giovani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giovani-2/ Settimanale di informazione regionale Fri, 15 Nov 2024 10:19:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg giovani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giovani-2/ 32 32 Anspi Umbria. Il nuovo presidente è don Mirko Nardelli https://www.lavoce.it/anspi-umbria-nuovo-presidente-don-mirko-nardelli/ https://www.lavoce.it/anspi-umbria-nuovo-presidente-don-mirko-nardelli/#respond Fri, 15 Nov 2024 10:08:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78546 I sei membri del direttivo Anspi Umbria, cinque uomini, e una donna a destra, in piedi sullo sfono un crocifisso di legno attaccato alla parete

L’Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia) è una realtà di grande valore nel panorama delle attività giovanili e sociali in Italia. Fondata nel 1965 da mons. Battista Belloli “prete degli oratori”, l’associazione intende dare piena legittimità agli oratori di operare nel tessuto sociale per l’educazione integrale dei giovani. Per stimolare la crescita culturale e spirituale delle nuove generazioni, l’associazione si impegna quotidianamente a sostenere le parrocchie e le comunità locali attraverso attività educative, formative e ricreative.

Le attività di Anspi

Ogni anno, migliaia di ragazzi e giovani adulti prendono parte ai progetti Anspi, che spaziano da eventi di aggregazione giovanile a momenti di formazione spirituale, sociale e civile. Le attività che l’Anspi promuove mirano a fornire un contesto sano e stimolante, che favorisca lo sviluppo della personalità dei giovani, incoraggiandoli a diventare cittadini attivi e responsabili. Attraverso i vari “zonali” – sedi locali distribuite sul territorio – l’Anspi offre anche un importante supporto alla Pastorale giovanile delle diocesi italiane, agendo come una vera e propria rete di solidarietà che unisce l’aspetto educativo a quello religioso. La missione dell’associazione si fonda sulla convinzione che la crescita spirituale dei giovani sia fondamentale non solo per la loro vita personale, ma anche per la comunità in cui vivono.

A Gubbio si è tenuta l'assemblea regionale Anspi Umbria

Proprio in questo contesto, il 5 novembre scorso si è svolta, presso l’oratorio Don Bosco di Gubbio, l’assemblea regionale dell’Anspi Umbria, un evento importante per il futuro dell’associazione nella regione. L’assemblea ha visto la partecipazione dei presidenti delle cinque sedi zonali Anspi dell’Umbria, che hanno discusso delle attività svolte finora e tracciato le linee guida per i progetti futuri. L’incontro è stato anche il momento per eleggere il nuovo presidente, che guiderà l’associazione regionale nei prossimi quattro anni.

Nuovo presidente Aspi Umbria don Mirko Nardelli

Ad essere scelto per questo incarico è stato don Mirko Nardelli, giovane sacerdote della diocesi di Gubbio, già noto per il suo impegno nella Pastorale giovanile e per la sua funzione di vice cancelliere della diocesi. La sua nomina è stata accolta con entusiasmo dai membri dell’associazione, poiché don Nardelli rappresenta una figura capace di coniugare l’esperienza pastorale con l’energia giovanile.

Il nuovo Consiglio

Il nuovo consiglio è composto ad oggi dal presidente don Mirko Nardelli, il vice presidente Sergio Eugeni presidente in carica dello zonale di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, il tesoriere don Riccardo Pascolini, presidente in carica dello zonale di Perugia-Città della Pieve, il segretario Luca Scimmi, presidente in carica dello zonale di Terni e dai consiglieri don Luca Lepri, presidente in carica dello zonale di Gubbio e don Marcello Cruciani presidente in carica dello zonale di Orvieto-Todi. Lo zonale di Perugia ha poi un delegato nella persona di don Daniele Malatacca.

Il nuovo ciclo che inizia in coincidenza con l’anno giubilare, si presenta come un’opportunità per consolidare i legami tra i giovani e la Chiesa locale.

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I sei membri del direttivo Anspi Umbria, cinque uomini, e una donna a destra, in piedi sullo sfono un crocifisso di legno attaccato alla parete

L’Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia) è una realtà di grande valore nel panorama delle attività giovanili e sociali in Italia. Fondata nel 1965 da mons. Battista Belloli “prete degli oratori”, l’associazione intende dare piena legittimità agli oratori di operare nel tessuto sociale per l’educazione integrale dei giovani. Per stimolare la crescita culturale e spirituale delle nuove generazioni, l’associazione si impegna quotidianamente a sostenere le parrocchie e le comunità locali attraverso attività educative, formative e ricreative.

Le attività di Anspi

Ogni anno, migliaia di ragazzi e giovani adulti prendono parte ai progetti Anspi, che spaziano da eventi di aggregazione giovanile a momenti di formazione spirituale, sociale e civile. Le attività che l’Anspi promuove mirano a fornire un contesto sano e stimolante, che favorisca lo sviluppo della personalità dei giovani, incoraggiandoli a diventare cittadini attivi e responsabili. Attraverso i vari “zonali” – sedi locali distribuite sul territorio – l’Anspi offre anche un importante supporto alla Pastorale giovanile delle diocesi italiane, agendo come una vera e propria rete di solidarietà che unisce l’aspetto educativo a quello religioso. La missione dell’associazione si fonda sulla convinzione che la crescita spirituale dei giovani sia fondamentale non solo per la loro vita personale, ma anche per la comunità in cui vivono.

A Gubbio si è tenuta l'assemblea regionale Anspi Umbria

Proprio in questo contesto, il 5 novembre scorso si è svolta, presso l’oratorio Don Bosco di Gubbio, l’assemblea regionale dell’Anspi Umbria, un evento importante per il futuro dell’associazione nella regione. L’assemblea ha visto la partecipazione dei presidenti delle cinque sedi zonali Anspi dell’Umbria, che hanno discusso delle attività svolte finora e tracciato le linee guida per i progetti futuri. L’incontro è stato anche il momento per eleggere il nuovo presidente, che guiderà l’associazione regionale nei prossimi quattro anni.

Nuovo presidente Aspi Umbria don Mirko Nardelli

Ad essere scelto per questo incarico è stato don Mirko Nardelli, giovane sacerdote della diocesi di Gubbio, già noto per il suo impegno nella Pastorale giovanile e per la sua funzione di vice cancelliere della diocesi. La sua nomina è stata accolta con entusiasmo dai membri dell’associazione, poiché don Nardelli rappresenta una figura capace di coniugare l’esperienza pastorale con l’energia giovanile.

Il nuovo Consiglio

Il nuovo consiglio è composto ad oggi dal presidente don Mirko Nardelli, il vice presidente Sergio Eugeni presidente in carica dello zonale di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, il tesoriere don Riccardo Pascolini, presidente in carica dello zonale di Perugia-Città della Pieve, il segretario Luca Scimmi, presidente in carica dello zonale di Terni e dai consiglieri don Luca Lepri, presidente in carica dello zonale di Gubbio e don Marcello Cruciani presidente in carica dello zonale di Orvieto-Todi. Lo zonale di Perugia ha poi un delegato nella persona di don Daniele Malatacca.

Il nuovo ciclo che inizia in coincidenza con l’anno giubilare, si presenta come un’opportunità per consolidare i legami tra i giovani e la Chiesa locale.

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Missione giovani: le testimonianze di chi ha partecipato https://www.lavoce.it/missione-giovani-le-testimonianze-di-chi-ha-partecipato/ https://www.lavoce.it/missione-giovani-le-testimonianze-di-chi-ha-partecipato/#respond Fri, 01 Nov 2024 17:00:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78388 I giovani con i frati francescani in piazza IV Novembre intorno alla Fonta aMaggiore, sullo sfondo Palazzo dei Priori

La “Missione giovani” si è conclusa, ma ha lasciato segni, e semi, nella vita dei giovani, dei missionari e di quelli che si sono lasciati coinvolgere dal loro invito, ma anche nella vita della comunità ecclesiale che si è preparata per il “dopo missione”.

Segni e semi nei giovani partecipanti alla Missione

Avvicinare una persona sconosciuta per strada per proporgli un discorso che riguarda la fede. Quanti si vergognerebbero a farlo? Tanti, quasi tutti. Anche Francesca e Elena, due ragazze che hanno partecipato alla Missione giovani, e che nonostante la preparazione fatta nei mesi precedenti, al momento di andare hanno dovuto superare timidezza e “vergogna”, spinte e sostenute dai missionari adulti che accompagnavano i giovani. Le incontro a metà missione, giovedì pomeriggio nella “base” dei missionari, la chiesa di Elce. Hanno appena concluso la preparazione fatta di preghiera e indicazioni logistiche per andare per le strade a portare l’annuncio.

La timidezza di Francesca, poi superata

“All’inizio è stato molto complesso e mi ‘buttavano i frati’, - racconta Francesca - cioè nel senso proprio mi dicevano vai, ferma la persona, parla. Invece adesso è una cosa che sento molto più mia anche perché ho capito quanto sia importante soprattutto quando abbiamo iniziato a fare le serate al Teatro Pavone: ho visto i ragazzi venire poi all’adorazione che quando uscivano avevano una luce immensa e bellissima negli occhi. Vederli così, soprattutto alcuni di cui conoscevo le storie mi spinge ad andare ancora adesso. È stato bellissimo e lo rifarei altre mille volte”.

... e quella di Elena, "che ha dovuto rompere il ghiaccio"

Anche Elena all’inizio ha dovuto “un po’ rompere il ghiaccio anche con me stessa”. Ma poi, racconta, “davvero riesci a essere te stesso con tutti, con tutta la gente che incontri perché è proprio bello vedere la disponibilità dei giovani che hanno accolto quasi tutti l’invito anche se poi non tutti sono venuti, o sono rimasti soltanto per una parte di serata. La prima sera sono stata fuori dal teatro e sono usciti tre ragazzi che dentro sentivano un po’ caldo e non ce la facevano più a respirare, e sono rimasti fuori a parlare con noi sulla serata, sulla vita in generale, su argomenti del più e del meno, come quando tra amici si rimane fuori dopo la messa a parlare”.

Sperimentare che si può entrare in relazione con l'altro

Ma, “la cosa più bella” che le ragazze si portano nel cuore, e che ha segnato la loro vita, “non è stato tanto portare un annuncio”, che pure hanno fatto, ma è l’aver sperimentato che si può, ed è bello, “entrare in relazione con l’altro”, come dice Francesca. E Francesca si porta nel cuore “tanta gioia e tanta speranza” perché, spiega, “a noi può sembrare inutile fare inviti a gente scelta a caso, che non conosciamo, però Dio sa che frutti porterà questa piccola settimana in un tempo molto più grande”. E sottolinea che “‘è stato fondamentale” questo “fermarsi per strada a parlare con loro, dargli il loro spazio, dargli la parola, dargli l’occasione di esprimersi in un ambiente libero, senza pregiudizi, senza costrizioni, creare questo luogo dove i giovani si sono sentiti ascoltati”.  Negli occhi di Francesca e Elena c’è la luce di chi ha sperimentato la bellezza di un incontro.

Segni e semi della Missione nella comunità

La Missione giovani è una “azione” di Chiesa. Promossa dalla diocesi e nello specifico dagli uffici pastorali che si occupano dei giovani, ha però cercato di coinvolgere la comunità ecclesiale, dalle parrocchie alle associazioni, gruppi e movimenti, non solo giovanili. Un coinvolgimento che si è concretizzato nella fase di invito ai giovani a partecipare, nelle giornate della Missione con i sacerdoti che si sono messi a disposizione per le confessioni o che hanno accompagnato i ragazzi della parrocchia alle catechesi tenute al Pavone. Un coinvolgimento che si fa ancor più coinvolgente in questo “postmissione” con i percorsi attivati soprattutto a Perugia, ma non solo, ai quali sono stati invitati tutti i giovani contattati nei giorni della missione.

Il primo seme

Il primo seme piantato nella comunità ecclesiale è, “prima di tutto la comunione vissuta in questa Missione giovani, cioè di poter stare tra ragazzi, frati, sacerdoti di varie parrocchie, di varie realtà, di varie associazioni” , commenta don Simone Sorbaioli, vicario per la pastorale, che nel tempo della Missione ha condiviso le sue giornate con i missionari.  “La missione accende un fuoco che dopo va tenuto vivo” e “a noi - aggiunge don Sorbaioli - viene chiesto di accompagnare i tanti giovani incontrati in questi giorni di annuncio, in quello che chiamiamo il ‘post missione’. Sabato all’ultima catechesi verrà fatto un invito a proseguire un cammino nelle varie occasioni di nuova evangelizzazione per i giovani, 16 preparate nelle parrocchie o nelle associazioni, che prenderanno avvio nella settimana successiva alla conclusione della Missione”.

Il post-missione è appena iniziato. Il cammino prosegue nella comunità diocesana che il 23 settembre sarà convocata in assemblea. Ma tra i frutti c’è già il rafforzamento della collaborazione tra le pastorali che si occupano dei giovani.

L'omelia dell'arcivescovo Ivan Meffeis

“Un po’ tutti abbiamo respirato quel clima di fraternità e di condivisione dell’annuncio missionario del Vangelo che ci ha uniti e che rimane un patrimonio da coltivare e da valorizzare”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva della “Missione Giovani” che si è svolta a Perugia dal 18 al 27 ottobre. Domenica mattina l’ultimo appuntamento in una gremita cattedrale di San Lorenzo. In chiesa i giovani missionari e tanti dei giovani incontrati nei giorni della missione.

“Chiediamo al Signore - ha detto il vescovo Ivan all’omelia - un cuore che sappia ascoltare il grido di tanti e sappia restituire un riflesso di quella luce, di quella speranza che Dio ci ha donato. Affinché questa luce e questa speranza non si offuschino, vi proponiamo di scegliere un cammino con cui continuare e valorizzare il tesoro di questa “Missione Giovani”, perché non resti semplicemente un ricordo”. Nel postmissione 16 proposte per proseguire il cammino, a cominciare da mercoledì 31 ottobre presso la chiesa dell’abbazia di San Pietro a Perugia.

Il calendario completo è pubblicato sul sito diocesi.perugia.it/

 
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I giovani con i frati francescani in piazza IV Novembre intorno alla Fonta aMaggiore, sullo sfondo Palazzo dei Priori

La “Missione giovani” si è conclusa, ma ha lasciato segni, e semi, nella vita dei giovani, dei missionari e di quelli che si sono lasciati coinvolgere dal loro invito, ma anche nella vita della comunità ecclesiale che si è preparata per il “dopo missione”.

Segni e semi nei giovani partecipanti alla Missione

Avvicinare una persona sconosciuta per strada per proporgli un discorso che riguarda la fede. Quanti si vergognerebbero a farlo? Tanti, quasi tutti. Anche Francesca e Elena, due ragazze che hanno partecipato alla Missione giovani, e che nonostante la preparazione fatta nei mesi precedenti, al momento di andare hanno dovuto superare timidezza e “vergogna”, spinte e sostenute dai missionari adulti che accompagnavano i giovani. Le incontro a metà missione, giovedì pomeriggio nella “base” dei missionari, la chiesa di Elce. Hanno appena concluso la preparazione fatta di preghiera e indicazioni logistiche per andare per le strade a portare l’annuncio.

La timidezza di Francesca, poi superata

“All’inizio è stato molto complesso e mi ‘buttavano i frati’, - racconta Francesca - cioè nel senso proprio mi dicevano vai, ferma la persona, parla. Invece adesso è una cosa che sento molto più mia anche perché ho capito quanto sia importante soprattutto quando abbiamo iniziato a fare le serate al Teatro Pavone: ho visto i ragazzi venire poi all’adorazione che quando uscivano avevano una luce immensa e bellissima negli occhi. Vederli così, soprattutto alcuni di cui conoscevo le storie mi spinge ad andare ancora adesso. È stato bellissimo e lo rifarei altre mille volte”.

... e quella di Elena, "che ha dovuto rompere il ghiaccio"

Anche Elena all’inizio ha dovuto “un po’ rompere il ghiaccio anche con me stessa”. Ma poi, racconta, “davvero riesci a essere te stesso con tutti, con tutta la gente che incontri perché è proprio bello vedere la disponibilità dei giovani che hanno accolto quasi tutti l’invito anche se poi non tutti sono venuti, o sono rimasti soltanto per una parte di serata. La prima sera sono stata fuori dal teatro e sono usciti tre ragazzi che dentro sentivano un po’ caldo e non ce la facevano più a respirare, e sono rimasti fuori a parlare con noi sulla serata, sulla vita in generale, su argomenti del più e del meno, come quando tra amici si rimane fuori dopo la messa a parlare”.

Sperimentare che si può entrare in relazione con l'altro

Ma, “la cosa più bella” che le ragazze si portano nel cuore, e che ha segnato la loro vita, “non è stato tanto portare un annuncio”, che pure hanno fatto, ma è l’aver sperimentato che si può, ed è bello, “entrare in relazione con l’altro”, come dice Francesca. E Francesca si porta nel cuore “tanta gioia e tanta speranza” perché, spiega, “a noi può sembrare inutile fare inviti a gente scelta a caso, che non conosciamo, però Dio sa che frutti porterà questa piccola settimana in un tempo molto più grande”. E sottolinea che “‘è stato fondamentale” questo “fermarsi per strada a parlare con loro, dargli il loro spazio, dargli la parola, dargli l’occasione di esprimersi in un ambiente libero, senza pregiudizi, senza costrizioni, creare questo luogo dove i giovani si sono sentiti ascoltati”.  Negli occhi di Francesca e Elena c’è la luce di chi ha sperimentato la bellezza di un incontro.

Segni e semi della Missione nella comunità

La Missione giovani è una “azione” di Chiesa. Promossa dalla diocesi e nello specifico dagli uffici pastorali che si occupano dei giovani, ha però cercato di coinvolgere la comunità ecclesiale, dalle parrocchie alle associazioni, gruppi e movimenti, non solo giovanili. Un coinvolgimento che si è concretizzato nella fase di invito ai giovani a partecipare, nelle giornate della Missione con i sacerdoti che si sono messi a disposizione per le confessioni o che hanno accompagnato i ragazzi della parrocchia alle catechesi tenute al Pavone. Un coinvolgimento che si fa ancor più coinvolgente in questo “postmissione” con i percorsi attivati soprattutto a Perugia, ma non solo, ai quali sono stati invitati tutti i giovani contattati nei giorni della missione.

Il primo seme

Il primo seme piantato nella comunità ecclesiale è, “prima di tutto la comunione vissuta in questa Missione giovani, cioè di poter stare tra ragazzi, frati, sacerdoti di varie parrocchie, di varie realtà, di varie associazioni” , commenta don Simone Sorbaioli, vicario per la pastorale, che nel tempo della Missione ha condiviso le sue giornate con i missionari.  “La missione accende un fuoco che dopo va tenuto vivo” e “a noi - aggiunge don Sorbaioli - viene chiesto di accompagnare i tanti giovani incontrati in questi giorni di annuncio, in quello che chiamiamo il ‘post missione’. Sabato all’ultima catechesi verrà fatto un invito a proseguire un cammino nelle varie occasioni di nuova evangelizzazione per i giovani, 16 preparate nelle parrocchie o nelle associazioni, che prenderanno avvio nella settimana successiva alla conclusione della Missione”.

