Giornata mondiale comunicazioni sociali Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giornata-mondiale-comunicazioni-sociali/ Settimanale di informazione regionale Thu, 26 Sep 2024 18:58:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Giornata mondiale comunicazioni sociali Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/giornata-mondiale-comunicazioni-sociali/ 32 32 Ogni news ha un limite https://www.lavoce.it/ogni-news-ha-un-limite/ https://www.lavoce.it/ogni-news-ha-un-limite/#respond Wed, 25 Sep 2024 14:03:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77733 giornali piegati

Sfogliando i quotidiani di giornata, facendo zapping tra i Tg di questo o quel canale, ascoltando la radio in auto o navigando in Rete, ho spesso una sensazione quasi di soffocamento. Da un conflitto all’altro, fra l’escalation di giornata e l’ennesima trattativa di pace, territori e città martoriati prima dagli incendi e poco dopo dalle alluvioni, e poi i barconi dei migranti inghiottiti dai mari coi sogni dei loro passeggeri, bimbi appena nati e sepolti in giardino, omicidi, femminicidi e altre violenze neppure immaginabili, dentro e fuori le famiglie, per strada, a volte senza neppure un ‘perché’.

A voi non capita di dover aprire la finestra per prendere una boccata di ossigeno di fronte a tutto ciò? Per carità, niente di nuovo. Nulla che non abbiamo già sentito fin da quando l’uomo e la donna hanno iniziato a popolare la Terra. Ma spesso si ha la sensazione che il limite – quello che ogni operatore dell’informazione dovrebbe darsi – si sposta sempre più in là, sempre di più verso confini inesplorati e pericolosi.

Un limite che non riguarda solo i giornalisti, che pure sarebbero tenuti a osservare un’etica e una deontologia professionali, ma che interpella anche autori, fotografi, videomaker, registi, grafici e gli stessi vertici di ogni impresa chiamata a fare informazione e comunicazione. E non voglio nemmeno aprire il “vaso di Pandora” dei social media, perché i mali che ne uscirebbero fuori potrebbero affondare del tutto le nostre riflessioni.

Allora, meglio tornare alla speranza. Come quella che sta nel tema che Papa Francesco ha scelto per la 59a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra nel 2025, e che è stato reso noto proprio in questi giorni. “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori” è il passaggio della Prima lettera di Pietro al quale il Santo Padre si è ispirato. Ci fa riflettere sul fatto che “oggi troppo spesso la comunicazione è violenta, mirata a colpire e non a stabilire i presupposti per il dialogo; è quindi necessario disarmare la comunicazione, purificarla dall’aggressività; dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social il paradigma che rischia di prevalere è quello della competizione, contrapposizione e volontà di dominio”.

Per chiudere, attingiamo ancora alle cronache degli ultimi giorni: al cinquantenne modenese che ha appena strangolato la madre ottantenne e confessa tutto al microfono dell’ infotainment televisivo pomeridiano di turno, prima ancora che ai carabinieri. Ecco, è quello il confine tra tenere accesi microfono e telecamera, oppure decidere di spegnerli per non superare il limite.

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giornali piegati

Sfogliando i quotidiani di giornata, facendo zapping tra i Tg di questo o quel canale, ascoltando la radio in auto o navigando in Rete, ho spesso una sensazione quasi di soffocamento. Da un conflitto all’altro, fra l’escalation di giornata e l’ennesima trattativa di pace, territori e città martoriati prima dagli incendi e poco dopo dalle alluvioni, e poi i barconi dei migranti inghiottiti dai mari coi sogni dei loro passeggeri, bimbi appena nati e sepolti in giardino, omicidi, femminicidi e altre violenze neppure immaginabili, dentro e fuori le famiglie, per strada, a volte senza neppure un ‘perché’.

A voi non capita di dover aprire la finestra per prendere una boccata di ossigeno di fronte a tutto ciò? Per carità, niente di nuovo. Nulla che non abbiamo già sentito fin da quando l’uomo e la donna hanno iniziato a popolare la Terra. Ma spesso si ha la sensazione che il limite – quello che ogni operatore dell’informazione dovrebbe darsi – si sposta sempre più in là, sempre di più verso confini inesplorati e pericolosi.

Un limite che non riguarda solo i giornalisti, che pure sarebbero tenuti a osservare un’etica e una deontologia professionali, ma che interpella anche autori, fotografi, videomaker, registi, grafici e gli stessi vertici di ogni impresa chiamata a fare informazione e comunicazione. E non voglio nemmeno aprire il “vaso di Pandora” dei social media, perché i mali che ne uscirebbero fuori potrebbero affondare del tutto le nostre riflessioni.

Allora, meglio tornare alla speranza. Come quella che sta nel tema che Papa Francesco ha scelto per la 59a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra nel 2025, e che è stato reso noto proprio in questi giorni. “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori” è il passaggio della Prima lettera di Pietro al quale il Santo Padre si è ispirato. Ci fa riflettere sul fatto che “oggi troppo spesso la comunicazione è violenta, mirata a colpire e non a stabilire i presupposti per il dialogo; è quindi necessario disarmare la comunicazione, purificarla dall’aggressività; dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social il paradigma che rischia di prevalere è quello della competizione, contrapposizione e volontà di dominio”.

Per chiudere, attingiamo ancora alle cronache degli ultimi giorni: al cinquantenne modenese che ha appena strangolato la madre ottantenne e confessa tutto al microfono dell’ infotainment televisivo pomeridiano di turno, prima ancora che ai carabinieri. Ecco, è quello il confine tra tenere accesi microfono e telecamera, oppure decidere di spegnerli per non superare il limite.

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Intelligenza artificiale. Anche l’“algoritmo” è frutto di una cultura https://www.lavoce.it/intelligenza-artificiale-anche-lalgoritmo-e-frutto-di-una-cultura/ https://www.lavoce.it/intelligenza-artificiale-anche-lalgoritmo-e-frutto-di-una-cultura/#respond Fri, 17 May 2024 19:25:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76231

Pubblichiamo ampi passaggi dell’intervento di don Alessandro Picchiarelli, ingegnere informatico e teologo morale, intervenuto all’incontro sulla intelligenza artificiale che si è tenuto l'11 maggio a Perugia in occasione della Giornata mondiale della comunicazioni sociali (12 maggio)

Nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, papa Francesco inquadra la realtà dell’intelligenza artificiale mettendo in luce le potenzialità e le zone d’ombra ad essa associata.

Neutralità e cultura algoritmica

In modo particolare sono due gli ambiti rispetto ai quali l’attenzione del Papa si sofferma maggiormente. Tali ambiti hanno delle ricadute notevoli in tutti gli aspetti della nostra vita ma in modo particolare nel contesto della comunicazione e dell’informazione. Questi due aspetti, strettamente connessi alle caratteristiche e alle proprietà dell’intelligenza artificiale, vengono normalmente definiti il mito della neutralità algoritmica e la cultura algoritmica. Vediamo brevemente cosa essi sono per arrivare poi a porci domande etiche significative per il nostro tempo. I sistemi algoritmici e di intelligenza artificiale stanno trasformando il mondo nel quale l’uomo vive e stanno cambiando l’uomo stesso e il suo modo di relazionarsi con gli altri esseri umani e con l’ambiente circostante. Come prodotti storici e culturali, essi riflettono ciò che i programmatori pensano e riconoscono come significativo. Tuttavia queste considerazioni non sono pacificamente accolte da tutti e l’idea che gli algoritmi informatici siano soltanto meri strumenti nelle mani dell’uomo è ancora molto forte. Questo pensiero ha radici molto profonde.

Raimondo Lullo e l'arte combinatoria

Già nel quattordicesimo secolo Raimondo Lullo era convinto di poter risolvere qualunque problema attraverso la matematica, in quanto ogni proposizione può essere ridotta a termini complessi e i termini complessi in più termini semplici o principi. Combinando questi termini semplici in tutti i modi possibili si otterranno così tutte le proposizioni vere pensabili: questa è l’arte combinatoria che fonda le basi del calcolo computazionale.

Lo sviluppo dell'informatica

Con il veloce sviluppo dell’informatica e dei computer, alcuni iniziarono così ad affermare che il metodo scientifico era ormai obsoleto e che l’elaborazione dei dati e l’uso degli algoritmi e delle correlazioni avrebbe garantito una maggiore qualità delle decisioni e una neutralità che l’uomo non poteva garantire. Verso gli anni ’80 del secolo scorso, iniziò tuttavia ad aumentare l’interesse per la disciplina delle scienze tecnologiche e questo permise di rendersi conto che la tecnologia non è un semplice strumento nelle mani dell’uomo ma è il prodotto di fattori sociali, economici e politici, oltre che dello sviluppo della tecnica. In questo senso diventa allora possibile affermare che anche "gli algoritmi sono costruzioni sociali che riflettono interessi, discorsi di verità, assunti arbitrari sul mondo sociale".

