francescani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/francescani/ Settimanale di informazione regionale Fri, 01 Nov 2024 18:11:06 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg francescani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/francescani/ 32 32 Missione giovani: le testimonianze di chi ha partecipato https://www.lavoce.it/missione-giovani-le-testimonianze-di-chi-ha-partecipato/ https://www.lavoce.it/missione-giovani-le-testimonianze-di-chi-ha-partecipato/#respond Fri, 01 Nov 2024 17:00:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78388 I giovani con i frati francescani in piazza IV Novembre intorno alla Fonta aMaggiore, sullo sfondo Palazzo dei Priori

La “Missione giovani” si è conclusa, ma ha lasciato segni, e semi, nella vita dei giovani, dei missionari e di quelli che si sono lasciati coinvolgere dal loro invito, ma anche nella vita della comunità ecclesiale che si è preparata per il “dopo missione”.

Segni e semi nei giovani partecipanti alla Missione

Avvicinare una persona sconosciuta per strada per proporgli un discorso che riguarda la fede. Quanti si vergognerebbero a farlo? Tanti, quasi tutti. Anche Francesca e Elena, due ragazze che hanno partecipato alla Missione giovani, e che nonostante la preparazione fatta nei mesi precedenti, al momento di andare hanno dovuto superare timidezza e “vergogna”, spinte e sostenute dai missionari adulti che accompagnavano i giovani. Le incontro a metà missione, giovedì pomeriggio nella “base” dei missionari, la chiesa di Elce. Hanno appena concluso la preparazione fatta di preghiera e indicazioni logistiche per andare per le strade a portare l’annuncio.

La timidezza di Francesca, poi superata

“All’inizio è stato molto complesso e mi ‘buttavano i frati’, - racconta Francesca - cioè nel senso proprio mi dicevano vai, ferma la persona, parla. Invece adesso è una cosa che sento molto più mia anche perché ho capito quanto sia importante soprattutto quando abbiamo iniziato a fare le serate al Teatro Pavone: ho visto i ragazzi venire poi all’adorazione che quando uscivano avevano una luce immensa e bellissima negli occhi. Vederli così, soprattutto alcuni di cui conoscevo le storie mi spinge ad andare ancora adesso. È stato bellissimo e lo rifarei altre mille volte”.

... e quella di Elena, "che ha dovuto rompere il ghiaccio"

Anche Elena all’inizio ha dovuto “un po’ rompere il ghiaccio anche con me stessa”. Ma poi, racconta, “davvero riesci a essere te stesso con tutti, con tutta la gente che incontri perché è proprio bello vedere la disponibilità dei giovani che hanno accolto quasi tutti l’invito anche se poi non tutti sono venuti, o sono rimasti soltanto per una parte di serata. La prima sera sono stata fuori dal teatro e sono usciti tre ragazzi che dentro sentivano un po’ caldo e non ce la facevano più a respirare, e sono rimasti fuori a parlare con noi sulla serata, sulla vita in generale, su argomenti del più e del meno, come quando tra amici si rimane fuori dopo la messa a parlare”.

Sperimentare che si può entrare in relazione con l'altro

Ma, “la cosa più bella” che le ragazze si portano nel cuore, e che ha segnato la loro vita, “non è stato tanto portare un annuncio”, che pure hanno fatto, ma è l’aver sperimentato che si può, ed è bello, “entrare in relazione con l’altro”, come dice Francesca. E Francesca si porta nel cuore “tanta gioia e tanta speranza” perché, spiega, “a noi può sembrare inutile fare inviti a gente scelta a caso, che non conosciamo, però Dio sa che frutti porterà questa piccola settimana in un tempo molto più grande”. E sottolinea che “‘è stato fondamentale” questo “fermarsi per strada a parlare con loro, dargli il loro spazio, dargli la parola, dargli l’occasione di esprimersi in un ambiente libero, senza pregiudizi, senza costrizioni, creare questo luogo dove i giovani si sono sentiti ascoltati”.  Negli occhi di Francesca e Elena c’è la luce di chi ha sperimentato la bellezza di un incontro.

Segni e semi della Missione nella comunità

La Missione giovani è una “azione” di Chiesa. Promossa dalla diocesi e nello specifico dagli uffici pastorali che si occupano dei giovani, ha però cercato di coinvolgere la comunità ecclesiale, dalle parrocchie alle associazioni, gruppi e movimenti, non solo giovanili. Un coinvolgimento che si è concretizzato nella fase di invito ai giovani a partecipare, nelle giornate della Missione con i sacerdoti che si sono messi a disposizione per le confessioni o che hanno accompagnato i ragazzi della parrocchia alle catechesi tenute al Pavone. Un coinvolgimento che si fa ancor più coinvolgente in questo “postmissione” con i percorsi attivati soprattutto a Perugia, ma non solo, ai quali sono stati invitati tutti i giovani contattati nei giorni della missione.

Il primo seme

Il primo seme piantato nella comunità ecclesiale è, “prima di tutto la comunione vissuta in questa Missione giovani, cioè di poter stare tra ragazzi, frati, sacerdoti di varie parrocchie, di varie realtà, di varie associazioni” , commenta don Simone Sorbaioli, vicario per la pastorale, che nel tempo della Missione ha condiviso le sue giornate con i missionari.  “La missione accende un fuoco che dopo va tenuto vivo” e “a noi - aggiunge don Sorbaioli - viene chiesto di accompagnare i tanti giovani incontrati in questi giorni di annuncio, in quello che chiamiamo il ‘post missione’. Sabato all’ultima catechesi verrà fatto un invito a proseguire un cammino nelle varie occasioni di nuova evangelizzazione per i giovani, 16 preparate nelle parrocchie o nelle associazioni, che prenderanno avvio nella settimana successiva alla conclusione della Missione”.

Il post-missione è appena iniziato. Il cammino prosegue nella comunità diocesana che il 23 settembre sarà convocata in assemblea. Ma tra i frutti c’è già il rafforzamento della collaborazione tra le pastorali che si occupano dei giovani.

L'omelia dell'arcivescovo Ivan Meffeis

“Un po’ tutti abbiamo respirato quel clima di fraternità e di condivisione dell’annuncio missionario del Vangelo che ci ha uniti e che rimane un patrimonio da coltivare e da valorizzare”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva della “Missione Giovani” che si è svolta a Perugia dal 18 al 27 ottobre. Domenica mattina l’ultimo appuntamento in una gremita cattedrale di San Lorenzo. In chiesa i giovani missionari e tanti dei giovani incontrati nei giorni della missione.

“Chiediamo al Signore - ha detto il vescovo Ivan all’omelia - un cuore che sappia ascoltare il grido di tanti e sappia restituire un riflesso di quella luce, di quella speranza che Dio ci ha donato. Affinché questa luce e questa speranza non si offuschino, vi proponiamo di scegliere un cammino con cui continuare e valorizzare il tesoro di questa “Missione Giovani”, perché non resti semplicemente un ricordo”. Nel postmissione 16 proposte per proseguire il cammino, a cominciare da mercoledì 31 ottobre presso la chiesa dell’abbazia di San Pietro a Perugia.

Il calendario completo è pubblicato sul sito diocesi.perugia.it/

 
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I giovani con i frati francescani in piazza IV Novembre intorno alla Fonta aMaggiore, sullo sfondo Palazzo dei Priori

La “Missione giovani” si è conclusa, ma ha lasciato segni, e semi, nella vita dei giovani, dei missionari e di quelli che si sono lasciati coinvolgere dal loro invito, ma anche nella vita della comunità ecclesiale che si è preparata per il “dopo missione”.

Segni e semi nei giovani partecipanti alla Missione

Avvicinare una persona sconosciuta per strada per proporgli un discorso che riguarda la fede. Quanti si vergognerebbero a farlo? Tanti, quasi tutti. Anche Francesca e Elena, due ragazze che hanno partecipato alla Missione giovani, e che nonostante la preparazione fatta nei mesi precedenti, al momento di andare hanno dovuto superare timidezza e “vergogna”, spinte e sostenute dai missionari adulti che accompagnavano i giovani. Le incontro a metà missione, giovedì pomeriggio nella “base” dei missionari, la chiesa di Elce. Hanno appena concluso la preparazione fatta di preghiera e indicazioni logistiche per andare per le strade a portare l’annuncio.

La timidezza di Francesca, poi superata

“All’inizio è stato molto complesso e mi ‘buttavano i frati’, - racconta Francesca - cioè nel senso proprio mi dicevano vai, ferma la persona, parla. Invece adesso è una cosa che sento molto più mia anche perché ho capito quanto sia importante soprattutto quando abbiamo iniziato a fare le serate al Teatro Pavone: ho visto i ragazzi venire poi all’adorazione che quando uscivano avevano una luce immensa e bellissima negli occhi. Vederli così, soprattutto alcuni di cui conoscevo le storie mi spinge ad andare ancora adesso. È stato bellissimo e lo rifarei altre mille volte”.

... e quella di Elena, "che ha dovuto rompere il ghiaccio"

Anche Elena all’inizio ha dovuto “un po’ rompere il ghiaccio anche con me stessa”. Ma poi, racconta, “davvero riesci a essere te stesso con tutti, con tutta la gente che incontri perché è proprio bello vedere la disponibilità dei giovani che hanno accolto quasi tutti l’invito anche se poi non tutti sono venuti, o sono rimasti soltanto per una parte di serata. La prima sera sono stata fuori dal teatro e sono usciti tre ragazzi che dentro sentivano un po’ caldo e non ce la facevano più a respirare, e sono rimasti fuori a parlare con noi sulla serata, sulla vita in generale, su argomenti del più e del meno, come quando tra amici si rimane fuori dopo la messa a parlare”.

Sperimentare che si può entrare in relazione con l'altro

Ma, “la cosa più bella” che le ragazze si portano nel cuore, e che ha segnato la loro vita, “non è stato tanto portare un annuncio”, che pure hanno fatto, ma è l’aver sperimentato che si può, ed è bello, “entrare in relazione con l’altro”, come dice Francesca. E Francesca si porta nel cuore “tanta gioia e tanta speranza” perché, spiega, “a noi può sembrare inutile fare inviti a gente scelta a caso, che non conosciamo, però Dio sa che frutti porterà questa piccola settimana in un tempo molto più grande”. E sottolinea che “‘è stato fondamentale” questo “fermarsi per strada a parlare con loro, dargli il loro spazio, dargli la parola, dargli l’occasione di esprimersi in un ambiente libero, senza pregiudizi, senza costrizioni, creare questo luogo dove i giovani si sono sentiti ascoltati”.  Negli occhi di Francesca e Elena c’è la luce di chi ha sperimentato la bellezza di un incontro.

Segni e semi della Missione nella comunità

La Missione giovani è una “azione” di Chiesa. Promossa dalla diocesi e nello specifico dagli uffici pastorali che si occupano dei giovani, ha però cercato di coinvolgere la comunità ecclesiale, dalle parrocchie alle associazioni, gruppi e movimenti, non solo giovanili. Un coinvolgimento che si è concretizzato nella fase di invito ai giovani a partecipare, nelle giornate della Missione con i sacerdoti che si sono messi a disposizione per le confessioni o che hanno accompagnato i ragazzi della parrocchia alle catechesi tenute al Pavone. Un coinvolgimento che si fa ancor più coinvolgente in questo “postmissione” con i percorsi attivati soprattutto a Perugia, ma non solo, ai quali sono stati invitati tutti i giovani contattati nei giorni della missione.

Il primo seme

Il primo seme piantato nella comunità ecclesiale è, “prima di tutto la comunione vissuta in questa Missione giovani, cioè di poter stare tra ragazzi, frati, sacerdoti di varie parrocchie, di varie realtà, di varie associazioni” , commenta don Simone Sorbaioli, vicario per la pastorale, che nel tempo della Missione ha condiviso le sue giornate con i missionari.  “La missione accende un fuoco che dopo va tenuto vivo” e “a noi - aggiunge don Sorbaioli - viene chiesto di accompagnare i tanti giovani incontrati in questi giorni di annuncio, in quello che chiamiamo il ‘post missione’. Sabato all’ultima catechesi verrà fatto un invito a proseguire un cammino nelle varie occasioni di nuova evangelizzazione per i giovani, 16 preparate nelle parrocchie o nelle associazioni, che prenderanno avvio nella settimana successiva alla conclusione della Missione”.

Il post-missione è appena iniziato. Il cammino prosegue nella comunità diocesana che il 23 settembre sarà convocata in assemblea. Ma tra i frutti c’è già il rafforzamento della collaborazione tra le pastorali che si occupano dei giovani.