Il post-missione è appena iniziato. Il cammino prosegue nella comunità diocesana che il 23 settembre sarà convocata in assemblea. Ma tra i frutti c’è già il rafforzamento della collaborazione tra le pastorali che si occupano dei giovani.

L'omelia dell'arcivescovo Ivan Meffeis

“Un po’ tutti abbiamo respirato quel clima di fraternità e di condivisione dell’annuncio missionario del Vangelo che ci ha uniti e che rimane un patrimonio da coltivare e da valorizzare”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva della “Missione Giovani” che si è svolta a Perugia dal 18 al 27 ottobre. Domenica mattina l’ultimo appuntamento in una gremita cattedrale di San Lorenzo. In chiesa i giovani missionari e tanti dei giovani incontrati nei giorni della missione.

“Chiediamo al Signore - ha detto il vescovo Ivan all’omelia - un cuore che sappia ascoltare il grido di tanti e sappia restituire un riflesso di quella luce, di quella speranza che Dio ci ha donato. Affinché questa luce e questa speranza non si offuschino, vi proponiamo di scegliere un cammino con cui continuare e valorizzare il tesoro di questa “Missione Giovani”, perché non resti semplicemente un ricordo”. Nel postmissione 16 proposte per proseguire il cammino, a cominciare da mercoledì 31 ottobre presso la chiesa dell’abbazia di San Pietro a Perugia.

Il calendario completo è pubblicato sul sito diocesi.perugia.it/

 
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Giovani che vanno a lavorare all’estero. E in Italia? https://www.lavoce.it/giovani-che-vanno-a-lavorare-allestero-e-in-italia/ https://www.lavoce.it/giovani-che-vanno-a-lavorare-allestero-e-in-italia/#respond Wed, 30 Oct 2024 17:24:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78358 una ragazza ripresa di fronte, conm la testa visibile a metà, con in mano un qiuaderno e sulle spalle uno zaino nero

Non è facile quantificare di preciso l’entità della cosiddetta “fuga di cervelli” dall’Italia all’estero, cioè quanti siano quei giovani (fino ai 34 anni) che fanno le valigie e se ne vanno all’estero a cercare miglior fortuna. Comunque, secondo uno studio presentato al Cnel dalla Fondazione Nord Est, in tredici anni, dal 2011 al 2023, circa 550 mila giovani italiani tra i 18 e 34 anni sono emigrati.

Il problema vero è che una fetta consistente di questa gioventù era assai ben formata: laureati di qualità (medici, ingegneri…) su cui il Paese aveva fatto un bell’investimento, ma i cui frutti saranno goduti da Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia. Queste le mete più gettonate.

Altro problema: questa diaspora non è compensata da altrettanti arrivi dall’estero. Sempre quel rapporto segnala che arriva un giovane straniero con ottima formazione ogni 8 italiani espatriati. La ragione è chiarissima: non ci sono in Italia le condizioni migliori per sviluppare una carriera lavorativa. Né per gli italiani, né per gli stranieri.

Retribuzioni iniziali quasi offensive, zero spazio ai più giovani in azienda, carriere lentissime, tassazione asfissiante. Giusto quindi cercare fortuna laddove si sa valorizzare sia la competenza che la freschezza. E chiaramente ha poco senso per un neo-medico tedesco venire a lavorare qui in Italia (a Bolzano, ad esempio), dove guadagnerà la metà che a casa propria.

Il recente Decreto flussi ha aperto le porte a quasi mezzo milione di lavoratori stranieri in tre anni: il via libera più imponente da decenni, ma già valutato da subito come insufficiente.  Ma qui stiamo facendo discorsi con lo ‘spannometro’: che tipo di lavoratori stranieri serviranno all’Italia del futuro? Di tutti i tipi: solo che badanti e autisti in qualche modo si possono trovare o inventare. Infermieri e ingegneri no. E senza infermieri, ad esempio, non funzionano le case di riposo o l’assistenza domiciliare.

In una recente selezione ai corsi universitari per infermieri in una città del Nord, su 98 posti disponibili si sono presentati 80 candidati: la selezione quindi è stata totalmente inutile, è passato anche chi aveva preso un punto su 100 alla prova d’esame. E poi non tutti gli 80 arriveranno alla meta. Speriamo quindi nella rapida invenzione di robot che sappiano fare iniezioni e medicazioni…

Nicola Salvagnin]]>
una ragazza ripresa di fronte, conm la testa visibile a metà, con in mano un qiuaderno e sulle spalle uno zaino nero

Non è facile quantificare di preciso l’entità della cosiddetta “fuga di cervelli” dall’Italia all’estero, cioè quanti siano quei giovani (fino ai 34 anni) che fanno le valigie e se ne vanno all’estero a cercare miglior fortuna. Comunque, secondo uno studio presentato al Cnel dalla Fondazione Nord Est, in tredici anni, dal 2011 al 2023, circa 550 mila giovani italiani tra i 18 e 34 anni sono emigrati.

Il problema vero è che una fetta consistente di questa gioventù era assai ben formata: laureati di qualità (medici, ingegneri…) su cui il Paese aveva fatto un bell’investimento, ma i cui frutti saranno goduti da Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia. Queste le mete più gettonate.

Altro problema: questa diaspora non è compensata da altrettanti arrivi dall’estero. Sempre quel rapporto segnala che arriva un giovane straniero con ottima formazione ogni 8 italiani espatriati. La ragione è chiarissima: non ci sono in Italia le condizioni migliori per sviluppare una carriera lavorativa. Né per gli italiani, né per gli stranieri.

Retribuzioni iniziali quasi offensive, zero spazio ai più giovani in azienda, carriere lentissime, tassazione asfissiante. Giusto quindi cercare fortuna laddove si sa valorizzare sia la competenza che la freschezza. E chiaramente ha poco senso per un neo-medico tedesco venire a lavorare qui in Italia (a Bolzano, ad esempio), dove guadagnerà la metà che a casa propria.

Il recente Decreto flussi ha aperto le porte a quasi mezzo milione di lavoratori stranieri in tre anni: il via libera più imponente da decenni, ma già valutato da subito come insufficiente.  Ma qui stiamo facendo discorsi con lo ‘spannometro’: che tipo di lavoratori stranieri serviranno all’Italia del futuro? Di tutti i tipi: solo che badanti e autisti in qualche modo si possono trovare o inventare. Infermieri e ingegneri no. E senza infermieri, ad esempio, non funzionano le case di riposo o l’assistenza domiciliare.

In una recente selezione ai corsi universitari per infermieri in una città del Nord, su 98 posti disponibili si sono presentati 80 candidati: la selezione quindi è stata totalmente inutile, è passato anche chi aveva preso un punto su 100 alla prova d’esame. E poi non tutti gli 80 arriveranno alla meta. Speriamo quindi nella rapida invenzione di robot che sappiano fare iniezioni e medicazioni…

Nicola Salvagnin]]>
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Giubileo 2025. Tanti i giovani che arriveranno in Umbria https://www.lavoce.it/giubileo-2025-tanti-i-giovani-che-arriveranno-in-umbria/ https://www.lavoce.it/giubileo-2025-tanti-i-giovani-che-arriveranno-in-umbria/#respond Fri, 25 Oct 2024 08:01:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78231 Giovani in primo piano a mezzo busto, alle loro spalle una piccola chiesetta

Il cammino di preparazione al Giubileo ordinario dell’anno 2025 è stato positivamente influenzato dalla recente diffusione della Bolla di indizione intitolata Spes non confundit.

Le iniziative siano per tutti "occasione di rianimare la speranza"

In essa, il Santo Padre, con lo stile sapiente che gli è proprio, auspica che le iniziative in programma possano “essere per tutti occasione di rianimare la speranza” in un contesto, come quello attuale, nel quale molti guardano al futuro con scetticismo e pessimismo, “come se nulla potesse offrire loro felicità” (n. 1). Per scongiurare il rischio di sentirsi sopraffatti dal male e dalla violenza, egli invita, pertanto, i fedeli, ad attingere questa virtù nella grazia di Dio e a riscoprirla “nei segni dei tempi che il Signore ci offre” (n. 7).

Prendersi cura dei giovani

Tra di essi annovera, a ragione, anche i giovani, sui quali si fonda l’avvenire dell’umanità, in virtù dell’entusiasmo che li contraddistingue. Tuttavia, fa notare che la frequenza con la quale oggigiorno essi vedono crollare i loro sogni, a causa dell’incertezza dominante, impone un’attenzione particolare, al fine di evitare che i loro propositi siano irrimediabilmente delusi e i loro desideri azzerati. Quando ciò si verifica, osserva Papa Francesco, “l’illusione delle droghe, il rischio della trasgressione e la ricerca dell’effimero creano in loro più che in altri confusione e nascondono la bellezza e il senso della vita, facendoli scivolare in baratri oscuri e spingendoli a compiere gesti autodistruttivi”. Per questo motivo, egli si augura che il Giubileo sia “occasione di slancio nei loro confronti” e invita tutte le persone di buona volontà a prendersi cura “con una rinnovata passione […] dei ragazzi, degli studenti, dei fidanzati, delle giovani generazioni”, nella certezza che essi costituiscano la gioia e la speranza del mondo (n. 12).

L'Umbria accoglie nelle parrocchie i giovani per il Giubileo

Lasciandosi ispirare da questa esortazione, la Chiesa umbra ha pensato che un concreto segno di attenzione nei loro confronti, tra i tanti possibili, potesse essere rappresentato dalla disponibilità ad accogliere, nelle parrocchie della regione, giovani italiani e stranieri in procinto di partecipare al Giubileo ad essi dedicato, sullo stile che caratterizza da anni anche la settimana che precede le Giornate mondiali della gioventù. L’esperienza maturata a riguardo insegna, infatti, che le relazioni che si instaurano in questi contesti costituiscono un efficace mezzo di evangelizzazione, sia per chi riceve ospitalità, che per chi la offre, in modo particolare se si tratta di nuclei familiari disponibili ad aprire le porte delle proprie abitazioni.

Il programma nelle diocesi umbre

Sulla base del programma elaborato, l’arrivo e la sistemazione dei gruppi nelle parrocchie loro assegnate sono previsti nel tardo pomeriggio di giovedì 24 luglio 2025. Il giorno successivo, ai pellegrini ospitati nelle diocesi di Terni-Narni-Amelia, Orvieto-Todi, Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, sarà proposto un itinerario di conoscenza della Chiesa particolare che li accoglie (ogni realtà si organizzerà autonomamente a riguardo). I giovani assegnati alle altre diocesi umbre si recheranno, invece, ad Assisi, dove avranno la possibilità di visitare le basiliche di San Francesco e di Santa Chiara, il santuario di San Damiano, la cattedrale, la Chiesa Nuova e il santuario della Spogliazione. Sabato 26 luglio il programma sarà identico a quello del giorno precedente, con la differenza che l’itinerario diocesano sarà proposto dalle diocesi di Perugia-Città della Pieve, Gubbio, Città di Castello e Spoleto-Norcia, mentre le comitive associate alle altre Chiese faranno visita alla città del Poverello. Domenica 27 luglio, nel mattino, è prevista la messa e il pranzo nelle parrocchie ospitanti. Nel secondo pomeriggio, poi, tutti i giovani presenti in Umbria si ritroveranno nuovamente ad Assisi, presso la basilica di Santa Maria degli Angeli, per un incontro di preghiera e di festa, durante il quale sarà possibile visitare anche la Porziuncola. Il 28 luglio, nel mattino o nel pomeriggio, in orari variabili in base alla diocesi, è prevista la partenza dei pellegrini per Roma.

Individuare le famiglie disponibili ad ospitare i giovani

La velocità con la quale i gruppi si stanno prenotando rende probabile il raggiungimento del tetto massimo di 8.000 partecipanti (1.000 per diocesi) entro la data di chiusura delle iscrizioni, prevista per il 30 marzo 2025. Il dato è incoraggiante, ma comporta che le parrocchie individuino in tempi rapidi le famiglie disponibili ad ospitarli. I dettagli sono indicati sul sito www.chiesainumbria.it.

Don Luca Castrica Coordinatore della segreteria per l’accoglienza dei giovani in Umbria

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Giovani in primo piano a mezzo busto, alle loro spalle una piccola chiesetta

Il cammino di preparazione al Giubileo ordinario dell’anno 2025 è stato positivamente influenzato dalla recente diffusione della Bolla di indizione intitolata Spes non confundit.

Le iniziative siano per tutti "occasione di rianimare la speranza"

In essa, il Santo Padre, con lo stile sapiente che gli è proprio, auspica che le iniziative in programma possano “essere per tutti occasione di rianimare la speranza” in un contesto, come quello attuale, nel quale molti guardano al futuro con scetticismo e pessimismo, “come se nulla potesse offrire loro felicità” (n. 1). Per scongiurare il rischio di sentirsi sopraffatti dal male e dalla violenza, egli invita, pertanto, i fedeli, ad attingere questa virtù nella grazia di Dio e a riscoprirla “nei segni dei tempi che il Signore ci offre” (n. 7).

Prendersi cura dei giovani

Tra di essi annovera, a ragione, anche i giovani, sui quali si fonda l’avvenire dell’umanità, in virtù dell’entusiasmo che li contraddistingue. Tuttavia, fa notare che la frequenza con la quale oggigiorno essi vedono crollare i loro sogni, a causa dell’incertezza dominante, impone un’attenzione particolare, al fine di evitare che i loro propositi siano irrimediabilmente delusi e i loro desideri azzerati. Quando ciò si verifica, osserva Papa Francesco, “l’illusione delle droghe, il rischio della trasgressione e la ricerca dell’effimero creano in loro più che in altri confusione e nascondono la bellezza e il senso della vita, facendoli scivolare in baratri oscuri e spingendoli a compiere gesti autodistruttivi”. Per questo motivo, egli si augura che il Giubileo sia “occasione di slancio nei loro confronti” e invita tutte le persone di buona volontà a prendersi cura “con una rinnovata passione […] dei ragazzi, degli studenti, dei fidanzati, delle giovani generazioni”, nella certezza che essi costituiscano la gioia e la speranza del mondo (n. 12).

L'Umbria accoglie nelle parrocchie i giovani per il Giubileo

Lasciandosi ispirare da questa esortazione, la Chiesa umbra ha pensato che un concreto segno di attenzione nei loro confronti, tra i tanti possibili, potesse essere rappresentato dalla disponibilità ad accogliere, nelle parrocchie della regione, giovani italiani e stranieri in procinto di partecipare al Giubileo ad essi dedicato, sullo stile che caratterizza da anni anche la settimana che precede le Giornate mondiali della gioventù. L’esperienza maturata a riguardo insegna, infatti, che le relazioni che si instaurano in questi contesti costituiscono un efficace mezzo di evangelizzazione, sia per chi riceve ospitalità, che per chi la offre, in modo particolare se si tratta di nuclei familiari disponibili ad aprire le porte delle proprie abitazioni.

Il programma nelle diocesi umbre

Sulla base del programma elaborato, l’arrivo e la sistemazione dei gruppi nelle parrocchie loro assegnate sono previsti nel tardo pomeriggio di giovedì 24 luglio 2025. Il giorno successivo, ai pellegrini ospitati nelle diocesi di Terni-Narni-Amelia, Orvieto-Todi, Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, sarà proposto un itinerario di conoscenza della Chiesa particolare che li accoglie (ogni realtà si organizzerà autonomamente a riguardo). I giovani assegnati alle altre diocesi umbre si recheranno, invece, ad Assisi, dove avranno la possibilità di visitare le basiliche di San Francesco e di Santa Chiara, il santuario di San Damiano, la cattedrale, la Chiesa Nuova e il santuario della Spogliazione. Sabato 26 luglio il programma sarà identico a quello del giorno precedente, con la differenza che l’itinerario diocesano sarà proposto dalle diocesi di Perugia-Città della Pieve, Gubbio, Città di Castello e Spoleto-Norcia, mentre le comitive associate alle altre Chiese faranno visita alla città del Poverello. Domenica 27 luglio, nel mattino, è prevista la messa e il pranzo nelle parrocchie ospitanti. Nel secondo pomeriggio, poi, tutti i giovani presenti in Umbria si ritroveranno nuovamente ad Assisi, presso la basilica di Santa Maria degli Angeli, per un incontro di preghiera e di festa, durante il quale sarà possibile visitare anche la Porziuncola. Il 28 luglio, nel mattino o nel pomeriggio, in orari variabili in base alla diocesi, è prevista la partenza dei pellegrini per Roma.

Individuare le famiglie disponibili ad ospitare i giovani

La velocità con la quale i gruppi si stanno prenotando rende probabile il raggiungimento del tetto massimo di 8.000 partecipanti (1.000 per diocesi) entro la data di chiusura delle iscrizioni, prevista per il 30 marzo 2025. Il dato è incoraggiante, ma comporta che le parrocchie individuino in tempi rapidi le famiglie disponibili ad ospitarli. I dettagli sono indicati sul sito www.chiesainumbria.it.

Don Luca Castrica Coordinatore della segreteria per l’accoglienza dei giovani in Umbria

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Missione giovani: in 400 hanno partecipato alla catechesi al Teatro Pavone https://www.lavoce.it/quattrocento-giovani-hanno-partecipato-alla-catechesi-al-teatro-pavone/ https://www.lavoce.it/quattrocento-giovani-hanno-partecipato-alla-catechesi-al-teatro-pavone/#respond Thu, 24 Oct 2024 08:00:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78146 Tanti giovani seduti sulle poltronicine del Teatro e sui palchetti, sul palco i frati minori

Di “chiasso”, a Perugia, i cento ragazzi e ragazze della “Missione Giovani 2024” ne stanno facendo nell’annunciare a tanti loro coetanei la gioia e la felicità della vita attraverso il Vangelo. È quanto è avvenuto nelle prime cinque giornate di questa esperienza di fede, di incontro, dialogo e socialità, in svolgimento dal 18 al 27 ottobre, guidata dall’équipe della “Missione ed evangelizzazione” dei Frati Minori dell’Umbria insieme ad altri religiosi e religiose, a sacerdoti diocesani e seminaristi. Un “chiasso” che lo aveva “promesso” fra’ Alfio Vespoli, responsabile della “Missione”, all’arcivescovo Ivan Maffeis, alla celebrazione di avvio, il 18 ottobre: "Faremo un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore dei giovani che incontreremo in città…".

In 400 ad ascoltare la catechesi al Teatro Pavone

Ben 400 di loro hanno accolto l’invito dei coetanei missionari a partecipare alla prima delle catechesi serali (ore 21), al Teatro Pavone (dal 22 al 26 ottobre) a cura dei Frati Minori. Alcuni prendevano appunti come se stessero ad una lezione universitaria, altri concentrati ad ascoltare facendo il gesto di “silenzio” con il dito indice davanti alle labbra ai vicini di posto… Tanti volti dagli sguardi attenti e pochissimi gli occhi assonnati come anche gli sbadigli. "Si è colto un grande interesse e coinvolgimento, oltre le più rosee aspettative...!: è stato il commento, a caldo, dei giovani missionari.