Tre evidenze

Si sono potute così mostrare tre evidenze che i sostenitori della neutralità algoritmica negavano. La prima evidenza riguarda il fatto che in fase di progettazione, e anche in quella di addestramento per gli algoritmi più evoluti, l’algoritmo risente di alcune distorsioni che non permettono all’output di garantire una totale oggettività. Infatti, lo scienziato – data scientist – ipotizza che un dataset di apprendimento ed un’eventuale classificazione manuale costituiscano un input adeguato a rappresentare fedelmente il fenomeno analizzato. La presunta oggettività del calcolo è, perciò, finzionale. Il funzionamento dei sistemi algoritmici, anche nel caso del machine learning e dell’intelligenza artificiale, non è mai totalmente indipendente da scelte umane, errori, e distorsioni culturalmente indotte. La seconda evidenza è che non necessariamente l’automatizzazione di un processo lo rende neutro. Infatti, l’automatizzazione è sempre il prodotto di idee e scelte determinate dall’uomo. Ne deriva che non c’è niente di inerentemente neutro in un algoritmo. Al contrario, un algoritmo è ciò che implementa visioni, idee, credenze e che soddisfa bisogni e desideri. Infine la terza evidenza è che, per quanto possano essere accurati, i risultati degli algoritmi alterano la realtà attraverso dinamiche che sono socialmente, storicamente e politicamente note.

Come affrontare le sfide

Tutto ciò rende urgente un’educazione capace di affrontare queste sfide sfruttando anche le opportunità offerte e riconoscendo che i prodotti della tecnica non sono neutri, perché creano una trama che finisce per condizionare gli stili di vita e orientano le possibilità sociali nella direzione degli interessi di determinati gruppi di potere. Certe scelte che sembrano puramente strumentali, in realtà sono scelte attinenti al tipo di vita sociale che si intende sviluppare.

La neutralità dell'algoritmo non è facilmente sostenibile

Eticamente questo discorso è interessante perché dimostra che il discorso sulla neutralità e sulla semplice strumentalità dei dati e degli algoritmi non è facilmente sostenibile. Ogni dato e ogni algoritmo riflettono una cultura, un contesto sociale, una storia e generano una cultura, un contesto sociale e una storia: i dati e gli algoritmi non solo predicono qualcosa ma favoriscono un comportamento che l’uomo assumerà nella sua vita. Ed è qui che entriamo nel merito del secondo aspetto. Come più volte affermato, oggi non c’è praticamente nessun ambito della vita umana in cui gli algoritmi informatici non intervengano o che comunque non sia digitalmente mediato. Tutto ciò ha un grande impatto anche nella cultura tanto che alcuni studiosi hanno iniziato a parlare di “cultura algoritmica. Se gli algoritmi di Facebook o Google filtrano i risultati prodotti in base alle ricerche che ogni utente ha effettuato, questo significa che chiunque utilizzi uno di questi strumenti avrà un risultato che è sempre legato alle esperienze che ha già vissuto o alle esperienze simili che altri utenti hanno avuto. Tutto ciò influenza notevolmente il comportamento di ogni utente che vivrà un’esperienza sempre più orientata dall’algoritmo stesso. In questo senso gli algoritmi sono produttori di cultura, in quanto vanno a modificare il modo attraverso cui l’uomo comprende la realtà e a veicolare alcuni contenuti rispetto ad altri.

L'inconscio tecnologico

Questo fenomeno è talmente forte, e al tempo stesso invisibile, che si parla di “inconscio tecnologico” per dire che gli algoritmi non solo mediano ciò che sappiamo e comprendiamo, ma vanno a creare la realtà stessa riducendo il confine tra ciò che è reale e ciò che è virtuale, tra la vita online e quella offline: la cultura intesa in senso antropologico si trasforma sempre più in uno stimolo prodotto dall’elaborazione algoritmica di una serie di dati. Questa situazione se da una parte può destare preoccupazione, dall’altra rappresenta una nuova sfida per gli esseri umani che di fronte a tutta questa nuova forma di conoscenza devono possedere o sviluppare una maggiore capacità di interpretare, per poter filtrare le informazioni, per poterle analizzare criticamente. Alessandro Picchiarelli
 
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Pubblichiamo ampi passaggi dell’intervento di don Alessandro Picchiarelli, ingegnere informatico e teologo morale, intervenuto all’incontro sulla intelligenza artificiale che si è tenuto l'11 maggio a Perugia in occasione della Giornata mondiale della comunicazioni sociali (12 maggio)

Nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, papa Francesco inquadra la realtà dell’intelligenza artificiale mettendo in luce le potenzialità e le zone d’ombra ad essa associata.

Neutralità e cultura algoritmica

In modo particolare sono due gli ambiti rispetto ai quali l’attenzione del Papa si sofferma maggiormente. Tali ambiti hanno delle ricadute notevoli in tutti gli aspetti della nostra vita ma in modo particolare nel contesto della comunicazione e dell’informazione. Questi due aspetti, strettamente connessi alle caratteristiche e alle proprietà dell’intelligenza artificiale, vengono normalmente definiti il mito della neutralità algoritmica e la cultura algoritmica. Vediamo brevemente cosa essi sono per arrivare poi a porci domande etiche significative per il nostro tempo. I sistemi algoritmici e di intelligenza artificiale stanno trasformando il mondo nel quale l’uomo vive e stanno cambiando l’uomo stesso e il suo modo di relazionarsi con gli altri esseri umani e con l’ambiente circostante. Come prodotti storici e culturali, essi riflettono ciò che i programmatori pensano e riconoscono come significativo. Tuttavia queste considerazioni non sono pacificamente accolte da tutti e l’idea che gli algoritmi informatici siano soltanto meri strumenti nelle mani dell’uomo è ancora molto forte. Questo pensiero ha radici molto profonde.

Raimondo Lullo e l'arte combinatoria

Già nel quattordicesimo secolo Raimondo Lullo era convinto di poter risolvere qualunque problema attraverso la matematica, in quanto ogni proposizione può essere ridotta a termini complessi e i termini complessi in più termini semplici o principi. Combinando questi termini semplici in tutti i modi possibili si otterranno così tutte le proposizioni vere pensabili: questa è l’arte combinatoria che fonda le basi del calcolo computazionale.

Lo sviluppo dell'informatica

Con il veloce sviluppo dell’informatica e dei computer, alcuni iniziarono così ad affermare che il metodo scientifico era ormai obsoleto e che l’elaborazione dei dati e l’uso degli algoritmi e delle correlazioni avrebbe garantito una maggiore qualità delle decisioni e una neutralità che l’uomo non poteva garantire. Verso gli anni ’80 del secolo scorso, iniziò tuttavia ad aumentare l’interesse per la disciplina delle scienze tecnologiche e questo permise di rendersi conto che la tecnologia non è un semplice strumento nelle mani dell’uomo ma è il prodotto di fattori sociali, economici e politici, oltre che dello sviluppo della tecnica. In questo senso diventa allora possibile affermare che anche "gli algoritmi sono costruzioni sociali che riflettono interessi, discorsi di verità, assunti arbitrari sul mondo sociale".

Tre evidenze

Si sono potute così mostrare tre evidenze che i sostenitori della neutralità algoritmica negavano. La prima evidenza riguarda il fatto che in fase di progettazione, e anche in quella di addestramento per gli algoritmi più evoluti, l’algoritmo risente di alcune distorsioni che non permettono all’output di garantire una totale oggettività. Infatti, lo scienziato – data scientist – ipotizza che un dataset di apprendimento ed un’eventuale classificazione manuale costituiscano un input adeguato a rappresentare fedelmente il fenomeno analizzato. La presunta oggettività del calcolo è, perciò, finzionale. Il funzionamento dei sistemi algoritmici, anche nel caso del machine learning e dell’intelligenza artificiale, non è mai totalmente indipendente da scelte umane, errori, e distorsioni culturalmente indotte. La seconda evidenza è che non necessariamente l’automatizzazione di un processo lo rende neutro. Infatti, l’automatizzazione è sempre il prodotto di idee e scelte determinate dall’uomo. Ne deriva che non c’è niente di inerentemente neutro in un algoritmo. Al contrario, un algoritmo è ciò che implementa visioni, idee, credenze e che soddisfa bisogni e desideri. Infine la terza evidenza è che, per quanto possano essere accurati, i risultati degli algoritmi alterano la realtà attraverso dinamiche che sono socialmente, storicamente e politicamente note.

