francescanesimo Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/francescanesimo/ Settimanale di informazione regionale Thu, 11 Apr 2024 15:53:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg francescanesimo Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/francescanesimo/ 32 32 Terra Santa, gli 800 anni di presenza francescana https://www.lavoce.it/terra-santa-gli-800-anni-presenza-francescana/ Tue, 08 May 2018 14:12:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51842

Di quella martoriata terra che oggi politicamente si chiama Israele e Palestina, si parla tutti i giorni o quasi sui telegiornali. Ma c’è un aspetto che spesso non si vede: i frati Francescani. Eppure sono lì da ben otto secoli. A raccontare la loro storia sarà adesso la mostra “800 anni di presenza dei Francescani in Terra Santa”, aperta dal 9 al 23 maggio a Perugia nella ex chiesa della Misericordia in via Oberdan (vedi il programma dettagliato qui). Uno sguardo al passato e al presente, per immaginare gli scenari futuri di una presenza importante sul piano religioso, culturale, sociale. A riassumere “Le condizioni dei cristiani in Terra Santa e nel Vicino Oriente” sarà padre Giuseppe Battistelli, ‘commissario’ - ossia figura di collegamento - di Terra Santa per l’Umbria, sabato 12 maggio alle ore 18 nello stesso spazio espositivo. La mostra - scrivono gli organizzatori intende offrire “l’opportunità di far conoscere al maggior numero possibile di persone una realtà poco nota al di fuori di quanti siano direttamente interessati alla Terra Santa, e di farla conoscere nei suoi aspetti religiosi, etici, sociali, amministrativi. La mostra propone una lettura multivariata di questa storia. Si compone di molteplici strumenti, che vanno dai roll-up che illustrano la presenza dei Francescani in Terra Santa allo spazio multimediale dove si potrà assistere alla proiezione di filmati documentaristici, e dove si potranno ascoltare concerti e conferenze; agli spazi riservati alla copiosa pubblicistica riguardante la Terra Santa (libri, riviste), a quelli dedicati all’esposizione degli oggetti che l’artigianato locale produce con i materiali tipici di quei luoghi, ad esempio legno d’ulivo”. A proposito di pubblicazioni, un paio di anni fa le Edizioni Terra Santa hanno realizzato la guida completa ai luoghi da visitare: un volume di 800 pagine, dal semplice titolo Terra Santa, con un ricchissimo itinerario tra Bibbia, archeologia, arte, storia antica e recente, attualità. Lo si può ordinare nelle librerie. Tanti restano i ‘miti’ da sfatare. Ad esempio, scrivono ancora i Francescani per quanto riguarda il loro arrivo e la loro missione nella patria di Gesù, “con le Crociate non c’è rapporto diretto. Possiamo dire che, dopo l’ultima Crociata, i Francescani si assunsero l’onere di custodire i luoghi santi perché erano l’unica presenza cristiana ‘ordinata’ (cioè sacerdoti) e organizzata”. Attualmente i frati “svolgono molte attività, oltre quelle propriamente del culto: scuole, integrazione sociale, sostegno abitativo alle famiglie, servizio ai pellegrini, evangelizzazione secondo lo stile di san Francesco, attività ecumenica”. Per cui la mostra “vuole rileggere questa storia attraverso dieci ‘vele’ con foto, citazioni dalle Fonti francescane e un percorso storico che ne ripercorre le tappe fondamentali, dalla nascita della provincia d’Oltremare a oggi”. L’esposizione è messa a disposizione dai ‘commissari’ di Terra Santa per chiunque lo desideri. Se ne può richiedere l’allestimento collegandosi al sito www.mostrediterrasanta.it.  ]]>

Di quella martoriata terra che oggi politicamente si chiama Israele e Palestina, si parla tutti i giorni o quasi sui telegiornali. Ma c’è un aspetto che spesso non si vede: i frati Francescani. Eppure sono lì da ben otto secoli. A raccontare la loro storia sarà adesso la mostra “800 anni di presenza dei Francescani in Terra Santa”, aperta dal 9 al 23 maggio a Perugia nella ex chiesa della Misericordia in via Oberdan (vedi il programma dettagliato qui). Uno sguardo al passato e al presente, per immaginare gli scenari futuri di una presenza importante sul piano religioso, culturale, sociale. A riassumere “Le condizioni dei cristiani in Terra Santa e nel Vicino Oriente” sarà padre Giuseppe Battistelli, ‘commissario’ - ossia figura di collegamento - di Terra Santa per l’Umbria, sabato 12 maggio alle ore 18 nello stesso spazio espositivo. La mostra - scrivono gli organizzatori intende offrire “l’opportunità di far conoscere al maggior numero possibile di persone una realtà poco nota al di fuori di quanti siano direttamente interessati alla Terra Santa, e di farla conoscere nei suoi aspetti religiosi, etici, sociali, amministrativi. La mostra propone una lettura multivariata di questa storia. Si compone di molteplici strumenti, che vanno dai roll-up che illustrano la presenza dei Francescani in Terra Santa allo spazio multimediale dove si potrà assistere alla proiezione di filmati documentaristici, e dove si potranno ascoltare concerti e conferenze; agli spazi riservati alla copiosa pubblicistica riguardante la Terra Santa (libri, riviste), a quelli dedicati all’esposizione degli oggetti che l’artigianato locale produce con i materiali tipici di quei luoghi, ad esempio legno d’ulivo”. A proposito di pubblicazioni, un paio di anni fa le Edizioni Terra Santa hanno realizzato la guida completa ai luoghi da visitare: un volume di 800 pagine, dal semplice titolo Terra Santa, con un ricchissimo itinerario tra Bibbia, archeologia, arte, storia antica e recente, attualità. Lo si può ordinare nelle librerie. Tanti restano i ‘miti’ da sfatare. Ad esempio, scrivono ancora i Francescani per quanto riguarda il loro arrivo e la loro missione nella patria di Gesù, “con le Crociate non c’è rapporto diretto. Possiamo dire che, dopo l’ultima Crociata, i Francescani si assunsero l’onere di custodire i luoghi santi perché erano l’unica presenza cristiana ‘ordinata’ (cioè sacerdoti) e organizzata”. Attualmente i frati “svolgono molte attività, oltre quelle propriamente del culto: scuole, integrazione sociale, sostegno abitativo alle famiglie, servizio ai pellegrini, evangelizzazione secondo lo stile di san Francesco, attività ecumenica”. Per cui la mostra “vuole rileggere questa storia attraverso dieci ‘vele’ con foto, citazioni dalle Fonti francescane e un percorso storico che ne ripercorre le tappe fondamentali, dalla nascita della provincia d’Oltremare a oggi”. L’esposizione è messa a disposizione dai ‘commissari’ di Terra Santa per chiunque lo desideri. Se ne può richiedere l’allestimento collegandosi al sito www.mostrediterrasanta.it.  ]]>
Il presepio dei francescani Cappuccini a Perugia https://www.lavoce.it/il-presepio-dei-francescani-cappuccini-a-perugia/ Wed, 03 Jan 2018 16:44:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50898