L'adorazione eucaristica in cattedrale

Anche la preghiera dell’adorazione eucaristica in cattedrale, che ha concluso la giornata, ha visto una folta partecipazione di ragazzi e ragazze. Tra questi anche chi non è un assiduo frequentatore di luoghi di culto, come alcuni giovani che non hanno esitato a “confessare” agli amici: "Era da molto tempo che non entravo in chiesa…".

Al Pavone è stato ricordato san Giovanni Paolo II

Ieri è stato un giorno particolare per i giovani, il 22 ottobre la Chiesa fa memoria liturgica di un grande santo, Giovanni Paolo II, il Papa delle Giornate Mondiali della Gioventù (Gmg). A ricordarcelo, a margine della sua catechesi al Pavone, è stato fra’ Mirco Mazzocato, del servizio orientamento giovani dei Minori Francescani di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. "Oggi l’abbiamo pregato ed io ho sentito forte la sua intercessione – ci ha raccontato il frate –. Mi tornano alla mente le sue famosissime parole al Giubileo del 2000, quando disse ai giovani: 'E’ Cristo che cercate quando sognate la felicità'. Mi sembra che i giovani abbiamo desiderio di felicità, una generazione diversa che va molto ascoltata e compresa, ma resta insopprimibile l’anelito di gioia che è nell’uomo. Noi nasciamo per questo e c’è poco da raccontarsi… Siamo creati per essere felici, ma poi sta a noi nell’essere messi nella condizione di ricevere quella Parola che dà volto a Colui che i giovani stanno da sempre cercando anche se spesso non lo sanno".

Fra' Mirko: i giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza

Fra’ Mirco ha dedicato la catechesi sulla “donna emorroissa” del Vangelo di Marco (Mc 5,25), dicendoci, all’uscita dal Pavone: "Abbiamo rivisto per la nostra conversione, che stavamo sopra il palco, di come ancora oggi dentro le sfide della vita tanti giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza. Hanno voglia di toccare il lembo del manto di Gesù… Sento nel cuore di ringraziare i tanti sacerdoti delle parrocchie che continuano a lavorare nella messe, che è il campo della Chiesa, del mondo continuando ad essere strumento e padri per condurre i giovani davanti al Signore. È la prima serata di un percorso di evangelizzazione, restituendo a Dio ogni bene che abbiamo intuito. Continuiamo questo percorso grati al Signore anche perché adesso, in cattedrale, tanti giovani sono inginocchiati davanti al Santissimo Sacramento".

Le tappe percorse dai giovani nei cinque giorni di evangelizzazione

Nelle prime cinque giornate di missione i giovani hanno visitato il Carcere, recitato il rosario nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, fatto tappe al Pala Barton per sostenere la “Sir Safety Perugia”, la squadra campione di volley, al vicino Luna Park, alle facoltà universitarie, ai luoghi e locali del centro storico più frequentati come “Umbro’” (ospitati dall’Arci), non mancando all’appuntamento quotidiano dell’adorazione eucaristica (ore 10.30-0.30), nell’antica chiesa della Misericordia della centralissima piazza Piccinino, a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78213,78214,78215,78216,78217,78218,78219,78220,78221,78222,78223,78224,78225,78226,78227"]]]>
Tanti giovani seduti sulle poltronicine del Teatro e sui palchetti, sul palco i frati minori

Di “chiasso”, a Perugia, i cento ragazzi e ragazze della “Missione Giovani 2024” ne stanno facendo nell’annunciare a tanti loro coetanei la gioia e la felicità della vita attraverso il Vangelo. È quanto è avvenuto nelle prime cinque giornate di questa esperienza di fede, di incontro, dialogo e socialità, in svolgimento dal 18 al 27 ottobre, guidata dall’équipe della “Missione ed evangelizzazione” dei Frati Minori dell’Umbria insieme ad altri religiosi e religiose, a sacerdoti diocesani e seminaristi. Un “chiasso” che lo aveva “promesso” fra’ Alfio Vespoli, responsabile della “Missione”, all’arcivescovo Ivan Maffeis, alla celebrazione di avvio, il 18 ottobre: "Faremo un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore dei giovani che incontreremo in città…".

In 400 ad ascoltare la catechesi al Teatro Pavone

Ben 400 di loro hanno accolto l’invito dei coetanei missionari a partecipare alla prima delle catechesi serali (ore 21), al Teatro Pavone (dal 22 al 26 ottobre) a cura dei Frati Minori. Alcuni prendevano appunti come se stessero ad una lezione universitaria, altri concentrati ad ascoltare facendo il gesto di “silenzio” con il dito indice davanti alle labbra ai vicini di posto… Tanti volti dagli sguardi attenti e pochissimi gli occhi assonnati come anche gli sbadigli. "Si è colto un grande interesse e coinvolgimento, oltre le più rosee aspettative...!: è stato il commento, a caldo, dei giovani missionari.

L'adorazione eucaristica in cattedrale

Anche la preghiera dell’adorazione eucaristica in cattedrale, che ha concluso la giornata, ha visto una folta partecipazione di ragazzi e ragazze. Tra questi anche chi non è un assiduo frequentatore di luoghi di culto, come alcuni giovani che non hanno esitato a “confessare” agli amici: "Era da molto tempo che non entravo in chiesa…".

Al Pavone è stato ricordato san Giovanni Paolo II

Ieri è stato un giorno particolare per i giovani, il 22 ottobre la Chiesa fa memoria liturgica di un grande santo, Giovanni Paolo II, il Papa delle Giornate Mondiali della Gioventù (Gmg). A ricordarcelo, a margine della sua catechesi al Pavone, è stato fra’ Mirco Mazzocato, del servizio orientamento giovani dei Minori Francescani di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. "Oggi l’abbiamo pregato ed io ho sentito forte la sua intercessione – ci ha raccontato il frate –. Mi tornano alla mente le sue famosissime parole al Giubileo del 2000, quando disse ai giovani: 'E’ Cristo che cercate quando sognate la felicità'. Mi sembra che i giovani abbiamo desiderio di felicità, una generazione diversa che va molto ascoltata e compresa, ma resta insopprimibile l’anelito di gioia che è nell’uomo. Noi nasciamo per questo e c’è poco da raccontarsi… Siamo creati per essere felici, ma poi sta a noi nell’essere messi nella condizione di ricevere quella Parola che dà volto a Colui che i giovani stanno da sempre cercando anche se spesso non lo sanno".

Fra' Mirko: i giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza

Fra’ Mirco ha dedicato la catechesi sulla “donna emorroissa” del Vangelo di Marco (Mc 5,25), dicendoci, all’uscita dal Pavone: "Abbiamo rivisto per la nostra conversione, che stavamo sopra il palco, di come ancora oggi dentro le sfide della vita tanti giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza. Hanno voglia di toccare il lembo del manto di Gesù… Sento nel cuore di ringraziare i tanti sacerdoti delle parrocchie che continuano a lavorare nella messe, che è il campo della Chiesa, del mondo continuando ad essere strumento e padri per condurre i giovani davanti al Signore. È la prima serata di un percorso di evangelizzazione, restituendo a Dio ogni bene che abbiamo intuito. Continuiamo questo percorso grati al Signore anche perché adesso, in cattedrale, tanti giovani sono inginocchiati davanti al Santissimo Sacramento".

Le tappe percorse dai giovani nei cinque giorni di evangelizzazione

Nelle prime cinque giornate di missione i giovani hanno visitato il Carcere, recitato il rosario nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, fatto tappe al Pala Barton per sostenere la “Sir Safety Perugia”, la squadra campione di volley, al vicino Luna Park, alle facoltà universitarie, ai luoghi e locali del centro storico più frequentati come “Umbro’” (ospitati dall’Arci), non mancando all’appuntamento quotidiano dell’adorazione eucaristica (ore 10.30-0.30), nell’antica chiesa della Misericordia della centralissima piazza Piccinino, a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78213,78214,78215,78216,78217,78218,78219,78220,78221,78222,78223,78224,78225,78226,78227"]]]>
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Il sogno dei giovani che arrivano in Italia: studiare e avere un futuro https://www.lavoce.it/il-sogno-dei-giovani-che-arrivano-in-italia-studiare-e-avere-un-futuro/ https://www.lavoce.it/il-sogno-dei-giovani-che-arrivano-in-italia-studiare-e-avere-un-futuro/#respond Sun, 13 Oct 2024 08:21:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78171

All’incontro di Spoleto hanno portato la loro testimonianza una ragazza e un ragazzo accolti dalla cooperativa Il Cerchio e inclusi nel Progetto Sai a Spoleto. Fatih, viene dal Senegal e per arrivare in Italia ha attraversato Mali, Burkina Faso e Libia arrivando in Europa e per la prima volta in Italia nel 2016 in Sicilia, passando per Firenze per arrivare infine a Spoleto. Fatih, che ha completato il percorso del programma attraverso il progetto Sai ha ringraziato il progetto Sai, la cooperativa Il Cerchio e la città di Spoleto per aver ottenuto i documenti italiani, la casa dove attualmente alloggia e il lavoro. Hiba  è arrivata dalla Tunisia a 17 anni con la madre e la sorella, in Italia a Perugia dove si è trovata molto bene. Oggi ha 18 anni e studia al quarto anno al liceo scientifico a Spoleto, città nuova per lei tutta ancora da scoprire. Alla domanda se si aspettava, nel bene o nel male, di trovare ciò che ha sperimentato in Italia ha risposto: “penso il bene perché sono venuta qua per realizzare un sogno, per studiare, per fare un bel futuro”. Come progetti futuri il desiderio di diventare medico, qui in Italia, ha concluso Hiba, visibilmente emozionata ma allo stesso tempo con forza e coraggio guardando negli occhi Denisa la conduttrice di Voci dal mondo, conquistando gli applausi del pubblico. Marius D.L.]]>

All’incontro di Spoleto hanno portato la loro testimonianza una ragazza e un ragazzo accolti dalla cooperativa Il Cerchio e inclusi nel Progetto Sai a Spoleto. Fatih, viene dal Senegal e per arrivare in Italia ha attraversato Mali, Burkina Faso e Libia arrivando in Europa e per la prima volta in Italia nel 2016 in Sicilia, passando per Firenze per arrivare infine a Spoleto. Fatih, che ha completato il percorso del programma attraverso il progetto Sai ha ringraziato il progetto Sai, la cooperativa Il Cerchio e la città di Spoleto per aver ottenuto i documenti italiani, la casa dove attualmente alloggia e il lavoro. Hiba  è arrivata dalla Tunisia a 17 anni con la madre e la sorella, in Italia a Perugia dove si è trovata molto bene. Oggi ha 18 anni e studia al quarto anno al liceo scientifico a Spoleto, città nuova per lei tutta ancora da scoprire. Alla domanda se si aspettava, nel bene o nel male, di trovare ciò che ha sperimentato in Italia ha risposto: “penso il bene perché sono venuta qua per realizzare un sogno, per studiare, per fare un bel futuro”. Come progetti futuri il desiderio di diventare medico, qui in Italia, ha concluso Hiba, visibilmente emozionata ma allo stesso tempo con forza e coraggio guardando negli occhi Denisa la conduttrice di Voci dal mondo, conquistando gli applausi del pubblico. Marius D.L.]]>
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Immigrati tra cittadinanza formale e cittadinanza attiva – La “provocazione” di Rolando Marini/2 https://www.lavoce.it/immigrati-tra-cittadinanza-formale-e-cittadinanza-attiva-la-provocazione-di-rolando-marini-2/ https://www.lavoce.it/immigrati-tra-cittadinanza-formale-e-cittadinanza-attiva-la-provocazione-di-rolando-marini-2/#respond Sat, 21 Sep 2024 08:41:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77724

Parlare di cittadinanza rispetto a chi non ce l’ha, come molti immigrati, sembra fuori luogo. Sembra, ma non è esattamente così. Facciamo un percorso attraverso alcuni tipi di cittadinanza riguardanti gli immigrati, o meglio i cittadini non italiani e non comunitari residenti da noi. Anche perché è un problema che si porrà davanti ai nuovi flussi, seppure sembrino diversi dal passato.

Nati in Italia, perché no ius soli?

La cittadinanza italiana viene raggiunta secondo regole ben precise. Alcuni ne chiedono una riforma. Di alcune di queste si è parlato diverse volte nel dibattito politico degli anni recenti, specialmente in ordine alla possibilità di riconoscerla ai minorenni, ad esempio secondo lo ius soli , cioè per il fatto di essere nati in Italia. Un dibattito parlamentare conclusosi in modo confuso alla fine del 2017. Ma nel 2022 si è arenato in Parlamento anche lo ius scholae . Afferma Save the Children Italia nel suo sito: “Quello che chiediamo è uno ius soli condizionato dalla residenza legale dei genitori in Italia, come già accade in molti altri Paesi europei”. Ancora Save the Children ci dice che le nuove generazioni esprimono una “domanda di appartenenza” alla comunità nazionale che rimane solo parzialmente soddisfatta. In base al rapporto ormai pluriennale che ho con studenti di famiglie straniere che hanno fatto tutto o quasi tutto il percorso di studi in Italia e sono venuti all’università, posso dire che quella che giuridicamente si chiama naturalizzazione è nei fatti. Nessuno può ragionevolmente pretendere che lascino alle spalle o nascondano elementi identitari dei paesi e delle culture dei genitori. Ma loro hanno le basi solide per sentirsi ed essere cittadini europei.

Integrazione non è "assimilazione"

Pensando agli immigrati residenti, però, osservo che ci sono altre forme di appartenenza a una comunità civile (a una civitas ) che vanno oltre l’acquisizione formale della cittadinanza nazionale. E riguardano il modo di porsi attivamente dentro una comunità e interagire con gli altri, all’interno di un quadro di regole scritte e - soprattutto non scritte. Tutte quelle forme, dal vivere quotidiano spicciolo in avanti, che congiungono la partecipazione alla responsabilità. Certo, arriviamo a un punto delicato del discorso, poiché si rischia di disegnare un quadro di doveri attesi, come se si ponessero condizioni e requisiti da soddisfare. Parlo in effetti di processi d’integrazione, parola a molti invisa perché richiama tendenze a un’assimilazione di tipo etnocentrico. Ma il problema sostanziale consiste nell’adesione o meno ai regimi normativi di una società, mantenendone il pluralismo e però preservandone la coesione. È il problema dei problemi nella prospettiva della società multiculturale.

Oltre la cittadinanza: membri di una comunità civile

Ma dico, proseguendo a esercitare una funzione critica: in qualsiasi città occorre che venga rispettato un patto di convivenza su cui tutti i cittadini, indistintamente, sono chiamati a impegnarsi. Fare e fare bene la raccolta differenziata, rispettare gli spazi urbani, seguire le regole sanitarie (ad esempio le vaccinazioni), sapere come funzionano gli uffici pubblici, tenersi informati, ecc. Per non parlare di altri aspetti, più avanzati, come il consumo consapevole, la difesa dell’ambiente, la solidarietà sociale in senso esteso. Utopia? Non direi. Il fatto è che molti immigrati continuano a collocarsi dentro uno spazio relazionale e sociale in cui esiste solo lavoro, parentele o amicizie di gruppo nazionale (o religioso) e collegamento con la famiglia lontana. Uno spazio riservato e non esposto all’impegno civico, spesso alimentato dall’isolazionismo delle comunità migranti. Problema noto della figura dello straniero nelle scienze sociali: partecipazione limitata alla vita civile della società “ospitante”. Riserva mentale, con l’aggravante dell’autogiustificazione. Con il rischio, già concreto, di accentuare la percezione di una società patologicamente frammentata, in cui le differenze diventano un fattore disgregante piuttosto che un’opportunità. Rolando Marini ProRettore Università per Stranieri di Perugia (Intervento tenuto al secondo incontro di Voci dal mondo)]]>

Parlare di cittadinanza rispetto a chi non ce l’ha, come molti immigrati, sembra fuori luogo. Sembra, ma non è esattamente così. Facciamo un percorso attraverso alcuni tipi di cittadinanza riguardanti gli immigrati, o meglio i cittadini non italiani e non comunitari residenti da noi. Anche perché è un problema che si porrà davanti ai nuovi flussi, seppure sembrino diversi dal passato.

Nati in Italia, perché no ius soli?

La cittadinanza italiana viene raggiunta secondo regole ben precise. Alcuni ne chiedono una riforma. Di alcune di queste si è parlato diverse volte nel dibattito politico degli anni recenti, specialmente in ordine alla possibilità di riconoscerla ai minorenni, ad esempio secondo lo ius soli , cioè per il fatto di essere nati in Italia. Un dibattito parlamentare conclusosi in modo confuso alla fine del 2017. Ma nel 2022 si è arenato in Parlamento anche lo ius scholae . Afferma Save the Children Italia nel suo sito: “Quello che chiediamo è uno ius soli condizionato dalla residenza legale dei genitori in Italia, come già accade in molti altri Paesi europei”. Ancora Save the Children ci dice che le nuove generazioni esprimono una “domanda di appartenenza” alla comunità nazionale che rimane solo parzialmente soddisfatta. In base al rapporto ormai pluriennale che ho con studenti di famiglie straniere che hanno fatto tutto o quasi tutto il percorso di studi in Italia e sono venuti all’università, posso dire che quella che giuridicamente si chiama naturalizzazione è nei fatti. Nessuno può ragionevolmente pretendere che lascino alle spalle o nascondano elementi identitari dei paesi e delle culture dei genitori. Ma loro hanno le basi solide per sentirsi ed essere cittadini europei.

Integrazione non è "assimilazione"

Pensando agli immigrati residenti, però, osservo che ci sono altre forme di appartenenza a una comunità civile (a una civitas ) che vanno oltre l’acquisizione formale della cittadinanza nazionale. E riguardano il modo di porsi attivamente dentro una comunità e interagire con gli altri, all’interno di un quadro di regole scritte e - soprattutto non scritte. Tutte quelle forme, dal vivere quotidiano spicciolo in avanti, che congiungono la partecipazione alla responsabilità. Certo, arriviamo a un punto delicato del discorso, poiché si rischia di disegnare un quadro di doveri attesi, come se si ponessero condizioni e requisiti da soddisfare. Parlo in effetti di processi d’integrazione, parola a molti invisa perché richiama tendenze a un’assimilazione di tipo etnocentrico. Ma il problema sostanziale consiste nell’adesione o meno ai regimi normativi di una società, mantenendone il pluralismo e però preservandone la coesione. È il problema dei problemi nella prospettiva della società multiculturale.