Come affrontare le sfide

Tutto ciò rende urgente un’educazione capace di affrontare queste sfide sfruttando anche le opportunità offerte e riconoscendo che i prodotti della tecnica non sono neutri, perché creano una trama che finisce per condizionare gli stili di vita e orientano le possibilità sociali nella direzione degli interessi di determinati gruppi di potere. Certe scelte che sembrano puramente strumentali, in realtà sono scelte attinenti al tipo di vita sociale che si intende sviluppare.

La neutralità dell'algoritmo non è facilmente sostenibile

Eticamente questo discorso è interessante perché dimostra che il discorso sulla neutralità e sulla semplice strumentalità dei dati e degli algoritmi non è facilmente sostenibile. Ogni dato e ogni algoritmo riflettono una cultura, un contesto sociale, una storia e generano una cultura, un contesto sociale e una storia: i dati e gli algoritmi non solo predicono qualcosa ma favoriscono un comportamento che l’uomo assumerà nella sua vita. Ed è qui che entriamo nel merito del secondo aspetto. Come più volte affermato, oggi non c’è praticamente nessun ambito della vita umana in cui gli algoritmi informatici non intervengano o che comunque non sia digitalmente mediato. Tutto ciò ha un grande impatto anche nella cultura tanto che alcuni studiosi hanno iniziato a parlare di “cultura algoritmica. Se gli algoritmi di Facebook o Google filtrano i risultati prodotti in base alle ricerche che ogni utente ha effettuato, questo significa che chiunque utilizzi uno di questi strumenti avrà un risultato che è sempre legato alle esperienze che ha già vissuto o alle esperienze simili che altri utenti hanno avuto. Tutto ciò influenza notevolmente il comportamento di ogni utente che vivrà un’esperienza sempre più orientata dall’algoritmo stesso. In questo senso gli algoritmi sono produttori di cultura, in quanto vanno a modificare il modo attraverso cui l’uomo comprende la realtà e a veicolare alcuni contenuti rispetto ad altri.

L'inconscio tecnologico

Questo fenomeno è talmente forte, e al tempo stesso invisibile, che si parla di “inconscio tecnologico” per dire che gli algoritmi non solo mediano ciò che sappiamo e comprendiamo, ma vanno a creare la realtà stessa riducendo il confine tra ciò che è reale e ciò che è virtuale, tra la vita online e quella offline: la cultura intesa in senso antropologico si trasforma sempre più in uno stimolo prodotto dall’elaborazione algoritmica di una serie di dati. Questa situazione se da una parte può destare preoccupazione, dall’altra rappresenta una nuova sfida per gli esseri umani che di fronte a tutta questa nuova forma di conoscenza devono possedere o sviluppare una maggiore capacità di interpretare, per poter filtrare le informazioni, per poterle analizzare criticamente. Alessandro Picchiarelli
 
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La libertà di stampa è anche e soprattutto “affar nostro” https://www.lavoce.it/liberta-stampa-anche-soprattutto-affar-nostro/ https://www.lavoce.it/liberta-stampa-anche-soprattutto-affar-nostro/#respond Thu, 16 May 2024 08:00:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76207

Nei giorni scorsi si sono celebrate due giornate mondiali di particolare rilievo: la Giornata della libertà di stampa (3 maggio) e la Giornata delle comunicazioni sociali (12 maggio). Appuntamenti importanti non solo per gli operatori dell’informazione ma soprattutto per i destinatari, ovvero per tutte e tutti.

L’informazione è la prima forma di carità perché senza di essa non conosceremmo alcune delle situazioni verso cui esercitare una prossimità intelligente ed efficace. Queste ragioni rendono gravissimo il divieto posto dal governo israeliano all’accesso dei giornalisti nella Striscia di Gaza all’indomani del 7 ottobre, il numero di giornalisti morti in quell’area e la chiusura della sede dell’emittente Al Jazeera definita “terrorista”.

Il provvedimento israeliano è giunto due giorni dopo la Giornata della libertà di stampa e solo qualche giorno prima dell’anniversario dell’uccisione della corrispondente di Al Jazeera Shireen Abu-Akleh (11 maggio 2022) in un raid israeliano a Jenin, in Cisgiordania. L’Unesco che ogni anno assegna un premio per la libertà di stampa, quest’anno l’ha conferito a tutti i giornalisti corrispondenti da Gaza.

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Nei giorni scorsi si sono celebrate due giornate mondiali di particolare rilievo: la Giornata della libertà di stampa (3 maggio) e la Giornata delle comunicazioni sociali (12 maggio). Appuntamenti importanti non solo per gli operatori dell’informazione ma soprattutto per i destinatari, ovvero per tutte e tutti.

L’informazione è la prima forma di carità perché senza di essa non conosceremmo alcune delle situazioni verso cui esercitare una prossimità intelligente ed efficace. Queste ragioni rendono gravissimo il divieto posto dal governo israeliano all’accesso dei giornalisti nella Striscia di Gaza all’indomani del 7 ottobre, il numero di giornalisti morti in quell’area e la chiusura della sede dell’emittente Al Jazeera definita “terrorista”.

Il provvedimento israeliano è giunto due giorni dopo la Giornata della libertà di stampa e solo qualche giorno prima dell’anniversario dell’uccisione della corrispondente di Al Jazeera Shireen Abu-Akleh (11 maggio 2022) in un raid israeliano a Jenin, in Cisgiordania. L’Unesco che ogni anno assegna un premio per la libertà di stampa, quest’anno l’ha conferito a tutti i giornalisti corrispondenti da Gaza.

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Giornata delle comunicazioni sociali: l’intelligenza artificiale al centro dell’incontro di Ucsi Umbria https://www.lavoce.it/intelligenza-artificiale-centro-dincontro-ucsi-umbria-giornata-comunicazioni-sociali/ https://www.lavoce.it/intelligenza-artificiale-centro-dincontro-ucsi-umbria-giornata-comunicazioni-sociali/#respond Mon, 13 May 2024 11:36:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76123

Fedele al tema scelto dal Papa per la 58’ giornata mondiale delle comunicazioni sociali, l’Ucsi Umbria (era presente la presidente Manuela Acito) ha organizzato un incontro, insieme con l’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Perugia - Città della Pieve e l'Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, per riflettere su "Le frontiere dell’intelligenza artificiale: opportunità, rischi, risvolti deontologici ed etici" nell'informazione. L’incontro, moderato dalla direttrice dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Perugia Maria Rita Valli, è stato aperto dal saluto del vicario generale mons. Simone Sorbaioli e ha visto la partecipazione di Stefano Bistarelli, professore di Informatica presso il Dipartimento di Matematica e informatica dell’Università di Perugia, di Michele Partipilo, giornalista ed esperto di diritto dell’informazione e deontologia professionale, e di don Alessandro Picchiarelli, sacerdote della diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, laureato in Ingegneria informatica e delle telecomunicazioni, teologo morale e docente alla Pontificia università Urbaniana. Ad introdurre l'incontro la relazione del prof. Bistarelli, che ha condotto i presenti in un viaggio nell’intelligenza artificiale tra fantascienza e applicazioni, con riferimenti anche all'uso di ChatGpt nella creazione dei testi. Partipilo ha invece affronato l’importante questione della deontologia per un’informazione dalla parte dell’uomo, con riferimenti al messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo: "Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana". Richiamando i rischi e le opportunità che l’intelligenza artificiale rappresenta per la professione giornalistica in termini di etica e rispetto della verità dei fatti, Partipilo ha sottolineato come la figura del giornalista rimanga indispensabile per mantenere salda la deontologia nel campo dell’informazione, pur in presenza di un apporto sempre crescente e non necessariamente negativo da parte dell’intelligenza artificiale. Don Picchiarelli ha sfatato il mito della neutralità algoritmica, presentando la cultura algoritmica e le domande etiche che essa pone al nostro tempo. Anche qui con puntuali riferimenti al messaggio del Pontefice. Molti sono stati i colleghi, presenti nella Sala del Dottorato del complesso della cattedrale di Perugia o connessi online, a partecipare all’incontro, che si è distinto per l’interesse della tematica in relazione alla professione giornalistica e per la grande competenza e chiarezza dei relatori. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="76137,76140,76252"]]]>

