però, non mi ostacolò nella mia scelta ed entrai, a 12 anni, in Seminario, a Perugia». Un aneddoto degli anni trascorsi in Seminario? «Ricordo quando il cardinale Angelo Roncalli, patriarca di Venezia, il futuro papa Giovanni XXIII venne in visita al Seminario. In chiesa gli prepararono un inginocchiatoio dove potersi raccogliere in preghiera davanti al Santissimo, ma era troppo piccolo per la sua pancia “abbondante” e dovette inginocchiarsi direttamente a terra, sul tappeto… Allora la vita del Seminario (prima a Perugia con il rettore mons. Italiani e poi a Montemorcino con don Carlo Urru divenuto poi vescovo) era abbastanza severa..., ma la ricordo e l’assolvo tutta senza recriminazioni…». Lei privilegia molto la missione, ha da poco lasciato l’incarico di direttore dell’Ufficio diocesano missionario… «Negli anni di seminario nacque in me l’interesse per le missioni, entrando a far parte del gruppo missionario. Questo interesse per la vita missionaria, che fu anche un’inquietudine interiore, accrebbe in me quando arrivai in Seminario Regionale ad Assisi, maturando l’idea di farmi missionario… Nel contempo volevo ostacolare quest’idea, mandarla via, perché a quei tempi la missione era qualcosa anche di eroico… Quando ero nella chiesa del Seminario, a volte piangevo chiedendo al Signore di non farmi questa chiamata. Cammin facendo mi accorsi, invece, che era la mia strada! Andai a formarmi dai missionari Saveriani, a Parma, dove ricevetti l’ordinazione sacerdotale il 15 ottobre 1967.

Don Orlando missionario in Burundi

Dopo cinque anni di preparazione come animatore missionario in Piemonte e in Lombardia, nel 1972, partii per il Burundi. Fu un’esperienza bellissima, perché la missione ti tara, se sei in crisi ti brucia, se non lo sei ti dà qualcosa che ti cambia la vita. Ho avuto un amore grande per la gente e dalla gente del Burundi corrisposto in maniera edificante, che porto sempre nel mio cuore. Era gente che sapeva capirti ed ogni missionario aveva il suo soprannome ed io ne avevo due, uno positivo, che non ho detto mai a nessuno e lo porterò con me in Paradiso, l’altro “igniundo” (martello), perché i chiodi li mandavo giù tutti…». La vita in Burundi non è stata facile. Don Orlando, perché ha poi abbandonato la missione? «Ci sono stati anche momenti di sofferenza, di prova in un periodo in cui in Burundi furono commessi numerosi eccidi, oltre 150mila morti. Venivano da me tante vedove a dirmi: “padre mi hanno rubato la piantagione di caffè, di palme, ecc.…”. Dall’altare iniziai a denunciare queste ingiustizie, ma questo alle autorità locali non piacque e iniziarono le persecuzioni con un dossier tremendo su di me. Mi salvò una vedova di nome Maria che ero solito aiutare, perché molto povera, testimoniando la mia completa innocenza. Addirittura, diventai amico delle autorità non solo locali, ma anche del ministro dell’Interno, un cristiano molto buono. In Burundi, un Paese piccolo, la voce si sparse subito… Quando il presidente della Repubblica ebbe uno scontro durissimo con la Chiesa, iniziò il periodo delle espulsioni di missionari il sottoscritto incluso. Ricordo che il ministro degli Interni, l’amico colonnello Stanislao Mandi, mi fece pervenire un messaggio tramite il mio vescovo Roger Mpungu: mi assicurava che avrebbe fatto di tutto per farmi rientrare in Burundi. Dovetti lasciare il Paese nel 1979. In quei giorni drammatici, ricordo che una vedova in una assemblea in chiesa mi disse: “Padre Orlando, tu sei nei nostri cuori, ti ringraziamo perché per noi vedove sei stato nostro padre, nostro marito, nostro Dio”. Questa è la testimonianza di quanto la gente amasse noi missionari. Poi furono martirizzati in Burundi due confratelli, uno era padre Ottorino Maule, mio compagno di ordinazione ed una missionaria laica Catina Gubert. L’espulsione dal Burundi fu per me una prova particolarmente dolorosa, accompagnata da una crisi di fede. Chiesi ai superiori di fare un “anno sabatico”, di “silenzio” per rimettermi “in piedi”.

Il rientro a Perugia, in parrocchia

Poi per gravi motivi familiari tornai a Perugia, dove fui incardinato nel Clero diocesano e nominato dall’arcivescovo Ennio Antonelli, nel 1989, parroco dei Santi Biagio e Savino; e così il progetto di rientrare nel mio amato Burundi andò in fumo…». È stata la sua prima parrocchia, la sua prima “missione” ad “intra”. L’incontro con l’Abbé Pierre... «È stata un’esperienza nella quale devo ringraziare Dio per aver trovato nel mio predecessore una cara persona, don Genesio Censi, fondatore della comunità parrocchiale. Dodici anni di fraternità: don Genesio non mi fu di intralcio nella mia missione pastorale. Si meravigliò di questo bel rapporto una personalità ecclesiale di fama mondiale, che ospitai in parrocchia, l’Abbé Pierre, il fondatore delle Comunità Emmaus per poveri ed emarginati. Venne a Perugia per un incontro all’aperto, in piazza della Repubblica; io gli feci da interprete. Il giorno dopo lo accompagnai ad Assisi e durante il viaggio mi disse: “Padre, mi devo congratulare con lei, perché va d’accordo con il suo predecessore (l’“ancien curé”), di solito non è così!”. Con don Genesio avevamo affinità anche politiche, perché entrambi condividevamo gli ideali democristiani di sinistra». Dopo la comunità dei Santi Biagio e Savino, le altre parrocchie da lei guidate... «Tempi addietro, da preti, si entrava in città, mai il contrario… A me è toccato di andare controcorrente, uscendo dalla città, quando l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che mi stimava tanto (immeritatamente!), nel 2002, mi mandò parroco a Tavernelle e Colle San Paolo facendomi vivere un’esperienza positiva di “curato di campagna” a 360 gradi. Non sempre fu facile (era considerata la zona più scristianizzata della diocesi, parrocchie molto “dure”, molto politicizzate dove il partito comunista aveva maggioranze bulgare…), ma con i giovani è stato bellissimo. Io credo al sacramento della confessione e nel confessionale ho incontrato tanta santità… Poi il cardinale Gualtiero Bassetti mi affidò tutte le parrocchie (cinque) del comune di Panicale.

Don Orlando Sbicca parroco con l'anima missionaria

Ho proseguito la mia missione maturata ai Santi Biagio e Savino, dall’oratorio ai tanti campi estivi. Ricordo l’attenzione dei ragazzi durante le mie catechesi che sfioravano l’ora! Ho avuto sempre una venerazione per loro! Quando sento certe bestialità commesse da preti nei confronti di ragazzi e ragazze mi viene la pelle d’oca… Non molto tempo fa, vari animatori li ho rivisti ad un pranzo a Tuoro sul Trasimeno, da don Marco Cappellato; oggi sono sposati con figli. È stato molto bello!». A proposito del suo rapporto con i giovani, ha accompagnato qualcuno di loro al sacerdozio? «Il Signore non mi ha concesso il “privilegio” di accompagnare al sacerdozio dei giovani, uno l’ho avuto come adolescente, ma non so quanto io abbia influito nella sua scelta vocazionale». [Ho contattato questo giovane sacerdote, don Simone Pascarosa, attuale vicario episcopale per la Pastorale, e mi ha confermato che don Orlando Sbicca ha influito non poco sulla sua chiamata al sacerdozio, soprattutto per il suo carisma missionario]. Avviandoci alla conclusione, l’ultimo lustro di don Orlando parroco-missionario… «L’ho vissuto nella zona della mia fanciullezza, a Casalina e Castelleone, quasi un soggiorno salutare, prima di ritornare in città, questa volta da canonico confessore della cattedrale, incarico affidatomi dal nostro vescovo don Ivan. Giunto al 57° anno di sacerdozio, posso dire di avere una certa delusione, quella di vedere preti (soprattutto giovani) poco sensibili alla dimensione missionaria della pastorale. Sono ancora valide le parole di Gesù: “andate in tutto il mondo”! Vorrei umilmente dire loro: ricordatevi che è Cristo che ha salvato il mondo…, siate uomini di contemplazione per poi essere pastori che lasciano traccia e non tamburi che fanno chiasso».]]>
Don Orlando Sbicca a destra in veste liturgica bianca scringe la mano al vescovo Ennio Antonelli, a sinistra, in veste liturgica color oro e rosso.

Monsignor Orlando Sbicca racconta la sua chiamata alla vita sacerdotale ricevendoci nella sacrestia della cattedrale di San Lorenzo dove è approdato come canonico confessore lo scorso ottobre, dopo essere stato missionario in Burundi e poi parroco ai Santi Biagio e Savino di Perugia, a Tavernelle di Panicale e Colle San Paolo. Nel frattempo, due riconoscimenti non di poco conto: monsignore cappellano di Sua Santità e canonico onorario del Santo Sepolcro. Infine, parroco a Casalina e a Castelleone di Deruta, un ritorno a casa… Gli si illuminano gli occhi quando pronuncia il nome del luogo in cui è nato, Castelleone di Deruta, l’11 gennaio 1941, e quando parla della sua famiglia di contadini, molto politicizzata di sinistra. «Sono cresciuto nel periodo delle lotte contadine comuniste che ha segnato la mia infanzia – racconta –. Entrai in Seminario grazie al parroco, don Redento Becci, che mi privilegiava pur non andando quasi mai in chiesa. Ci andavo rare volte con la mamma perché lei era una Veschini, di famiglia praticante. Il fratello di mamma, lo zio Gigiotto, era il babbo di mio cugino don Alberto divenuto anche lui sacerdote, l’attuale parroco di Ponte Felcino. Don Becci mi cercava sempre e forse era il Signore a volerlo, perché Lui ha le sue strade ed io ne ho imboccata una, quella che mi ha condotto a farmi prete. Quando la gente del posto seppe che il figlio degli Sbicca sarebbe entrato in Seminario, rimase incredula domandandosi: “Orlando prete? Appartiene a una famiglia di comunisti, di mangiapreti!”. Ci fu quasi una rivolta in paese dai toni persecutori: “Non ti vergogni di volerti fare prete?”. Il babbo, però, non mi ostacolò nella mia scelta ed entrai, a 12 anni, in Seminario, a Perugia». Un aneddoto degli anni trascorsi in Seminario? «Ricordo quando il cardinale Angelo Roncalli, patriarca di Venezia, il futuro papa Giovanni XXIII venne in visita al Seminario. In chiesa gli prepararono un inginocchiatoio dove potersi raccogliere in preghiera davanti al Santissimo, ma era troppo piccolo per la sua pancia “abbondante” e dovette inginocchiarsi direttamente a terra, sul tappeto… Allora la vita del Seminario (prima a Perugia con il rettore mons. Italiani e poi a Montemorcino con don Carlo Urru divenuto poi vescovo) era abbastanza severa..., ma la ricordo e l’assolvo tutta senza recriminazioni…». Lei privilegia molto la missione, ha da poco lasciato l’incarico di direttore dell’Ufficio diocesano missionario… «Negli anni di seminario nacque in me l’interesse per le missioni, entrando a far parte del gruppo missionario. Questo interesse per la vita missionaria, che fu anche un’inquietudine interiore, accrebbe in me quando arrivai in Seminario Regionale ad Assisi, maturando l’idea di farmi missionario… Nel contempo volevo ostacolare quest’idea, mandarla via, perché a quei tempi la missione era qualcosa anche di eroico… Quando ero nella chiesa del Seminario, a volte piangevo chiedendo al Signore di non farmi questa chiamata. Cammin facendo mi accorsi, invece, che era la mia strada! Andai a formarmi dai missionari Saveriani, a Parma, dove ricevetti l’ordinazione sacerdotale il 15 ottobre 1967.

Don Orlando missionario in Burundi

Dopo cinque anni di preparazione come animatore missionario in Piemonte e in Lombardia, nel 1972, partii per il Burundi. Fu un’esperienza bellissima, perché la missione ti tara, se sei in crisi ti brucia, se non lo sei ti dà qualcosa che ti cambia la vita. Ho avuto un amore grande per la gente e dalla gente del Burundi corrisposto in maniera edificante, che porto sempre nel mio cuore. Era gente che sapeva capirti ed ogni missionario aveva il suo soprannome ed io ne avevo due, uno positivo, che non ho detto mai a nessuno e lo porterò con me in Paradiso, l’altro “igniundo” (martello), perché i chiodi li mandavo giù tutti…». La vita in Burundi non è stata facile. Don Orlando, perché ha poi abbandonato la missione? «Ci sono stati anche momenti di sofferenza, di prova in un periodo in cui in Burundi furono commessi numerosi eccidi, oltre 150mila morti. Venivano da me tante vedove a dirmi: “padre mi hanno rubato la piantagione di caffè, di palme, ecc.…”. Dall’altare iniziai a denunciare queste ingiustizie, ma questo alle autorità locali non piacque e iniziarono le persecuzioni con un dossier tremendo su di me. Mi salvò una vedova di nome Maria che ero solito aiutare, perché molto povera, testimoniando la mia completa innocenza. Addirittura, diventai amico delle autorità non solo locali, ma anche del ministro dell’Interno, un cristiano molto buono. In Burundi, un Paese piccolo, la voce si sparse subito… Quando il presidente della Repubblica ebbe uno scontro durissimo con la Chiesa, iniziò il periodo delle espulsioni di missionari il sottoscritto incluso. Ricordo che il ministro degli Interni, l’amico colonnello Stanislao Mandi, mi fece pervenire un messaggio tramite il mio vescovo Roger Mpungu: mi assicurava che avrebbe fatto di tutto per farmi rientrare in Burundi. Dovetti lasciare il Paese nel 1979. In quei giorni drammatici, ricordo che una vedova in una assemblea in chiesa mi disse: “Padre Orlando, tu sei nei nostri cuori, ti ringraziamo perché per noi vedove sei stato nostro padre, nostro marito, nostro Dio”. Questa è la testimonianza di quanto la gente amasse noi missionari. Poi furono martirizzati in Burundi due confratelli, uno era padre Ottorino Maule, mio compagno di ordinazione ed una missionaria laica Catina Gubert. L’espulsione dal Burundi fu per me una prova particolarmente dolorosa, accompagnata da una crisi di fede. Chiesi ai superiori di fare un “anno sabatico”, di “silenzio” per rimettermi “in piedi”.

Il rientro a Perugia, in parrocchia

Poi per gravi motivi familiari tornai a Perugia, dove fui incardinato nel Clero diocesano e nominato dall’arcivescovo Ennio Antonelli, nel 1989, parroco dei Santi Biagio e Savino; e così il progetto di rientrare nel mio amato Burundi andò in fumo…». È stata la sua prima parrocchia, la sua prima “missione” ad “intra”. L’incontro con l’Abbé Pierre... «È stata un’esperienza nella quale devo ringraziare Dio per aver trovato nel mio predecessore una cara persona, don Genesio Censi, fondatore della comunità parrocchiale. Dodici anni di fraternità: don Genesio non mi fu di intralcio nella mia missione pastorale. Si meravigliò di questo bel rapporto una personalità ecclesiale di fama mondiale, che ospitai in parrocchia, l’Abbé Pierre, il fondatore delle Comunità Emmaus per poveri ed emarginati. Venne a Perugia per un incontro all’aperto, in piazza della Repubblica; io gli feci da interprete. Il giorno dopo lo accompagnai ad Assisi e durante il viaggio mi disse: “Padre, mi devo congratulare con lei, perché va d’accordo con il suo predecessore (l’“ancien curé”), di solito non è così!”. Con don Genesio avevamo affinità anche politiche, perché entrambi condividevamo gli ideali democristiani di sinistra». Dopo la comunità dei Santi Biagio e Savino, le altre parrocchie da lei guidate... «Tempi addietro, da preti, si entrava in città, mai il contrario… A me è toccato di andare controcorrente, uscendo dalla città, quando l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che mi stimava tanto (immeritatamente!), nel 2002, mi mandò parroco a Tavernelle e Colle San Paolo facendomi vivere un’esperienza positiva di “curato di campagna” a 360 gradi. Non sempre fu facile (era considerata la zona più scristianizzata della diocesi, parrocchie molto “dure”, molto politicizzate dove il partito comunista aveva maggioranze bulgare…), ma con i giovani è stato bellissimo. Io credo al sacramento della confessione e nel confessionale ho incontrato tanta santità… Poi il cardinale Gualtiero Bassetti mi affidò tutte le parrocchie (cinque) del comune di Panicale.

Don Orlando Sbicca parroco con l'anima missionaria

Ho proseguito la mia missione maturata ai Santi Biagio e Savino, dall’oratorio ai tanti campi estivi. Ricordo l’attenzione dei ragazzi durante le mie catechesi che sfioravano l’ora! Ho avuto sempre una venerazione per loro! Quando sento certe bestialità commesse da preti nei confronti di ragazzi e ragazze mi viene la pelle d’oca… Non molto tempo fa, vari animatori li ho rivisti ad un pranzo a Tuoro sul Trasimeno, da don Marco Cappellato; oggi sono sposati con figli. È stato molto bello!». A proposito del suo rapporto con i giovani, ha accompagnato qualcuno di loro al sacerdozio? «Il Signore non mi ha concesso il “privilegio” di accompagnare al sacerdozio dei giovani, uno l’ho avuto come adolescente, ma non so quanto io abbia influito nella sua scelta vocazionale». [Ho contattato questo giovane sacerdote, don Simone Pascarosa, attuale vicario episcopale per la Pastorale, e mi ha confermato che don Orlando Sbicca ha influito non poco sulla sua chiamata al sacerdozio, soprattutto per il suo carisma missionario]. Avviandoci alla conclusione, l’ultimo lustro di don Orlando parroco-missionario… «L’ho vissuto nella zona della mia fanciullezza, a Casalina e Castelleone, quasi un soggiorno salutare, prima di ritornare in città, questa volta da canonico confessore della cattedrale, incarico affidatomi dal nostro vescovo don Ivan. Giunto al 57° anno di sacerdozio, posso dire di avere una certa delusione, quella di vedere preti (soprattutto giovani) poco sensibili alla dimensione missionaria della pastorale. Sono ancora valide le parole di Gesù: “andate in tutto il mondo”! Vorrei umilmente dire loro: ricordatevi che è Cristo che ha salvato il mondo…, siate uomini di contemplazione per poi essere pastori che lasciano traccia e non tamburi che fanno chiasso».]]>
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Celebrato il primo anniversario della morte dell’arcivescovo emerito Giuseppe Chiaretti https://www.lavoce.it/celebrato-il-primo-anniversario-della-morte-dellarcivescovo-emerito-giuseppe-chiaretti/ Sat, 03 Dec 2022 11:23:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69462 anniversario morte arcivescovo giuseppe chiaretti

"Il 2 dicembre dello scorso anno moriva l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che ha guidato la nostra Diocesi dal gennaio 1996 al luglio del 2009, spendendosi con mente e cuore di pastore". Lo ha sottolineato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve monsignor Ivan Maffeis, all’inizio dell’omelia della celebrazione eucaristica tenutasi nella Cattedrale di San Lorenzo venerdì 2 dicembre. Concelebranti sono stati il cardinale Gualtiero Bassetti, il vescovo eletto di Civita Castellana monsignor Marco Salvi, già ausiliare a Perugia, il vescovo emerito di Gubbio monsignor Mario Ceccobelli, vicario generale dell’arcivescovo Chiaretti, l’arciprete della Cattedrale monsignor Fausto Sciurpa e alcuni dei sacerdoti diocesani ordinati presbiteri dal presule defunto tra cui il nipote don Antonio Paoletti.

Monsignor Maffeis ha ricordato le parole pronunciate da Chiaretti il giorno del suo arrivo in Diocesi, il 29 gennaio 1996, festa del Santo patrono Costanzo, incontrando i giovani dell’Istituto Don Guanella: Il Signore è presente tra i poveri, quale che sia il tipo di povertà. Se vi entriamo dentro con amore, stiamo servendo il Signore.

"Quello stesso giorno -ha aggiunto- avrebbe salutato il popolo perugino con queste parole: Vengo per servire la comunità cristiana, che coincide quasi del tutto con la comunità civile, portandovi l’impegno e la speranza che nascono dalla fede. Alla fine del suo mandato tra noi, monsignor Chiaretti aveva chiaro che tale coincidenza tra la comunità cristiana e quella civile non esisteva più; lungi dal rassegnarsi, ribadiva l’urgenza (sono parole sue) di rinnovare la Chiesa diocesana nelle sue strutture missionarie e nella sua pastoralità, non bastando più la pastorale di conservazione fino ad oggi perseguita nelle nostre parrocchie di popolo. Il suo servizio si è concretizzato in alcune iniziative particolarmente rilevanti: il primo Convegno Ecumenico Nazionale sul Padre Nostro; il Congresso Eucaristico Diocesano, dedicato al tema Senza il giorno del Signore non possiamo vivere; la visita pastorale all’Arcidiocesi; il Sinodo Diocesano, su tematiche riguardanti la vita dei presbiteri, delle famiglie, dei giovani e la cultura cristiana.

Proprio presentando il Documento sinodale -ha evidenziato l’arcivescovo Maffeis- monsignor Chiaretti dava un nome ad alcuni fattori inediti, che avrebbero trasformato radicalmente il nostro tempo: Gli sconvolgimenti delle guerre che hanno creato profughi, la vasta immigrazione regolare e clandestina, l’impressionante sviluppo della scienza e della tecnica, i mix religiosi autoctoni, la fede cristiana che da anagrafica deve diventare adulta e operosa, i profondi cambiamenti culturali e sociali, la mondializzazione.

Non si fatica a scorgere in questi titoli, che rimandano ad ampi capitoli, l’orizzonte con il quale siamo chiamati a confrontarci oggi noi stessi e rispetto al quale monsignor Chiaretti invocava quel salto di qualità, che mette a prova la stessa fantasia creativa dei pastori e che nel contempo necessita di una riflessione non frettolosa sul da farsi; una riflessione per la quale guardava con fiducia al ruolo e alla responsabilità dei laici e, quindi, dei diversi organismi di partecipazione, in particolare dei Consigli pastorali (diocesano, zonale e parrocchiale).  Il Vescovo aveva chiara la consapevolezza che la nuova situazione in cui siamo immersi sollecita la nostra Chiesa ad avere il coraggio di innovare; ma, con altrettanta lucidità, ricordava, ci ricorda, che non si tratta di cambiare per cambiare, quanto piuttosto di ricercare i modi per far conoscere e amare Colui che, diceva, citando Benedetto XVI, è l’inizio dell’essere cristiano: e cioè non una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva, il Signore Gesù Cristo".

Il ricordo del sindaco Romizi

Tra i fedeli presenti c’era anche il sindaco di Perugia Andrea Romizi, che ha definito la sua partecipazione una presenza non solo dovuta in rappresentanza della comunità che l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti ha servito.

"Ma anche sentita -ha sottolineato- per un uomo che ha vissuto la nostra città con una concreta e forte presenza in ogni luogo e situazione. Ricordo come il suo camminare nella comunità toccò anche i palazzi delle istituzioni, rivolgendo a chi ricopriva responsabilità di governo parole importanti di collaborazione e di impegno. Aveva una profondità che all’epoca colpì molti e che oggi, facendo memoria, emoziona.

Siamo in cattedrale, nel giorno del primo anniversario della sua morte, per far sì che quell’esperienza di vita dell’uomo e dell'arcivescovo Giuseppe Chiaretti possa nel tempo continuare ad essere coltivata e vissuta".

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anniversario morte arcivescovo giuseppe chiaretti

"Il 2 dicembre dello scorso anno moriva l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti, che ha guidato la nostra Diocesi dal gennaio 1996 al luglio del 2009, spendendosi con mente e cuore di pastore". Lo ha sottolineato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve monsignor Ivan Maffeis, all’inizio dell’omelia della celebrazione eucaristica tenutasi nella Cattedrale di San Lorenzo venerdì 2 dicembre. Concelebranti sono stati il cardinale Gualtiero Bassetti, il vescovo eletto di Civita Castellana monsignor Marco Salvi, già ausiliare a Perugia, il vescovo emerito di Gubbio monsignor Mario Ceccobelli, vicario generale dell’arcivescovo Chiaretti, l’arciprete della Cattedrale monsignor Fausto Sciurpa e alcuni dei sacerdoti diocesani ordinati presbiteri dal presule defunto tra cui il nipote don Antonio Paoletti.

Monsignor Maffeis ha ricordato le parole pronunciate da Chiaretti il giorno del suo arrivo in Diocesi, il 29 gennaio 1996, festa del Santo patrono Costanzo, incontrando i giovani dell’Istituto Don Guanella: Il Signore è presente tra i poveri, quale che sia il tipo di povertà. Se vi entriamo dentro con amore, stiamo servendo il Signore.

"Quello stesso giorno -ha aggiunto- avrebbe salutato il popolo perugino con queste parole: Vengo per servire la comunità cristiana, che coincide quasi del tutto con la comunità civile, portandovi l’impegno e la speranza che nascono dalla fede. Alla fine del suo mandato tra noi, monsignor Chiaretti aveva chiaro che tale coincidenza tra la comunità cristiana e quella civile non esisteva più; lungi dal rassegnarsi, ribadiva l’urgenza (sono parole sue) di rinnovare la Chiesa diocesana nelle sue strutture missionarie e nella sua pastoralità, non bastando più la pastorale di conservazione fino ad oggi perseguita nelle nostre parrocchie di popolo. Il suo servizio si è concretizzato in alcune iniziative particolarmente rilevanti: il primo Convegno Ecumenico Nazionale sul Padre Nostro; il Congresso Eucaristico Diocesano, dedicato al tema Senza il giorno del Signore non possiamo vivere; la visita pastorale all’Arcidiocesi; il Sinodo Diocesano, su tematiche riguardanti la vita dei presbiteri, delle famiglie, dei giovani e la cultura cristiana.

Proprio presentando il Documento sinodale -ha evidenziato l’arcivescovo Maffeis- monsignor Chiaretti dava un nome ad alcuni fattori inediti, che avrebbero trasformato radicalmente il nostro tempo: Gli sconvolgimenti delle guerre che hanno creato profughi, la vasta immigrazione regolare e clandestina, l’impressionante sviluppo della scienza e della tecnica, i mix religiosi autoctoni, la fede cristiana che da anagrafica deve diventare adulta e operosa, i profondi cambiamenti culturali e sociali, la mondializzazione.