Oltre la cittadinanza: membri di una comunità civile

Ma dico, proseguendo a esercitare una funzione critica: in qualsiasi città occorre che venga rispettato un patto di convivenza su cui tutti i cittadini, indistintamente, sono chiamati a impegnarsi. Fare e fare bene la raccolta differenziata, rispettare gli spazi urbani, seguire le regole sanitarie (ad esempio le vaccinazioni), sapere come funzionano gli uffici pubblici, tenersi informati, ecc. Per non parlare di altri aspetti, più avanzati, come il consumo consapevole, la difesa dell’ambiente, la solidarietà sociale in senso esteso. Utopia? Non direi. Il fatto è che molti immigrati continuano a collocarsi dentro uno spazio relazionale e sociale in cui esiste solo lavoro, parentele o amicizie di gruppo nazionale (o religioso) e collegamento con la famiglia lontana. Uno spazio riservato e non esposto all’impegno civico, spesso alimentato dall’isolazionismo delle comunità migranti. Problema noto della figura dello straniero nelle scienze sociali: partecipazione limitata alla vita civile della società “ospitante”. Riserva mentale, con l’aggravante dell’autogiustificazione. Con il rischio, già concreto, di accentuare la percezione di una società patologicamente frammentata, in cui le differenze diventano un fattore disgregante piuttosto che un’opportunità. Rolando Marini ProRettore Università per Stranieri di Perugia (Intervento tenuto al secondo incontro di Voci dal mondo)]]>
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Ouns racconta il “dietro le quinte” dei giovani del team di “Voci dal mondo”, tra impegno ed emozioni https://www.lavoce.it/ouns-racconta-il-dietro-le-quinte-dei-giovani-del-team-di-voci-dal-mondo-tra-impegno-ed-emozioni/ https://www.lavoce.it/ouns-racconta-il-dietro-le-quinte-dei-giovani-del-team-di-voci-dal-mondo-tra-impegno-ed-emozioni/#respond Fri, 20 Sep 2024 15:01:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77713

Siamo il team di “Voci dal Mondo”, un progetto che si propone di sfatare stereotipi e fake news sui fenomeni migratori. L’atmosfera durante la preparazione degli incontri sul territorio (Terni e Gubbio, e poi Spoleto e Perugia) è viva e carica di attesa, come quella di una redazione giornalistica. Alla prima riunione, quella in cui si è formato il nostro team, hanno partecipato i membri del settimanale La Voce e della ong Tamat insieme a sedici giovani migranti figli di famiglie straniere residenti in Umbria. Ha segnato l’inizio di un lavoro collaborativo e appassionato: assegnare compiti e responsabilità non era solo una questione logistica, ma un momento di coesione.

Il team: compiti diversi, unico obiettivo

Ci siamo divisi i compiti con entusiasmo. Alcuni si sono dedicati a contattare ospiti e relatori, altri a definire il luogo adatto che potesse accogliere un nutrito pubblico in un ambiente intimo e accogliente, perfetto per una giornata di storie e testimonianze. Altri invece si sono occupati di definire il format degli incontri pubblici, una serie di eventi che ha avuto il suo debutto a Terni il 6 luglio, e che promettono di espandersi a Spoleto e Perugia nei prossimi mesi (più precisamente a settembre e ottobre). Un aspetto importante della preparazione è la raccolta di testimonianze. In questo progetto, come team ci siamo prefigurati l’obiettivo di non mostrare soltanto la forza d’animo dei migranti, le cui esperienze sono un viaggio di resistenza e speranza, ma anche il potere dell’accoglienza della comunità. L’Umbria infatti con la sua lunga tradizione di ospitalità e solidarietà si è dimostrata un faro di speranza per molti di loro. Ogni racconto e testimonianza ha suscitato in noi emozioni distinte ricordando l’importanza di comprendere che dietro ogni cifra e statistica si cela una vita, un sogno in attesa di emergere, riconoscendo così la nostra umanità condivisa; ed è questo il cuore della nostra iniziativa.

Il giorno degli incontri

Il giorno dell’evento, l’atmosfera è ricca di emozioni. Certo, i timori ci sono, ma domina una profonda gratitudine e un forte senso di responsabilità. Alcuni tra noi del team si sono sentiti come reporter in prima linea, pronti con la loro attrezzatura, mentre altri provavano il nervosismo di trovarsi in scena come moderatori. Al di là della tensione presente, ciò che ci unificava era una profonda consapevolezza del nostro scopo e l’idea di contribuire a un progetto più ampio. Ciò che continua a risuonare nella nostra mente è l’accoglienza calorosa del pubblico, la curiosità di chi ascolta e il sottile gioco di emozioni che si crea durante le condivisioni.

Migrazioni: un racconto di persone e destini

Le storie raccontate ci hanno aperto gli occhi su realtà che spesso restano invisibili, facendo del tema della migrazione un racconto di persone e destini, piuttosto che in dati statistici. Nel retroscena, è emersa l’energia di una comunità solidale, animata da un intento comune. Quella giornata non ha rappresentato solo la fine di un evento, ma ha dato vita a un percorso comune verso un’accoglienza più consapevole e informata. All’interno di questo clima di collaborazione, Voci dal Mondo si distingue come una iniziativa significativa volta a dare voce e visibilità alle storie di chi cerca una nuova sistemazione. Ouns Mornagui]]>

Siamo il team di “Voci dal Mondo”, un progetto che si propone di sfatare stereotipi e fake news sui fenomeni migratori. L’atmosfera durante la preparazione degli incontri sul territorio (Terni e Gubbio, e poi Spoleto e Perugia) è viva e carica di attesa, come quella di una redazione giornalistica. Alla prima riunione, quella in cui si è formato il nostro team, hanno partecipato i membri del settimanale La Voce e della ong Tamat insieme a sedici giovani migranti figli di famiglie straniere residenti in Umbria. Ha segnato l’inizio di un lavoro collaborativo e appassionato: assegnare compiti e responsabilità non era solo una questione logistica, ma un momento di coesione.

Il team: compiti diversi, unico obiettivo

Ci siamo divisi i compiti con entusiasmo. Alcuni si sono dedicati a contattare ospiti e relatori, altri a definire il luogo adatto che potesse accogliere un nutrito pubblico in un ambiente intimo e accogliente, perfetto per una giornata di storie e testimonianze. Altri invece si sono occupati di definire il format degli incontri pubblici, una serie di eventi che ha avuto il suo debutto a Terni il 6 luglio, e che promettono di espandersi a Spoleto e Perugia nei prossimi mesi (più precisamente a settembre e ottobre). Un aspetto importante della preparazione è la raccolta di testimonianze. In questo progetto, come team ci siamo prefigurati l’obiettivo di non mostrare soltanto la forza d’animo dei migranti, le cui esperienze sono un viaggio di resistenza e speranza, ma anche il potere dell’accoglienza della comunità. L’Umbria infatti con la sua lunga tradizione di ospitalità e solidarietà si è dimostrata un faro di speranza per molti di loro. Ogni racconto e testimonianza ha suscitato in noi emozioni distinte ricordando l’importanza di comprendere che dietro ogni cifra e statistica si cela una vita, un sogno in attesa di emergere, riconoscendo così la nostra umanità condivisa; ed è questo il cuore della nostra iniziativa.

Il giorno degli incontri

Il giorno dell’evento, l’atmosfera è ricca di emozioni. Certo, i timori ci sono, ma domina una profonda gratitudine e un forte senso di responsabilità. Alcuni tra noi del team si sono sentiti come reporter in prima linea, pronti con la loro attrezzatura, mentre altri provavano il nervosismo di trovarsi in scena come moderatori. Al di là della tensione presente, ciò che ci unificava era una profonda consapevolezza del nostro scopo e l’idea di contribuire a un progetto più ampio. Ciò che continua a risuonare nella nostra mente è l’accoglienza calorosa del pubblico, la curiosità di chi ascolta e il sottile gioco di emozioni che si crea durante le condivisioni.

Migrazioni: un racconto di persone e destini

Le storie raccontate ci hanno aperto gli occhi su realtà che spesso restano invisibili, facendo del tema della migrazione un racconto di persone e destini, piuttosto che in dati statistici. Nel retroscena, è emersa l’energia di una comunità solidale, animata da un intento comune. Quella giornata non ha rappresentato solo la fine di un evento, ma ha dato vita a un percorso comune verso un’accoglienza più consapevole e informata. All’interno di questo clima di collaborazione, Voci dal Mondo si distingue come una iniziativa significativa volta a dare voce e visibilità alle storie di chi cerca una nuova sistemazione. Ouns Mornagui]]>
https://www.lavoce.it/ouns-racconta-il-dietro-le-quinte-dei-giovani-del-team-di-voci-dal-mondo-tra-impegno-ed-emozioni/feed/ 0
Dare la morte senza ‘sapere’ https://www.lavoce.it/dare-la-morte-senza-sapere/ https://www.lavoce.it/dare-la-morte-senza-sapere/#respond Thu, 12 Sep 2024 12:00:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77542

Due fatti (orribili) di cronaca sono stati sulle prime pagine per giorni e giorni. In un cantuccio della Lombardia, un diciassettenne ha ucciso, a pugnalate, il padre, la madre e il fratello più piccolo. In un altro cantuccio della Lombardia, un giovanotto un po’ più adulto, ma ancor meno maturo, aveva ucciso pochi giorni prima, nello stesso modo, una malcapitata passante, scelta a caso. Fra i due episodi ci sono somiglianze inquietanti: la mancanza di un qualunque motivo o pretesto, che desse una spiegazione – pur aberrante – al delitto; e di più il fatto che ciascuno dei due autori si è mostrato incapace di spiegare persino a se stesso le ragioni del gesto.

Il ragazzo che ha ucciso i genitori e il fratellino viveva in una famiglia serena, dove tutti si volevano bene e se ne davano ogni giorno la prova. Quello che ha ucciso la povera donna a lui sconosciuta, mentre la pugnalava a morte le chiedeva educatamente scusa. Viene il sospetto che in realtà non si rendessero ben conto di quello che facevano. Certo, volevano uccidere, lo hanno confermato; e hanno detto anche che hanno reiterato i colpi per affrettare il decesso delle loro vittime.

Ma forse non capivano bene che cosa voglia dire dare la morte a un essere vivente; lo sentivano come una specie di gioco, uno di quei videogame dove si fanno bruciare vivi gli avversari ma poi si fa clic, tutto si azzera e si può ricominciare da capo, all'infinito. O come una partita di pallone, dove si dice: io ti distruggo; ma poi si va al bar insieme. Ne abbiamo parlato fra vecchi che hanno vissuto la vita delle campagne quando era normale assistere all’uccisione di un pollo o di un coniglio, di una pecora, di un maiale; e questi spettacoli, certo non piacevoli, ci insegnavano che la morte di un essere vivente non è un gioco ma qualche cosa di terribilmente serio. Poi qualcuno riusciva lo stesso un delinquente, ma almeno sapeva quello che faceva.

Richiesto di dire la sua su questo, il noto opinionista Michele Serra ha risposto: “Sì, la vita materiale (e la morte materiale) non sono molto frequentate dai ragazzi di oggi. Un'esistenza soprattutto virtuale li espone a un rapporto molto incompleto, e spesso patologico, con la vita reale”. Non si deve cercare una spiegazione sociologica a tutti gli errori e gli orrori che si fanno, ma questa volta ci può stare - senza con questo sminuire la gravità dei delitti.

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Due fatti (orribili) di cronaca sono stati sulle prime pagine per giorni e giorni. In un cantuccio della Lombardia, un diciassettenne ha ucciso, a pugnalate, il padre, la madre e il fratello più piccolo. In un altro cantuccio della Lombardia, un giovanotto un po’ più adulto, ma ancor meno maturo, aveva ucciso pochi giorni prima, nello stesso modo, una malcapitata passante, scelta a caso. Fra i due episodi ci sono somiglianze inquietanti: la mancanza di un qualunque motivo o pretesto, che desse una spiegazione – pur aberrante – al delitto; e di più il fatto che ciascuno dei due autori si è mostrato incapace di spiegare persino a se stesso le ragioni del gesto.

Il ragazzo che ha ucciso i genitori e il fratellino viveva in una famiglia serena, dove tutti si volevano bene e se ne davano ogni giorno la prova. Quello che ha ucciso la povera donna a lui sconosciuta, mentre la pugnalava a morte le chiedeva educatamente scusa. Viene il sospetto che in realtà non si rendessero ben conto di quello che facevano. Certo, volevano uccidere, lo hanno confermato; e hanno detto anche che hanno reiterato i colpi per affrettare il decesso delle loro vittime.

Ma forse non capivano bene che cosa voglia dire dare la morte a un essere vivente; lo sentivano come una specie di gioco, uno di quei videogame dove si fanno bruciare vivi gli avversari ma poi si fa clic, tutto si azzera e si può ricominciare da capo, all'infinito. O come una partita di pallone, dove si dice: io ti distruggo; ma poi si va al bar insieme. Ne abbiamo parlato fra vecchi che hanno vissuto la vita delle campagne quando era normale assistere all’uccisione di un pollo o di un coniglio, di una pecora, di un maiale; e questi spettacoli, certo non piacevoli, ci insegnavano che la morte di un essere vivente non è un gioco ma qualche cosa di terribilmente serio. Poi qualcuno riusciva lo stesso un delinquente, ma almeno sapeva quello che faceva.

Richiesto di dire la sua su questo, il noto opinionista Michele Serra ha risposto: “Sì, la vita materiale (e la morte materiale) non sono molto frequentate dai ragazzi di oggi. Un'esistenza soprattutto virtuale li espone a un rapporto molto incompleto, e spesso patologico, con la vita reale”. Non si deve cercare una spiegazione sociologica a tutti gli errori e gli orrori che si fanno, ma questa volta ci può stare - senza con questo sminuire la gravità dei delitti.

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Dietro le quinte con i giovani del team “Voci dal mondo” https://www.lavoce.it/dietro-le-quinte-con-i-giovani-del-team-voci-dal-mondo/ https://www.lavoce.it/dietro-le-quinte-con-i-giovani-del-team-voci-dal-mondo/#respond Mon, 29 Jul 2024 16:24:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77264 Il team di Voci dal mondo - giovani ragazzi e ragazze di diversi paesi

Sabato 20 luglio, il pittoresco scenario di Gubbio ha fatto da cornice a un evento che ha sorretto il messaggio di “Voci dal Mondo”, un progetto che coinvolge un team di giovani e che si propone di sfatare stereotipi e fake news sui fenomeni migratori. L’atmosfera durante la preparazione è stata viva e carica di attesa, come quella di una redazione giornalistica. La prima riunione, cui hanno partecipato i membri del settimanale La Voce e della ong Tamat insieme a sedici giovani migranti, figli di famiglie straniere residenti in Umbria, ha segnato l’inizio di un lavoro collaborativo e appassionato: assegnare compiti e responsabilità non era solo una questione logistica, ma un momento di coesione.

Entusiasmo nel team Voci dal mondo

Ci siamo divisi i compiti con entusiasmo. Alcuni si sono dedicati a contattare ospiti e relatori, altri a definire il luogo adatto che potesse accogliere un nutrito pubblico in un ambiente intimo e accogliente, perfetto per una giornata di storie e testimonianze. Altri invece si sono occupati di definire il format degli incontri pubblici, una serie di eventi che ha avuto il suo debutto a Terni il 6 luglio, e che promettono di espandersi a Spoleto e Perugia nei prossimi mesi (più precisamente a settembre e ottobre).

Prima dell’evento: il team si organizza

Un aspetto importante della preparazione è la raccolta di testimonianze. In questo progetto ci siamo prefigurati l’obiettivo di non mostrare soltanto la forza d’animo dei migranti, le cui esperienze sono un viaggio di resistenza e speranza, ma anche il potere dell’accoglienza della comunità. L’Umbria infatti con la sua lunga tradizione di ospitalità e solidarietà si è dimostrata un faro di speranza per molti di loro. Ogni racconto e testimonianza ha suscitato in noi emozioni distinte ricordando l’importanza di comprendere che dietro ogni cifra e statistica si cela una vita, un sogno in attesa di emergere, riconoscendo così la nostra umanità condivisa; ed è questo il cuore della nostra iniziativa.

Arriva il giorno: c’è chi si sente reporter e chi va in scena

Il giorno dell’evento, l’atmosfera era ricca di emozioni. Certo, i timori c’erano, ma dominava una profonda gratitudine e un forte senso di responsabilità. Alcuni tra noi si sono sentiti come reporter in prima linea, pronti con la loro attrezzatura, mentre altri provavano il nervosismo di trovarsi in scena come moderatori. Al di là della tensione presente, ciò che ci unificava era una profonda consapevolezza del nostro scopo e l’idea di contribuire a un progetto più ampio.

Pubblico caloroso e storie che restano nel cuore

Ciò che continua a risuonare nella nostra mente è stata l’accoglienza calorosa del pubblico, la curiosità di chi ascoltava e il sottile gioco di emozioni che si è creato durante le condivisioni. Le storie raccontate ci hanno aperto gli occhi su realtà che spesso restano invisibili, facendo del tema della migrazione un racconto di persone e destini, piuttosto che in dati statistici. Nel retroscena, è emersa l’energia di una comunità solidale, animata da un intento comune. Quella giornata non ha rappresentato solo la fine di un evento, ma ha dato vita a un percorso comune verso un’accoglienza più consapevole e informata. All’interno di questo clima di collaborazione, Voci dal mondo si distingue come una iniziativa significativa volta a dare voce e visibilità alle storie di chi cerca una nuova sistemazione. Ouns Mornagui]]>
Il team di Voci dal mondo - giovani ragazzi e ragazze di diversi paesi

Sabato 20 luglio, il pittoresco scenario di Gubbio ha fatto da cornice a un evento che ha sorretto il messaggio di “Voci dal Mondo”, un progetto che coinvolge un team di giovani e che si propone di sfatare stereotipi e fake news sui fenomeni migratori. L’atmosfera durante la preparazione è stata viva e carica di attesa, come quella di una redazione giornalistica. La prima riunione, cui hanno partecipato i membri del settimanale La Voce e della ong Tamat insieme a sedici giovani migranti, figli di famiglie straniere residenti in Umbria, ha segnato l’inizio di un lavoro collaborativo e appassionato: assegnare compiti e responsabilità non era solo una questione logistica, ma un momento di coesione.

Entusiasmo nel team Voci dal mondo

Ci siamo divisi i compiti con entusiasmo. Alcuni si sono dedicati a contattare ospiti e relatori, altri a definire il luogo adatto che potesse accogliere un nutrito pubblico in un ambiente intimo e accogliente, perfetto per una giornata di storie e testimonianze. Altri invece si sono occupati di definire il format degli incontri pubblici, una serie di eventi che ha avuto il suo debutto a Terni il 6 luglio, e che promettono di espandersi a Spoleto e Perugia nei prossimi mesi (più precisamente a settembre e ottobre).

Prima dell’evento: il team si organizza

Un aspetto importante della preparazione è la raccolta di testimonianze. In questo progetto ci siamo prefigurati l’obiettivo di non mostrare soltanto la forza d’animo dei migranti, le cui esperienze sono un viaggio di resistenza e speranza, ma anche il potere dell’accoglienza della comunità. L’Umbria infatti con la sua lunga tradizione di ospitalità e solidarietà si è dimostrata un faro di speranza per molti di loro. Ogni racconto e testimonianza ha suscitato in noi emozioni distinte ricordando l’importanza di comprendere che dietro ogni cifra e statistica si cela una vita, un sogno in attesa di emergere, riconoscendo così la nostra umanità condivisa; ed è questo il cuore della nostra iniziativa.