Fedele al tema scelto dal Papa per la 58’ giornata mondiale delle comunicazioni sociali, l’Ucsi Umbria (era presente la presidente Manuela Acito) ha organizzato un incontro, insieme con l’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Perugia - Città della Pieve e l'Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, per riflettere su "Le frontiere dell’intelligenza artificiale: opportunità, rischi, risvolti deontologici ed etici" nell'informazione. L’incontro, moderato dalla direttrice dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Perugia Maria Rita Valli, è stato aperto dal saluto del vicario generale mons. Simone Sorbaioli e ha visto la partecipazione di Stefano Bistarelli, professore di Informatica presso il Dipartimento di Matematica e informatica dell’Università di Perugia, di Michele Partipilo, giornalista ed esperto di diritto dell’informazione e deontologia professionale, e di don Alessandro Picchiarelli, sacerdote della diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, laureato in Ingegneria informatica e delle telecomunicazioni, teologo morale e docente alla Pontificia università Urbaniana. Ad introdurre l'incontro la relazione del prof. Bistarelli, che ha condotto i presenti in un viaggio nell’intelligenza artificiale tra fantascienza e applicazioni, con riferimenti anche all'uso di ChatGpt nella creazione dei testi. Partipilo ha invece affronato l’importante questione della deontologia per un’informazione dalla parte dell’uomo, con riferimenti al messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo: "Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana". Richiamando i rischi e le opportunità che l’intelligenza artificiale rappresenta per la professione giornalistica in termini di etica e rispetto della verità dei fatti, Partipilo ha sottolineato come la figura del giornalista rimanga indispensabile per mantenere salda la deontologia nel campo dell’informazione, pur in presenza di un apporto sempre crescente e non necessariamente negativo da parte dell’intelligenza artificiale. Don Picchiarelli ha sfatato il mito della neutralità algoritmica, presentando la cultura algoritmica e le domande etiche che essa pone al nostro tempo. Anche qui con puntuali riferimenti al messaggio del Pontefice. Molti sono stati i colleghi, presenti nella Sala del Dottorato del complesso della cattedrale di Perugia o connessi online, a partecipare all’incontro, che si è distinto per l’interesse della tematica in relazione alla professione giornalistica e per la grande competenza e chiarezza dei relatori. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="76137,76140,76252"]]]>
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‘La Chiesa nel digitale’: presentato a Perugia il libro di Fabio Bolzetta https://www.lavoce.it/la-chiesa-nel-digitale-presentato-a-perugia-il-libro-di-fabio-bolzetta/ https://www.lavoce.it/la-chiesa-nel-digitale-presentato-a-perugia-il-libro-di-fabio-bolzetta/#respond Mon, 22 May 2023 10:03:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71649 presentazione libro la chiesa nel digitale

"Il libro che abbiamo tra le mani è il frutto di un lavoro condiviso e portato avanti con fatica, con passione e con grande attenzione al territorio e di questo sono riconoscente". Così l’arcivescovo Ivan Maffeis, delegato dei vescovi umbri per le comunicazioni sociali e membro del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, intervenendo a Perugia, sabato 20 maggio, alla presentazione del volume La Chiesa nel digitale. Strumenti e proposte a cura del giornalista Fabio Bolzetta con la prefazione di Papa Francesco, per i tipi della Tau Editrice di Todi. Una pubblicazione, nata dall’esperienza dei centocinquanta video tutorial realizzati dall’Associazione dei Webmaster Cattolici Italiani (WECA) al cui progetto Solidarietà digitale a sostegno delle parrocchie saranno interamente destinati tutti i diritti d’autore del volume.

Camminare insieme per costruire ponti

 La presentazione è stata promossa dall’UCSI Umbria (Unione Cattolica Stampa Italiana) insieme all’Associazione WECA, in collaborazione con l’Archidiocesi, socio fondatore della stessa WECA, avvenuta, ha sottolineato l’arcivescovo Maffeis, alla vigilia della LVII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

"Presentarlo oggi -ha detto- è anche un richiamo a riflettere sul messaggio del Papa per questa LVII Giornata, una esortazione ad ascoltare col cuore per poi parlare col cuore. Il Papa continua a ricordarcelo anche provocandoci con il Sinodo, che diventa un esercizio concreto di essere Chiesa. Una Chiesa che impara ad ascoltare al proprio interno, impara ad ascoltare il mondo facendolo con umiltà e con la consapevolezza che, o si cammina insieme, o non si arriva da nessuna parte, nemmeno quando si possedesse la verità. Papa Francesco, nel messaggio, sottolinea la verità con carità per una comunicazione che sappia costruire ponti e non muri, per una comunicazione che sia sempre più dialogo…".

Monsignor Maffeis ha concluso dicendo:

"Ringrazio per la presenza, per questo libro, dal curatore ai relatori con cui ho lavorato per anni apprezzandoli e stimandoli, all’editore Andrea Scorzoni della Tau Editrice sia per il coraggio di pubblicare libri sia per la qualità con cui lo fa. Anche questo contribuisce a veicolare contenuti dove la forma è anche sostanza".

Gli intervenuti

Alla presentazione, moderata da Daniele Morini, direttore de La Voce e di UmbriaRadio InBlu, sono intervenuti il presidente dell’UCSI Umbria Manuela Acito, il curatore Fabio Bolzetta, presidente di WECA, Giovanni Silvestri, direttore del Servizio informatico della Cei, e Rita Marchetti, docente di Sociologia dei Media digitali presso l’Università degli Studi di Perugia.

Ricordando l’alluvione

Morini ha tracciato anche le conclusioni, auspicando un proficuo prosieguo della Chiesa nel digitale con tre massime attinte dal libro, ricerca, formazione e azione, aggiungendo una quarta emersa dalla presentazione perugina, quella del buonsenso. Un manuale per gestire gli strumenti del digitale e non farsi gestire da essi. Morini non poteva non aprire l’incontro soffermandosi sull’alluvione in Emilia Romagna, regione a cui La Voce è legata venendo stampata a Imola. L’ultimo numero del settimanale potrebbe arrivare ai lettori con qualche giorno di ritardo, un disguido che non ha nulla a che vedere con i gravissimi disagi vissuti da migliaia di abitanti di interi territori devastati con diverse vittime.

Non essere dualisti

 Il moderatore, al termine, ha ricordato l’evento della Marcia della Pace Perugia-Assisi di domenica 21 maggio, che, ha detto, rientra nelle comunicazioni sociali, perché gli operatori dei media hanno delle responsabilità deontologiche da assolvere. Non possiamo avere due facce di una medaglia, non possiamo essere dualisti: una vicenda va raccontata allo stesso modo sul giornale o in radio e tv, così come sui social. Una sottolineatura richiamata all’inizio dal presidente UCSI Umbria Acito nel dire che il digitale, riferendosi in particolare ai social, presenta delle insidie e chi lo abita lo deve fare con attenzione e ben formato.

Abitare da cristiani il digitale

 Sempre Manuela Acito ha parlato dell’importanza del digitale nei media negli ultimi anni, in particolare nel periodo della pandemia.

"Un’importanza altissima -ha detto- e di questo ce lo ricorda anche papa Francesco, nell’introduzione del volume, affermando l’importanza che ha avuto la comunicazione digitale e i nuovi strumenti tecnologici, come i social media, per tenere unite le comunità in quel periodo difficile, permettendo ai fedeli di seguire in streaming le messe stando a casa... Ed è sempre il Papa a ricordarci che il virtuale mai potrà sostituire la bellezza dell’incontro a tu per tu, ma il mondo digitale è abitato e va abitato da cristiani".

Su questo aspetto si sono trovati d’accordo anche il curatore del libro Fabio Bolzetta, la docente Rita Marchetti e il direttore informatico Cei Giovanni Silvestri, che, in sintesi, hanno fatto appello al buonsenso nell’utilizzo del Web per gli incontri da remoto post-pandemia.

Il Web e la Chiesa umbra

Nel tracciare la storia del Servizio informatico della Cei, Silvestri ha detto che questo servizio è nato grazie alla lungimiranza, intuizione e saggezza dei vescovi italiani.

Intuizione di fornire alla stessa Cei e poi alle diocesi e alle parrocchie una gestione amministrativa trasparente attraverso l’informatizzazione. Anche la comunicazione, con l’arrivo di Internet, l’utilizzo informatico è stato messo a sua disposizione, un binomio sempre più inscindibile tra il nostro Servizio e l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, dando vita a diverse attività di ricerca anche con l’Università degli Studi di Perugia. Oltre alla rete delle radio e tv cattoliche, è nata l’Associazione WECA e la Diocesi perugina è tra i suoi soci fondatori, a testimonianza che c’è tanta Umbria nel cammino tra gli strumenti informatici e quelli dei media. Un cammino stimolato da vescovi attenti e sensibili come Ennio Antonelli, Giuseppe Chiaretti e Giuseppe Betori e da sacerdoti comunicatori lungimiranti come Elio Bromuri, che tanto si prodigò a mettere in rete tra loro questi mezzi”. E non ha dimenticato di menzionare gli allora giovani pionieri del Servizio informatico diocesano, Massimo Cecconi, Simone Cecchini e Andrea Franceschini, oggi titolari della società H24.it che collabora con il Servizio informatico della Cei.