Non si fatica a scorgere in questi titoli, che rimandano ad ampi capitoli, l’orizzonte con il quale siamo chiamati a confrontarci oggi noi stessi e rispetto al quale monsignor Chiaretti invocava quel salto di qualità, che mette a prova la stessa fantasia creativa dei pastori e che nel contempo necessita di una riflessione non frettolosa sul da farsi; una riflessione per la quale guardava con fiducia al ruolo e alla responsabilità dei laici e, quindi, dei diversi organismi di partecipazione, in particolare dei Consigli pastorali (diocesano, zonale e parrocchiale).  Il Vescovo aveva chiara la consapevolezza che la nuova situazione in cui siamo immersi sollecita la nostra Chiesa ad avere il coraggio di innovare; ma, con altrettanta lucidità, ricordava, ci ricorda, che non si tratta di cambiare per cambiare, quanto piuttosto di ricercare i modi per far conoscere e amare Colui che, diceva, citando Benedetto XVI, è l’inizio dell’essere cristiano: e cioè non una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva, il Signore Gesù Cristo".

Il ricordo del sindaco Romizi

Tra i fedeli presenti c’era anche il sindaco di Perugia Andrea Romizi, che ha definito la sua partecipazione una presenza non solo dovuta in rappresentanza della comunità che l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti ha servito.

"Ma anche sentita -ha sottolineato- per un uomo che ha vissuto la nostra città con una concreta e forte presenza in ogni luogo e situazione. Ricordo come il suo camminare nella comunità toccò anche i palazzi delle istituzioni, rivolgendo a chi ricopriva responsabilità di governo parole importanti di collaborazione e di impegno. Aveva una profondità che all’epoca colpì molti e che oggi, facendo memoria, emoziona.

Siamo in cattedrale, nel giorno del primo anniversario della sua morte, per far sì che quell’esperienza di vita dell’uomo e dell'arcivescovo Giuseppe Chiaretti possa nel tempo continuare ad essere coltivata e vissuta".

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Celebrazione eucaristica nel primo anniversario della morte dell’arcivescovo emerito Giuseppe Chiaretti https://www.lavoce.it/celebrazione-eucaristica-nel-primo-anniversario-della-morte-dellarcivescovo-emerito-giuseppe-chiaretti/ Wed, 30 Nov 2022 13:39:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69381 giuseppe chiaretti

Venerdì 2 dicembre ricorre il primo anniversario del ritorno alla Casa del Padre dell’arcivescovo emerito Giuseppe Chiaretti (1933-2021), pastore della Chiesa che è in Perugia-Città della Pieve dal 1995 al 2009, vice presidente della Cei e presidente della Conferenza episcopale umbra dal 2004 al 2009.

Nella Cattedrale di San Lorenzo, alle ore 17, l’arcivescovo Ivan Maffeis, insieme al cardinale Gualtiero Bassetti, a sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi, seminaristi e popolo di Dio, presiederà la celebrazione eucaristica nel ricordo di monsignor Chiaretti.

Un vescovo che ha scritto una bella e importante pagina della storia della Chiesa da trasmettere alle future generazioni. È stato un infaticabile pastore nel guidare il suo gregge in un lungo cammino caratterizzato dalla nuova evangelizzazione per la quale tanto si è prodigato, fondata sulla carità e sulla missione, oltre che sull’annuncio della Parola. Grande studioso e uomo di elevato spessore culturale, ha saputo trasmettere la fede anche attraverso la promozione e la valorizzazione dell’arte, della storia e della cultura in generale. È stato, soprattutto, un pastore profetico se si riflette sulla stagione sinodale intrapresa oggi dalla Chiesa. Nel 2006, quando indisse il Sinodo diocesano, scrisse:

"Il Sinodo avvia i sacerdoti, religiosi e laici in un cammino insieme, che sia vera missione tra i cristiani e di confronto-dialogo con i distanti

Non è un esame di tutta la vita della diocesi nella sua ripartizione classica di catechesi-liturgia-carità, ma solo una puntualizzazione sulla dimensione missionaria della nostra Chiesa in rapporto all’evangelizzazione".

Il ricordo di monsignor Giuseppe Chiaretti di suor Roberta Vinerba

A tracciare un significativo ricordo di monsignor Chiaretti è suor Roberta Vinerba, teologa e preside dell’ISSRA di Assisi, dinanzi al quale, il 3 ottobre 1999, giorno del transito di San Francesco, tenne la professione dei voti di religiosa francescana diocesana.

"Ricorderemo -scrive- monsignor Giuseppe Chiaretti. Ricordare, attività che gli antichi imputavano al cuore che era ritenuto essere la sede della memoria.

Un anno fa, il 2 di dicembre, il vescovo emerito della nostra Chiesa perugino-pievese compiva il suo transito da questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la ‘casa’ e il ‘cuore’ di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona” (Chiaretti, testamento spirituale).

Voglio tornare allora con il cuore grato -prosegue la religiosa- alle tante volte nelle quali, transitando in piazza IV Novembre, ero solita salire in episcopio, che era per me come una seconda casa. Salivo anche solo per un saluto, per una battuta. Sapevo che il vescovo non si sarebbe mai negato, anzi spesso era lui a trattenermi per commentare le notizie del giorno, per una battuta, con l’arguzia e l’ironia di cui era capace, per una nuova idea che la sua mente vulcanica aveva appena prodotto, per una pena delle tante, troppe, che la diocesi non gli ha risparmiato.

Mi pare di vederlo ancora, parlare mentre fa rigirare nell’anulare quell’anello che si era fatto fare con le fedi dei genitori che sorreggevano la mitria, o attraversare la segreteria con qualche libro in mano che, immancabilmente, finiva nelle mie. Ricordo un padre, un padre vero, tanto che non l’ho mai chiamato Eccellenza, semplicemente Padre e padre lo è stato fino all’ultimo. A Foligno, pochi mesi prima che la malattia lo costringesse definitivamente in casa, si muoveva già con grande fatica, eppure volle venire ad assistere ad un incontro che dovevo tenere. In una sera freddissima venne e restò lì per due ore, felice come un bambino e orgoglioso come solo un padre sa esserlo verso una figlia.

Lo ricordo -conclude suor Roberta- con la memoria del cuore e la certezza che è vivo. Non è un ricordo retorico, mesto. Nostalgico sì. Ma mesto no. Perché Chiaretti è vivo in Cristo. Ne fa certezza le tante volte che in questo anno l’ho sentito vicino ed efficace nell’aiuto. Una paternità che non è per nulla esaurita e che per me e per la diocesi tutta, continua nella preghiera che certamente, dal cielo, fa per noi".

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giuseppe chiaretti

Venerdì 2 dicembre ricorre il primo anniversario del ritorno alla Casa del Padre dell’arcivescovo emerito Giuseppe Chiaretti (1933-2021), pastore della Chiesa che è in Perugia-Città della Pieve dal 1995 al 2009, vice presidente della Cei e presidente della Conferenza episcopale umbra dal 2004 al 2009.

Nella Cattedrale di San Lorenzo, alle ore 17, l’arcivescovo Ivan Maffeis, insieme al cardinale Gualtiero Bassetti, a sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi, seminaristi e popolo di Dio, presiederà la celebrazione eucaristica nel ricordo di monsignor Chiaretti.

Un vescovo che ha scritto una bella e importante pagina della storia della Chiesa da trasmettere alle future generazioni. È stato un infaticabile pastore nel guidare il suo gregge in un lungo cammino caratterizzato dalla nuova evangelizzazione per la quale tanto si è prodigato, fondata sulla carità e sulla missione, oltre che sull’annuncio della Parola. Grande studioso e uomo di elevato spessore culturale, ha saputo trasmettere la fede anche attraverso la promozione e la valorizzazione dell’arte, della storia e della cultura in generale. È stato, soprattutto, un pastore profetico se si riflette sulla stagione sinodale intrapresa oggi dalla Chiesa. Nel 2006, quando indisse il Sinodo diocesano, scrisse:

"Il Sinodo avvia i sacerdoti, religiosi e laici in un cammino insieme, che sia vera missione tra i cristiani e di confronto-dialogo con i distanti

Non è un esame di tutta la vita della diocesi nella sua ripartizione classica di catechesi-liturgia-carità, ma solo una puntualizzazione sulla dimensione missionaria della nostra Chiesa in rapporto all’evangelizzazione".

Il ricordo di monsignor Giuseppe Chiaretti di suor Roberta Vinerba

A tracciare un significativo ricordo di monsignor Chiaretti è suor Roberta Vinerba, teologa e preside dell’ISSRA di Assisi, dinanzi al quale, il 3 ottobre 1999, giorno del transito di San Francesco, tenne la professione dei voti di religiosa francescana diocesana.

"Ricorderemo -scrive- monsignor Giuseppe Chiaretti. Ricordare, attività che gli antichi imputavano al cuore che era ritenuto essere la sede della memoria.

Un anno fa, il 2 di dicembre, il vescovo emerito della nostra Chiesa perugino-pievese compiva il suo transito da questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la ‘casa’ e il ‘cuore’ di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona” (Chiaretti, testamento spirituale).

Voglio tornare allora con il cuore grato -prosegue la religiosa- alle tante volte nelle quali, transitando in piazza IV Novembre, ero solita salire in episcopio, che era per me come una seconda casa. Salivo anche solo per un saluto, per una battuta. Sapevo che il vescovo non si sarebbe mai negato, anzi spesso era lui a trattenermi per commentare le notizie del giorno, per una battuta, con l’arguzia e l’ironia di cui era capace, per una nuova idea che la sua mente vulcanica aveva appena prodotto, per una pena delle tante, troppe, che la diocesi non gli ha risparmiato.

Mi pare di vederlo ancora, parlare mentre fa rigirare nell’anulare quell’anello che si era fatto fare con le fedi dei genitori che sorreggevano la mitria, o attraversare la segreteria con qualche libro in mano che, immancabilmente, finiva nelle mie. Ricordo un padre, un padre vero, tanto che non l’ho mai chiamato Eccellenza, semplicemente Padre e padre lo è stato fino all’ultimo. A Foligno, pochi mesi prima che la malattia lo costringesse definitivamente in casa, si muoveva già con grande fatica, eppure volle venire ad assistere ad un incontro che dovevo tenere. In una sera freddissima venne e restò lì per due ore, felice come un bambino e orgoglioso come solo un padre sa esserlo verso una figlia.

Lo ricordo -conclude suor Roberta- con la memoria del cuore e la certezza che è vivo. Non è un ricordo retorico, mesto. Nostalgico sì. Ma mesto no. Perché Chiaretti è vivo in Cristo. Ne fa certezza le tante volte che in questo anno l’ho sentito vicino ed efficace nell’aiuto. Una paternità che non è per nulla esaurita e che per me e per la diocesi tutta, continua nella preghiera che certamente, dal cielo, fa per noi".

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A Spoleto messa in suffragio di mons. Giuseppe Chiaretti https://www.lavoce.it/a-spoleto-messa-in-suffragio-di-mons-giuseppe-chiaretti/ Fri, 10 Dec 2021 16:47:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=64009

Il 9 dicembre nella basilica di S. Gregorio Maggiore a Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto una messa in suffragio del vescovo Giuseppe Chiaretti a sette giorni dalla morte. Il Presule, che è stato vescovo di S. Benedetto del Tronto-Montalto-Ripatransone prima e di Perugia-Città delle Pieve, era “figlio” e presbitero della Chiesa di Spoleto-Norcia. Con mons. Boccardo hanno concelebrato diversi sacerdoti. Era presente anche la signora Piera, sorella del compianto Vescovo. Mons. Chiaretti era nato a Leonessa (Ri), al tempo parte della diocesi di Spoleto, il 19 aprile 1933; ordinato presbitero dall’arcivescovo Mario Raffale Radossi l’8 dicembre 1955. È stato parroco in diverse comunità (nell’altipiano tra Leonessa e Cascia, nella bassa Valnerina e infine a Pigge di Trevi) e Vicario generale dell’Arcidiocesi; è stato insegnante di Lettere nelle scuole superiori di Spoleto. Eletto alle sedi vescovili di Montalto e Ripatransone – San Benedetto del Tronto il 7 aprile 1983, è stato ordinato vescovo nella Basilica Cattedrale di Spoleto il 15 maggio 1983. Vescovo di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto il 30 settembre 1986; promosso a Perugia – Città della Pieve il 9 dicembre 1995. Nominato vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana il 30 maggio 2005. Divenuto emerito il 16 luglio 2009. Omelia mons. Boccardo: "Mons. Chiaretti – ha detto – è stato 'figlio' e presbitero di questa nostra Chiesa diocesana e con la celebrazione di questa sera lo affidiamo a Gesù buon pastore perché lo accolga nella solenne liturgia del cielo. È stato bello vedere quante persone lo hanno ricordato come educatore e testimone. Noi specialmente facciamo memoria della sua fede, del suo sacerdozio e del suo servizio come Vicario generale. Don Giuseppe è stato capace di trasmettere tante nozioni (la sua preparazione culturale era vasta e profonda) ma soprattutto ha aiutato tanti giovani a crescere interiormente. Il compianto Vescovo è da tutti ricordato come uomo sapiente e arguto, appassionato della storia locale, conoscitore profondo della nostra Chiesa diocesana. In un passaggio del testamento spirituale scrive: “Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!'. Dare tutto a Dio: questo è quanto ci ha testimoniato don Giuseppe, che al termine della sua vita ha riconosciuto la mano di Dio che ha guidato i suoi giorni terreni, e noi siamo chiamati ad imitarlo". [gallery ids="64015,64016"]]]>

Il 9 dicembre nella basilica di S. Gregorio Maggiore a Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto una messa in suffragio del vescovo Giuseppe Chiaretti a sette giorni dalla morte. Il Presule, che è stato vescovo di S. Benedetto del Tronto-Montalto-Ripatransone prima e di Perugia-Città delle Pieve, era “figlio” e presbitero della Chiesa di Spoleto-Norcia. Con mons. Boccardo hanno concelebrato diversi sacerdoti. Era presente anche la signora Piera, sorella del compianto Vescovo. Mons. Chiaretti era nato a Leonessa (Ri), al tempo parte della diocesi di Spoleto, il 19 aprile 1933; ordinato presbitero dall’arcivescovo Mario Raffale Radossi l’8 dicembre 1955. È stato parroco in diverse comunità (nell’altipiano tra Leonessa e Cascia, nella bassa Valnerina e infine a Pigge di Trevi) e Vicario generale dell’Arcidiocesi; è stato insegnante di Lettere nelle scuole superiori di Spoleto. Eletto alle sedi vescovili di Montalto e Ripatransone – San Benedetto del Tronto il 7 aprile 1983, è stato ordinato vescovo nella Basilica Cattedrale di Spoleto il 15 maggio 1983. Vescovo di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto il 30 settembre 1986; promosso a Perugia – Città della Pieve il 9 dicembre 1995. Nominato vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana il 30 maggio 2005. Divenuto emerito il 16 luglio 2009. Omelia mons. Boccardo: "Mons. Chiaretti – ha detto – è stato 'figlio' e presbitero di questa nostra Chiesa diocesana e con la celebrazione di questa sera lo affidiamo a Gesù buon pastore perché lo accolga nella solenne liturgia del cielo. È stato bello vedere quante persone lo hanno ricordato come educatore e testimone. Noi specialmente facciamo memoria della sua fede, del suo sacerdozio e del suo servizio come Vicario generale. Don Giuseppe è stato capace di trasmettere tante nozioni (la sua preparazione culturale era vasta e profonda) ma soprattutto ha aiutato tanti giovani a crescere interiormente. Il compianto Vescovo è da tutti ricordato come uomo sapiente e arguto, appassionato della storia locale, conoscitore profondo della nostra Chiesa diocesana. In un passaggio del testamento spirituale scrive: “Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!'. Dare tutto a Dio: questo è quanto ci ha testimoniato don Giuseppe, che al termine della sua vita ha riconosciuto la mano di Dio che ha guidato i suoi giorni terreni, e noi siamo chiamati ad imitarlo". [gallery ids="64015,64016"]]]>
L’ultimo saluto al vescovo Chiaretti. L’affetto dei fedeli e dei preti, l’omaggio delle autorità https://www.lavoce.it/vescovo-chiaretti-ultimo-saluto-laffetto-dei-fedeli-e-dei-preti-lomaggio-delle-autorita/ Sat, 04 Dec 2021 13:54:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63835

In una affollata cattedrale di san Lorenzo in Perugia questa mattina 4 dicembre 2021 si respirava un clima sereno e commosso per l’ultimo saluto a mons. Giuseppe Chiaretti arcivescovo di Perugia-Città della Pieve dal 1995 al 2009. Ha presieduto il rito delle esequie l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti , ed il Cardinale Giuseppe Betori, legato a mons. Giuseppe Chiaretti da una amicizia di lunga data.

I Vescovi concelebranti

Erano presenti anche i vescovi umbri attuali ed emeriti: mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto – Norcia (diocesi di origine di mons. Chiaretti) e presidente della Conferenza episcopale umbra, il vescovi emeriti Mario Ceccobelli, già vicario della diocesi di Perugia con mons. Chiaretti, quando è sato nominato vescovo di Gubbio ), Vincenzo Paglia (vescovo emerito di Terni), i vescovi Gualtiero Sigismondi già vicario generale della diocesi perugina e nominato vescovo al tempo del vescovo Chiaretti, ed oggi vescovo di Orvieto Todi e Assistente generale dell'Azine Cattolica, Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi e di Foligno), Domenico Cancian vescovo di Città di Castello, Paolo Giulietti sarcedote della diocesi di Perugia e oggi vescovo di Lucca, Riccardo Fontana già vescovo di Spoleto - Norcia ed oggi di Arezzo, e il Vescovo Ausiliare di Perugia-Città della Pieve Mons. Marco Salvi. Hanno partecipato alle esequie molti sacerdoti e fedeli tra cui il sindaco di Perugia Andrea Romizi, ed anche una delegazione proveniente da Leonessa con il sindaco Gianluca Gizzi, paese natale di mons. Giuseppe Chiaretti, e una delegazione della diocesi di Montalto e Ripatransone - San Benedetto del Tronto nella cui cattedrale mons. Chiaretti ha chiesto di essere sepolto. Sulla bara posata a terra ai piedi del presbiterio erano posti i segni dell’episcopato di mons. Chiaretti: il suo Pastorale, la Mitra e il libro della Parola Di Dio. LE FOTO DELLA CELEBRAZIONE

Il testamento spirituale del vescovo Chiaretti

I presenti si sono stretti con commozione, affetto e nella preghiera, ai familiari presenti. C'era la sorella Piera che è stata sempre accanto al fratello Vescovo, non solo negli anni del dopo episcopato (solo negli ultimi mesi mons. Chiaretti era stato accolto nella Residenza Protetta Fontenuovo a Perugia) ma anche nel tempo del suo episcopato perugino. Erano presenti anche i nipoti, tra cui don Antonio Paoletti che al termine della liturgia ha letto il testamento spirituale che mons Chiaretti aveva già preparato nel 2011: «A DIO! Sta ormai avvicinandosi il tempo di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27). Mi prenda per mano in questa trasferta, accompagnandomi nel tunnel del passaggio, la Vergine Maria, la mamma tenerissima di Gesù e madre della mia identità cristiana, del mio sacerdozio, del mio episcopato: Lei, augusta protettrice della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto come “Virgo Lauretana”, e dell’arcidiocesi di Perugia – Città della Pieve come “Mater gratiarum”, invocata innumerevoli volte con l’antica preghiera della Chiesa: “Prega per me, peccatore ma figlio tuo, adesso e nell’ora della mia morte”! Mi accompagni anche il mio santo concittadino GIUSEPPE, per la cui migliore conoscenza mi sono a lungo adoperato. E con la sua ultima invocazione intendo chiudere anch’io la mia esistenza terrena: “Sancta Maria, succurre miseris!”. Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore. † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2011 Quanto al luogo della sepoltura sia consentito esprimere un legittimo desiderio: gradirei essere sepolto nella cattedrale della mia prima diocesi, San Benedetto del Tronto. È diocesi da me fondata per volontà del grande papa San Giovanni Paolo II, che desiderò far visita a questa sua “creatura” da me restaurata e decorata con un grandioso affresco absidale dedicato ai miei genitori Assunta e Felice Chiaretti. Sono grato che questo mio desiderio potrà essere soddisfatto. Quale che sia la terra che mi accoglierà, sarà sempre residenza provvisoria in attesa della resurrezione per vivere in eterno nel cielo di Dio, Padre misericordioso! † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2013»

Portato a spalla dai preti da lui ordinati

Al termine del rito i cardinali, vescovi e i sacerdoti concelebranti hanno accompagnato il feretro fino alla porta della cattedrale. https://youtu.be/2Pld9qwk4n4 I sacerdoti che sono stati ordinati da mons. Chiaretti hanno voluto rendergli un ultimo gesto di affetto portando a spalla la bara lungo la navata della cattedrale fino alla strada, affidandolo quindi a coloro che lo hanno portato nel luogo di sepoltura da lui indicato: la cattedrale di San Benedetto del Tronto nella quale alle ore 15.00 viene accolto con celebrazione presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani. La liturgia è stata trasmessa in diretta social. Qui il video completo https://youtu.be/nbzfhiZx_ZA  ]]>

In una affollata cattedrale di san Lorenzo in Perugia questa mattina 4 dicembre 2021 si respirava un clima sereno e commosso per l’ultimo saluto a mons. Giuseppe Chiaretti arcivescovo di Perugia-Città della Pieve dal 1995 al 2009. Ha presieduto il rito delle esequie l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti , ed il Cardinale Giuseppe Betori, legato a mons. Giuseppe Chiaretti da una amicizia di lunga data.

I Vescovi concelebranti

Erano presenti anche i vescovi umbri attuali ed emeriti: mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto – Norcia (diocesi di origine di mons. Chiaretti) e presidente della Conferenza episcopale umbra, il vescovi emeriti Mario Ceccobelli, già vicario della diocesi di Perugia con mons. Chiaretti, quando è sato nominato vescovo di Gubbio ), Vincenzo Paglia (vescovo emerito di Terni), i vescovi Gualtiero Sigismondi già vicario generale della diocesi perugina e nominato vescovo al tempo del vescovo Chiaretti, ed oggi vescovo di Orvieto Todi e Assistente generale dell'Azine Cattolica, Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi e di Foligno), Domenico Cancian vescovo di Città di Castello, Paolo Giulietti sarcedote della diocesi di Perugia e oggi vescovo di Lucca, Riccardo Fontana già vescovo di Spoleto - Norcia ed oggi di Arezzo, e il Vescovo Ausiliare di Perugia-Città della Pieve Mons. Marco Salvi. Hanno partecipato alle esequie molti sacerdoti e fedeli tra cui il sindaco di Perugia Andrea Romizi, ed anche una delegazione proveniente da Leonessa con il sindaco Gianluca Gizzi, paese natale di mons. Giuseppe Chiaretti, e una delegazione della diocesi di Montalto e Ripatransone - San Benedetto del Tronto nella cui cattedrale mons. Chiaretti ha chiesto di essere sepolto. Sulla bara posata a terra ai piedi del presbiterio erano posti i segni dell’episcopato di mons. Chiaretti: il suo Pastorale, la Mitra e il libro della Parola Di Dio. LE FOTO DELLA CELEBRAZIONE

Il testamento spirituale del vescovo Chiaretti

I presenti si sono stretti con commozione, affetto e nella preghiera, ai familiari presenti. C'era la sorella Piera che è stata sempre accanto al fratello Vescovo, non solo negli anni del dopo episcopato (solo negli ultimi mesi mons. Chiaretti era stato accolto nella Residenza Protetta Fontenuovo a Perugia) ma anche nel tempo del suo episcopato perugino. Erano presenti anche i nipoti, tra cui don Antonio Paoletti che al termine della liturgia ha letto il testamento spirituale che mons Chiaretti aveva già preparato nel 2011: «A DIO! Sta ormai avvicinandosi il tempo di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27). Mi prenda per mano in questa trasferta, accompagnandomi nel tunnel del passaggio, la Vergine Maria, la mamma tenerissima di Gesù e madre della mia identità cristiana, del mio sacerdozio, del mio episcopato: Lei, augusta protettrice della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto come “Virgo Lauretana”, e dell’arcidiocesi di Perugia – Città della Pieve come “Mater gratiarum”, invocata innumerevoli volte con l’antica preghiera della Chiesa: “Prega per me, peccatore ma figlio tuo, adesso e nell’ora della mia morte”! Mi accompagni anche il mio santo concittadino GIUSEPPE, per la cui migliore conoscenza mi sono a lungo adoperato. E con la sua ultima invocazione intendo chiudere anch’io la mia esistenza terrena: “Sancta Maria, succurre miseris!”. Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore. † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2011 Quanto al luogo della sepoltura sia consentito esprimere un legittimo desiderio: gradirei essere sepolto nella cattedrale della mia prima diocesi, San Benedetto del Tronto. È diocesi da me fondata per volontà del grande papa San Giovanni Paolo II, che desiderò far visita a questa sua “creatura” da me restaurata e decorata con un grandioso affresco absidale dedicato ai miei genitori Assunta e Felice Chiaretti. Sono grato che questo mio desiderio potrà essere soddisfatto. Quale che sia la terra che mi accoglierà, sarà sempre residenza provvisoria in attesa della resurrezione per vivere in eterno nel cielo di Dio, Padre misericordioso! † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2013»

Portato a spalla dai preti da lui ordinati

Al termine del rito i cardinali, vescovi e i sacerdoti concelebranti hanno accompagnato il feretro fino alla porta della cattedrale. https://youtu.be/2Pld9qwk4n4 I sacerdoti che sono stati ordinati da mons. Chiaretti hanno voluto rendergli un ultimo gesto di affetto portando a spalla la bara lungo la navata della cattedrale fino alla strada, affidandolo quindi a coloro che lo hanno portato nel luogo di sepoltura da lui indicato: la cattedrale di San Benedetto del Tronto nella quale alle ore 15.00 viene accolto con celebrazione presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani. La liturgia è stata trasmessa in diretta social. Qui il video completo https://youtu.be/nbzfhiZx_ZA  ]]>
Le immagini del funerale del vescovo emerito di Perugia mons. Giuseppe Chiaretti https://www.lavoce.it/le-immagini-del-funerale-del-vescovo-emerito-di-perugia-mons-giuseppe-chiaretti/ Sat, 04 Dec 2021 13:00:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63843

Le immagini della celebrazione del rito delle esequie di mons. Giuseppe Chiaretti. Il funerale è stato celebrato il 4 dicembre 2021 nella Cattedrale di San Lorenzo in Perugia e presiedute dall’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti , ed il Cardinale Giuseppe Betori, legato a mons. Giuseppe Chiaretti da una amicizia di lunga data. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="63856,63847,63868,63848,63869,63850,63851,63873,63872,63852,63858,63853,63854,63857,63875,63855,63876,63877"]    ]]>

