Giuseppe Betori Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giuseppe-betori/ Settimanale di informazione regionale Sat, 04 Dec 2021 14:34:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Giuseppe Betori Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giuseppe-betori/ 32 32 L’ultimo saluto al vescovo Chiaretti. L’affetto dei fedeli e dei preti, l’omaggio delle autorità https://www.lavoce.it/vescovo-chiaretti-ultimo-saluto-laffetto-dei-fedeli-e-dei-preti-lomaggio-delle-autorita/ Sat, 04 Dec 2021 13:54:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63835

In una affollata cattedrale di san Lorenzo in Perugia questa mattina 4 dicembre 2021 si respirava un clima sereno e commosso per l’ultimo saluto a mons. Giuseppe Chiaretti arcivescovo di Perugia-Città della Pieve dal 1995 al 2009. Ha presieduto il rito delle esequie l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti , ed il Cardinale Giuseppe Betori, legato a mons. Giuseppe Chiaretti da una amicizia di lunga data.

I Vescovi concelebranti

Erano presenti anche i vescovi umbri attuali ed emeriti: mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto – Norcia (diocesi di origine di mons. Chiaretti) e presidente della Conferenza episcopale umbra, il vescovi emeriti Mario Ceccobelli, già vicario della diocesi di Perugia con mons. Chiaretti, quando è sato nominato vescovo di Gubbio ), Vincenzo Paglia (vescovo emerito di Terni), i vescovi Gualtiero Sigismondi già vicario generale della diocesi perugina e nominato vescovo al tempo del vescovo Chiaretti, ed oggi vescovo di Orvieto Todi e Assistente generale dell'Azine Cattolica, Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi e di Foligno), Domenico Cancian vescovo di Città di Castello, Paolo Giulietti sarcedote della diocesi di Perugia e oggi vescovo di Lucca, Riccardo Fontana già vescovo di Spoleto - Norcia ed oggi di Arezzo, e il Vescovo Ausiliare di Perugia-Città della Pieve Mons. Marco Salvi. Hanno partecipato alle esequie molti sacerdoti e fedeli tra cui il sindaco di Perugia Andrea Romizi, ed anche una delegazione proveniente da Leonessa con il sindaco Gianluca Gizzi, paese natale di mons. Giuseppe Chiaretti, e una delegazione della diocesi di Montalto e Ripatransone - San Benedetto del Tronto nella cui cattedrale mons. Chiaretti ha chiesto di essere sepolto. Sulla bara posata a terra ai piedi del presbiterio erano posti i segni dell’episcopato di mons. Chiaretti: il suo Pastorale, la Mitra e il libro della Parola Di Dio. LE FOTO DELLA CELEBRAZIONE

Il testamento spirituale del vescovo Chiaretti

I presenti si sono stretti con commozione, affetto e nella preghiera, ai familiari presenti. C'era la sorella Piera che è stata sempre accanto al fratello Vescovo, non solo negli anni del dopo episcopato (solo negli ultimi mesi mons. Chiaretti era stato accolto nella Residenza Protetta Fontenuovo a Perugia) ma anche nel tempo del suo episcopato perugino. Erano presenti anche i nipoti, tra cui don Antonio Paoletti che al termine della liturgia ha letto il testamento spirituale che mons Chiaretti aveva già preparato nel 2011: «A DIO! Sta ormai avvicinandosi il tempo di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27). Mi prenda per mano in questa trasferta, accompagnandomi nel tunnel del passaggio, la Vergine Maria, la mamma tenerissima di Gesù e madre della mia identità cristiana, del mio sacerdozio, del mio episcopato: Lei, augusta protettrice della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto come “Virgo Lauretana”, e dell’arcidiocesi di Perugia – Città della Pieve come “Mater gratiarum”, invocata innumerevoli volte con l’antica preghiera della Chiesa: “Prega per me, peccatore ma figlio tuo, adesso e nell’ora della mia morte”! Mi accompagni anche il mio santo concittadino GIUSEPPE, per la cui migliore conoscenza mi sono a lungo adoperato. E con la sua ultima invocazione intendo chiudere anch’io la mia esistenza terrena: “Sancta Maria, succurre miseris!”. Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore. † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2011 Quanto al luogo della sepoltura sia consentito esprimere un legittimo desiderio: gradirei essere sepolto nella cattedrale della mia prima diocesi, San Benedetto del Tronto. È diocesi da me fondata per volontà del grande papa San Giovanni Paolo II, che desiderò far visita a questa sua “creatura” da me restaurata e decorata con un grandioso affresco absidale dedicato ai miei genitori Assunta e Felice Chiaretti. Sono grato che questo mio desiderio potrà essere soddisfatto. Quale che sia la terra che mi accoglierà, sarà sempre residenza provvisoria in attesa della resurrezione per vivere in eterno nel cielo di Dio, Padre misericordioso! † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2013»

Portato a spalla dai preti da lui ordinati

Al termine del rito i cardinali, vescovi e i sacerdoti concelebranti hanno accompagnato il feretro fino alla porta della cattedrale. https://youtu.be/2Pld9qwk4n4 I sacerdoti che sono stati ordinati da mons. Chiaretti hanno voluto rendergli un ultimo gesto di affetto portando a spalla la bara lungo la navata della cattedrale fino alla strada, affidandolo quindi a coloro che lo hanno portato nel luogo di sepoltura da lui indicato: la cattedrale di San Benedetto del Tronto nella quale alle ore 15.00 viene accolto con celebrazione presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani. La liturgia è stata trasmessa in diretta social. Qui il video completo https://youtu.be/nbzfhiZx_ZA  ]]>

In una affollata cattedrale di san Lorenzo in Perugia questa mattina 4 dicembre 2021 si respirava un clima sereno e commosso per l’ultimo saluto a mons. Giuseppe Chiaretti arcivescovo di Perugia-Città della Pieve dal 1995 al 2009. Ha presieduto il rito delle esequie l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ennio Antonelli, rispettivamente successore e predecessore di Chiaretti , ed il Cardinale Giuseppe Betori, legato a mons. Giuseppe Chiaretti da una amicizia di lunga data.

I Vescovi concelebranti

Erano presenti anche i vescovi umbri attuali ed emeriti: mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto – Norcia (diocesi di origine di mons. Chiaretti) e presidente della Conferenza episcopale umbra, il vescovi emeriti Mario Ceccobelli, già vicario della diocesi di Perugia con mons. Chiaretti, quando è sato nominato vescovo di Gubbio ), Vincenzo Paglia (vescovo emerito di Terni), i vescovi Gualtiero Sigismondi già vicario generale della diocesi perugina e nominato vescovo al tempo del vescovo Chiaretti, ed oggi vescovo di Orvieto Todi e Assistente generale dell'Azine Cattolica, Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi e di Foligno), Domenico Cancian vescovo di Città di Castello, Paolo Giulietti sarcedote della diocesi di Perugia e oggi vescovo di Lucca, Riccardo Fontana già vescovo di Spoleto - Norcia ed oggi di Arezzo, e il Vescovo Ausiliare di Perugia-Città della Pieve Mons. Marco Salvi. Hanno partecipato alle esequie molti sacerdoti e fedeli tra cui il sindaco di Perugia Andrea Romizi, ed anche una delegazione proveniente da Leonessa con il sindaco Gianluca Gizzi, paese natale di mons. Giuseppe Chiaretti, e una delegazione della diocesi di Montalto e Ripatransone - San Benedetto del Tronto nella cui cattedrale mons. Chiaretti ha chiesto di essere sepolto. Sulla bara posata a terra ai piedi del presbiterio erano posti i segni dell’episcopato di mons. Chiaretti: il suo Pastorale, la Mitra e il libro della Parola Di Dio. LE FOTO DELLA CELEBRAZIONE

Il testamento spirituale del vescovo Chiaretti

I presenti si sono stretti con commozione, affetto e nella preghiera, ai familiari presenti. C'era la sorella Piera che è stata sempre accanto al fratello Vescovo, non solo negli anni del dopo episcopato (solo negli ultimi mesi mons. Chiaretti era stato accolto nella Residenza Protetta Fontenuovo a Perugia) ma anche nel tempo del suo episcopato perugino. Erano presenti anche i nipoti, tra cui don Antonio Paoletti che al termine della liturgia ha letto il testamento spirituale che mons Chiaretti aveva già preparato nel 2011: «A DIO! Sta ormai avvicinandosi il tempo di concludere il mio viaggio su questa bella aiuola del creato (che ho amato e desiderato sempre più ricca di giustizia, di bontà, di onestà, di fraternità) per tornare alla patria definitiva: la “casa” e il “cuore” di quel Dio che Gesù mi ha fatto conoscere come Padre che ama e perdona. In questo Dio ho creduto e credo, ed ora spero di incontrarlo finalmente faccia a faccia e di vederlo così come egli è (1Gv3,2), svelandomi il suo volto che ho tanto desiderato conoscere: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27). Mi prenda per mano in questa trasferta, accompagnandomi nel tunnel del passaggio, la Vergine Maria, la mamma tenerissima di Gesù e madre della mia identità cristiana, del mio sacerdozio, del mio episcopato: Lei, augusta protettrice della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto come “Virgo Lauretana”, e dell’arcidiocesi di Perugia – Città della Pieve come “Mater gratiarum”, invocata innumerevoli volte con l’antica preghiera della Chiesa: “Prega per me, peccatore ma figlio tuo, adesso e nell’ora della mia morte”! Mi accompagni anche il mio santo concittadino GIUSEPPE, per la cui migliore conoscenza mi sono a lungo adoperato. E con la sua ultima invocazione intendo chiudere anch’io la mia esistenza terrena: “Sancta Maria, succurre miseris!”. Intendo rinnovare anche alla fine l’offerta che fu della mia giovinezza: “Signore, ti do tutto. Ma tu dammi un sacerdozio splendido!”. Lui è stato di parola; io, forse, non sempre! E per questo torno a chiedergli di nascondermi nella ferita del suo cuore. † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2011 Quanto al luogo della sepoltura sia consentito esprimere un legittimo desiderio: gradirei essere sepolto nella cattedrale della mia prima diocesi, San Benedetto del Tronto. È diocesi da me fondata per volontà del grande papa San Giovanni Paolo II, che desiderò far visita a questa sua “creatura” da me restaurata e decorata con un grandioso affresco absidale dedicato ai miei genitori Assunta e Felice Chiaretti. Sono grato che questo mio desiderio potrà essere soddisfatto. Quale che sia la terra che mi accoglierà, sarà sempre residenza provvisoria in attesa della resurrezione per vivere in eterno nel cielo di Dio, Padre misericordioso! † Giuseppe Chiaretti 19 aprile 2013»