La responsabilità di ciascuno

La professoressa Marchetti si è soffermata sulla responsabilità di ciascuno non riguardante, come ha scritto il Papa nel citato messaggio, soltanto gli operatori della comunicazione.

"In un’epoca di polarizzazione e sommersi da tante informazioni -ha evidenziato la docente- spesso ci accontentiamo di quello che conferma i nostri pregiudizi, ma dobbiamo fare la nostra parte anche quando crediamo a contenuti creati da altri, con il riflettere e il verificare la loro veridicità, altrimenti contribuiamo ad inquinare il contesto informativo e comunicativo nel quale siamo inseriti. Inoltre, tutto quello che leggiamo, vediamo, ascoltiamo attraverso i tanti mezzi di comunicazione, contribuisce alla costruzione sociale della realtà quello che noi reputiamo essere vero. E se l’informazione in generale ha questo ruolo importante, abbiamo tutti il dovere di capire come funzionano le piattaforme digitali e, pertanto, è importante formarsi costantemente. Gli stessi incontri che sta portando avanti la WECA sul territorio nazionale, anche attraverso la presentazione di questo libro, vogliono andare nella direzione di questo percorso formativo".

Curare il legame con i territori

Fabio Bolzetta, appena tornato dalle zone alluvionate, ha detto di credere tantissimo nel legame con i territori e l’Umbria.

"E' la terra -ha raccontato- di mia moglie, dove mi sono sposato, e ho seguito molto gli eventi sismici del 2016, tanto da essere stato riconosciuto cittadino onorario del Comune di Norcia per i servizi giornalistici realizzati e per il libro Voce dal terremoto.

Nel rapporto tra media tradizionali e digitale, quando il digitale si è avvicinato alle colonne dell’editoria, molto spesso, nel contatto con la carta stampata, più che creare connessioni sono stati creati cortocircuiti. Il digitale e le nuove tecnologie comunicative sono state attaccate, perché avrebbero cancellato il cinema e spazzato via il libro. In realtà il digitale non ha eliminato, ma rinnovato ogni media tradizionale a partire dalla tv, che ha perso il suo potere di convocazione, eccetto che per eventi particolari (ad esempio, lo sport, il Festival di Sanremo…). E con la pandemia sono state trasformate alcune certezze, dalla qualità e dalla ricchezza di uno studio televisivo al conduttore solitario che presentava il telegiornale della propria abitazione".

Più facile veicolare falsità

 Infine, l’auspicio di Bolzetta ad essere nel cambiamento.

"Un mondo che cambia ogni giorno -ha sottolineato- e non riguarda soltanto chi è operatore della comunicazione o dell’informazione, ma chi ha responsabilità rispetto a tali prodotti, o chi ne usufruisce".

E ha concluso con alcune criticità, limiti e disfunzioni del Web.

"Come le fake news -detto- che non significa notizie errate, ma notizie volutamente false e messe online, come anche temi che riguardano realtà territoriali, come casi nazionali, perché è più facile veicolare la falsità che non la verità".

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presentazione libro la chiesa nel digitale

"Il libro che abbiamo tra le mani è il frutto di un lavoro condiviso e portato avanti con fatica, con passione e con grande attenzione al territorio e di questo sono riconoscente". Così l’arcivescovo Ivan Maffeis, delegato dei vescovi umbri per le comunicazioni sociali e membro del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, intervenendo a Perugia, sabato 20 maggio, alla presentazione del volume La Chiesa nel digitale. Strumenti e proposte a cura del giornalista Fabio Bolzetta con la prefazione di Papa Francesco, per i tipi della Tau Editrice di Todi. Una pubblicazione, nata dall’esperienza dei centocinquanta video tutorial realizzati dall’Associazione dei Webmaster Cattolici Italiani (WECA) al cui progetto Solidarietà digitale a sostegno delle parrocchie saranno interamente destinati tutti i diritti d’autore del volume.

Camminare insieme per costruire ponti

 La presentazione è stata promossa dall’UCSI Umbria (Unione Cattolica Stampa Italiana) insieme all’Associazione WECA, in collaborazione con l’Archidiocesi, socio fondatore della stessa WECA, avvenuta, ha sottolineato l’arcivescovo Maffeis, alla vigilia della LVII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

"Presentarlo oggi -ha detto- è anche un richiamo a riflettere sul messaggio del Papa per questa LVII Giornata, una esortazione ad ascoltare col cuore per poi parlare col cuore. Il Papa continua a ricordarcelo anche provocandoci con il Sinodo, che diventa un esercizio concreto di essere Chiesa. Una Chiesa che impara ad ascoltare al proprio interno, impara ad ascoltare il mondo facendolo con umiltà e con la consapevolezza che, o si cammina insieme, o non si arriva da nessuna parte, nemmeno quando si possedesse la verità. Papa Francesco, nel messaggio, sottolinea la verità con carità per una comunicazione che sappia costruire ponti e non muri, per una comunicazione che sia sempre più dialogo…".

Monsignor Maffeis ha concluso dicendo:

"Ringrazio per la presenza, per questo libro, dal curatore ai relatori con cui ho lavorato per anni apprezzandoli e stimandoli, all’editore Andrea Scorzoni della Tau Editrice sia per il coraggio di pubblicare libri sia per la qualità con cui lo fa. Anche questo contribuisce a veicolare contenuti dove la forma è anche sostanza".

Gli intervenuti

Alla presentazione, moderata da Daniele Morini, direttore de La Voce e di UmbriaRadio InBlu, sono intervenuti il presidente dell’UCSI Umbria Manuela Acito, il curatore Fabio Bolzetta, presidente di WECA, Giovanni Silvestri, direttore del Servizio informatico della Cei, e Rita Marchetti, docente di Sociologia dei Media digitali presso l’Università degli Studi di Perugia.

Ricordando l’alluvione

Morini ha tracciato anche le conclusioni, auspicando un proficuo prosieguo della Chiesa nel digitale con tre massime attinte dal libro, ricerca, formazione e azione, aggiungendo una quarta emersa dalla presentazione perugina, quella del buonsenso. Un manuale per gestire gli strumenti del digitale e non farsi gestire da essi. Morini non poteva non aprire l’incontro soffermandosi sull’alluvione in Emilia Romagna, regione a cui La Voce è legata venendo stampata a Imola. L’ultimo numero del settimanale potrebbe arrivare ai lettori con qualche giorno di ritardo, un disguido che non ha nulla a che vedere con i gravissimi disagi vissuti da migliaia di abitanti di interi territori devastati con diverse vittime.

Non essere dualisti

 Il moderatore, al termine, ha ricordato l’evento della Marcia della Pace Perugia-Assisi di domenica 21 maggio, che, ha detto, rientra nelle comunicazioni sociali, perché gli operatori dei media hanno delle responsabilità deontologiche da assolvere. Non possiamo avere due facce di una medaglia, non possiamo essere dualisti: una vicenda va raccontata allo stesso modo sul giornale o in radio e tv, così come sui social. Una sottolineatura richiamata all’inizio dal presidente UCSI Umbria Acito nel dire che il digitale, riferendosi in particolare ai social, presenta delle insidie e chi lo abita lo deve fare con attenzione e ben formato.

Abitare da cristiani il digitale

 Sempre Manuela Acito ha parlato dell’importanza del digitale nei media negli ultimi anni, in particolare nel periodo della pandemia.

"Un’importanza altissima -ha detto- e di questo ce lo ricorda anche papa Francesco, nell’introduzione del volume, affermando l’importanza che ha avuto la comunicazione digitale e i nuovi strumenti tecnologici, come i social media, per tenere unite le comunità in quel periodo difficile, permettendo ai fedeli di seguire in streaming le messe stando a casa... Ed è sempre il Papa a ricordarci che il virtuale mai potrà sostituire la bellezza dell’incontro a tu per tu, ma il mondo digitale è abitato e va abitato da cristiani".

Su questo aspetto si sono trovati d’accordo anche il curatore del libro Fabio Bolzetta, la docente Rita Marchetti e il direttore informatico Cei Giovanni Silvestri, che, in sintesi, hanno fatto appello al buonsenso nell’utilizzo del Web per gli incontri da remoto post-pandemia.

Il Web e la Chiesa umbra

Nel tracciare la storia del Servizio informatico della Cei, Silvestri ha detto che questo servizio è nato grazie alla lungimiranza, intuizione e saggezza dei vescovi italiani.