Arriva il giorno: c’è chi si sente reporter e chi va in scena

Il giorno dell’evento, l’atmosfera era ricca di emozioni. Certo, i timori c’erano, ma dominava una profonda gratitudine e un forte senso di responsabilità. Alcuni tra noi si sono sentiti come reporter in prima linea, pronti con la loro attrezzatura, mentre altri provavano il nervosismo di trovarsi in scena come moderatori. Al di là della tensione presente, ciò che ci unificava era una profonda consapevolezza del nostro scopo e l’idea di contribuire a un progetto più ampio.

Pubblico caloroso e storie che restano nel cuore

Ciò che continua a risuonare nella nostra mente è stata l’accoglienza calorosa del pubblico, la curiosità di chi ascoltava e il sottile gioco di emozioni che si è creato durante le condivisioni. Le storie raccontate ci hanno aperto gli occhi su realtà che spesso restano invisibili, facendo del tema della migrazione un racconto di persone e destini, piuttosto che in dati statistici. Nel retroscena, è emersa l’energia di una comunità solidale, animata da un intento comune. Quella giornata non ha rappresentato solo la fine di un evento, ma ha dato vita a un percorso comune verso un’accoglienza più consapevole e informata. All’interno di questo clima di collaborazione, Voci dal mondo si distingue come una iniziativa significativa volta a dare voce e visibilità alle storie di chi cerca una nuova sistemazione. Ouns Mornagui]]>
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I giovani scesi nelle piazze https://www.lavoce.it/giovani-scesi-piazze/ https://www.lavoce.it/giovani-scesi-piazze/#respond Wed, 06 Mar 2024 17:57:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75117

C’è chi li aspettava al varco sabato 2 marzo. Sono pacificamente scesi in piazza come la settimana precedente, hanno respinto ogni strumentalizzazione, hanno chiesto agli adulti di essere ascoltati. Hanno fatto rumore, anzi sono stati rumore. Hanno reso insignificante la critica di chi, citando le parole di Pasolini, li aveva addirittura contrapposti ai poliziotti “figli di poveri”.

Nella lettera immaginaria, ma neppure troppo, di una ragazza apparsa su un giornale nazionale dopo le botte di Pisa e le successive manifestazioni, si legge: “Ma non ce l’ho con la polizia. Odio le generalizzazioni. Non hanno sbagliato le forze dell’ordine. Hanno sbagliato quei poliziotti, e solo loro, che si sono scagliati contro di noi. Siamo fortunati a vivere in Italia, siamo un Paese libero che forse a noi giovani sta un po’ stretto ma nel quale è ancora possibile dire quello che pensiamo. La vicinanza di Mattarella ci ha riempito di orgoglio e la solidarietà dei professori che ci hanno chiesto scusa a nome degli adulti che ci hanno picchiato alimenta la voglia di continuare a esprimere le nostre idee”.

Dicono i ragazzi e le ragazze che le ferite visibili sul corpo come quelle invisibili e più profonde nell’anima si rimargineranno, senza però nulla togliere alla verità dei fatti e senza ridurre la volontà di essere rumore più che fare rumore. Un rumore per dire che sono sempre più a rischio i valori ai quali le nuove generazioni credono e senza i quali il futuro appare infelice: la dignità di ogni essere umano, la libertà, la giustizia la pace, la bellezza, la casa comune.

Le manifestazioni dei giorni scorsi erano contro la strage di innocenti in Palestina; ma era davvero impossibile, era davvero così difficile capire che non erano ignorate le altre stragi narrate quotidianamente dai media e che continuano a profilarsi all’orizzonte? E se questa lettura delle manifestazioni apparisse frettolosa, perché fermarsi a una critica distruttiva e non avvertire la responsabilità di accompagnare la crescita di una conoscenza e di una consapevolezza più ampie delle tragedie di oggi?

Ecco il paziente cammino di un’educazione che gli adulti sono chiamati a intraprendere accanto ai giovani che chiedono di essere nella storia attori e non spettatori. Ci sono ancora questi adulti? Nella lettera immaginaria viene citato Sergio Mattarella e i professori che hanno chiesto scusa a nome degli adulti. Tracce e orme che non sfuggono. Dei politici non c’è invece accenno: un segnale che dovrebbe far riflettere sulla incapacità e sulla non volontà di ascoltare e quindi di capire la preoccupazione, il pensiero e il sogno delle nuove generazioni.

Un pensiero e un sogno che sfidano i muri dell’arroganza e della presunzione, un pensiero e un sogno che hanno preso la parola nelle piazze e non solo sui social. Un rumore che scompiglia i ragionamenti e i piani di chi considera una fragilità la difesa e la tutela dell’umanità.

Paolo Bustaffa
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C’è chi li aspettava al varco sabato 2 marzo. Sono pacificamente scesi in piazza come la settimana precedente, hanno respinto ogni strumentalizzazione, hanno chiesto agli adulti di essere ascoltati. Hanno fatto rumore, anzi sono stati rumore. Hanno reso insignificante la critica di chi, citando le parole di Pasolini, li aveva addirittura contrapposti ai poliziotti “figli di poveri”.

Nella lettera immaginaria, ma neppure troppo, di una ragazza apparsa su un giornale nazionale dopo le botte di Pisa e le successive manifestazioni, si legge: “Ma non ce l’ho con la polizia. Odio le generalizzazioni. Non hanno sbagliato le forze dell’ordine. Hanno sbagliato quei poliziotti, e solo loro, che si sono scagliati contro di noi. Siamo fortunati a vivere in Italia, siamo un Paese libero che forse a noi giovani sta un po’ stretto ma nel quale è ancora possibile dire quello che pensiamo. La vicinanza di Mattarella ci ha riempito di orgoglio e la solidarietà dei professori che ci hanno chiesto scusa a nome degli adulti che ci hanno picchiato alimenta la voglia di continuare a esprimere le nostre idee”.

Dicono i ragazzi e le ragazze che le ferite visibili sul corpo come quelle invisibili e più profonde nell’anima si rimargineranno, senza però nulla togliere alla verità dei fatti e senza ridurre la volontà di essere rumore più che fare rumore. Un rumore per dire che sono sempre più a rischio i valori ai quali le nuove generazioni credono e senza i quali il futuro appare infelice: la dignità di ogni essere umano, la libertà, la giustizia la pace, la bellezza, la casa comune.

Le manifestazioni dei giorni scorsi erano contro la strage di innocenti in Palestina; ma era davvero impossibile, era davvero così difficile capire che non erano ignorate le altre stragi narrate quotidianamente dai media e che continuano a profilarsi all’orizzonte? E se questa lettura delle manifestazioni apparisse frettolosa, perché fermarsi a una critica distruttiva e non avvertire la responsabilità di accompagnare la crescita di una conoscenza e di una consapevolezza più ampie delle tragedie di oggi?

Ecco il paziente cammino di un’educazione che gli adulti sono chiamati a intraprendere accanto ai giovani che chiedono di essere nella storia attori e non spettatori. Ci sono ancora questi adulti? Nella lettera immaginaria viene citato Sergio Mattarella e i professori che hanno chiesto scusa a nome degli adulti. Tracce e orme che non sfuggono. Dei politici non c’è invece accenno: un segnale che dovrebbe far riflettere sulla incapacità e sulla non volontà di ascoltare e quindi di capire la preoccupazione, il pensiero e il sogno delle nuove generazioni.

Un pensiero e un sogno che sfidano i muri dell’arroganza e della presunzione, un pensiero e un sogno che hanno preso la parola nelle piazze e non solo sui social. Un rumore che scompiglia i ragionamenti e i piani di chi considera una fragilità la difesa e la tutela dell’umanità.

Paolo Bustaffa
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La Memoria data in custodia ai giovani https://www.lavoce.it/la-memoria-data-in-custodia-ai-giovani/ https://www.lavoce.it/la-memoria-data-in-custodia-ai-giovani/#respond Thu, 01 Feb 2024 17:27:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74760

La memoria non è solo un libro, un museo, una targa, una pietra d’inciampo. Certamente ha bisogno di segni, immagini e parole ma va oltre, diventa vita, diventa comunicazione del cuore, diventa volti, diventa sguardi sul passato e sull’oggi. È il verbo “ricordare” a dare un senso alla memoria, è il sentire nel proprio cuore il palpito del cuore dell’altro che ha attraversato o sta attraversando la notte, è lo stare accanto a chi ha trovato e trova la forza di raccontare il male esponendosi davanti alle telecamere, nelle aule scolastiche, nelle piazze delle città.

Traspare nei racconti la tristezza e l’amarezza nel vedere che l’immane sofferenza raccontata non sembra avere insegnato molto perché scorrono le immagini quotidiane di una scia di sangue, di violenze, di vite innocenti atrocemente spezzate. Quell’odio che ha sconvolto e ancora sconvolge appare inarrestabile.

I testimoni e vittime non si sono arresi al pessimismo e hanno continuato a raccontare consapevoli del valore educativo della memoria. È però sorta in loro la domanda: “Chi dopo di noi?”. Chi parlerà dopo che loro non ci saranno più? Chi denuncerà i responsabili delle stragi del nazi-fascismo che hanno potuto spingere l’uomo nell’abisso del male perché gli indifferenti lo hanno consentito? Basteranno i libri storia, i musei, le targhe, le manifestazioni e qualche celebrazione? O tutto finirà nel silenzio? Molti giovani li hanno ascoltati cogliendo le vibrazioni della loro anima e nelle scuole si è sviluppato un intenso dialogo tra generazioni.

Il giornalista e scrittore Francesco Comina, presentando nei giorni scorsi il suo libro La lama e la croce. Storie di cattolici che si opposero a Hitler (ed. Lev) raccontava di studenti e studentesse di una scuola italiana che erano venuti a conoscenza che in un Paese oltralpe si voleva togliere il nome Anna Frank a una scuola perché ritenuto un nome difficile da spiegare. Conoscevano la storia della giovane ebrea uccisa nel campo di sterminio di Bergen-Belsen: hanno reagito e hanno scritto una lettera ai responsabili della proposta contribuendo a evitare la rimozione.

È un esempio che si affianca a molti altri e che dice della volontà delle nuove generazioni di cercare e di porre la verità come fondamento della pace, della libertà e della giustizia. Così fecero e per questo vennero ghigliottinati dal boia nazista i giovani raccontati nel libro di Francesco Comina.

La speranza viene anche oggi da ragazze e da ragazzi che di fronte alle grandi sfide di questo tempo, comprese quelle che vengono dalla tecnoscienza, si sentono chiamati a crescere in umanità e come umanità. “Se il mondo fosse governato dai giovani - affermava papa Francesco a Praga nel 2022 - non ci sarebbero tante guerre: coloro che hanno tutta la vita davanti non la vogliono spezzare e buttare via, ma la vogliono vivere in pienezza”. La domanda “chi dopo di noi?” ha in queste parole una risposta.

Paolo Bustaffa
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La memoria non è solo un libro, un museo, una targa, una pietra d’inciampo. Certamente ha bisogno di segni, immagini e parole ma va oltre, diventa vita, diventa comunicazione del cuore, diventa volti, diventa sguardi sul passato e sull’oggi. È il verbo “ricordare” a dare un senso alla memoria, è il sentire nel proprio cuore il palpito del cuore dell’altro che ha attraversato o sta attraversando la notte, è lo stare accanto a chi ha trovato e trova la forza di raccontare il male esponendosi davanti alle telecamere, nelle aule scolastiche, nelle piazze delle città.

Traspare nei racconti la tristezza e l’amarezza nel vedere che l’immane sofferenza raccontata non sembra avere insegnato molto perché scorrono le immagini quotidiane di una scia di sangue, di violenze, di vite innocenti atrocemente spezzate. Quell’odio che ha sconvolto e ancora sconvolge appare inarrestabile.

I testimoni e vittime non si sono arresi al pessimismo e hanno continuato a raccontare consapevoli del valore educativo della memoria. È però sorta in loro la domanda: “Chi dopo di noi?”. Chi parlerà dopo che loro non ci saranno più? Chi denuncerà i responsabili delle stragi del nazi-fascismo che hanno potuto spingere l’uomo nell’abisso del male perché gli indifferenti lo hanno consentito? Basteranno i libri storia, i musei, le targhe, le manifestazioni e qualche celebrazione? O tutto finirà nel silenzio? Molti giovani li hanno ascoltati cogliendo le vibrazioni della loro anima e nelle scuole si è sviluppato un intenso dialogo tra generazioni.

Il giornalista e scrittore Francesco Comina, presentando nei giorni scorsi il suo libro La lama e la croce. Storie di cattolici che si opposero a Hitler (ed. Lev) raccontava di studenti e studentesse di una scuola italiana che erano venuti a conoscenza che in un Paese oltralpe si voleva togliere il nome Anna Frank a una scuola perché ritenuto un nome difficile da spiegare. Conoscevano la storia della giovane ebrea uccisa nel campo di sterminio di Bergen-Belsen: hanno reagito e hanno scritto una lettera ai responsabili della proposta contribuendo a evitare la rimozione.

È un esempio che si affianca a molti altri e che dice della volontà delle nuove generazioni di cercare e di porre la verità come fondamento della pace, della libertà e della giustizia. Così fecero e per questo vennero ghigliottinati dal boia nazista i giovani raccontati nel libro di Francesco Comina.

La speranza viene anche oggi da ragazze e da ragazzi che di fronte alle grandi sfide di questo tempo, comprese quelle che vengono dalla tecnoscienza, si sentono chiamati a crescere in umanità e come umanità. “Se il mondo fosse governato dai giovani - affermava papa Francesco a Praga nel 2022 - non ci sarebbero tante guerre: coloro che hanno tutta la vita davanti non la vogliono spezzare e buttare via, ma la vogliono vivere in pienezza”. La domanda “chi dopo di noi?” ha in queste parole una risposta.

Paolo Bustaffa
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Gmg2023: i giovani umbri animano la notte di Aveiro e iniziano il gemellaggio https://www.lavoce.it/gmg2023-i-giovani-umbri-animano-la-notte-di-aveiro-e-iniziano-il-gemellaggio/ https://www.lavoce.it/gmg2023-i-giovani-umbri-animano-la-notte-di-aveiro-e-iniziano-il-gemellaggio/#respond Thu, 27 Jul 2023 16:02:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=72733 umbri aveiro

I giovani umbri giungono a notte fonda nei paesi e nelle parrocchie della diocesi di Aveiro gli oltre ottocento giovani delle diocesi umbre in viaggio verso Lisbona per la Giornata mondiale della gioventù 2023. Qualcuno poco prima e altri dopo la mezzanotte, i pullman dei gruppi umbri sono arrivati nelle comunità della diocesi portoghese, accolti dalle famiglie che li ospiteranno fino al 31 luglio. Nonostante l’ora tarda, gli umbri hanno animato la notte con canti e balli, tra gli applausi e gli abbracci dei loro coetanei del posto e delle loro famiglie ospitanti. È iniziato così, nel cuore della notte, il gemellaggio tra l’Umbria e la diocesi che si affaccia sull’Atlantico in preparazione alle giornate da vivere la prossima settimana nella capitale portoghese, 250 chilometri più a sud. 

Le foto dell'arrivo degli umbri ad Aveiro

[gallery td_gallery_title_input="L'arrivo ad Aveiro" td_select_gallery_slide="slide" ids="72738,72736,72740,72735,72747,72746,72745,72743,72742,72741"]

Un viaggio lunghissimo e gioioso

L’arrivo dei giovani ad Aveiro è stato preceduto da un’altra giornata di viaggio in autobus molto impegnativa: circa 1.300 i chilometri tra Perpignan, dove i giovani avevano trascorso la notte, e la città costiera portoghese, ma non sono mancate la gioia e l’allegria. Lungo il viaggio i ragazzi della diocesi di Orvieto-Todi hanno festeggiato Sofia che, proprio sulla strada per il Portogallo, ha compiuto 18 anni. 

Il video-racconto della giornata

https://youtu.be/td5bZfjL6_E Su Umbria Radio InBlu potete trovare tutti i podcast dedicati alla Gmg dei giovani dell’Umbria.]]>
umbri aveiro

I giovani umbri giungono a notte fonda nei paesi e nelle parrocchie della diocesi di Aveiro gli oltre ottocento giovani delle diocesi umbre in viaggio verso Lisbona per la Giornata mondiale della gioventù 2023. Qualcuno poco prima e altri dopo la mezzanotte, i pullman dei gruppi umbri sono arrivati nelle comunità della diocesi portoghese, accolti dalle famiglie che li ospiteranno fino al 31 luglio. Nonostante l’ora tarda, gli umbri hanno animato la notte con canti e balli, tra gli applausi e gli abbracci dei loro coetanei del posto e delle loro famiglie ospitanti. È iniziato così, nel cuore della notte, il gemellaggio tra l’Umbria e la diocesi che si affaccia sull’Atlantico in preparazione alle giornate da vivere la prossima settimana nella capitale portoghese, 250 chilometri più a sud. 

Le foto dell'arrivo degli umbri ad Aveiro

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Un viaggio lunghissimo e gioioso

L’arrivo dei giovani ad Aveiro è stato preceduto da un’altra giornata di viaggio in autobus molto impegnativa: circa 1.300 i chilometri tra Perpignan, dove i giovani avevano trascorso la notte, e la città costiera portoghese, ma non sono mancate la gioia e l’allegria. Lungo il viaggio i ragazzi della diocesi di Orvieto-Todi hanno festeggiato Sofia che, proprio sulla strada per il Portogallo, ha compiuto 18 anni. 

Il video-racconto della giornata

https://youtu.be/td5bZfjL6_E Su Umbria Radio InBlu potete trovare tutti i podcast dedicati alla Gmg dei giovani dell’Umbria.]]>
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Inizia nella diocesi di Aveiro la Gmg dei giovani umbri. Testimonianze del viaggio https://www.lavoce.it/inizia-nella-diocesi-di-aveiro-la-gmg-dei-giovani-umbri-testimonianze-del-viaggio/ https://www.lavoce.it/inizia-nella-diocesi-di-aveiro-la-gmg-dei-giovani-umbri-testimonianze-del-viaggio/#respond Wed, 26 Jul 2023 17:06:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=72648 Aveiro prossima tappa

È iniziato lunedì sera il viaggio dei giovani umbri verso Lisbona dove dal 3 al 5 agosto vivranno le Giornate mondiali della gioventù insieme a Papa Francesco.