Le immagini della celebrazione del rito delle esequie di mons. Giuseppe Chiaretti. Il funerale è stato celebrato il 4 dicembre 2021 nella Cattedrale di San Lorenzo in Perugia e presiedute dall’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti , ed il Cardinale Giuseppe Betori, legato a mons. Giuseppe Chiaretti da una amicizia di lunga data. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="63856,63847,63868,63848,63869,63850,63851,63873,63872,63852,63858,63853,63854,63857,63875,63855,63876,63877"]    ]]>
Le esequie del vescovo emerito mons. Giuseppe Chiaretti: l’omelia del card. Gualtiero Bassetti https://www.lavoce.it/le-esequie-del-vescovo-emerito-mons-giuseppe-chiaretti-lomelia-del-card-gualtiero-bassetti/ Sat, 04 Dec 2021 11:47:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63821

Grande partecipazione la mattina del 4 dicembre ai funerali per il vescovo emerito di Perugia- Città della Pieve mons. Giuseppe Chiaretti svoltisi nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia, presieduti dal card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, dal card. Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti e dal card. Giuseppe Betori. Il racconto con i video della celebrazione, e le immagini. Riportiamo di seguito il testo integrale dell'omelia del Cardinale

In morte di mons. Giuseppe Chiaretti

Fratelli e sorelle, diamo quest’oggi il cristiano saluto a mons. Giuseppe Chiaretti, che ha lasciato questo mondo per tornare al Padre. Saluto i fratelli cardinali e vescovi qui convenuti, tutti i sacerdoti, le autorità civili e militari, le delegazioni di Leonessa e San Benedetto del Tronto. Abbraccio con tutto il cuore la sorella Piera, le nipoti e i familiari. «Spes sicut anchora tuta ac firma»: nella speranza noi abbiamo un’àncora della nostra vita, sicura e salda. Nel motto episcopale del vescovo Giuseppe, tratto dalla Lettera agli Ebrei, si concentra la storia e la personalità di un uomo che ha fatto della vita in Cristo la sua sicura ed eterna speranza. La vita dei cristiani viene descritta come quella dei naufraghi che, sopravvissuti al mare in tempesta, si aggrappano a qualcosa di sicuro e stabile, per non affondare. Quest’àncora fa sì che la barca non venga travolta dalle onde e, scongiurato il naufragio, possa approdare al porto sicuro. La speranza nel Cristo, autore di un nuovo ed eterno sacerdozio di salvezza, lo ha sostenuto per tutta la vita. Il mondo in cui ha visto la luce, il 19 aprile 1933, era fatto di cose semplici, genuine, profondamente cristiane. Leonessa, ai piedi del Monte Tilia, non lontano dal Terminillo, è stata sempre la sua “patria”: si può dire che ne conoscesse ogni pietra. La bellezza di un paesaggio stupendo si confondeva allora con la povertà e precarietà di vita. Giuseppe, ancora bambino, vive questo inevitabile contrasto. Non ne fa un problema, non ne avverte il disagio. A moltiplicare l’insicurezza arriva presto la guerra, che non risparmia neanche i luoghi isolati e la popolazione inerme. Tra le vittime il cugino, don Concezio, strappato a forza dalla chiesa per essere anche fucilato con altri innocenti dai soldati tedeschi. Mons. Chiaretti non ha mai dimenticato quell’orrore e la memoria del cugino prete, forse immagine del sacerdote vittima per la vita della comunità, è la figura che più ha influito sulla sua personalità, dopo quella del Santo eponimo di Leonessa, il frate cappuccino san Giuseppe, impavido predicatore del Vangelo. Nato nella parte di Leonessa soggetta alla giurisdizione ecclesiastica dell’arcidiocesi di Spoleto, mons. Chiaretti entra ancora ragazzino nel Seminario regionale di Assisi. È intelligente, vispo e studioso. Verrà ordinato sacerdote a Leonessa l’8 dicembre 1955. Ad imporgli le mani l’arcivescovo Raffaele Radossi, profugo dalmata, anch’egli coraggioso testimone del Vangelo di Cristo. Gli anni sereni del Seminario e dello studio lasciano ben presto lo spazio ad una realtà pastorale molto concreta. Tra le prime esperienze, la guida di una piccola comunità del reatino. Poche decine di anime, ma i rapporti umani non sono facili e ciò mette a dura prova la resistenza del giovane prete. La sofferenza da subito segna la sua sensibilità, molto profonda anche se non lo dava a vedere, e la sua vita di presbitero. In quegli anni matura come uomo e pastore; segue poco le pastorali teoriche ma è sempre vicino alle gente, della quale percepisce da subito gli umori, le gioie e le angosce. Occupa con lo studio il molto tempo che, suo malgrado, i parrocchiani gli lasciano libero. Ottiene ben presto una licenza in Teologia (1960) e il diploma in Teologia pastorale e liturgica (1961) alla Pontificia Università Lateranense di Roma; poi si laurea in Lettere classiche (1967) all’Università degli Studi di Perugia (per alcuni anni sarà anche uno stimato insegnante). E «la speranza gli fa buona ogni strada»: questo amava ripetere anche agli altri, come augurio. Gli arcivescovi Giuliano Agresti e Pietro Ottorino Alberti notano le qualità umane, intellettuali e pastorali di don Chiaretti e lo chiamano a Spoleto a collaborare in curia. È apprezzato anche dai vescovi umbri, che gli chiedono di animare il Centro di pastorale regionale. Nel 1983 papa Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Montalto-Ripatransone-San Benedetto del Tronto. La comunità che lo aspettava come guida, serena nei rapporti umani, richiedeva però fin da subito un grande impegno a motivo dello spostamento della sede episcopale da Ripatransone a San Benedetto del Tronto, nuova ed effervescente realtà urbana del litorale adriatico. Mons. Chiaretti ha sentito molto forte il legame con questa Chiesa, che non è stata solo la sua “sposa”, ma anche la sua creatura. Tutti a San Benedetto lo ricordano e ancora oggi lo amano! Nel 1995, ecco la promozione ad arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve, dove fece ingresso solenne domenica 28 gennaio 1996, vigilia della festa del patrono san Costanzo. Arrivò con un programma lineare e impegnativo: la visita pastorale, un congresso eucaristico, la celebrazione del grande giubileo del 2000 e un sinodo diocesano. Porterà a termine ogni iniziativa: capacità e inventiva non gli mancavano. Nell’ambiente della cultura laica e della terra da decenni accesa da forti fermenti anticlericali, sa trovare un suo spazio e sa farsi apprezzare. Una grande leva è la sua preparazione culturale di prim’ordine, che lo rende capace di interagire garbatamente e lucidamente con ogni componente della società. Della sua umanità, intelligenza e competenza si giova anche la Conferenza episcopale italiana, che, oltre alla vice presidenza, gli affida la guida della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. In quell’ambito si spende generosamente partecipando a numerosi incontri di preghiera e di studio; stabilisce eccellenti rapporti con le autorità religiose valdesi e riformate, e con quelle del mondo ortodosso. Accoglie a Perugia l’arcivescovo Kirill, che dopo qualche anno diventerà patriarca di Mosca. E io stesso sono stato testimone della fraterna accoglienza che gli riservò il patriarca rumeno Daniel a Bucarest durante la visita di noi vescovi umbri. In questo momento mi piace ricordare i messaggi di cordoglio arrivati dal fraterno amico, il pastore valdese Archimede Bertolino, e dal mondo islamico di Perugia. Come pure da molte istituzioni ecclesiastiche. In primo luogo, la Conferenza Episcopale Italiana. Il Vangelo delle beatitudini che abbiamo letto, e che lui prediligeva, ci ha richiamato alla vera realtà della vita cristiana. Sempre controcorrente, molto spesso costellata da sofferenze e affanni. Con all’orizzonte la beatitudine contraria al parere e al volere del mondo. Gli ultimi anni sono stati segnati da problemi di salute, ma non privi del conforto della preghiera e degli amati studi, nei quali era, come in altri àmbiti, infaticabile. Si è spento lentamente, nel silenzio e nell’accettazione della volontà di Dio, come sempre nella sua vita. Aveva scritto nel testamento spirituale, qualche anno fa «Sta ormai avvicinandosi il tempo di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27). Mi prenda per mano in questa trasferta, accompagnandomi nel tunnel del passaggio, la Vergine Maria, la mamma tenerissima di Gesù e madre della mia identità cristiana, del mio sacerdozio, del mio episcopato: Lei, augusta protettrice della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto come “Virgo Lauretana”, e dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve come “Mater gratiarum”… Mi accompagni anche il mio santo concittadino Giuseppe, per la cui migliore conoscenza mi sono a lungo adoperato. E con la sua ultima invocazione intendo chiudere anch’io la mia esistenza terrena: “Sancta Maria, succurre miseris!”. Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore». Mons. Chiaretti ci ha lasciati, come un padre lascia la propria famiglia, nell’amore e nella consapevolezza di aver fatto il possibile per quelli affidati al suo cuore. Sentiamo profonda riconoscenza verso quest’uomo umile, sincero e premuroso. Come fa un padre, sapeva anche correggere e farsi rispettare, ma era sempre alla ricerca dei figli. Sacerdoti, consacrati e laici hanno sperimentato la sua paternità e lo ricordano oggi in benedizione. La Chiesa di Perugia-Città della Pieve lo annovera nella successione apostolica, e lo consegna nelle braccia del Buon Pastore, innanzi al cui volto tutti, un giorno, desideriamo essere trasfigurati! + Card. Gualtiero Bassetti arcivescovo di Perugia -Città della Pieve    ]]>

Grande partecipazione la mattina del 4 dicembre ai funerali per il vescovo emerito di Perugia- Città della Pieve mons. Giuseppe Chiaretti svoltisi nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia, presieduti dal card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, dal card. Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti e dal card. Giuseppe Betori. Il racconto con i video della celebrazione, e le immagini. Riportiamo di seguito il testo integrale dell'omelia del Cardinale

In morte di mons. Giuseppe Chiaretti

Fratelli e sorelle, diamo quest’oggi il cristiano saluto a mons. Giuseppe Chiaretti, che ha lasciato questo mondo per tornare al Padre. Saluto i fratelli cardinali e vescovi qui convenuti, tutti i sacerdoti, le autorità civili e militari, le delegazioni di Leonessa e San Benedetto del Tronto. Abbraccio con tutto il cuore la sorella Piera, le nipoti e i familiari. «Spes sicut anchora tuta ac firma»: nella speranza noi abbiamo un’àncora della nostra vita, sicura e salda. Nel motto episcopale del vescovo Giuseppe, tratto dalla Lettera agli Ebrei, si concentra la storia e la personalità di un uomo che ha fatto della vita in Cristo la sua sicura ed eterna speranza. La vita dei cristiani viene descritta come quella dei naufraghi che, sopravvissuti al mare in tempesta, si aggrappano a qualcosa di sicuro e stabile, per non affondare. Quest’àncora fa sì che la barca non venga travolta dalle onde e, scongiurato il naufragio, possa approdare al porto sicuro. La speranza nel Cristo, autore di un nuovo ed eterno sacerdozio di salvezza, lo ha sostenuto per tutta la vita. Il mondo in cui ha visto la luce, il 19 aprile 1933, era fatto di cose semplici, genuine, profondamente cristiane. Leonessa, ai piedi del Monte Tilia, non lontano dal Terminillo, è stata sempre la sua “patria”: si può dire che ne conoscesse ogni pietra. La bellezza di un paesaggio stupendo si confondeva allora con la povertà e precarietà di vita. Giuseppe, ancora bambino, vive questo inevitabile contrasto. Non ne fa un problema, non ne avverte il disagio. A moltiplicare l’insicurezza arriva presto la guerra, che non risparmia neanche i luoghi isolati e la popolazione inerme. Tra le vittime il cugino, don Concezio, strappato a forza dalla chiesa per essere anche fucilato con altri innocenti dai soldati tedeschi. Mons. Chiaretti non ha mai dimenticato quell’orrore e la memoria del cugino prete, forse immagine del sacerdote vittima per la vita della comunità, è la figura che più ha influito sulla sua personalità, dopo quella del Santo eponimo di Leonessa, il frate cappuccino san Giuseppe, impavido predicatore del Vangelo. Nato nella parte di Leonessa soggetta alla giurisdizione ecclesiastica dell’arcidiocesi di Spoleto, mons. Chiaretti entra ancora ragazzino nel Seminario regionale di Assisi. È intelligente, vispo e studioso. Verrà ordinato sacerdote a Leonessa l’8 dicembre 1955. Ad imporgli le mani l’arcivescovo Raffaele Radossi, profugo dalmata, anch’egli coraggioso testimone del Vangelo di Cristo. Gli anni sereni del Seminario e dello studio lasciano ben presto lo spazio ad una realtà pastorale molto concreta. Tra le prime esperienze, la guida di una piccola comunità del reatino. Poche decine di anime, ma i rapporti umani non sono facili e ciò mette a dura prova la resistenza del giovane prete. La sofferenza da subito segna la sua sensibilità, molto profonda anche se non lo dava a vedere, e la sua vita di presbitero. In quegli anni matura come uomo e pastore; segue poco le pastorali teoriche ma è sempre vicino alle gente, della quale percepisce da subito gli umori, le gioie e le angosce. Occupa con lo studio il molto tempo che, suo malgrado, i parrocchiani gli lasciano libero. Ottiene ben presto una licenza in Teologia (1960) e il diploma in Teologia pastorale e liturgica (1961) alla Pontificia Università Lateranense di Roma; poi si laurea in Lettere classiche (1967) all’Università degli Studi di Perugia (per alcuni anni sarà anche uno stimato insegnante). E «la speranza gli fa buona ogni strada»: questo amava ripetere anche agli altri, come augurio. Gli arcivescovi Giuliano Agresti e Pietro Ottorino Alberti notano le qualità umane, intellettuali e pastorali di don Chiaretti e lo chiamano a Spoleto a collaborare in curia. È apprezzato anche dai vescovi umbri, che gli chiedono di animare il Centro di pastorale regionale. Nel 1983 papa Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Montalto-Ripatransone-San Benedetto del Tronto. La comunità che lo aspettava come guida, serena nei rapporti umani, richiedeva però fin da subito un grande impegno a motivo dello spostamento della sede episcopale da Ripatransone a San Benedetto del Tronto, nuova ed effervescente realtà urbana del litorale adriatico. Mons. Chiaretti ha sentito molto forte il legame con questa Chiesa, che non è stata solo la sua “sposa”, ma anche la sua creatura. Tutti a San Benedetto lo ricordano e ancora oggi lo amano! Nel 1995, ecco la promozione ad arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve, dove fece ingresso solenne domenica 28 gennaio 1996, vigilia della festa del patrono san Costanzo. Arrivò con un programma lineare e impegnativo: la visita pastorale, un congresso eucaristico, la celebrazione del grande giubileo del 2000 e un sinodo diocesano. Porterà a termine ogni iniziativa: capacità e inventiva non gli mancavano. Nell’ambiente della cultura laica e della terra da decenni accesa da forti fermenti anticlericali, sa trovare un suo spazio e sa farsi apprezzare. Una grande leva è la sua preparazione culturale di prim’ordine, che lo rende capace di interagire garbatamente e lucidamente con ogni componente della società. Della sua umanità, intelligenza e competenza si giova anche la Conferenza episcopale italiana, che, oltre alla vice presidenza, gli affida la guida della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. In quell’ambito si spende generosamente partecipando a numerosi incontri di preghiera e di studio; stabilisce eccellenti rapporti con le autorità religiose valdesi e riformate, e con quelle del mondo ortodosso. Accoglie a Perugia l’arcivescovo Kirill, che dopo qualche anno diventerà patriarca di Mosca. E io stesso sono stato testimone della fraterna accoglienza che gli riservò il patriarca rumeno Daniel a Bucarest durante la visita di noi vescovi umbri. In questo momento mi piace ricordare i messaggi di cordoglio arrivati dal fraterno amico, il pastore valdese Archimede Bertolino, e dal mondo islamico di Perugia. Come pure da molte istituzioni ecclesiastiche. In primo luogo, la Conferenza Episcopale Italiana. Il Vangelo delle beatitudini che abbiamo letto, e che lui prediligeva, ci ha richiamato alla vera realtà della vita cristiana. Sempre controcorrente, molto spesso costellata da sofferenze e affanni. Con all’orizzonte la beatitudine contraria al parere e al volere del mondo. Gli ultimi anni sono stati segnati da problemi di salute, ma non privi del conforto della preghiera e degli amati studi, nei quali era, come in altri àmbiti, infaticabile. Si è spento lentamente, nel silenzio e nell’accettazione della volontà di Dio, come sempre nella sua vita. Aveva scritto nel testamento spirituale, qualche anno fa «Sta ormai avvicinandosi il tempo di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27). Mi prenda per mano in questa trasferta, accompagnandomi nel tunnel del passaggio, la Vergine Maria, la mamma tenerissima di Gesù e madre della mia identità cristiana, del mio sacerdozio, del mio episcopato: Lei, augusta protettrice della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto come “Virgo Lauretana”, e dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve come “Mater gratiarum”… Mi accompagni anche il mio santo concittadino Giuseppe, per la cui migliore conoscenza mi sono a lungo adoperato. E con la sua ultima invocazione intendo chiudere anch’io la mia esistenza terrena: “Sancta Maria, succurre miseris!”. Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore». Mons. Chiaretti ci ha lasciati, come un padre lascia la propria famiglia, nell’amore e nella consapevolezza di aver fatto il possibile per quelli affidati al suo cuore. Sentiamo profonda riconoscenza verso quest’uomo umile, sincero e premuroso. Come fa un padre, sapeva anche correggere e farsi rispettare, ma era sempre alla ricerca dei figli. Sacerdoti, consacrati e laici hanno sperimentato la sua paternità e lo ricordano oggi in benedizione. La Chiesa di Perugia-Città della Pieve lo annovera nella successione apostolica, e lo consegna nelle braccia del Buon Pastore, innanzi al cui volto tutti, un giorno, desideriamo essere trasfigurati! + Card. Gualtiero Bassetti arcivescovo di Perugia -Città della Pieve    ]]>
Il vescovo emerito di Perugia Giuseppe Chiaretti è tornato alla Casa del Padre. Sabato mattina il funerale https://www.lavoce.it/il-vescovo-emerito-di-perugia-giuseppe-chiaretti-e-tornato-alla-casa-del-padre/ https://www.lavoce.it/il-vescovo-emerito-di-perugia-giuseppe-chiaretti-e-tornato-alla-casa-del-padre/#comments Thu, 02 Dec 2021 14:25:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63471

Monsignor Giuseppe Chiaretti è tornato alla Casa del Padre. Il presule, è deceduto oggi giovedì 2 dicembre alle ore 13.20 presso la Rsa Fontenuovo di Perugia. Era nato a Leonessa in provincia di Rieti, già Diocesi di Spoleto, il 19 aprile 1933, e ordinato presbitero l’8 dicembre 1955. Consacrato vescovo dal cardinale Sebastiano Baggio, nella cattedrale di Spoleto, il 15 maggio 1983, ed è stato il primo pastore della nuova diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, eretta da Giovanni Paolo II con decreto del 30 settembre 1986. Nel 1995, era passato alla sede arcivescovile metropolitana di Perugia-Città della Pieve dove aveva fatto solenne ingresso il 28 gennaio 1996. Nel maggio 2005, fu poi nominato vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Monsignor Chiaretti, aveva concluso il suo ministero episcopale, il 16 luglio 2009, giorno in cui papa Benedetto XVI accettò le sue dimissioni per raggiunti limiti d’età nominando suo successore monsignor Gualtiero Bassetti.

Il cordoglio del cardinale Bassetti

Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, esprime sentite condoglianze ed è vicino con la preghiera alla sorella di monsignor Chiaretti, Piera, e a tutti i familiari. Il cardinale, anche poche sere fa aveva fatto visita al suo predecessore unendosi a lui in preghiera. Tutta la diocesi si unisce alla preghiera di suffragio per il vescovo Chiaretti.

Sabato mattina il rito funebre

La salma sarà esposta oggi giovedì 2 dicembre dalle ore 19 alle ore 21 e venerdì 3 dicembre dalle 8 alle ore 22 con Veglia di preghiera alle ore 21 nella cappella di Sant'Onofrio interna alla Cattedrale di San Lorenzo in Perugia. Il funerale avrà luogo nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia sabato 4 dicembre 2021 alle ore 10, presieduto dall'arcivescovo card. Gualtiero Bassetti. La tumulazione avverrà nella Cattedrale di San Benedetto del Tronto , dove è stato primo Vescovo, a partire dalle ore 15 sempre di sabato 4 dicembre, con celebrazione presieduta dal vescovo Carlo Bresciani. [gallery td_select_gallery_slide="slide" columns="2" ids="63749,63748,63494,63493"]

Il cordoglio della Conferenza episcopale umbra

La Conferenza Episcopale Umbra ricorda con ammirazione e gratitudine il lungo ministero episcopale dell’arcivescovo Giuseppe Chiaretti nella diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto prima e di Perugia-Città della Pieve poi, facendo memoria anche del suo servizio alle Chiese che sono in Italia come vice presidente della Conferenza episcopale italiana e a quelle umbre come presidente della Conferenza episcopale regionale. «Uomo di fede e di cultura, sapiente educatore – ricorda l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu mons. Renato Boccardo -, lascia un segno indelebile in coloro che sono stati suoi alunni e collaboratori, così come nelle parrocchie che lo hanno avuto come pastore e nella diocesi di Spoleto tutta che ha servito come Vicario generale dell’arcivescovo Ottorino Pietro Alberti».

Il cordoglio delle istituzioni

Dal Comune di Perugia

E’ un giorno triste per la comunità perugina per la notizia della scomparsa di Monsignor Giuseppe Chiaretti, già Vescovo dell’Archidiocesi di Perugia e Città della Pieve. “Apprendiamo con dolore della scomparsa di Monsignor Chiaretti – commentano il sindaco Andrea Romizi e tutti i componenti dell’Amministrazione comunale – per tanti anni guida spirituale della nostra comunità e punto di riferimento per i fedeli. Lo ricordiamo con stima ed affetto per l’instancabile opera prestata nei confronti della nostra città, sempre con passione, modi pacati e gentili. Chiaretti ha amato Perugia e la sua gente, riservando un gesto di attenzione a chi aveva più bisogno ed agli ultimi, affinché non si sentissero mai soli. Con lui se ne va un pezzo importante della nostra storia”.

Dall'Anci Umbria

“E’ con profondo dolore che apprendo la notizia della scomparsa di Monsignor Giuseppe Chiaretti e a nome di Anci Umbria, di tutti i Sindaci, esprimo cordoglio per il lutto che ha colpito la Chiesa umbra”: è quanto afferma il presidente di Anci Umbria, Michele Toniaccini. “Siamo molto vicini ai familiari di Monsignor Chiaretti, che ricordiamo con grande riconoscenza per l'apporto che ha saputo dare a tutti i fedeli e per essere stato una guida preziosa per le nostre comunità”.

Dalla presidente Tesei e Giunta regionale

“Ho appreso con grande tristezza la notizia della morte di Monsignor Giuseppe Chiaretti. Vorrei esprimere il mio personale e profondo cordoglio, e quello di tutta la Giunta regionale, per il lutto che ha colpito la ‘chiesa umbra’”. E’ quanto afferma la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, che ha voluto manifestare “grande vicinanza” ai familiari di Monsignor Chiaretti ed alla comunità cattolica umbra che “con lui perde un instancabile testimone della missione evangelica e pastorale. Un pensiero particolare va all’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, di cui Monsignor Chiaretti è stato per molti anni preziosa guida”.

Dal Consiglio regionale

Il presidente Marco Squarta ed i vice presidenti Paola Fioroni e Michele Bettarelli esprimono il cordoglio dell'Assemblea legislativa per la morte del vescovo emerito di Perugia-Città della Pieve, mons. Giuseppe Chiaretti. Il Presule viene ricordato come “persona di alta cultura, dallo sguardo buono e coinvolgente, sempre vicino al suo popolo. La sua straordinaria attività pastorale – è scritto nella nota - lascia un segno indelebile non solo nelle molte comunità della nostra regione che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzarne le sue straordinarie qualità, ma anche nella Conferenza episcopale italiana dove ha ricoperto, in passato, il ruolo di vice presidente”.

Dalla Camera di Commercio dell'Umbria

La Camera di Commercio dell’Umbria, nella persona del suo presidente Giorgio Mencaroni, si stringe commossa nel ricordo di monsignor Giuseppe Chiaretti che si è spento ieri a Perugia. “La sua straordinaria attività pastorale lungo 66 anni di sacerdozio lascia un segno indelebile. Quanti lo hanno conosciuto – ha sottolineato Mencaroni - ne ricordano la lucida intelligenza, il carattere mite, umile e la grande cultura mai ostentata. In quella che è stata la Camera di Commercio di Perugia monsignor Chiaretti era solito passare ogni anno sotto le feste natalizie per un incontro col personale e uno scambio di auguri: in tali occasioni aveva sempre una parola di conforto e di speranza per tutti, anche per i non credenti”.  ]]>

Monsignor Giuseppe Chiaretti è tornato alla Casa del Padre. Il presule, è deceduto oggi giovedì 2 dicembre alle ore 13.20 presso la Rsa Fontenuovo di Perugia. Era nato a Leonessa in provincia di Rieti, già Diocesi di Spoleto, il 19 aprile 1933, e ordinato presbitero l’8 dicembre 1955. Consacrato vescovo dal cardinale Sebastiano Baggio, nella cattedrale di Spoleto, il 15 maggio 1983, ed è stato il primo pastore della nuova diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, eretta da Giovanni Paolo II con decreto del 30 settembre 1986. Nel 1995, era passato alla sede arcivescovile metropolitana di Perugia-Città della Pieve dove aveva fatto solenne ingresso il 28 gennaio 1996. Nel maggio 2005, fu poi nominato vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Monsignor Chiaretti, aveva concluso il suo ministero episcopale, il 16 luglio 2009, giorno in cui papa Benedetto XVI accettò le sue dimissioni per raggiunti limiti d’età nominando suo successore monsignor Gualtiero Bassetti.

Il cordoglio del cardinale Bassetti

Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, esprime sentite condoglianze ed è vicino con la preghiera alla sorella di monsignor Chiaretti, Piera, e a tutti i familiari. Il cardinale, anche poche sere fa aveva fatto visita al suo predecessore unendosi a lui in preghiera. Tutta la diocesi si unisce alla preghiera di suffragio per il vescovo Chiaretti.

