Giovanni Falcone Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giovanni-falcone/ Settimanale di informazione regionale Tue, 21 Jul 2015 11:05:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Giovanni Falcone Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giovanni-falcone/ 32 32 Corruzione? C’è chi dice no https://www.lavoce.it/corruzione-ce-chi-dice-no/ Fri, 06 Mar 2015 12:46:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30758 Palermo, una grande e nobile città, una capitale europea e mediterranea con una ricchissima storia, ha più volte offerto lo spettacolo di realtà e tendenze contrapposte, con avvenimenti tragici che hanno avuto un enorme peso sulla storia del nostro Paese. Dopo la tragica fine di Falcone e Borsellino, la città ha cominciato a sviluppare una lotta decisa e aperta alla mafia e a ogni forma di sopruso, sfacciata o coperta. In questi giorni è al centro delle cronache perché un suo illustre e stimato cittadino, che risponde al nome di Roberto Helg, 78 anni, presidente della Camera di commercio e vice presidente della società Gesap che gestisce l’aeroporto Falcone-Borsellino, nonché cavaliere del lavoro, è stato rinchiuso in carcere perché trovato con le mani nel sacco. Ha preteso una mazzetta di 100 mila euro per favorire il rilascio di una concessione per un punto di ritrovo all’interno dell’areoporto di Palermo. Normale fattaccio di corruzione, si dirà. Ne avvengono tanti e ovunque, non solo a Palermo.

Sappiamo di Milano, di Roma e di tante altre realtà pubbliche e private. Il popolo italiano onesto sembra quasi rassegnato, limitandosi a passeggere indignazioni. D’altronde, che cosa potrebbe fare? Coltivare e incentivare la denuncia da parte non solo delle vittime dei soprusi, ma di tutti quelli che sanno che sono venuti a conoscenza di fatti delinquenziali? Promuovere la delazione, come accadeva nella Repubblica di Venezia dove era stata aperta nel palazzo ducale una buca in cui ogni cittadino poteva infilare lettere anonime di denuncia? Così si creerebbe una “politica del sospetto” di tutti contro tutti, e una grande, forse impossibile, fatica a discernere il vero dal falso. Ma nella vicenda di Roberto Helg la cosa che più sconvolge è che fino al giorno prima era considerato un paladino dell’onestà, un teorico della lotta contro la mafia e ogni altra forma di malaffare; era l’uomo che invitava le vittime a denunciare i loro aguzzini. I giornali hanno riportato abbondanti stralci di discorsi da lui pronunciati con enfasi e visibile partecipazione emotiva, dando l’idea di essere l’uomo più convinto e deciso nella strategia della moralizzazione della Sicilia e dell’intero Paese.

Ricordate quanto scritto nell’ultimo numero de La Voce? “Giù la maschera”. Ci siamo. Ma non basta. Dobbiamo purtroppo dire che, oltre ad avere una maschera, queste persone sono al buio dentro se stesse, persone “perse”, con una coscienza chiusa nella gabbia della menzogna, detta – prima che a chiunque altro – a se stessi. Il danno che provoca una vicenda come questa è la diffusione della sfiducia. Non c’è da credere più a nessuno e a niente, le parole sono gusci vuoti di sincerità e di verità. Un danno morale e psicologico che frena la crescita umana, soprattutto nei giovani, e quindi anche un danno sociale.

A questa storia voglio accostarne però un’altra, brevissima, che pochi conoscono ed è un paradigma della bontà e onestà sommersa che spesso solo il buon Dio conosce. Un giovane funzionario del Congo, in un posto di responabilità, avrebbe dovuto dare il via libera a una grande partita di riso avariato da immettere nel commercio. Si è rifiutato anche dopo promesse e minacce. Si chiama Floribert Bwana-Chui, aveva 21 anni; è stato ucciso a Goma, in Congo, dopo essere stato atrocemente torturato. Non ha ceduto alle lusinghe e alle promesse. È considerato un santo. Apparteneva, da laico, alla Comunità di Sant’Egidio. Chi volesse saperne di più può trovare notizie cercando in Rete “Partita di riso avariata”. Il fatto è avvenuto nella notte tra l’8 e il 9 giugno 2007. Di fronte a questo giovane africano, martire della fede e dell’onestà, o meglio, della fede operosa che genera virtù e santità, c’è da vergognarsi per le grandi e piccole forme di falsità e compromesso della vita. E nello stesso tempo si è indotti a non darsi per vinti, ma continuare ad avere speranza.