Anche quest’anno la parrocchia Oasi di Sant'Antonio in via Canali, a Perugia, vicino a Fontivegge, per rievocare la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme, accoglie fedeli e visitatori con il presepio artistico realizzato dalla ditta Fontanini di Lucca, ma in una rinnovata ed ampliata scenografia composta dal parroco Padre Ennio Tiacci, con la direzione artistica di Paolo Chiaramonte e le strutture progettate dall’ing. Elena Starnini Sue. Ma è soprattutto un presepio arricchito da una statua del santo di Assisi! Storicamente il presepio è davvero un fatto francescano. L'idea di preparare il presepio come facciamo oggi è attribuita a san Francesco d’Assisi. Tommaso da Celano racconta infatti, che il Santo lo realizzò a Greccio, il giorno di Natale del 1223, dopo essersi accordato con Giovanni Velita, signore di Greccio, per celebrare lì il Natale. E Greccio divenne così come una nuova Betlemme. Si dovettero aspettare circa 70 anni per vedere apparire le prime statue realizzate dal grande artista toscano Arnolfo di Cambio, che si conservano nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. In seguito, la rappresentazione simbolica della nascita di Cristo ebbe un grande successo popolare. I frati Francescani Cappuccini, nel solco di tale eredità, desiderano riconfermare l’importanza del messaggio natalizio attraverso il presepio.  Il presepio dell’Oasi, quest’anno, attraverso un’architettura rustica a tre arcate, sprigiona calore grazie alle figure dipinte a mano pezzo per pezzo, simbolo di bellezza e delicatezza, che si stagliano su un fondale lungo 13 metri. Qui, tra squarci di luce e di speranza, si rinnova lo stupore della piccola città di Betlemme, narrato con grande sensibilità plastica, attraverso l’espressione pensosa di san Giuseppe con le mani poggiate sul bastone. Ma ciò che conferisce al tutto una nota di grazia incomparabile è il volto della Vergine. Nel Vangelo di Luca si racconta che la Madonna, dopo aver partorito, avvolse il piccolo in fasce e lo mise in un “praesaepium”, cioè in una mangiatoia. È la rappresentazione di un evento di duemila anni fa. Una tradizione che valorizza e tiene vivo questo importante messaggio di pace, che ruota attorno alla cultura popolare, essendo nel DNA degli italiani, nonostante la forzata globalizzazione, rappresenta sempre un valore da preservare. Quella dei Fontanini, la ditta di Lucca che ha realizzato le statue, è una storia che affonda le proprie radici nella tradizione di Bagni di Lucca, la cittadina toscana dove vivono tuttora gli ultimi rappresentanti di quella industriosa categoria di figurinai che si tramandavano il mestiere di generazione in generazione. Dal 1908 la Fontanini è specializzata nella creazione di presepi artigianali e di varie figure della tradizione natalizia accuratamente modellate, caratterizzate da una plasticità giocata sull’intensità dei volti, dallo studio delle espressioni e dall’estrema cura del dettaglio. Oltre cento anni di qualità nell'arte del presepio, che si perpetuano da quattro generazioni per continuare l’antica tradizione dei figurinisti lucchesi. Il presepio è il simbolo della festa del Natale. È la rievocazione di un’antica storia che ha cambiato il mondo e che a distanza di secoli attrae e incanta i bambini e aiuta gli adulti a recuperare i buoni sentimenti. Grazie all’arte presepiale, riportiamo il presepio nei nostri cuori al fine di rendere il Natale - quella che san Francesco definiva la “Festa di tutte la feste” - una ricchezza interiore. Francesco Imbimbo]]>

Anche quest’anno la parrocchia Oasi di Sant'Antonio in via Canali, a Perugia, vicino a Fontivegge, per rievocare la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme, accoglie fedeli e visitatori con il presepio artistico realizzato dalla ditta Fontanini di Lucca, ma in una rinnovata ed ampliata scenografia composta dal parroco Padre Ennio Tiacci, con la direzione artistica di Paolo Chiaramonte e le strutture progettate dall’ing. Elena Starnini Sue. Ma è soprattutto un presepio arricchito da una statua del santo di Assisi! Storicamente il presepio è davvero un fatto francescano. L'idea di preparare il presepio come facciamo oggi è attribuita a san Francesco d’Assisi. Tommaso da Celano racconta infatti, che il Santo lo realizzò a Greccio, il giorno di Natale del 1223, dopo essersi accordato con Giovanni Velita, signore di Greccio, per celebrare lì il Natale. E Greccio divenne così come una nuova Betlemme. Si dovettero aspettare circa 70 anni per vedere apparire le prime statue realizzate dal grande artista toscano Arnolfo di Cambio, che si conservano nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. In seguito, la rappresentazione simbolica della nascita di Cristo ebbe un grande successo popolare. I frati Francescani Cappuccini, nel solco di tale eredità, desiderano riconfermare l’importanza del messaggio natalizio attraverso il presepio.  Il presepio dell’Oasi, quest’anno, attraverso un’architettura rustica a tre arcate, sprigiona calore grazie alle figure dipinte a mano pezzo per pezzo, simbolo di bellezza e delicatezza, che si stagliano su un fondale lungo 13 metri. Qui, tra squarci di luce e di speranza, si rinnova lo stupore della piccola città di Betlemme, narrato con grande sensibilità plastica, attraverso l’espressione pensosa di san Giuseppe con le mani poggiate sul bastone. Ma ciò che conferisce al tutto una nota di grazia incomparabile è il volto della Vergine. Nel Vangelo di Luca si racconta che la Madonna, dopo aver partorito, avvolse il piccolo in fasce e lo mise in un “praesaepium”, cioè in una mangiatoia. È la rappresentazione di un evento di duemila anni fa. Una tradizione che valorizza e tiene vivo questo importante messaggio di pace, che ruota attorno alla cultura popolare, essendo nel DNA degli italiani, nonostante la forzata globalizzazione, rappresenta sempre un valore da preservare. Quella dei Fontanini, la ditta di Lucca che ha realizzato le statue, è una storia che affonda le proprie radici nella tradizione di Bagni di Lucca, la cittadina toscana dove vivono tuttora gli ultimi rappresentanti di quella industriosa categoria di figurinai che si tramandavano il mestiere di generazione in generazione. Dal 1908 la Fontanini è specializzata nella creazione di presepi artigianali e di varie figure della tradizione natalizia accuratamente modellate, caratterizzate da una plasticità giocata sull’intensità dei volti, dallo studio delle espressioni e dall’estrema cura del dettaglio. Oltre cento anni di qualità nell'arte del presepio, che si perpetuano da quattro generazioni per continuare l’antica tradizione dei figurinisti lucchesi. Il presepio è il simbolo della festa del Natale. È la rievocazione di un’antica storia che ha cambiato il mondo e che a distanza di secoli attrae e incanta i bambini e aiuta gli adulti a recuperare i buoni sentimenti. Grazie all’arte presepiale, riportiamo il presepio nei nostri cuori al fine di rendere il Natale - quella che san Francesco definiva la “Festa di tutte la feste” - una ricchezza interiore. Francesco Imbimbo]]>
Rivotorto: i primi passi della fraternità francescana https://www.lavoce.it/rivotorto-i-primi-passi-della-fraternita-francescana/ Fri, 09 Oct 2015 10:15:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43713 P. Gianmarco Arrigoni
P. Gianmarco Arrigoni