Portato a spalla dai preti da lui ordinati

Al termine del rito i cardinali, vescovi e i sacerdoti concelebranti hanno accompagnato il feretro fino alla porta della cattedrale. https://youtu.be/2Pld9qwk4n4 I sacerdoti che sono stati ordinati da mons. Chiaretti hanno voluto rendergli un ultimo gesto di affetto portando a spalla la bara lungo la navata della cattedrale fino alla strada, affidandolo quindi a coloro che lo hanno portato nel luogo di sepoltura da lui indicato: la cattedrale di San Benedetto del Tronto nella quale alle ore 15.00 viene accolto con celebrazione presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani. La liturgia è stata trasmessa in diretta social. Qui il video completo https://youtu.be/nbzfhiZx_ZA  ]]>
Tutto il bello dell’Umanesimo https://www.lavoce.it/tutto-il-bello-dellumanesimo/ Thu, 02 Jul 2015 09:55:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=37142  L’Angelus di Millet
L’Angelus di Millet

“Non si può capire Firenze se non nel segno di una visione che mette insieme, e non distingue, la dimensione caritativa e quella culturale: una fede cristiana che si fa immagine di bellezza e vita di carità. L’unità di questi due elementi è il contesto in cui vogliamo accogliere il Convegno ecclesiale nazionale di novembre”.

Lo ha affermato l’arcivescovo della città, card. Giuseppe Betori , nel presentare le iniziative culturali che l’arcidiocesi promuove in occasione del Convegno che vedrà la Chiesa italiana riunirsi proprio a Firenze per riflettere sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.

Le iniziative culturali, ha aggiunto Betori, serviranno “a far vedere che l’Umanesimo fiorentino non è stato una voce che distacca l’uomo da Dio, o che pone l’uomo sopra Dio, ma un riscoprire l’uomo alla luce della fede”.

La proposta culturale si articolerà essenzialmente in quattro iniziative. La prima è la mostra “Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana”; si svolgerà a palazzo Strozzi.

Un percorso sul rapporto tra arte e Sacro tra metà Ottocento e metà Novecento. In esposizione opere come la Pietà di Van Gogh in prestito dai Musei Vaticani, la Crocifissione bianca di Chagall, da Chicago, e l’Angelus di Millet dal Musée d’Orsay di Parigi.

Gli spazi sotterranei della basilica di San Lorenzo ospiteranno invece la mostra “Si fece carne. L’arte contemporanea e il Sacro”: dall’ex-voto di Yves Klein ad artisti come Mimmo Paladino e Giuliano Vangi, con una sezione dedicata anche a una selezione delle opera commissionate ad artisti contemporanei in occasione della pubblicazione del Nuovo lezionario Cei .

Le iniziative culturali promosse dall’arcidiocesi di Firenze comprendono inoltre la pubblicazione di un volume, che sarà offerto a tutti i convegnisti, dal titolo Icone dell’uomo. Arte e fede a Firenze nel Rinascimento (ed. Mandragora) in cui quattro tra i massimi esperti di arte sacra – Cristina Acidini, Antonio Natali, Antonio Paolucci, Timothy Verdon – rileggono venti opere d’arte di scuola fiorentina, da Giotto a Michelangelo, alla luce della teologia e della fede del tempo in cui sono nate.

“Nell’arte dell’Umanesimo e del Rinascimento – ha ricordato mons. Verdon – l’iconografia cristiana è dominante: possiamo dire che è nella raffigurazione di Cristo e di Maria che l’arte di quel periodo ha ridefinito l’immagine dell’uomo”.

L’ultima iniziativa sarà dedicata a Dante, nel 750’ anniversario della nascita: un percorso a cura dell’associazione Culter che farà ripercorrere, nel complesso della basilica di Santa Croce, gli ambienti e i personaggi della Divina Commedia attraverso suoni, profumi e colori, secondo lo stile della “lettura popolare” che ha sempre reso accessibile Dante a un vasto pubblico di appassionati, esperti e gente comune.

 

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Cultura e carità https://www.lavoce.it/cultura-e-carita/ Fri, 03 Apr 2015 11:43:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31351 Il card. Betori durante un’intervista a varie emittenti televisive
Il card. Betori durante un’intervista a varie emittenti televisive

Per Papa Francesco, Firenze è “la città della bellezza”. Anche se lui non l’ha mai vista, come rivelò all’arcivescovo della diocesi toscana, il card. Giuseppe Betori, subito prima del Conclave. Il 10 novembre questo desiderio si realizzerà, e Firenze diventerà la “capitale” della Chiesa italiana. C’è molta attesa per il discorso che il Papa pronuncerà davanti ai 2.300 delegati del Convegno ecclesiale nazionale: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici. “Ora comincia il cammino di preparazione, in collaborazione con tutte le istituzioni fiorentine”, annota il Cardinale: un cammino che coinvolgerà anche le parrocchie della diocesi, alle quali è già stato chiesto l’impegno a reperire mille volontari. In occasione dell’annuncio della visita di Papa Francesco, abbiamo intervistato l’Arcivescovo di Firenze. “Voler fare sintesi” tra passato e presente, tra storia e futuro, tra cultura e carità: questa, per il card. Betori, la “cifra” di Firenze, che descrive bene anche il modo in cui la diocesi si sta preparando ad accogliere il Papa. Il primo incontro di preparazione della Chiesa fiorentina al Convegno si è svolto il 3 febbraio, con la partecipazione di oltre 400 persone: “C’è molta attesa per l’evento e, nell’evento, per la venuta del Papa – dice l’Arcivescovo. – Il Papa non divide cultura e carità; in questo, lo sentiamo molto vicino alla nostra identità fiorentina”. Betori conosce bene la sua diocesi, che guida da sette anni e che da due percorre in lungo e in largo per la visita pastorale.

Il volto di Firenze, riassume, è la “cura dell’Umano”: “L’immagine che Firenze ha trasmesso di sé lungo i secoli è quella di un luogo di elaborazione di canoni artistici, soprattutto, e culturali”, ma la vita della città “è fortemente legata alla dimensione dell’attenzione ai poveri. A Firenze non c’è stata mai una divaricazione tra dimensione culturale e dimensione sociale”. Basti pensare a Santa Maria Nova, uno degli ospedali più antichi del mondo, celebrato anche da Martin Lutero nei suoi Viaggi in Italia; o alle Misericordie, che sono nate proprio a Firenze, per opera di san Pietro Martire, “non come espressione solidaristica, ma come difesa della fede nella lotta contro i catari. La fede è quella radice di umanità nuova che tiene insieme bellezza e carità”, come dimostra l’opera di artisti come Michelangelo. Nel Novecento, “non si capisce La Pira senza il card. Dalla Costa. Don Raffale Bensi litigava con don Milani…”. Insomma, “non esiste una ‘vulgata’ di Firenze: ci sono anime diverse che si confrontano tra di loro in modo anche molto vivace”. Firenze, di certo, “non è un’isola felice, ha in sé tutte le contraddizioni dei nostri tempi. Qui però – racconta il Cardinale – trovo un aiuto nel fatto che ogni cosa è avvolta nella tipicità dell’esperienza religiosa e civile di Firenze: il prendersi cura”. Un esempio: la stazione di Santa Maria Novella, dove accanto alla stanza di accoglienza per chi è senza fissa dimora c’è una cappella con l’adorazione eucaristica. Potrebbe essere questo, dice l’Arcivescovo, uno dei luoghi rappresentativi di Firenze che i convegnisti incontreranno a novembre.

I Convegni ecclesiali nazionali non sono mai stati “accademie”. Betori, che ha contribuito a prepararne più di uno, ci tiene a inserire l’evento di Firenze nel solco comune dell’impegno a mettere insieme teoria e prassi, attraverso il coinvolgimento del popolo di Dio “dal basso”, spesso anticipando i tempi rispetto a ciò che avveniva nella società. Questo è avvenuto al Convegno di Palermo del 1995, quando “si è consumato il divorzio tra la Chiesa italiana e il ‘collateralismo’: a Palermo sono finiti 40 anni di storia dell’Italia nel rapporto tra Chiesa e società. L’attenzione a imprimere svolte sociali è sempre appartenuta alla storia dei Convegni ecclesiali nazionali, in forme diverse a seconda del contesto storico”. “Ci vuole un nuovo alfabeto dell’Umano”, aggiunge: adesso bisogna “fare passi in avanti, non deviazioni, rispetto al cammino fatto dalla Chiesa italiana fino ad oggi”.