Prima settimana: il gemellaggio con la diocesi di Aveiro

Oggi i sono arrivati in Portogallo e per loro iniziano le “Giornate nelle diocesi”, accolti dalla diocesi di Aveiro (Portogallo). Sono giornate dedicate al gemellaggio di incontro e conoscenza tra i giovani e realtà di chiesa locale, dal 26 al 31 luglio, quando partiranno per raggiungere Lisbona dove li attende il programma delle Giornate insieme a tutti i giovani provenienti da tutto il mondo. I rgazzi hanno affrontato un viaggio di due giorni, di oltre 2.200 chilometri. 24 autobus sono stati la loro “casa” e il tempo trascorso in viaggio ha consentito loro di conoscersi, e di entrare nel clima della Gmg, come testimoniano nei loro racconti. https://youtube.com/playlist?list=PLwh0XSRZlX0CpVvfkrzhQ8ylJxgawGKgG

Da dove vengono i giovani pellegrini

Gli 837 giovani umbri, ccompagnati da educatori e sacerdoti, sono partiti dalle diverse diocesi dell'Umbria:
  • Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino (30)
  • Città di Castello (63)
  • Foligno (35)
  • Gubbio (85)
  • Orvieto-Todi (94)
  • Perugia-Città della Pieve (408)
  • Spoleto-Norcia (61)
  • Terni-Narni-Amelia (61)

La prima sosta a Perpignan

La prima tappa del viaggio è stata a Perpignan, in Francia, dove i giovani pellegrini dall’Umbria si sono trovati, per la prima volta dalla partenza, tutti insieme. Dal “Parc des sportes” che li ha ospitati nelle sue palestre, a piedi, sono andati verso la cattedrale di Perpignan dedicata a San Giovanni Battista, per entrare nel vivo di questo pellegrinaggio verso Lisbona. Con la celebrazione dell'Eucarestia in cattedrale, presieduta da don Simone Sorbaioli, vicario generale di Perugia Città della Pieve, in un clima di festa è iniziato il pellegrinaggio. Dopo la messa ritorno al “Parc des sportes” per la cena e vivere momenti di festa per conoscersi. Poi il riposo, nella palestra del centro sportivo lastricata di sacchi a pelo e trasformata in dormitorio. Il giorno dopo sveglia alle 4 e alle 5 tutti di nuovo in viaggio alla volta della Diocesi di Aveiro. [gallery td_select_gallery_slide="slide" td_gallery_title_input="I primi due giorni di viaggio" ids="72670,72669,72668,72667,72666,72665,72664,72663,72662,72661,72660,72658,72655"]

Il racconto dei nostri “inviati”

“Dopo una lunga notte trascorsa per alcuni dormendo, per altri in bianco intonando cori o divertendosi con giochi dove non sono mancate le risate, questa mattina - racconta Francesco - nel pullman dei ragazzi della diocesi di Orvieto-Todi ci siamo svegliati con le Lodi da don Luca. Le attese e le speranze sono tante , si respira nell'aria un clima di gioia straordinario, nonostante la stanchezza non vediamo l'ora di arrivare a destinazione”. I ragazzi delle diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino e della diocesi di Foligno, “a fine giornata si riuniscono condividendo loro stessi. Ognuno di noi - racconta Giacomo - ha espresso un ringraziamento al Signore per qualcosa in particolare mettendo al centro della preghiera la vita di gruppo”. “Nel pullman che ospita gli oratoriperugini di Case Bruciate, Monte Bello, Ponte d’Oddi e Castiglion del lago, si intonano canzoni, accompagnate da chitarre e cembali, rivivendo grandi classici e nuove hit, trascorrendo momenti di aggregazione divertendosi e "ammazzando" un po' il tempo. Ancora il viaggio è molto lungo ma la gioia non manca” racconta Lorenzo.

Intanto a Lisbona c'è Vira, che fa la volontaria

Vira Vitovska è di Foligno ed è partita come volontaria per la Gmg di Lisbonadove è arrivata il 23 luglio per prepararsi insieme ai volontari di tutto il mondo, ad accogliere oi loro coetanei. Lei in particolare sarà impegnata nell'ambito liturgico.
CLICCA QUI per vedere tutti gli articoli de La Voce sulla Gmg di Lisbona

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Aveiro prossima tappa

È iniziato lunedì sera il viaggio dei giovani umbri verso Lisbona dove dal 3 al 5 agosto vivranno le Giornate mondiali della gioventù insieme a Papa Francesco.

Prima settimana: il gemellaggio con la diocesi di Aveiro

Oggi i sono arrivati in Portogallo e per loro iniziano le “Giornate nelle diocesi”, accolti dalla diocesi di Aveiro (Portogallo). Sono giornate dedicate al gemellaggio di incontro e conoscenza tra i giovani e realtà di chiesa locale, dal 26 al 31 luglio, quando partiranno per raggiungere Lisbona dove li attende il programma delle Giornate insieme a tutti i giovani provenienti da tutto il mondo. I rgazzi hanno affrontato un viaggio di due giorni, di oltre 2.200 chilometri. 24 autobus sono stati la loro “casa” e il tempo trascorso in viaggio ha consentito loro di conoscersi, e di entrare nel clima della Gmg, come testimoniano nei loro racconti. https://youtube.com/playlist?list=PLwh0XSRZlX0CpVvfkrzhQ8ylJxgawGKgG

Da dove vengono i giovani pellegrini

Gli 837 giovani umbri, ccompagnati da educatori e sacerdoti, sono partiti dalle diverse diocesi dell'Umbria:
  • Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino (30)
  • Città di Castello (63)
  • Foligno (35)
  • Gubbio (85)
  • Orvieto-Todi (94)
  • Perugia-Città della Pieve (408)
  • Spoleto-Norcia (61)
  • Terni-Narni-Amelia (61)

La prima sosta a Perpignan

La prima tappa del viaggio è stata a Perpignan, in Francia, dove i giovani pellegrini dall’Umbria si sono trovati, per la prima volta dalla partenza, tutti insieme. Dal “Parc des sportes” che li ha ospitati nelle sue palestre, a piedi, sono andati verso la cattedrale di Perpignan dedicata a San Giovanni Battista, per entrare nel vivo di questo pellegrinaggio verso Lisbona. Con la celebrazione dell'Eucarestia in cattedrale, presieduta da don Simone Sorbaioli, vicario generale di Perugia Città della Pieve, in un clima di festa è iniziato il pellegrinaggio. Dopo la messa ritorno al “Parc des sportes” per la cena e vivere momenti di festa per conoscersi. Poi il riposo, nella palestra del centro sportivo lastricata di sacchi a pelo e trasformata in dormitorio. Il giorno dopo sveglia alle 4 e alle 5 tutti di nuovo in viaggio alla volta della Diocesi di Aveiro. [gallery td_select_gallery_slide="slide" td_gallery_title_input="I primi due giorni di viaggio" ids="72670,72669,72668,72667,72666,72665,72664,72663,72662,72661,72660,72658,72655"]

Il racconto dei nostri “inviati”

“Dopo una lunga notte trascorsa per alcuni dormendo, per altri in bianco intonando cori o divertendosi con giochi dove non sono mancate le risate, questa mattina - racconta Francesco - nel pullman dei ragazzi della diocesi di Orvieto-Todi ci siamo svegliati con le Lodi da don Luca. Le attese e le speranze sono tante , si respira nell'aria un clima di gioia straordinario, nonostante la stanchezza non vediamo l'ora di arrivare a destinazione”. I ragazzi delle diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino e della diocesi di Foligno, “a fine giornata si riuniscono condividendo loro stessi. Ognuno di noi - racconta Giacomo - ha espresso un ringraziamento al Signore per qualcosa in particolare mettendo al centro della preghiera la vita di gruppo”. “Nel pullman che ospita gli oratoriperugini di Case Bruciate, Monte Bello, Ponte d’Oddi e Castiglion del lago, si intonano canzoni, accompagnate da chitarre e cembali, rivivendo grandi classici e nuove hit, trascorrendo momenti di aggregazione divertendosi e "ammazzando" un po' il tempo. Ancora il viaggio è molto lungo ma la gioia non manca” racconta Lorenzo.

Intanto a Lisbona c'è Vira, che fa la volontaria

Vira Vitovska è di Foligno ed è partita come volontaria per la Gmg di Lisbonadove è arrivata il 23 luglio per prepararsi insieme ai volontari di tutto il mondo, ad accogliere oi loro coetanei. Lei in particolare sarà impegnata nell'ambito liturgico.
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La droga dilaga. Che fare? https://www.lavoce.it/la-droga-dilaga-che-fare/ https://www.lavoce.it/la-droga-dilaga-che-fare/#respond Wed, 12 Jul 2023 15:30:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=72295 Ragazza che fuma di profilo e sullo sfondo una finestra

di Silvia Rossetti Il consumo delle cosiddette “droghe leggere” tra gli adolescenti registra un costante e preoccupante aumento. In cima alla classifica dei consumi è la cannabis, utilizzata da quasi un terzo della popolazione studentesca tra i 15 e i 19 anni. C’è consapevolezza rispetto agli effetti collaterali e ai danni che determinano queste sostanze? Poca, anzi pochissima. Circola la convinzione che si tratti di droghe “leggere”, ma queste sostanze inducono nel cervello danni irreversibili. La cannabis causa problemi nell’apprendimento e nella memoria, altera significativamente i riflessi di chi guida vetture o moto. Predispone, inoltre, al consumo di altre droghe. Tra i giovani sembra inoltre molto diffuso il cosiddetto policonsumo: le sostanze si associano tra di loro o con bevande alcoliche o farmaci, generando mix pericolosissimi.

Sistema di prevenzione non adeguato

Il sistema di prevenzione e contrasto all’utilizzo di queste droghe purtroppo non è adeguato, e spesso i genitori non si accorgono neppure che i figli stanno facendo uso di stupefacenti, che costano relativamente poco e sono reperibili anche sul Web. Molti ragazzi sono in grado di produrre anche droghe fai-da-te, come la purple drank, che si ottiene mescolando il contenuto di un flacone di sciroppo per la tosse a base di codeina (un oppiaceo analgesico) con una bevanda gasata. La bibita viola che ne esce offre una sensazione di vaghezza e liquidità mentale. In pratica, una sorta di sedazione diffusa. Forte pare il suo legame con la musica trap, genere molto popolare tra gli adolescenti.

Perché i giovani hanno bisogno di sballo?

Ma perché i nostri giovani hanno così tanto bisogno di “sballo”? Sarebbe troppo semplicistico affermare che gli adolescenti di oggi equivocano profondamente il senso del divertirsi, confondendolo con tutto ciò che è eccesso. In realtà, trap e purple drank sembrano abbracciare il medesimo ‘buco nero’ insito nella nostra società in crisi. Per comprendere il disagio, occorre andare alla radice della sua manifestazione.

Il "poliabuso" sembra assicurare il contenimento degli stati emotivi

Gli esperti dicono che alla base del consumo di droghe vi è la necessità di manipolare i propri stati d’animo. Il “poliabuso” pare assicurare il contenimento degli stati emotivi. Le emozioni terrorizzano perché i nostri giovani non sono preparati a gestirle. Esse confluiscono in un indistinto sentimento di angoscia, che purtroppo non è soltanto giovanile. Anzi, è il retaggio di una società scarnificata e priva di senso, terrorizzata dai propri limiti, insicura e incapace di contenere i fallimenti. Alla base di tutto un profondo senso di mancanza che fa da humus al fiorire del disagio. Poi, certo, alla radice di queste dipendenze c’è anche il desiderio di sentirsi parte di un gruppo.

Come arginare tale deriva?

Cosa fare per arginare questa deriva? La prevenzione dovrebbe iniziare prestissimo, visto e considerato che l’età dei consumatori si sta pericolosamente abbassando. Sappiamo bene come, soprattutto in certi ambienti degradati, il consumo si saldi al piccolo spaccio, che procura denaro apparentemente facile e una sorta di posizione di potere all’interno delle piccole comunità. A scuola bisognerebbe avviare percorsi strutturati di educazione alla salute, all’interno dei quali inserire programmi efficaci e concreti di contrasto all’assunzione delle droghe. La pratica sportiva potrebbe rappresentare un valido supporto. Il coinvolgimento delle famiglie in questi percorsi dovrebbe essere essenziali, ma anche quello delle forze dell’ordine, del territorio, della politica.]]>
Ragazza che fuma di profilo e sullo sfondo una finestra

di Silvia Rossetti Il consumo delle cosiddette “droghe leggere” tra gli adolescenti registra un costante e preoccupante aumento. In cima alla classifica dei consumi è la cannabis, utilizzata da quasi un terzo della popolazione studentesca tra i 15 e i 19 anni. C’è consapevolezza rispetto agli effetti collaterali e ai danni che determinano queste sostanze? Poca, anzi pochissima. Circola la convinzione che si tratti di droghe “leggere”, ma queste sostanze inducono nel cervello danni irreversibili. La cannabis causa problemi nell’apprendimento e nella memoria, altera significativamente i riflessi di chi guida vetture o moto. Predispone, inoltre, al consumo di altre droghe. Tra i giovani sembra inoltre molto diffuso il cosiddetto policonsumo: le sostanze si associano tra di loro o con bevande alcoliche o farmaci, generando mix pericolosissimi.

Sistema di prevenzione non adeguato

Il sistema di prevenzione e contrasto all’utilizzo di queste droghe purtroppo non è adeguato, e spesso i genitori non si accorgono neppure che i figli stanno facendo uso di stupefacenti, che costano relativamente poco e sono reperibili anche sul Web. Molti ragazzi sono in grado di produrre anche droghe fai-da-te, come la purple drank, che si ottiene mescolando il contenuto di un flacone di sciroppo per la tosse a base di codeina (un oppiaceo analgesico) con una bevanda gasata. La bibita viola che ne esce offre una sensazione di vaghezza e liquidità mentale. In pratica, una sorta di sedazione diffusa. Forte pare il suo legame con la musica trap, genere molto popolare tra gli adolescenti.

Perché i giovani hanno bisogno di sballo?

Ma perché i nostri giovani hanno così tanto bisogno di “sballo”? Sarebbe troppo semplicistico affermare che gli adolescenti di oggi equivocano profondamente il senso del divertirsi, confondendolo con tutto ciò che è eccesso. In realtà, trap e purple drank sembrano abbracciare il medesimo ‘buco nero’ insito nella nostra società in crisi. Per comprendere il disagio, occorre andare alla radice della sua manifestazione.

Il "poliabuso" sembra assicurare il contenimento degli stati emotivi

Gli esperti dicono che alla base del consumo di droghe vi è la necessità di manipolare i propri stati d’animo. Il “poliabuso” pare assicurare il contenimento degli stati emotivi. Le emozioni terrorizzano perché i nostri giovani non sono preparati a gestirle. Esse confluiscono in un indistinto sentimento di angoscia, che purtroppo non è soltanto giovanile. Anzi, è il retaggio di una società scarnificata e priva di senso, terrorizzata dai propri limiti, insicura e incapace di contenere i fallimenti. Alla base di tutto un profondo senso di mancanza che fa da humus al fiorire del disagio. Poi, certo, alla radice di queste dipendenze c’è anche il desiderio di sentirsi parte di un gruppo.

Come arginare tale deriva?

Cosa fare per arginare questa deriva? La prevenzione dovrebbe iniziare prestissimo, visto e considerato che l’età dei consumatori si sta pericolosamente abbassando. Sappiamo bene come, soprattutto in certi ambienti degradati, il consumo si saldi al piccolo spaccio, che procura denaro apparentemente facile e una sorta di posizione di potere all’interno delle piccole comunità. A scuola bisognerebbe avviare percorsi strutturati di educazione alla salute, all’interno dei quali inserire programmi efficaci e concreti di contrasto all’assunzione delle droghe. La pratica sportiva potrebbe rappresentare un valido supporto. Il coinvolgimento delle famiglie in questi percorsi dovrebbe essere essenziali, ma anche quello delle forze dell’ordine, del territorio, della politica.]]>
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Francesco, ieri e oggi https://www.lavoce.it/francesco-ieri-e-oggi-2/ Thu, 01 Dec 2022 11:40:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69427 Papa francesco seduto sulla sedia a rotelle saluta i presentiin piazza

Non lo spaventano affatto gli acciacchi e i quasi 86 anni di età. Arriva davanti a seimila ragazzi in festa, con il passo incerto al quale ci ha abituato da qualche tempo, aggrappato al bastone prima e in sedia a rotelle poi. Ma non è stanco di snocciolare ancora una volta la grammatica della pace, per renderne sempre più solide le radici, specie tra i più giovani.

Papa Francesco va dritto per la sua strada - molto distante dai tatticismi che scatenano conflitti per blocchi contrapposti - e invita gli studenti a essere “poeti di pace”. Ai ragazzi e alle ragazze arrivati fino in Vaticano per cantare e gridare la pace, indica un ventaglio di modelli ai quali ispirarsi nelle scelte grandi e piccole di ogni giorno. Ci sono san Francesco di Assisi, il poeta argentino Jorge Luis Borges, Martin Luther King, con il suo sogno di giustizia, libertà e uguaglianza, e il ‘papa buono’ san Giovanni XXIII con la profezia dell’enciclica Pacem in Terris contrapposta alle paure della guerra fredda e allo spettro del conflitto nucleare.

[caption id="attachment_69433" align="alignnone" width="400"]Ragazzi delle scuole tengono delle manine gialle tra le dita con delle scritte (Foto di Roberto Brancolini)[/caption]

“Perché ci sia la pace, come dice bene il vostro motto - ha esortato Papa Francesco - , bisogna ‘prendersi cura’. Spesso parliamo di pace quando ci sentiamo direttamente minacciati, come nel caso di un possibile attacco nucleare o di una guerra combattuta alle nostre porte. Così come ci interessiamo ai diritti dei migranti quando abbiamo qualche parente o amico emigrato. In realtà, la pace ci riguarda sempre, sempre! Come sempre ci riguarda l’altro, il fratello e la sorella, e di lui e di lei dobbiamo prenderci cura”.

Ancora una volta, nelle parole del Santo Padre, la città di Assisi diventa segno e messaggio universale “grazie alla figura carismatica di quel giovane assisano spensierato e ribelle di nome Francesco, il quale lasciò la sua famiglia e le ricchezze per seguire il Signore e sposare madonna Povertà”.  All’inizio di una nuova serie di centenari francescani dal 2023 al 2026, “quel giovane sognatore - ha ribadito il Papa - “ancora oggi è fonte di ispirazione per ciò che riguarda la pace, la fratellanza, l’amore per i poveri, l’ecologia, l’economia”. Ancora oggi, dopo otto secoli.

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Papa francesco seduto sulla sedia a rotelle saluta i presentiin piazza

Non lo spaventano affatto gli acciacchi e i quasi 86 anni di età. Arriva davanti a seimila ragazzi in festa, con il passo incerto al quale ci ha abituato da qualche tempo, aggrappato al bastone prima e in sedia a rotelle poi. Ma non è stanco di snocciolare ancora una volta la grammatica della pace, per renderne sempre più solide le radici, specie tra i più giovani.

Papa Francesco va dritto per la sua strada - molto distante dai tatticismi che scatenano conflitti per blocchi contrapposti - e invita gli studenti a essere “poeti di pace”. Ai ragazzi e alle ragazze arrivati fino in Vaticano per cantare e gridare la pace, indica un ventaglio di modelli ai quali ispirarsi nelle scelte grandi e piccole di ogni giorno. Ci sono san Francesco di Assisi, il poeta argentino Jorge Luis Borges, Martin Luther King, con il suo sogno di giustizia, libertà e uguaglianza, e il ‘papa buono’ san Giovanni XXIII con la profezia dell’enciclica Pacem in Terris contrapposta alle paure della guerra fredda e allo spettro del conflitto nucleare.