L'omelia dell'arcivescovo Ivan Meffeis

“Un po’ tutti abbiamo respirato quel clima di fraternità e di condivisione dell’annuncio missionario del Vangelo che ci ha uniti e che rimane un patrimonio da coltivare e da valorizzare”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva della “Missione Giovani” che si è svolta a Perugia dal 18 al 27 ottobre. Domenica mattina l’ultimo appuntamento in una gremita cattedrale di San Lorenzo. In chiesa i giovani missionari e tanti dei giovani incontrati nei giorni della missione.

“Chiediamo al Signore - ha detto il vescovo Ivan all’omelia - un cuore che sappia ascoltare il grido di tanti e sappia restituire un riflesso di quella luce, di quella speranza che Dio ci ha donato. Affinché questa luce e questa speranza non si offuschino, vi proponiamo di scegliere un cammino con cui continuare e valorizzare il tesoro di questa “Missione Giovani”, perché non resti semplicemente un ricordo”. Nel postmissione 16 proposte per proseguire il cammino, a cominciare da mercoledì 31 ottobre presso la chiesa dell’abbazia di San Pietro a Perugia.

Il calendario completo è pubblicato sul sito diocesi.perugia.it/

 
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Il cammino dei primi francescani nel racconto dell’influencer Marika Ciacca https://www.lavoce.it/cammino-primi-francescani-racconto-influencer-digitali/ https://www.lavoce.it/cammino-primi-francescani-racconto-influencer-digitali/#respond Fri, 15 Mar 2024 19:01:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75289

Si avvicina l’inizio della primavera e si riaccendono i riflettori sui cammini che si intrecciano sul territorio umbro, grazie anche ai moderni “narratori digitali”. Fondazione Terra Santa, che con il suo ramo editoriale TS Edizioni ha pubblicato nel 2021 la guida Il cammino dei primi francescani in tasca, insieme alla Compagnia dei Romei di San Michele Arcangelo e ai Comuni di Terni, Stroncone, Calvi dell’Umbria, Narni e San Gemini promuove un itinerario a piedi tra i più ricchi di storia e bellezze naturali dell’Umbria meridionale.

L'influencer e guida ambientale Marika Ciacca alla scoperta del Cammino dei primi francescani

Proprio in questi giorni, dall’11 al 16 marzo, Marika Ciaccia è alla scoperta di questo cammino e dei tesori culturali e paesaggistici del territorio che attraversa. Si tratta di una guida ambientale escursionistica e popolare influencer nell’ambito dei cammini, conosciuta in tutta Italia per il suo blog My Life in Trek e con un seguito sui profili social di oltre 70mila follower.

L’itinerario - fra arte, natura e spiritualità collega i luoghi natali dei primi martiri, discepoli di san Francesco d’Assisi, nella valle ternana. Marika sta visitando chiese, eremi e borghi antichi, esplorando tratti di sentiero nei boschi e godendo dei magnifici paesaggi. Sta andando anche alla scoperta della gastronomia, nei luoghi migliori per cenare e trascorrere la notte, fra Stroncone, Calvi, Narni, San Gemini e infine Terni. In ogni centro approfondisce la conoscenza della storia locale e del territorio con rappresentanti e testimonial delle amministrazioni comunali.

...in compagnia di Daniele Gomiero

In compagnia del blogger e fotografo Daniele Gomiero (www.wildtherapy.life) sta facendo un racconto in diretta sul suo profilo Instagram @my_life_in_trek, documentando la ricchezza del Cammino dei protomartiri francescani.

Il percorso del Cammino dei protomartiri francescani

Luogo di partenza dell’itinerario è la chiesa di Santa Maria della Pace a Terni, come suggerito dai curatori del Cammino ad anello che è stato tracciato nel 2015 e tocca, lungo il percorso, anche lo Speco di Narni e la Romita di Cesi e termina al santuario antoniano a Terni. Qui nel 2020 si sono celebrati gli 800 anni del martirio dei primi cinque francescani, avvenuto in Marocco. Per il forte legame di fede con il territorio, il Cammino dei protomartiri francescani può arricchirsi di meditazione e preghiera, diventando un vero e proprio pellegrinaggio che ripercorre nei luoghi che attraversa la vita dei frati che nel XIII secolo donarono la vita.

Al termine del percorso Marika realizzerà un video documentario e consigli pratici sul suo sito

Al termine di questa esperienza, Marika Ciaccia realizzerà un video documentario per il canale YouTube @mylifeintrek, offrendo sul suo sito www.mylifeintrek.it i consigli pratici per organizzare questa esperienza.

La guida cartacea

La guida cartacea, ricca di immagini e informazioni, con preziose indicazioni sui sentieri e le altimetrie, i dislivelli e la segnaletica, i luoghi imperdibili e le indicazioni su dove mangiare e dormire, non si limita a questo. “Una guida che si rispetti - ha osservato l’arcivescovo di Lucca, Paolo Giulietti, lui stesso umbro e promotore di pellegrinaggi a piedi - si pone l’obiettivo di orientare quell’itinerario interiore che costituisce il principale portato di ogni vera esperienza di cammino”.

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Si avvicina l’inizio della primavera e si riaccendono i riflettori sui cammini che si intrecciano sul territorio umbro, grazie anche ai moderni “narratori digitali”. Fondazione Terra Santa, che con il suo ramo editoriale TS Edizioni ha pubblicato nel 2021 la guida Il cammino dei primi francescani in tasca, insieme alla Compagnia dei Romei di San Michele Arcangelo e ai Comuni di Terni, Stroncone, Calvi dell’Umbria, Narni e San Gemini promuove un itinerario a piedi tra i più ricchi di storia e bellezze naturali dell’Umbria meridionale.

L'influencer e guida ambientale Marika Ciacca alla scoperta del Cammino dei primi francescani

Proprio in questi giorni, dall’11 al 16 marzo, Marika Ciaccia è alla scoperta di questo cammino e dei tesori culturali e paesaggistici del territorio che attraversa. Si tratta di una guida ambientale escursionistica e popolare influencer nell’ambito dei cammini, conosciuta in tutta Italia per il suo blog My Life in Trek e con un seguito sui profili social di oltre 70mila follower.

L’itinerario - fra arte, natura e spiritualità collega i luoghi natali dei primi martiri, discepoli di san Francesco d’Assisi, nella valle ternana. Marika sta visitando chiese, eremi e borghi antichi, esplorando tratti di sentiero nei boschi e godendo dei magnifici paesaggi. Sta andando anche alla scoperta della gastronomia, nei luoghi migliori per cenare e trascorrere la notte, fra Stroncone, Calvi, Narni, San Gemini e infine Terni. In ogni centro approfondisce la conoscenza della storia locale e del territorio con rappresentanti e testimonial delle amministrazioni comunali.

...in compagnia di Daniele Gomiero

In compagnia del blogger e fotografo Daniele Gomiero (www.wildtherapy.life) sta facendo un racconto in diretta sul suo profilo Instagram @my_life_in_trek, documentando la ricchezza del Cammino dei protomartiri francescani.

Il percorso del Cammino dei protomartiri francescani

Luogo di partenza dell’itinerario è la chiesa di Santa Maria della Pace a Terni, come suggerito dai curatori del Cammino ad anello che è stato tracciato nel 2015 e tocca, lungo il percorso, anche lo Speco di Narni e la Romita di Cesi e termina al santuario antoniano a Terni. Qui nel 2020 si sono celebrati gli 800 anni del martirio dei primi cinque francescani, avvenuto in Marocco. Per il forte legame di fede con il territorio, il Cammino dei protomartiri francescani può arricchirsi di meditazione e preghiera, diventando un vero e proprio pellegrinaggio che ripercorre nei luoghi che attraversa la vita dei frati che nel XIII secolo donarono la vita.

Al termine del percorso Marika realizzerà un video documentario e consigli pratici sul suo sito

Al termine di questa esperienza, Marika Ciaccia realizzerà un video documentario per il canale YouTube @mylifeintrek, offrendo sul suo sito www.mylifeintrek.it i consigli pratici per organizzare questa esperienza.

La guida cartacea

La guida cartacea, ricca di immagini e informazioni, con preziose indicazioni sui sentieri e le altimetrie, i dislivelli e la segnaletica, i luoghi imperdibili e le indicazioni su dove mangiare e dormire, non si limita a questo. “Una guida che si rispetti - ha osservato l’arcivescovo di Lucca, Paolo Giulietti, lui stesso umbro e promotore di pellegrinaggi a piedi - si pone l’obiettivo di orientare quell’itinerario interiore che costituisce il principale portato di ogni vera esperienza di cammino”.

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UMBERTIDE. Arriva un frate francescano, Marco Bussi https://www.lavoce.it/umbertide-frate-marco-bussi/ Tue, 25 Sep 2018 10:00:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52932 Marco Bussi

Un nuovo “giovane” figlio di san Francesco è arrivato al convento di Santa Maria della Pietà a Umbertide. Si chiama Marco Bussi, viene dal Piemonte e ha 40 anni. Siamo andati a trovarlo.

Chi è Marco Bussi? “Una persona in ricerca vocazionale. Ho concluso da poco gli studi teologici ad Assisi; la professione solenne è avvenuta lo scorso anno, e dopo aver vissuto per anno circa al convento di Monteluco di Spoleto sono stato mandato a Umbertide a Santa Maria della Pietà”.

Conoscevi già Umbertide? “Sì, ero stato qui per due mesi cinque anni fa, nel tempo dello studentato. Fu un bel periodo, anche se breve. E forse, dato che ne sentivo un po’ la nostalgia, il Signore ha voluto riportarmi qua.

La vocazione alla vita religiosa? “Le radici della chiamata alla vita francescana risalgono al 2004, quando seguii ad Assisi un corso di orientamento alla vita religiosa, tenuto da padre Gianluca Iacomino (ora parroco qui). Scoprii di essere un cristiano ‘praticante non credente’: agli occhi del mondo un buon cristiano, ma senza aver mai cercato veramente Gesù Cristo. Nel settembre 2009 sono entrato nel convento di Monteluco, avendo capito che la strada da seguire era diversa da quella che pensavo” (continua a leggere gratuitamente sull'edizione digitale de La Voce).

Fabrizio Ciocchetti

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Marco Bussi

Un nuovo “giovane” figlio di san Francesco è arrivato al convento di Santa Maria della Pietà a Umbertide. Si chiama Marco Bussi, viene dal Piemonte e ha 40 anni. Siamo andati a trovarlo.

Chi è Marco Bussi? “Una persona in ricerca vocazionale. Ho concluso da poco gli studi teologici ad Assisi; la professione solenne è avvenuta lo scorso anno, e dopo aver vissuto per anno circa al convento di Monteluco di Spoleto sono stato mandato a Umbertide a Santa Maria della Pietà”.

Conoscevi già Umbertide? “Sì, ero stato qui per due mesi cinque anni fa, nel tempo dello studentato. Fu un bel periodo, anche se breve. E forse, dato che ne sentivo un po’ la nostalgia, il Signore ha voluto riportarmi qua.

La vocazione alla vita religiosa? “Le radici della chiamata alla vita francescana risalgono al 2004, quando seguii ad Assisi un corso di orientamento alla vita religiosa, tenuto da padre Gianluca Iacomino (ora parroco qui). Scoprii di essere un cristiano ‘praticante non credente’: agli occhi del mondo un buon cristiano, ma senza aver mai cercato veramente Gesù Cristo. Nel settembre 2009 sono entrato nel convento di Monteluco, avendo capito che la strada da seguire era diversa da quella che pensavo” (continua a leggere gratuitamente sull'edizione digitale de La Voce).