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Resistere all’avanzata della mafia, si può https://www.lavoce.it/resistere-allavanzata-della-mafia-si-puo/ Fri, 19 Dec 2014 15:06:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29548 Volontari durante la raccolta delle patate a Pietralunga in un terreno gestito da Libera
Volontari durante la raccolta delle patate a Pietralunga in un terreno gestito da Libera

“Le mafie avanzano quando è basso il livello di allerta della società civile” afferma Walter Cardinali, coordinatore regionale di Libera. “Quello che è accaduto nella nostra regione – secondo Cardinali – è sintomatico di un’aggressione invisibile e lenta. Le mafie si fermano e si sconfiggono solo se c’è una diffusa consapevolezza e corresponsabilità, un ‘noi’ che rafforza la legalità e il senso della comunità”. “Corresponsabilità” e “noi” che sono mancati nel caso di quei cittadini e imprenditori umbri che “hanno taciuto di fronte alle minacce e alle violenze della ’Ndrangheta, e che hanno vinto la paura – ha detto Cardinali – solo quando hanno sentito sicura la presenza, attorno a sé, di carabinieri e magistrati. Bisogna aumentare la vigilanza, fare sì che denunce di questo tipo arrivino fin dall’inizio, prima che si producano danni gravi alla economia e alla società. Le vittime – ha sottolineato – saranno più pronte alla denuncia e collaborazione se sentiranno la vicinanza e il sostegno non solo degli inquirenti, ma anche delle istituzioni locali e di tutta la società regionale”. In Umbria – aveva detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti -, a differenza di altre realtà, non sono emersi collegamenti con la politica e la pubblica amministrazione. Un fatto sicuramente positivo, che però non può fare dimenticare recenti vicende giudiziarie non ancora concluse come “Appaltopoli” (‘bustarelle’ e favori per l’aggiudicazione di appalti pubblici) e “Sanitopoli” (assunzioni e altro, con imputati come l’ex governatrice Maria Rita lorenzetti). “Accogliamo con soddisfazione le dichiarazioni del procuratore sulla estraneità della politica” ha commentato Fabrizio Ricci, referente del presidio di Libera a Perugia intitolato ad Antonio Montinaro, uno dei poliziotti della scorta di Giovanni Falcone ucciso nella strage di Capaci. Tuttavia – ha continuato Ricci – “chiediamo alle Amministrazioni pubbliche la massima trasparenza nelle procedure per l’aggiudicazione degli appalti perché vicende come quelle di ‘Appaltopoli’ e ‘Sanitopoli’ ci preoccupano. Rischiano infatti di creare un humus favorevole per corruzione e illegalità. In questo senso, è fondamentale l’impegno di Confindustria e delle altre associazioni imprenditoriali per una vigilanza più attenta”.

Quali sono i segnali e i campanelli di allarme del ‘pericolo mafia’ che devono metterci in guardia? Prima di tutto – ha detto Ricci – la grande disponibilità di soldi. Quello che al venditore, soprattutto in tempo di crisi economica, può sembrare un affare (il prezzo dell’immobile o del negozio spropositato rispetto al mercato) è invece uno strumento delle mafie per investire proventi di traffici illeciti e penetrare nell’economia locale, inquinandola con la concorrenza sleale (lavoro nero, ma anche minacce e danneggiamenti) agli imprenditori onesti. Altro campanello d’allarme sono i prestiti facili ad aziende e persone in difficoltà, con tassi però da usura. È uno degli strumenti più usati dalle mafie per impadronirsi di beni e attività economiche. A volte l’approccio è amichevole e apparentemente disinteressato. A Ponte Felcino, ad esempio, da alcuni anni veniva segnalata la presenza di un gruppo di persone che passavano la giornata in bar e locali pubblici. Prima comportandosi da ‘amici’, poi cominciavano a non pagare più le consumazioni, disturbavano le attività e facevano minacce più o meno esplicite, fino a offrire la loro ‘protezione’. Alcune di queste persone sono nella lista degli arrestati dell’operazione “Quarto passo”. Ci sono tanti altri segnali di allarme di presenze delle mafie, come negozi e attività commerciali che continuano a cambiare di proprietà, o che aprono o chiudono in pochi mesi. Attività imprenditoriali avviate al di fuori di ogni logica di mercato, e che evidentemente nascondono altre finalità, come quella del riciclaggio di illeciti guadagni.