Il santuario francescano di Rivotorto di Assisi è noto perché custodisce al suo interno il sacro Tugurio, primo “rifugio” per Francesco e i suoi primi compagni quando scelsero di camminare insieme. È il luogo che ha visto Francesco e i suoi primi fratres, come ha affermato Benedetto XVI nella sua visita al santuario, muovere i “primi passi”. Lo testimonia anche la scritta Hic primordia fratum minorum (Qui gli inizi dei Frati minori) che campeggia, incisa sulla pietra, sopra l’ingresso principale del santuario. Rivotorto è anche il territorio che vide Francesco, al momento della conversione, porsi a servizio dei lebbrosi.

Il santuario ci riporta perciò agli inizi della fraternità, al tempo – all’incirca la primavera del 1208 – in cui il Signore “diede dei fratelli” a frate Francesco. Numerosi i testi delle Fonti francescane che ci tramandano tale straordinaria avventura. Una fonte autorevole è di certo la Vita prima di Tommaso da Celano (1228) che attesta: “Il beato Francesco era solito raccogliersi con i suoi compagni in un luogo presso Assisi, detto Rivotorto, dove vi era un tugurio abbandonato, in cui quegli arditi dispregiatori delle grandi e belle case vivevano e trovavano riparo… Quel luogo era tanto angusto che a fatica vi potevano stare seduti o stesi a terra” (XVI, 42). Secondo il biografo Giovanni Joergensen, “Rivotorto è anche il luogo dove Francesco e la donna del suo cuore, la nobile Madonna Povertà, hanno vissuto i primi e, forse, i più felici tempi della loro unione!”. Nacque così la fraternità francescana: uno stile di vita dove la povertà evangelica e l’amore fraterno erano la legge fondamentale.

Il santuario che custodisce il “Sacro Tugurio” di San Francesco
Il santuario che custodisce il “Sacro Tugurio” di San Francesco

Il luogo ricorda anche la stesura della prima “forma di vita” che Francesco, con i primi 12 compagni, presentò a papa Innocenzo III nella primavera del 1209 per l’approvazione. L’episodio ha sempre caratterizzato la vita del santuario e, una volta costituita, la vita della parrocchia. La festa patronale infatti si celebra in una nelle domeniche di Pasqua, sotto il titolo di festa nella “ricorrenza della Fondazione dell’Ordine minoritico”. Dal 1945 viene definita anche “festa della Regola”. Molti gli eventi che hanno segnato la storia del “tugurio abbandonato” di Rivotorto. Nei primi secoli del francescanesimo il luogo era stato trasformato in eremo. Nel 1455 divenne luogo di culto. Su richiesta di un frate del Sacro Convento, fra’ Francesco Saccardo, il tugurio fu modificato in chiesa, con l’autorizzazione del vescovo diocesano. Alla fine del secolo successivo venne costruita una chiesa più grande, capace di contenere al suo interno il primitivo edificio. Nella prima metà del XVII secolo anche il piccolo convento annesso fu trasformato in un grande convento. Nel 1849 fu costituita la parrocchia. L’attuale santuario, in stile neogotico, è del 1882, edificato sopra le rovine della precedente chiesa rasa al suolo dal terremoto del 1854. Anche durante gli anni della soppressione degli Ordini religiosi, il santuario, essendo parrocchia, ha continuato a essere gestito dai francescani.

La fraternità è attualmente composta da 6 frati. A loro è affidato un triplice servizio. Innanzi tutto la cura pastorale della parrocchia di Rivotorto e, ultimamente, anche quella di Capodacqua di Assisi. Svolgono poi il servizio di accoglienza dei pellegrini e dei gruppi ecclesiali che, sempre più numerosi, chiedono di sostare per celebrazioni, ritiri spirituali, momenti di riflessione e di preghiera. Infine, essendo un santuario assai significativo per tutto l’Ordine francescano, diviene spesso luogo di ospitalità e incontro per i nostri confratelli del mondo. Molti vi giungono per partecipare a corsi residenziali, organizzati per Continenti, di approfondimento e di riscoperta delle origini del francescanesimo. Ritornare al carisma delle origini permette di rendere il carisma francescano vivo e attuale; e questo è il compito di ogni francescano. Hanno dato un notevole contribuito le due visite al Sacro Tugurio di Papa Benedetto XVI nel giugno del 2007 e di Papa Francesco nell’ottobre 2013. Siamo stati costretti a ripensare la nostra vita, a ripartire dal Vangelo, a essere conformi a Gesù, per essere testimoni credibili di fraternità, di mitezza e di pace in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo.

]]>
Provincia francescana delle origini https://www.lavoce.it/provincia-francescana-delle-origini/ Tue, 30 Jun 2015 08:33:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36777 La chiesa santuario di San Francesco a Foligno dove è custodita la tomba della mistica francescana santa Angela
La chiesa santuario di San Francesco a Foligno dove è custodita la tomba della mistica francescana santa Angela

Alla “provincia serafica” dei frati minori conventuali di san Francesco in Umbria può essere riconosciuto il titolo di prima fra le province dell’Ordine minoritico.

Una storia assai lunga e complessa. La sua nascita può essere fatta coincidere con l’arrivo del primo gruppo di fratres che, presso la Porziuncola e presso il “tugurio” di Rivotorto, si raccolsero attorno a san Francesco negli anni 1208-1209.

Una nuova famiglia religiosa quasi subito riconosciuta dalla Chiesa, da papa Innocenzo III, nella primavera del 1209. In breve tempo, per il rilevante incremento numerico dei frati, sorsero ben presto altri luoghi o conventi che nel primo “Capitolo delle stuoie” del 1217 furono uniti fra loro.

Tale anno può essere considerato l’anno effettivo di nascita della provincia francescana, che a quel tempo comprendeva, oltre all’Umbria, anche la Toscana, le Marche, il Lazio e altre regioni limitrofe.