Sabato mattina il rito funebre

La salma sarà esposta oggi giovedì 2 dicembre dalle ore 19 alle ore 21 e venerdì 3 dicembre dalle 8 alle ore 22 con Veglia di preghiera alle ore 21 nella cappella di Sant'Onofrio interna alla Cattedrale di San Lorenzo in Perugia. Il funerale avrà luogo nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia sabato 4 dicembre 2021 alle ore 10, presieduto dall'arcivescovo card. Gualtiero Bassetti. La tumulazione avverrà nella Cattedrale di San Benedetto del Tronto , dove è stato primo Vescovo, a partire dalle ore 15 sempre di sabato 4 dicembre, con celebrazione presieduta dal vescovo Carlo Bresciani. [gallery td_select_gallery_slide="slide" columns="2" ids="63749,63748,63494,63493"]

Il cordoglio della Conferenza episcopale umbra

La Conferenza Episcopale Umbra ricorda con ammirazione e gratitudine il lungo ministero episcopale dell’arcivescovo Giuseppe Chiaretti nella diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto prima e di Perugia-Città della Pieve poi, facendo memoria anche del suo servizio alle Chiese che sono in Italia come vice presidente della Conferenza episcopale italiana e a quelle umbre come presidente della Conferenza episcopale regionale. «Uomo di fede e di cultura, sapiente educatore – ricorda l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu mons. Renato Boccardo -, lascia un segno indelebile in coloro che sono stati suoi alunni e collaboratori, così come nelle parrocchie che lo hanno avuto come pastore e nella diocesi di Spoleto tutta che ha servito come Vicario generale dell’arcivescovo Ottorino Pietro Alberti».

Il cordoglio delle istituzioni

Dal Comune di Perugia

E’ un giorno triste per la comunità perugina per la notizia della scomparsa di Monsignor Giuseppe Chiaretti, già Vescovo dell’Archidiocesi di Perugia e Città della Pieve. “Apprendiamo con dolore della scomparsa di Monsignor Chiaretti – commentano il sindaco Andrea Romizi e tutti i componenti dell’Amministrazione comunale – per tanti anni guida spirituale della nostra comunità e punto di riferimento per i fedeli. Lo ricordiamo con stima ed affetto per l’instancabile opera prestata nei confronti della nostra città, sempre con passione, modi pacati e gentili. Chiaretti ha amato Perugia e la sua gente, riservando un gesto di attenzione a chi aveva più bisogno ed agli ultimi, affinché non si sentissero mai soli. Con lui se ne va un pezzo importante della nostra storia”.

Dall'Anci Umbria

“E’ con profondo dolore che apprendo la notizia della scomparsa di Monsignor Giuseppe Chiaretti e a nome di Anci Umbria, di tutti i Sindaci, esprimo cordoglio per il lutto che ha colpito la Chiesa umbra”: è quanto afferma il presidente di Anci Umbria, Michele Toniaccini. “Siamo molto vicini ai familiari di Monsignor Chiaretti, che ricordiamo con grande riconoscenza per l'apporto che ha saputo dare a tutti i fedeli e per essere stato una guida preziosa per le nostre comunità”.

Dalla presidente Tesei e Giunta regionale

“Ho appreso con grande tristezza la notizia della morte di Monsignor Giuseppe Chiaretti. Vorrei esprimere il mio personale e profondo cordoglio, e quello di tutta la Giunta regionale, per il lutto che ha colpito la ‘chiesa umbra’”. E’ quanto afferma la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, che ha voluto manifestare “grande vicinanza” ai familiari di Monsignor Chiaretti ed alla comunità cattolica umbra che “con lui perde un instancabile testimone della missione evangelica e pastorale. Un pensiero particolare va all’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, di cui Monsignor Chiaretti è stato per molti anni preziosa guida”.

Dal Consiglio regionale

Il presidente Marco Squarta ed i vice presidenti Paola Fioroni e Michele Bettarelli esprimono il cordoglio dell'Assemblea legislativa per la morte del vescovo emerito di Perugia-Città della Pieve, mons. Giuseppe Chiaretti. Il Presule viene ricordato come “persona di alta cultura, dallo sguardo buono e coinvolgente, sempre vicino al suo popolo. La sua straordinaria attività pastorale – è scritto nella nota - lascia un segno indelebile non solo nelle molte comunità della nostra regione che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzarne le sue straordinarie qualità, ma anche nella Conferenza episcopale italiana dove ha ricoperto, in passato, il ruolo di vice presidente”.

Dalla Camera di Commercio dell'Umbria

La Camera di Commercio dell’Umbria, nella persona del suo presidente Giorgio Mencaroni, si stringe commossa nel ricordo di monsignor Giuseppe Chiaretti che si è spento ieri a Perugia. “La sua straordinaria attività pastorale lungo 66 anni di sacerdozio lascia un segno indelebile. Quanti lo hanno conosciuto – ha sottolineato Mencaroni - ne ricordano la lucida intelligenza, il carattere mite, umile e la grande cultura mai ostentata. In quella che è stata la Camera di Commercio di Perugia monsignor Chiaretti era solito passare ogni anno sotto le feste natalizie per un incontro col personale e uno scambio di auguri: in tali occasioni aveva sempre una parola di conforto e di speranza per tutti, anche per i non credenti”.  ]]>
https://www.lavoce.it/il-vescovo-emerito-di-perugia-giuseppe-chiaretti-e-tornato-alla-casa-del-padre/feed/ 1
Omaggio al vescovo Chiaretti. Tutti gli articoli e i suoi commenti su La Voce, e alcune immagini https://www.lavoce.it/omaggio-al-vescovo-chiaretti-tutti-gli-articoli-e-i-suoi-commenti-su-la-voce-e-alcune-immagini/ Thu, 02 Dec 2021 14:00:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63757 Giuseppe Chiaretti

Mons. Giuseppe Chiaretti è rimasto nel cuore dei di chi lo ha avuto come Vescovo, anche se sono passati 12 anni da quando ha lasciato la diocesi. Lasciato nella guida, ma non nel cuore, tanto che finché la salute glielo ha concesso ha partecipato agli eventi diocesani ai quali era sempre invitato e non rifiutava gli inviti che gli arrivavano dai "suoi" preti. Lo ricordiamo come persona attenta e schiva allo stesso tempo, uomo di cultura cresciuto nel rigore della ricerca storica e della riflessione teologica, che amava la Chiesa e il “popolo” che Dio gli aveva affidato. Molto abbiamo scritto su di lui sulle pagine del giornale, e molto abbiamo pubblicato, anche di suoi testi e commenti. Non mancava mai l'appuntamento con la rubrica “Parola di Vescovo”, uno spazio in cui a turno gli otto vescovi delle diocesi umbre offrivano la loro riflessione su temi scelti a loro discrezione, ciascuno con il proprio stile.

“Autore” oltre che estimatore de La Voce

Chiaretti sceglieva l'argomento sapendo che doveva essere pubblicato sul giornale e ci lavorava con cura cercando sempre di stare sulla attualità (“sul pezzo” come si dige in gergo giornalistico) portandovi lo sguardo del Pastore e la Parola di Dio, senza farne una "predica". Per questo abbiamo ricercato tutti gli articoli in cui si parla di lui o nei quali è lui che parla e ve li offriamo insieme ad alcune immagini che abbiamo tirato fuori dal nostro archivio. Un modo per ringraziarlo anche per l'affetto, l'attenzione e la stima con cui seguiva il nostro lavoro. Gli articoli in cui lui è citato (QUI)   [gallery td_select_gallery_slide="slide" td_gallery_title_input="Alcuni momenti con mons. Chiaretti" ids="63780,63782,63783,63784,63785,63786,63787,63788,63789,63790,63791,63792"]]]>
Giuseppe Chiaretti

Mons. Giuseppe Chiaretti è rimasto nel cuore dei di chi lo ha avuto come Vescovo, anche se sono passati 12 anni da quando ha lasciato la diocesi. Lasciato nella guida, ma non nel cuore, tanto che finché la salute glielo ha concesso ha partecipato agli eventi diocesani ai quali era sempre invitato e non rifiutava gli inviti che gli arrivavano dai "suoi" preti. Lo ricordiamo come persona attenta e schiva allo stesso tempo, uomo di cultura cresciuto nel rigore della ricerca storica e della riflessione teologica, che amava la Chiesa e il “popolo” che Dio gli aveva affidato. Molto abbiamo scritto su di lui sulle pagine del giornale, e molto abbiamo pubblicato, anche di suoi testi e commenti. Non mancava mai l'appuntamento con la rubrica “Parola di Vescovo”, uno spazio in cui a turno gli otto vescovi delle diocesi umbre offrivano la loro riflessione su temi scelti a loro discrezione, ciascuno con il proprio stile.

“Autore” oltre che estimatore de La Voce

Chiaretti sceglieva l'argomento sapendo che doveva essere pubblicato sul giornale e ci lavorava con cura cercando sempre di stare sulla attualità (“sul pezzo” come si dige in gergo giornalistico) portandovi lo sguardo del Pastore e la Parola di Dio, senza farne una "predica". Per questo abbiamo ricercato tutti gli articoli in cui si parla di lui o nei quali è lui che parla e ve li offriamo insieme ad alcune immagini che abbiamo tirato fuori dal nostro archivio. Un modo per ringraziarlo anche per l'affetto, l'attenzione e la stima con cui seguiva il nostro lavoro. Gli articoli in cui lui è citato (QUI)   [gallery td_select_gallery_slide="slide" td_gallery_title_input="Alcuni momenti con mons. Chiaretti" ids="63780,63782,63783,63784,63785,63786,63787,63788,63789,63790,63791,63792"]]]>
La diocesi di Perugia prega per il vescovo emerito mons. Chiaretti https://www.lavoce.it/perugia-chiaretti/ Thu, 21 Oct 2021 09:29:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=62826 giuseppe chiaretti

L’arcivescovo emerito della diocesi di Perugia - Città della Pieve, monsignor Giuseppe Chiaretti è ricoverato da alcuni giorni presso l’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia per una insufficienza respiratoria. La notizia è stata diffusa attraverso una nota sul sito della diocesi perugino - pievese.

Invito alla preghiera

Monsignor Chiaretti "sta facendo le cure del caso - si legge ancora sul sito -. Le sue condizioni di salute sono molto gravi. Il cardinale Gualtiero Bassetti e il vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi invitano la comunità diocesana a raccogliersi in preghiera per il loro confratello Giuseppe, affinché il Signore e la Beata Vergine Maria della Grazia lo sostengano in questo difficile momento". Monsignor Giuseppe Chiaretti, oggi 88enne, è anche stato vescovo emerito dalla Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone e Montalto dal 7 aprile 1983 al 9 dicembre 1995, quando divenne arcivescovo metropolita di Perugia – Città della Pieve.]]>
giuseppe chiaretti

L’arcivescovo emerito della diocesi di Perugia - Città della Pieve, monsignor Giuseppe Chiaretti è ricoverato da alcuni giorni presso l’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia per una insufficienza respiratoria. La notizia è stata diffusa attraverso una nota sul sito della diocesi perugino - pievese.

Invito alla preghiera

Monsignor Chiaretti "sta facendo le cure del caso - si legge ancora sul sito -. Le sue condizioni di salute sono molto gravi. Il cardinale Gualtiero Bassetti e il vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi invitano la comunità diocesana a raccogliersi in preghiera per il loro confratello Giuseppe, affinché il Signore e la Beata Vergine Maria della Grazia lo sostengano in questo difficile momento". Monsignor Giuseppe Chiaretti, oggi 88enne, è anche stato vescovo emerito dalla Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone e Montalto dal 7 aprile 1983 al 9 dicembre 1995, quando divenne arcivescovo metropolita di Perugia – Città della Pieve.]]>
Celebrato il 7° anniversario della morte del seminarista Giampiero Morettini https://www.lavoce.it/celebrato-il-7-anniversario-della-morte-del-seminarista-giampiero-morettini/ Mon, 23 Aug 2021 09:26:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61755

“Come è stato scritto: ‘Abbiamo bisogno di testimoni dell’Amore, che lascino, soprattutto in questo tempo, scintille di luce, che illuminino il nostro cammino’”. Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, all’omelia della celebrazione eucaristica del 7° anniversario della morte del seminarista servo di Dio Giampiero Morettini (1977-2014), il 21 agosto, nella chiesa parrocchiale San Pio da Pietrelcina in Castel del Piano, nel tracciare una breve biografia del giovane seminarista per il quale la Chiesa diocesana di Perugia-Città della Pieve ha aperto, il 22 maggio scorso, il processo sulla vita, virtù e fama di santità. Concelebranti sono stati il parroco e postulatore della causa don Francesco Buono, don Giosuè Busti e don Cesare Piazzoli. Una celebrazione animata dal giovane coro intitolato al seminarista scomparso, che ha visto la presenza di numerosi fedeli, nel rispetto delle norme per il contenimento della pandemia, e dei familiari del servo di Dio.

Idee chiare sul sacerdozio

“Giampiero, benché abbia consumato la sua vita in un breve periodo – ha proseguito il porporato –, è come se avesse percorso un grande cammino, è come se avesse vissuto a lungo. Delle volte una brevissima vita può essere di una intensità unica. Ho parlato con Giampiero tante volte e posso testimoniare che aveva le idee chiare sulla vocazione e sul sacerdozio. Sì, Giampiero è sempre stato servo per amore! È lui stesso a definirsi tale in una pagina luminosa del suo diario: ‘Questa è la strada che io seguo… Se non sarò capace di essere un servo, Signore, annullami, svuotami, ma riempimi del tuo fuoco!’. E solo i santi si esprimono così”.

Impressionante crisi di vocazioni

“La nostra Chiesa ha bisogno di testimoni come Giampiero – ha commentato Bassetti –, ha bisogno di preti santi, di seminaristi sereni, disponibili, aperti a tutti. In una parola ha bisogno di giovani radicati in Dio, come lo era Giampiero. Purtroppo stiamo vivendo una preoccupante crisi di vocazioni al sacerdozio e alla vita di speciale consacrazione, a dir poco impressionante. Quando io entrai in diocesi, dodici anni fa, ricordo ancora gli occhi brillanti del mio predecessore, mons. Giuseppe Chiaretti, nel confidarmi: ‘Abbiamo una quindicina di seminaristi’. Poi sono addirittura cresciuti e siamo arrivati, alcuni anni fa, a ventidue. Oggi i seminaristi sono appena cinque”.

Il pellegrinaggio a piedi alla Porziuncola a settembre

“Anche per questo – ha aggiunto il cardinale rivolgendosi ai fedeli – ho preso una decisione; una decisione che sia un piccolo segno che intendo proporre a tutti coloro che lo vorranno. Sul finire del prossimo mese di settembre, guiderò un pellegrinaggio a piedi fino alla Porziuncola di Assisi, perché sia un cammino di preghiera per supplicare al Signore il dono delle vocazioni. Un cammino di meditazione, di recita del Santo Rosario… Il Signore che mi ha davvero aiutato a recuperare la salute (dopo i difficilissimi giorni in terapia intensiva per il contagio da Covid-19, ndr), mi ha suggerito questa iniziativa per la nostra Chiesa. Credo che qualche passo in più mi farà bene, anche alla salute, e farà bene anche alla salute di qualcuno di voi. Durante il pellegrinaggio chiederò la grazia al Signore che anche quest’anno qualche giovane possa entrare in Seminario! Affido fin da ora a Giampiero, ma anche alla vostra preghiera, affinché il Signore mandi ancora qualcuno a prendere il posto del nostro Giampiero. Pregate per le vocazioni, per tutte le vocazioni!”.

Pregare per la parrocchia di San Feliciano

Il cardinale Bassetti ha esortato i fedeli a pregare anche “per la parrocchia di San Feliciano sul Lago (il parroco è in Carcere per le note vicende giudiziarie, ndr), perché nessuno vacilli nella fede per motivi di scandalo! Pregate perché tutti i nostri sacerdoti e seminaristi, come Giampiero, si sentano inseriti in una misteriosa storia di amore divino. Un amore, quello di Dio, che conosce, chiama, sceglie, accompagna e consacra. Pregate perché ci sia ancora qualcuno che sia disposto nel sacerdozio a farsi e a diventare servo di tutti”.

Servire il Signore senza mezze misure

Servire il Signore senza mezze misure. “Il Signore, soprattutto nei confronti di chi è chiamato direttamente al suo servizio, non vuole mezze misure – ha concluso Bassetti –. Il servo di Dio Giampiero è là per testimoniare ai seminaristi, a noi sacerdoti e a tutti voi, che se abbiamo scelto Cristo dobbiamo seguirlo anche se costa, anzi, proprio perché costa. Allora ripetiamo al Signore la nostra dichiarazione di totale fedeltà, come anche il Vangelo di oggi lo ripete: ‘Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!’”. [gallery ids="61761,61762,61763,61764,61765,61766,61767,61768,61769,61770,61771"]]]>

“Come è stato scritto: ‘Abbiamo bisogno di testimoni dell’Amore, che lascino, soprattutto in questo tempo, scintille di luce, che illuminino il nostro cammino’”. Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, all’omelia della celebrazione eucaristica del 7° anniversario della morte del seminarista servo di Dio Giampiero Morettini (1977-2014), il 21 agosto, nella chiesa parrocchiale San Pio da Pietrelcina in Castel del Piano, nel tracciare una breve biografia del giovane seminarista per il quale la Chiesa diocesana di Perugia-Città della Pieve ha aperto, il 22 maggio scorso, il processo sulla vita, virtù e fama di santità. Concelebranti sono stati il parroco e postulatore della causa don Francesco Buono, don Giosuè Busti e don Cesare Piazzoli. Una celebrazione animata dal giovane coro intitolato al seminarista scomparso, che ha visto la presenza di numerosi fedeli, nel rispetto delle norme per il contenimento della pandemia, e dei familiari del servo di Dio.

Idee chiare sul sacerdozio

“Giampiero, benché abbia consumato la sua vita in un breve periodo – ha proseguito il porporato –, è come se avesse percorso un grande cammino, è come se avesse vissuto a lungo. Delle volte una brevissima vita può essere di una intensità unica. Ho parlato con Giampiero tante volte e posso testimoniare che aveva le idee chiare sulla vocazione e sul sacerdozio. Sì, Giampiero è sempre stato servo per amore! È lui stesso a definirsi tale in una pagina luminosa del suo diario: ‘Questa è la strada che io seguo… Se non sarò capace di essere un servo, Signore, annullami, svuotami, ma riempimi del tuo fuoco!’. E solo i santi si esprimono così”.

Impressionante crisi di vocazioni

“La nostra Chiesa ha bisogno di testimoni come Giampiero – ha commentato Bassetti –, ha bisogno di preti santi, di seminaristi sereni, disponibili, aperti a tutti. In una parola ha bisogno di giovani radicati in Dio, come lo era Giampiero. Purtroppo stiamo vivendo una preoccupante crisi di vocazioni al sacerdozio e alla vita di speciale consacrazione, a dir poco impressionante. Quando io entrai in diocesi, dodici anni fa, ricordo ancora gli occhi brillanti del mio predecessore, mons. Giuseppe Chiaretti, nel confidarmi: ‘Abbiamo una quindicina di seminaristi’. Poi sono addirittura cresciuti e siamo arrivati, alcuni anni fa, a ventidue. Oggi i seminaristi sono appena cinque”.

Il pellegrinaggio a piedi alla Porziuncola a settembre

“Anche per questo – ha aggiunto il cardinale rivolgendosi ai fedeli – ho preso una decisione; una decisione che sia un piccolo segno che intendo proporre a tutti coloro che lo vorranno. Sul finire del prossimo mese di settembre, guiderò un pellegrinaggio a piedi fino alla Porziuncola di Assisi, perché sia un cammino di preghiera per supplicare al Signore il dono delle vocazioni. Un cammino di meditazione, di recita del Santo Rosario… Il Signore che mi ha davvero aiutato a recuperare la salute (dopo i difficilissimi giorni in terapia intensiva per il contagio da Covid-19, ndr), mi ha suggerito questa iniziativa per la nostra Chiesa. Credo che qualche passo in più mi farà bene, anche alla salute, e farà bene anche alla salute di qualcuno di voi. Durante il pellegrinaggio chiederò la grazia al Signore che anche quest’anno qualche giovane possa entrare in Seminario! Affido fin da ora a Giampiero, ma anche alla vostra preghiera, affinché il Signore mandi ancora qualcuno a prendere il posto del nostro Giampiero. Pregate per le vocazioni, per tutte le vocazioni!”.

Pregare per la parrocchia di San Feliciano

Il cardinale Bassetti ha esortato i fedeli a pregare anche “per la parrocchia di San Feliciano sul Lago (il parroco è in Carcere per le note vicende giudiziarie, ndr), perché nessuno vacilli nella fede per motivi di scandalo! Pregate perché tutti i nostri sacerdoti e seminaristi, come Giampiero, si sentano inseriti in una misteriosa storia di amore divino. Un amore, quello di Dio, che conosce, chiama, sceglie, accompagna e consacra. Pregate perché ci sia ancora qualcuno che sia disposto nel sacerdozio a farsi e a diventare servo di tutti”.

Servire il Signore senza mezze misure

Servire il Signore senza mezze misure. “Il Signore, soprattutto nei confronti di chi è chiamato direttamente al suo servizio, non vuole mezze misure – ha concluso Bassetti –. Il servo di Dio Giampiero è là per testimoniare ai seminaristi, a noi sacerdoti e a tutti voi, che se abbiamo scelto Cristo dobbiamo seguirlo anche se costa, anzi, proprio perché costa. Allora ripetiamo al Signore la nostra dichiarazione di totale fedeltà, come anche il Vangelo di oggi lo ripete: ‘Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!’”. [gallery ids="61761,61762,61763,61764,61765,61766,61767,61768,61769,61770,61771"]]]>
Monsignor Domenico Sorrentino, nominato vescovo della diocesi di Foligno https://www.lavoce.it/monsignor-domenico-sorrentino-nominato-vescovo-della-diocesi-di-foligno/ Sat, 26 Jun 2021 10:56:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61191

Monsignor Domenico Sorrentino è stato nominato da Papa Francesco vescovo della diocesi di Foligno, che lo stesso Santo Padre ha così unito in persona episcopi con quella di Assisi - Gualdo Tadino - Nocera Umbra. Ufficialmente, insomma, rimarranno (almeno per il momento) due diocesi distinte, ma unite dalla figura del vescovo. La decisione, è stata presa qualche giorno fa dal Pontefice, e annunciata nella mattina di sabato 26 giugno da monsignor Sorrentino in diretta su Facebook e in contemporanea a Foligno nel corso dell’assemblea diocesana. Monsignor Domenico Sorrentino ha voluto ringraziare di cuore il Papa, annunciando il suo impegno a servizio della comunità diocesana folignate. Finora la Curia folignate è stata retta da monsignor Gualtiero Sigismondi (quale amministratore apostolico), già vescovo di Foligno e attualmente vescovo di Orvieto – Todi.

Le prime parole del vescovo Domenico

“Adesso la cosa più importante per me è concedermi subito al mio animo di Pastore perché mentre siete qui davanti a me e vi sento fratelli e figli di questa Chiesa, immediatamente per un annuncio del genere mi balza davanti a me tutto il popolo di Foligno, quindi in questo momento in questa sala è come se ci fosse l’altra metà, l’altra parte della Chiesa che mi viene affidata”. Lo ha detto il vescovo Domenico comunicando la nomina anche a pastore della diocesi di Foligno, sabato alle ore 12 in diretta social dalla sala della Spogliazione di Assisi, dando lettura della comunicazione ufficiale del nunzio apostolico Paul Emil Tscherrig.

Il saluto di mons. Gualtiero Sigismondi ai folignati

"La data odierna, scelta per una comunicazione così importante - ha commentato mons. Sigismondi nella nota per la diocesi di Foligno -, ravviva in me il ricordo della tarda serata del 26 giugno 2008 – esattamente 13 anni fa! – quando mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mi confidava quanto il Nunzio apostolico in Italia mi avrebbe annunciato ufficialmente l’indomani: l’elezione a vescovo di Foligno. Il Signore mi ha concesso di vivere in mezzo a voi un’intensa stagione pastorale, chiedendomi di fare, dopo il trasferimento a Orvieto-Todi, un altro 'miglio' come amministratore apostolico. Quest’ultimo tratto di strada, segnato dal flagello della pandemia, ha condotto all’apertura del cantiere della Cattedrale di San Feliciano".

La lettera scritta per i nuovi fedeli di Foligno

"Carissimi, da qualche giorno - scrive mons. Sorrentino nel saluto inviato a Foligno - Papa Francesco mi ha chiesto di dire un 'sì' che era tanto lontano da ogni mia aspettativa. Ha voluto che dilatassi il mio cuore di pastore a tutti voi, dandomi l’incarico – allo stesso titolo episcopale dell’amata Chiesa di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino – anche della vostra: due Chiese unite in persona episcopi. Lo ringrazio di cuore per la fiducia.

Nel segreto che, su questo mandato, dovevo custodire, l’unica cosa che mi è stata possibile è stata la preghiera. Ho cominciato a pregare per tutti voi. Non vi potevo ancora incontrare, ma vi potevo amare. Mi è fiorito nel cuore un sentimento che ho appreso da un Padre della Chiesa che sta alle sorgenti della mia formazione, san Paolino di Nola, che, in una lettera a Sant’Agostino, scrive: «Né c’è da meravigliarsi se noi, pur lontani, siamo presenti l’uno all’altro e senza esserci conosciuti ci conosciamo, poiché siamo membra di un solo corpo, abbiamo un unico capo, siamo inondati da un’unica grazia, viviamo di un solo pane, camminiamo su un’unica strada, abitiamo nella medesima casa. Insomma, in tutto ciò che siamo, [...] tanto nello spirito quanto nel corpo del Signore siamo una cosa sola....» (Epist. 6,1).

Mi siete già tanto cari, fratelli e sorelle della Chiesa di Foligno! Mi presento a voi con la trepidazione di chi sa di non avere energie giovanili, come quelle che portai nel mio primo incarico episcopale, al servizio della Chiesa di Pompei dove ricevetti la carezza della Vergine del Santo Rosario, poi nel mio servizio nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e, infine, nel mio ministero assisano. Vi darò quello che potrò, assicurandovi tuttavia che non mi risparmierò in alcun modo.

Mi immergerò presto nella vostra lunga storia di fede. Nella mia mente e nel mio cuore familiarizzo già con il patrono san Feliciano. Ma come dimenticare che la Chiesa di Foligno e quella di Assisi sono legate da una via “francescana” di santità, che passa – per non citare che alcuni vertici – per le altezze mistiche di sant’Angela da Foligno e l’insigne storia di carità della beata Angelina? Soprattutto non dimentico che lo stesso Francesco, nel suo itinerario di conversione, pose a Foligno quel famoso gesto di vendita del suo cavallo e della sua merce ritornando ad Assisi con la voglia di farla finita con le ricchezze mondane, per vivere la piena libertà dei figli di Dio e la condivisione con i poveri. Di lì a poco, questo vescovado lo avrebbe visto 'spogliarsi' fino alla nudità. I due episodi intrecciano il filo che, nella Provvidenza di Dio, ormai legherà queste due Chiese così privilegiate per tanta storia e santità.