La spinta propulsiva del Papa è un invito a “integrare di più, guardando dalle periferie e non dal centro. La nostra pastorale – osserva ancora Betori – ha pensato troppo a creare mete… e poi altre mete, se quelle non si raggiungevano”. “La novità più forte del Papa – secondo il card. Betori – è accettare fino in fondo la dimensione dell’umanità in cammino: l’Esodo non è alle nostre spalle, tutta l’esistenza dell’uomo è una chiamata a camminare”. Non mete, dunque, ma “passi da fare uno dopo l’altro. La dinamicità aiuterà molto la Chiesa di Firenze, e credo che aiuterà molto anche tutta la Chiesa italiana”. La Via crucis con i giovani parla questo linguaggio: si conclude su Ponte vecchio, “nella frattura della città, che è l’Arno, ma anche sopra un ponte, che è la relazione, l’apertura. Le braccia della Croce che si allargano e congiungono i giovani, l’umanità, i popoli”.

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L’ordinazione episcopale di mons. Nazzareno Marconi https://www.lavoce.it/lordinazione-episcopale-di-mons-nazzareno-marconi/ Fri, 18 Jul 2014 12:36:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27092 marconi-e-bassetti-bnConcedi al tuo servo un cuore docile”: questo è il motto scelto da mons. Nazzareno Marconi. Lo stesso passo – tratto da 1Re 3,9 – è stato anche parte del canto d’inizio, scritto da mons. Marco Frisina proprio per la celebrazione in cui è stato consacrato vescovo don Nazzareno, suo compagno di seminario. La messa di domenica 13 luglio è così apparsa unica e speciale fin dalle note d’introduzione.

Già molto prima delle ore 18 – quando il card. Gualtiero Bassetti ha formalmente dato inizio alla celebrazione – un gran numero di fedeli, tifernati e maceratesi, ha “invaso” il duomo superiore e inferiore tifernate. Per i tanti che non hanno potuto accedere direttamente alla cattedrale, erano stati installati due maxischermi nella cripta. E a fine messa, mons. Marconi non si dimenticherà di questi ultimi: nel salutare e benedire i tantissimi fedeli è voluto scendere personalmente anche nella parte inferiore della basilica.

Sulla rarità ed eccezionalità della messa ha poi posto l’accento mons. Domenico Cancian, che ha ricordato l’ultima ordinazione episcopale avvenuta nel duomo di Città di Castello 60 anni fa, con la elezione di Pietro Fiordelli, e ha affermato: “Il Signore ha benedetto la nostra Chiesa con il dono di numerosi vescovi. Ben cinque negli ultimi 100 anni: mons. Agostino Mancinelli, mons. Pietro Fiordelli, mons. Sergio Goretti, mons. Ivo Baldi e ora mons. Nazzareno Marconi”.

“Per te, don Nazzareno – ha aggiunto – chiediamo quello che tu stesso in modo ispirato hai preso come motto: il Signore ti conceda un cuore docile, capace di ascoltare sia il Buon Pastore, Gesù, sia il popolo che lui ti affida. Un cuore capace di discernere, un cuore saggio. Gesù ha voluto una Chiesa aperta alla missione, come ci ricorda spesso Papa Francesco. Ti accompagnino la Madonna, che è rappresentata anche nella Madonna di Donatello nella tua Citerna”.

Un legame, quello tra il vescovo Marconi e Maria, che si è manifestato nella veglia di preghiera in preparazione all’ordinazione, svoltasi nel santuario di Canoscio. Mons. Cancian, in conclusione, ha poi invitato mons. Marconi a presiedere la celebrazione per i santi Patroni tifernati il prossimo 13 novembre.

La messa di domenica scorsa, oltre che dal Pastore tifernate, è stata concelebrata anche dal predecessore di don Marconi alla guida di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia: mons. Claudio Giuliodori, con una trentina di vescovi delle Conferenze episcopali umbra e marchigiana, oltre all’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori.

“La tua Chiesa madre di Città di Castello ti è grata per i molteplici servizi resi in vari settori della pastorale e per l’impegno profuso nelle parrocchie che hai servito. Così pure le Chiese umbre ti sono riconoscenti per gli anni trascorsi al Seminario regionale di Assisi con la responsabilità di rettore” ha invece affermato nel corso dell’omelia il card. Gualtiero Bassetti, che ha presieduto la liturgia.

“L’ordinazione episcopale, che tra poco riceverai – ha continuato il porporato, prendendo spunto anche dalle letture ascoltate – ti renderà sposo, padre e pastore di un popolo numeroso che, sparso sulle verdi colline marchigiane, attende da te il nutrimento necessario per vivere secondo lo Spirito. Questo nutrimento è la Parola di Dio e il Pane eucaristico”.

“Cari fratelli e care sorelle – ha continuato Bassetti -, è la paura che ci rende incapaci di accogliere la Parola di Dio: la paura ci fa sembrare impossibili le cose belle e buone, anche se sono proprio quelle di cui abbiamo bisogno. La paura ci fa sembrare incredibile la vittoria della Vita sulla morte e ci rende schiavi. Il Vangelo ci chiama ad andare contro le logiche consolidate del mondo, contrarie allo spirito evangelico in quanto escludono, creano sofferenza, scartano, uccidono. Caro don Nazzareno, con l’ordinazione episcopale oggi ti assumi un surplus di responsabilità e di grazia nell’aiutarci tutti a non avere paura. Nel lasciare la tua amata terra umbra, non dimenticare di portare con te quello spirito francescano, fatto di umiltà e semplicità, con il quale hai sempre operato”.

Alla fine della solenne celebrazione, alla quale hanno partecipato i vari rappresentanti delle amministrazioni locali e regionali, il vescovo Nazzareno Marconi ha voluto ringraziare tutti i fedeli presenti in cattedrale e quanti hanno collaborato per la realizzazione della giornata di festa e della messa. “Prometto a quelli di Macerata – ha esordito il neo-consacrato con il consueto humour – che i pontificali non saranno così lunghi, ma spero che siano così devoti, e spero anche che siano come questo: questa giornata è il risultato dell’impegno volontario, gratuito, dedicato, di tantissime persone. Questa è la Chiesa! La forza della Chiesa – ha aggiunto – è questa capacità, per amore di Dio e dei fratelli, di fare tante cose, di farle grandi e di farle bene”.

Prendendo poi spunto da un’immagine restaurata, presente nello stesso duomo di Città di Castello, il Vescovo di Macerata ha proseguito: “Il Signore mi ha fatto un bel regalo nella vita, soprattutto nella mia vita di parroco: mi ha fatto vedere tante volte il miracolo del restauro, sia di questa immagine, sia della Madonna di Donatello, che chiamavano ‘la Madonna brutta’ e poi è stata attribuita a Donatello. Ma anche il restauro, bellissimo, con i miei seminaristi, del nostro Seminario regionale. Il restauro insegna una cosa: sotto quello che sembra brutto e che sembra valere poco, c’è qualcosa di prezioso. La Chiesa – ha detto ancora mons. Marconi – deve essere restaurata, ma da sempre, dal giorno dopo la Pentecoste. Avanti! Dobbiamo restaurare la Chiesa, tutta, e lo Spirito ci aiuta”.

Infine il Vescovo ha da subito dato un esempio di quello che è il suo stile – come ha ricordato anche il card. Gualtiero Bassetti, nell’omelia – e ha affermato: “Quello che è stato raccolto oggi va per le necessità della Caritas e per le persone che hanno bisogno, perché bisogna fare così”.

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In attesa di Francesco. Gli umbri e l’omaggio al loro santo che è Patrono d’Italia https://www.lavoce.it/in-attesa-di-francesco-gli-umbri-e-lomaggio-al-loro-santo-che-e-patrono-ditalia/ Thu, 26 Sep 2013 13:29:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=19332 santa-maria-deli-angeli-assisi-porziuncolaQuest’anno a rappresentare i Comuni d’Italia nell’offerta dell’olio per la lampada votiva per San Francesco, Patrono d’Italia, è la Regione Umbria che pertanto si recherà, rappresentanze delle Istituzioni e fedeli, in pellegrinaggio alla Porziuncola, alla Cappella del Transito e alla Tomba che conserva il corpo del Poverello.

La venuta ad Assisi di papa Francesco proprio il 4 ottobre ha messo in secondo piano nella attenzione della gente il fatto dell’offerta dell’olio e del pellegrinaggio popolare secondo a tradizione diffusa e affermata che riesce a muovere folle di pellegrini dalle regioni d’Italia.

Per l’Umbria è come fare un pellegrinaggio rimanendo in casa, perché Assisi e san Francesco per gli umbri sono familiari e spesso visitati. Si aggiunga che molte città e paesi hanno ricordi e tracce di passaggi di san Francesco. E tuttavia questa occasione dovrebbe essere vissuta in modo deguato per prendere coscienza della grande responsabilità che si assume con questo omaggio devozionale al Patrono d’Italia. Ciò significa che anche questa regione, con il suo santo, deve sentirsi convintamente impegnata a promuovere l’attaccamento alla patria, nella convinzione che ciò possa essere scevro di nazionalismo e patriottismo retorico e fatuo.

Un richiamo ad amare il proprio Paese di cui gli italiani sono i più critici e denigratori. Abbiamo fatto la fortuna cinematografica descrivendo ed anche esasperando e facendo circolare nel mondo i nostri vizi e le nostre miserie, fatte oggetto di riso e di sarcasmo. Tra l’orgoglio e il disprezzo della propria nazione si dovrebbe trovare la giusta misura della dignità e del risptto dei nostri avi, delle nostre opere d’arte, del genio italico e non scambiare l’Italia di Leonardo e Dante con l’Italia della mafia, camorra e nefandezze varie fino al bunga bunga.