Sotto il generalato di fra’ Luigi Parenti – siamo nel 1230 – troviamo l’Ordine francescano già suddiviso in numerose province e Custodie. Intorno al 1340 la provincia umbra contava 9 Custodie e oltre 70 conventi distribuiti su tutto il territorio. Nel XIV secolo, prima della riforma dell’Osservanza, si contavano oltre 100 conventi.

Con l’inizio dell’esperienza dell’Osservanza, alcuni di essi passarono alla “riforma”. Dopo varie vicende storiche, nel 1652, rimanevano aperti 42 conventi con 407 frati. Nel 1764 anche il Sacro Convento veniva separato – da papa Clemente XIII – e posto sotto la diretta obbedienza del Ministro generale. Con la soppressione napoleonica del 1810 la provincia religiosa, come quasi tutte le altre aggregazioni, venne quasi totalmente dispersa. Ma trascorsi pochi anni, si ricompose con la fine del dominio napoleonico.

Passarono pochi decenni, e sulla provincia si abbatté un’altra soppressione: quella del nuovo Governo italiano. Negli anni 1860 e 1866 avvenne una nuova dispersione dei frati. La ripresa fu lenta, tanto che solo dopo il conflitto mondiale del 1915-1918 si ebbe una rinascita. Attualmente la provincia conta 7 conventi: Cattolica, Città di Castello, Foligno, Gabicce Mare, Gubbio, Perugia, Terni, con una trentina di frati e alcuni giovani in formazione. A questi conventi vanno aggiunti, nel territorio assisano, il Sacro Convento, il santuario di Rivotorto, il convento Franciscanum : tre comunità conventuali internazionali che fanno parte della Custodia generale del Sacro Convento.

Padre Franco Bonamano
Padre Franco Bonamano

La nostra attività pastorale, a servizio delle Chiese particolari, è a 360 gradi. Si va dalla pastorale turistica nei conventi al mare, alla pastorale caritativa negli ospedali, dalla cura delle parrocchie e di alcuni santuari, alla pastorale giovanile, dalla cura spirituale dell’Ofs (Ordine francescano secolare) e della Gifra (Gioventù francescana), a quella di alcuni monasteri di sorelle Clarisse.

La storia del francescanesimo conventuale in Umbria si è arricchita dalla testimonianza di tanti uomini e donne che hanno seguito le orme del Serafico Padre. Molti sono sepolti all’interno delle nostre chiese. Le tombe più “illustri”, oltre a quelle del Santo fondatore e di alcuni dei primi compagni presenti nella basilica papale di San Francesco, tra cui quella del beato Egidio di Assisi, terzo compagno di Francesco, sepolto in una preziosa urna di epoca romana all’interno dell’oratorio di San Bernardino presso San Francesco al Prato a Perugia.

Inoltre la tomba della mistica santa Angela da Foligno, custodita nella chiesa di San Francesco nella omonima città. “Questi santi, come tutti i testimoni della fede, che emergono dalla storia simili a stelle luminose in grado da orientare il cammino di tanti cercatori di Dio, hanno, quale caratteristica comune, una perenne giovinezza, ossia un’attualità che li rende in qualche modo ‘adatti’ a ogni epoca, a ogni contesto culturale, poiché essi rispondono – con la loro stessa vita – a domande perenni dell’uomo, alla sete di incontro assoluto che dia significato a ciò che l’esistenza dispone e propone per ognuno di noi” (da M. Ceschi, Angela da Foligno, l’amore e la croce).

]]>
Non svendiamo il Sacro e i Santi https://www.lavoce.it/non-svendiamo-il-sacro-e-i-santi/ Fri, 15 May 2015 10:27:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=33488 In questa settimana in Umbria si celebrano due importanti feste: quella dei Ceri il 15 maggio e quella di santa Rita il 22. È un’occasione per riflettere un momento su questa realtà regionale anche in vista delle prossime elezioni. Naturalmente le feste e le celebrazioni di ogni genere sono un richiamo per il turismo e hanno un riscontro nell’economia. In questo senso, tutte le iniziative e gli eventi di natura ecclesiale e laica hanno un peso e un valore che dovrebbe essere cosiderato con criteri di sviluppo collettivo. Ma una riflessione più articolata ci dovrebbe far ricordare che queste feste sono prevalentemente religiose.

I Ceri di Gubbio sono l’emblema della Regione. Ma i Ceri – con buona pace di alcuni sociologi o studiosi di antropologia culturale che, per alcuni versi, si potrebbe anche chiamare “antropologia del sospetto” – sono ceri, sono lumi, almeno all’origine, portati al vescovo Ubaldo in segno di venerazione e di legame affettivo.

Anche oggi, nelle parole del vescovo Ceccobelli e nella pietà di moltissimi eugubini, sono un modo per ricordare e riannodare il legame con il loro “padre”, santo e patrono, per sempre. Così la comunità conserva e approfondisce la sua identità e riscopre – o dovrebbe riscoprire – i propri valori di fondo, quelli tradizionali che innervano la sua storia, compresa l’architettura, l’urbanistica, la cultura, arte e letteratura.

Le feste in generale hanno questa finalità ed esaltano questa funzione, imprimendo un volto a un territorio e a un popolo. Si pensi al retaggio ereditato da san Francesco e santa Chiara, con tutta la portata del francescanesimo diffuso nel mondo: quello popolare, strettamente religioso, e quello culturale e dotto; lo stesso vale per l’impronta benedettina nei secoli.

Ma riflettere sulla propria identità ci porta anche a domandarci chi ne sia il custode. Un custode è necessario perché tutto non evapori e si disperda nella nebbia del generico e del superficiale, nella banalizzazione e strumentalizzazione per interesse, e per avere un risultato immediato sul piano economico.

Quando si parla di turismo religioso, ad esempio, e di altre simili iniziative, sarà bene ricordare agli organizzatori di non adulterare il “sacro”, di non svenderlo, ponendolo in un pacchetto mischiato con tutti gli altri richiami ed eventi, anche quelli semplicemente distensivi e di pura evasione. Il rischio che si corre talvolta è proprio quello di relegare le feste e le celebrazioni a livello di manifestazioni e spettacoli, oppure interpretandole in base alla categoria del folklore, o guardando solo all’interesse immediato.

In vista del 31 maggio ci si può domandare, ad esempio, se rispecchino questa “identità umbra” certe posizioni di programma da parte dei partiti che si presentano con i loro otto candidati alle elezioni regionali. Non entriamo nel merito, che non ci compete, ma una riflessione la dovrebbero fare i cittadini.

Il popolo umbro, ricompattato da questa ricerca di identità regionale – da non lasciarsi sfuggire né rubare da nessun politico o “maestro di pensiero” – deve essere il custode di se stesso e dei suoi veri interessi e valori.