[caption id="attachment_69433" align="alignnone" width="400"]Ragazzi delle scuole tengono delle manine gialle tra le dita con delle scritte (Foto di Roberto Brancolini)[/caption]

“Perché ci sia la pace, come dice bene il vostro motto - ha esortato Papa Francesco - , bisogna ‘prendersi cura’. Spesso parliamo di pace quando ci sentiamo direttamente minacciati, come nel caso di un possibile attacco nucleare o di una guerra combattuta alle nostre porte. Così come ci interessiamo ai diritti dei migranti quando abbiamo qualche parente o amico emigrato. In realtà, la pace ci riguarda sempre, sempre! Come sempre ci riguarda l’altro, il fratello e la sorella, e di lui e di lei dobbiamo prenderci cura”.

Ancora una volta, nelle parole del Santo Padre, la città di Assisi diventa segno e messaggio universale “grazie alla figura carismatica di quel giovane assisano spensierato e ribelle di nome Francesco, il quale lasciò la sua famiglia e le ricchezze per seguire il Signore e sposare madonna Povertà”.  All’inizio di una nuova serie di centenari francescani dal 2023 al 2026, “quel giovane sognatore - ha ribadito il Papa - “ancora oggi è fonte di ispirazione per ciò che riguarda la pace, la fratellanza, l’amore per i poveri, l’ecologia, l’economia”. Ancora oggi, dopo otto secoli.

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Elezioni. Appello dei Vescovi ai giovani, ai disillusi e agli eletti: dipende da noi, impegnamoci!” https://www.lavoce.it/elezioni-appello-dei-vescovi-ai-giovani-ai-disillusi-e-agli-eletti-dipende-da-noi-impegnamoci/ Thu, 22 Sep 2022 17:29:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68747 giovani elezioni

Elezioni: i Vescovi invitano a partecipare. Pubblichiamo di seguito il testo “Osare la speranza: appello alle donne e agli uomini del nostro Paese” approvato dal Consiglio Episcopale Permanente che si è tenuto il 21 settembre a Matera, in occasione del Congresso eucaristico nazionale. _______ Dipende da noi: impegniamoci. È questo il messaggio che sentiamo di rivolgere a noi stessi, alle nostre comunità, a tutte le donne e gli uomini d’Italia. Stiamo attraversando una fase particolarmente delicata e complicata della storia: le nostre parole non sono un incoraggiamento ad andare avanti nonostante tutto, ma un invito a osare con speranza. Non semplice ottimismo, ma speranza e realismo cristiano. La guerra, la pandemia, la crisi ambientale e quella delle imprese, l’aumento generalizzato dei costi, il caro bollette… sono tutte questioni che ci addolorano terribilmente e ci preoccupano. Non possiamo mai abituarci a vedere la vita calpestata. Il nostro appello è motivato prima di tutto dalla nostra fede e dalla certezza che il Vangelo di Gesù continua ad essere una Buona Notizia per tutti. Ci sta a cuore il futuro di ogni persona umana. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Siamo fratelli e sorelle. “Impegniamoci”, tutti insieme, per non cedere al pessimismo e alla rabbia. Vogliamo essere spettatori o protagonisti del futuro? L’Italia ha bisogno dell’impegno di ciascuno, di responsabilità e di partecipazione. Vicini e solidali con chi soffre ed è in cerca di risposte ai tanti problemi quotidiani, rivolgiamo un appello agli elettori, ai giovani, a chi ha perso fiducia nelle Istituzioni e agli stessi rappresentanti che saranno eletti al Parlamento.

Agli elettori

Il voto è un diritto e un dovere da esercitare con consapevolezza. Siamo chiamati a fare discernimento fra le diverse proposte politiche alla luce del bene comune, liberi da qualsiasi tornaconto personale e attenti solo alla costruzione di una società più giusta, che riparte dagli “ultimi” e, per questo, possibile per tutti, e ospitale. Solo così può entrare il futuro! C’è un bisogno diffuso di comunità, da costruire e ricostruire sui territori in Italia e in Europa, con lo sguardo aperto al mondo, senza lasciare indietro nessuno. C’è urgenza di visioni ampie; di uno slancio culturale che sappia aprire orizzonti nuovi e nutrire un’educazione al bello, al vero e al giusto. Il voto è una espressione qualificata della vita democratica di un Paese, ma è opportuno continuare a sentirsene partecipi attraverso tutti gli strumenti che la società civile ha a disposizione.

Ai giovani

Ai giovani, che per la prima volta si recano a un seggio elettorale, diciamo di avere fiducia! Con il vostro voto lanciate a tutta l’Italia un forte messaggio di partecipazione alla costruzione del bene comune, nel rispetto della persona, di tutte le persone in ogni fase della vita. Questo è il vero criterio per orientarsi nelle scelte. Il vostro impegno per la cura del Creato è un esempio per tutti. Vedere che i giovani si pongono dalla parte di chi vuole affrontare e risolvere i problemi è un segno che fa ben sperare. E impegna, allo stesso tempo, noi adulti a non tradire i vostri sogni.

Ai disillusi

A chi, dopo molti anni, è tentato di pensare che nulla cambierà anche stavolta, ricordiamo che il contributo di tutti è molto prezioso. Comprendiamo la vostra preoccupazione: sarà possibile mettere da parte le divisioni e guardare al bene del Paese? Vi invitiamo, però, a non far prevalere la delusione: impegniamoci! La partecipazione democratica è amore per il nostro Paese. Invitiamo chi si trova ad affrontare gravi problemi e si sente ai margini della società a non scoraggiarsi e a dare il proprio irrinunciabile contributo.

Agli eletti

Chiediamo ai futuri eletti di non dimenticare mai l’alta responsabilità di cui sono investiti. Il loro servizio è per tutti, in particolare per chi è più fragile e per chi non ha modo di far sentire la sua voce. L’agenda dei problemi del nostro Paese è fitta: le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, la protezione degli anziani, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, l’accoglienza, la tutela, la promozione e l’integrazione dei migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale… È il tempo di scelte coraggiose e organiche. Non opportunismi, ma visioni. Vi invitiamo a vivere la responsabilità politica come “la forma più alta di carità”.

Elezioni. Prospettive

Ripartiamo dai luoghi di vita: qui abbiamo ritrovato il senso della prossimità durante la pandemia. Il Cammino sinodale che le Chiese in Italia stanno vivendo può costituire davvero un’opportunità per far progredire processi di corresponsabilità. È sempre nei luoghi di vita che abbiamo appreso l’arte del dialogo e dell’ascolto, ingredienti indispensabili per ricostruire le condizioni della partecipazione e del confronto. Riscopriamo e riproponiamo i principi della dottrina sociale della Chiesa: dignità delle persone, bene comune, solidarietà e sussidiarietà. Amiamo il nostro Paese. La Chiesa ricorderà sempre questo a tutti e continuerà a indicare, con severità se occorre, il bene comune e non l’interesse personale, la difesa dei diritti inviolabili della persona e della comunità. Matera, 21 settembre 2022 Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista]]>
giovani elezioni

Elezioni: i Vescovi invitano a partecipare. Pubblichiamo di seguito il testo “Osare la speranza: appello alle donne e agli uomini del nostro Paese” approvato dal Consiglio Episcopale Permanente che si è tenuto il 21 settembre a Matera, in occasione del Congresso eucaristico nazionale. _______ Dipende da noi: impegniamoci. È questo il messaggio che sentiamo di rivolgere a noi stessi, alle nostre comunità, a tutte le donne e gli uomini d’Italia. Stiamo attraversando una fase particolarmente delicata e complicata della storia: le nostre parole non sono un incoraggiamento ad andare avanti nonostante tutto, ma un invito a osare con speranza. Non semplice ottimismo, ma speranza e realismo cristiano. La guerra, la pandemia, la crisi ambientale e quella delle imprese, l’aumento generalizzato dei costi, il caro bollette… sono tutte questioni che ci addolorano terribilmente e ci preoccupano. Non possiamo mai abituarci a vedere la vita calpestata. Il nostro appello è motivato prima di tutto dalla nostra fede e dalla certezza che il Vangelo di Gesù continua ad essere una Buona Notizia per tutti. Ci sta a cuore il futuro di ogni persona umana. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Siamo fratelli e sorelle. “Impegniamoci”, tutti insieme, per non cedere al pessimismo e alla rabbia. Vogliamo essere spettatori o protagonisti del futuro? L’Italia ha bisogno dell’impegno di ciascuno, di responsabilità e di partecipazione. Vicini e solidali con chi soffre ed è in cerca di risposte ai tanti problemi quotidiani, rivolgiamo un appello agli elettori, ai giovani, a chi ha perso fiducia nelle Istituzioni e agli stessi rappresentanti che saranno eletti al Parlamento.

Agli elettori

Il voto è un diritto e un dovere da esercitare con consapevolezza. Siamo chiamati a fare discernimento fra le diverse proposte politiche alla luce del bene comune, liberi da qualsiasi tornaconto personale e attenti solo alla costruzione di una società più giusta, che riparte dagli “ultimi” e, per questo, possibile per tutti, e ospitale. Solo così può entrare il futuro! C’è un bisogno diffuso di comunità, da costruire e ricostruire sui territori in Italia e in Europa, con lo sguardo aperto al mondo, senza lasciare indietro nessuno. C’è urgenza di visioni ampie; di uno slancio culturale che sappia aprire orizzonti nuovi e nutrire un’educazione al bello, al vero e al giusto. Il voto è una espressione qualificata della vita democratica di un Paese, ma è opportuno continuare a sentirsene partecipi attraverso tutti gli strumenti che la società civile ha a disposizione.

Ai giovani

Ai giovani, che per la prima volta si recano a un seggio elettorale, diciamo di avere fiducia! Con il vostro voto lanciate a tutta l’Italia un forte messaggio di partecipazione alla costruzione del bene comune, nel rispetto della persona, di tutte le persone in ogni fase della vita. Questo è il vero criterio per orientarsi nelle scelte. Il vostro impegno per la cura del Creato è un esempio per tutti. Vedere che i giovani si pongono dalla parte di chi vuole affrontare e risolvere i problemi è un segno che fa ben sperare. E impegna, allo stesso tempo, noi adulti a non tradire i vostri sogni.

Ai disillusi

A chi, dopo molti anni, è tentato di pensare che nulla cambierà anche stavolta, ricordiamo che il contributo di tutti è molto prezioso. Comprendiamo la vostra preoccupazione: sarà possibile mettere da parte le divisioni e guardare al bene del Paese? Vi invitiamo, però, a non far prevalere la delusione: impegniamoci! La partecipazione democratica è amore per il nostro Paese. Invitiamo chi si trova ad affrontare gravi problemi e si sente ai margini della società a non scoraggiarsi e a dare il proprio irrinunciabile contributo.

Agli eletti

Chiediamo ai futuri eletti di non dimenticare mai l’alta responsabilità di cui sono investiti. Il loro servizio è per tutti, in particolare per chi è più fragile e per chi non ha modo di far sentire la sua voce. L’agenda dei problemi del nostro Paese è fitta: le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, la protezione degli anziani, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, l’accoglienza, la tutela, la promozione e l’integrazione dei migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale… È il tempo di scelte coraggiose e organiche. Non opportunismi, ma visioni. Vi invitiamo a vivere la responsabilità politica come “la forma più alta di carità”.

Elezioni. Prospettive

Ripartiamo dai luoghi di vita: qui abbiamo ritrovato il senso della prossimità durante la pandemia. Il Cammino sinodale che le Chiese in Italia stanno vivendo può costituire davvero un’opportunità per far progredire processi di corresponsabilità. È sempre nei luoghi di vita che abbiamo appreso l’arte del dialogo e dell’ascolto, ingredienti indispensabili per ricostruire le condizioni della partecipazione e del confronto. Riscopriamo e riproponiamo i principi della dottrina sociale della Chiesa: dignità delle persone, bene comune, solidarietà e sussidiarietà. Amiamo il nostro Paese. La Chiesa ricorderà sempre questo a tutti e continuerà a indicare, con severità se occorre, il bene comune e non l’interesse personale, la difesa dei diritti inviolabili della persona e della comunità. Matera, 21 settembre 2022 Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista]]>
Ad Assisi “Economy of Francesco”: il programma https://www.lavoce.it/assisi-economy-of-francesco-il-programma/ https://www.lavoce.it/assisi-economy-of-francesco-il-programma/#comments Wed, 21 Sep 2022 16:41:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68707

La città è pronta ad accogliere i mille giovani economisti, imprenditori e change-maker che saranno in Assisi dal 22 al 24 settembre per celebrare il loro impegno comune a cambiare l’economia che culminerà, sabato 24 settembre, nella firma di un patto con Papa Francesco.

Tre luoghi, dodici villaggi

La tre giorni di EoF si svilupperà tra il teatro Lyrick e il Pala eventi a Santa Maria degli Angeli e il centro storico di Assisi, in 12 villaggi, relativi ai temi su cui i giovani hanno lavorato in questi tre anni. “Finalmente ci siamo: grazie e benvenuti giovani a The Economy of Francesco – dicono i membri del Comitato organizzatore - . Siamo sicuri che, qui in Assisi, potrete sentire la spiritualità francescana e permettere a noi di conoscere e apprezzare i frutti del vostro lavoro che costituiranno le fondamenta di questa nuova economia che il Santo Padre ci ha chiamato a costruire”. L'arrivo dei primi giovani [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="68716,68717,68718,68719"]

Il programma

Ricco il programma delle iniziative per The Economy of Francesco che si svolge finalmente in presenza. Il 22 settembre, alle 9.30 al Lyrick l’apertura dell'evento e il raccolto EoF: i giovani si incontrano con sessioni, discussioni e tavole rotonde per presentare idee e progetti, affrontare questioni economiche e le sfide contemporanee. A seguire “L'unica guerra giusta è quella che non combattiamo”, una riflessione sulla prevenzione dei conflitti armati. Dalle 11.30 al Pala eventi: EoF Hogar, uno spazio di incontro e dialogo, nel pomeriggio alle 17 la sessione plenaria con gli EoF ambassadors con Vandana Shiva, Jeffrey Sachs, Kate Raworth, Gael Giraud, Sabina Alkire, suor Helen Alford, Vilson Groh, Stefano Zamagni e Leonardo Becchetti. A seguire la messa in scena dello spettacolo dei giovani dell’Istituto Serafico di Assisi Il sogno. Venerdì 23 alle ore 9 A tu per tu con Francesco - Percorsi sulle orme di San Francesco (visite nei luoghi relativi alla vita del Santo), a seguire alle 11 i giovani partecipanti si ritroveranno nei vari villaggi. Alle 18 in programma conferenze aperte a tutti, con i giovani economisti e imprenditori in dialogo con i relatori internazionali sui principali temi dell’evento. Alla Pro Civitate Christiana l'economista Gael Giraud interverrà sul tema “The Economy of Francesco: una nuova economia costruita dai giovani”, al Sacro Convento Francesco Sylos Labini su “Meritocrazia, valutazione, eccellenza: il caso delle università e della ricerca”, al Monte Frumentario Vandana Shiva parlerà di “Economia della Cura, Economia del Dono. Riflessioni su San Francesco: ‘È solo dando che riceviamo’”, nella Sala della Conciliazione Vilson Groh affronterà il tema “Percorsi per un nuovo patto educativo ed economico: costruire ponti tra centro e periferia”. E ancora all’Istituto Serafico suor Helen Alford tratterà il tema “Fraternità Universale: un’idea che potrebbe cambiare il mondo”, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli l’economista Stefano Zamagni interverrà sul tema “I pericoli, già evidenti, della managerializzazione della società. Qual è la strategia di contrasto?”. La sera alle 21 visite guidate alla Basilica di San Francesco e alla Basilica di Santa Maria degli Angeli.

L'incontro con papa Francesco e la firma del Patto con i giovani

La tre giorni si conclude, sabato 24 settembre, con l’incontro dei partecipanti con il Papa al teatro Lyrick dove verrà siglato il Patto con i giovani. L’incontro sarà in diretta su Rai Uno, in streaming sul canale YouTube di EoF e su VaticanNews in sette lingue, più la lingua dei segni. Sempre in streaming sulle stesse piattaforme anche la giornata del 22.

Villaggi nei luoghi francescani, uno anche al protomonastero di Santa Chiara

Come detto, sono 12 i villaggi di The Economy of Francesco, tra il centro storico e Santa Maria degli Angeli. Ad aprire le loro porte al pubblico anche luoghi particolari, come il Protomonastero di Santa Chiara che ospiterà il villaggio Economia è donna, e il Monte Frumentario con Agricoltura e Giustizia e Finanza e umanità. Vita e stili di vita e Lavoro e cura saranno ospitati alla Basilica Papale e Sacro Convento di San Francesco, Vocazione e Profitto al Santuario della Spogliazione, Management e dono alla Basilica Santa Maria degli Angeli, Politiche per la felicità all’Archivio Vescovile di San Rufino, Business e Pace alla Pro Civitate Christiana, Energia e povertà al Palazzo del Comune, Imprese in transizione al Centro Pastorale Santa Maria degli Angeli e CO2 della disuguaglianza all’Istituto Serafico.]]>

La città è pronta ad accogliere i mille giovani economisti, imprenditori e change-maker che saranno in Assisi dal 22 al 24 settembre per celebrare il loro impegno comune a cambiare l’economia che culminerà, sabato 24 settembre, nella firma di un patto con Papa Francesco.

Tre luoghi, dodici villaggi

La tre giorni di EoF si svilupperà tra il teatro Lyrick e il Pala eventi a Santa Maria degli Angeli e il centro storico di Assisi, in 12 villaggi, relativi ai temi su cui i giovani hanno lavorato in questi tre anni. “Finalmente ci siamo: grazie e benvenuti giovani a The Economy of Francesco – dicono i membri del Comitato organizzatore - . Siamo sicuri che, qui in Assisi, potrete sentire la spiritualità francescana e permettere a noi di conoscere e apprezzare i frutti del vostro lavoro che costituiranno le fondamenta di questa nuova economia che il Santo Padre ci ha chiamato a costruire”. L'arrivo dei primi giovani [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="68716,68717,68718,68719"]

Il programma

Ricco il programma delle iniziative per The Economy of Francesco che si svolge finalmente in presenza. Il 22 settembre, alle 9.30 al Lyrick l’apertura dell'evento e il raccolto EoF: i giovani si incontrano con sessioni, discussioni e tavole rotonde per presentare idee e progetti, affrontare questioni economiche e le sfide contemporanee. A seguire “L'unica guerra giusta è quella che non combattiamo”, una riflessione sulla prevenzione dei conflitti armati. Dalle 11.30 al Pala eventi: EoF Hogar, uno spazio di incontro e dialogo, nel pomeriggio alle 17 la sessione plenaria con gli EoF ambassadors con Vandana Shiva, Jeffrey Sachs, Kate Raworth, Gael Giraud, Sabina Alkire, suor Helen Alford, Vilson Groh, Stefano Zamagni e Leonardo Becchetti. A seguire la messa in scena dello spettacolo dei giovani dell’Istituto Serafico di Assisi Il sogno. Venerdì 23 alle ore 9 A tu per tu con Francesco - Percorsi sulle orme di San Francesco (visite nei luoghi relativi alla vita del Santo), a seguire alle 11 i giovani partecipanti si ritroveranno nei vari villaggi. Alle 18 in programma conferenze aperte a tutti, con i giovani economisti e imprenditori in dialogo con i relatori internazionali sui principali temi dell’evento. Alla Pro Civitate Christiana l'economista Gael Giraud interverrà sul tema “The Economy of Francesco: una nuova economia costruita dai giovani”, al Sacro Convento Francesco Sylos Labini su “Meritocrazia, valutazione, eccellenza: il caso delle università e della ricerca”, al Monte Frumentario Vandana Shiva parlerà di “Economia della Cura, Economia del Dono. Riflessioni su San Francesco: ‘È solo dando che riceviamo’”, nella Sala della Conciliazione Vilson Groh affronterà il tema “Percorsi per un nuovo patto educativo ed economico: costruire ponti tra centro e periferia”. E ancora all’Istituto Serafico suor Helen Alford tratterà il tema “Fraternità Universale: un’idea che potrebbe cambiare il mondo”, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli l’economista Stefano Zamagni interverrà sul tema “I pericoli, già evidenti, della managerializzazione della società. Qual è la strategia di contrasto?”. La sera alle 21 visite guidate alla Basilica di San Francesco e alla Basilica di Santa Maria degli Angeli.