Una soluzione pastorale come quella che Papa Francesco ha scelto per voi comporta un’inevitabile sofferenza. Ma forse può aiutarci a comprendere i segni dei tempi. Dice che non possiamo più pensare con schemi che hanno fatto la grandezza del passato, ma rischiano di essere inadeguati ai tempi nuovi. C’è un mondo in movimento. La società si allontana dalle sue radici cristiane. Questo, lungi dal farci cadere in uno sterile lamento, ci offre un grande stimolo. Dobbiamo tornare all’entusiasmo delle origini, rimetterci in strada, per incontrare, tendere la mano, offrire amore; soprattutto per annunciare Cristo e il suo Vangelo. È quella che Papa Francesco chiama 'pastorale in uscita' e che il vostro amato pastore, monsignor Gualtiero Sigismondi, anche a me tanto caro, esprime con lo slogan: dalla pastorale delle campane a quella del campanello!

Cari fratelli e sorelle, la crisi che stiamo attraversando – che non è solo quella della pandemia – può diventare una grande opportunità: crisi come grazia! Dobbiamo camminare insieme. Occorre ritessere le nostre relazioni fino a dare alla Chiesa il volto di una famiglia. Conto per questo su tutti voi, sacerdoti e diaconi, persone di vita consacrata, laici.

Vi saluto tutti. Saluto in particolare quelli che stanno più soffrendo per l’asprezza della crisi pandemica e delle sue conseguenze sociali, e quanti vivono situazioni di disagio per i più diversi motivi. Saluto ogni persona che abita il territorio folignate, le autorità di ogni ordine e grado, tutti gli uomini e donne che si affaticano ogni giorno per rendere questo mondo più bello, più giusto, più solidale.

Vengo tra voi per dare il mio piccolo contributo a questo grande sogno. È il sogno di Dio. Sono certo di avere in questo, dalla mia parte, il naturale idealismo dei giovani. Spero di avere, per questo sogno comune, anche l’adesione di tanti adulti, professionisti, famiglie.

La Chiesa folignate ha sviluppato in questi anni il metodo della 'sinodalità' e dispone di energie sufficienti per il cammino che l’attende. La collaborazione tra le due Chiese affidate al mio ministero, senza nulla togliere alla specificità delle relative storie, farà tutto fiorire a vantaggio del bene comune.

A fine agosto conto di fare il mio ingresso nel ministero pastorale in mezzo a voi. La vita per me sarà 'raddoppiata', la mia agenda sarà ulteriormente appesantita. Ma spero in tante grazie che vi chiedo di ottenermi con una preghiera ardente, la stessa con la quale, da qualche giorno, vi porto tutti all’altare del Signore. Quando, a gennaio dello scorso anno, sono venuto tra voi per la toccante festa della Madonna del Pianto, non pensavo che la Madre stesse per darmi un nuovo appuntamento così importante nella vostra – ormai 'nostra' – Chiesa folignate. A Lei chiedo, come sempre nella mia vita, di tenermi per mano. A voi chiedo, con fiducia: fatemi spazio nel vostro cuore. Col desiderio di incontrarvi presto - conclude la lettera mons. Sorrentino -, vi abbraccio e benedico con grande affetto".

Il cammino di mons. Sorrentino nella Chiesa

Domenico Sorrentino è nato il 16 maggio 1948 a Boscoreale, in provincia di Napoli e Diocesi di Nola. Ha compiuto gli studi medi nel Seminario vescovile di Nola e nel Seminario regionale di Salerno, e quelli teologici a Roma, come alunno dell’Almo Collegio Capranica, presso la Pontificia Università Gregoriana, conseguendo il dottorato. Si è laureato in Scienze politiche presso l'Università La Sapienza Università di Roma. È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Nola il 24 giugno 1972. È stato vicario parrocchiale di Maria SS. della Stella a Nola; parroco di S. Giorgio martire a Liveri; assistente del Movimento lavoratori dell’Azione Cattolica; insegnante di religione nel Liceo vescovile parificato di Nola. È stato inoltre direttore dell’Ufficio catechistico, vicario per l’Evangelizzazione e la Cultura, canonico teologo e membro del Consiglio presbiterale e del Collegio dei consultori. Ha promosso la costituzione del Centro di studi e documentazione su Paolino di Nola; è stato direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose Duns Scoto (Nola). Presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionalesezione S. Tommaso d’Aquino, ha insegnato Teologia spirituale, diverse discipline dell’area dogmatica e Dottrina sociale della Chiesa. Dal 1992 al 2001 ha prestato servizio presso la Prima Sezione della Segreteria di Stato. Il 17 febbraio 2001 è stato nominato arcivescovo-prelato di Pompei ed è stato consacrato il 19 marzo successivo. Dal 2003 al 2005 è stato segretario della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti. Il 19 novembre 2005 è stato nominato vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. È membro della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, nonché della Pontificia Accademia di Teologia. All’interno della Conferenza episcopale umbra è vicepresidente e delegato per i Laici, l’Educazione e la Scuola. Ha pubblicato numerosi volumi e articoli su diverse riviste.
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Monsignor Domenico Sorrentino è stato nominato da Papa Francesco vescovo della diocesi di Foligno, che lo stesso Santo Padre ha così unito in persona episcopi con quella di Assisi - Gualdo Tadino - Nocera Umbra. Ufficialmente, insomma, rimarranno (almeno per il momento) due diocesi distinte, ma unite dalla figura del vescovo. La decisione, è stata presa qualche giorno fa dal Pontefice, e annunciata nella mattina di sabato 26 giugno da monsignor Sorrentino in diretta su Facebook e in contemporanea a Foligno nel corso dell’assemblea diocesana. Monsignor Domenico Sorrentino ha voluto ringraziare di cuore il Papa, annunciando il suo impegno a servizio della comunità diocesana folignate. Finora la Curia folignate è stata retta da monsignor Gualtiero Sigismondi (quale amministratore apostolico), già vescovo di Foligno e attualmente vescovo di Orvieto – Todi.

Le prime parole del vescovo Domenico

“Adesso la cosa più importante per me è concedermi subito al mio animo di Pastore perché mentre siete qui davanti a me e vi sento fratelli e figli di questa Chiesa, immediatamente per un annuncio del genere mi balza davanti a me tutto il popolo di Foligno, quindi in questo momento in questa sala è come se ci fosse l’altra metà, l’altra parte della Chiesa che mi viene affidata”. Lo ha detto il vescovo Domenico comunicando la nomina anche a pastore della diocesi di Foligno, sabato alle ore 12 in diretta social dalla sala della Spogliazione di Assisi, dando lettura della comunicazione ufficiale del nunzio apostolico Paul Emil Tscherrig.

Il saluto di mons. Gualtiero Sigismondi ai folignati

"La data odierna, scelta per una comunicazione così importante - ha commentato mons. Sigismondi nella nota per la diocesi di Foligno -, ravviva in me il ricordo della tarda serata del 26 giugno 2008 – esattamente 13 anni fa! – quando mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mi confidava quanto il Nunzio apostolico in Italia mi avrebbe annunciato ufficialmente l’indomani: l’elezione a vescovo di Foligno. Il Signore mi ha concesso di vivere in mezzo a voi un’intensa stagione pastorale, chiedendomi di fare, dopo il trasferimento a Orvieto-Todi, un altro 'miglio' come amministratore apostolico. Quest’ultimo tratto di strada, segnato dal flagello della pandemia, ha condotto all’apertura del cantiere della Cattedrale di San Feliciano".

La lettera scritta per i nuovi fedeli di Foligno

"Carissimi, da qualche giorno - scrive mons. Sorrentino nel saluto inviato a Foligno - Papa Francesco mi ha chiesto di dire un 'sì' che era tanto lontano da ogni mia aspettativa. Ha voluto che dilatassi il mio cuore di pastore a tutti voi, dandomi l’incarico – allo stesso titolo episcopale dell’amata Chiesa di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino – anche della vostra: due Chiese unite in persona episcopi. Lo ringrazio di cuore per la fiducia.

Nel segreto che, su questo mandato, dovevo custodire, l’unica cosa che mi è stata possibile è stata la preghiera. Ho cominciato a pregare per tutti voi. Non vi potevo ancora incontrare, ma vi potevo amare. Mi è fiorito nel cuore un sentimento che ho appreso da un Padre della Chiesa che sta alle sorgenti della mia formazione, san Paolino di Nola, che, in una lettera a Sant’Agostino, scrive: «Né c’è da meravigliarsi se noi, pur lontani, siamo presenti l’uno all’altro e senza esserci conosciuti ci conosciamo, poiché siamo membra di un solo corpo, abbiamo un unico capo, siamo inondati da un’unica grazia, viviamo di un solo pane, camminiamo su un’unica strada, abitiamo nella medesima casa. Insomma, in tutto ciò che siamo, [...] tanto nello spirito quanto nel corpo del Signore siamo una cosa sola....» (Epist. 6,1).

Mi siete già tanto cari, fratelli e sorelle della Chiesa di Foligno! Mi presento a voi con la trepidazione di chi sa di non avere energie giovanili, come quelle che portai nel mio primo incarico episcopale, al servizio della Chiesa di Pompei dove ricevetti la carezza della Vergine del Santo Rosario, poi nel mio servizio nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e, infine, nel mio ministero assisano. Vi darò quello che potrò, assicurandovi tuttavia che non mi risparmierò in alcun modo.

Mi immergerò presto nella vostra lunga storia di fede. Nella mia mente e nel mio cuore familiarizzo già con il patrono san Feliciano. Ma come dimenticare che la Chiesa di Foligno e quella di Assisi sono legate da una via “francescana” di santità, che passa – per non citare che alcuni vertici – per le altezze mistiche di sant’Angela da Foligno e l’insigne storia di carità della beata Angelina? Soprattutto non dimentico che lo stesso Francesco, nel suo itinerario di conversione, pose a Foligno quel famoso gesto di vendita del suo cavallo e della sua merce ritornando ad Assisi con la voglia di farla finita con le ricchezze mondane, per vivere la piena libertà dei figli di Dio e la condivisione con i poveri. Di lì a poco, questo vescovado lo avrebbe visto 'spogliarsi' fino alla nudità. I due episodi intrecciano il filo che, nella Provvidenza di Dio, ormai legherà queste due Chiese così privilegiate per tanta storia e santità.

Una soluzione pastorale come quella che Papa Francesco ha scelto per voi comporta un’inevitabile sofferenza. Ma forse può aiutarci a comprendere i segni dei tempi. Dice che non possiamo più pensare con schemi che hanno fatto la grandezza del passato, ma rischiano di essere inadeguati ai tempi nuovi. C’è un mondo in movimento. La società si allontana dalle sue radici cristiane. Questo, lungi dal farci cadere in uno sterile lamento, ci offre un grande stimolo. Dobbiamo tornare all’entusiasmo delle origini, rimetterci in strada, per incontrare, tendere la mano, offrire amore; soprattutto per annunciare Cristo e il suo Vangelo. È quella che Papa Francesco chiama 'pastorale in uscita' e che il vostro amato pastore, monsignor Gualtiero Sigismondi, anche a me tanto caro, esprime con lo slogan: dalla pastorale delle campane a quella del campanello!

Cari fratelli e sorelle, la crisi che stiamo attraversando – che non è solo quella della pandemia – può diventare una grande opportunità: crisi come grazia! Dobbiamo camminare insieme. Occorre ritessere le nostre relazioni fino a dare alla Chiesa il volto di una famiglia. Conto per questo su tutti voi, sacerdoti e diaconi, persone di vita consacrata, laici.

Vi saluto tutti. Saluto in particolare quelli che stanno più soffrendo per l’asprezza della crisi pandemica e delle sue conseguenze sociali, e quanti vivono situazioni di disagio per i più diversi motivi. Saluto ogni persona che abita il territorio folignate, le autorità di ogni ordine e grado, tutti gli uomini e donne che si affaticano ogni giorno per rendere questo mondo più bello, più giusto, più solidale.

Vengo tra voi per dare il mio piccolo contributo a questo grande sogno. È il sogno di Dio. Sono certo di avere in questo, dalla mia parte, il naturale idealismo dei giovani. Spero di avere, per questo sogno comune, anche l’adesione di tanti adulti, professionisti, famiglie.

La Chiesa folignate ha sviluppato in questi anni il metodo della 'sinodalità' e dispone di energie sufficienti per il cammino che l’attende. La collaborazione tra le due Chiese affidate al mio ministero, senza nulla togliere alla specificità delle relative storie, farà tutto fiorire a vantaggio del bene comune.

A fine agosto conto di fare il mio ingresso nel ministero pastorale in mezzo a voi. La vita per me sarà 'raddoppiata', la mia agenda sarà ulteriormente appesantita. Ma spero in tante grazie che vi chiedo di ottenermi con una preghiera ardente, la stessa con la quale, da qualche giorno, vi porto tutti all’altare del Signore. Quando, a gennaio dello scorso anno, sono venuto tra voi per la toccante festa della Madonna del Pianto, non pensavo che la Madre stesse per darmi un nuovo appuntamento così importante nella vostra – ormai 'nostra' – Chiesa folignate. A Lei chiedo, come sempre nella mia vita, di tenermi per mano. A voi chiedo, con fiducia: fatemi spazio nel vostro cuore. Col desiderio di incontrarvi presto - conclude la lettera mons. Sorrentino -, vi abbraccio e benedico con grande affetto".

Il cammino di mons. Sorrentino nella Chiesa

Domenico Sorrentino è nato il 16 maggio 1948 a Boscoreale, in provincia di Napoli e Diocesi di Nola. Ha compiuto gli studi medi nel Seminario vescovile di Nola e nel Seminario regionale di Salerno, e quelli teologici a Roma, come alunno dell’Almo Collegio Capranica, presso la Pontificia Università Gregoriana, conseguendo il dottorato. Si è laureato in Scienze politiche presso l'Università La Sapienza Università di Roma. È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Nola il 24 giugno 1972. È stato vicario parrocchiale di Maria SS. della Stella a Nola; parroco di S. Giorgio martire a Liveri; assistente del Movimento lavoratori dell’Azione Cattolica; insegnante di religione nel Liceo vescovile parificato di Nola. È stato inoltre direttore dell’Ufficio catechistico, vicario per l’Evangelizzazione e la Cultura, canonico teologo e membro del Consiglio presbiterale e del Collegio dei consultori. Ha promosso la costituzione del Centro di studi e documentazione su Paolino di Nola; è stato direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose Duns Scoto (Nola). Presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionalesezione S. Tommaso d’Aquino, ha insegnato Teologia spirituale, diverse discipline dell’area dogmatica e Dottrina sociale della Chiesa. Dal 1992 al 2001 ha prestato servizio presso la Prima Sezione della Segreteria di Stato. Il 17 febbraio 2001 è stato nominato arcivescovo-prelato di Pompei ed è stato consacrato il 19 marzo successivo. Dal 2003 al 2005 è stato segretario della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti. Il 19 novembre 2005 è stato nominato vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. È membro della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, nonché della Pontificia Accademia di Teologia. All’interno della Conferenza episcopale umbra è vicepresidente e delegato per i Laici, l’Educazione e la Scuola. Ha pubblicato numerosi volumi e articoli su diverse riviste.
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Il saluto a don Giovanni, una delle “colonne” della Chiesa perugino-pievese | FOTO-VIDEO https://www.lavoce.it/esequie-mons-giovanni-tiacci/ Tue, 05 Jan 2021 18:21:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=58769

di Riccardo Liguori PERUGIA - Sarebbe stata sicuramente gremita di credenti e non credenti la cattedrale di San Lorenzo di Perugia se non fossimo al tempo del Covid-19, per le esequie di una delle “colonne portanti” della Chiesa perugino-pievese, monsignor Giovanni Battista Tiacci (1936-2021). Il Coronavirus lo ha strappato alla sua famiglia naturale e a quella del presbiterio diocesano che lo ha avuto tra i suoi membri per oltre sessanta anni. [gallery td_gallery_title_input="Le esequie di mons. Giovanni Battista Tiacci nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia" td_select_gallery_slide="slide" ids="58747,58777,58776,58775,58774,58773,58772,58771,58770"]

Il commiato alla vigilia dell'Epifania

Il giorno della vigilia dell’Epifania del Signore, parenti, amici, parrocchiani e “semplici” conoscenti hanno dato l’estremo saluto al loro don Giovanni, in quella chiesa cattedrale che lo ha avuto per un quarto di secolo canonico camerlengo-amministratore, confessore ed esorcista. Varie centinaia di persone si sono unite spiritualmente a quanti erano in San Lorenzo grazie alla diretta streaming realizzata dagli operatori di Umbria Radio InBlu sul canale Youtube del settimanale La Voce, due media ecclesiali seguiti da don Giovanni. Per più di trenta anni monsignor Tiacci è stato il direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiali, ma era soprattutto un curato di campagna, parroco di San Fortunato della Collina e Boneggio per quaranta anni. Un curato di campagna “prestato” alla città per i suoi diversi e delicati incarichi pastorali ricoperti a livello diocesano. Simbolicamente in San Lorenzo c’era tutta la sua Perugia, che ha tanto amato e servito, rappresentata dal sindaco Andrea Romizi con la fascia tricolore.

Le testimonianze durante le esequie

Le parole dell’arciprete e presidente del Capitolo della Cattedrale mons. Fausto Sciurpa, del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, dei nipoti e del parroco suo successore don Giovanni Amico, hanno tracciato con non poca commozione la figura di don Giovanni. Lo stesso, poco tempo prima di ammalarsi aveva confidato al suo successore, quasi ad anticipargli i contenuti del suo testamento spirituale, che «a chi ho incontrato nella vita l’augurio di ritrovarci tutti nella gloria del Regno di Dio». E su un volantino natalizio don Giovanni aveva scritto questa frase: «Tra tante cattive e preoccupanti notizie provocate dal Virus… la Buona novella: è nato il Salvatore!». Al momento del passaggio delle “consegne” della Parrocchia di San Fortunato della Collina, disse al successore: «“Non credo di lasciarti il deserto, ma una Comunità viva!”. Ed è vero – ha commentato l’attuale parroco –, perché ho ereditato una comunità ricca di entusiasmo e di iniziative. Grazie per quanto ci lasci in eredità, don Giovanni! Cercheremo di metterlo in pratica! E tu continua a vegliare sulla tua famiglia, provata dalla sofferenza di questi giorni; veglia sulle Comunità di San Fortunato e dei padri Guanelliani a cui eri legato, sull’Unità pastorale e sulla Chiesa diocesana che hai servito e amato per tutta la vita».

Le parole del cardinale Bassetti

Proprio al servizio fondato sull’amore e sulla carità che ha contraddistinto non poco l’opera pastorale di don Giovanni, si è soffermato, nell’omelia, il cardinale Bassetti. «Riferimento sicuro per tante anime, per tante persone, per tante istituzioni – ha detto il presule –, don Giovanni lascia un vuoto improvviso, grande, che ci fa stringere gli uni agli altri in uno smarrimento condiviso, in questo nostro tempo così segnato dal male che purtroppo, fra le tante vittime, oggi annovera anche il suo nome. Eppure non riusciamo a pensare a lui senza sorridere ancora per quelle sue battute con le quali sdrammatizzava chiunque si prendesse troppo sul serio. Era un altro modo di annunciare il Vangelo: con la semplicità di chi sa farsi prossimo di tutti, condividendone sinceramente e profondamente sia la festa, sia il dolore». «Molto gli deve la Chiesa perusina, molto la città e moltissimo la Cattedrale, della quale ha seguito con indefesso e disinteressato amore i lavori, i restauri, gli scavi che hanno portato alla luce nuovi imponenti percorsi della Perugia preromana. Quando, trent’anni fa, la Conferenza episcopale italiana ha varato l’Ufficio beni culturali e ha dispiegato la rete degli analoghi uffici nelle diocesi, don Giovanni è stato il primo ad assumere la responsabilità dei beni culturali nella nostra, incaricato dal mio predecessore Ennio Antonelli, che ben conosceva l’acribia, la tenacia, la passione e la competenza di don Giovanni. Prendeva il via proprio con lui, negli anni novanta, prima con l’arcivescovo Antonelli e poi con il suo successore Giuseppe Chiaretti, una campagna di catalogazione dei beni culturali, sotto l’egida della Cei, per la loro salvaguardia, a beneficio di tutti - non solo degli studiosi - ma anche dei fedeli, per arginare il depauperamento di un patrimonio di testimonianze e devozione accumulato nei secoli e, purtroppo, esposto e fragile, come hanno dimostrato anche le catastrofi sismiche». «Don Giovanni non lasciava nulla d’intentato, quando intravedeva un nobile fine al servizio della Chiesa, anche a rischio di non essere compreso – ha proseguito il cardinale –. Il Museo capitolare-diocesano, nel quale oggi si ammirano tanti capolavori, è rinato all’attuale splendore per merito suo. Il suo servizio in cattedrale non obliterava certo l’altra sua “anima”: quella di parroco di San Fortunato della Collina, dove era amatissimo. Sia lui, sia la sua famiglia, purtroppo duramente colpita da questo virus. Anche se negli ultimi tempi si era ritirato (come si era ritirato dal servizio attivo nella cattedrale e nell’ufficio beni culturali), il suo ruolo nelle “retrovie” non era meno effettivo, e molti continuavano a cercarlo per consigli e direzioni spirituali. In effetti non esistono “retrovie” per gli uomini di Dio – ha commentato Bassetti avviandosi alla conclusione –. Coloro che Egli chiama a una speciale consacrazione sono segnati per sempre, ed è questa la loro “specialità”, che non si può mai nascondere come ha fatto il nostro don Giovanni. Per lui la parrocchia era la famiglia di amici tra i quali ha speso la propria esistenza senza risparmio, fino in fondo. Amici per i quali, tuttavia, egli continua a incarnare un Vangelo di gioia, di solarità, di vita». Tanti di questi amici, negli ultimi giorni, ha raccontato il parroco di San Fortunato della Collina, «erano in lacrime per don Giovanni come se lo fossero per un proprio congiunto».

Il video delle esequie di don Giovanni

https://youtu.be/HsnQoWA_mtU?t=1756]]>

di Riccardo Liguori PERUGIA - Sarebbe stata sicuramente gremita di credenti e non credenti la cattedrale di San Lorenzo di Perugia se non fossimo al tempo del Covid-19, per le esequie di una delle “colonne portanti” della Chiesa perugino-pievese, monsignor Giovanni Battista Tiacci (1936-2021). Il Coronavirus lo ha strappato alla sua famiglia naturale e a quella del presbiterio diocesano che lo ha avuto tra i suoi membri per oltre sessanta anni. [gallery td_gallery_title_input="Le esequie di mons. Giovanni Battista Tiacci nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia" td_select_gallery_slide="slide" ids="58747,58777,58776,58775,58774,58773,58772,58771,58770"]

Il commiato alla vigilia dell'Epifania

Il giorno della vigilia dell’Epifania del Signore, parenti, amici, parrocchiani e “semplici” conoscenti hanno dato l’estremo saluto al loro don Giovanni, in quella chiesa cattedrale che lo ha avuto per un quarto di secolo canonico camerlengo-amministratore, confessore ed esorcista. Varie centinaia di persone si sono unite spiritualmente a quanti erano in San Lorenzo grazie alla diretta streaming realizzata dagli operatori di Umbria Radio InBlu sul canale Youtube del settimanale La Voce, due media ecclesiali seguiti da don Giovanni. Per più di trenta anni monsignor Tiacci è stato il direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiali, ma era soprattutto un curato di campagna, parroco di San Fortunato della Collina e Boneggio per quaranta anni. Un curato di campagna “prestato” alla città per i suoi diversi e delicati incarichi pastorali ricoperti a livello diocesano. Simbolicamente in San Lorenzo c’era tutta la sua Perugia, che ha tanto amato e servito, rappresentata dal sindaco Andrea Romizi con la fascia tricolore.

Le testimonianze durante le esequie

Le parole dell’arciprete e presidente del Capitolo della Cattedrale mons. Fausto Sciurpa, del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, dei nipoti e del parroco suo successore don Giovanni Amico, hanno tracciato con non poca commozione la figura di don Giovanni. Lo stesso, poco tempo prima di ammalarsi aveva confidato al suo successore, quasi ad anticipargli i contenuti del suo testamento spirituale, che «a chi ho incontrato nella vita l’augurio di ritrovarci tutti nella gloria del Regno di Dio». E su un volantino natalizio don Giovanni aveva scritto questa frase: «Tra tante cattive e preoccupanti notizie provocate dal Virus… la Buona novella: è nato il Salvatore!». Al momento del passaggio delle “consegne” della Parrocchia di San Fortunato della Collina, disse al successore: «“Non credo di lasciarti il deserto, ma una Comunità viva!”. Ed è vero – ha commentato l’attuale parroco –, perché ho ereditato una comunità ricca di entusiasmo e di iniziative. Grazie per quanto ci lasci in eredità, don Giovanni! Cercheremo di metterlo in pratica! E tu continua a vegliare sulla tua famiglia, provata dalla sofferenza di questi giorni; veglia sulle Comunità di San Fortunato e dei padri Guanelliani a cui eri legato, sull’Unità pastorale e sulla Chiesa diocesana che hai servito e amato per tutta la vita».