L’Umbria con i suoi 92 comuni, due province, otto diocesi, con tutte le sue realtà produttive deve rendere omaggio al santo che oltre ad essere patrono spirituale, rende famosa nel mondo la nostra terra e produce anche un fatturato di grande rilievo nell’ambito del turismo religioso.

San Fancesco pur non essendo conosciuto come un taumaturgo che opera miracoli e guarigioni attrae moltitudini di fedeli che non si stancano mai di risentire sempre come nuova la meravigliosa leggenda francescana. Questo per gli umbri è il senso dell’offerta dell’olio.

L’Umbria francescana

Sabato 28 settembre (ore 10.30), presso il salone d’onore di Palazzo Donini viene presentato il volume Umbria. T0erra francescana, a cura di Andrea Maiarelli (Edizioni Porziuncola). La pubblicazione ha lo scopo di mostrare come il Francescanesimo non abbia nell’Umbria solo la propria culla, ma come l’eredità di fede, cultura e arte lasciata da Francesco d’Assisi operi ancora nella società attuale. Interverranno: Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbria, mons. Gualtiero Bassetti, presidente della Ceu, il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Andrea Maiarelli, curatore del volume.

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Un Pastore e teologo che ha dato frutti https://www.lavoce.it/un-pastore-e-teologo-che-ha-dato-frutti/ Thu, 01 Aug 2013 08:17:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18541 Mons. Gualtiero Sigismondi con mons. Giovanni Benedetti
Mons. Gualtiero Sigismondi con mons. Giovanni Benedetti

Recensire o anche solo segnalare un volume di 816 pagine sembra cosa impossibile. Ed è anche arduo consigliarne la lettura. Si deve dire però che non si tratta di un romanzo di cui debba essere seguita la trama. Di questo libro si possono leggere capitoli, brani, persino articoli che hanno un senso compiuto. Si tratta di una specie di silloge o summa per chi riesce a scoprirne il senso, il filo conduttore e la impostazione teologica dell’Autore. Chi invece non ha questo desiderio o possibilità troverà una raccolta ricchissima di riflessioni, di indicazioni teologiche e pastorali di spiccata qualità. L’autore, infatti, è il vescovo di Foligno Giovanni Benedetti che ha esercitato il ministero pastorale dal 1976 al 1992 e da allora emerito, che ha dedicato la maggior parte della sua vita allo studio e all’insegnamento della teologia.

Nella seconda e nella terza di copertina vi è una breve sintesi delle sue opere e del suo orientamento filosofico e teologico. Basti dire che è stato sempre in dialogo con la filosofia moderna e contemporanea e non ha avuto remore o timidezze nel confrontarsi con autori lontani dalle posizioni cristiane. Una illustrazione della personalità e una valutazione dell’opera di ricerca di mons. Benedetti sono presenti nella impegnata prefazione dell’attuale vescovo di Foligno Gualtiero Sigismondi e nei commenti dei concittadini Antonio Buoncristiani, arcivescovo di Siena che è stato vicario generale di Benedetti e del card. Giuseppe Betori che ha scritto una Postfazione. L’ampiezza e la complessità del volume è stata composta in una struttura ordinata attraverso la collocazione del materiale in quattro grandi sezioni che riguardano Questioni di Fede, La Tradizione cattolica, La Chiesa nella storia, La parola del vescovo. Segue poi una breve sezione, la quinta, intitolata “Catechesi del quotidiano”, in cui sono riportati 23 articoli che Benedetti ha scritto per La Voce. È ovvio dire che è un motivo di vanto per lo scrivente e per il nostro settimanale, aver pubblicato questi e altri articoli nella rubrica “Parola di Vescovo” che riporta ogni settimana un intervento di un vescovo locale e rimane tuttora un punto di eccellenza di questo settimanale regionale umbro. All’interno delle sezioni, il curatore Mario Sensi, cui va tutta l’ammirazione per il lavoro svolto e la fatica che si è assunto, e il merito di farsi pubblicare questa voluminosa opera dalla Libreria Editrice Vaticana, ha operato una serie di divisioni in capitoli che rendono più agevole la lettura. Un esempio tra tutti è la prima sezione nella quale troviamo undici ampi capitoli che affrontano temi attuali di fede a partire dal Vaticano secondo, di cui offre una chiave di lettura che individua nel considerarlo non un edificio ben costruito da contemplare, quanto un cantiere di lavoro aperto al futuro. Da ciò si comprende in buona misura l’orientamento dinamico di un pastore e teologo che si è sempre trovato in primo piano sulla frontiera della fede e della ricerca. Recentemente il Papa Francesco ha detto che il vino quando è buono invecchiando migliora e diventa ancora più buono, mentre quando è cattivo invecchiando diventa aceto. Benedetti si è invecchiato nel senso migliore e non finisce di stupirci ancora, come quando insegnava teologia all’Istituto teologico di Assisi. Chi avrà l’opportunità di leggere brani di questo volume si accorgerà di quanto siano buoni i frutti dell’albero che ha profonde radici nella fede vissuta e nell’uso della intelligenza come traspaiono da queste pagine. Così scrive opportunamente mons. Sigismondi: “Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare quanto è retto il Signore, mia roccia”, applicato a mons. Benedetti che dopo la conclusione del ministero episcopale “ha riaperto una stagione fecondissima di pubblicista che ha portato molto frutto”. Sigismondi che invita a “sfogliare con attenzione”, nell’impegnativa prefazione non manca di indicare un metodo che sottende a tutto il lavoro di Benedetti e che si articola nella dinamica del pellegrinaggio intellettuale che comporta un esodo, facendo rilevare come sia metodo che esodo hanno il loro senso nell’odos, la via, l’itinerario, così bene illustrato da Bonaventura nell’Itinerarium mentis in Deum.

Giovanni Benedetti, La Chiesa in un mondo che cambia, a cura di Mario Sensi, Libreria editrice vaticana, 2012, pagg. 816, euro 48

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Boom di partecipanti dall’Italia https://www.lavoce.it/boom-di-partecipanti-dallitalia/ Thu, 18 Jul 2013 15:52:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18228 ragazzi-italiani-a-rioMancano pochi giorni all’inizio della Gmg di Rio de Janeiro, e nella città carioca fervono gli ultimi preparativi. Intanto da ogni parte del mondo i giovani hanno già raggiunto il Brasile. Gli italiani sono più di 7.500; con loro, oltre 40 vescovi e decine di sacerdoti. Quindici i “vescovi catechisti” italiani, tra cui il presidente e il segretario generale della Cei, il card. Angelo Bagnasco e mons. Mariano Crociata, il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e, dall’Umbria, l’arcivescovo di Perugia mons. Gualtiero Bassetti.

“L’Italia – commenta mons. Mariano Crociata – è il primo Paese europeo per numero di partecipanti, chiaramente dopo l’America Latina che è al primo posto. Siamo molto felici di questa partecipazione: nonostante i costi proibitivi dei biglietti aerei, la voglia di condividere questa settimana di preghiera e di festa, insieme a milioni di altri giovani provenienti da tutto il mondo, ha avuto la meglio. La Cei ha voluto andare incontro ai giovani che vivono in Italia, ma sono stati essi stessi ad autofinanziarsi in vista dell’incontro di Rio”.

Quali saranno le note più caratteristiche, distintive, della presenza azzurra a Rio?

“Il quartier generale degli italiani è come sempre Casa Italia che abbiamo voluto rendere, quest’anno in particolare, ancora più accogliente, davvero ‘casa’. Gli italiani a Rio possono trovare lì una porta sempre aperta per le loro esigenze. Inoltre mercoledì sera c’è stata la Festa degli italiani sulla vita di Gesù, con gli interrogativi che la sua persona suscita e le risposte che solo Lui sa dare”.

Per chi resterà in Italia le regioni ecclesiastiche hanno promosso delle vere e proprie Giornate regionali della gioventù. Qual è il significato di questi eventi?

“Di certo la condivisione. I giovani che restano vogliono sentirsi parte di questo grande evento di fede, vogliono condividere i momenti di preghiera, di riflessione e di festa. Nonostante l’ora tarda in Italia, la veglia sarà seguita in diretta da moltissimi giovani. Anche questo starà a mostrare come l’esperienza cristiana crea legami attorno alla fede, fa nascere comunità, suscita nuova vita e capacità di futuro”.

 

Sullo stesso argomento:

Da Tutto il mondo giovani a Rio, ospiti di un popolo generoso

La Rio di Papa Bergoglio

In parallelo alla Gmg, i giovani “a Bolsena con bRio”

Gmg 2013. Il messaggio dell’arcivescovo Boccardo ai giovani umbri

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Maria madre per tutti https://www.lavoce.it/maria-madre-per-tutti/ Thu, 30 May 2013 12:38:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17039 Foligno-anniversario-madonna-Pianto-maggio-2013Si sono concluse sabato 25 maggio in cattedrale le celebrazioni di apertura dell’Anno mariano per il III centenario dell’incoronazione della statua della Madonna del Pianto: a presiedere la messa, in una giornata caratterizzata dalla pioggia e da un freddo fuori stagione, è stato il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e originario della nostra diocesi. L’Eucaristia ha avuto inizio con il saluto del vescovo, mons. Gualtiero Sigismondi, che ha ricordato come anche nel 1713 la pioggia facesse temere il peggio, ma un’improvvisa schiarita rese possibili le celebrazioni. Poiché la liturgia si svolgeva nella solennità della Santissima Trinità, il card. Betori ha preso spunto dal mistero d’amore trinitario per presentare la Vergine Maria come colei che vive immersa nell’amore della Trinità. Al termine della messa, cessata la pioggia, si è svolta la processione. La venerata statua è stata riportata nella chiesa di Sant’Agostino, dove il card. Betori ha ricordato l’origine della devozione nei confronti della Madonna del Pianto, che la configura come la Madre di Dio che partecipa – con il pianto – alle vicende umane, mostrandosi “madre per tutti”, e l’ha collegata alla venerazione dei folignati, i quali sono soliti affidare alla Vergine Maria ogni loro gioia e preoccupazione.