Intuizione di fornire alla stessa Cei e poi alle diocesi e alle parrocchie una gestione amministrativa trasparente attraverso l’informatizzazione. Anche la comunicazione, con l’arrivo di Internet, l’utilizzo informatico è stato messo a sua disposizione, un binomio sempre più inscindibile tra il nostro Servizio e l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, dando vita a diverse attività di ricerca anche con l’Università degli Studi di Perugia. Oltre alla rete delle radio e tv cattoliche, è nata l’Associazione WECA e la Diocesi perugina è tra i suoi soci fondatori, a testimonianza che c’è tanta Umbria nel cammino tra gli strumenti informatici e quelli dei media. Un cammino stimolato da vescovi attenti e sensibili come Ennio Antonelli, Giuseppe Chiaretti e Giuseppe Betori e da sacerdoti comunicatori lungimiranti come Elio Bromuri, che tanto si prodigò a mettere in rete tra loro questi mezzi”. E non ha dimenticato di menzionare gli allora giovani pionieri del Servizio informatico diocesano, Massimo Cecconi, Simone Cecchini e Andrea Franceschini, oggi titolari della società H24.it che collabora con il Servizio informatico della Cei.

La responsabilità di ciascuno

La professoressa Marchetti si è soffermata sulla responsabilità di ciascuno non riguardante, come ha scritto il Papa nel citato messaggio, soltanto gli operatori della comunicazione.

"In un’epoca di polarizzazione e sommersi da tante informazioni -ha evidenziato la docente- spesso ci accontentiamo di quello che conferma i nostri pregiudizi, ma dobbiamo fare la nostra parte anche quando crediamo a contenuti creati da altri, con il riflettere e il verificare la loro veridicità, altrimenti contribuiamo ad inquinare il contesto informativo e comunicativo nel quale siamo inseriti. Inoltre, tutto quello che leggiamo, vediamo, ascoltiamo attraverso i tanti mezzi di comunicazione, contribuisce alla costruzione sociale della realtà quello che noi reputiamo essere vero. E se l’informazione in generale ha questo ruolo importante, abbiamo tutti il dovere di capire come funzionano le piattaforme digitali e, pertanto, è importante formarsi costantemente. Gli stessi incontri che sta portando avanti la WECA sul territorio nazionale, anche attraverso la presentazione di questo libro, vogliono andare nella direzione di questo percorso formativo".

Curare il legame con i territori

Fabio Bolzetta, appena tornato dalle zone alluvionate, ha detto di credere tantissimo nel legame con i territori e l’Umbria.

"E' la terra -ha raccontato- di mia moglie, dove mi sono sposato, e ho seguito molto gli eventi sismici del 2016, tanto da essere stato riconosciuto cittadino onorario del Comune di Norcia per i servizi giornalistici realizzati e per il libro Voce dal terremoto.

Nel rapporto tra media tradizionali e digitale, quando il digitale si è avvicinato alle colonne dell’editoria, molto spesso, nel contatto con la carta stampata, più che creare connessioni sono stati creati cortocircuiti. Il digitale e le nuove tecnologie comunicative sono state attaccate, perché avrebbero cancellato il cinema e spazzato via il libro. In realtà il digitale non ha eliminato, ma rinnovato ogni media tradizionale a partire dalla tv, che ha perso il suo potere di convocazione, eccetto che per eventi particolari (ad esempio, lo sport, il Festival di Sanremo…). E con la pandemia sono state trasformate alcune certezze, dalla qualità e dalla ricchezza di uno studio televisivo al conduttore solitario che presentava il telegiornale della propria abitazione".

Più facile veicolare falsità

 Infine, l’auspicio di Bolzetta ad essere nel cambiamento.

"Un mondo che cambia ogni giorno -ha sottolineato- e non riguarda soltanto chi è operatore della comunicazione o dell’informazione, ma chi ha responsabilità rispetto a tali prodotti, o chi ne usufruisce".

E ha concluso con alcune criticità, limiti e disfunzioni del Web.

"Come le fake news -detto- che non significa notizie errate, ma notizie volutamente false e messe online, come anche temi che riguardano realtà territoriali, come casi nazionali, perché è più facile veicolare la falsità che non la verità".

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“La Chiesa nel digitale”, presentazione del libro di Fabio Bolzetta https://www.lavoce.it/chiesa-digitale-presentazione-libro-fabio-bolzetta/ https://www.lavoce.it/chiesa-digitale-presentazione-libro-fabio-bolzetta/#respond Fri, 19 May 2023 16:09:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71625

Si parlerà di “Chiesa nel digitale”, a Perugia, sabato 20 maggio (ore 11), nella “Sala San Francesco” dell’Arcivescovado di Perugia, all’incontro di riflessione e formazione indetto in occasione della LVII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (domenica 21 maggio) dal tema “Parlare col cuore. ‘Secondo verità nella carità’ (Ef 4,15)”. Promosso dall’Ucsi Umbria (Unione cattolica stampa italiana) insieme all’Associazione dei WebCattolici italiani (WeCa), in collaborazione con l’Arcidiocesi, socio fondatore di WeCa, l’incontro prende lo spunto dal libro La Chiesa nel digitale. Strumenti e proposte (Tau editrice), con la prefazione di Papa Francesco, curato dal giornalista Fabio Bolzetta e promosso dall’Associazione Weca a partire dall’esperienza dei 150 tutorial di formazione realizzati su Chiesa e web.

Chi interverrà

L’evento è organizzato insieme al settimanale La Voce e all’emittente UmbriaRadio InBlu. Interverranno l’arcivescovo Ivan Maffeis, vice presidente della Ceu e delegato dei vescovi umbri per le Comunicazioni sociali, nonché membro del Dicastero della Santa Sede per la Comunicazione, il presidente dell’Ucsi Umbria, Manuela Acito, giornalista de “La Voce”, il curatore del libro, Fabio Bolzetta, presidente dell’Associazione dei WebCattolici italiani (Weca), Giovanni Silvestri, direttore del Servizio informatico della Cei e Rita Marchetti, docente di Sociologia dei Media digitali presso l’Università degli Studi di Perugia. Modererà l’incontro Daniele Morini, direttore de “La Voce” e di “UmbriaRadio InBlu”.

La presentazione a Perugia dopo quella avvenuta in altre diocesi d'Italia

Il libro sull’uso del digitale anche nella pastorale approda in Umbria dopo essere stato presentato in diverse diocesi italiane, tra le quali Genova e Ivrea, in un palazzo confiscato alle mafie a Gioia Tauro nella diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, nel Circolo dei Funzionari della Polizia di Stato a Roma, in una parrocchia e tra insegnanti, comunicatori e parroci dell’Arcidiocesi di Brindisi.

Una guida per navigare

“La Chiesa nel digitale” è una guida con proposte e strumenti a servizio della comunicazione e della pastorale. “Non una bussola – precisa il curatore Bolzetta –, ma un cammino in quattro tappe, che coincidono con altrettanti capitoli: riflettere, scoprire, condividere e pubblicare”. All’interno approfondimenti, ma anche consigli e risposte pratiche, dall’esperienza di formazione dell’Associazione dei WebCattolici Italiani: la cittadinanza digitale e lo sviluppo delle intelligenze artificiali, il cyberbullismo, come gestire il gruppo Facebook di una parrocchia, come affrontare gli “haters” online, TikTok come può essere uno strumento educativo e cosa serve per costruire un sito web, una storia o un post.

Un volume rivolto ad un pubblico ampio

Accedendo dal QR code della copertina, è possibile visionare i 150 tutorial realizzati, ogni mercoledì, dall’Associazione WECA. Un algoritmo, realizzato internamente, sul sito raggiunto dal Qr code restituisce contenuti di formazione personalizzati. Dopo essere sbarcati con questi contenuti in formato podcast su piattaforme come “Spotify” e, attraverso una skill realizzata internamente da WECA, anche su dispositivi compatibili con “Amazon Alexa”, l’idea è stata di raggiungere un pubblico che, pur interessato alle tematiche proposte, si sente più a suo agio nello “sfogliare”. Il testo, infatti, si rivolge a un pubblico ampio: comunicatori sociali, seminaristi, religiose, parroci, genitori, studenti e educatori. Il sito www.weca.it resta il punto di partenza per scoprire il libro e le attività dell’Associazione.
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Si parlerà di “Chiesa nel digitale”, a Perugia, sabato 20 maggio (ore 11), nella “Sala San Francesco” dell’Arcivescovado di Perugia, all’incontro di riflessione e formazione indetto in occasione della LVII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (domenica 21 maggio) dal tema “Parlare col cuore. ‘Secondo verità nella carità’ (Ef 4,15)”. Promosso dall’Ucsi Umbria (Unione cattolica stampa italiana) insieme all’Associazione dei WebCattolici italiani (WeCa), in collaborazione con l’Arcidiocesi, socio fondatore di WeCa, l’incontro prende lo spunto dal libro La Chiesa nel digitale. Strumenti e proposte (Tau editrice), con la prefazione di Papa Francesco, curato dal giornalista Fabio Bolzetta e promosso dall’Associazione Weca a partire dall’esperienza dei 150 tutorial di formazione realizzati su Chiesa e web.