Fabrizio Ciocchetti

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Terra Santa, gli 800 anni di presenza francescana https://www.lavoce.it/terra-santa-gli-800-anni-presenza-francescana/ Tue, 08 May 2018 14:12:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51842

Di quella martoriata terra che oggi politicamente si chiama Israele e Palestina, si parla tutti i giorni o quasi sui telegiornali. Ma c’è un aspetto che spesso non si vede: i frati Francescani. Eppure sono lì da ben otto secoli. A raccontare la loro storia sarà adesso la mostra “800 anni di presenza dei Francescani in Terra Santa”, aperta dal 9 al 23 maggio a Perugia nella ex chiesa della Misericordia in via Oberdan (vedi il programma dettagliato qui). Uno sguardo al passato e al presente, per immaginare gli scenari futuri di una presenza importante sul piano religioso, culturale, sociale. A riassumere “Le condizioni dei cristiani in Terra Santa e nel Vicino Oriente” sarà padre Giuseppe Battistelli, ‘commissario’ - ossia figura di collegamento - di Terra Santa per l’Umbria, sabato 12 maggio alle ore 18 nello stesso spazio espositivo. La mostra - scrivono gli organizzatori intende offrire “l’opportunità di far conoscere al maggior numero possibile di persone una realtà poco nota al di fuori di quanti siano direttamente interessati alla Terra Santa, e di farla conoscere nei suoi aspetti religiosi, etici, sociali, amministrativi. La mostra propone una lettura multivariata di questa storia. Si compone di molteplici strumenti, che vanno dai roll-up che illustrano la presenza dei Francescani in Terra Santa allo spazio multimediale dove si potrà assistere alla proiezione di filmati documentaristici, e dove si potranno ascoltare concerti e conferenze; agli spazi riservati alla copiosa pubblicistica riguardante la Terra Santa (libri, riviste), a quelli dedicati all’esposizione degli oggetti che l’artigianato locale produce con i materiali tipici di quei luoghi, ad esempio legno d’ulivo”. A proposito di pubblicazioni, un paio di anni fa le Edizioni Terra Santa hanno realizzato la guida completa ai luoghi da visitare: un volume di 800 pagine, dal semplice titolo Terra Santa, con un ricchissimo itinerario tra Bibbia, archeologia, arte, storia antica e recente, attualità. Lo si può ordinare nelle librerie. Tanti restano i ‘miti’ da sfatare. Ad esempio, scrivono ancora i Francescani per quanto riguarda il loro arrivo e la loro missione nella patria di Gesù, “con le Crociate non c’è rapporto diretto. Possiamo dire che, dopo l’ultima Crociata, i Francescani si assunsero l’onere di custodire i luoghi santi perché erano l’unica presenza cristiana ‘ordinata’ (cioè sacerdoti) e organizzata”. Attualmente i frati “svolgono molte attività, oltre quelle propriamente del culto: scuole, integrazione sociale, sostegno abitativo alle famiglie, servizio ai pellegrini, evangelizzazione secondo lo stile di san Francesco, attività ecumenica”. Per cui la mostra “vuole rileggere questa storia attraverso dieci ‘vele’ con foto, citazioni dalle Fonti francescane e un percorso storico che ne ripercorre le tappe fondamentali, dalla nascita della provincia d’Oltremare a oggi”. L’esposizione è messa a disposizione dai ‘commissari’ di Terra Santa per chiunque lo desideri. Se ne può richiedere l’allestimento collegandosi al sito www.mostrediterrasanta.it.  ]]>

Di quella martoriata terra che oggi politicamente si chiama Israele e Palestina, si parla tutti i giorni o quasi sui telegiornali. Ma c’è un aspetto che spesso non si vede: i frati Francescani. Eppure sono lì da ben otto secoli. A raccontare la loro storia sarà adesso la mostra “800 anni di presenza dei Francescani in Terra Santa”, aperta dal 9 al 23 maggio a Perugia nella ex chiesa della Misericordia in via Oberdan (vedi il programma dettagliato qui). Uno sguardo al passato e al presente, per immaginare gli scenari futuri di una presenza importante sul piano religioso, culturale, sociale. A riassumere “Le condizioni dei cristiani in Terra Santa e nel Vicino Oriente” sarà padre Giuseppe Battistelli, ‘commissario’ - ossia figura di collegamento - di Terra Santa per l’Umbria, sabato 12 maggio alle ore 18 nello stesso spazio espositivo. La mostra - scrivono gli organizzatori intende offrire “l’opportunità di far conoscere al maggior numero possibile di persone una realtà poco nota al di fuori di quanti siano direttamente interessati alla Terra Santa, e di farla conoscere nei suoi aspetti religiosi, etici, sociali, amministrativi. La mostra propone una lettura multivariata di questa storia. Si compone di molteplici strumenti, che vanno dai roll-up che illustrano la presenza dei Francescani in Terra Santa allo spazio multimediale dove si potrà assistere alla proiezione di filmati documentaristici, e dove si potranno ascoltare concerti e conferenze; agli spazi riservati alla copiosa pubblicistica riguardante la Terra Santa (libri, riviste), a quelli dedicati all’esposizione degli oggetti che l’artigianato locale produce con i materiali tipici di quei luoghi, ad esempio legno d’ulivo”. A proposito di pubblicazioni, un paio di anni fa le Edizioni Terra Santa hanno realizzato la guida completa ai luoghi da visitare: un volume di 800 pagine, dal semplice titolo Terra Santa, con un ricchissimo itinerario tra Bibbia, archeologia, arte, storia antica e recente, attualità. Lo si può ordinare nelle librerie. Tanti restano i ‘miti’ da sfatare. Ad esempio, scrivono ancora i Francescani per quanto riguarda il loro arrivo e la loro missione nella patria di Gesù, “con le Crociate non c’è rapporto diretto. Possiamo dire che, dopo l’ultima Crociata, i Francescani si assunsero l’onere di custodire i luoghi santi perché erano l’unica presenza cristiana ‘ordinata’ (cioè sacerdoti) e organizzata”. Attualmente i frati “svolgono molte attività, oltre quelle propriamente del culto: scuole, integrazione sociale, sostegno abitativo alle famiglie, servizio ai pellegrini, evangelizzazione secondo lo stile di san Francesco, attività ecumenica”. Per cui la mostra “vuole rileggere questa storia attraverso dieci ‘vele’ con foto, citazioni dalle Fonti francescane e un percorso storico che ne ripercorre le tappe fondamentali, dalla nascita della provincia d’Oltremare a oggi”. L’esposizione è messa a disposizione dai ‘commissari’ di Terra Santa per chiunque lo desideri. Se ne può richiedere l’allestimento collegandosi al sito www.mostrediterrasanta.it.  ]]>
Stroncone. I Francescani lasceranno la parrocchia, ma già si prospetta una soluzione https://www.lavoce.it/stroncone-francescani-lasceranno-la-parrocchia-gia-si-prospetta-soluzione/ Sun, 04 Mar 2018 11:32:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51335

La provincia serafica dei Frati minori dell’Umbria, che cura il servizio pastorale della parrocchia di San Michele Arcangelo e San Nicola di Stroncone e di San Biagio vescovo e martire in Coppe, oltre al convento e la chiesa di San Francesco dove riposano le spoglie del beato Antonio Vici da Stroncone, ha comunicato di dover prossimamente lasciare la cura delle suddette parrocchie e la città di Stroncone per carenza di vocazioni e per altri progetti. Tale decisione riflette una situazione più generale degli Ordini religiosi maschili e femminili e dei sacerdoti secolari, che nella diocesi di Terni-Narni-Amelia ha già fatto sentire negli ultimi anni le sue pesanti conseguenze. Anche la decisione dei Frati minori di Stroncone, che tra l’altro non è ancora definitiva, nasce da reali difficoltà dei francescani. Tutto ciò crea certamente disagio, ma occorre prepararsi alla novità. Il provinciale dei Frati minori, in accordo con il vescovo, sta valutando l’opportunità di non lasciare completamente sguarnito né il convento né il santuario, né la parrocchia, e ha intrapreso contatti con la congregazione messicana dei Missionari della Natività di Maria perché subentrino alla comunità francescana per agevolare la continuità dell’esperienza religiosa e della vita pastorale. “Le voci diffuse riguardo al trasferimento delle reliquie del beato Antonio Vici in altro luogo sono infondate e false - precisa mons. Piemontese e chi le ha messe in circolazione si assume una grande responsabilità di turbamento dei fedeli e dell’opinione pubblica. Invitiamo caldamente i fedeli e la popolazione a favorire la serena presenza dei Missionari, e a pregare il Signore perché illumini i responsabili dei Francescani e della diocesi per il raggiungimento di una soluzione idonea per il bene della comunità”.  ]]>

La provincia serafica dei Frati minori dell’Umbria, che cura il servizio pastorale della parrocchia di San Michele Arcangelo e San Nicola di Stroncone e di San Biagio vescovo e martire in Coppe, oltre al convento e la chiesa di San Francesco dove riposano le spoglie del beato Antonio Vici da Stroncone, ha comunicato di dover prossimamente lasciare la cura delle suddette parrocchie e la città di Stroncone per carenza di vocazioni e per altri progetti. Tale decisione riflette una situazione più generale degli Ordini religiosi maschili e femminili e dei sacerdoti secolari, che nella diocesi di Terni-Narni-Amelia ha già fatto sentire negli ultimi anni le sue pesanti conseguenze. Anche la decisione dei Frati minori di Stroncone, che tra l’altro non è ancora definitiva, nasce da reali difficoltà dei francescani. Tutto ciò crea certamente disagio, ma occorre prepararsi alla novità. Il provinciale dei Frati minori, in accordo con il vescovo, sta valutando l’opportunità di non lasciare completamente sguarnito né il convento né il santuario, né la parrocchia, e ha intrapreso contatti con la congregazione messicana dei Missionari della Natività di Maria perché subentrino alla comunità francescana per agevolare la continuità dell’esperienza religiosa e della vita pastorale. “Le voci diffuse riguardo al trasferimento delle reliquie del beato Antonio Vici in altro luogo sono infondate e false - precisa mons. Piemontese e chi le ha messe in circolazione si assume una grande responsabilità di turbamento dei fedeli e dell’opinione pubblica. Invitiamo caldamente i fedeli e la popolazione a favorire la serena presenza dei Missionari, e a pregare il Signore perché illumini i responsabili dei Francescani e della diocesi per il raggiungimento di una soluzione idonea per il bene della comunità”.  ]]>
10mila pellegrini sulla via di Francesco https://www.lavoce.it/10mila-pellegrini-sulla-via-di-francesco/ Mon, 13 Jun 2016 16:37:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=46462 Sentiero-pellegriniSono 10.000 le persone che nel 2015 hanno fatto tappa ad Assisi percorrendo i cammini francescani da soli o in compagnia degli amici a quattro zampe e ai quali è stata inviata la credenziale del pellegrino. Gli arrivi censiti dalla “Statio Peregrinorum” nel primo anno di apertura sono 1.600. In maggioranza uomini tra i 30 e i 60 anni. Tra le nazionalità straniere più presenti sui cammini guidano la classifica i tedeschi (24,58%) seguiti da francesi (18,44%) e polacchi (8,66%). Più che raddoppiate le presenze tra aprile e giugno del 2016 (788) rispetto al 2015 (300).

(Scarica qui le slides della presentazione)

 

I Cammini francescani sono il primo itinerario religioso in Italia a raccogliere e illustrare i dati di affluenza. Presentato anche il nuovo attestato ufficiale, delle Basiliche di San Francesco d’Assisi e Santa Maria degli Angeli, che verranno consegnati ai pellegrini che giungeranno a piedi, in bicicletta e a cavallo la città del Patrono d’Italia. Uno speciale riconoscimento anche per gli “amici a quattro zampe” che sempre più spesso camminano in compagnia dei loro padroni.

I dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale del Turismo stimano in 330 milioni i viaggiatori verso i luoghi della fede, di cui 40 milioni in Italia. Sono ritornati popolari i viaggi verso le antiche mete di pellegrinaggio, specialmente a piedi. Da anni, le istituzioni civili e religiose dell’Umbria lavorano in stretta sinergia con le associazioni e le aziende ricettive del territorio per promuovere e migliorare l’esperienza religiosa, spirituale e turistica del pellegrino che decide di attraversare il “Cuore Verde d’Italia” per arrivare ad Assisi, a Loreto o a Roma

Il Giubileo straordinario della Misericordia e la dichiarazione del 2016 come “Anno dei cammini” stanno rivelando una grande opportunità per riscoprire la spiritualità e aprirsi al Mistero attraverso il pellegrinaggio a piedi nei molti luoghi religiosi che l’Italia offre. E in questo senso, l’Umbria e Assisi sono, insieme a Roma, le mete maggiormente scelte per compiere un cammino di fede e di conoscenza di sé.

I dati delle presenze e i nuovi attestati ufficiali per i pellegrini e gli amici a quattro zampe sono stati presentati oggi ad Assisi alla presenza del Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gambetti, il Presidente del Consorzio “Francesco’s Ways”, Mons. Paolo Giulietti, il Vicepresidente della Regione Umbria, Fabio Paparelli, il Responsabile della “Statio Peregrinorum”, Fra’ Jorge Fernandez, la docente dell’Università di Scienze Politiche di Perugia, Fiorella Giacalone, e l’autrice del cammino francescano “ Di qui passò Francesco”, Angela Maria Seracchioli. Presenti anche, oltre ai frati minori della Basilica di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, i volontari della Diocesi di Gubbio – Progetto “PiccolAccoglienza” – i quali a partire da quest’anno hanno creato un apposito servizio dedicato alla spedizione delle credenziali del pellegrino. I volontari di Gubbio da anni si occupano della assistenza ai pellegrini in transito da Gubbio.