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Il valore profondo del silenzio dentro cui “accade” la Parola https://www.lavoce.it/il-valore-profondo-del-silenzio-dentro-cui-accade-la-parola/ Fri, 08 Jun 2012 12:13:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=11267
Giuseppe Betori

Giovedì 31 maggio i sacerdoti delle otto diocesi della nostra regione si sono ritrovati a celebrare la loro annuale giornata di spiritualità presbiterale a Collevalenza, al santuario dell’Amore Misericordioso. È una tradizione che dura da alcuni anni ed ha avuto come maestri personaggi di grande rilevanza teologica e pastorale. Il nostro collaboratore Colasanto ne ha ricordati due che sono divenuti Papi, Albino Luciani divenuto Giovanni Paolo I, che dettò la meditazione nel 1974, e Joseph Ratzinger (oggi Benedetto XVI) nel 1984.

Quest’anno è venuto il cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, che ha fatto un gradito ritorno nella sua terra umbra. La sua meditazione ha preso lo spunto dalla lettera pastorale che ha inviato ai fiorentini, intitolata Nel silenzio la Parola. La prima riflessione, che poi si è snodata per tutto il discorso, è la relazione tra i due termini, che non devono essere considerati estranei l’uno all’altro, ma si richiamano e si integrano nel processo della comunicazione, che è fondamentale per creare la comunione.

La meditazione ha avuto momenti di grande profondità ed ha messo in luce la necessità di re-immergersi nel silenzio per dare significato e spessore alla parola. La parola, quella minuscola, e tanto più quella che si scrive con la maiuscola, “accade nel silenzio”, ha detto Betori. Ha commentato questo pensiero servendosi del testo del libro della Sapienza (18,14-15) usato dalla liturgia di Natale, in cui si evoca il grande silenzio nel quale si compie la rivelazione della Parola, l’incarnazione del Verbo. Nello stesso tempo la parola si apre al silenzio per il suo intrinseco limite e spinge verso la meditazione, la preghiera e l’adorazione. Ha citato anche autori antichi e moderni: Dante, Wittgenstein, Simone Weil, Mario Luzi, ed ha evocato la questione del “silenzio di Dio” ad Auschwitz. Di Simone Weil ha citato le due fonti che aprono al silenzio, e fanno rimanere muti e attoniti, senza parole: sono la sventura e la bellezza. La prima parola pronunciata da Adamo è stata di ammirazione per Eva.

Non si pensi che il discorso sia rimasto nelle sfere alte della riflessione, ma è calato nella concretezza dell’attività pastorale, come ad esempio nella celebrazione liturgica, dove si devono rispettare i momenti di silenzio e non aver la preoccupazione di riempire di parole o di suoni tutto il tempo, come se si avesse paura del silenzio quasi fosse un vuoto, una mancanza di qualcosa. Non si deve neppure pensare che la vecchia liturgia sia stata più rispettosa del silenzio, come alcuni dicono in polemica con la nuova liturgia, perché il celebrante parla sempre sottovoce, “bisbiglia per conto suo”.

Non potendo raccontare tutta la meditazione, suggeriamo di collegarsi al sito della diocesi di Firenze e scaricare la lettera pastorale dell’Arcivescovo.

Si deve purtroppo segnalare che il numero dei preti presenti non era il massimo, data la triste circostanza della morte di don Mario Curini, parroco di Norcia, oltre all’appuntamento a Orvieto per l’annuncio della nomina del nuovo Vescovo. In ambedue i casi sia i rispettivi Vescovi sia alcuni sacerdoti sono dovuti rimanere nelle loro sedi. L’incontro di Collevalenza, comunque è sempre molto gradito ed efficace per consolidare l’unione spirituale e pastorale del presbiteri delle diocesi umbre.

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Cubica, sì, proprio come la Gerusalemme celeste https://www.lavoce.it/cubica-si-proprio-come-la-gerusalemme-celeste/ Fri, 01 May 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7508 È stata inaugurata domenica pomeriggio (26 aprile) la nuova chiesa di Foligno, voluta dalla Conferenza episcopale italiana e disegnata dall’architetto di fama internazionale Massimiliano Fuksas. La solenne liturgia è iniziata alle 17 in punto sotto una pioggia battente, che non ha scoraggiato le centinaia di fedeli presenti. Le maestranze che hanno costruito la nuova chiesa hanno simbolicamente consegnato le chiavi dell’edificio al vescovo di Foligno mons. Gualtiero Sigismondi, che ha così aperto alla comunità le porte della chiesa. Accanto a monsignor Sigismondi, l’arcivescovo di Firenze mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei quando nel 2001 è stato approvato il progetto. Mons. Betori ha definito la nuova chiesa un simbolo della rinascita di Foligno dopo il terremoto del 1997 e un innovativo modello arte sacra, che proietta la spiritualità oltre i canoni classici.

Al suggestivo rito di apertura e alla solenne cerimonia dedicazione della chiesa era presente anche l’architetto Fuksas. Il progettista, piuttosto emozionato, ha detto di aver costruito a Foligno l’opera più intensa ed importante della propria esistenza. Il nuovo edificio sacro – un cubo di cemento armato alto 25 metri, costruito su un gioco di luci naturali che proietta lo sguardo verso l’infinito – è stato intitolato a San Paolo, l’apostolo delle genti. Sarà a servizio dell’unità pastorale “Giovanni Paolo II”, costituita dalle parrocchie di Budino, Cave, Maceratola, Fiamenga e San Giacomo, guidata dal parroco don Giovanni Zampa. “Nella tua casa, Signore, la santità risplenda: questa formula di benedizione – ha iniziato l’omelia mons. Sigismondi – riassume e interpreta il senso profondo del rito solenne con cui oggi dedichiamo a Dio, per sempre, questa casa della Chiesa. Quello che più colpisce – ha poi aggiunto – è il fatto che, nelle sue linee architettoniche, manifesta simbolicamente il mistero della Chiesa: casa del Dio vivente, fondata sulla roccia della fede di Pietro (cfr. Mt 16,18); colonna e sostegno della verità (cfr. 1Tm 3,15), edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti in Cristo Gesù, pietra angolare (cfr. Ef 2,20).Si tratta di un complesso edilizio che, essendo slanciato e proiettato verso l’alto, disegna un dialogo tra cielo e terra. Consente di intuire che la Chiesa pellegrina sulla terra si configura come vera e propria cripta della basilica della nuova Gerusalemme, la città santa che, come dice l’Apocalisse, ‘è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza’ (21,16). Immediatamente dopo l’autore sacro precisa che ‘la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali’, lasciando intendere che è a forma di cubo! Si tratta di un edificio di culto che, essendo inondato dalla luce del sole, i cui raggi entrano trasversalmente e verticalmente, vuole sottolineare che la Chiesa non brilla di luce propria, ma della luce di Cristo, Sole di giustizia”. E più avanti: “Questa casa della Chiesa, nella solidità della sua struttura e nella semplicità della sua architettura, sorge in un luogo dissodato dalla sofferenza procurata dal sisma del 1997… Si candida a diventare, non solo idealmente, campo base che invita tutti a sollevare lo sguardo. Questo nuovo complesso parrocchiale diventa punto di convergenza di diverse comunità cristiane, a cui viene affidata la responsabilità di disegnare l’architettura pastorale di un vasto territorio, che abbraccia più parrocchie, a cui viene chiesto non di recidere le proprie radici antiche ma di estenderle in uno spazio più ampio rispetto a quello offerto dal campo visivo del proprio campanile”.

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Il vescovo umbro Betori a Gubbio https://www.lavoce.it/il-vescovo-umbro-betori-a-gubbio/ Fri, 18 May 2007 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5872 Invitato calorosamente ed accolto con deferenza e amicizia dal vescovo Ceccobelli di Gubbio, mons. Giuseppe Betori, ormai in gran forma, dopo lo scampato pericolo e l’intervento chirurgico, ha partecipato con entusiasmo alla festa di sant’Ubaldo amato più di ogni altro patrono e festeggiato con la corsa dei Ceri.

Nella cattedrale eugubina, durante la celebrazione del pontificale, il Segretario generale della Cei ha tenuto l’omelia prendendo lo spunto da un brano sapienziale del libro del Siracide, nel quale si esalta il sommo sacerdote Simone (219-199 a. C.). Di lui si dice che “restaurò la casa di Dio, fortificò il santuario, pose le fondamenta per costruire un doppio muro che fa da contrafforte alla cinta del tempio. Sotto il suo pontificato si scavò un serbatoio per le acque, vasca così grande che sembrava un mare. Pieno di sollecitudine per evitare ogni male al suo popolo fortificò Gerusalemme contro le invasioni nemiche” (Siracide 50). Questo esempio biblico, secondo Betori, si applica bene al Patrono di Gubbio che nella sua vita ha esercitato il ministero sacerdotale tenendo desta la preoccupazione per il bene complessivo del popolo, avendo cura di rendere un servizio nello stesso tempo religioso e civile, e non esitando a sostenere la resistenza contro i nemici nel dramma dell’assedio che si concluse con un segno di croce del vescovo. Ciò è avvenuto in tempi più antichi quando i vescovi rappresentavano l’unica autorità, non solo spirituale, accreditata presso il popolo come defensor civitatis.