Chi interverrà

L’evento è organizzato insieme al settimanale La Voce e all’emittente UmbriaRadio InBlu. Interverranno l’arcivescovo Ivan Maffeis, vice presidente della Ceu e delegato dei vescovi umbri per le Comunicazioni sociali, nonché membro del Dicastero della Santa Sede per la Comunicazione, il presidente dell’Ucsi Umbria, Manuela Acito, giornalista de “La Voce”, il curatore del libro, Fabio Bolzetta, presidente dell’Associazione dei WebCattolici italiani (Weca), Giovanni Silvestri, direttore del Servizio informatico della Cei e Rita Marchetti, docente di Sociologia dei Media digitali presso l’Università degli Studi di Perugia. Modererà l’incontro Daniele Morini, direttore de “La Voce” e di “UmbriaRadio InBlu”.

La presentazione a Perugia dopo quella avvenuta in altre diocesi d'Italia

Il libro sull’uso del digitale anche nella pastorale approda in Umbria dopo essere stato presentato in diverse diocesi italiane, tra le quali Genova e Ivrea, in un palazzo confiscato alle mafie a Gioia Tauro nella diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, nel Circolo dei Funzionari della Polizia di Stato a Roma, in una parrocchia e tra insegnanti, comunicatori e parroci dell’Arcidiocesi di Brindisi.

Una guida per navigare

“La Chiesa nel digitale” è una guida con proposte e strumenti a servizio della comunicazione e della pastorale. “Non una bussola – precisa il curatore Bolzetta –, ma un cammino in quattro tappe, che coincidono con altrettanti capitoli: riflettere, scoprire, condividere e pubblicare”. All’interno approfondimenti, ma anche consigli e risposte pratiche, dall’esperienza di formazione dell’Associazione dei WebCattolici Italiani: la cittadinanza digitale e lo sviluppo delle intelligenze artificiali, il cyberbullismo, come gestire il gruppo Facebook di una parrocchia, come affrontare gli “haters” online, TikTok come può essere uno strumento educativo e cosa serve per costruire un sito web, una storia o un post.

Un volume rivolto ad un pubblico ampio

Accedendo dal QR code della copertina, è possibile visionare i 150 tutorial realizzati, ogni mercoledì, dall’Associazione WECA. Un algoritmo, realizzato internamente, sul sito raggiunto dal Qr code restituisce contenuti di formazione personalizzati. Dopo essere sbarcati con questi contenuti in formato podcast su piattaforme come “Spotify” e, attraverso una skill realizzata internamente da WECA, anche su dispositivi compatibili con “Amazon Alexa”, l’idea è stata di raggiungere un pubblico che, pur interessato alle tematiche proposte, si sente più a suo agio nello “sfogliare”. Il testo, infatti, si rivolge a un pubblico ampio: comunicatori sociali, seminaristi, religiose, parroci, genitori, studenti e educatori. Il sito www.weca.it resta il punto di partenza per scoprire il libro e le attività dell’Associazione.
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https://www.lavoce.it/chiesa-digitale-presentazione-libro-fabio-bolzetta/feed/ 0
Con la penna e il cuore. Puro https://www.lavoce.it/con-la-penna-e-il-cuore-puro/ Thu, 26 Jan 2023 16:24:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70185

di Paolo Ruffini

C’è una beatitudine che spiega bene il Messaggio di Papa Francesco per questa Giornata mondiale delle comunicazioni. Che ci dice – con le parole di Gesù – perché non basta andare, non basta vedere, non basta ascoltare; se non lo facciamo con il cuore in mano. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

In un tempo smaliziato, che esalta la durezza come mezzo per scalfire la verità, il Papa ci dice che la via è un’altra; se davvero vogliamo capire. Ed è una via semplice. Che nella società della tecnica non ha nulla a che fare con la tecnica. Che nella società dell’apparenza non ha nulla a che fare con la forma, perché ha a che fare con la sostanza.

Solo i puri di cuore possono vedere la verità nell’amore in cui tutto sussiste. Solo chi ama bene può dire bene. Sembrerebbe una via che non riguarda i professionisti. Sembrerebbe… se non fosse che il patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales, era convinto che “basta amare bene per dire bene”.

E se non fosse che uno dei più grandi giornalisti del tempo recente raccomandava anche lui la stessa cosa: l’empatia, quel comune sentire che nasce dalla sintonia dei cuori, dall’empatia, senza la quale è impossibile sentire davvero. Per fare buon giornalismo – diceva questo straordinario reporter – si deve essere innanzitutto uomini buoni, o donne buone: buoni esseri umani.

“Le persone cattive non possono essere dei bravi giornalisti. Solo se si è una buona persona si può tentare di capire gli altri, le loro intenzioni, la loro fede, i loro interessi, le loro difficoltà, le loro tragedie. E diventare immediatamente, fin dal primo momento, parte del loro destino”.

Mi è capitato spesso di citare questa riflessione di Kapuscinski, perché smentisce clamorosamente la falsa verità secondo la quale un buon giornalista per fare bene il suo mestiere non dovrebbe guardare in faccia nessuno. Perché ci dice senza mezzi termini che, non guardando in faccia nessuno, si rischia di rimanere prigionieri dei propri teoremi, dei propri pregiudizi, del proprio cuore malato; si sfugge dalle proprie responsabilità, si perde la possibilità stessa di verificare.

Scriveva molti anni fa il cardinale Martini, immaginando la deriva che stava prendendo questo modo senza cuore di intendere l’informazione, che tutto nasce dalla volontà di “suscitare sensazioni forti ed eccitanti per ‘vendere’ meglio e più di altri le informazioni”: “Puntando sul sensazionale, calcando sui particolari che suscitano attrazione, disgusto, ribrezzo, pietà – affermava – si genera una inflazione dei sentimenti e nello stesso tempo un accresciuto bisogno di emozioni sempre più elettrizzanti”.  Ma la cosa – commentava – diviene più preoccupante quando la “cassa di risonanza” appare legata a interessi forti e occulti.

Per questo, credo, con il suo messaggio Papa Francesco ci invita a guardare dentro il nostro cuore e ci ammonisce a tornare alla radice della vocazione del giornalista e del comunicatore: cercare la verità con la saggezza del cuore puro, senza pregiudizi; fare i conti con la propria coscienza, saper discernere nella confusione, nelle contraddizioni, nel chiacchiericcio, la verità oltre l’apparenza.  E condividerla, per farla crescere nel dialogo, nella relazione.

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di Paolo Ruffini

C’è una beatitudine che spiega bene il Messaggio di Papa Francesco per questa Giornata mondiale delle comunicazioni. Che ci dice – con le parole di Gesù – perché non basta andare, non basta vedere, non basta ascoltare; se non lo facciamo con il cuore in mano. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

In un tempo smaliziato, che esalta la durezza come mezzo per scalfire la verità, il Papa ci dice che la via è un’altra; se davvero vogliamo capire. Ed è una via semplice. Che nella società della tecnica non ha nulla a che fare con la tecnica. Che nella società dell’apparenza non ha nulla a che fare con la forma, perché ha a che fare con la sostanza.

Solo i puri di cuore possono vedere la verità nell’amore in cui tutto sussiste. Solo chi ama bene può dire bene. Sembrerebbe una via che non riguarda i professionisti. Sembrerebbe… se non fosse che il patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales, era convinto che “basta amare bene per dire bene”.

E se non fosse che uno dei più grandi giornalisti del tempo recente raccomandava anche lui la stessa cosa: l’empatia, quel comune sentire che nasce dalla sintonia dei cuori, dall’empatia, senza la quale è impossibile sentire davvero. Per fare buon giornalismo – diceva questo straordinario reporter – si deve essere innanzitutto uomini buoni, o donne buone: buoni esseri umani.

“Le persone cattive non possono essere dei bravi giornalisti. Solo se si è una buona persona si può tentare di capire gli altri, le loro intenzioni, la loro fede, i loro interessi, le loro difficoltà, le loro tragedie. E diventare immediatamente, fin dal primo momento, parte del loro destino”.