Veri custodi dovrebbero essere anche coloro che si presentano alle elezioni; possibilmente dovrebbero essere “umbri”, e dunque sensibili, in sintonia con la nostra storia di spiritualità e di misticismo che è prevalentemente cattolico, ma è anche condiviso da altre confessioni.

In Umbria abbiamo una lunghissima tradizione di ecumenismo, dialogo interreligioso e accoglienza dello straniero (l’Università per Stranieri a Perugia data dagli anni ’20 del Novecento), condiviso da laici e cittadini secolarizzati e agnostici. Non parliamo di santa Rita, nota in tutto il mondo, perfino in Estremo Oriente. Non si vuole santificare l’Umbria né essere isolazionisti e autoreferenziali, ma non svendiamo una terra con una bellezza e santità che nessun altro al mondo possiede.

 

]]>
La Gualdo di san Francesco https://www.lavoce.it/la-gualdo-di-san-francesco/ Wed, 06 May 2015 13:11:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32823 Un momento della celebrazione
Un momento della celebrazione

Il 778° anniversario della fondazione dell’attuale centro abitato di Gualdo Tadino (il quinto per antichità dall’epoca umbra), ricorso il 30 aprile, è venuto quest’anno a coincidere con i festeggiamenti per l’Anno francescano gualdese, che si è aperto il 1° maggio con il 700° anniversario della consacrazione della chiesa di San Francesco. Ecco perché la festa ha assunto caratteri particolarmente solenni, sanciti dal patrocinio del ministero per le Attività culturali e il turismo.

Si è cominciato proprio il 30 aprile, alle 10.30 presso la chiesa di San Francesco, con una lezione del prof. Enzo Storelli, ispettore onorario ai Beni storici e artistici di Gualdo Tadino, su “Gli affreschi raffiguranti sant’Anna Metterza e il Volto santo di Luca, di Matteo da Gualdo”, recentemente restaurati dal Lions club di Gualdo e Nocera. Durante la lezione si è parlato anche del trecentesco coro ligneo, restaurato con il contributo dell’ente Giochi de le Porte.

È seguita la cerimonia di “consegna del cero”, con cui si ricorda che il colle di San Michele Arcangelo fu ceduto dal locale convento di San Benedetto al Comune di Gualdo per un canone annuo di 30 libbre di “buona cera”, con la successiva visita guidata alla chiesa, cui hanno preso parte alcuni alunni dell’istituto comprensivo di Gualdo Tadino.

L’apertura ufficiale dei festeggiamenti per la chiesa di San Francesco è stata segnata, invece, dalla concelebrazione eucaristica memoriale presieduta dal vescovo, mons. Domenico Sorrentino, alle ore 10 del 1° maggio, alla presenza del priore del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti.

Una cerimonia più “in piccolo” rispetto a quella del 1315 alla quale – come raccontano le cronache – erano presenti i vescovi di ben sette diocesi (Cagli, Perugia, Jesi, Nocera Umbra, Assisi, Gubbio e Città di Castello). L’ha preceduta la lettura, da parte di Sergio Ponti , presidente dell’ente Giochi de le Porte, di una breve storia del francescanesimo a Gualdo e della costruzione dell’edificio, nella quale si è menzionato il famoso “lancio di pietre” con cui gli abitanti della Gualdo di allora (che poi fu distrutta dall’incendio del 1237) cacciarono inizialmente il giovane Francesco in predicazione. In seguito avrebbero però aderito al suo messaggio, dedicargli l’enorme edificio e divenendo “francescani” convinti.

“Una volta – ha ricordato mons. Sorrentino nell’omelia – non c’erano le chiese, e si evangelizzava a casa. Oggi che abbiamo chiese stupende come questa, dovremo ricominciare a rievangelizzare dalle nostre case!”.

 

]]>
Il Cardinale Bassetti in Calabria, a Paola, per celebrare san Francesco https://www.lavoce.it/il-cardinale-bassetti-in-calabria-a-paola-per-celebrare-san-francesco/ Thu, 30 Apr 2015 13:42:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32388 santuario di s. francesco di paolaSu invito dei Frati Minimi di San Francesco di Paola, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Ceu, sarà in Calabria il 3 e il 4 maggio per presiedere le celebrazioni in onore del Santo patrono della regione dei due mari e dei marittimi d’Italia, “messaggero di pace e di riconciliazione”. Francesco di Paola (1416-1507) è il Santo per eccellenza della “carità sociale”, fondatore dell’Ordine dei Minimi che ha per motto “Charitas”. I Minimi, per esser tali, devono essere aperti cristianamente all’accoglienza e all’amore, alimentando e diffondendo la loro spiritualità con la vita eremitica e povera sull’esempio di Francesco d’Assisi. Ed è la “Carità” ad accomunare, nella fede e nel servire Dio e la sua Chiesa, il porporato perugino a questi religiosi, avendo come suo motto episcopale “In charitate fundati” (fondati nella carità).

Significativo ed attuale è il “messaggio sociale” di Francesco di Paola, nell’essere stato nella sua epoca – secondo i suoi biografi -, un «grande riformatore sociale sia per quanto concerne i suoi rapporti con il popolo che con quella che potremo definire la “classe dirigente” del suo tempo. In particolare, fu riformatore sociale nell’ammonire quest’ultima: “il potere va inteso, non come privilegio, bensì come duro esercizio di servizio nell’interesse del popolo”».

Nel pomeriggio di domenica 3 maggio, il cardinale Bassetti guiderà la suggestiva processione a mare della reliquia del Sacro Mantello di san Francesco con corteo di barche dal Porto di Cetraro alle acque antistanti la città di Paola, dove presiederà la Celebrazione della Parola, impartirà la benedizione al mare e lascerà nelle acque del Tirreno una corona d’alloro in memoria di tutti i marittimi defunti. Lunedì mattina 4 maggio il cardinale presiederà la solenne concelebrazione eucaristica nel Santuario di San Francesco di Paola, uno dei luoghi di culto più frequentati del Meridione d’Italia, meta ogni anno di migliaia di pellegrini provenienti anche dall’estero.