Libera già nel 2012 aveva redatto una inquietante mappa degli incendi dolosi in Umbria, dove il fuoco aveva distrutto auto, negozi e anche una discoteca. La Commissione di inchiesta del Consiglio regionale sulla criminalità organizzata e le tossicodipendenza ha proposto la costituzione di una sorta di intelligence sul problema delle infiltrazioni nel tessuto economico umbro e un monitoraggio sui passaggi di proprietà degli esercizi commerciali. Cittadini e istituzioni devono affiancare magistratura e forze di polizia in questa vigilanza contro il pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata. “Però quello che fa più male alle mafie – ha sottolineato Ricci – è quando vengono colpite nel loro patrimonio” con la confisca dei beni degli affiliati. Purtroppo le procedure sono ancora troppo complesse e lunghe. In Umbria – ha detto Ricci – ci sono 25 proprietà confiscate. Si tratta di terreni, supermercati ed esercizi commerciali, appartamenti e immobili vari che devono ancora avere una utilizzazione sociale. Un primo risultato è stato ottenuto a Pietralunga nella proprietà sequestrata al clan De Stefano. Un immobile con 90 ettari di terreno, dove quest’ anno per la prima volta i volontari di Libera hanno coltivato patate, poi vendute durante la Marcia della pace Perugia-Assisi. “L’utilizzo sociale dei beni delle mafie, quando funziona – ha detto Ricci -, dimostra ai cittadini che quei beni che la mafia ha sottratto con violenze e illegalità oggi creano posti di lavoro e sono una fonte di ricchezza per la comunità. Insomma sono un esempio di buona economia contro la crisi e per l’affermazione della legalità”. Anche se – è opportuno ripeterlo – per difficoltà burocratiche, ancora troppi di questi beni formalmente confiscati restano inutilizzati, o addirittura continuano a rimanere nella disponibilità di persone che sono o dovrebbero essere in galera.

 

Chi è “Libera”

Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è nata nel 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Presidente è don Luigi Ciotti, già fondatore del gruppo Abele di Torino; presidente onorario è Nando Dalla Chiesa, figlio del gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa che fu ucciso nel 1982 a Palermo dalla mafia. All’associazione si collegano Libera Terra, che vende prodotti (li si trova alla Coop) frutto del lavoro di giovani che, riuniti in cooperative sociali, coltivano terreni confiscati ai boss. Per promuovere il turismo responsabile è da poco nata “Libera il g(i)usto di viaggiare”. In Umbria, Libera è attiva da una decina di anni; è articolata in 10 presìdi territoriali, ha circa 500 soci e collabora con associazioni, gruppi e scuole.

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Laboratori anti-mafia https://www.lavoce.it/laboratori-anti-mafia/ Thu, 11 Jul 2013 11:00:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17991 casa-della-gioventu-di-rasiglia-foligno“La lotta alla mafia non si può fermare a una sola stanza … la lotta alla mafia deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere […]”, una frase diventata celebre, pronunciata da Giovanni Falcone durante il suo trasferimento a Roma. Una frase che ci ricorda che c’è qualcuno che ogni giorno lotta per vedersi riconosciuto un diritto umano: la libertà. La Caritas diocesana di Foligno insieme ai Presidi Libera di Foligno e Spoleto hanno promosso per martedì 16 luglio LAM_01: Laboratori-Anti-Mafia. La Casa della gioventù di Rasiglia diventerà palcoscenico di temi importanti: Donne e mafia, le Agromafie, Teatro e mafia, Gioco d’azzardo e mafia, la Legalità, la giustizia e le esperienze di vita. Questi i laboratori/workshop che verranno coordinati da alcuni ragazzi di Libera. Grandi temi per grandi scopi. Divertirsi condividendo temi che nascono nell’ombra e non possono e non devono rimanere invisibili. Alle ore 21 poi la Società dello Spettacolo, insieme a C.L. Crugher e Michelangelo Bellani, metterà in scena Infami – Venti storie di ordinaria antimafia. Lo spettacolo è tratto dall’omonimo libro scritto da Alfonso Russi, in cui racconta la sua esperienza di lotta alla malavita organizzata, vissuta in prima linea nella terra gestita dalla ‘ndrangheta. Una giornata di condivisione, ma anche di riflessione, per trasformare le nostre azioni in un “agire sociale dotato di senso”, e contribuire a sconfiggere questo fenomeno anche attraverso l’informazione e la presa di coscienza. Siete tutti invitati a partecipare, basta iscriversi entro il 12 luglio. La Giornata inizierà alle ore 14.30 con la registrazione ai laboratori, a cui seguirà un dibattito sui temi che verranno trattati, la cena e lo spettacolo (per partecipare l’offerta minima è di 10 euro). È possibile anche prendere parte solo alla cena e allo spettacolo (offerta minima 8 euro). Per info ufficiostampa@caritasdiocesanafoligno.it.