LA “STATIO PEREGRINORUM”

La “Statio peregrinorum”, o ufficio del pellegrino, inaugurata nell’aprile del 2015 e coordinata da Fra Jorge Fernandez, si occupa dell’accoglienza spirituale dei pellegrini, ma anche del rilascio dei certificati ufficiali e della registrazione e monitoraggio dei flussi in arrivo. La “Statio peregrinorum” nasce anche grazie al coordinamento tra i vari “cammini francescani” attuato negli ultimi tempi con il sostegno dei frati delle due Basiliche papali di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli, in sinergia con le istituzioni civili – Regione Umbria e Sviluppumbria, che hanno supportato e seguito la parte tecnica legata alla raccolta e gestione dei dati statistici –, la Chiesa locale e il Consorzio “Francesco’s Ways”.

GLI ATTESTATI CONSEGNATI PRESSO LA “STATIO PEREGRINORUM”

Il “Testimonium Peregrinationis Peractae ad Sanctorum Francisci et Clarae Civitatem” è l’attestato religioso che dimostra l’avvenuto pellegrinaggio alla tomba di San Francesco d’Assisi. L’attestato viene rilasciato esclusivamente a chi abbia compiuto gli ultimi 100 km a piedi o 200 in bicicletta o a cavallo. Attraverso una ricerca storico-artistica e filologica presso gli archivi della Biblioteca del Sacro Convento e grazie alla collaborazione di uno studio grafico, i nuovi attestati ufficiali del pellegrino richiamano visivamente la centralità della figura di San Francesco e di Santa Chiara. Sul fronte sono riportate le immagini dei due santi, unitamente allo stemma dell’ordine francescano.

La “Chartula“, che riporta la celebre benedizione di san Francesco a frate Leone, è, invece, il diploma che viene rilasciato a tutti i pellegrini che arrivano ad Assisi a prescindere dalla distanza percorsa.

“L’attestato del pellegrino a quattro zampe” è una semplice cartolina raffigurante San Francesco e il Lupo ammansito con il nome del proprio cane attraverso la quale riconoscere il valore della compagnia offerta al pellegrino. Più di frequente che in altre mete di pellegrinaggio, si presentano alla tomba di Francesco pellegrini accompagnati dal proprio cane. Lo speciale affetto del Santo di Assisi per gli animali, infatti, incoraggia molte persone a camminare in compagnia del proprio cane. Grazie alla collaborazione del Sacro Convento e del Fondo Ambiente Italiano, già dal marzo 2014 è attiva, a lato della Basilica Superiore di San Francesco, proprio all’ingresso del Bosco gestito dal FAI, un’area attrezzata, dove, mostrando la credenziale e lasciando un documento, i cani possono godere di confortevoli cucce, mentre i pellegrini visitano la tomba del Poverello e sostano in preghiera.

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I frati del Terzo ordine regolare in Umbria https://www.lavoce.it/i-frati-del-terzo-ordine-regolare-in-umbria/ https://www.lavoce.it/i-frati-del-terzo-ordine-regolare-in-umbria/#comments Wed, 23 Sep 2015 10:57:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43415 Convento annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace a Massa Martana
Convento annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace a Massa Martana

Il Terzo ordine regolare di san Francesco (da non confondersi con l’Ordine francescano secolare), è un Ordine religioso di riconoscimento pontificio. La sua origine avviene attorno agli antichi movimenti o gruppi di penitenti sviluppatisi nel Medioevo. Alcuni di questi gruppi, dopo l’incontro con il carisma di Francesco di Assisi, si sono associati e hanno assunto la consistenza di un vero e proprio Ordine religioso.

Nella Chiesa, l’Ordine è denominato: Terzo ordine regolare di san Francesco (Tor). Oggi è composto da quasi un migliaio di frati sparsi nel mondo, che vivono il carisma della penitenza continua secondo la spiritualità di san Francesco, attraverso varie espressioni di vita fraterna e pastorale. La famiglia religiosa è presente in molte nazioni: in Italia, Spagna, Croazia, Stati Uniti, India, Sudafrica, Sri Lanka, Brasile, Paraguay, Messico, Svezia, Bangladesh, Filippine, Perù.

È costituita dal ramo maschile, di vita attiva, ma anche da quello femminile di vita claustrale. Le attività svolte dall’Ordine vanno dalla vita fraterna per la pastorale nelle parrocchie, alla conduzione di scuole e università, senza tralasciare le attività di impegno prevalentemente assistenziale e caritativo.

In Italia i frati del Terzo ordine sono un centinaio, ripartiti in due province religiose. La provincia di San Francesco, costituita da nove fraternità distribuite tra il Nord e il Centro Italia, comprende le due fraternità umbre di Assisi e Massa Martana. Vi è poi la provincia dei Ss. Gioacchino e Anna che è presente maggiormente in Sicilia.

L’insediamento dei frati del Terzo ordine regolare di san Francesco in Umbria, e in particolare a Massa Martana, ha origine nel XIV secolo. Questi vivevano inizialmente in forma eremitica presso la località detta “del Busseto” dove, secondo la tradizione, subirono il martirio i santi Fidenzio e Terenzio. Questo luogo costituì il primo nucleo intorno al quale nel secolo XV si svilupparono il convento e la chiesa di S. Antonio Abate di Busseto. Ai frati era affidata, oltre all’officiatura della suddetta chiesa, la cura pastorale dei fedeli nelle chiese limitrofe alla città di Massa Martana. Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo i frati si stabilirono presso la chiesa di S. Maria della Pace e lì costruirono l’annesso convento che ancora oggi abitano.

Padre Mauro Dipalo
Padre Mauro Dipalo

Attualmente il carisma dei frati del Tor a Massa Martana si esprime nel vivere la fede in Cristo custodendo la comunione fraterna attraverso la vita comune, la preghiera, la celebrazione dei sacramenti, l’animazione giovanile e altre opere di evangelizzazione. La fraternità è composta da tre frati che in misura diversa collaborano con il parroco per le attività pastorali cittadine. Il convento inoltre è sede di pastorale giovanile ed è casa di postulantato della stessa provincia religiosa; pertanto la fraternità è spesso coinvolta in attività con gruppi di giovani, soprattutto nel periodo estivo.

Non mancano momenti di incontro per le famiglie, la catechesi per adulti, la formazione su temi di attualità e sui fondamenti della fede cristiana che si svolgono settimanalmente. La comunità è supportata anche da numerosi laici che collaborano con i frati in alcune attività e da una fraternità locale di francescani secolari. Quotidianamente è possibile vivere momenti di condivisione nella preghiera e nel lavoro, oltre alla disponibilità di celebrare l’eucaristia e il sacramento della riconciliazione. Ogni settimana la comunità infine prega per le vocazioni alla vita matrimoniale, sacerdotale e religiosa attraverso l’adorazione eucaristica.

Il desiderio della fraternità è quello di vivere la comunione con Dio e con i fratelli e di condividerla con gli uomini e le donne del nostro tempo. Una seconda fraternità dell’Ordine in Umbria è situata nel cuore della città di Assisi. Si tratta del convento di Sant’Antonio di Padova cui è annessa la chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Chiesa che domina la piazza del Comune con il sontuoso pronao di colonne corinzie, frontespizio di un tempio pagano della fine del I sec. a.C. Tempio che in epoca medievale è stato trasformato in chiesa e dal 1613, anche se non in forma continuativa, affidato alla cura pastorale dei frati del Terzo ordine regolare di san Francesco. Attualmente è sede del ministro provinciale per il Centro e Nord Italia.

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Fucina di cultura e di futuro https://www.lavoce.it/giorno-che-non-voleva-finire/ Thu, 03 Sep 2015 10:09:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43008 Benedetto XVI a Assisi il 27 ottobre 2011
Benedetto XVI a Assisi il 27 ottobre 2011

Dopo la pausa estiva, riprendono le attività dell’Istituto teologico di Assisi (Ita). Il calendario ecclesiale particolarmente ricco di eventi, come Firenze 2015 e lo straordinario Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco, offre stimoli ulteriori perché, presso questa istituzione pregevole della nostra regione ecclesiastica, siano prodotte una riflessione e una mediazione culturale utili alla Chiesa e a quanti sono inseriti nel mondo della cultura.

Come sempre, anche nel prossimo anno accademico vi saranno corsi introduttivi e specifici sulla Sacra Scrittura, la Teologia fondamentale e la dogmatica, la morale, il Diritto, la Storia della Chiesa e le scienze umane.

Una novità particolare, fra le altre, merita di essere evidenziata. Dopo essere stata per molti anni materia di insegnamento nella specializzazione in Teologia fondamentale, riservata solo a coloro che procedevano nel percorso accademico, ora la Teologia delle religioni diviene disciplina curricolare per tutti gli iscritti all’istituto.

È questo il segno di una sensibilità al tema attualissimo delle religioni e alle problematiche connesse del dialogo, della convivenza e della multiculturalità, alle quali la chiesa non si sottrae.

Nello scenario di Assisi, cittadina sempre suggestiva, ma particolarmente importante per la naturale associazione al tema delle religioni dopo i tre grandi eventi inaugurati con la memorabile preghiera del 1986 voluta da Giovanni Paolo II, questa sensibilità non può mancare.

La Chiesa sa quanto importante sia la cultura per far fronte allo scollamento della “società liquida” attuale, e sa altrettanto bene che servono riflessioni speciali per dipanare alcuni nodi dell’attuale situazione mondiale. Pare strano, ma proprio dentro le aule, più che nei Parlamenti; proprio dentro i centri culturali e di studio, più che nella diplomazia o attraverso il mercato, si sedimenta il futuro della convivenza umana.

In un tempo in cui tutto sembra rientrare nell’ottica della tecnologia e del suo progresso, stagione in cui l’uomo, forte delle strumentazioni che apparentemente agevolano la sua vita, inconsapevolmente ne è addirittura schiavo, la Chiesa ha chiara la sfida culturale e di nuovo umanesimo, e tiene alta l’attenzione sulla necessità della preparazione e dell’aggiornamento permanente.

Proprio per rispondere organicamente a questa che è la vera sfida dell’oggi, l’Istituto teologico dà vita a partire da quest’anno a un’iniziativa nuova: su richiesta della Commissione presbiteriale regionale, approvata dalla Conferenza episcopale, viene proposto un corso di aggiornamento indirizzato particolarmente a presbiteri e diaconi umbri, ma aperto a tutti coloro che desiderano partecipare.

Le lezioni costituiscono un approccio multidisciplinare al tema della misericordia, vista la sua attualità ecclesiale. Appannaggio biblico antico e neotestamentario saranno preparati da una riflessione d’apertura e faranno seguire solide valutazioni teologiche. È un modo interessante di stare al passo con l’agenda della Chiesa, ma anche di promuovere e produrre cultura nella forma propria dell’istituzione accademica.

Come in tutti gli anni, coloro che avvertono il bisogno di approfondire le proprie conoscenze di fede o sentono lo stimolo di ampliare le proprie conoscenze, ricevendo aggiornamenti interessanti, possono trovare nella varietà delle proposte di corsi una risposta senz’altro adeguata. Fra tante altre possibilità esiste anche quella di iscriversi come liberi uditori a singoli corsi per un “assaggio” che non si rivelerà infruttuoso.

A chiusura di questa riflessione nella quale si è tornati più volte a ripetere l’importanza della formazione e della cultura per vivere nell’attuale e problematica stagione post-moderna, solo un richiamo alle due specializzazioni offerte dall’Ita.

La prima concerne la Teologia fondamentale. Nata dopo Assisi ’86, questa specializzazione ha maturato un’identità propria e propone – in parallelo a riflessioni sulle religioni, il dialogo, l’ecumenismo, la post-modernità – corsi strutturati per approfondire la conoscenza dei fondamenti del cristianesimo. Infatti chi desidera aprirsi al “diverso” e alle nuove sfide può farlo a partire da una chiara autocoscienza e avendo precisi punti fermi. Lo studio di Fede, Rivelazione, Tradizione, Scrittura e Magistero sono così un punto di forza di questa area accademica.

La seconda specializzazione che trova in Assisi il suo luogo naturale riguarda gli studi francescani. Fonti, strumenti, storia, teologia francescana sono fatti materia di approfondimento e studio soprattutto per coloro che intendono approfondire la conoscenza di questo specialissimo carisma.

L’augurio è che sempre più persone, conoscendo l’Istituto teologico e l’alto profilo culturale delle attività che vi si svolgono, possano avvalersi con profitto di corsi, aggiornamenti e fruire di altri eventi culturali.

 

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In cammino come santa Veronica https://www.lavoce.it/in-cammino-come-santa-veronica/ Tue, 07 Jul 2015 13:46:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=37768 Santa Veronica Giuliani
Santa Veronica Giuliani

Subito dopo la festa di Veronica Giuliani (il 9 luglio), si terrà nei giorni 11 e 12 luglio la rievocazione storica della Santa.