Il porporato perugino, dinanzi alle reliquie del Santo custodite nel Santuario, si unirà idealmente nella preghiera anche con i numerosi calabresi che vivono in Umbria, dove san Francesco di Paola si recò giovanissimo per visitare i luoghi del Poverello d’Assisi restando attratto dalla sua figura di santità. A Perugia, nella chiesa di Santo Spirito, è conservato un dipinto che ritrae il Santo patrono della Calabria, a testimonianza della presenza in Umbria, nei secoli scorsi, dell’Ordine dei Minimi. Anche a Gubbio, in una delle sue chiese, è custodita un’opera dedicata al Santo calabrese. E sempre a Gubbio, pochi anni fa, si è tenuto un significativo convegno dal titolo: “S. Francesco di Paola. Un uomo, un calabrese, un santo nell’arte, nel cinema e nella letteratura”, promosso anche con il patrocinio della Diocesi eugubina e della Conferenza episcopale umbra (Ceu). Gli atti di questo convegno sono stati pubblicati di recente e presentati lo scorso 22 aprile a Perugia, presso Palazzo Gallenga, in occasione di un incontro dedicato alla figura del calabrese Pietro Borzomati, “storico della spiritualità”, studioso del movimento cattolico e della pietà popolare, collaboratore de «L’Osservatore Romano», già preside della Facoltà di Lingua e cultura presso l’Università per Stranieri. E’ dello stesso Borzomati il “contributo scientifico” alla pubblicazione degli atti del convegno eugubino, redatto poco tempo prima della sua prematura scomparsa.

]]>
Una potente ispirazione a seguire san Francesco https://www.lavoce.it/una-potente-ispirazione-a-seguire-san-francesco/ Mon, 13 Apr 2015 16:10:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31393 Foto delle partecipanti all’incontro regionale delle postulanti, novizie e juniores delle Missionarie Francescane di Gesù Bambino
Foto delle partecipanti all’incontro regionale delle postulanti, novizie e juniores delle Missionarie Francescane di Gesù Bambino

“Veggano le mie care figlie come è volontà di Dio che esse siano – con me poverella – vere figlie del Poverello di Assisi, e sappiano apprezzare sì gran tesoro, di essere annoverate tra l’Ordine serafico. Figlie mie, da quel momento che piacque al Signore negli scherzi della Sua alta sapienza scegliere me vilissimo strumento, mettermi all’opera di questa istituzione, ebbi la potente ispirazione che dal solo padre san Francesco dovevo io ricevere lume, guida e sostegno”. Suor Maria Giuseppa di Gesù Bambino (al secolo Barbara Micarelli; Sulmona 1845 – Assisi 1909), fondatrice dell’istituto Suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino, sente che solo nello spirito di san Francesco può realizzare la “visione chiara e precisa”, che ebbe sui vent’anni, dopo la guarigione miracolosa: “Consacrarmi al bene dei miseri, degli orfani, degli abbandonati, e per giunta divenire madre spirituale di anime col creare un istituto di suore che con me lavorassero nella Chiesa di Dio”. La fondazione avviene a L’Aquila nel Natale del 1879, ma la Madre ha sempre vivo il desiderio di aprire una casa nella terra serafica. Giunge a Santa Maria degli Angeli il 29 agosto 1888 e vi trasferisce il noviziato. Confidando nella Provvidenza, si mette subito all’opera: accoglie le bambine orfane, dà inizio alla scuola per l’educazione delle ragazze del villaggio, assiste gli infermi, i poveri. suor-Maria-FelicitaDice la Madre: “Questo istituto ha come fine immediato l’amore di Gesù nel prossimo, e il prossimo in Gesù… La carità dev’essere il movente unico della nostra vita, di ogni nostra azione”. Con questo spirito l’istituto si diffonde, nel corso degli anni, in terra umbra: Perugia, Bettona, Assisi, Stroncone, San Nicolò di Celle, Sant’Eraclio, Foligno, Monte Castello di Vibio, Campello sul Clitunno, Morrano di Orvieto. A Santa Maria degli Angeli, un complesso scolastico ha preparato molte giovani per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria. Il processo di ridimensionamento ha ridotto le comunità, ma la nostra presenza continua, sostenuta da una ricca storia di preghiera, di dedizione educativa, di solidarietà con i poveri, di servizio nei seminari (diocesano e regionale) e nelle parrocchie. Da Assisi, con l’anelito missionario francescano di madre Micarelli, sono partite le suore italiane per altre terre: in America in 6 Paesi; in Africa, in Camerum e Libia; in Asia, nelle isole Filippine; in Europa, in varie nazioni. Attualmente l’istituto è composto da circa 610 religiose, distribuite in 89 fraternità. La prima casa, “Ritiro Sant’Antonio”, continua l’attività educativa, caritativa, culturale. A Santa Maria degli Angeli, la casa di accoglienza e di formazione dei giovani è per la loro crescita nella fede e nella vocazione. A Perugia, nel pensionato universitario, ha sede il postulato per le giovani che desiderano approfondire la loro vocazione. All’ombra della Porziuncola continua il noviziato, dove le novizie si preparano alla consacrazione al Signore. Il centro di spiritualità “Barbara Micarelli” è luogo di preghiera e di ritiro spirituale per consacrati. Ad Assisi, la casa “Sant’Andrea” accoglie laici in visita ai luoghi francescani, offrendo un clima fraterno e di preghiera. A Bettona la comunità si dedica alla preghiera, alla visita agli ammalati, al servizio ai poveri. A Perugia la casa “San Giuseppe” ospita le sorelle malate che portano “il peso della malattia… in diversi modi unite alla carne di Cristo sofferente”. Testimoniano la fedeltà con la preghiera e l’offerta, in fraterna comunione. Ammirevole è il servizio che le sorelle – infermiere e non – svolgono, in collaborazione con il personale laico, nel prestare le cure con amore, attenzione e delicatezza. Dovunque vivono la sequela di Cristo con amore fraterno, “fiduciose nella Provvidenza, nella fonte di ogni bene, Gesù in Sacramento, nella protezione di Maria santissima”. “Sono sempre in mezzo a voi” dice la Madre fondatrice, serva di Dio. Al Signore tanta gratitudine e rinnovata fedeltà al Suo amore.

]]>
Firmato protocollo tra Assisi e Gubbio https://www.lavoce.it/firmato-protocollo-tra-assisi-e-gubbio/ Thu, 02 Apr 2015 08:57:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31225 La firma del trattato con in sindaci Ricci e Stirati
La firma del trattato con in sindaci Ricci e Stirati