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Un’idea bislacca? https://www.lavoce.it/unidea-bislacca/ Thu, 30 May 2013 15:18:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17105 DON ANGELO fanucciSì, proprio bislacca, ho pensato in un primo momento, l’idea che mi è venuta qualche giorno fa. “Bislacca” nel senso corrente più accreditato: “stravagante”. Stravagante, ma non del tutto sciocca, come potrebbe suggerire l’etimologia messa a punto da Isabella Vaj, che fa risalire il vocabolo a bislaco, epiteto che nella notte dei tempi i veneziani appiopparono ai friulani e agli slavi dell’Istria, storpiatura dello sloveno beziak = sciocco.

L’idea stravagante è questa: perché, dopo don Puglisi (“Me l’aspettavo!”, e sul volto aveva il sorriso di chi prende in giro qualcuno), la mia Chiesa non beatifica anche Falcone e Borsellino? Scusatemi, ma da qualche giorno vivo sotto shock; da quando, qualche giorno fa, ho visto in tv, per la seconda volta, la fiction televisiva su Falcone e Borsellino. Ho provato di nuovo, vivido come se l’avessi incassati ieri, il dolore di quei due tremendi pugni nello stomaco: per Falcone mentre, da Papone a Manfredonia, ancora continuava l’interminabile pranzo di nozze di Caterina e Manlio; per Borsellino nel primo pomeriggio di una luminosa domenica di sole trascorsa con i miei “ragazzi”, su, a ridosso di Ranco Giovannello, sopra Campitello di Scheggia, dove 62-60 anni fa, in estate, il Seminario minore di Gubbio allestiva per noi adolescenti una splendida vacanza in tenda. Quel 22 maggio 1992 che vide l’auto di Falcone saltare in aria sull’autostrada, e quel 19 luglio in cui un’auto di piccola cilindrata imbottita di tritolo sventrò via D’Amelio e uccise Borsellino, rimasi come stordito. Oggi, rivisitando i due eventi in tv, ho pianto come un bambino.

Miei coetanei: Puglisi era del ’37, io sono del ’38, Falcone del ’39, Borsellino del ’40. Amici che non hanno fatto in tempo né ad operarsi di prostata, né a farsi collocare un paio di stent nelle coronarie, né a combattere il diabete con fiumi di insulina. Mi affascinano irresistibilmente. Quando sento Giovanni Falcone che, come se si trattasse di qualcun altro, parla di se stesso come di “un morto che cammina”, quando vedo Paolo Borsellino recarsi tutti giorni, dopo il 22 maggio, alla stessa ora nella stessa edicola ad acquistare il giornale e nello stesso bar per sorbire un caffè, con la vana speranza che gli sparino a quell’ora e la sua scorta possa salvarsi, penso: la mia Chiesa, che con il Concilio ha recuperato il primato del proprio servizio a quel mondo che Dio “ama e custodisce con immenso amore” (V Preghiera eucaristica), non potrebbe inventarsi – che so io? – una “canonizzazione parallela”, per dire a tutti che, sì, a volte la prassi cristiana di questi uomini lasciava a desiderare, ma la loro vicinanza a Cristo nel cuore della scelta di Cristo, che è quella di mettere la vita al servizio dei propri fratelli, costi quello che costi, compresa la vita, era totale.

Bislacca, la mia idea? Nelle mie preghiere io continuo a raccomandarmi anche a Giovanni e Paolo.