Anche nell’ultima guerra mondiale ci sono stati vescovi, come Beniamino Ubaldi di Gubbio che cercò di opporsi, offrendo se stesso, alla rappresaglia che fece strage di quaranta vittime innocenti o del vescovo di Assisi Placido Nicolini che si pose a difesa degli ebrei ricercati dai tedeschi nascondendoli nei conventi della città. Insomma, quello che si vuol dire è semplice: i vescovi amano il popolo e predicano, operano, si battono per il suo bene spirituale e materiale, oggi come ieri. È opportuno ricordare a molti distratti e smemorati il martirio di Oscar Romero (1980), arcivescovo di San Salvador, abbattuto dagli squadroni della morte governativi perché difendeva il popolo dai soprusi di una spietata dittatura. Per comprendere un’azione o un testo bisogna tenere bene accesi i fari per sapere dove ci troviamo, in quale contesto, con quale animo sono dettate quelle parole, il perché di tanta passione.

Chi conosce Betori, e siamo tanti in Umbria, e chi conoscer il suo passato tra i giovani del San Carlo di Foligno, i suoi studi biblici, gli anni del suo insegnamento, sa bene che nel suo animo non c’è astio verso nessuno. E tuttavia si sente impegnato a tenere desta l’attenzione all’oggi della Chiesa e della società. Si è domandato: che cosa attenta in modo particolare al bene del popolo, di questo popolo che è a Gubbio, in Umbria, in Italia, in Europa? E si è dato una risposta: il pericolo è l’abbandono dei valori e delle regole che rendono sano, giusto e felice un popolo. Per aver detto questo gli sono piovute addosso invettive feroci del tutto fuori luogo oltre che fuori misura. Si deve dire pacatamente ai coniatori di epiteti che, piaccia o non piaccia, i vescovi ritengono di dover fare tale azione educativa come una battaglia di cultura e di civiltà, svolgendo insieme la missione di pastori della Chiesa e la funzione di difensori della città, Defensores civitatis. La storia dirà.

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Don Berardi, parroco e direttore del settimanale con la passione missionaria https://www.lavoce.it/don-berardi-parroco-e-direttore-del-settimanale-con-la-passione-missionaria/ Fri, 20 Jun 2003 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3214 Fossato di Vico entra nei festeggiamenti per il 50′ anniversario del settimanale La Voce. L’incontro di sabato 21 può essere considerato “propedeutico” al vero e proprio cinquantennale, che cade alla fine di quest’anno e che vedrà protagoniste tutte le diocesi dell’Umbria. Si tratta de I venti anni de La Voce a Fossato di Vico: frammenti e ricordi nel cinquantennale della pubblicazione, incontro-dibattito promosso dal circolo Acli “Ora et labora” di Fossato di Vico per riportare alla memoria di chi ancora vagamente ricorda e delle nuove generazioni, che non ne hanno mai sentito parlare, che per vent’anni il piccolo comune appenninico fu sede di un settimanale che, a quei tempi, aveva più di 60.000 abbonati in Umbria e nelle regioni limitrofe.

Il ventennio della redazione fossatana de La Voce si realizzò quasi interamente sotto la direzione di mons. Antonio Berardi, vera anima del settimanale, con la sua passione per l’impegno diretto, anche politico, in un’epoca cruciale in cui il mondo culturale italiano era lacerato dalla lotta fra cattolici e marxisti. E, alla morte di mons. Berardi, pochi mesi la redazione restò a Fossato, prima di essere trasferita a Città di Castello e, quindi, a Perugia. Molte le adesioni all’iniziativa, sia da parte dei lettori di un tempo, sia da parte dei collaboratori. Fra le attestazioni più gradite giunte agli organizzatori, quella di mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei che in una lettera ricorda l’ammirevole dedizione con cui mons. Berardi diresse per vent’anni La Voce, “settimanale diffusissimo nelle chiese locali dell’Umbria e di altre regioni del Centro” che “costituì un prezioso strumento per promuovere concrete iniziative a sostegno delle missioni e per contrastare l’allora minacciosa ideologia marxista”. “Questa iniziativa” conclude mons. Betori “può costituire un’opportuna occasione per sostenere il settimanale e favorirne la diffusione”.