È stato scelto il castello di Petroia – dove il 7 giugno 1422 nacque il grande Federico da Montefeltro – per la firma da parte dei sindaci Filippo Maria Stirati e Claudio Ricci, presenti anche i presidenti dei rispettivi Consigli comunali, dello storico “protocollo d’intesa” tra Gubbio e Assisi, sul quale si ripongono grandi speranze. Frutto di un lungo cammino istituzionale, definisce una nuova visione delle città e del territorio, laica e religiosa insieme, in nome di san Francesco e dei profondi legami storici, culturali, architettonici, paesaggistici, ambientali e turistici che accomunano i due territori. Riferimento e snodo centrale il Sentiero francescano, meta di pellegrinaggio e di attenzione del mondo intero: lo stesso percorso dal Santo nell’inverno del 1206 quando fuggì dalla città natale per rifugiarsi dalla famiglia eugubina degli Spadalonga, dalla quale fu accolto e rivestito di una tunica, prototipo di quello che sarebbe stato il saio dell’Ordine. La firma è avvenuta nel contesto di una cerimonia curata nei particolari, compresa la veste del documento firmato, calligrafato e miniato con foglia d’oro in carta di cotone dall’amanuense Roberta Giacconi, per l’“Arte del libro – Unaluna”. “È un momento storico – ha sottolineato Stirati – che sancisce un’antica alleanza. Ha già dato i primi frutti, come la Giornata mondiale della poesia Unesco e le iniziative programmate per celebrare l’urbanista Giovanni Astengo, autore dei piani regolatori di entrambe le città. Oggi raccogliamo un’eredità di immenso valore e di portata unica, che le due città intendono rafforzare e rendere operativa con atti concreti di reciproca vicinanza”. Il sindaco Ricci ha ribadito che era un “dovere” verso la storia francescana e l’eredità storica avviare un’intesa concreta: “San Francesco ci ha indicato una via, un cammino interiore e un viaggio proprio in questi luoghi, in questo paesaggio urbano e storico, cercando un risposta trovata nella conversione religiosa, come anche oggi cercano i nuovi pellegrini. Sempre più – ha proseguito Ricci – si cerca un itinerario, un ricordo utile a soddisfare l’attesa e il valore percepito dei luoghi visitati. Le nostre due città hanno le risposte giuste, e i temi di condivisione vanno ora costruiti con piccoli, costanti passi realizzati insieme, potenziando anche i collegamenti tra Assisi e Gubbio. Il prossimo Giubileo della Misericordia, voluto da Papa Francesco, sarà un banco di prova, e ancora una volta ci riconduce alla storia profonda del francescanesimo”.

 

]]>
San Damiano, la ricchezza della povertà https://www.lavoce.it/san-damiano-la-ricchezza-della-poverta/ Fri, 20 Mar 2015 11:29:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30951 Padre Giulio Mancini
Padre Giulio Mancini

Il santuario di San Damiano: un insieme di poveri luoghi, ancora com’era ai tempi di san Francesco. Nascosto sulla balza sotto Assisi, in ambiente naturalistico d’incanto, defilato, volutamente fuori dal turismo organizzato, ci si arriva per richiamo d’anima. Anteriore di secoli al Mille e, tuttavia, tramandato a noi nell’adattamento che ne fecero san Francesco e santa Chiara, è luogo privilegiato di spiritualità, culla e reliquia delle origini francescane. Nel silenzio, una Presenza emana dai poveri muri. Qui si è operata la chiamata, la conversione e la risposta radicale di Francesco al Cristo povero e crocifisso. Qui si è consumato l’amore di Chiara nel vivere il Vangelo secondo la forma di Maria. Ambedue testimoni di una vita cristiforme, mariale, ecclesiale, umanissima. Divenuti evangelicamente loro stessi “Chiesa restaurata”, obbedienti al mandato della voce: “Va’, ripara la mia Chiesa” e alla giubilante rivelazione interiore: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me”. Fin dagli inizi di Francesco e Chiara, il luogo è abitato e animato dai Frati minori umbri, che vi si succedono da otto secoli. La comunità francescana ha la consapevolezza di aver ricevuto il privilegio di custodire la “grazia del luogo” e, attraverso la vita fraterna, animare il servizio liturgico, l’evangelizzazione, l’accoglienza e l’ascolto dei pellegrini. Nella chiesa riparata da Francesco con l’aiuto dei suoi poveri amici – davanti all’icona del Crocifisso che parlò a lui 24enne e davanti all’immagine della Madonna, posta nell’abside, che ispirò per 42 anni la forma di vita di Chiara – l’impegno primario è quello di vivere e offrire ai fedeli uno spazio di preghiera adorante “in spirito e verità”.

Il santuario di San Damiano ad Assisi
Il santuario di San Damiano ad Assisi

Due i momenti quotidiani forti: la celebrazione del mattino (a partire dalle ore 7) di lodi ed eucaristia; e la celebrazione dei vespri (ore 17 o, in estate, ore 19) con l’esposizione del Ss. Sacramento. Liturgie semplici e ravvicinate; canti che coinvolgono l’assemblea; silenzi intensi, essenziali tocchi di luci e fiori; brevi commenti; una presenza giovanile spesso traboccante; incontri stupefatti nello Spirito che diventano, allo stesso tempo, una scuola di preghiera. Per il resto del giorno, il santuario rimane aperto e i pellegrini sono invitati ad attraversarlo in silenzio devoto; per evitare intasamenti e chiacchiericci, le catechesi e le liturgie dei gruppi si svolgono nelle sale e nelle cappelle presso i chiostri. Alcuni giovani frati e suore sono impegnati nel servizio di accoglienza e di ascolto: comunicazioni semplici, per far cogliere nei luoghi le parole evangeliche vissute qui da Francesco e da Chiara come un modo nuovo d’essere uomini. In alcune salette riservate, viene offerta la possibilità lieta di accostarsi al sacramento della riconciliazione e, più ancora, a incontri / ascolto / dialogo per singoli o coppie.

Chi lo desidera può ritirarsi in preghiera nell’oratorio di Sant’Agnese, riservato all’adorazione eucaristica silenziosa. Lungo il percorso si apre una piccola Galleria di incisioni moderne che attualizzano il Cantico delle creature: Francesco lo compose e lo cantò qui con una sua melodia. È il testo che ha tenuto a battesimo il volgare italico in cui il Santo esprime, in fraterna comunione cosmica con tutte le creature, l’umanesimo nuovo della nuova creazione su misura di Cristo, e il manifesto di un’ecologia profetica ancora da attuare. Per quanto riguarda l’accoglienza: sacerdoti, religiosi e piccoli gruppi di laici possono essere ospitati in comunità per qualche giorno di preghiera e di raccoglimento. È questo il nostro servizio alla Chiesa e all’uomo di oggi, compreso quello prezioso e delicato della formazione francescana dei nostri giovani che vivono qui il loro anno di noviziato. Nell’Anno della vita consacrata, gli interrogativi lanciati da Papa Francesco ai religiosi proprio a San Damiano diventano provocazioni di grazia efficaci: Cristo Gesù e la sua santa Chiesa sono davvero il mio unico amore? Quanto posso dire con Francesco: “Conosco Cristo povero e crocifisso”? E con Chiara: “Colui che ti creò te ama, come la madre ama lo suo figliolo piccolino”?