Una rievocazione che, come ha detto il Sindaco di Città di Castello in sede di presentazione, avrà un valore non solo storico ma anche religioso e culturale, e coinvolgerà l’interesse popolare.

L’organizzazione è dei frati Cappuccini del santuario del Belvedere e della parrocchia di Mercatello sul Metauro, in collaborazione con il gruppo Attacchi Umbria e il C. I. Userna Asd.

Per la prima volta verrà ripercorsa la via che la giovane Orsola Giuliani fece, su un carro trainato da cavalli, dalla sua città natale fino al santuario del Belvedere e poi al convento delle Cappuccine di Città di Castello dove divenne suor Veronica.

Saranno pronti alla partenza da Mercatello una quarantina di cavalli, animali dei trasporti di un tempo, come ha ricordato il responsabile degli Attacchi in Umbria Giampiero Calagreti, e si percorrerà la strada passando per la Guinza. Il 12 vi sarà anche, però, chi sceglierà di fare il percorso a piedi o con altri mezzi.

Il giorno 11, a Mercatello, è previsto alle 22.30 il saluto nella casa della Santa, presenti autorità del luogo e cittadini. A mezzanotte in punto, la partenza verso Città di Castello. L’arrivo al Belvedere si calcola avverrà intorno alle 9 di domenica: vi sarà la messa e la benedizione degli animali.

Dopo di che il gruppo raggiungerà piazza Gabriotti dove ad attenderli ci sarà mons. Domenico Cancian, e insieme a lui si raggiungerà il monastero delle Clarisse dove il Vescovo saluterà le suore; quindi si proseguirà fino alla cattedrale per la benedizione.

Durante la presentazione il Vescovo non ha mancato di mettere in evidenza – ricordando la vita e gli scritti lasciati da questa mistica il cui corpo riposa ora nel monastero delle Cappuccine a lei dedicato – che vi è attualmente un ulteriore impegno per nominarla “Dottore della Chiesa”.

Ha messo anche in rilievo come persone che vivono in un chiostro come lei possano divenire grandemente popolari e incidere sul mondo intero.

Nell’occasione è stato anche messo in rilievo che, in questo viaggio che collegherà due città di due territori diversi, non si può a meno di ricordare un’altra grande figura della Chiesa, quella della beata Margherita della Metola. Vissute a secoli di distanza, due donne dalla vita molto differente, ma supportate entrambe da una fede che ha fatto sì che lasciassero un’impronta che va ben al ben al di là del luogo dove entrambe hanno vissuto e operato.

 

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Provincia francescana delle origini https://www.lavoce.it/provincia-francescana-delle-origini/ Tue, 30 Jun 2015 08:33:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36777 La chiesa santuario di San Francesco a Foligno dove è custodita la tomba della mistica francescana santa Angela
La chiesa santuario di San Francesco a Foligno dove è custodita la tomba della mistica francescana santa Angela

Alla “provincia serafica” dei frati minori conventuali di san Francesco in Umbria può essere riconosciuto il titolo di prima fra le province dell’Ordine minoritico.

Una storia assai lunga e complessa. La sua nascita può essere fatta coincidere con l’arrivo del primo gruppo di fratres che, presso la Porziuncola e presso il “tugurio” di Rivotorto, si raccolsero attorno a san Francesco negli anni 1208-1209.

Una nuova famiglia religiosa quasi subito riconosciuta dalla Chiesa, da papa Innocenzo III, nella primavera del 1209. In breve tempo, per il rilevante incremento numerico dei frati, sorsero ben presto altri luoghi o conventi che nel primo “Capitolo delle stuoie” del 1217 furono uniti fra loro.

Tale anno può essere considerato l’anno effettivo di nascita della provincia francescana, che a quel tempo comprendeva, oltre all’Umbria, anche la Toscana, le Marche, il Lazio e altre regioni limitrofe.

Sotto il generalato di fra’ Luigi Parenti – siamo nel 1230 – troviamo l’Ordine francescano già suddiviso in numerose province e Custodie. Intorno al 1340 la provincia umbra contava 9 Custodie e oltre 70 conventi distribuiti su tutto il territorio. Nel XIV secolo, prima della riforma dell’Osservanza, si contavano oltre 100 conventi.

Con l’inizio dell’esperienza dell’Osservanza, alcuni di essi passarono alla “riforma”. Dopo varie vicende storiche, nel 1652, rimanevano aperti 42 conventi con 407 frati. Nel 1764 anche il Sacro Convento veniva separato – da papa Clemente XIII – e posto sotto la diretta obbedienza del Ministro generale. Con la soppressione napoleonica del 1810 la provincia religiosa, come quasi tutte le altre aggregazioni, venne quasi totalmente dispersa. Ma trascorsi pochi anni, si ricompose con la fine del dominio napoleonico.

Passarono pochi decenni, e sulla provincia si abbatté un’altra soppressione: quella del nuovo Governo italiano. Negli anni 1860 e 1866 avvenne una nuova dispersione dei frati. La ripresa fu lenta, tanto che solo dopo il conflitto mondiale del 1915-1918 si ebbe una rinascita. Attualmente la provincia conta 7 conventi: Cattolica, Città di Castello, Foligno, Gabicce Mare, Gubbio, Perugia, Terni, con una trentina di frati e alcuni giovani in formazione. A questi conventi vanno aggiunti, nel territorio assisano, il Sacro Convento, il santuario di Rivotorto, il convento Franciscanum : tre comunità conventuali internazionali che fanno parte della Custodia generale del Sacro Convento.

Padre Franco Bonamano
Padre Franco Bonamano

La nostra attività pastorale, a servizio delle Chiese particolari, è a 360 gradi. Si va dalla pastorale turistica nei conventi al mare, alla pastorale caritativa negli ospedali, dalla cura delle parrocchie e di alcuni santuari, alla pastorale giovanile, dalla cura spirituale dell’Ofs (Ordine francescano secolare) e della Gifra (Gioventù francescana), a quella di alcuni monasteri di sorelle Clarisse.

La storia del francescanesimo conventuale in Umbria si è arricchita dalla testimonianza di tanti uomini e donne che hanno seguito le orme del Serafico Padre. Molti sono sepolti all’interno delle nostre chiese. Le tombe più “illustri”, oltre a quelle del Santo fondatore e di alcuni dei primi compagni presenti nella basilica papale di San Francesco, tra cui quella del beato Egidio di Assisi, terzo compagno di Francesco, sepolto in una preziosa urna di epoca romana all’interno dell’oratorio di San Bernardino presso San Francesco al Prato a Perugia.

Inoltre la tomba della mistica santa Angela da Foligno, custodita nella chiesa di San Francesco nella omonima città. “Questi santi, come tutti i testimoni della fede, che emergono dalla storia simili a stelle luminose in grado da orientare il cammino di tanti cercatori di Dio, hanno, quale caratteristica comune, una perenne giovinezza, ossia un’attualità che li rende in qualche modo ‘adatti’ a ogni epoca, a ogni contesto culturale, poiché essi rispondono – con la loro stessa vita – a domande perenni dell’uomo, alla sete di incontro assoluto che dia significato a ciò che l’esistenza dispone e propone per ognuno di noi” (da M. Ceschi, Angela da Foligno, l’amore e la croce).

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La riforma cappuccina e santa Veronica https://www.lavoce.it/la-riforma-cappuccina-e-santa-veronica/ Wed, 24 Jun 2015 12:03:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36417 Clarisse
Le Clarisse Cappuccine di Città di Castello

Il nostro monastero, intitolato a santa Veronica Giuliani, accoglie sorelle che abbracciano la Regola di santa Chiara d’Assisi secondo lo spirito della riforma intrapresa dalla venerabile Lorenza Longo verso la metà del 1500.

Questa nobildonna spagnola, terziaria francescana, dopo una vita spesa al servizio dei sofferenti nell’ospedale degli Incurabili da lei stessa fondato a Napoli, sente la chiamata divina a fondare un monastero in cui si viva di intensa preghiera, in uno stile di vita più francescano.

Nel 1538 quest’ispirazione diviene realtà: papa Paolo III riconosce la nuova fondazione come monastero di strettissima osservanza dell’Ordine di santa Chiara. Le caratteristiche principali della riforma delle Cappuccine sono: una vita povera, consacrata alla lode di Dio, nella semplicità dei rapporti fraterni e in clausura.

Il nostro monastero sorse a Città di Castello nel 1643. Da allora innumerevoli donne si sono succedute, abbracciando Cristo in questa vita semplice, umile, povera, pervasa dalla tipica letizia francescana che fa guardare il mondo e tutto ciò che lo riempie con gioia e gratitudine. L’arrivo di Veronica Giuliani nel 1677 rappresenta un passaggio fondamentale nella storia del nostro monastero: la sua eccezionale esperienza mistica ha segnato per sempre il volto della nostra fraternità. Sui passi di san Francesco d’Assisi, Veronica ha una sete ardente della salvezza di tutti gli uomini.

La missione che riceve è quella di intercedere, di farsi “mezzana [intermediaria] per i peccatori”. Morì il 9 luglio 1727 pronunciando le parole: “Ho trovato l’Amore, ditelo a tutte! È questo il segreto delle mie sofferenze e delle mie gioie. L’Amore si è lasciato trovare!”. Ancora oggi custodiamo la memoria viva e attuale di questa esperienza spirituale straordinaria. In chiesa, nell’urna sotto l’altare, riposa il corpo della Santa, mentre nel piccolo museo sono conservati i suoi ricordi e le reliquie più importanti.

Durante tutto l’anno accogliamo pellegrini, provenienti dall’Italia e dal mondo, che chiedono di poter sostare in preghiera e di visitare la chiesa e il museo. Evento annuale significativo è la novena di santa Veronica che si celebra dal 30 giugno all’8 luglio. Un sacerdote, appositamente scelto e preparato, presiede la celebrazione eucaristica e, alla luce della Parola di Dio, ripropone l’attualità del messaggio di santa Veronica. La solennità del 9 luglio, anniversario della sua morte, conclude un intenso percorso di riflessione.

Attualmente i monasteri della nostra federazione nel mondo sono 28. In Umbria, a Gubbio, abbiamo un’altra fraternità dedita all’adorazione perpetua. Il nostro collegamento non è solo con i monasteri che seguano la riforma cappuccina ma anche con tutti gli altri monasteri di Clarisse che, solo sul territorio umbro, raggiungono il numero di 24.

La nostra missione, sull’esempio di santa Chiara, e quella di sostenere con la nostra preghiera il lavoro apostolico non solo dei fratelli francescani ma anche il lavoro pastorale dei sacerdoti e dei Pastori delle Chiese particolari.

Santa Veronica Giuliani
Santa Veronica Giuliani

Il monastero di Città di Castello sorge nella parte antica della città. Nel corso del tempo, grazie alla presenza di santa Veronica, la nostra fraternità è divenuta un punto di riferimento per tanti: confezioniamo le ostie per le parrocchie della diocesi; accogliamo quanti bussano alla nostra porta per chiedere ascolto e preghiera; riceviamo richieste di celebrazione di messe per i defunti.

Quest’Anno dedicato alla vita consacrata ci ha interpellate come monastero e come federazione, aprendoci a un profondo cammino di riflessione. Come fraternità dedita alla vita contemplativa, siamo chiamate a una missione di intercessione che ha carattere di “profezia”. Alle spalle abbiamo una lunga tradizione, un passato “glorioso”; viviamo un presente in cui condividiamo le stesse incertezze di tanti nostri fratelli e sorelle.

Le difficoltà di questo momento storico ci chiedono di imparare a riconoscere, nella grande storia umana e nella piccola storia della nostra fraternità e del nostro Ordine, i segni della risurrezione – non come noi la immaginiamo, ma come è pensata e voluta da Dio.