Le parole del cardinale Bassetti

Proprio al servizio fondato sull’amore e sulla carità che ha contraddistinto non poco l’opera pastorale di don Giovanni, si è soffermato, nell’omelia, il cardinale Bassetti. «Riferimento sicuro per tante anime, per tante persone, per tante istituzioni – ha detto il presule –, don Giovanni lascia un vuoto improvviso, grande, che ci fa stringere gli uni agli altri in uno smarrimento condiviso, in questo nostro tempo così segnato dal male che purtroppo, fra le tante vittime, oggi annovera anche il suo nome. Eppure non riusciamo a pensare a lui senza sorridere ancora per quelle sue battute con le quali sdrammatizzava chiunque si prendesse troppo sul serio. Era un altro modo di annunciare il Vangelo: con la semplicità di chi sa farsi prossimo di tutti, condividendone sinceramente e profondamente sia la festa, sia il dolore». «Molto gli deve la Chiesa perusina, molto la città e moltissimo la Cattedrale, della quale ha seguito con indefesso e disinteressato amore i lavori, i restauri, gli scavi che hanno portato alla luce nuovi imponenti percorsi della Perugia preromana. Quando, trent’anni fa, la Conferenza episcopale italiana ha varato l’Ufficio beni culturali e ha dispiegato la rete degli analoghi uffici nelle diocesi, don Giovanni è stato il primo ad assumere la responsabilità dei beni culturali nella nostra, incaricato dal mio predecessore Ennio Antonelli, che ben conosceva l’acribia, la tenacia, la passione e la competenza di don Giovanni. Prendeva il via proprio con lui, negli anni novanta, prima con l’arcivescovo Antonelli e poi con il suo successore Giuseppe Chiaretti, una campagna di catalogazione dei beni culturali, sotto l’egida della Cei, per la loro salvaguardia, a beneficio di tutti - non solo degli studiosi - ma anche dei fedeli, per arginare il depauperamento di un patrimonio di testimonianze e devozione accumulato nei secoli e, purtroppo, esposto e fragile, come hanno dimostrato anche le catastrofi sismiche». «Don Giovanni non lasciava nulla d’intentato, quando intravedeva un nobile fine al servizio della Chiesa, anche a rischio di non essere compreso – ha proseguito il cardinale –. Il Museo capitolare-diocesano, nel quale oggi si ammirano tanti capolavori, è rinato all’attuale splendore per merito suo. Il suo servizio in cattedrale non obliterava certo l’altra sua “anima”: quella di parroco di San Fortunato della Collina, dove era amatissimo. Sia lui, sia la sua famiglia, purtroppo duramente colpita da questo virus. Anche se negli ultimi tempi si era ritirato (come si era ritirato dal servizio attivo nella cattedrale e nell’ufficio beni culturali), il suo ruolo nelle “retrovie” non era meno effettivo, e molti continuavano a cercarlo per consigli e direzioni spirituali. In effetti non esistono “retrovie” per gli uomini di Dio – ha commentato Bassetti avviandosi alla conclusione –. Coloro che Egli chiama a una speciale consacrazione sono segnati per sempre, ed è questa la loro “specialità”, che non si può mai nascondere come ha fatto il nostro don Giovanni. Per lui la parrocchia era la famiglia di amici tra i quali ha speso la propria esistenza senza risparmio, fino in fondo. Amici per i quali, tuttavia, egli continua a incarnare un Vangelo di gioia, di solarità, di vita». Tanti di questi amici, negli ultimi giorni, ha raccontato il parroco di San Fortunato della Collina, «erano in lacrime per don Giovanni come se lo fossero per un proprio congiunto».

Il video delle esequie di don Giovanni

https://youtu.be/HsnQoWA_mtU?t=1756]]>
Marsciano. Anniversario della Casa di accoglienza Maria Immacolata https://www.lavoce.it/marsciano-anniversario-casa/ Thu, 12 Sep 2019 13:17:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55238 maria immacolata

Domenica 8 settembre, con la benedizione di Maria Immacolata si sono aperte nella parrocchia di Marsciano le celebrazioni per il ventennale della Casa di accoglienza. La festa vuole rappresentare un momento di lode e di gloria al Signore per il dono della Casa, di ringraziamento per quanti hanno lavorato e sostenuto quest’opera di carità, soprattutto un momento di riflessione sul cammino percorso, da farne tesoro e da continuare nel futuro con la collaborazione di tutti.

Titolo dell’iniziativa: “Ricordare per continuare”. Ricordare che cosa? Il bello, il buono, la collegialità, l’amore per gli anziani, lo spirito di servizio. Ricordare per quale fine? Non per vanagloria o mondanità, ma per andare avanti e “in cordata”, per consegnare alle generazioni future un patrimonio morale ricco di significato. Su questi temi si è svolta una settimana ricca di proposte per i festeggiamenti che si concluderà sabato 14 con una cena di solidarietà (info & prenotazioni: 075 5722345).

La storia della Casa di riposo

Don Silvio Corgna, parroco di Marsciano ai tempi della costruzione della Casa di accoglienza Maria Immacolata, racconta in un suo articolo di allora, che prima di procedere lui stesso alla realizzazione della Casa chiese all’allora sindaco Mario Tiberi di stanziare la somma necessaria dal bilancio comunale.

Non ebbe una risposta positiva ma don Silvio non si fece scoraggiare.

Poi la maestra Ines Prosperi lasciò per lascito testamentario una somma molto importante con il fine di realizzare una Casa di riposo per anziani dentro i confini della parrocchia. La somma benché molto significativa non era sufficiente a coprire la realizzazione del progetto per cui don Silvio dopo aver convocato i consigli pastorali e amministrativi della parrocchia si confrontò con l’arcivescovo diocesano mons. Giuseppe Chiaretti. Si procedette alla costituzione di un comitato che aveva il compito di valutare seriamente il costo dell’opera. Sin da subito fu chiaro che l’ipotesi di acquistare terreni fabbricabili sarebbe stata troppo gravosa. Il comitato propose di realizzare l’opera in una porzione della struttura parrocchiale detta “priorato” che era affittato ad alcuni privati e che andava restaurata. L’11 giugno 1997 giunse l’autorizzazione edilizia e il 17 ottobre dello stesso anno presero avvio i lavori.

Il pomeriggio dell’8 dicembre 1998 venne inaugurata la “Casa di accoglienza Maria Immacolata”. Un incontro fondamentale fu poi legato alla Fondazione Fontenuovo, sempre tramite don Silvio.

Ottenuta l’autorizzazione del Consiglio di amministrazione, dal 1999 Fondazione Fontenuovo si prese cura della nuova Casa. Da quel momento si rese necessario adeguare la struttura secondo gli standards previsti dalla normativa per le Residenze Protette per Anziani. L’8 Settembre del 99, Natività di Maria Santissima, entrò la prima ospite di cui ricordiamo il nome: Enrica Fraulo di 97 anni.

Don Marco Pezzanera

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maria immacolata

Domenica 8 settembre, con la benedizione di Maria Immacolata si sono aperte nella parrocchia di Marsciano le celebrazioni per il ventennale della Casa di accoglienza. La festa vuole rappresentare un momento di lode e di gloria al Signore per il dono della Casa, di ringraziamento per quanti hanno lavorato e sostenuto quest’opera di carità, soprattutto un momento di riflessione sul cammino percorso, da farne tesoro e da continuare nel futuro con la collaborazione di tutti.

Titolo dell’iniziativa: “Ricordare per continuare”. Ricordare che cosa? Il bello, il buono, la collegialità, l’amore per gli anziani, lo spirito di servizio. Ricordare per quale fine? Non per vanagloria o mondanità, ma per andare avanti e “in cordata”, per consegnare alle generazioni future un patrimonio morale ricco di significato. Su questi temi si è svolta una settimana ricca di proposte per i festeggiamenti che si concluderà sabato 14 con una cena di solidarietà (info & prenotazioni: 075 5722345).

La storia della Casa di riposo

Don Silvio Corgna, parroco di Marsciano ai tempi della costruzione della Casa di accoglienza Maria Immacolata, racconta in un suo articolo di allora, che prima di procedere lui stesso alla realizzazione della Casa chiese all’allora sindaco Mario Tiberi di stanziare la somma necessaria dal bilancio comunale.

Non ebbe una risposta positiva ma don Silvio non si fece scoraggiare.

Poi la maestra Ines Prosperi lasciò per lascito testamentario una somma molto importante con il fine di realizzare una Casa di riposo per anziani dentro i confini della parrocchia. La somma benché molto significativa non era sufficiente a coprire la realizzazione del progetto per cui don Silvio dopo aver convocato i consigli pastorali e amministrativi della parrocchia si confrontò con l’arcivescovo diocesano mons. Giuseppe Chiaretti. Si procedette alla costituzione di un comitato che aveva il compito di valutare seriamente il costo dell’opera. Sin da subito fu chiaro che l’ipotesi di acquistare terreni fabbricabili sarebbe stata troppo gravosa. Il comitato propose di realizzare l’opera in una porzione della struttura parrocchiale detta “priorato” che era affittato ad alcuni privati e che andava restaurata. L’11 giugno 1997 giunse l’autorizzazione edilizia e il 17 ottobre dello stesso anno presero avvio i lavori.

Il pomeriggio dell’8 dicembre 1998 venne inaugurata la “Casa di accoglienza Maria Immacolata”. Un incontro fondamentale fu poi legato alla Fondazione Fontenuovo, sempre tramite don Silvio.

Ottenuta l’autorizzazione del Consiglio di amministrazione, dal 1999 Fondazione Fontenuovo si prese cura della nuova Casa. Da quel momento si rese necessario adeguare la struttura secondo gli standards previsti dalla normativa per le Residenze Protette per Anziani. L’8 Settembre del 99, Natività di Maria Santissima, entrò la prima ospite di cui ricordiamo il nome: Enrica Fraulo di 97 anni.

Don Marco Pezzanera

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Il “grumo di potere” ha una lunga storia in Umbria https://www.lavoce.it/grumo-potere-storia-umbria/ Fri, 24 May 2019 12:02:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54591 grumo

di Daris Giancarlini

“Grumo” è termine dai rimandi nefasti, sia usato in gastronomia sia facendo riferimento alla circolazione sanguigna. Hanno scelto questa parola, “grumo”, i giudici del Tribunale del riesame di Perugia per descrivere, nelle motivazioni con cui hanno respinto la richiesta di libertà per alcuni indagati nella maxi inchiesta sulla gestione della sanità a Perugia, “il coacervo di poteri - legali e illegali, visibili e occulti - che ha condizionato”, secondo gli stessi magistrati, la vita dell’azienda ospedaliera perugina.

I giudici fanno soprattutto riferimento, nel parlare di ‘grumo di potere’, a una delle frasi intercettate nel corso dell’inchiesta: “Tra la massoneria, la Curia e la Giunta, non me danno tregua. E la Calabria unita”, avrebbe affermato il direttore generale dell’azienda.

Un’estrema sintesi, quella del dirigente sanitario perugino, che presa in sé dice tutto e nulla. Saranno le indagini, tuttora in corso, a stabilire nomi e cognomi e responsabilità di chi, a vari livelli - secondo l’ipotesi degli inquirenti - avrebbe operato al di fuori delle regole per ottenere vantaggi di vario tipo.

Quello che interessa in questa sede è il rimando che i magistrati del Riesame, parlando di ‘grumo di potere’, hanno voluto ribadire nel descrivere entità o soggetti capaci di manovrare a loro piacimento certe procedure in ambito sanitario. La definizione, di carattere sociologico più che giuridico, di ‘grumo di potere’, rimanda a quella sensazione che in Umbria è databile da alcuni decenni e che fa riferimento - nelle chiacchiere da bar ma anche in sedi più qualificate - a poteri operanti ‘dietro le quinte’ della trasparenza. Se n’è discusso, con toni sovente concitati, in alcuni particolari momenti della storia regionale.

Gli interventi di mons. Cesare Pagani

Gli articoli e gli interventi radiofonici di mons. Cesare Pagani, vescovo di Perugia nel 1985, che avevano come tema specifico la inconciliabilità tra fede cristiana e appartenenza alla massoneria, scossero non soltanto le trenta Logge cittadine, ma l’intera città e tutta la regione. All’affermazione del presule secondo cui “la massoneria vive sotto il pelo dell’acqua delle cose che si possono vedere e combattere”, i diretti interessati risposero con un manifesto durissimo, apostrofando Pagani come “falso profeta”.

Le parole di mons. Chiaretti

Nel 2006 nuovamente un vescovo di Perugia, mons. Giuseppe Chiaretti, dichiarò che “in Umbria da 60 anni c’è un regime che affievolisce le coscienze, dentro il quale il mondo del laicato cattolico patisce una subalternità politica e culturale”. La frase provocò reazioni politiche immediate da parte soprattutto della sinistra, alla guida della regione dal dopoguerra.

Studiosi come il sociologo Roberto Segatori scrissero che “a Perugia comandano due Chiese, ma nessuna delle due è cattolica: la prima si chiama massoneria, la seconda ieri si chiamava Pci e oggi Ds”. Lo stesso docente definì il potere massonico e quello comunista “poteri strutturati e capillari, che spesso e volentieri si intrecciano e saldano assieme”.

Sull’onda della presa di posizione di Chiaretti, si tenne un dibattito a novembre dello stesso 2006, protagonisti il giornalista Sandro Petrollini, lo storico e politologo Ernesto Galli della Loggia e il docente di storia Alberto Stramaccioni, per anni impegnato ad alti livelli dirigenziali nel Pci-Pds-Ds dell’Umbria.

L'opinione di Stramaccioni

Lo stesso Stramaccioni, nel pamphlet che riporta il confronto a tre, offre una lettura che tende ad allargare l’analisi al di là dei confini della politica. Stramaccioni parla di “logiche di tipo oligarchico di poteri trasversali agli schieramenti politicosociali, che si muovono nell’interesse particolare e non certo nell’interesse generale”. Questo, per il docente perugino, “finisce con il ridurre e il delegittimare gli spazi stessi della politica e il ruolo delle istituzioni democratico-rappresentative”.

Dunque non la sola sinistra - per Stramaccioni - né soltanto una singola associazione, ma “oligarchie trasversali” avrebbero operato nel tempo in Umbria dando vita a un ‘sistema’ che, giocoforza, ha tra i suoi effetti principali, in ogni settore della vita politica, economica, imprenditoriale e sociale, la sensazione che a godere delle ricadute positive siano soltanto coloro che del sistema fanno parte. Per chi sta fuori, nessuna speranza. Neanche se nel suo curriculum può esibire preparazione, impegno, voglia di lavorare, idee originali, onestà e trasparenza.

Non rincuora il fatto che, nonostante in questi anni si siano succedute inchieste giudiziarie e prese di posizione che hanno segnalato il problema, tutto - a giudicare dall’inchiesta sulla sanità - sia rimasto più o meno come prima. Come sempre. Ma all’idea che la politica non possa operare in modo trasparente nell’interesse generale, non ci si dovrebbe rassegnare. Specialmente per chi si professa cattolico.

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grumo

di Daris Giancarlini

“Grumo” è termine dai rimandi nefasti, sia usato in gastronomia sia facendo riferimento alla circolazione sanguigna. Hanno scelto questa parola, “grumo”, i giudici del Tribunale del riesame di Perugia per descrivere, nelle motivazioni con cui hanno respinto la richiesta di libertà per alcuni indagati nella maxi inchiesta sulla gestione della sanità a Perugia, “il coacervo di poteri - legali e illegali, visibili e occulti - che ha condizionato”, secondo gli stessi magistrati, la vita dell’azienda ospedaliera perugina.

I giudici fanno soprattutto riferimento, nel parlare di ‘grumo di potere’, a una delle frasi intercettate nel corso dell’inchiesta: “Tra la massoneria, la Curia e la Giunta, non me danno tregua. E la Calabria unita”, avrebbe affermato il direttore generale dell’azienda.

Un’estrema sintesi, quella del dirigente sanitario perugino, che presa in sé dice tutto e nulla. Saranno le indagini, tuttora in corso, a stabilire nomi e cognomi e responsabilità di chi, a vari livelli - secondo l’ipotesi degli inquirenti - avrebbe operato al di fuori delle regole per ottenere vantaggi di vario tipo.

Quello che interessa in questa sede è il rimando che i magistrati del Riesame, parlando di ‘grumo di potere’, hanno voluto ribadire nel descrivere entità o soggetti capaci di manovrare a loro piacimento certe procedure in ambito sanitario. La definizione, di carattere sociologico più che giuridico, di ‘grumo di potere’, rimanda a quella sensazione che in Umbria è databile da alcuni decenni e che fa riferimento - nelle chiacchiere da bar ma anche in sedi più qualificate - a poteri operanti ‘dietro le quinte’ della trasparenza. Se n’è discusso, con toni sovente concitati, in alcuni particolari momenti della storia regionale.

Gli interventi di mons. Cesare Pagani

Gli articoli e gli interventi radiofonici di mons. Cesare Pagani, vescovo di Perugia nel 1985, che avevano come tema specifico la inconciliabilità tra fede cristiana e appartenenza alla massoneria, scossero non soltanto le trenta Logge cittadine, ma l’intera città e tutta la regione. All’affermazione del presule secondo cui “la massoneria vive sotto il pelo dell’acqua delle cose che si possono vedere e combattere”, i diretti interessati risposero con un manifesto durissimo, apostrofando Pagani come “falso profeta”.

Le parole di mons. Chiaretti

Nel 2006 nuovamente un vescovo di Perugia, mons. Giuseppe Chiaretti, dichiarò che “in Umbria da 60 anni c’è un regime che affievolisce le coscienze, dentro il quale il mondo del laicato cattolico patisce una subalternità politica e culturale”. La frase provocò reazioni politiche immediate da parte soprattutto della sinistra, alla guida della regione dal dopoguerra.

Studiosi come il sociologo Roberto Segatori scrissero che “a Perugia comandano due Chiese, ma nessuna delle due è cattolica: la prima si chiama massoneria, la seconda ieri si chiamava Pci e oggi Ds”. Lo stesso docente definì il potere massonico e quello comunista “poteri strutturati e capillari, che spesso e volentieri si intrecciano e saldano assieme”.

Sull’onda della presa di posizione di Chiaretti, si tenne un dibattito a novembre dello stesso 2006, protagonisti il giornalista Sandro Petrollini, lo storico e politologo Ernesto Galli della Loggia e il docente di storia Alberto Stramaccioni, per anni impegnato ad alti livelli dirigenziali nel Pci-Pds-Ds dell’Umbria.

L'opinione di Stramaccioni

Lo stesso Stramaccioni, nel pamphlet che riporta il confronto a tre, offre una lettura che tende ad allargare l’analisi al di là dei confini della politica. Stramaccioni parla di “logiche di tipo oligarchico di poteri trasversali agli schieramenti politicosociali, che si muovono nell’interesse particolare e non certo nell’interesse generale”. Questo, per il docente perugino, “finisce con il ridurre e il delegittimare gli spazi stessi della politica e il ruolo delle istituzioni democratico-rappresentative”.

Dunque non la sola sinistra - per Stramaccioni - né soltanto una singola associazione, ma “oligarchie trasversali” avrebbero operato nel tempo in Umbria dando vita a un ‘sistema’ che, giocoforza, ha tra i suoi effetti principali, in ogni settore della vita politica, economica, imprenditoriale e sociale, la sensazione che a godere delle ricadute positive siano soltanto coloro che del sistema fanno parte. Per chi sta fuori, nessuna speranza. Neanche se nel suo curriculum può esibire preparazione, impegno, voglia di lavorare, idee originali, onestà e trasparenza.

Non rincuora il fatto che, nonostante in questi anni si siano succedute inchieste giudiziarie e prese di posizione che hanno segnalato il problema, tutto - a giudicare dall’inchiesta sulla sanità - sia rimasto più o meno come prima. Come sempre. Ma all’idea che la politica non possa operare in modo trasparente nell’interesse generale, non ci si dovrebbe rassegnare. Specialmente per chi si professa cattolico.

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Vescovo ausiliare: arrivederci don Paolo, benvenuto don Marco https://www.lavoce.it/vescovo-ausiliare-paolo-marco/ Mon, 06 May 2019 13:58:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54456 paolo

«La vitalità della Chiesa si basa su quel principio che possiamo riprendere dal Vangelo di questa domenica, quando Gesù dice a Pietro: “Mi ami più di costoro?”. Il potere nella Chiesa e di noi vescovi è un servizio e soprattutto è la custodia del gregge di Dio che Lui stesso ci affida». Con queste parole il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha introdotto la solenne celebrazione eucaristica di saluto all’arcivescovo eletto di Lucca mons. Paolo Giulietti, che farà ingresso nella diocesi toscana domenica prossima 12 maggio, e di accoglienza-benvenuto al nuovo vescovo ausiliare e vicario generale mons. Marco Salvi.

Tutti i vescovi presenti

Una celebrazione, tenutasi nel tardo pomeriggio di domenica 5 maggio nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, avvolta da un’atmosfera di festa e di gioia, ma anche da tanta commozione, che ha visto concelebranti l’arcivescovo emerito Giuseppe Chiaretti, i vescovi umbri Domenico Cancian di Città di Castello, Gualtiero Sigismondi di Foligno, Benedetto Tuzia di Orvieto-Todi, Mario Ceccobelli, emerito di Gubbio, l’abate benedettino emerito dom Giustino Farnedi e l’arcivescovo toscano Riccardo Fontana di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Diocesi dove mons. Salvi è nato 65 anni fa ed è stato parroco di Anghiari fino alla sua ordinazione episcopale avvenuta lo scorso 31 marzo.

I saluti di due diocesi

In cattedrale era rappresentata l’intera Archidiocesi non solo per i sacerdoti giunti un po’ da tutte le parrocchie, ma anche per la presenza di una rappresentanza dei cori delle sette Zone pastorali che hanno animato la liturgia dando il loro caloroso benvenuto a mons. Salvi, simbolicamente accompagnato nella Chiesa di Perugia-Città della Pieve da alcune centinaia di suoi amici e parrocchiani arrivati da Anghiari, Sansepolcro e dintorni. Questi gli hanno dedicato un numero speciale del loro periodico, L’Oratorio d’Anghiari, distribuendo in San Lorenzo 800 copie. E’ un “biglietto da visita” del neo vescovo Salvi di un certo spessore, non per le sue 40 pagine, ma perché raccoglie testimonianze di sacerdoti e laici che tracciano la personalità non comune di un uomo e di un pastore che ha sempre “preso il largo”, come recita il suo motto episcopale – “Duc in Altum” -, insegnando a giovani e adulti a non fermarsi dinanzi alle sconfitte della vita. Attraverso queste testimonianze i perugino-pievesi e non solo, potranno conoscere più approfonditamente questo pastore chiamato da papa Francesco ad affiancare, nel ministero episcopale, il cardinale Bassetti.

Le parole di Bassetti

Il presidente della Cei, rivolgendosi nell’omelia a mons. Giulietti e a mons. Salvi, ha detto: «È, per me, un giorno di grande emozione e, direi, di commozione. A Don Paolo sono legato da vincoli di profondo affetto, maturati in questi anni di guida della Chiesa perusino-pievese, e da sentimenti di riconoscenza per il tanto lavoro svolto, in momenti anche non facili. A Don Marco mi legano altresì vincoli di affetto e collaborazione per gli anni trascorsi ad Arezzo. Entrambi abbraccio e saluto con cuore di padre». «Carissimo Vescovo Paolo - ha continuato il cardinale -, è a te che mi rivolgo per primo. Già ho avuto modo di esprimerti il mio ringraziamento e, con me, lo hanno fatto tante comunità parrocchiali ed ecclesiali che hai visitato in queste ultime settimane. Stasera, è l’intera Arcidiocesi che ti ringrazia, ti saluta, ti abbraccia. Sei stato scelto ora per guidare la Santa Chiesa di Dio che è in Lucca. Sappiamo che hai le qualità e le capacità per farlo. Ti accompagniamo con affetto e saremo con te, domenica prossima, quando prenderai possesso della tua cattedra». Rivolgendosi al suo nuovo vescovo ausiliare, il cardinale Bassetti ha detto: «Carissimo Vescovo Marco, è giunto il giorno del tuo arrivo a Perugia. Sarai assieme a me pastore dell’amata porzione del gregge di Cristo che è la Chiesa di Perugia-Città della Pieve. Per tanti anni sei stato mio prezioso collaboratore quando ho guidato l’indimenticabile comunità di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Posso assicurarti che in questo periodo di attesa i nostri sacerdoti e i fedeli hanno pregato per te. Ringrazio il Signore e il Santo Padre per il dono della tua persona. Sono molto grato al fratello vVescovo Riccardo, che si è privato di un membro qualificato e stimato del suo presbiterio. Grazie don Marco, carissimo figlio, per aver accettato la dignità e la missione di vescovo ed aver di nuovo pronunciato il tuo "eccomi", come nel giorno della tua ordinazione al presbiterato. Troverai un clero desideroso di fare comunione con i suoi pastori, che anche mediante il tuo aiuto continuerà a spendersi per Cristo e per il bene della gente. Troverai laici consacrati, famiglie che si consumano nella carità per il Regno di Dio, e insieme incontrerai tanti anziani, malati e sofferenti, poveri di ogni appartenenza che sanno offrire con fede le loro croci. Troverai tante persone disposte a prestarti collaborazione affinché Gesù sia conosciuto e amato e la società possa essere animata dalla forza del Vangelo».

I ringraziamenti di mons. Paolo

«Esprimo la mia gratitudine alla famiglia perugina che lascio con dispiacere – ha detto mons. Giulietti nell’intervenire a fine celebrazione –, ma che in realtà non lascerò mai perché, avendo avuto in dono tanti oggetti che mi ricordano la mia città, ci sarà sempre un angolo perugino nella casa di Lucca. Esprimo la mia gratitudine a questa famiglia diocesana a cui chiedo anche perdono per le inevitabili mancanze e colpe commesse in questi anni, nonostante la buona volontà di servirla. Ho già detto ai giovani e lo ripeto anche a voi, Lucca è una bella città e val bene una gita e spero che, nonostante la lontananza, ci saranno occasioni per potersi rivedere e comunque e in ogni caso a camminare insieme nel Signore».

Il saluto di mons. Marco

Mons. Salvi, nel rivolgersi ufficialmente per la prima volta alla sua nuova comunità diocesana, si è quasi confidato con voce commossa. «In questi giorni – ha detto – mi hanno accompagnato le parole di Gesù: “Il Buon pastore offre la vita per le pecorelle”. Queste parole si sono realizzare pienamente quando Cristo liberamente si è offerto nella croce. E’ Lui il Buon pastore, il Pastore buono perché ama e conosce le sue pecore. In questo momento mi sento di imitare e incarnare il Buon pastore, conoscere i singoli, le comunità, le persone. Nella nostra società caratterizzata dalla fretta e senza memoria, dare il tempo necessario all’ascolto, mettersi nei panni dell’altro non è scontato. Chiedo aiuto per tutto questo a tutti voi, aiutatemi a vivere per primo lo stile dell’ascolto. Non ho in mente progetti e piani pastorali, voglio ascoltare, entrare in confidenza con le persone in una relazione di amicizia. Essere pronto ad ospitare, ma anche essere ospitato da questa bella e ricca comunità di Perugia-Città della Pieve. In questo momento vivo con fiducia, ma anche con timore e con tremore, ma nella mia storia personale ho scoperto che dire si al Signore è sempre la scelta giusta, anche quando la proposta era esigente. Con questi sentimenti do il cuore pieno di gratitudine verso il cardinale Gualtiero per avermi accolto e già da questi primi momenti mi sta accompagnando come un padre. E ringrazio l’arcivescovo Riccardo Fontana e la Diocesi da cui provengo. Grazie alle mie comunità: Sansepolcro, Tavernelle, Anghiari, che mi hanno formato e realizzato nella fede e chiedo a loro di continuare a pregare per me. Grazie alla mia famiglia, ai tanti amici di CL e non, sparsi ovunque e con cui ho camminato insieme in tanti anni della mia vita. Alla Madonna delle Grazie, venerata in questa cattedrale, affido la mia persona e le chiedo come Madre buona di accompagnarmi sempre».]]>
paolo

«La vitalità della Chiesa si basa su quel principio che possiamo riprendere dal Vangelo di questa domenica, quando Gesù dice a Pietro: “Mi ami più di costoro?”. Il potere nella Chiesa e di noi vescovi è un servizio e soprattutto è la custodia del gregge di Dio che Lui stesso ci affida». Con queste parole il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha introdotto la solenne celebrazione eucaristica di saluto all’arcivescovo eletto di Lucca mons. Paolo Giulietti, che farà ingresso nella diocesi toscana domenica prossima 12 maggio, e di accoglienza-benvenuto al nuovo vescovo ausiliare e vicario generale mons. Marco Salvi.