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La mafia all’assalto dell’Umbria https://www.lavoce.it/la-mafia-allassalto-dellumbria/ Thu, 24 Mar 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9232 L’Umbria deve fare i conti con la mafia. Non è quella descritta nelle fiction, ma ormai è una realtà penetrata in diversi settori: rifiuti, edilizia, riciclaggio. Nel corso della 16a Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, che si è svolta a Perugia, Antonella Duchini, sostituto procuratore della Repubblica di Perugia, ha ricordato che “l’Umbria non è più l’isola felice citata ancora da qualcuno. Viene considerata dalle organizzazioni mafiose come un territorio appetibile perché non a rischio, al pari della bassa Toscana. È diventata meta finale della tratta degli esseri umani: qui vengono concentrati veri e propri criminali per organizzare ad esempio la prostituzione sulle strade. C’è poi il fenomeno della infiltrazione economica, con una presenza sul territorio umbro diffusa, radicata e non episodica”. Pochi giorni fa il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, si era espresso in questo senso nel corso di un incontro a Foligno. L’iniziativa è stata promossa dal Consiglio regionale, anche attraverso la Commissione sulle infiltrazioni mafiose in Umbria presieduta da Paolo Brutti, ed è stata conclusa dagli studenti di alcune scuole perugine che hanno presentato una performance in ricordo delle vittime delle mafie. “Noi tutti – ha detto il presidente del Consiglio regionale, Eros Brega – dobbiamo impegnarci a seguire l’esempio di uomini come Borsellino e Falcone, insieme al sacrificio e alla testimonianza delle tantissime persone uccise dalle mafie”. L’assessore regionale Fabrizio Bracco ha osservato, fra l’altro, che “dobbiamo essere convinti che il lavoro di indagine della magistratura e delle forze dell’ordine in genere avrà successo solo se le istituzioni saranno pronte a rispondere con fermezza al primo segnale, alla prima avvisaglia di infiltrazioni. È questo il modo migliore di festeggiare il 150° dell’Unità d’Italia”. Per Paolo Brutti, presidente della Commissione regionale antimafia, “non c’è qui la mafia dei quartieri di Palermo, ma segnali di infiltrazioni che si notano nella acquisizione di aree fabbricabili, immobili e attività commerciali, dai negozi al turismo: il tutto pagato con mezzi finanziari non controllati. La società umbra, per sua natura sana, si manifesta impreparata ad arginare le infiltrazioni, come se non ne avesse percezione. Dalle nostre audizioni è emerso che settori fondamentali come il credito e le attività commerciali hanno mostrato pigrizia e non hanno dato ancora un fattivo contributo, almeno all’avvio dell’attività della Commissione”.