Mi è capitato spesso di citare questa riflessione di Kapuscinski, perché smentisce clamorosamente la falsa verità secondo la quale un buon giornalista per fare bene il suo mestiere non dovrebbe guardare in faccia nessuno. Perché ci dice senza mezzi termini che, non guardando in faccia nessuno, si rischia di rimanere prigionieri dei propri teoremi, dei propri pregiudizi, del proprio cuore malato; si sfugge dalle proprie responsabilità, si perde la possibilità stessa di verificare.

Scriveva molti anni fa il cardinale Martini, immaginando la deriva che stava prendendo questo modo senza cuore di intendere l’informazione, che tutto nasce dalla volontà di “suscitare sensazioni forti ed eccitanti per ‘vendere’ meglio e più di altri le informazioni”: “Puntando sul sensazionale, calcando sui particolari che suscitano attrazione, disgusto, ribrezzo, pietà – affermava – si genera una inflazione dei sentimenti e nello stesso tempo un accresciuto bisogno di emozioni sempre più elettrizzanti”.  Ma la cosa – commentava – diviene più preoccupante quando la “cassa di risonanza” appare legata a interessi forti e occulti.

Per questo, credo, con il suo messaggio Papa Francesco ci invita a guardare dentro il nostro cuore e ci ammonisce a tornare alla radice della vocazione del giornalista e del comunicatore: cercare la verità con la saggezza del cuore puro, senza pregiudizi; fare i conti con la propria coscienza, saper discernere nella confusione, nelle contraddizioni, nel chiacchiericcio, la verità oltre l’apparenza.  E condividerla, per farla crescere nel dialogo, nella relazione.

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‘Ascoltare con l’orecchio del cuore’, il 29 maggio 56ª Giornata delle Comunicazioni Sociali https://www.lavoce.it/ascoltare-con-lorecchio-del-cuore-giornata-delle-comunicazioni-sociali/ Sun, 29 May 2022 14:13:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67017 Giornata comunicazioni sociali

Per comunicare occorre ascoltare, meglio ancora "Ascoltare con l'orecchio del cuore". Si intitola infatti così il Messaggio di Papa Francesco per la 56a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra domenica 29 maggio 2022, solennità dell'Ascensione, e che insieme a quella del patrono San Francesco di Sales è la festa di tutti gli operatori dei media. Scrive Papa Francesco nel Messaggio: "L'ascoltare è dunque il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare. Per offrire un'informazione solida, equilibrata e completa è necessario aver ascoltato a lungo. Per raccontare un evento o descrivere una realtà in un reportage è essenziale aver saputo ascoltare, disposti anche a cambiare idea, a modificare le proprie ipotesi di partenza". Per riflettere sul ruolo dell'ascolto nella professione giornalistica riproponiamo, a questo link, il Messaggio integrale di Papa Francesco per la 56ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali sul tema "Ascoltare con l'orecchio del cuore" pubblicato il 24 gennaio 2022. (Fonte: Federazione nazionale stampa italiana)]]>
Giornata comunicazioni sociali

Per comunicare occorre ascoltare, meglio ancora "Ascoltare con l'orecchio del cuore". Si intitola infatti così il Messaggio di Papa Francesco per la 56a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra domenica 29 maggio 2022, solennità dell'Ascensione, e che insieme a quella del patrono San Francesco di Sales è la festa di tutti gli operatori dei media. Scrive Papa Francesco nel Messaggio: "L'ascoltare è dunque il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare. Per offrire un'informazione solida, equilibrata e completa è necessario aver ascoltato a lungo. Per raccontare un evento o descrivere una realtà in un reportage è essenziale aver saputo ascoltare, disposti anche a cambiare idea, a modificare le proprie ipotesi di partenza". Per riflettere sul ruolo dell'ascolto nella professione giornalistica riproponiamo, a questo link, il Messaggio integrale di Papa Francesco per la 56ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali sul tema "Ascoltare con l'orecchio del cuore" pubblicato il 24 gennaio 2022. (Fonte: Federazione nazionale stampa italiana)]]>
Fake news e fuga dai social https://www.lavoce.it/fake-news-e-fuga-dai-social/ Sat, 05 Feb 2022 18:54:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=64859

Fa riflettere, e pure parecchio, che un italiano su cinque abbia abbandonato i social media nell’ultimo anno. Qualcuno l’ha definita un’autentica “fuga”, proprio perché il 22 per cento dei nostri connazionali nel 2021 non ha più frequentato almeno una tra le reti sociali nelle quali aveva aperto i suoi profili. Nella scelta di disconnettersi prevale il rifiuto di modelli frivoli e noiosi, e la stanchezza per le troppe fake news che lamenta almeno un internauta su quattro. Sono solo alcuni dei numeri in evidenza nel Digital consumer trends survey 2021 pubblicato da Deloitte.

Ciò che sono diventati i social media negli ultimi anni è davvero sotto gli occhi di tutti. Indagini, ricerche e rapporti - a livello nazionale e internazionale - non fanno altro che confermare la percezione che ciascuno di noi sperimenta ogni giorno, affacciandosi nel flusso incessante dei post che popolano le varie piattaforme. Come abbiamo già avuto modo di raccontare la scorsa settimana, presentando il messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, c’è una infodemia dilagante (una sempre più ampia “pandemia dell’informazione”) che ha bisogno di antidoti e anticorpi. Con estrema urgenza, per altro. Per questo il Santo Padre indica l’ascolto reciproco come possibile “vaccino” per contrastare il diffondersi del virus del parlarsi addosso, del ridicolizzare l’altro, dell’offesa gratuita e violenta, dell’imposizione del proprio punto di vista senza accendere un vero e fertile dialogo.

Rivolgendosi nei giorni scorsi al consorzio internazionale di media cattolici Catholic fact-checking , il Papa ha affermato che davanti al moltiplicarsi delle informazioni e al diffondersi di false notizie, in particolare sui vaccini anti-Covid, è necessario ricercare sempre la verità senza colpire chi le condivide, talvolta senza cognizione di causa. Il cristiano - altro grande insegnamento di Francesco - è contro le menzogne, ma sempre per le persone. Non bisogna dimenticare, avverte, la “distinzione tra le notizie e le persone”. Se è necessario contrastare le fake news , vanno sempre rispettate le persone che spesso inconsapevolmente vi aderiscono. Anche questo - per ogni credente e per i media cattolici - è autentico, complesso ma doveroso terreno di ‘missione’.

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Fa riflettere, e pure parecchio, che un italiano su cinque abbia abbandonato i social media nell’ultimo anno. Qualcuno l’ha definita un’autentica “fuga”, proprio perché il 22 per cento dei nostri connazionali nel 2021 non ha più frequentato almeno una tra le reti sociali nelle quali aveva aperto i suoi profili. Nella scelta di disconnettersi prevale il rifiuto di modelli frivoli e noiosi, e la stanchezza per le troppe fake news che lamenta almeno un internauta su quattro. Sono solo alcuni dei numeri in evidenza nel Digital consumer trends survey 2021 pubblicato da Deloitte.

Ciò che sono diventati i social media negli ultimi anni è davvero sotto gli occhi di tutti. Indagini, ricerche e rapporti - a livello nazionale e internazionale - non fanno altro che confermare la percezione che ciascuno di noi sperimenta ogni giorno, affacciandosi nel flusso incessante dei post che popolano le varie piattaforme. Come abbiamo già avuto modo di raccontare la scorsa settimana, presentando il messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, c’è una infodemia dilagante (una sempre più ampia “pandemia dell’informazione”) che ha bisogno di antidoti e anticorpi. Con estrema urgenza, per altro. Per questo il Santo Padre indica l’ascolto reciproco come possibile “vaccino” per contrastare il diffondersi del virus del parlarsi addosso, del ridicolizzare l’altro, dell’offesa gratuita e violenta, dell’imposizione del proprio punto di vista senza accendere un vero e fertile dialogo.

Rivolgendosi nei giorni scorsi al consorzio internazionale di media cattolici Catholic fact-checking , il Papa ha affermato che davanti al moltiplicarsi delle informazioni e al diffondersi di false notizie, in particolare sui vaccini anti-Covid, è necessario ricercare sempre la verità senza colpire chi le condivide, talvolta senza cognizione di causa. Il cristiano - altro grande insegnamento di Francesco - è contro le menzogne, ma sempre per le persone. Non bisogna dimenticare, avverte, la “distinzione tra le notizie e le persone”. Se è necessario contrastare le fake news , vanno sempre rispettate le persone che spesso inconsapevolmente vi aderiscono. Anche questo - per ogni credente e per i media cattolici - è autentico, complesso ma doveroso terreno di ‘missione’.

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