Tutti i vescovi presenti

Una celebrazione, tenutasi nel tardo pomeriggio di domenica 5 maggio nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, avvolta da un’atmosfera di festa e di gioia, ma anche da tanta commozione, che ha visto concelebranti l’arcivescovo emerito Giuseppe Chiaretti, i vescovi umbri Domenico Cancian di Città di Castello, Gualtiero Sigismondi di Foligno, Benedetto Tuzia di Orvieto-Todi, Mario Ceccobelli, emerito di Gubbio, l’abate benedettino emerito dom Giustino Farnedi e l’arcivescovo toscano Riccardo Fontana di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Diocesi dove mons. Salvi è nato 65 anni fa ed è stato parroco di Anghiari fino alla sua ordinazione episcopale avvenuta lo scorso 31 marzo.

I saluti di due diocesi

In cattedrale era rappresentata l’intera Archidiocesi non solo per i sacerdoti giunti un po’ da tutte le parrocchie, ma anche per la presenza di una rappresentanza dei cori delle sette Zone pastorali che hanno animato la liturgia dando il loro caloroso benvenuto a mons. Salvi, simbolicamente accompagnato nella Chiesa di Perugia-Città della Pieve da alcune centinaia di suoi amici e parrocchiani arrivati da Anghiari, Sansepolcro e dintorni. Questi gli hanno dedicato un numero speciale del loro periodico, L’Oratorio d’Anghiari, distribuendo in San Lorenzo 800 copie. E’ un “biglietto da visita” del neo vescovo Salvi di un certo spessore, non per le sue 40 pagine, ma perché raccoglie testimonianze di sacerdoti e laici che tracciano la personalità non comune di un uomo e di un pastore che ha sempre “preso il largo”, come recita il suo motto episcopale – “Duc in Altum” -, insegnando a giovani e adulti a non fermarsi dinanzi alle sconfitte della vita. Attraverso queste testimonianze i perugino-pievesi e non solo, potranno conoscere più approfonditamente questo pastore chiamato da papa Francesco ad affiancare, nel ministero episcopale, il cardinale Bassetti.

Le parole di Bassetti

Il presidente della Cei, rivolgendosi nell’omelia a mons. Giulietti e a mons. Salvi, ha detto: «È, per me, un giorno di grande emozione e, direi, di commozione. A Don Paolo sono legato da vincoli di profondo affetto, maturati in questi anni di guida della Chiesa perusino-pievese, e da sentimenti di riconoscenza per il tanto lavoro svolto, in momenti anche non facili. A Don Marco mi legano altresì vincoli di affetto e collaborazione per gli anni trascorsi ad Arezzo. Entrambi abbraccio e saluto con cuore di padre». «Carissimo Vescovo Paolo - ha continuato il cardinale -, è a te che mi rivolgo per primo. Già ho avuto modo di esprimerti il mio ringraziamento e, con me, lo hanno fatto tante comunità parrocchiali ed ecclesiali che hai visitato in queste ultime settimane. Stasera, è l’intera Arcidiocesi che ti ringrazia, ti saluta, ti abbraccia. Sei stato scelto ora per guidare la Santa Chiesa di Dio che è in Lucca. Sappiamo che hai le qualità e le capacità per farlo. Ti accompagniamo con affetto e saremo con te, domenica prossima, quando prenderai possesso della tua cattedra». Rivolgendosi al suo nuovo vescovo ausiliare, il cardinale Bassetti ha detto: «Carissimo Vescovo Marco, è giunto il giorno del tuo arrivo a Perugia. Sarai assieme a me pastore dell’amata porzione del gregge di Cristo che è la Chiesa di Perugia-Città della Pieve. Per tanti anni sei stato mio prezioso collaboratore quando ho guidato l’indimenticabile comunità di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Posso assicurarti che in questo periodo di attesa i nostri sacerdoti e i fedeli hanno pregato per te. Ringrazio il Signore e il Santo Padre per il dono della tua persona. Sono molto grato al fratello vVescovo Riccardo, che si è privato di un membro qualificato e stimato del suo presbiterio. Grazie don Marco, carissimo figlio, per aver accettato la dignità e la missione di vescovo ed aver di nuovo pronunciato il tuo "eccomi", come nel giorno della tua ordinazione al presbiterato. Troverai un clero desideroso di fare comunione con i suoi pastori, che anche mediante il tuo aiuto continuerà a spendersi per Cristo e per il bene della gente. Troverai laici consacrati, famiglie che si consumano nella carità per il Regno di Dio, e insieme incontrerai tanti anziani, malati e sofferenti, poveri di ogni appartenenza che sanno offrire con fede le loro croci. Troverai tante persone disposte a prestarti collaborazione affinché Gesù sia conosciuto e amato e la società possa essere animata dalla forza del Vangelo».

I ringraziamenti di mons. Paolo

«Esprimo la mia gratitudine alla famiglia perugina che lascio con dispiacere – ha detto mons. Giulietti nell’intervenire a fine celebrazione –, ma che in realtà non lascerò mai perché, avendo avuto in dono tanti oggetti che mi ricordano la mia città, ci sarà sempre un angolo perugino nella casa di Lucca. Esprimo la mia gratitudine a questa famiglia diocesana a cui chiedo anche perdono per le inevitabili mancanze e colpe commesse in questi anni, nonostante la buona volontà di servirla. Ho già detto ai giovani e lo ripeto anche a voi, Lucca è una bella città e val bene una gita e spero che, nonostante la lontananza, ci saranno occasioni per potersi rivedere e comunque e in ogni caso a camminare insieme nel Signore».

Il saluto di mons. Marco

Mons. Salvi, nel rivolgersi ufficialmente per la prima volta alla sua nuova comunità diocesana, si è quasi confidato con voce commossa. «In questi giorni – ha detto – mi hanno accompagnato le parole di Gesù: “Il Buon pastore offre la vita per le pecorelle”. Queste parole si sono realizzare pienamente quando Cristo liberamente si è offerto nella croce. E’ Lui il Buon pastore, il Pastore buono perché ama e conosce le sue pecore. In questo momento mi sento di imitare e incarnare il Buon pastore, conoscere i singoli, le comunità, le persone. Nella nostra società caratterizzata dalla fretta e senza memoria, dare il tempo necessario all’ascolto, mettersi nei panni dell’altro non è scontato. Chiedo aiuto per tutto questo a tutti voi, aiutatemi a vivere per primo lo stile dell’ascolto. Non ho in mente progetti e piani pastorali, voglio ascoltare, entrare in confidenza con le persone in una relazione di amicizia. Essere pronto ad ospitare, ma anche essere ospitato da questa bella e ricca comunità di Perugia-Città della Pieve. In questo momento vivo con fiducia, ma anche con timore e con tremore, ma nella mia storia personale ho scoperto che dire si al Signore è sempre la scelta giusta, anche quando la proposta era esigente. Con questi sentimenti do il cuore pieno di gratitudine verso il cardinale Gualtiero per avermi accolto e già da questi primi momenti mi sta accompagnando come un padre. E ringrazio l’arcivescovo Riccardo Fontana e la Diocesi da cui provengo. Grazie alle mie comunità: Sansepolcro, Tavernelle, Anghiari, che mi hanno formato e realizzato nella fede e chiedo a loro di continuare a pregare per me. Grazie alla mia famiglia, ai tanti amici di CL e non, sparsi ovunque e con cui ho camminato insieme in tanti anni della mia vita. Alla Madonna delle Grazie, venerata in questa cattedrale, affido la mia persona e le chiedo come Madre buona di accompagnarmi sempre».]]>
I Convegni ecclesiali regionali negli anni dal 1978 al 2008 https://www.lavoce.it/convegni-ecclesiali-regionali-1978/ Thu, 04 Apr 2019 14:31:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54666 convegni

Il Convegno ecclesiale umbro del 1978

Il 24 e 25 aprile 1978 ad Assisi, presso il Seminario regionale umbro, si tiene il Convegno ecclesiale regionale sul tema La Chiesa in Umbria per la promozione umana. Fu promosso dalla Conferenza episcopale umbra (Ceu) - presieduta da mons. Cesare Pagani, allora vescovo di Città di Castello e di Gubbio - e organizzato dalla segreteria del Centro regionale umbro di pastorale (Crup).

Le relazioni furono tenute dal direttore del Crup, mons. Giuseppe Chiaretti (sugli sviluppi nelle diocesi umbre del Convegno nazionale “Evangelizzazione e promozione umana” del 1976) e dagli altri membri della segreteria: don Giuseppe Betori (evangelizzazione), don Antonio Santantoni (coscientizzazione), Gino Piazza (servizio). Seguì l’intervento del prof. Maurizio Cavicchi, un laico esterno alla Chiesa invitato a dire il suo punto di vista sul rapporto Chiesa-mondo nel contesto regionale.

Le diocesi dell’Umbria con i loro vescovi furono tutte largamente rappresentate; i partecipanti 465, così ripartiti: 126 preti e religiosi, 55 religiose, 284 laici.

L’evento di Assisi prefigurò una revisione della pastorale nelle Chiese locali e auspicò - con l’intervento conclusivo di mons. Cesare Pagani - la continuazione di questo cammino condiviso a livello regionale. Prese così avvio il progetto Per una pastorale d’insieme in Umbria (1978-1981) con il concorso di organismi e di iniziative dal forte spessore sinodale che operarono con slancio e convinzione.

Il Convegno del 1980

Appena due anni dopo, nei giorni 11-12 ottobre 1980, si tenne il secondo Convegno ecclesiale regionale, sul tema Evangelizzazione con e per gli adulti, organizzato sempre dal Crup presso il Seminario di Assisi. I partecipanti furono 265.

Venne fatta un’analisi della situazione nelle singole diocesi per capire meglio lo stato dell’evangelizzazione in Umbria, sulla quale riferirono le due relazioni: la prima, presentata dal sottoscritto, riportò i risultati dell’indagine conoscitiva su Le attese degli umbri circa l’evangelizzazione, la seconda, curata da don Enzo Banetta, presentò le risposte date dagli organismi diocesani chiamati a verificare quanto fosse stato fatto (o non fatto) in adempimento del piano pastorale regionale triennale Ceu del 1978.

Furono presentati anche dei sussidi da parte del Crup: il primo, Shalom, di carattere biblico, scritto da fratel Giuseppe Florio ripercorrendo la storia della salvezza, venne ritenuto molto utile per il primo annuncio; il secondo, proposto da don Antonio Santantoni, cogliendo spunti di evangelizzazione e di catechesi nella vita liturgica, suggerì tematiche e segni da inserire nello svolgersi dell’anno liturgico e nel catecumenato ai diversi sacramenti; il terzo sussidio, presentato da don Pietro Bottaccioli, rifacendosi al catechismo dei giovani Non di solo pane, individuò tematiche per un cammino catecumenale, anche attraverso momenti di celebrazione e convivenza.

Il Convegno del 1983

Di tono minore risultarono gli altri due convegni degli anni Ottanta. A quello del 24-25 aprile 1983 su La Chiesa in Umbria e i problemi del lavoro , parteciparono circa 200 persone.

Preparato e coordinato non più dal Crup ma dall’Ufficio regionale per la pastorale sociale e del lavoro, si pose l’obiettivo di “sensibilizzare comunità e gruppi ecclesiali attorno al tema e ai problemi del lavoro”, tema che, “per le vaste ripercussioni, non poteva non coinvolgere l’azione pastorale della Chiesa e la riflessione e l’azione di persone e gruppi impegnati da credenti nel socio-politico”.

Aperto da mons. Cesare Pagani, presidente della Ceu, il Convegno fu scandito dalla relazione teologico-pastorale Evangelizzare il senso del lavoro umano, svolta da don Antonio Buoncristiani e, il giorno dopo, dalla tavola rotonda su Chiesa e lavoro in Umbria: situazione socio-pastorale e prospettive , alla quale parteciparono il vescovo di Todi, mons. Decio Lucio Grandoni, Franco Federici, presidente degli industriali dell’Umbria, Roberto Pomini, segretario regionale Cisl, e Guido De Guidi, responsabile formazione Fim.

Dopo i lavori di gruppo e il dibattito assembleare, le conclusioni del convegno vennero tratte da mons. Santo Quadri, vescovo di Terni e presidente della Commissione problemi sociali e lavoro della Cei.

Il Convegno del 1984

Il convegno del 30 aprile e 1° maggio 1984 dedicato al Rinnovamento liturgico in Umbria a vent’anni dalla Sacrosanctun Conciliumregistrò solo 165 partecipanti.

I motivi della diminuita partecipazione furono diversi: il coinvolgimento più debole delle diocesi nella fase di preparazione, l’idea che si trattasse più di un momento di aggiornamento che di una continuazione di quella “pastorale d’insieme in Umbria” lanciata dalla Ceu nel 1978 e forse, con il passare del tempo, non più riproposta con la convinzione e l’entusiasmo dei primi tempi.

I primi quattro convegni, dunque, si svolsero nell’arco di sei anni, gli altri tre in un lasso di tempo molto più ampio: dal 1984 al 2008.

Naturalmente la sinodalità non è direttamente proporzionale al numero dei convegni ecclesiali celebrati in regione, ma il loro diradarsi sembrò rappresentare comunque una fase diversa nella storia post-conciliare delle chiese in Umbria.

Il Convegno del 1991

Il quinto Convegno ecclesiale primo e ultimo del decennio - si svolse alla Cittadella di Assisi nei giorni 9-10 novembre 1991 sul tema Evangelizzazione e testimonianza della carità in Umbria, promosso dalla Ceu e organizzato dal ricostituito Crup di cui direttore era mons. Vittorio Peri.

Il convegno, presieduto dall’arcivescovo mons. Antonio Ambrosanio, riuscì bene per la partecipazione numerica e qualitativa. Due furono le relazioni: la prima, sul titolo del convegno, tenuta da mons. Attilio Nicora, allora presidente della Caritas italiana; la seconda, svolta da Luca Diotallevi su Servizi socio-caritativi collegati con la Chiesa in Umbria .

Molto partecipati risultarono gli otto gruppi di lavoro,segno anche di una buona preparazione fatta amonte:

1) Educazione dei giovani al Vangelo della carità; 2) Evangelizzazione e amore preferenziale per i poveri; 3) Evangelizzazione e presenza dei cristiani nel sociale e nel politico; 4) opere ecclesiali, nuove povertà e strutture civili; 5) Parrocchie soggetto di carità; 6) Pane della Parola e pane della carità; 7) la famiglia, luogo primario della educazione alla carità; 8) Comunione e comunicazione: segno della carità vissuta.

Il Convegno del 2001

Trascorsi altri dieci anni, il 17-18 novembre 2001 arrivò il sesto Convegno ecclesiale regionale. A Lyrick Theatre di Assisi, tanti giovani provenienti dalle otto diocesi umbre si ritrovarono insieme ad adulti e a sacerdoti per dire la loro Per una nuova comunicazione della fede. Le Chiese dell’Umbria si interrogano e interpellano i giovani.

Fondamentale risultò il coinvolgimento della Consulta regionale di pastorale giovanile, già ben collaudata dall’esperienza delle Giornate mondiali della gioventù.

Il programma fu scandito da due momenti forti, la veglia di preghiera nella basilica di San Francesco e lo spettacolo teatrale Sentinelle del mattino e, a seguire, da due relazioni ricche di spunti e di orientamenti pastorali: il sociologo perugino Paolo Montesperelli su Comunicare con la frontiera: Chiesa e giovani nell’Umbria che cambiamons. Giuseppe Betori, allora segretario della Cei, su Giovani, comunità cristiana e trasmissione della fede: ascolto, esperienza e comunicazione.

Il convegno - come documentarono gli Atti - venne curato molto bene e seguito con grande fiducia, non solo dai giovani. Segnò una tappa significativa per la crescita della pastorale giovanile in Umbria. Con circa 1.000 presenze registrate, è stato il Convegno regionale più partecipato.

Il Convegno del 2008

Poi fu la volta della pastorale della famiglia a convocare tutte le diocesi dell’Umbria nel settimo Convegno ecclesiale, che ebbe luogo a Santa Maria degli Angeli nei giorni 18-19 ottobre 2008 per riflettere su La famiglia, il futuro di tuttiL’organizzazione fu affidata a una Commissione preparatoria, presieduta da mons. Vittorio Peri, con la quale collaborò il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria. Il coordinamento fu tenuto dall’ufficio regionale per la Pastorale della famiglia, diretto da padre Luciano Temperilli insieme a Elio e Letizia Giannetti.

Articolata e intensa risultò la fase preparatoria, iniziata due anni prima e scandita da tre seminari tematici su: aspetti socioeconomici- culturali in relazione alla famiglia; identità teologica del matrimonio e della famiglia; famiglia, risorsa per la persona e per la Chiesa.

Tutte le diocesi collaborarono tramite coppie referenti, che erano già responsabili della pastorale familiare all’interno delle proprie Chiese locali. Furono tre le relazioni fondamentali: la prima di natura teologica, svolta dalla prof.ssa Ina Siviglia su Il matrimonio, fondamento della famiglia: sacramento e icona trinitaria; la seconda, di natura pedagogica, svolta dal prof. Ezio Aceti su La famiglia, luogo primario di educazione ai valori umani e alla fede cristiana; la terza, di natura sociologica, svolta dal dott. Francesco Belletti su La famiglia: bene primario della società.

Seguirono laboratori su tempi specifici e due comunicazioni: La famiglia vista dai figli e La famiglia e le politiche familiari oggi in Umbria; le conclusioni furono affidate a mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle famiglie, che raccolse le proposte emerse da presentare ai vescovi umbri.

I due Convegni del terzo millennio si sono caratterizzati per la scelta di temi specifici, prima i giovani e poi la famiglia, sentiti come particolarmente urgenti e capaci di suscitare attorno ad essi l’interesse e il coinvolgimento di tutte le componenti della vita ecclesiale.

Gli ambiti più limitati hanno reso possibile un approfondimento più puntuale sia nelle analisi delle situazioni che nella individuazione delle nuove prospettive pastorali attese dai cambiamenti in atto.

Inoltre, le reti di conoscenza e di collaborazione, come pure lo scambio di esperienze tra le persone di varie diocesi coinvolte nei due convegni, hanno favorito quelle relazioni reciproche che, nate lungo il cammino, hanno permesso sia alla pastorale giovanile sia a quella familiare di crescere, in maniera probabilmente più vivace rispetto ad altri ambiti, sotto il profilo della competenza e della responsabilità.

Antonio Nizzi membro della segreteria del Convegno 2019

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convegni

Il Convegno ecclesiale umbro del 1978

Il 24 e 25 aprile 1978 ad Assisi, presso il Seminario regionale umbro, si tiene il Convegno ecclesiale regionale sul tema La Chiesa in Umbria per la promozione umana. Fu promosso dalla Conferenza episcopale umbra (Ceu) - presieduta da mons. Cesare Pagani, allora vescovo di Città di Castello e di Gubbio - e organizzato dalla segreteria del Centro regionale umbro di pastorale (Crup).

Le relazioni furono tenute dal direttore del Crup, mons. Giuseppe Chiaretti (sugli sviluppi nelle diocesi umbre del Convegno nazionale “Evangelizzazione e promozione umana” del 1976) e dagli altri membri della segreteria: don Giuseppe Betori (evangelizzazione), don Antonio Santantoni (coscientizzazione), Gino Piazza (servizio). Seguì l’intervento del prof. Maurizio Cavicchi, un laico esterno alla Chiesa invitato a dire il suo punto di vista sul rapporto Chiesa-mondo nel contesto regionale.

Le diocesi dell’Umbria con i loro vescovi furono tutte largamente rappresentate; i partecipanti 465, così ripartiti: 126 preti e religiosi, 55 religiose, 284 laici.

L’evento di Assisi prefigurò una revisione della pastorale nelle Chiese locali e auspicò - con l’intervento conclusivo di mons. Cesare Pagani - la continuazione di questo cammino condiviso a livello regionale. Prese così avvio il progetto Per una pastorale d’insieme in Umbria (1978-1981) con il concorso di organismi e di iniziative dal forte spessore sinodale che operarono con slancio e convinzione.

Il Convegno del 1980

Appena due anni dopo, nei giorni 11-12 ottobre 1980, si tenne il secondo Convegno ecclesiale regionale, sul tema Evangelizzazione con e per gli adulti, organizzato sempre dal Crup presso il Seminario di Assisi. I partecipanti furono 265.

Venne fatta un’analisi della situazione nelle singole diocesi per capire meglio lo stato dell’evangelizzazione in Umbria, sulla quale riferirono le due relazioni: la prima, presentata dal sottoscritto, riportò i risultati dell’indagine conoscitiva su Le attese degli umbri circa l’evangelizzazione, la seconda, curata da don Enzo Banetta, presentò le risposte date dagli organismi diocesani chiamati a verificare quanto fosse stato fatto (o non fatto) in adempimento del piano pastorale regionale triennale Ceu del 1978.

Furono presentati anche dei sussidi da parte del Crup: il primo, Shalom, di carattere biblico, scritto da fratel Giuseppe Florio ripercorrendo la storia della salvezza, venne ritenuto molto utile per il primo annuncio; il secondo, proposto da don Antonio Santantoni, cogliendo spunti di evangelizzazione e di catechesi nella vita liturgica, suggerì tematiche e segni da inserire nello svolgersi dell’anno liturgico e nel catecumenato ai diversi sacramenti; il terzo sussidio, presentato da don Pietro Bottaccioli, rifacendosi al catechismo dei giovani Non di solo pane, individuò tematiche per un cammino catecumenale, anche attraverso momenti di celebrazione e convivenza.

Il Convegno del 1983

Di tono minore risultarono gli altri due convegni degli anni Ottanta. A quello del 24-25 aprile 1983 su La Chiesa in Umbria e i problemi del lavoro , parteciparono circa 200 persone.

Preparato e coordinato non più dal Crup ma dall’Ufficio regionale per la pastorale sociale e del lavoro, si pose l’obiettivo di “sensibilizzare comunità e gruppi ecclesiali attorno al tema e ai problemi del lavoro”, tema che, “per le vaste ripercussioni, non poteva non coinvolgere l’azione pastorale della Chiesa e la riflessione e l’azione di persone e gruppi impegnati da credenti nel socio-politico”.

Aperto da mons. Cesare Pagani, presidente della Ceu, il Convegno fu scandito dalla relazione teologico-pastorale Evangelizzare il senso del lavoro umano, svolta da don Antonio Buoncristiani e, il giorno dopo, dalla tavola rotonda su Chiesa e lavoro in Umbria: situazione socio-pastorale e prospettive , alla quale parteciparono il vescovo di Todi, mons. Decio Lucio Grandoni, Franco Federici, presidente degli industriali dell’Umbria, Roberto Pomini, segretario regionale Cisl, e Guido De Guidi, responsabile formazione Fim.

Dopo i lavori di gruppo e il dibattito assembleare, le conclusioni del convegno vennero tratte da mons. Santo Quadri, vescovo di Terni e presidente della Commissione problemi sociali e lavoro della Cei.

Il Convegno del 1984

Il convegno del 30 aprile e 1° maggio 1984 dedicato al Rinnovamento liturgico in Umbria a vent’anni dalla Sacrosanctun Conciliumregistrò solo 165 partecipanti.

I motivi della diminuita partecipazione furono diversi: il coinvolgimento più debole delle diocesi nella fase di preparazione, l’idea che si trattasse più di un momento di aggiornamento che di una continuazione di quella “pastorale d’insieme in Umbria” lanciata dalla Ceu nel 1978 e forse, con il passare del tempo, non più riproposta con la convinzione e l’entusiasmo dei primi tempi.

I primi quattro convegni, dunque, si svolsero nell’arco di sei anni, gli altri tre in un lasso di tempo molto più ampio: dal 1984 al 2008.

Naturalmente la sinodalità non è direttamente proporzionale al numero dei convegni ecclesiali celebrati in regione, ma il loro diradarsi sembrò rappresentare comunque una fase diversa nella storia post-conciliare delle chiese in Umbria.

Il Convegno del 1991

Il quinto Convegno ecclesiale primo e ultimo del decennio - si svolse alla Cittadella di Assisi nei giorni 9-10 novembre 1991 sul tema Evangelizzazione e testimonianza della carità in Umbria, promosso dalla Ceu e organizzato dal ricostituito Crup di cui direttore era mons. Vittorio Peri.

Il convegno, presieduto dall’arcivescovo mons. Antonio Ambrosanio, riuscì bene per la partecipazione numerica e qualitativa. Due furono le relazioni: la prima, sul titolo del convegno, tenuta da mons. Attilio Nicora, allora presidente della Caritas italiana; la seconda, svolta da Luca Diotallevi su Servizi socio-caritativi collegati con la Chiesa in Umbria .

Molto partecipati risultarono gli otto gruppi di lavoro,segno anche di una buona preparazione fatta amonte:

1) Educazione dei giovani al Vangelo della carità; 2) Evangelizzazione e amore preferenziale per i poveri; 3) Evangelizzazione e presenza dei cristiani nel sociale e nel politico; 4) opere ecclesiali, nuove povertà e strutture civili; 5) Parrocchie soggetto di carità; 6) Pane della Parola e pane della carità; 7) la famiglia, luogo primario della educazione alla carità; 8) Comunione e comunicazione: segno della carità vissuta.

Il Convegno del 2001

Trascorsi altri dieci anni, il 17-18 novembre 2001 arrivò il sesto Convegno ecclesiale regionale. A Lyrick Theatre di Assisi, tanti giovani provenienti dalle otto diocesi umbre si ritrovarono insieme ad adulti e a sacerdoti per dire la loro Per una nuova comunicazione della fede. Le Chiese dell’Umbria si interrogano e interpellano i giovani.

Fondamentale risultò il coinvolgimento della Consulta regionale di pastorale giovanile, già ben collaudata dall’esperienza delle Giornate mondiali della gioventù.

Il programma fu scandito da due momenti forti, la veglia di preghiera nella basilica di San Francesco e lo spettacolo teatrale Sentinelle del mattino e, a seguire, da due relazioni ricche di spunti e di orientamenti pastorali: il sociologo perugino Paolo Montesperelli su Comunicare con la frontiera: Chiesa e giovani nell’Umbria che cambiamons. Giuseppe Betori, allora segretario della Cei, su Giovani, comunità cristiana e trasmissione della fede: ascolto, esperienza e comunicazione.