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Spostando l’accento https://www.lavoce.it/spostando-laccento/ Thu, 30 Jul 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7750 Spostando l’accento le cose cambiano, oh! se cambiano!! Io l’ho verificato due volte di fila, in questa torrida estate, così inadatta alle verifiche, una in negativo e una in positivo. In negativo lo spostamento d’accento riguarda il nostro Presidente del Consiglio. Si sa che molto spesso, mentre lui era seduto alla scrivania presidenziale, entrava un commesso e gli diceva: ‘Signor Presidente, c’è qui un cubano’; e lui: ‘Lo faccia accomodare’. Poco dopo entrava di nuovo: ‘Signor Presidente, c’è qui un cinese’; e lui: ‘Lo faccia accomodare’. E più avanti: ‘Signor Presidente, c’è qui un lituano’; e lui: ‘Lo faccia accomodare’. Ma un bel giorno il commesso motu proprio spostò l’accento, e invece di dire: ‘Signor Presidente, c’è qui un lèttone’ disse ; ‘Signor Presidente, c’è qui un lettòne’ e lui: ‘Ah! Quello di Putin!!’.La mia informativa si ferma qui. Ma il seguito, anche secondo quanto (finalmente!) dice Avvenire, non è stata un bella cosa. In positivo. Per me invece gratificante fino alla commozione è stato lo spostamento d’accento operato da Agnese Borsellino nell’intervista che il 19 luglio, nel 17’anniversario dell’assassinio di suo marito Paolo da parte della mafia, ha rilasciato a Giovanni Minoli. Intervista bellissima, proprio perché spostava l’accento dal ricordo personale custodito nel silenzio alla testimonianza affettuosa, e dal giudice agli ‘angeli custodi’, i cinque agenti della sua scorta, morti con lui. Era in assoluto la prima intervista che la signora Borsellino’rilasciava.Mi sentivo interiormente scosso al pensiero di come, dentro una situazione tipicamente istituzionale, in quel rapporto fra magistrato e scorta che in genere s’immagina ingessato, ufficiale, potessero fiorire sentimenti così vivi, affettuosi, delicati, ad onta dell’ipoteca pesantissima del nuovo, inevitabile colpo mortale da parte della mafia, atteso giorno dopo giorno. Poi Agnese ha rivelato un particolare che io non avevo mai sentito da nessun altro: il giudice Paolo, a mano a mano che passavano quei 57 giorni che avrebbero diviso la sua dalla morte di Giovanni Falcone, aveva mantenuto l’abitudine di uscire ogni mattina alla stessa ora, provocatoriamente, allo scoperto; a prendere un caffè, a comprare il giornale. In realtà si esponeva ai cecchini della mafia. ‘Eccomi, eccomi!’: forse lo cantava in chiesa, la domenica, ma in quelle mattinate il suo essere totalmente indifeso esprimeva la speranza che lo uccidessero lì, davanti al bar, davanti all’edicola: così sarebbero stati risparmiati i suoi ‘angeli custodi’. Ma la mafia voleva anche loro. E li ebbe. È eccessivo il sogno che la nostra Chiesa annoveri un giorno tra i suoi santi anche questi eroi civili? Oppure la santità e il martirio debbono seguire sempre e soltanto lo schema collaudato da duemila anni di esperienza di Chiesa? Il clichet che ce li ha resi cari dovrà essere sempre lo stesso?

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Base scout su un terreno confiscato alla mafia https://www.lavoce.it/base-scout-su-un-terreno-confiscato-alla-mafia/ Thu, 28 Aug 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6903 Ragazzi contro la mafia. Sono le centinaia di scout italiani che da giugno ad agosto sono arrivati a Palermo, al Fondo Micciulla, per contribuire alla realizzazione di un sogno che ha il sapore della legalità e della libertà: far nascere in un terreno confiscato alla mafia la base scout internazionale ‘Volpe astuta’. Tra loro anche 12 ragazzi del clan Puez ’85 del gruppo Agesci Terni 9 – parrocchia Immacolata Concezione (zona Polymer) che, accompagnati da due capi, sono stati in Sicilia dal 1’al 10 agosto. Insieme a oltre 300 ragazze e ragazzi di tutta Italia, tra i 16 e i 20 anni, provenienti da oltre 30 gruppi dell’Associazione guide e scout cattolici italiani (Agesci) hanno contribuito alla realizzazione del ‘sogno’ nato il 20 giugno 1992 quando, dopo l’assassinio del giudice Giovanni Falcone, l’Agesci organizzò insieme al giudice Paolo Borsellino una grande fiaccolata e una veglia nel capoluogo siciliano, con la partecipazione di oltre 2 mila scout giunti a Palermo da tutta la penisola. Alla fine di quella silenziosa e intensa marcia, nella chiesa di San Domenico, ricordando l’amico Giovanni, Paolo Borsellino, consegnò agli scout dell’Agesci un ‘testimone’, un rotolo di pergamena contenente le Beatitudini, e nell’affidarlo disse di farlo fruttare e di impegnarsi concretamente. Fondo Micciulla è il segno tangibile di quella promessa, che l’Agesci intende rispettare. La base ‘Volpe astuta’, meglio conosciuta come ‘Fondo Micciulla’ o anche ‘Stanza dello scirocco’, è stata affidata in via definitiva nell’aprile 1999 all’Agesci Palermo – zona Conca d’oro dal Comune di Palermo, come bene confiscato alla mafia, per portare avanti un progetto destinato a base internazionale scout. Nel 1981 fu proprio Giovanni Falcone a porre sotto sequestro il Fondo Micciulla. Tante le cose da fare e i servizi da portare a termine nei giorni di permanenza a Fondo Micciulla per gli scout presenti: potatura degli agrumi, intonacatura delle pareti, costruzione della recinzione e della segnaletica, della guaina del forno, drenaggio delle fontane, sistemazione delle mura esterne, ripulitura dei rovi. Un luogo di lavoro, ma anche di incontro, dibattito tra i ragazzi dell’Agesci presenti a Palermo e alcuni testimoni dell’impegno per la legalità come Rita Borsellino, Lirio Abbate, il questore di Palermo e i ragazzi di ‘Addio pizzo’. Un impegno che va avanti, con vigore, energia nonostante gli ‘inviti’ a fermare tutto il progetto non siano tardati ad arrivare. L’ultimo proprio il giorno prima di ferragosto, quando qualcuno si è introdotto nella base e nell’arco di un’ora ha bucato le mura del fabbricato, deturpando con delle scritte le pareti intonacate da poco. A differenza del precedente blitz, non sono stati registrati furti agli attrezzi. La risposta dell’Agesci è stata pronta: i lavori per la realizzazione della base non si fermano, e dal 1’al 7 settembre alla base arriveranno 30 ragazze e ragazzi di tutta italia per dare vita ad un ‘cantiere nazionale’ di lavoro sulla legalità. La base ha un fabbricato in ristrutturazione e circa 3 ettari di terreno. All’interno esiste un monumento unico nel suo genere, la ‘Stanza dello scirocco’ da cui si dipartono due quanat, canali sotterranei dell’antico acquedotto arabo, già restaurato e restituito alla cittadinanza dalla Sovraintendenza ai monumenti della Regione. Il fabbricato, come da progetto di ristrutturazione, sarà utilizzato per convegni e incontri sulla legalità.