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Viaggio nei luoghi di Gesù, tra chiese di pietra e Chiese vive https://www.lavoce.it/viaggio-nei-luoghi-di-gesu-tra-chiese-di-pietra-e-chiese-vive/ Thu, 24 Apr 2003 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3095 Da Tel Aviv nel primo pomeriggio di martedì 22 aprile saliamo a Gerusalemme: siamo una ristretta delegazione della Conferenza episcopale italiana (Cei) composta da 9 vescovi, guidata da mons. Giuseppe Betori, segretario generale e accompagnata da un piccolo gruppo di giornalisti. Ho la gioia di parteciparvi anch’io, sono addirittura il decano (cioè il più anziano). Arrivati a Gerusalemme, la prima visita doverosa è al vescovo di quella Chiesa, il patriarca latino di Gerusalemme, sua beatitudine Michel Sabbah che ci riceve nel Palazzo patriarcale. Nel cordiale saluto, mons. Betori gli esprime il senso del nostro pellegrinaggio: preghiera, solidarietà, ecumenismo. Vivissimo il ringraziamento di Sabbah che da questa visita si sente come sollevato da quel sentimento di solitudine sofferta in questi ultimi tempi di guerra rotta solo dalla continua premura del Santo Padre. L’esodo dei cristiani dai luoghi santi Il Patriarca ringrazia per i consistenti aiuti già ricevuti dalla Cei e particolarmente perché spera che questa visita riapra la strada ai pellegrinaggi che servono a dare incoraggiamento e sostegno ai cristiani e a frenare la loro emorragia che rischia di lasciare i Luoghi Santi senza le comunità cristiane. La popolazione cristiana infatti sta diventando una parte sempre più esigua della popolazione del Paese rappresentando attualmente appena il due per cento. Questo esodo è determinato da una situazione insostenibile derivante dal conflitto araboisraeliano con i problemi connessi del pericolo, della casa, della disoccupazione, dello stato di isolamento trovandosi stretti i cristiani tra i due gruppi maggioritari, ebrei e musulmani. Insieme al Patriarca abbiamo affidato la nostra speranza al Signore recitando insieme il Padre nostro per la pace nella Terra di Gesù e in tutto il mondo. Alla visita al Patriarca è seguita la concelebrazione Eucaristica nella chiesa parrocchiale (in tutta Gerusalemme vecchia e nuova c’è un’unica parrocchia di quattromilacinquecento abitanti). Proprio la lettura liturgica degli Atti, che ricorda l’origine della comunità madre di Gerusalemme, mi ha dato lo spunto per l’omelia che come Presidente dell’Azione liturgica è toccato a me di tenere, ricalcando con commozione i versetti del salmo 87: “Il Signore scriverà nel libro dei popoli: là costui è nato; e danzando canteranno: sono in te tutte le mie sorgenti” e richiamando le linee architettoniche di quella comunità: l’insegnamento degli apostoli, la comunione fraterna, il pane spezzato dell’eucaristia e le preghiere, che sono diventate le linee normative di ogni autentica comunità cristiana. A Betlemme la visita alla basilica della Nativitàe all’UniversitàMercoledì 23 aprile partiamo presto per Betlemme; breve sosta al posto di blocco per la rituale ispezione da parte dei soldati israeliani e poi si prosegue con un largo giro, perché la via principale che passa davanti alla Tomba di Rachele è sbarrata, solo gli israeliani possono accedervi, e riprendiamo l’ultimo tratto della via Paolo VI: una desolazione, la via è deserta, le case sbriciolate dalle cannonate, i negozi chiusi. Arriviamo alla basilica della Natività, siamo soli, ma immediatamente circondati da cinque o sei venditori ambulanti che offrivano con insistenza la loro povera mercanzia: “Cinque euro, dieci euro; ho cinque figli, ho otto figli non hanno da mangiare”. Come si fa a far finta di non sentirli? Abbiamo la possibilità di celebrare l’eucaristia nella Grotta santa insieme ai frati di Betlemme; cantiamo in gregoriano la Messa degli Angeli intonando con commozione in questa Terra martoriata: “Gloria a Dio e pace agli uomini che Egli ama”. Ci viene poi offerta la colazione preso la scuola “Terra Santa School” tenuta dai Francescani e dalle suore di San Giuseppe, frequentata complessivamente da oltre duemila alunni, dalla materna alla maturità. Proprio quel giorno si sostenevano gli esami di maturità alla fine di corsi scolastici portati avanti tra i pericoli della guerra e del coprifuoco. Il direttore della scuola padre Ibrahim Faltas ci spiega la vita della scuola e la difficoltà delle famiglie di dare anche il minimo contributo. Supplisce la generosa carità dei Frati e una iniziativa di adozioni a distanza (362 euro annuali per adozione) nata tra le diocesi toscane. A padre Ibrahim, il francescano che agì da intermediario nei trentanove giorni di assedio della basilica della Natività, abbiamo chiesto dettagliate notizie di quei terribili giorni che vanno dal 2 aprile al 10 maggio 2002. In duemila anni tante le vessazioni subite alla Natività, non sono mancati nemmeno i martiri tra i francescani, ma non era mai accaduto che si posizionassero gruppi armati dentro e fuori la basilica. Di quei giorni è uscito un volume interessantissimo L’assedio alla Natività scritto da Giuseppe Bonavolontà, Marc Innaro e da padre Ibrahim che ne ha offerta una copia a ciascun vescovo con dedica particolare ad ognuno. Questa la mia: “A Mons. Bottaccioli, Pastore della Città dove san Francesco con il suo amore ammansì il lupo, con tanta amicizia e fraterno affetto”. Non lasciateci soliIl pranzo in convento con tutta la comunità francescana e con le suore: avevo davanti a me suor Lisetta che durante l’assedio ha curato i palestinesi feriti e suor Nunziatina che ha fatto miracoli per cucinare qualche cosa per loro. Erano presenti il Nunzio apostolico mons. Sambi, il Custode della Terra Santa padre Giovanni Battistelli, nativo di Spello, il sindaco di Betlemme, il cristiano palestinese Hanna Nasser. Un convivio di vera fraternità con scambi di saluti e di impegni. La preghiera più ripetuta: “Non ci lasciate soli”. Il pomeriggio abbiamo avuto modo di visitare l’Università di Betlemme tenuta dai Fratelli americani delle Scuole Cristiane e nata per volontà di Paolo VI nel 1973: ci ha rallegrato vedere tanti giovani, in maggioranza ragazze: 2200 studenti divisi in sette facoltà a prevalente indirizzo linguistico ed economico. Abbiamo poi visitato l’orfanatrofio di Suor Sophie e il Baby Hospital: non potevano mancare, qui dov’è nato il Bambino Gesù, queste iniziative di carità per i bambini. Tornando a Gerusalemme cordiale è stata la visita al Patriarca Armeno con il quale abbiamo anche pregato insieme. E’ stata la prima visita ecumenica. In serata ci ha ricevuto mons. Sambi, con il quale abbiamo cenato insieme al cardinale Carlo Maria Martini: interessante è stato l’aggiornamento sulla situazione. Ci saluta quindi fraternamente ringraziandoci per essere venuti e auspicando che ciascun vescovo italiano organizzi un pellegrinaggio dalla sua diocesi alla Terra Santa. L’incontro con il Consiglio pastorale parrocchialeGiovedì 24 aprile apriamo la giornata con la concelebrazione eucaristica al Santo Sepolcro presieduta dal card. Martini che, sottolineando nell’omelia con quale delicatezza Gesù Risorto ha aiutato gli apostoli e le pie donne a superare i dubbi e ad arrivare alla fede piena nella risurrezione, ci ha esortato a imitarlo nella comunicazione della fede agli uomini di oggi percorsi da tanti dubbi e da tante incertezze. Nella mattinata nuovi incontri ecumenici con la visita ai copti, ai monaci abissini e al Patriarca greco ortodosso che ha chiesto a mons. Betori di portare il suo saluto al Santo Padre. Nel pomeriggio visita alla parrocchia di San Salvatore. Incontriamo un consiglio pastorale molto vivo e partecipe in cui tutti hanno preso la parola dicendo la difficoltà e offrendo proposte con molta serietà; un oratorio pieno di ragazzi a cui attendono giovani animatori; l’Istituto Magnificat, una scuola di musica, con sette indirizzi: pianoforte, organo, composizione organistica, canto, composizione, musica didattica, canto gregoriano, musica corale e direzione di coro. Abbiamo pure gustato nel magnifico salone da 500 posti un programma di sonate classiche e un grazioso coro di ragazzi di folclore palestinese. In serata mi è riuscita una capatina al Muro del Pianto affollato di ebrei per la preghiera cui mi sono associato recitando nel cuore due salmi dell’Antico Testamento e due Inni del NuovoAppartamenti per le famiglie cristiane, povereVenerdì 25 aprile, ultimo giorno. Visita al Cenacolo, alla Tomba di Maria, alla Grotta del Tradimento, all’Orto degli Ulivi e nella basilica del Getsemani Concelebrazione presieduta dal Patriarca Michel Sabbah che ha voluto pregare con noi prima di salutarci. L’ultima visita è stata a Betfage dove la Custodia di Terra Santa sta costruendo appartamenti per le famiglie di cristiani, poveri, che poi consegna in affitto a bassissimo prezzo per evitare l’esodo. Nell’immediata vicinanza del Santuario si stanno costruendo 72 appartamenti: un vero quartiere che prende il nome da san Francesco, il cui costo preventivo supera i dieci miliardi di dollari. Siamo entrati a vedere due appartamenti: sono grandi, ariosi tenuto conto delle famiglie numerose, ma ci sono anche appartamenti più piccoli per anziani soli. Il piano fa parte di un programma più generale già attuato in tanta parte. Solo nella Città vecchia di Gerusalemme la Custodia ha 392 appartamenti messi a disposizione di altrettante famiglie cristiane. Altri appartamenti si sono costruiti a Bet Hanina (42), a Betania (20), a Er-Ram (18) frutto delle offerte dei pellegrini e dei cattolici di tutto il mondo. L’impegno dei vescovi “torniamo in Terra Santa” Mons. Betori facendo il bilancio della visita ha commentato: “Sono stati quattro giorni vissuti con un doppio sentimento: da un lato la tristezza perché in questi luoghi che fino a qualche tempo fa erano pieni di pellegrini provenienti da tutto il mondo, ora c’è il vuoto. Dall’altro la gioia per l’affetto con cui siamo stati accolti dalla comunità locale che benché piccola è molto attiva. Un affetto che ora richiede di essere ricambiato. Un primo modo potrebbe essere proprio quello di riprendere i pellegrinaggi dato che la situazione si è abbastanza normalizzata. Oltre ai pellegrinaggi continuerà l’aiuto che la Cei attraverso l’Otto per mille fornisce alle comunità locali”. Tutti insieme noi vescovi abbiamo detto che ci sia continuità al nostro pellegrinaggio e che va sconfitta la paura di partire. Io già mi sono impegnato per un pellegrinaggio diocesano nella prossima estate e di proporre al Servizio regionale di Pastorale giovanile iniziative di incontri tra nostri giovani e giovani cristiani di Terra Santa…

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L’ecumenismo riparte con nuovo slancio e molte idee https://www.lavoce.it/lecumenismo-riparte-con-nuovo-slancio-e-molte-idee/ Thu, 08 Nov 2001 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2043 Si è svolto a Roma il convegno nazionale dei delegati diocesani per l’ecumenismo, sul tema “La ripresa del dialogo ecumenico in Italia dopo il Giubileo ed in seguito alla Novo Millennio Ineunte e alla Charta Ecumenica”. Più di duecento i partecipanti per tre giorni (dal 5 al 7 novembre) segnati da un intenso programma fatto di relazioni, gruppi di studio e preghiera comune secondo la tradizione cattolica ed ortodossa (i vespri presieduti dal Vescovo di Piana degli Albanesi).

Ricca la rappresentanza umbra anche tra i relatori: mons. Giuseppe Chiaretti, presidente della Commissione episcopale, mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, mons. Elio Bromuri, delegato della diocesi di Perugia.

Sono intervenuti, tra gli altri, il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Gennadios Zervos, Metropolita ortodosso d’Italia. Il Convegno si è concluso con grande soddisfazione da parte degli organizzatori e dei partecipanti, perché ha visto la presenza di più di duecento delegati provenienti dalle diocesi italiane, molti dei quali nuovi e laici.

L’ecumenismo sembra aver raggiunto un livello di maturità e una diffusione di interesse che non aveva prima del Giubileo. L’Anno santo infatti sembra aver costituito una cesura, tanto che alcune chiese e comunità cristiane avevano proposto e realizzato un digiuno ecumenico ed avevano avanzato difficoltà. E tuttavia, come ha ricordato il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unione dei cristiani, anche durante il Giubileo vi sono stati passi in avanti costituiti da gesti significativi, come l’apertura della Porta santa di S.Paolo per la prima volta con la presenza attiva di rappresentanti di Chiese cristiane non cattoliche, incontri con patriarchi, richiesta di perdono e di riconciliazione.

Il Cardinale in una dettagliata relazione ha elencato e illustrato la situazione del cammino verso la piena unità dei cristiani ed ha indicato le “prospettive fondamentali per il futuro, un cammino ancora lungo, ma pieno di speranza”. Tra i fatti significativi per l’ecumenismo compiuti durante il Giubileo mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei ha descritto tutto il lavoro di diffusione della Bibbia in stretta collaborazione con la Società biblica in Italia e con il risultato, per dire solo un fatto, della consegna di un milione di copie del Vangelo di Marco in traduzione interconfessionale ai giovani radunati per la loro Giornata mondiale a Tor Vergata.

Il tema centrale del Convegno è stato la Charta ecumenica firmata dalle Chiese europee nell’aprile scorso, un testo che è offerto a tutti i cristiani del continente come un vademecum, o una bussola per orientarsi sul modo di favorire l’incontro, la comprensione e la riconciliazione e l’unità tra i battezzati. La Charta è stata presentata dal metropolita Ortodosso d’Italia Gennadios Zervos, dal presidente della federazione della Chiese evangeliche in Italia Gianni Long, dal vescovo segretario del Convegno Vincenzo Savio e dalla giovane, che è stata presente a Strasburgo in occasione della firma, Evelina Martelli.