 

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Frate Indovino festeggia 70 anni con i Cappuccini https://www.lavoce.it/frate-indovino-festeggia-70-anni-con-i-cappuccini/ Fri, 28 Nov 2014 13:22:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29212 frate-indovino-2015“Allora, cosa è tutta questa smania dei sandali?” chiede il frate ciabattino al giovane aspirante. “Perché voglio cominciare a fare il frate” risponde lui. E il ciabattino: “Figliolo, a fare il frate si comincia dalla testa, non dai piedi!”. È una delle vignette che accompagnano il nuovo Calendario di frate Indovino, che gli abbonati de La Voce troveranno allegato a questo numero. Il calendario 2015 è un’edizione speciale perché celebra 70 anni di vita della pubblicazione; e il tema-guida per tutti i 12 mesi saranno i frati Cappuccini, tra episodi divertenti (ma veri) e saggezza francescana. Ogni mese, oltre alla vignetta disegnata da Fremura, viene proposta la scheda biografica di un Cappuccino che è rimasto esemplare nella storia, magari per avere fatto “divertire il Signore”. E inoltre le rubriche di taglio ormai classico come “I consigli”, “Dal libro delle stelle”, “Salute”, le ricette, la satira politica. “Tutto ciò che è stato realizzato in questi decenni, ad esempio nelle missioni, è merito delle donazioni” dice padre Mario Collarini, erede del primo frate Indovino (Mariangelo da Cerqueto). È lui a occuparsi della progettazione del calendario, vergando tutti i testi… al computer? Con una vecchia macchina da scrivere? No, a mano. “Decido personalmente – spiega – il tema anno per anno, e scelgo l’artista a cui affidare le immagini. Ricevo aiuti per la parte astronomica, e vi sono collaboratori che si occupano di alcune rubriche, ma non è che ‘dietro’ ci sia chissà quale équipe, come pensano molti! In ogni caso, no, non è tanto giusto definirmi il ‘successore’ di frate Indovino, la mia è solo una umile continuazione”. Ricevete riscontri dai lettori? “Moltissimi, anche se sono solo una bassa percentuale rispetto al numero di copie che distribuiamo. Tengo a sottolineare che le distribuiamo, non le vendiamo: a parte le edicole, per tutto il resto dipendiamo dalle offerte spontanee. In quelle lettere c’è tutto l’arcobaleno delle possibili richieste. A colpirmi è però soprattutto il numero di persone che prendono il calendario da decenni e non si fanno mai sentire; una vera testimonianza del silenzio. Oltre al calendario, pubblichiamo anche un mensile molto apprezzato. Stiamo già lavorando all’edizione 2016, che sarà dedicata all’uscita dalla solitudine”.

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Padre Piemontese vescovo: “Voglio prendere tutti per mano, da fratello” https://www.lavoce.it/padre-piemontese-vescovo-voglio-prendere-tutti-per-mano-da-fratello/ Thu, 19 Jun 2014 15:56:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25642 padre Giuseppe PiemontesePadre Giuseppe Piemontese sarà ordinato 91° vescovo di Terni – Narni – Amelia sabato 21 giugno alle ore 18 nella cattedrale di Terni, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia – Città della Pieve; conconsacranti saranno mons. Vincenzo Paglia, vescovo emerito della diocesi, e mons. Ernesto Vecchi, attuale amministratore apostolico della diocesi di Terni – Narni – Amelia. Padre Piemotese è un francescano dell’Ordine dei frati minori Conventuali della provincia di Puglia, ma ha vissuto in Umbria dal 2009 al 2013, essendo stato eletto custode del Sacro Convento di San Francesco in Assisi e rettore delle basiliche papali di San Francesco.

Francescano dell’Ordine dei frati minori conventuali, originario della Puglia e, fino a qualche mese fa, custode emerito del Sacro Convento di Assisi, padre Piemontese si fa conoscere ai lettori de La Voce.

Padre Giuseppe, se la aspettava, la nomina di un vescovo francescano a Terni? E perché pensa che Papa Bergoglio abbia voluto fare questa scelta?

“Sinceramente, non so perché Papa Francesco abbia preso questa decisione. Posso solo dire che è stata una cosa voluta. Comunque, da parte mia, non me l’aspettavo. Sono andato via dall’Umbria un anno fa e pensavo di aver concluso la mia esperienza pastorale in questa regione. Ero rientrato in Puglia. Non mi aspettavo una chiamata così impegnativa; qualche sentore lo avevo avuto alcuni mesi fa, e non nascondo che avevo cercato di sottrarmi. Poi, di fronte a una richiesta precisa di Papa Francesco, sono rimasto senza possibilità di replica, quindi ho accettato con obbedienza questa chiamata”.

Che effetto le fa tornare in Umbria?

“Ritorno volentieri. Durante gli anni ad Assisi ho avuto la possibilità di conoscere gente da ogni parte del mondo, ma anche tanti umbri, dai rappresentanti delle istituzioni alla gente comune che si reca in pellegrinaggio alla tomba di san Francesco e che viene accolta e accompagnata in un percorso di preghiera, di arte e di amore nella città del Santo. Ho sempre avuto attenzione particolare per gli umbri, perché ho sempre riscontrato in loro un particolare desiderio di conoscere il Poverello attraverso i luoghi della sua vita. Con gli assisani avevo quasi stipulato un patto: ‘riportarli’ nel Sacro Convento e nei luoghi di san Francesco che, spesso e nonostante la vicinanza geografica, non conoscevano. Oltre alla prospettiva universale di Assisi, durante i miei anni lì ho potuto venire spesso in contatto con le varie diocesi umbre, e ciò mi ha permesso di capire e conoscere il territorio. Oggi non ho fatto altro che riprendere le fila da dove le avevo lasciate”.

Lei è a conoscenza della situazione diocesana umbra. Quali sono, secondo lei, le emergenze pastorali della regione, e come risolverle, anche in rapporto alla situazione ternana?

“Qui in Umbria ho sempre percepito un grande legame e familiarità tra i Vescovi delle varie diocesi, come in una famiglia allargata. La considerazione che ho sempre fatto è che l’Umbria è una realtà che ha nel suo Dna i valori e la spiritualità cristiana. È un dato di fatto. Basti pensare ai Santi e alle personalità illustri che hanno fondato le chiese umbre, come san Rufino, sant’Ubaldo, ecc., ma anche ai ‘giganti’ famosi in tutto il mondo come san Benedetto, san Francesco, Chiara, Rita e, ultimamente, Madre Speranza. Tutti loro hanno seminato i valori cristiani all’interno del popolo umbro.
Ciò significa che, nonostante la secolarizzazione e il particolare momento di crisi e indifferenza della società che ha reso ‘liquido’ ogni valore, occorre aiutare la gente a fermarsi e a guardare dentro al proprio cuore e alla propria cultura. Ad esempio, quando ero al Sacro Convento ho partecipato ad alcuni incontri sulla candidatura di Perugia a Capitale europea della cultura 2019. In quelle occasioni ho messo in evidenza proprio questo aspetto: non si può parlare di Perugia e dell’Umbria senza far riferimento diretto ed esplicito ai valori cristiani. Questa idea è stata accolta e accettata, anche se interpretata in maniera laica come dialogo interreligioso, apertura e amore della natura. Oggi noi siamo chiamati ad alimentare questo Dna e a continuare questa missione”.

Come?

“Ritengo che, senza togliere nulla agli altri, lo si possa fare attraverso la prospettiva francescana, come ci sta insegnando anche Papa Bergoglio. Avvicinarsi all’esperienza cristiana della vita è più facile se lo si fa attraverso la prospettiva francescana: il primato di Gesù Cristo, Figlio di Dio e fatto uomo, e degli uomini suoi fratelli, la famiglia umana come fraternità che poi si traduce in esperienza di comunità, e poi il rispetto e la custodia della creazione, l’attenzione al dialogo fra tutti gli esseri viventi.
Ritengo che ognuno di noi, avvalendosi della propria sensibilità e degli elementi francescani, potrà avere la strada più facile per intavolare un dialogo con singoli, con gruppi, comunità e città. Questo è anche il mio desiderio. È chiaro che occorre conoscere la realtà per decidere come approcciarla. Ovviamente non voglio che tutti accolgano la spiritualità francescana, ma è indubbio che la gente comune oggi è più attenta e ricettiva ad accogliere il messaggio del Vangelo quando questo è veicolato da gesti di spiritualità francescana.
Il legame francescano tra Chiesa e società passa attraverso la fraternità: ogni uomo è fratello e, nel momento in cui un uomo si sente amato da fratello, allora si chiederà da dove viene questo amore.
Per quanto riguarda le emergenze pastorali, credo che siano tre gli aspetti su cui riflettere: famiglia, giovani e vocazioni. Sono i tre ambiti in cui la Chiesa deve coinvolgersi e operare in maniera particolare”.

Perché questo trinomio?

“La famiglia è in sofferenza enorme, i tristi fatti di cronaca degli ultimi giorni indicano che qualcosa non va, che non funziona, c’è una distorsione. Quello che era un legame sacro, impossibile da rompere, viene dissolto e violentato in maniera feroce. I giovani, poi, non trovano più un posto centrale nella comunità, e rischiamo di allontanarli completamente. C’è qualcosa che non va, anche se non so dire con certezza il perché. È una domanda che mi pongo e cercherò di capire. A questo secondo problema è connesso anche il terzo punto, ovvero quello delle vocazioni, la cui crisi è particolarmente sentita in Umbria rispetto ad altre regioni. Cercherò, insieme a sacerdoti e religiosi, di trovare delle vie di aiuto per i giovani a radicarsi in questo terreno ricco di humus cristiano, e di aprirsi al dono del Signore”.

Qual è il messaggio che vuole dare alla comunità diocesana di Terni?

“Voglio dire ai cristiani della diocesi che dobbiamo essere consapevoli del valore e dell’importanza di questo tempo che stiamo vivendo. Noi siamo protagonisti, il Signore ha voluto che vivessimo in questo preciso momento storico pieno di bellezza e di sofferenza insieme. Non avremo altre opportunità.
Per questo, sono desideroso di fare un cammino comune con i cristiani e con i non cristiani, per la pace, la concordia e il benessere sociale con quello che io posso dare come vescovo e come cristiano. Non sono qui per dare disposizioni o altro, mi inserisco nel cammino che già si sta facendo, ma voglio prendere per mano un po’ tutti come un fratello. Sento questo desiderio di condividere un cammino di comunione .
La mia fiducia sta nella volontà di annunciare il Vangelo secondo le modalità che Papa Francesco ci sta mostrando, e tutto questo nel nome di Gesù Cristo e di san Francesco”.

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Angelico, Gozzoli e la Lettera https://www.lavoce.it/angelico-gozzoli-e-la-lettera/ Thu, 03 Apr 2014 16:54:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24121 “Madonna col Bambino”, Angelico Foto © Musei Vaticani, Governato-rato dello Stato della Città del Vaticano, tutti i diritti riservati
“Madonna col Bambino”, Angelico Foto © Musei Vaticani, Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, tutti i diritti riservati

Torna a Montefalco, da dove partì nel 1452, la lettera autografa di Benozzo Gozzoli, artista fiorentino al quale si deve la decorazione della chiesa – museo di San Francesco ubicata nell’antico centro umbro.

La Lettera verrà esposta dal 5 aprile al 4 maggio presso la stessa chiesa – museo insieme alla “Madonna col Bambino fra San Domenico e Santa Caterina d’Alessandria” (tempera e oro su tavola 1435 ca.) del Beato Angelico (1395-1455), maestro del Gozzoli, in prestito dai Musei Vaticani (Pinacoteca). L’esposizione dell’antico documento nell’ambito della mostra dal titolo “Benozzo Gozzoli e Montefalco. Dal Maestro Beato Angelico alla committenza” (inaugurazione venerdì 4 aprile ore 17), fa seguito al recente acquisto dello stesso da parte del Comune, reso possibile grazie al progetto di territorio “Montefalco nel cuore” e al protocollo d’intesa tra lo stesso Comune e alcune associazioni del territorio. All’arcivescovo di Spoleto – Norcia Renato Boccardo si deve invece il prestito dell’opera dell’Angelico.

La missiva, datata 27 giugno 1452, venne inviata da Benozzo da Montefalco, a Michele di Felice Brancacci, per comunicare l’impossibilità di lasciare Montefalco, perché impegnato nel completamento del ciclo di affreschi nella chiesa di San Francesco. Tali affreschi sono quelli che fanno parte degli episodi della vita del Santo assisano, commissionati da un colto committente, il teologo e predicatore fra’ Jacopo da Montefalco dell’ordine dei Frati Minori. In uno degli episodi Gozzoli ritrae san Francesco che benedice la città di Montefalco.

La rinuncia di Benozzo all’onore di un incarico a Firenze richiesto da parte di una delle famiglie più prestigiose del suo tempo, per completare l’opera iniziata a Montefalco, rappresenta un attestato d’amore dell’artista per questo territorio. L’acquisto della Lettera da parte del Comune è stato reso possibile grazie al prezioso contributo di varie associazioni e realtà imprenditoriali locali (Associazione Montefalco in arte, Accademia per la storia l’Arte e la cultura, Consorzio tutela vini Montefalco, Associazione Strada del Sagrantino, Arnaldo Caprai Gruppo tessile e Arnaldo Caprai Soc. Agricola S.r.l.) e alla vendita del braccialetto “Montefalco nel Cuore”, realizzato da Cruciani Spa, e il contributo della Unicredit, istituto bancario che ha voluto premiare il progetto. La Lettera era stata alienata dalla casa d’aste Minerva Auctions di Roma ad un privato e dichiarata dalla Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio di interesse storico e passibile di acquisizione al patrimonio pubblico in via di prelazione (parere confermato dalla Soprintendenza archivistica dell’Umbria e dal ministero per i Beni e le attività culturali direzione generale per gli archivi, che ha rinunciato all’esercizio della prelazione in favore del Comune di Montefalco).