Il convegno - come documentarono gli Atti - venne curato molto bene e seguito con grande fiducia, non solo dai giovani. Segnò una tappa significativa per la crescita della pastorale giovanile in Umbria. Con circa 1.000 presenze registrate, è stato il Convegno regionale più partecipato.

Il Convegno del 2008

Poi fu la volta della pastorale della famiglia a convocare tutte le diocesi dell’Umbria nel settimo Convegno ecclesiale, che ebbe luogo a Santa Maria degli Angeli nei giorni 18-19 ottobre 2008 per riflettere su La famiglia, il futuro di tuttiL’organizzazione fu affidata a una Commissione preparatoria, presieduta da mons. Vittorio Peri, con la quale collaborò il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria. Il coordinamento fu tenuto dall’ufficio regionale per la Pastorale della famiglia, diretto da padre Luciano Temperilli insieme a Elio e Letizia Giannetti.

Articolata e intensa risultò la fase preparatoria, iniziata due anni prima e scandita da tre seminari tematici su: aspetti socioeconomici- culturali in relazione alla famiglia; identità teologica del matrimonio e della famiglia; famiglia, risorsa per la persona e per la Chiesa.

Tutte le diocesi collaborarono tramite coppie referenti, che erano già responsabili della pastorale familiare all’interno delle proprie Chiese locali. Furono tre le relazioni fondamentali: la prima di natura teologica, svolta dalla prof.ssa Ina Siviglia su Il matrimonio, fondamento della famiglia: sacramento e icona trinitaria; la seconda, di natura pedagogica, svolta dal prof. Ezio Aceti su La famiglia, luogo primario di educazione ai valori umani e alla fede cristiana; la terza, di natura sociologica, svolta dal dott. Francesco Belletti su La famiglia: bene primario della società.

Seguirono laboratori su tempi specifici e due comunicazioni: La famiglia vista dai figli e La famiglia e le politiche familiari oggi in Umbria; le conclusioni furono affidate a mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle famiglie, che raccolse le proposte emerse da presentare ai vescovi umbri.

I due Convegni del terzo millennio si sono caratterizzati per la scelta di temi specifici, prima i giovani e poi la famiglia, sentiti come particolarmente urgenti e capaci di suscitare attorno ad essi l’interesse e il coinvolgimento di tutte le componenti della vita ecclesiale.

Gli ambiti più limitati hanno reso possibile un approfondimento più puntuale sia nelle analisi delle situazioni che nella individuazione delle nuove prospettive pastorali attese dai cambiamenti in atto.

Inoltre, le reti di conoscenza e di collaborazione, come pure lo scambio di esperienze tra le persone di varie diocesi coinvolte nei due convegni, hanno favorito quelle relazioni reciproche che, nate lungo il cammino, hanno permesso sia alla pastorale giovanile sia a quella familiare di crescere, in maniera probabilmente più vivace rispetto ad altri ambiti, sotto il profilo della competenza e della responsabilità.

Antonio Nizzi membro della segreteria del Convegno 2019

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Verso l’Assemblea ecclesiale umbra. Storia degli eventi a respiro regionale https://www.lavoce.it/assemblea-ecclesiale-umbra-storia/ Sat, 16 Mar 2019 11:39:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54209 convegni

Con vera letizia ho appreso che in Umbria si parla di nuovo di Assemblea ecclesiale regionale, fissata per il 18-19 ottobre prossimo venturo. È una gran bella notizia, che risveglia in me ricordi di Assemblee vissute ed organizzate... nel secolo scorso.

La prima assemblea ecclesiale: "Perché l'Umbria vota comunista?"

Il primo incontro ecclesiale regionale ebbe luogo in Assisi nel 1952, quindi non molto dopo le elezioni politiche generali del 1948. A detto incontro, della durata di due o tre giorni, parteciparono tutte le componenti del popolo di Dio, a cominciare dai Vescovi, e poi sacerdoti secolari e religiosi, suore, laici e laiche delle allora 13 diocesi umbre, scelti ed invitati dai Vescovi; a quell’epoca era aggregata alla regione ecclesiastica umbra la diocesi di Rieti che poco dopo fu aggregata alla regione ecclesiastica Lazio.

Il tema sotteso, non certo ufficialmente dichiarato, era: come mai l’Umbria, terra di santi e di una religiosità popolare vivacissima, fatta di feste patronali sentite e di numerose confraternite, con tanti conventi e monasteri...votava invece, malgrado la scomunica, per il Partito comunista? Io, non ancora ventenne, ero uno dei partecipanti in quanto membro della delegazione regionale della Giac con l’incarico di consultore Aspiranti.

Nella sostanza, al convegno si trattò di una disamina generale sulla situazione socioeconomica-politica e della qualità della religiosità della popolazione umbra in ordine al rapporto tra fede e vita vissuta.

Fu un incontro splendido e partecipato, della durata di due giorni pieni. Si prese atto che l’Umbria era alquanto arretrata, basata su una economia prevalentemente agricola, con rapporti “tesi” tra i proprietari dei fondi ed i loro mezzadri (tipica forma dei rapporti agrari diffusa in Umbria), e un movimento operaio in ascesa nei territori industrializzati, in cui era forte l’attività di proselitismo da parte del Partito comunista, prevalente fra i partiti antifascisti.

Di converso, la popolazione era sociologicamente cristiana e frequentante le parrocchie, ma con scarsa conoscenza ed approfondimento della fede e di scarsa adesione vera e concreta al Vangelo ed alla Chiesa.

Si concluse che la Chiesa in Umbria, i suoi Pastori e tutti i fedeli attivi nelle parrocchie dovevano impegnarsi al fianco dei lavoratori e delle classi più povere per la loro evoluzione sociale ed economica, e contemporaneamente ad impegnarsi di più nell’azione di diffusione del Vangelo e della catechesi. Fu coniato uno slogan conclusivo e riassuntivo molto significativo: occorreva far di più “pane e catechismo”.

Venti anni dopo, questo slogan veniva ben più esplicitato con il primo convegno ecclesiale nazionale del 1976, “evangelizzazione e promozione umana”.

Animatore indiscusso ed appassionato di quel primo convegno regionale ecclesiale del 1952 fu l’indimenticato mons. Pietro Fiordelli, allora vicario generale della diocesi di Città di Castello e, poco dopo, vescovo di Prato. Fra le tante cose decise in detto convegno fu la nascita de La Voce, settimanale regionale che ospita queste note.

Gli umbri al convegno nazionale del 1976

Facciamo un salto di memoria fino al 1976, anno in cui nel mese di ottobre fu celebrato il primo Convegno ecclesiale nazionale in Italia, “Evangelizzazione e promozione umana”. Proprio in preparazione di detto convegno si tenne un Convegno ecclesiale regionale in Assisi presso il Seminario regionale.

Presidente della Ceu in quegli anni era mons. Ferdinando Lambruschini, arcivescovo di Perugia; delegato al coordinamento regionale per il Convegno nazionale era mons. Santo Quadri, vescovo di Terni e Narni ed amministratore apostolico di Amelia. Il sottoscritto, all’epoca delegato regionale dell’Azione cattolica, fu chiamato a svolgere, in aiuto a mons. Quadri, il compito di coordinatore laico.

Nel 1976 le diocesi della regione ecclesiastica Umbria erano 12. Al Convegno nazionale parteciparono 41 umbri, così distribuiti: 4 vescovi, 16 presbiteri e religiosi, una suora e 20 tra laici e laiche.

Uno dei tanti risultati del convegno fu la decisione da parte della Ceu di dare impulso al coordinamento regionale dell’azione pastorale, ed iniziò la la serie delle Assemblee regionali con cadenze annuali, salvo qualche eccezione. Le Assemblee erano aperte, partecipate ed interessanti ed andarono avanti per alcuni anni, almeno a mia memoria.

Fu anche creato un nuovo organismo pastorale detto Crup, Centro regionale umbro di pastorale. Il primo coordinatore è stato mons. Giuseppe Chiaretti, allora vicario generale dell’arcidiocesi di Spoleto fino alla sua nomina a vescovo di San Benedetto del Tronto; fu quindi sostituito, sempre a mia memoria salvo errori, da mons. Vittorio Peri, allora vicario generale della diocesi di Assisi.

Assemblee regionali: il futuro

Ben vengano quindi di nuovo le Assemblee regionali, alle quali auguro (e prego allo scopo) ogni possibile successo. So che ogni diocesi nominerà i propri delegati ed altri partecipanti saranno direttamente invitati dalla Ceu. Da parte mia auspico che sia aperta a chi vorrà essere presente - pur senza diritto di voto e di parola, ovviamente - , facendone richiesta e questa sia accettata dalla Ceu. Concludo ricordando che grandi fautori e promotori di una pastorale a respiro regionale furono mons. Cesare Pagani, vescovo di Città di Castello e poi arcivescovo di Perugia, e mons. Giovanni Benedetti, vescovo di Foligno.

Nicola Molé

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convegni

Con vera letizia ho appreso che in Umbria si parla di nuovo di Assemblea ecclesiale regionale, fissata per il 18-19 ottobre prossimo venturo. È una gran bella notizia, che risveglia in me ricordi di Assemblee vissute ed organizzate... nel secolo scorso.

La prima assemblea ecclesiale: "Perché l'Umbria vota comunista?"

Il primo incontro ecclesiale regionale ebbe luogo in Assisi nel 1952, quindi non molto dopo le elezioni politiche generali del 1948. A detto incontro, della durata di due o tre giorni, parteciparono tutte le componenti del popolo di Dio, a cominciare dai Vescovi, e poi sacerdoti secolari e religiosi, suore, laici e laiche delle allora 13 diocesi umbre, scelti ed invitati dai Vescovi; a quell’epoca era aggregata alla regione ecclesiastica umbra la diocesi di Rieti che poco dopo fu aggregata alla regione ecclesiastica Lazio.

Il tema sotteso, non certo ufficialmente dichiarato, era: come mai l’Umbria, terra di santi e di una religiosità popolare vivacissima, fatta di feste patronali sentite e di numerose confraternite, con tanti conventi e monasteri...votava invece, malgrado la scomunica, per il Partito comunista? Io, non ancora ventenne, ero uno dei partecipanti in quanto membro della delegazione regionale della Giac con l’incarico di consultore Aspiranti.

Nella sostanza, al convegno si trattò di una disamina generale sulla situazione socioeconomica-politica e della qualità della religiosità della popolazione umbra in ordine al rapporto tra fede e vita vissuta.

Fu un incontro splendido e partecipato, della durata di due giorni pieni. Si prese atto che l’Umbria era alquanto arretrata, basata su una economia prevalentemente agricola, con rapporti “tesi” tra i proprietari dei fondi ed i loro mezzadri (tipica forma dei rapporti agrari diffusa in Umbria), e un movimento operaio in ascesa nei territori industrializzati, in cui era forte l’attività di proselitismo da parte del Partito comunista, prevalente fra i partiti antifascisti.

Di converso, la popolazione era sociologicamente cristiana e frequentante le parrocchie, ma con scarsa conoscenza ed approfondimento della fede e di scarsa adesione vera e concreta al Vangelo ed alla Chiesa.

Si concluse che la Chiesa in Umbria, i suoi Pastori e tutti i fedeli attivi nelle parrocchie dovevano impegnarsi al fianco dei lavoratori e delle classi più povere per la loro evoluzione sociale ed economica, e contemporaneamente ad impegnarsi di più nell’azione di diffusione del Vangelo e della catechesi. Fu coniato uno slogan conclusivo e riassuntivo molto significativo: occorreva far di più “pane e catechismo”.

Venti anni dopo, questo slogan veniva ben più esplicitato con il primo convegno ecclesiale nazionale del 1976, “evangelizzazione e promozione umana”.

Animatore indiscusso ed appassionato di quel primo convegno regionale ecclesiale del 1952 fu l’indimenticato mons. Pietro Fiordelli, allora vicario generale della diocesi di Città di Castello e, poco dopo, vescovo di Prato. Fra le tante cose decise in detto convegno fu la nascita de La Voce, settimanale regionale che ospita queste note.

Gli umbri al convegno nazionale del 1976

Facciamo un salto di memoria fino al 1976, anno in cui nel mese di ottobre fu celebrato il primo Convegno ecclesiale nazionale in Italia, “Evangelizzazione e promozione umana”. Proprio in preparazione di detto convegno si tenne un Convegno ecclesiale regionale in Assisi presso il Seminario regionale.

Presidente della Ceu in quegli anni era mons. Ferdinando Lambruschini, arcivescovo di Perugia; delegato al coordinamento regionale per il Convegno nazionale era mons. Santo Quadri, vescovo di Terni e Narni ed amministratore apostolico di Amelia. Il sottoscritto, all’epoca delegato regionale dell’Azione cattolica, fu chiamato a svolgere, in aiuto a mons. Quadri, il compito di coordinatore laico.

Nel 1976 le diocesi della regione ecclesiastica Umbria erano 12. Al Convegno nazionale parteciparono 41 umbri, così distribuiti: 4 vescovi, 16 presbiteri e religiosi, una suora e 20 tra laici e laiche.

Uno dei tanti risultati del convegno fu la decisione da parte della Ceu di dare impulso al coordinamento regionale dell’azione pastorale, ed iniziò la la serie delle Assemblee regionali con cadenze annuali, salvo qualche eccezione. Le Assemblee erano aperte, partecipate ed interessanti ed andarono avanti per alcuni anni, almeno a mia memoria.

Fu anche creato un nuovo organismo pastorale detto Crup, Centro regionale umbro di pastorale. Il primo coordinatore è stato mons. Giuseppe Chiaretti, allora vicario generale dell’arcidiocesi di Spoleto fino alla sua nomina a vescovo di San Benedetto del Tronto; fu quindi sostituito, sempre a mia memoria salvo errori, da mons. Vittorio Peri, allora vicario generale della diocesi di Assisi.

Assemblee regionali: il futuro

Ben vengano quindi di nuovo le Assemblee regionali, alle quali auguro (e prego allo scopo) ogni possibile successo. So che ogni diocesi nominerà i propri delegati ed altri partecipanti saranno direttamente invitati dalla Ceu. Da parte mia auspico che sia aperta a chi vorrà essere presente - pur senza diritto di voto e di parola, ovviamente - , facendone richiesta e questa sia accettata dalla Ceu. Concludo ricordando che grandi fautori e promotori di una pastorale a respiro regionale furono mons. Cesare Pagani, vescovo di Città di Castello e poi arcivescovo di Perugia, e mons. Giovanni Benedetti, vescovo di Foligno.

Nicola Molé

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I cavalieri dell’ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ambasciatori di pace https://www.lavoce.it/cavalieri-santo-sepolcro-pace/ Thu, 11 Oct 2018 16:26:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=53143 cavalieri

«La pace ha un "prezzo", la pace esige la "conversione", la "conversione" ci porta a perdonare per essere perdonati. Esige opere di "compassione" e di comprensione, di giustizia e di "misericordia". Esige la "condivisione fraterna" dei beni della terra, la partecipazione comune alle conquiste dell’"intelletto umano", la sollecitudine "gratuita" verso i deboli, l’impegno costante e concreto nella speranza e nel "dialogo". La pace esige che ci riconosciamo uomini in mezzo agli altri uomini, uomini con gli uomini. Ognuno e tutti insieme a vivere nel rispetto delle esigenze personali di ognuno, uguali e "inalienabili" per ciascuno. Pregare per la pace vuol dire aprirci a ricevere la pace, dono di Dio agli uomini "amati" dal Signore. Allora la nostra preghiera si farà "grido" che sale a Dio, che conosce le nostre sofferenze e scenderà ancora a "liberarci"».

Nella loro preghiera i Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme guardano alla Terra Santa ed invocano la benedizione celeste per essere convinti e sinceri ambasciatori di pace, per questo come da tradizione si ritroveranno a Perugia per la preghiera comunitaria presso il Centro Mater Gratiae di Montemorcino il 14 Ottobre, ore 9. L’antico sodalizio nella Sezione Umbria, il cui preside è il comm. Wladimiro Tentoni e priore il cardinale Gualtiero Bassetti, conta oltre duecentocinquanta Cavalieri e Dame impegnati in un percorso spirituale e caritatevole orientato al sostegno dei fratelli cristiani che vivono in Terra Santa nei luoghi che hanno visto la nascita, morte e resurrezione di Gesù. Nel corso della mattinata interverranno Andrea Maiarelli con una relazione sulle radici storiche dell’Ordine: “L’Arcipriorato di Gerusalemme dal 1187 a Santa Maria di Tiro e dal 1291 sino al 1429 nella sede di Perugia”, e padre Giulio Michelini, ofm, con una meditazione su “Maria madre di Gesù – Arca dell'alleanza”. L’incontro annuale si concluderà con la l’Eucaristia celebrata da p. Giulio Michelini e mons. Giuseppe Chiaretti nella Cappella del Centro Mater Gratiae. Subito dopo seguirà la consegna dei Vessilli dell’Ordine ai nuovi Delegati di Terni ed Orvieto alla presenza del luogotenente per l’Italia centrale e appenninica Giuseppe Michele Marrani. La partecipazione è aperta alla cittadinanza.

S. Q. F.

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cavalieri

«La pace ha un "prezzo", la pace esige la "conversione", la "conversione" ci porta a perdonare per essere perdonati. Esige opere di "compassione" e di comprensione, di giustizia e di "misericordia". Esige la "condivisione fraterna" dei beni della terra, la partecipazione comune alle conquiste dell’"intelletto umano", la sollecitudine "gratuita" verso i deboli, l’impegno costante e concreto nella speranza e nel "dialogo". La pace esige che ci riconosciamo uomini in mezzo agli altri uomini, uomini con gli uomini. Ognuno e tutti insieme a vivere nel rispetto delle esigenze personali di ognuno, uguali e "inalienabili" per ciascuno. Pregare per la pace vuol dire aprirci a ricevere la pace, dono di Dio agli uomini "amati" dal Signore. Allora la nostra preghiera si farà "grido" che sale a Dio, che conosce le nostre sofferenze e scenderà ancora a "liberarci"».

Nella loro preghiera i Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme guardano alla Terra Santa ed invocano la benedizione celeste per essere convinti e sinceri ambasciatori di pace, per questo come da tradizione si ritroveranno a Perugia per la preghiera comunitaria presso il Centro Mater Gratiae di Montemorcino il 14 Ottobre, ore 9. L’antico sodalizio nella Sezione Umbria, il cui preside è il comm. Wladimiro Tentoni e priore il cardinale Gualtiero Bassetti, conta oltre duecentocinquanta Cavalieri e Dame impegnati in un percorso spirituale e caritatevole orientato al sostegno dei fratelli cristiani che vivono in Terra Santa nei luoghi che hanno visto la nascita, morte e resurrezione di Gesù. Nel corso della mattinata interverranno Andrea Maiarelli con una relazione sulle radici storiche dell’Ordine: “L’Arcipriorato di Gerusalemme dal 1187 a Santa Maria di Tiro e dal 1291 sino al 1429 nella sede di Perugia”, e padre Giulio Michelini, ofm, con una meditazione su “Maria madre di Gesù – Arca dell'alleanza”. L’incontro annuale si concluderà con la l’Eucaristia celebrata da p. Giulio Michelini e mons. Giuseppe Chiaretti nella Cappella del Centro Mater Gratiae. Subito dopo seguirà la consegna dei Vessilli dell’Ordine ai nuovi Delegati di Terni ed Orvieto alla presenza del luogotenente per l’Italia centrale e appenninica Giuseppe Michele Marrani. La partecipazione è aperta alla cittadinanza.

S. Q. F.

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Triduo pasquale. La Messa del Crisma https://www.lavoce.it/triduo-pasquale-la-messa-del-crisma/ Wed, 28 Mar 2018 19:07:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51538

“Cinque anni fa, in questa stessa ricorrenza liturgica, lei indiceva la visita pastorale, i cui incontri si sono conclusi lo scorso luglio, mentre l’assemblea diocesana di novembre ne ha costituito il gesto finale”. Il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti nel saluto rivolto all’arcivesicovo cardinale Gualtiero Bassetti all’inizio della Messa del Crisma, mercoledì pomeriggio, ha così annunciato la “riconsegna alla diocesi del Direttorio pastorale Come sono belle le tue tende!”, un gesto che vuole esprimere la “conferma e incoraggiamento per tutti nel cammino di conversione pastorale intrapreso” da tutta la comunità diocesana e le sue componenti, con il documento del 2013 ancora attuale e da attuare. Mons. Giulietti ha quindi ricordato i preti che “nel cuore della santa Settimana rinnovano le promesse dell’ordinazione”. Attorno a loro, ha aggiunto, “si stringe tutta l’assemblea dei fedeli, che si unisce in preghiera invocando la forza e la luce dello Spirito sul loro ministero”. Ha quindi fatto memoria dei preti mons. Giacomo Rossi e don Dante Ceccarelli, e dei diaconi Pietro Varone e Franco Ercolani, che hanno concluso nell’anno trascorso il loro cammino terreno. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="51568,51567,51564"] Ha ricordato coloro che sono malati e invalidi: don Benito Baldoni, don Mario Bellaveglia, don Leonello Birettoni, don Lino Burani, don Amerigo Federici, don Angelo Marchesi, don Nazareno Marchesi, don Siro Nofrini, mons. Marino Riccieri. Infine ha invitato ad unirsi alla gioia di chi quest’anno celebra particolari anniversari di ordinazione:
  • 1 anno dall'ordinazione Don Antonio Paoletti (13 maggio 2017)
  • 10 anni dall'ordinazione Don Roberto Biagini, don Fabrizio Fucelli, don Riccardo Pascolini, don Alessandro Scarda (29 giugno 2008); padre Julian Gonzalez (12 aprile 2008); don Michele Pieravanti (10 agosto 2008)
  • 25 anni dall'ordinazione Don Claudio Schioppa (17 ottobre 1993)
  • 40 anni dall'ordinazione Don Renzo Bianchi (14 maggio 1978)
  • 50 anni dall'ordinazione Don Giacomo Brioni (29 giugno 1968); mons. Guerriero Stefano Orsini (22 settembre 1968); don Bruno Raugia (4 ottobre 1968); mons. Carlo Rocchetta (15 dicembre 1968); padre Dante Camussi (21 dicembre 1968)
  • 65 anni dall'ordinazione Don Amerigo Federici (29 giugno 1953)
Grande gioia poi nell’attesa delle nuove cinque ordinazioni che avverranno il prossimo 29 giugno. "E' molto bello vedere qui oggi tutta la Chiesa perugina riunita: ci sono i sacerdoti, i laici, le famiglie, i giovani e gli adolescenti che si preparano a ricevere la cresima. Come dice Gesù siamo 'perfetti nell'unità" ha detto l'arcivescovo card. Gualtiero Bassetti durante l'omelia della messa. "Voglio esprimere tutta la mia gratitudine ai presbiteri diocesani che da un anno a questa parte stanno supplendo alle mie assenze per i motivi che tutti sappiamo" ha continuato il Vescovo, ricordando anche mons. Giuseppe Chiaretti, assente per motivi di salute. Infine anche una parola per i cresimandi di quest'anno: "Grazie ragazzi della vostra presenza. Noi Chiesa e generazione adulta vi promettiamo di impegnarci a camminare al vostro fianco e vogliamo che le vostre domande vengano sempre prima delle nostre risposte".]]>

“Cinque anni fa, in questa stessa ricorrenza liturgica, lei indiceva la visita pastorale, i cui incontri si sono conclusi lo scorso luglio, mentre l’assemblea diocesana di novembre ne ha costituito il gesto finale”. Il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti nel saluto rivolto all’arcivesicovo cardinale Gualtiero Bassetti all’inizio della Messa del Crisma, mercoledì pomeriggio, ha così annunciato la “riconsegna alla diocesi del Direttorio pastorale Come sono belle le tue tende!”, un gesto che vuole esprimere la “conferma e incoraggiamento per tutti nel cammino di conversione pastorale intrapreso” da tutta la comunità diocesana e le sue componenti, con il documento del 2013 ancora attuale e da attuare. Mons. Giulietti ha quindi ricordato i preti che “nel cuore della santa Settimana rinnovano le promesse dell’ordinazione”. Attorno a loro, ha aggiunto, “si stringe tutta l’assemblea dei fedeli, che si unisce in preghiera invocando la forza e la luce dello Spirito sul loro ministero”. Ha quindi fatto memoria dei preti mons. Giacomo Rossi e don Dante Ceccarelli, e dei diaconi Pietro Varone e Franco Ercolani, che hanno concluso nell’anno trascorso il loro cammino terreno. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="51568,51567,51564"] Ha ricordato coloro che sono malati e invalidi: don Benito Baldoni, don Mario Bellaveglia, don Leonello Birettoni, don Lino Burani, don Amerigo Federici, don Angelo Marchesi, don Nazareno Marchesi, don Siro Nofrini, mons. Marino Riccieri. Infine ha invitato ad unirsi alla gioia di chi quest’anno celebra particolari anniversari di ordinazione:
  • 1 anno dall'ordinazione Don Antonio Paoletti (13 maggio 2017)
  • 10 anni dall'ordinazione Don Roberto Biagini, don Fabrizio Fucelli, don Riccardo Pascolini, don Alessandro Scarda (29 giugno 2008); padre Julian Gonzalez (12 aprile 2008); don Michele Pieravanti (10 agosto 2008)
  • 25 anni dall'ordinazione Don Claudio Schioppa (17 ottobre 1993)
  • 40 anni dall'ordinazione Don Renzo Bianchi (14 maggio 1978)
  • 50 anni dall'ordinazione Don Giacomo Brioni (29 giugno 1968); mons. Guerriero Stefano Orsini (22 settembre 1968); don Bruno Raugia (4 ottobre 1968); mons. Carlo Rocchetta (15 dicembre 1968); padre Dante Camussi (21 dicembre 1968)
  • 65 anni dall'ordinazione Don Amerigo Federici (29 giugno 1953)
Grande gioia poi nell’attesa delle nuove cinque ordinazioni che avverranno il prossimo 29 giugno. "E' molto bello vedere qui oggi tutta la Chiesa perugina riunita: ci sono i sacerdoti, i laici, le famiglie, i giovani e gli adolescenti che si preparano a ricevere la cresima. Come dice Gesù siamo 'perfetti nell'unità" ha detto l'arcivescovo card. Gualtiero Bassetti durante l'omelia della messa. "Voglio esprimere tutta la mia gratitudine ai presbiteri diocesani che da un anno a questa parte stanno supplendo alle mie assenze per i motivi che tutti sappiamo" ha continuato il Vescovo, ricordando anche mons. Giuseppe Chiaretti, assente per motivi di salute. Infine anche una parola per i cresimandi di quest'anno: "Grazie ragazzi della vostra presenza. Noi Chiesa e generazione adulta vi promettiamo di impegnarci a camminare al vostro fianco e vogliamo che le vostre domande vengano sempre prima delle nostre risposte".]]>