I relatori hanno posto l’accento sulla necessità di una recezione del documento da parte delle Chiese per poterne fare uno strumento di crescita spirituale ed ecumenica delle comunità cristiane. Molte altre relazioni interessanti e profonde, come quella di mons. Lorenzo Chiarinelli sul Ministero di Pietro come servizio d’amore e quello sui matrimoni misti di don Mario Polastro.

Ma la parte più interessante ed innovativa è stata l’ampia carrellata delle esperienze locali che sono state solo una parte di quelle che avvengono realmente.Da Milano con il “forum” delle chiese cristiane, a Fano con i gemellaggi tra comunità parrocchiali cattoliche e non cattoliche, con la proposta che ogni parrocchia cattolica faccia un gemellaggio con una non cattolica, agli esercizi spirituali ecumenici dell’abbazia di Maguzzano, ai corsi di cultura a Torino, al centro ecumenico di Perugia, al centro di documentazione di Livorno e altri.

Introducendo la rassegna di queste varie esperienze ecumeniche mons. Paglia vescovo di Terni ha commentato in chiave ecumenica l’invito del Papa di prendere il largo, superando la situazione di stasi che spesso caratterizza le nostre diocesi, simili a navi incagliate nel porto. Particolare e necessario riferimento durante il convegno è stato fatto all’Islam per indicare il corretto atteggiamento da prendere nei confronti della dottrina della prassi e delle interpretazioni che, dopo l’11 settembre, si danno del mondo islamico complessivamente preso.

Non possiamo dire tutto in queste poche righe. Gli atti del convegno saranno raccolti nella Lettera di collegamento che si può richiedere alla Cei. Una parola di conclusione operativa è stata quella di investire nell’ educazione dei giovani e nella formazione dei fedeli perché l’ecumenismo è una dimensione dello spirito ed ha le sue radici nella preghiera al Padre: fa che siano una cosa sola (ut unum sint).

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Inaugurazione Anno accademico https://www.lavoce.it/inaugurazione-anno-accademico/ Thu, 18 Oct 2001 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=1189 Mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, ha inaugurato solennemente l’anno accademico (il XXXI) dell’Istituto teologico di Assisi. Mons. Betori, che è stato docente di Sacra scrittura dal 1974 fino allo scorso anno, preside dal 1982 al 1985, ha presieduto una concelebrazione eucaristica nella basilica di San Francesco venerdì 5 ottobre sottolineando la grande importanza che riveste per tutta la Chiesa questo fecondo centro di studi che ha già visto cinque ex docenti elevati alla dignità vescovile. In ordine di tempo, oltre al già citato, essi sono: Giovanni Benedetti, vescovo emerito di Foligno, già docente di (Filosofia fondamentale 71/75), Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, già segretario generale della Cei (Teologia dogmatica 71/85), Pietro Bottaccioli, vescovo di Gubbio, (Diritto canonico 86/89), Antonio Buoncristiani arcivescovo di Siena (Sociologia 86/94). Il rito si era aperto con il canto del “Veni Creator”, corale invocazione allo Spirito santo, sotto la cui protezione veniva posta la missione di coloro che primariamente assumono il compito e la grande responsabilità di dimostrare che la Chiesa è il volto di Dio in mezzo agli uomini. Il commento al libro del profeta Baruch ed al brano evangelico che ricorda l’invio in missione dei primi 72 discepoli ha consentito al celebrante una vera e propria “Lectio” intonata alla ricorrenza ed in cui si percepiva centrale il monito ad accogliere senza riserve l’interezza della verità cristiana: un imperativo che, lungo i sentieri del tempo, collega Betsaida e Cafarnao alle città del travagliato mondo contemporaneo. Nel saluto finale, prima della solenne benedizione, il vescovo Betori ha manifestato una acuta nostalgia dell’insegnamento svolto presso il Teologico di Assisi, ricordando i volti delle centinaia di studenti ai quali ora come allora ha rivolto l’esortazione a far tesoro della esperienza di studio, ancorché rigorosa e severa, durante la quale si edifica la persona per consolidarne la presenza nel mondo secondo il disegno e la volontà della Divina Provvidenza. Nello stesso giorno si è tenuta sotto la guida del preside mons. Vittorio Peri l’assemblea degli studenti che nello scorso anno avevano raggiunto la consistenza di 286 iscritti (220 uomini e 66 donne; 77 laici, 38 seminaristi, 7 presbiteri, 3 diaconi, 161 religiosi/e). L’andamento delle iscrizioni, aperte lo scorso 3 settembre ed ancora in corso, lascia intendere che questo numero sarà superato. Di questo ha preso atto con soddisfazione il vescovo Sergio Goretti, intervenuto in qualità di Presidente della Conferenza episcopale umbra. Il Presule ha definito i ministri del vangelo “sentinelle vigili” alle quali è affidato il compito di aiutare le persone a vivere il cambiamento in un mondo profondamente mutato, denso di incognite, in continua trasformazione. Questa consapevolezza è il fondamento dell’importanza della preparazione in questo luogo prezioso – il Teologico – che sta a cuore ai vescovi quale segno di unità della regione ecclesiastica umbra, di quella unità che, spesso, rimane ancora un obiettivo da conseguire piuttosto che una conquista da celebrare.

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L’ordinazione episcopale di mons. Giuseppe Betori nella cattedrale di S. Feliciano a Foligno https://www.lavoce.it/lordinazione-episcopale-di-mons-giuseppe-betori-nella-cattedrale-di-s-feliciano-a-foligno/ Thu, 10 May 2001 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=1540 In un clima di grande gioia e partecipazione domenica scorsa mons. Giuseppe Betori è stato consacrato Vescovo, ad un mese dalla nomina a Segretario generale della Cei successore di un altro umbro, mons. Ennio Antonelli nominato arcivescovo di Firenze. Sarà un vescovo un po’ speciale mons. Betori perché “il suo episcopato non è legato ad una Chiesa particolare ma è un servizio alla comunione delle Chiese che sono in Italia” , ha spiegato all’omelia il cardinale Camillo Ruini presidente della Cei. “Prendi il largo” è stato l’invito rivolto dal Papa al neo vescovo (la lettera papale di nomina è stata letta all’inizio della celebrazione), incoraggiandolo ad impegnarsi generosamente “a beneficio dei fratelli vescovi italiani, affinché a loro volta anche i fedeli conseguano il vero bene”. Il presbiterio della chiesa dedicata al martire Feliciano, evangelizzatore e fondatore della diocesi folignate, riusciva appena a contenere i numerosi sacerdoti concelebranti (di Foligno, ma anche amici e collaboratori di Betori presso l’istituto Teologico di Assisi dove ha insegnato Sacra Scrittura e alla Cei) ed i vescovi delle diocesi umbre e numerosi altri (circa trenta in tutto) che hanno imposto le mani al momento dell’ordinazione. Hanno svolto la funzione di consacranti, assieme al card. Ruini, i vescovi Arduino Bertoldo di Foligno, Ennio Antonelli, Antonio Buoncristiani, folignate, di Porto-Santa Rufina ed il vescovo emerito di Foligno Giovanni Benedetti. Ruini ha espresso la “soddisfazione e l’intima gioia dei vescovi italiani e di coloro che lavorano negli uffici della Conferenza episcopale italiana” per la nomina di mons. Betori, del quale ha ricordato le qualità intellettuali e personali che lo rendono particolarmente capace di svolgere il prezioso servizio richiestogli dal Papa. “E’ importante – ha detto Ruini – che il vescovo segretario sia veramente capace nella evangelizzazione, nel dialogo con la cultura, con chi non condivide la nostra fede, che sia capace di accoglienza, gentilezza e concretezza”. Di mons. Betori Ruini ha ricordato il suo essere conoscitore della Sacra Scrittura, ma anche guida di tanti giovani (soprattutto presso l’Istituto San Carlo di Foligno). Betori, ha proseguito, è stato un collaboratore diligente anche della Conferenza episcopale italiana, dapprima come direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, quindi, come sottosegretario. Tra i tanti compiti svolti dal neo-vescovo Ruini ha ricordato la fattiva collaborazione prestata per l’organizzazione del Convegno ecclesiale di Palermo del 1995 e della Giornata mondiale della gioventù dello scorso anno. All’omelia ha fatto seguito la liturgia dell’ordinazione: la promessa dell’eletto, l’invocazione ai santi con il canto delle Litanie, l’imposizione delle mani da parte dei vescovi presenti, l’unzione crismale, la consegna del libro del Vangelo segno del compito fondamentale del vescovo che è “dispensatore della Parola di Dio” e la consegna delle insegne episcopali: l’anello, sigillo dell’intima unione e di fedeltà alla Chiesa; il pastorale, segno del governo fatto di servizio, amore e fedeltà alla Chiesa ed al Signore; la mitra, simbolo della santità di vita. La cattedrale di San Feliciano, a Foligno, era stracolma di tantissime persone che hanno saputo apprezzare l’operato di don Giuseppe Betori che è stato, tra l’altro, parroco, assistente dell’Azione cattolica, segretario del sinodo diocesano. Mons. Betori è Vescovo titolare di Falerone, un’antica diocesi marchigiana, dove operò il beato Pellegrino, uno dei primi seguaci di Francesco. Proprio da quelle parti il Santo di Assisi capì che doveva intraprendere il viaggio verso la Terra Santa e di dialogare anche con musulmani che l’avevano conquistata. Un segno, per mons. Betori, che già in passato non ha disdegnato il dialogo ecumenico e interreligioso. Proteso al nuovo impegno pastorale il segretario generale della Cei ha confermato la volontà di servire soprattutto la comunione delle Chiese che sono in Italia.

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