La mostra è promossa dal Comune di Montefalco in collaborazione con la Regione Umbria e l’Arcidiocesi Spoleto Norcia ed è organizzata da Sistema Museo.

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I nostri giorni tra i Ticuna https://www.lavoce.it/i-nostri-giorni-tra-i-ticuna/ Thu, 06 Mar 2014 13:25:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23250 Uno spostamento in barca
Uno spostamento in barca

Una “missione” memorabile per i componenti della delegazione diocesana guidata dal vescovo Domenico, dal provinciale dei Cappuccini, fra Celestino Di nardo, e costituita complessivamente da 10 persone, tra cui 2 suore, 2 esponenti del Centro missionario, 2 laici.

Sono venuti a contatto diretto con la vita dei missionari francescani, hanno vissuto al loro fianco, hanno conosciuto la loro grande opera, testimoniata anche dalle chiese, dalle case di accoglienza e altro realizzato in oltre un secolo di impegno diretto nell’Amazzonia, ora ubicate al centro delle città e dei villaggi che si sono sviluppati intorno.

Un viaggio pieno di sudore, faticoso per il caldo, l’afa, l’umidità che penetra nelle ossa e debilita. Ma anche entusiasmante, per il calore umano trasmesso dalla gente, testimoniato dai canti, dai sorrisi, dallo scambio di abbracci e di strette di mano nelle liturgie celebrate nelle varie chiese delle città visitate: Atalaia, Benjamin Constant, Tabatinga (la più grande, con circa 50.000 abitanti), Belem, San Paolo de Olivenca, Amaturà, Santo Antonio de Ica, Tamantins, ma anche negli incontri lungo la strada. Un viaggio duro anche per le grandi distanze: i paesi non hanno collegamenti diversi da quelli via acqua, sia nelle valli del Javarì che del Solimoes, fiumi larghi per chilometri, pieni di pericoli per la presenza di animali, serpenti, insetti e pesci di ogni genere, di tanti tronchi trasportati dalle piene prodotte dai temporali.

Un viaggio anche con i pericoli quotidiani vissuti dai missionari: per esempio il 17 febbraio la barca carica di bagagli e di 14 passeggeri, diretta a Belem, s’è fermata a poco più di un chilometro di distanza dal flutuante (piattaforma mobile ancorata alla riva, un piccolo porto), s’è aperta una falla e l’acqua ha iniziato a penetrare nello scafo. Il pilota, frei Paolo, ha sdrammatizzato e ha chiesto se ci fosse qualche motoscafo in zona; ma non c’era nessuno. Allora ha consultato padre Assilvio per decidere se fosse il caso di accostare la sponda più vicina, con tutte le incognite: ci sono sabbie mobili? E che fare, dato che la foresta è fitta, senza sentieri, e non c’è segnale telefonico? Poi, visto che il motore si è improvvisamente riacceso, si è tentato l’approdo al flutuante. Con successo. Anche se all’arrivo la benzina era finita.

Quel flutuante sgangherato, pressoché distrutto dal fiume che tempo fa s’era portato via anche la chiesa e diverse case, è stato la rampa per salire sulla terraferma.

La sera, rosario e messa nella bella, nuova chiesa parrocchiale; e tanto il calore umano degli indios che gremivano l’edificio e che hanno applaudito il saluto in lingua ticuna del bispo Domingo. Il giorno dopo, tutti trasformati in “ticuna”, con i tatuaggi sul volto fatti con succhi di erbe, segno di appartenenza. La sera la cena inventata, con qualche pezzo di pane e il cocomero: pregevole.

Un viaggio che ha fatto vivere anche la passione dei missionari in quella vastissima e difficilissima zona: cominciarono nel 1909, con quattro Cappuccini guidati da padre Domenico Anderlini di Palazzo Mancinelli di Gualdo Tadino. Una storia d’amore cristiano che continua fino a oggi, con frati umbri che vi hanno vissuto, come Tommaso, Arsenio, Evaristo, Mario, Giuseppe, Benigno e tanti altri; ed ancora oggi Gino, Fulgenzio, Paolo, Carlo ed altri, compresi i laici, tra cui Andrea Lombardi di Assisi, da qualche mese all’opera con i giovani e i portatori di handicap di Santo Antonio de Ica.

Un amore immenso. Come il fiume. Sterminato e che contende gli spazi alla terraferma (quando ci sono le piene, se ne porta via un po’). Sopra ci sono le case: precarie, in genere di legno, con palafitte utili quando c’è la piena; e gli argini si ampliano e possono nascere nuove isole su quel letto mobile vastissimo. Un’acqua tiepida, torbida all’apparenza, usata dagli indios per lavarsi, per lavare, per bere.

Una missione che ha toccato tutti. Nessuno è tornato a casa indifferente dopo il contatto con quella “periferia”. Che è diversa, ma simile a tante altre – anche se meno appariscenti – presenti qui nella nostra Umbria.

Il progetto Javarì

La diocesi di Assisi – Nocera Umbra e Gualdo Tadino sostiene da quattro anni il progetto Javarì dei frati Cappuccini dell’Umbria. Nell’area della Valle del Rio Javarì, situata nella foresta amazzonica tra il Brasile e il Perù, i Cappuccini promuovono lo sviluppo delle popolazioni locali nel rispetto delle loro culture. Grazie all’aiuto dei benefattori e di vari progetti sono state realizzate case per l’accoglienza di madri gestanti, scuole e sono stati curati malati di tubercolosi, di Hiv e di lebbra. La delegazione ha portato con sè 15 mila euro frutto delle varie iniziative realizzate a sostegno del progetto, alcune delle quali realizzate dalle scuole. Durante il viaggio la delegazione, che è stata ospite delle “case” dove alloggiano i Cappuccini del luogo, ha percorso circa 1500 Km in barca, attraversando una piccola parte della foresta amazzonica dove si trovano i villaggi. Ha potuto inoltre incontrare sei suore di un convento di clarisse nella foresta vicino a Manaus.

Clicca qui per la fotogallery

Le memorie del vescovo Sorrentino in prima persona sono riportate nella Parola di vescovo di questo numero, clicca qui.

Ulteriori informazioni sul sito della Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino

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Frate Indovino, da sempre un caro amico “di casa” https://www.lavoce.it/frate-indovino-da-sempre-un-caro-amico-di-casa/ Thu, 20 Feb 2014 14:07:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22492 Padre Mario Collarini, direttore responsabile del Calendario di ’’Frate Indovino’’ tiene in mano l’edizione 2014
Padre Mario Collarini, direttore responsabile del Calendario di ’’Frate Indovino’’ tiene in mano l’edizione 2014

“La strada della serenità è sempre la stessa: andare avanti con ottimismo, sperando”. Per padre Mariangelo da Cerqueto, al secolo Mario Budelli, la vita si poteva tradurre in parole semplici e pulite. Come la testimonianza che di lui offre Giuseppe Zois nell’ultimo libro Frate Indovino. Il Cantico del Tempo, per i tipi de La Fontana di Siloe. A quasi 70 anni dalla pubblicazione del primo numero del calendario abbiamo chiesto a padre Mario Collarini, alla guida di un’impresa editoriale che distribuisce circa 5 milioni di copie dell’almanacco e raggiunge oltre 10 mila famiglie di italiani all’estero, quale sia il segreto di Frate Indovino.

Un’idea antica e ancora così attuale dopo oltre mezzo secolo!

Frate Indovino nasce sul finire della Seconda guerra mondiale, in un momento di desolazione e di macerie materiali e morali. C’era da ricostruire un Paese dilaniato da ferite quasi impossibili da rimarginare, che aveva perso tutti i punti di riferimento… Quel calendario appeso al muro ha affiancato la gente nella vita e nel lavoro, ha catalizzato l’attenzione, ha ispirato fiducia, coraggio, positività, ottimismo…”.

Cose di cui anche oggi si ha tanto bisogno…

“I Cappuccini vengono dal popolo, ne parlano il linguaggio, ne condividono i problemi; è un feeling che si è innescato dall’inizio della loro storia, e dopo 500 anni è ancora profondamente sentito. In fondo sono stati, e sono rimasti, i ‘frati del popolo’. A mantenere l’attualità del calendario dopo 70 anni di vita, credo che abbiano contribuito anche la solidarietà, l’ottimismo, la speranza, cioè l’eredità spirituale di Francesco di Assisi, di cui i Cappuccini sono figli e seguaci”.

A chi si rivolge oggi il calendario?

“Oltre a una puntualità ormai proverbiale nel riportare il susseguirsi dei giorni, delle festività e ricorrenze civili e religiose, le fasi lunari e le previsioni meteorologiche, il nostro calendario contiene una serie di rubriche sui coltivatori, la salute, le donne, l’astronomia, il Grillo sparlante, Lo sapevate, Vedo prevedo travedo… che si aprono a un’ampia varietà di lettori i quali sanno apprezzare sia il tema di fondo del calendario, sia le mille e mille notizie sparse nelle sue venti pagine patinate. Una verifica predisposta proprio in questi giorni ci sta dando conferme molto soddisfacenti”.

Cosa dobbiamo aspettarci dal 2014?

“Per quanto riguarda la meteorologia, molte cose sono cambiate in questi ultimi decenni, e purtroppo ci si trova in sempre maggiori difficoltà. Tuttavia, sintetizzando, una certa deriva imboccata dai fenomeni atmosferici in questi ultimi anni non si arresterà finché l’uomo non si deciderà ad alleggerire l’atmosfera, in modo significativo, di inquinamento di gas nocivi e quant’altro”.

“Nella Chiesa del tempo ultimo, si imporrà il modo di vivere di san Francesco”. Era questa la citazione “predittiva” scelta dal calendario per il mese di marzo 2013. Ne è rimasto colpito Papa Francesco durante il vostro incontro?

“Quando gli abbiamo mostrato la pagina con il testo in questione, il Papa ci ha guardato e ha sorriso, ma non ha fatto commenti. Quando però gli abbiamo detto che sarebbe stato bello potersi incontrare ad Assisi, ha risposto: ‘Sì, sarebbe proprio bello’. E, tutto sommato, non si è fatto attendere molto”.

Accanto al ramo editoriale, dedicate grandi energie al campo dell’erboristeria.

“L’erboristeria è per noi frati un’antica conoscenza. Quando la medicina non aveva raggiunto le attuali conoscenze e l’odierna organizzazione, la povera gente delle campagne e dei piccoli villaggi trovava nei frati il consigliere, il confidente, e anche il medico, ricorrendo a loro con una fiducia sconfinata. Frate Indovino, negli anni ’70, ha conosciuto un periodo molto felice nel settore dell’erboristeria, interrottosi per motivi contingenti. Ora ha ripreso l’iniziativa con altrettanto successo, e per noi è motivo di grande gioia”.

A quali progetti vengono destinati i guadagni del calendario?

“Il primo obiettivo che assorbe i guadagni del calendario, è il calendario stesso, il mantenimento dell’opera. Per noi Frate Indovino è prima di tutto e soprattutto un’occasione di incontro con la gente. Perciò distribuiamo (non vendiamo!) tante copie del calendario. Poi numerose opere. La prima è la missione nell’Amazzonia brasiliana che i Cappuccini umbri mantengono da oltre 100 anni, una delle più difficili della Terra, dove si sono realizzate cose veramente grandi, molte delle quali con il contributo dei lettori di Frate Indovino, che voglio ringraziare con tutto il cuore. Manteniamo una casa per anziani a Vasto Marina, l’oasi Sacro Cuore. Abbiamo aperto una casa a Perugia, proprio nell’antica sede di Frate Indovino, per accogliere parenti poveri di malati lungodegenti negli ospedali perugini. Oltre a queste opere più importanti, rispondiamo a tante necessità, diciamo più feriali, che quotidianamente ci si prospettano”.

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Mons. Sorrentino in Brasile per il progetto Javarì https://www.lavoce.it/mons-sorrentino-in-brasile-per-il-progetto-javari/ Thu, 06 Feb 2014 14:09:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22006 Gli studenti delle superiori con fra’ Paolo Braghini durante un laboratorio
Gli studenti delle superiori con fra’ Paolo Braghini durante un laboratorio

Il vescovo Domenico Sorrentino va in missione. Guida una delegazione diocesana, di cui fanno parte una decina di persone tra cui padre Celestino Di Nardo, il nuovo “provinciale” dei Cappuccini della provincia serafica dell’Umbria, alcuni religiosi e laici. Il Vescovo si reca in Amazzonia dove i Cappuccini operano da oltre un secolo per la promozione umana e l’evangelizzazione; in particolare nella zona dove viene attuato il “progetto Javarì”, sostenuto da quattro anni dalla diocesi tramite la Caritas e il Centro missionario diocesano.