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La scuola contro la Piovra https://www.lavoce.it/la-scuola-contro-la-piovra/ Thu, 04 May 2006 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=5135 Chissà cosa avrebbe detto sul fenomeno mafioso don Luigi Ciotti, il pomeriggio del 27 aprile scorso, ai numerosi studenti seduti presso la Sala consiliare del Comune di Città di Castello, se la sua partecipazione non fosse stata impedita per la scomparsa di una persona a lui cara. L’incontro, dal titolo ‘Le mafie ieri e oggi’, organizzato dalla Consulta provinciale degli studenti di Perugia per iniziativa del Presidente Leonardo Esposito, pur segnato dall’assenza del noto sacerdote (fondatore dell’associazione Libera), è stato tuttavia un momento di riflessione e di approfondimento per conoscere attentamente il tema della mafia. Dopo i saluti del sindaco tifernate Fernanda Cecchini, sono stati proiettati due interessanti filmati: uno parlava del giornalista siciliano Peppino Impastato ucciso dalla mafia per le sue coraggiose e scomode inchieste radiofoniche, il secondo riproponeva una puntata de La storia siamo noi’ di Giovanni Minoli sulla vita dei giudici palermitani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, entrambi vittime di stragi mafiose. Al termine si è aperto un vivace dibattito, cui hanno preso parte Manuela Comodi, magistrato di Perugia, e Lorenzo Baldi, vicedirettore del mensile Animafia2000. ‘Il sistema mafioso non c’è solo in Sicilia – ha detto la Comodi – ma è radicato in tutto il Paese. La mafia, oltre a commettere reati di estorsione (esigere il ‘pizzo’) uccide ogni oppositore e imbonisce, prezzolandolo, qualsiasi uomo che la favorisca. Il rifiuto della mafia deve essere netto’. Il giornalista Baldi, sfogliando la cronaca, denuncia ‘i gravi casi in cui la politica si schiera con la mafia, a discapito della libertà e della salute dei cittadini. Bisogna esecrare ogni uomo politico con una condanna pendente per associazione mafiosa. Da qualche anno la mafia non commette stragi perché è stata esaudita anche attraverso una legislazione a lei favorevole’. L’alternativa a tutto ciò è l’impegno quotidiano per la formazione di una vera e propria cultura della giustizia sociale; in questo il ruolo della scuola è determinante, per cui è opportuno ridare centralità ai luoghi dove si produce sapere e dove si formano le persone. Soddisfazione per la manifestazione anche da uno degli organizzatori tifernati, Cristian Goracci, ex presidente della Consulta: ‘Il fatto che la Consulta provinciale degli studenti abbia scelto la nostra realtà per lo svolgimento dell’iniziativa, ha significato un riconoscimento di non poco conto per gli sforzi compiuti dall’Amministrazione comunale nel campo della cultura e della formazione giovanile’.

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