L'incontro con papa Francesco e la firma del Patto con i giovani

La tre giorni si conclude, sabato 24 settembre, con l’incontro dei partecipanti con il Papa al teatro Lyrick dove verrà siglato il Patto con i giovani. L’incontro sarà in diretta su Rai Uno, in streaming sul canale YouTube di EoF e su VaticanNews in sette lingue, più la lingua dei segni. Sempre in streaming sulle stesse piattaforme anche la giornata del 22.

Villaggi nei luoghi francescani, uno anche al protomonastero di Santa Chiara

Come detto, sono 12 i villaggi di The Economy of Francesco, tra il centro storico e Santa Maria degli Angeli. Ad aprire le loro porte al pubblico anche luoghi particolari, come il Protomonastero di Santa Chiara che ospiterà il villaggio Economia è donna, e il Monte Frumentario con Agricoltura e Giustizia e Finanza e umanità. Vita e stili di vita e Lavoro e cura saranno ospitati alla Basilica Papale e Sacro Convento di San Francesco, Vocazione e Profitto al Santuario della Spogliazione, Management e dono alla Basilica Santa Maria degli Angeli, Politiche per la felicità all’Archivio Vescovile di San Rufino, Business e Pace alla Pro Civitate Christiana, Energia e povertà al Palazzo del Comune, Imprese in transizione al Centro Pastorale Santa Maria degli Angeli e CO2 della disuguaglianza all’Istituto Serafico.]]>
https://www.lavoce.it/assisi-economy-of-francesco-il-programma/feed/ 1
A Perugia “Jam Park 2022, Musica per tutti” https://www.lavoce.it/a-perugia-jam-park-2022-musica-per-tutti/ Thu, 01 Sep 2022 13:51:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68179

Dal 2 al 4 settembre, presso l’auditorium “Giovanni Paolo II” in via Canali 14 a Perugia, si svolgerà la manifestazione “Jam Park Perugia 2022” – Musica per tutti, ideata dai giovani e dedicata ai giovani con meno di 25 anni che vogliono mettersi sul palco ed avere la possibilità di esibirsi di fronte ad un pubblico. L’evento, organizzato dall’associazione Natura Urbana Aps insieme all’associazione Sul Palco della Vita Aps e patrocinato dal Comune di Perugia, Aics Perugia ed Acli Arte e Spettacolo Perugia, vuole offrire a giovani cantanti e musicisti la possibilità di esprimere il proprio talento e farsi conoscere. L’obiettivo è offrire una possibilità ai giovani talenti emergenti. Concluse le iscrizioni, termine fissato al 25 agosto, parteciperanno durante le tre serate circa 20 giovani solisti e bande da diverse regioni italiane. Lorenzo Salvi, presidente dell’associazione Natura Urbana, insieme al direttivo ed ai collaboratori, esprime la piena soddisfazione della prima fase dell’iniziativa unica del territorio. Ladis Kumar, presidente dell’associazione "Sul palco della vita" ha espresso il proprio compiacimento nel vedere l’aggregazione dei giovani attorno alla musica e arte. “L’evento – spiega – è l’avvio di un lungo percorso di formazione dei giovani attraverso l’arte per costruire un mondo di uguaglianza, giustizia e pace”.

Il dibattito sull'importanza della musica per i giovani e le scuole

La manifestazione prenderà il via alle ore 17 di venerdì 2 settembre, con un dibattito sull’importanza della musica per i giovani e sull’importanza del suo insegnamento nelle scuole. Alla tavola rotonda “La musica, scuola dei giovani”, coordinata dal maestro Enrico Bindocci, parteciperanno Gianluca Tuteri, vicesindaco del Comune di Perugia e assessore scuola ed edilizia scolastica - politiche per l'infanzia e l'adolescenza; Gabriele Giottoli, assessore Partecipazione del cittadino e relazioni con le parti sociali; Marta Alunni Pini, direttrice Coro Voci Bianche Conservatorio di Perugia; Francesca Rossi, Banda degli Unisoni; Andrea Ceccomori, flautista e direttore artistico “Assisi Suono Sacro; Giovanni Jacopo Tofanetti, dirigente Secondo Circolo Perugia; Sonia Gavini, direzione nazionale Aics; Ladis Kumar, presidente associazione “Sul Palco della Vita”.

Esibizione dei ragazzi

La serata proseguirà poi con le esibizioni dei ragazzi iscritti, mentre la seconda giornata, che si svolgerà sempre dalle ore 17 alle ore 20 circa, sarà interamente dedicata alle esibizioni. La terza ed ultima serata si chiuderà con l’esibizione del coro delle classi quarte della scuola elementare “Comparozzi” di Perugia alle ore 19 e con il concerto della Blasco Band alle ore 21. I vincitori saranno premiati durante quest’ultima serata.

Le esibizioni in live straming

Le esibizioni musicali dei giovani saranno trasmesse in live streaming sui canali social della manifestazione, Facebook (https://www.facebook.com/jamparkpg) e YouTube (https://www.youtube.com/channel/UC2OYqUX8iPb0B5s2_WeX94A). A conclusione di ogni serata, il video di ogni singolo artista verrà pubblicato singolarmente sugli stessi canali, attraverso i quali il pubblico potrà esprimere la propria preferenza. I voti ricevuti sui social, assieme a quelli della giuria esperti, andranno poi a determinare il vincitore dell’evento. La partecipazione all’evento è gratuita e libera. Il pubblico perugino è invitato a partecipare numeroso.]]>

Dal 2 al 4 settembre, presso l’auditorium “Giovanni Paolo II” in via Canali 14 a Perugia, si svolgerà la manifestazione “Jam Park Perugia 2022” – Musica per tutti, ideata dai giovani e dedicata ai giovani con meno di 25 anni che vogliono mettersi sul palco ed avere la possibilità di esibirsi di fronte ad un pubblico. L’evento, organizzato dall’associazione Natura Urbana Aps insieme all’associazione Sul Palco della Vita Aps e patrocinato dal Comune di Perugia, Aics Perugia ed Acli Arte e Spettacolo Perugia, vuole offrire a giovani cantanti e musicisti la possibilità di esprimere il proprio talento e farsi conoscere. L’obiettivo è offrire una possibilità ai giovani talenti emergenti. Concluse le iscrizioni, termine fissato al 25 agosto, parteciperanno durante le tre serate circa 20 giovani solisti e bande da diverse regioni italiane. Lorenzo Salvi, presidente dell’associazione Natura Urbana, insieme al direttivo ed ai collaboratori, esprime la piena soddisfazione della prima fase dell’iniziativa unica del territorio. Ladis Kumar, presidente dell’associazione "Sul palco della vita" ha espresso il proprio compiacimento nel vedere l’aggregazione dei giovani attorno alla musica e arte. “L’evento – spiega – è l’avvio di un lungo percorso di formazione dei giovani attraverso l’arte per costruire un mondo di uguaglianza, giustizia e pace”.

Il dibattito sull'importanza della musica per i giovani e le scuole

La manifestazione prenderà il via alle ore 17 di venerdì 2 settembre, con un dibattito sull’importanza della musica per i giovani e sull’importanza del suo insegnamento nelle scuole. Alla tavola rotonda “La musica, scuola dei giovani”, coordinata dal maestro Enrico Bindocci, parteciperanno Gianluca Tuteri, vicesindaco del Comune di Perugia e assessore scuola ed edilizia scolastica - politiche per l'infanzia e l'adolescenza; Gabriele Giottoli, assessore Partecipazione del cittadino e relazioni con le parti sociali; Marta Alunni Pini, direttrice Coro Voci Bianche Conservatorio di Perugia; Francesca Rossi, Banda degli Unisoni; Andrea Ceccomori, flautista e direttore artistico “Assisi Suono Sacro; Giovanni Jacopo Tofanetti, dirigente Secondo Circolo Perugia; Sonia Gavini, direzione nazionale Aics; Ladis Kumar, presidente associazione “Sul Palco della Vita”.

Esibizione dei ragazzi

La serata proseguirà poi con le esibizioni dei ragazzi iscritti, mentre la seconda giornata, che si svolgerà sempre dalle ore 17 alle ore 20 circa, sarà interamente dedicata alle esibizioni. La terza ed ultima serata si chiuderà con l’esibizione del coro delle classi quarte della scuola elementare “Comparozzi” di Perugia alle ore 19 e con il concerto della Blasco Band alle ore 21. I vincitori saranno premiati durante quest’ultima serata.

Le esibizioni in live straming

Le esibizioni musicali dei giovani saranno trasmesse in live streaming sui canali social della manifestazione, Facebook (https://www.facebook.com/jamparkpg) e YouTube (https://www.youtube.com/channel/UC2OYqUX8iPb0B5s2_WeX94A). A conclusione di ogni serata, il video di ogni singolo artista verrà pubblicato singolarmente sugli stessi canali, attraverso i quali il pubblico potrà esprimere la propria preferenza. I voti ricevuti sui social, assieme a quelli della giuria esperti, andranno poi a determinare il vincitore dell’evento. La partecipazione all’evento è gratuita e libera. Il pubblico perugino è invitato a partecipare numeroso.]]>
Baby gang: noi cosa facciamo? https://www.lavoce.it/baby-gang-noi-cosa-facciamo/ Wed, 03 Aug 2022 17:08:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67855

L’Umbria non è immune dall’inquietante fenomeno delle baby gang, a cui La Voce dedica approfondimenti nelle pagine interne. Sono gruppi di adolescenti, figli a volte di extracomunitari ma anche di italiani, che spesso non si rendono conto che le loro “bravate” (come le definì il Manzoni) sono dei veri e propri reati. Prepotenza e bullismo spesso degenerano nell’illegalità. Siamo in piena emergenza educativa, accentuata dalle conseguenze della pandemia, ma non riguarda solo gli adolescenti. Alcuni di loro hanno frequentato il catechismo e l’oratorio, ma cosa gli è rimasto degli insegnamenti umani e cristiani ricevuti dagli adulti? Poco o nulla! Per questo sulle baby gang dobbiamo interrogarci a fondo come adulti, dai rappresentanti delle istituzioni civili preposte in materia alla Chiesa.

A richiamare l’attenzione sul fenomeno è stato di recente un giovane parroco perugino, don Nicolò Gaggia. La sua lettera pastorale alla comunità parrocchiale di Villa Pitignano ha destato molto scalpore e l’interesse di alcuni media nazionali (Corriere della Sera e La Repubblica). Si tratta di una vera e propria denuncia del degrado sociale dovuto a “un disagio minorile che sta sfociando, in una certa forma, in criminalità”, sostiene don Nicolò.

Fenomeno su cui si registra l’“omertà” degli adulti. A questa denuncia hanno fatto seguito accertamenti e indagini delle forze dell’ordine su gravi episodi consumatisi ai danni di “ignari passanti malmenati senza motivo per strada, quasi per sfregio, luoghi di lavoro di onesti cittadini vandalizzati, bambini incapaci di vivere con spensieratezza momenti di gioco, colpevoli soltanto di essere troppo piccoli per difendersi, costretti perciò a rifugiarsi dietro la tonaca del prete, liturgie impossibilitate nella loro dignitosa prosecuzione per il baccano, volutamente procurato, e per le bestemmie…”.

A narrarlo è sempre don Nicolò, sostenendo che “è urgente fare tutti noi adulti un mea culpa, ognuno nel suo ambito, nessuno escluso, perché tutti abbiamo, in maniera proporzionale, una parte di colpa”. Come non dargli ragione? Gli adulti perdono di autorità nel momento in cui sono omertosi o proteggono le malefatte dei giovani. La scuola, un tempo principale agenzia educativa insieme alla famiglia, ha perduto il suo ruolo centrale di realtà propulsiva educante. E così anche i genitori, in non pochi casi alle prese con crisi coniugali e con gravi problemi come la perdita del lavoro. Si resta colpiti quando un padre o una madre denunciano i figli perché violenti.

L’uso di alcool, droga e pornografia negli adolescenti porta alla trasgressione e poi a delinquere per reprimere - si sostiene spesso - le frustrazioni adolescenziali. In tutto ciò gli adulti hanno le loro responsabilità, che vanno ricercate nella loro stessa ineducazione, e le cui tragiche conseguenze raccogliamo ancora una volta nella lettera accorata di don Nicolò: “Il negazionismo del male che ci sta attanagliando, la malata, negligente e colpevole rassegnazione che, alimentando sfiducia, portata avanti da veri e propri profeti di disperazione, vede inutile la denuncia di ciò che avviene alle istituzioni preposte... Il rinunciare a combattere, ritirando la propria famiglia dentro le mura di casa, è molto simile alla vigliaccheria con cui Pietro seguiva il Signore durante la Passione ‘da lontano’, per timore di essere coinvolto. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. Don Milani diceva: ‘Uscire dai problemi da soli è egoismo, sortirne insieme è politica’”.

Alla politica, alle istituzioni civili, religiose e scolastiche rivolgiamo il nostro appello: le baby gang non abbiano futuro! Come? A iniziare dal contenere con politiche efficaci un altrettanto inquietante fenomeno da cui traggono linfa le stesse gang : la dispersione/ evasione scolastica che in Umbria, dagli ultimi dati Istat elaborati, supera l’11%. Per capirci, su 100 alunni, ben 11 non arrivano al diploma di maturità. Una cifra davvero allarmante. Ma la scuola, luogo anche di inclusione, resta ancora un valido argine alle “bravate” minorili: basta metterla nella condizione di ritornare a essere agenzia educativa.

PER APPROFONDIRE LEGGI QUI: Una risposta dei giovani alla mancanza di luoghi di incontro Fenomeno ‘baby gang’. Di cosa parliamo realmente? Baby gang umbre all'attacco. O No?]]>

L’Umbria non è immune dall’inquietante fenomeno delle baby gang, a cui La Voce dedica approfondimenti nelle pagine interne. Sono gruppi di adolescenti, figli a volte di extracomunitari ma anche di italiani, che spesso non si rendono conto che le loro “bravate” (come le definì il Manzoni) sono dei veri e propri reati. Prepotenza e bullismo spesso degenerano nell’illegalità. Siamo in piena emergenza educativa, accentuata dalle conseguenze della pandemia, ma non riguarda solo gli adolescenti. Alcuni di loro hanno frequentato il catechismo e l’oratorio, ma cosa gli è rimasto degli insegnamenti umani e cristiani ricevuti dagli adulti? Poco o nulla! Per questo sulle baby gang dobbiamo interrogarci a fondo come adulti, dai rappresentanti delle istituzioni civili preposte in materia alla Chiesa.

A richiamare l’attenzione sul fenomeno è stato di recente un giovane parroco perugino, don Nicolò Gaggia. La sua lettera pastorale alla comunità parrocchiale di Villa Pitignano ha destato molto scalpore e l’interesse di alcuni media nazionali (Corriere della Sera e La Repubblica). Si tratta di una vera e propria denuncia del degrado sociale dovuto a “un disagio minorile che sta sfociando, in una certa forma, in criminalità”, sostiene don Nicolò.

Fenomeno su cui si registra l’“omertà” degli adulti. A questa denuncia hanno fatto seguito accertamenti e indagini delle forze dell’ordine su gravi episodi consumatisi ai danni di “ignari passanti malmenati senza motivo per strada, quasi per sfregio, luoghi di lavoro di onesti cittadini vandalizzati, bambini incapaci di vivere con spensieratezza momenti di gioco, colpevoli soltanto di essere troppo piccoli per difendersi, costretti perciò a rifugiarsi dietro la tonaca del prete, liturgie impossibilitate nella loro dignitosa prosecuzione per il baccano, volutamente procurato, e per le bestemmie…”.

A narrarlo è sempre don Nicolò, sostenendo che “è urgente fare tutti noi adulti un mea culpa, ognuno nel suo ambito, nessuno escluso, perché tutti abbiamo, in maniera proporzionale, una parte di colpa”. Come non dargli ragione? Gli adulti perdono di autorità nel momento in cui sono omertosi o proteggono le malefatte dei giovani. La scuola, un tempo principale agenzia educativa insieme alla famiglia, ha perduto il suo ruolo centrale di realtà propulsiva educante. E così anche i genitori, in non pochi casi alle prese con crisi coniugali e con gravi problemi come la perdita del lavoro. Si resta colpiti quando un padre o una madre denunciano i figli perché violenti.

L’uso di alcool, droga e pornografia negli adolescenti porta alla trasgressione e poi a delinquere per reprimere - si sostiene spesso - le frustrazioni adolescenziali. In tutto ciò gli adulti hanno le loro responsabilità, che vanno ricercate nella loro stessa ineducazione, e le cui tragiche conseguenze raccogliamo ancora una volta nella lettera accorata di don Nicolò: “Il negazionismo del male che ci sta attanagliando, la malata, negligente e colpevole rassegnazione che, alimentando sfiducia, portata avanti da veri e propri profeti di disperazione, vede inutile la denuncia di ciò che avviene alle istituzioni preposte... Il rinunciare a combattere, ritirando la propria famiglia dentro le mura di casa, è molto simile alla vigliaccheria con cui Pietro seguiva il Signore durante la Passione ‘da lontano’, per timore di essere coinvolto. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. Don Milani diceva: ‘Uscire dai problemi da soli è egoismo, sortirne insieme è politica’”.

Alla politica, alle istituzioni civili, religiose e scolastiche rivolgiamo il nostro appello: le baby gang non abbiano futuro! Come? A iniziare dal contenere con politiche efficaci un altrettanto inquietante fenomeno da cui traggono linfa le stesse gang : la dispersione/ evasione scolastica che in Umbria, dagli ultimi dati Istat elaborati, supera l’11%. Per capirci, su 100 alunni, ben 11 non arrivano al diploma di maturità. Una cifra davvero allarmante. Ma la scuola, luogo anche di inclusione, resta ancora un valido argine alle “bravate” minorili: basta metterla nella condizione di ritornare a essere agenzia educativa.

PER APPROFONDIRE LEGGI QUI: Una risposta dei giovani alla mancanza di luoghi di incontro Fenomeno ‘baby gang’. Di cosa parliamo realmente? Baby gang umbre all'attacco. O No?]]>