Nel progetto sono impegnati in prima linea i padri cappuccini, pur tra grandi difficoltà legate alle immense distanze, alla povertà, al clima. Sono vicini agli indios che abitano la valle del Javarì, un complesso di molti fiumi, ognuno con un unico accesso via acqua e con migliaia di chilometri di navigazione, ciascuno con etnie indigene, lingue e culture differenti. Le popolazioni sono pacifiche, ma insidiate dai “bianchi”, che hanno importato malattie e sfruttamento anche illegale delle risorse naturali; e non hanno protezioni di sorta da parte delle istituzioni. C’è il rischio concreto della loro estinzione.

Nel corso degli ultimi anni la diocesi ha inviato sostegni economici derivanti dalle offerte dei cristiani, che hanno consentito ai Cappuccini di acquistare una barca, unico e indispensabile mezzo per risalire il fiume e raggiungere, dopo giorni di navigazione, le varie tribù.

Del progetto Javarì si sono interessati nei mesi scorsi anche gli studenti delle scuole secondarie (medie e superiori) della diocesi. Dopo aver incontrato il missionario cappuccino frei Paolo Maria Braghini, hanno dato vita a laboratori, mercatini e raccolte, il cui ricavato (oltre 7.000 euro) è stato consegnato a mons. Sorrentino, che lo porta “in diretta” ai Cappuccini del Javarì. La somma servirà per l’assistenza sanitaria, per la promozione umana e l’evangelizzazione.

La visita della delegazione diocesana – dal 10 al 28 febbraio – vuole testimoniare condivisione e fraternità, con una solidarietà “globalizzata”. Papa Francesco in Evangelii gaudium 20 dice: “Oggi, in questo ‘andate’ di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa: e tutti siamo chiamati a questa nuova ‘uscita’ missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”.

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Tesori d’arte nella storia dei Cappuccini in Umbria https://www.lavoce.it/tesori-darte-nella-storia-dei-cappuccini-in-umbria/ Thu, 23 Jan 2014 15:24:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21696 Palma il Giovane, Crocifissione
Palma il Giovane, Crocifissione

La Provincia dell’Umbria dei frati minori Cappuccini ha di recente dato alle stampe il volume L’arte dei Cappuccini dell’Umbria, frutto di un lavoro di ricognizione e catalogazione di tutto il patrimonio mobile a oggi conservato presso i conventi sparsi sul territorio regionale. “Di convento in convento abbiamo preso coscienza di una ‘collezione’ alquanto ricca di opere d’arte, la maggior parte delle quali mai o poco studiata, detenenti una qualità di tutto rispetto” scrive nella presentazione Marco Droghini, lo storico dell’arte che, insieme alla restauratrice Daniela De Ritis, ha portato avanti il lavoro, coadiuvato da fra’ Daniele Giglio, responsabile per la tutela del patrimonio culturale della provincia, e su particolare interesse di padre Antonio Maria Tofanelli, ministro provinciale dei Cappuccini dell’Umbria. Nel giro di due anni e mezzo è stato ispezionato tutto il patrimonio, valutandone lo stato di conservazione e schedando dipinti, mosaici, disegni, incisioni, cornici di quadri, sculture, paramenti liturgici, arredi sacri, oreficeria, oggetti d’uso quotidiano e varie suppellettili. Scoprendo che – sottolinea ancora Droghini – “si tratta solo di una minima parte di quanto esistente nel passato, soprattutto se riferita al periodo di massima floridezza, cioè al Settecento”. Il patrimonio della provincia dei Cappuccini nei secoli successivi fu infatti oggetto di una forte diaspora dei propri beni mobili e immobili, sia a seguito della soppressione degli Ordini religiosi che per le requisizioni napoleoniche.

Dalla ricerca risulterebbero dispersi circa gli 8/10 dell’antico patrimonio. “Fattore questo – spiega ancora Droghini – che crea seri problemi nella ricostruzione filologica dell’arte dei Cappuccini in Umbria”. Nel volume l’autore ha voluto introdurre la disamina del patrimonio artistico con un contributo dedicato alla ricostruzione della storia della provincia cappuccina, con l’elencazione di tutti i conventi che l’hanno composta, partendo subito dopo l’anno 1525, epoca a cui si fa risalire la diffusione in Umbria dell’Ordine cappuccino. Nel 1605 c’erano 42 conventi (il numero massimo raggiunto in Umbria) che non vennero costruiti tutti ex novo ma anche adattando fabbricati esistenti, tra cui primeggiano quelli già occupati dai Benedettini e piccoli romitori di campagna. Tali conventi con le soppressioni post-unitarie si ridussero di due terzi. La loro forma era ispirata “all’altissima povertà”, come stabilito dalle Costituzioni dell’Ordine, così come “piccole, povere ed honeste” dovevano essere le chiese, e altrettanto le suppellettili, il corredo liturgico e i paramenti. Altri capitoli sono dedicati alla trattazione delle vie principali di composizione del patrimonio artistico, fino alla problematica della loro dispersione.

Nella seconda parte del volume, introdotta da un capitolo dedicato agli artisti caratterizzanti i Cappuccini dell’Umbria quali Durante Alberti, Paolo Piazza e altri, vengono presentate le opere più significative rinvenute: dipinti d’altare e dai conventi, ritratti di san Francesco e dei Cappuccini, stampe e sculture. Un capitolo a parte viene dedicato al ritrovamento più significativo, il “Crocifisso con la Vergine e i santi Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, Francesco, Chiara e angeli” (1610-15), assegnabile a Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia 1548 – 1628), tra i pittori più celebri del suo tempo. Un lavoro di grande potenza artistica, attualmente depositato nel convento dell’Immacolata Concezione di Assisi ma, secondo quanto tramanda la tradizione orale, rintracciato arrotolato nei primi decenni del Novecento nel convento di Spoleto, il quale al momento non è certo se si tratti della collocazione originaria. Attualmente l’opera, alquanto illeggibile nei colori come nelle figure, è sottoposta a un delicato restauro da parte di Daniela De Ritis.

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In giro per mostre a Natale https://www.lavoce.it/in-giro-per-mostre-a-natale/ Fri, 20 Dec 2013 09:42:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21241 barberisAndar per mostre. Perché non cogliere l’opportunità delle vacanze natalizie per godersi le occasioni offerte nel nostro territorio? Tante sono a soggetto natalizio, non mancano quelle con i presepi artistici, molte di arte contemporanea, allestite sia in sedi museali stabili che in locali nei centri storici dei nostri bei borghi umbri. Ne segnaliamo alcune.

Alla Galleria nazionale dell’Umbria, a Perugia, fino al 28 febbraio, mostra “Riserva aurea” dell’artista Bizhan Bassiri. Nelle sue opere “la luce prende corpo e il corpo si illumina”. Il visitatore sarà accompagnato dalla luce dell’oro delle opere dell’artista lungo tutto il percorso della galleria per percepire in modo nuovo i capolavori ivi conservati.

A Palazzo Penna, a Perugia, dal 22 dicembre al 6 aprile, mostra fotografica e documentaria “Perugia in cammino, storie che fanno la storia” a cura di Alberto Mori con la collaborazione di Luigi Petruzzellis. Info www.comune.perugia.it. Aperture straordinarie il 23 e 30 gennaio e il 6 gennaio.

Nell’ex – chiesa della Misericordia di via Oberdan, a Perugia, fino al 24 dicembre, gli studenti del Liceo artistico “B. di Betto” di Perugia hanno realizzato la mostra che è la conclusione di un percorso intitolato “La città che vogliamo” progetto sperimentale che ha voluto promuovere la cultura della legalità.

Alla Casa Museo di Palazzo Sorbello in piazza Piccinino, a Perugia “Amici di Carta, Raccontare il mondo attraverso l’albo illustrato per l’infanzia” è il titolo della nuova sezione espositiva. La nuova sezione temporanea verrà inaugurata sabato 21 dicembre alle ore 16.30 presso la Fondazione Ranieri di Sorbello a Perugia. Aperture straordinarie 26 e 28 dicembre e 1, 4, 5, 6, 12, 19 e 26 gennaio. Info www.casamuseosorbello.org

Ad Assisi, a palazzo Frumentario, mostra su Antonio Canova. In esposizione sessanta tra sculture e quadri. Al suo interno un laboratorio didattico che illustrerà il modo di operare del grande scultore, massimo esponente del neoclassicismo. Info 342. 7506074.

Alla sala Mostre Cappuccini, in via San Francesco 19, ad Assisi, fino al 26 dicembre, si tiene la mostra di pittura “La Donna vestita di Sole” dell’artista Mario Barberis. Si tratta di una serie di dodici dipinti che l’artista ha licenziato per i Frati Cappuccini della Provincia dell’Umbria, nella persona di padre Mariangelo da Cerqueto (alias Frate Indovino), in occasione del primo centenario delle apparizioni mariane di Lourdes (1858). Alla prima Biennale di Roma (1921) fu presentata la sua prima grande opera di soggetto religioso il “Convito della luce” il cui straordinario successo lo portò sino a Gerusalemme dove si dedicò, nel 1922-23 e negli anni ’40, alla decorazione della nuova Basilica dell’Agonia (o Chiesa di tutte le Nazioni). Muore a Roma nel 1960.

A Montefalco e Trevi (in ambedue i centri le sedi espositive sono nel complesso di San Francesco) fino al 30 marzo mostra di arte contemporanea di Vittorio Paris “Il mio mondo fantastico”. L’artista, nato a Montefalco, ma residente a Trevi, è uno dei più interessanti pittori naif del nostro tempo. Ha ottenuto diversi premi e riconoscimenti tra cui il 1° premio internazionale Leone di Venezia nel 1981. Info: Montefalco 0742. 379598, Trevi 0742.381628.

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Mons. Sorrentino presenta il progetto missionario “Javarì” https://www.lavoce.it/mons-sorrentino-presenta-il-progetto-missionario-javari/ Fri, 13 Dec 2013 07:38:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21018 Padre Paolo in Amazzonia
Padre Paolo in Amazzonia

Non può destare sorpresa se l’attenzione si rivolge a una realtà solo geograficamente lontana come l’Amazzonia, superando i confini territoriali della nostra diocesi immersa in gravi difficoltà e problematiche di vario tipo. Lo sguardo dedicato a un “tassello” dell’umana esistenza ha sollecitato alcune domande rivolte al vescovo Domenico Sorrentino, che ha risposto con un implicito incoraggiamento a vivere il Natale nella dimensione della solidarietà verso altre autentiche frontiere.

Come è nato il progetto Javarì?

“Conclusa l’esperienza di Kasumo in Tanzania, è maturato tale progetto da una proposta dei Cappuccini che da oltre un secolo si prodigano in Amazzonia. Ci invitarono ad aiutare le popolazioni indigene del Rio Javarì: natura lussureggiante, volti che ti incantano, occhi semplici di chi non è stato ancora toccato dal nostro mondo tecnologizzato, situazioni di evidente miseria. Venivano richieste vicinanza e solidarietà. Ne feci un punto del Piano pastorale della diocesi”.

Con quale finalità?

“Il progetto non è solo di carità, ma propriamente missionario. I Cappuccini sono lì come annunciatori del Vangelo, dedicandosi naturalmente anche alla promozione umana di quelle popolazioni. Forniscono medicinali, proteggono nei confronti di predatori di legname e altro. Il cuore deve guardare al mondo. Ne abbiamo sentito la gioia quando uno dei sacerdoti assisani, padre Carlo Chistolini, cappuccino già parroco di S. Maria Maggiore in Assisi, è partito per l’Amazzonia. Attualmente con la testimonianza di un missionario, padre Paolo Maria Braghini, stiamo sensibilizzando le scuole. È impressionante la rispondenza positiva dei giovani”.

Che tipo di impegno si richiede a livello diocesano?

“Le esigenze sono tante, e il nostro sostegno è sempre modesto rispetto alle necessità. Siamo riusciti, ad esempio, a realizzare una barca per i lunghi viaggi sul fiume”.

L’attività della diocesi, già proiettata su molteplici fronti, risulta compatibile?

“Il progetto Javarì ha carattere diocesano e dunque dobbiamo sentirlo come primario. È vero però che questo progetto cade in anni nei quali la crisi economica sta mettendo a dura prova la nostra gente, ed è difficile per la stessa Caritas fronteggiare tutte le emergenze”.

È previsto in febbraio un suo viaggio in Amazzonia.

“Sì, a Dio piacendo, con una delegazione diocesana mi recherò in Amazzonia per esprimere vicinanza ai missionari cappuccini lì impegnati, alle popolazioni, alla Chiesa che vive in quei luoghi”.

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