]]>
Venne un Papa. Il suo nome era Francesco https://www.lavoce.it/venne-un-papa-il-suo-nome-era-francesco/ https://www.lavoce.it/venne-un-papa-il-suo-nome-era-francesco/#comments Fri, 13 Mar 2015 12:06:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30898 visita-PapaGrande felicità, quel 4 ottobre 2013, festa di san Francesco, con il Papa nel cuore della nostra regione! Erano trascorsi circa sei mesi dalla sua elezione e dalla sua “manifestazione” al popolo dalla loggia centrale della basilica di San Pietro. Vogliamo ricordare quell’inizio alla luce di quanto egli ha detto ad Assisi: “Voglio iniziare la mia visita ad Assisi con voi – disse. – È la festa di san Francesco, e io ho scelto, come Vescovo di Roma, di portare il suo nome. Ecco perché oggi sono qui: la mia visita è soprattutto un pellegrinaggio di amore, per pregare sulla tomba di un uomo che si è spogliato di se stesso e si è rivestito di Cristo, e sull’esempio di Cristo ha amato tutti, specialmente i più poveri e abbandonati. Ha amato con stupore e semplicità la creazione di Dio… Arrivando qui ad Assisi, alle porte della città – ha continuato – si trova questo istituto che si chiama proprio ‘Serafico’, un soprannome di san Francesco. Lo fondò un grande francescano, il beato Ludovico da Casoria. Ed è giusto partire da qui”. La scelta di un luogo di accoglienza per bambini con gravissime difficoltà fu da tutti intesa e compresa e apprezzata. L’intelligenza del popolo è spesso inesprimibile, ma intensa, e scende nel cuore. Lo sentimmo tutti come fosse venuto a casa nostra.

Oggi, 13 marzo 2015, a due anni di distanza dalla sua elezione, la sua figura e la sua missione sono ricordate in tutte le parti del mondo. Ci sono state e sono ancora attive anche frange estreme della cultura tradizionalista, che esprimono riserve nei confronti di alcuni modi di esprimersi di Bergoglio, e anche critiche su alcune scelte di fondo – male interpretate – per le quali qualcuno ha l’ardire di inviare messaggi di allerta ai “sacri palazzi”. Ma in grandissima maggioranza le persone lo ascoltano, lo seguono, lo cercano, lo sentono vicino. Noi che abitiamo nella terra di san Francesco d’Assisi, abbiamo l’opportunità e l’occasione, si potrebbe dire la vocazione speciale di stare in prima fila sulla linea pastorale di Papa Francesco e la sua missione storica. Al Serafico, fin dall’inizio della sua visita si è rallegrato per l’opera, di cui ha detto: “Grazie per questo segno di amore che ci offrite! Questo è il segno della vera civiltà umana e cristiana”, e ha esortato: “Dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza!”. Questo invito forse brucia un po’, in questi giorni in cui abbiamo dovuto prendere atto della morte per freddo e inedia, in una nostra città, di una persona ancora giovane, senza casa, per salvare la quale non abbiamo saputo o potuto fare niente. Le sue parole ci bruciano anche quando coltiviamo la cultura diffusa del “respingimento” e dello “scarto”, o quando chiudiamo gli occhi di fronte alla corruzione organizzata che si diffonde nella società regionale.

Il ricordo dell’elezione di Papa Francesco è un richiamo alle virtù umane e cristiane della nostra storia che, pur proposte a tutti, hanno per noi un valore fondamentale di vita, in quanto tutto nasce nel nome Francesco, nella sua radicale scelta di Cristo, nella sua “spogliazione” dallo spirito mondano che è come una “lebbra”, e nello stare sempre sotto lo sguardo del Crocifisso, quello di San Damiano, che ha occhi ben aperti che ti scrutano l’anima. È bene ripeterlo, in questa nostra regione che sfrutta il turismo religioso – e giustamente – per trarne un reddito economico e sociale. Tuttavia il francescanesimo non è estetismo, commercio, ideologia, ma è una vita donata a Cristo e ai fratelli, soprattutto ai più bisognosi, sull’esempio vivo di quell’uomo di Dio che merita di essere pregato, e soprattutto imitato. Nella sala della Spogliazione (dove non era più andato nessun Papa in tutti gli 800 anni da quando il giovane Francesco nudo si rifugiò sotto il mantello del vescovo), Papa Bergoglio è entrato, e vi è rimasto senza mai distaccarsi dal suo sogno di radicale adesione al Vangelo, per sé e per la Chiesa.

]]>
https://www.lavoce.it/venne-un-papa-il-suo-nome-era-francesco/feed/ 1
Da Assisi al mondo, dal mondo ad Assisi https://www.lavoce.it/da-assisi-al-mondo-dal-mondo-ad-assisi/ Tue, 10 Feb 2015 17:22:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30261 DoloresUno degli istituti religiosi femminili nati in Umbria è la congregazione delle suore Francescane Missionarie di Assisi (note come “suore del Giglio”). La sua fondazione risale al 1702 a opera di padre Giuseppe A. Marcheselli, conventuale, e di madre Angela del Giglio, terziaria francescana della basilica di San Francesco. In un’epoca nella quale il Terz’ordine francescano aveva perso la freschezza originale, il Marcheselli propone alle sue figlie spirituali l’altissimo ideale della santità, cioè la partecipazione piena alla vita di Dio, la piena conformità a Lui nella carità: un ritorno non solo alle origini del francescanesimo, ma alle origini stesse della Chiesa primitiva.

Oggi, in continuità con il fervore delle origini, ci impegniamo a compiere ogni tipo di servizio nella carità, nello stile della “minorità”, della semplicità e letizia francescana. Ci occupiamo di accoglienza, di sostegno alle famiglie bisognose, di malati, di lebbrosi, di disabili, di anziani, dell’educazione dei bambini; ma siamo attive anche nella pastorale ecclesiale e giovanile, con inserimenti semplici tra la gente, soprattutto tra i più poveri, sostenendo la donna nei luoghi della emarginazione sociale. Sostenute dal magistero di Papa Francesco, ci sentiamo ancor più spronate ad andare verso le “periferie del mondo”. Ci dedichiamo a tutto questo col desiderio di incarnare oggi, nelle varie Chiese locali e nelle varie culture in cui ci troviamo a operare, l’essenziale del Vangelo, cioè la sequela di Cristo povero e crocifisso. I primi 200 anni di vita dell’istituto si sono svolti in Assisi a servizio della basilica di San Francesco e di alcune opere caritative e sociali cittadine.

AssisiNel 1902 vi fu la svolta missionaria. L’istituto ha incominciato a diffondersi dapprima in alcune regioni d’Italia e poi in molte nazioni del mondo. Attualmente siamo 556 religiose, di cui 130 italiane, distribuite in 92 comunità sparse nei vari Continenti. Siamo presenti in quasi tutto il mondo. In Europa: Italia, Romania, Croazia, Russia, Germania, Repubblica di Moldova. In Asia: Giappone, Corea del Sud, Vietnam, Filippine, Cina, Indonesia. Nelle Americhe: Brasile, Usa, Messico, Argentina, Cuba. In Africa: Zambia, Kenya, Malawi. Alla sequela di Gesù viviamo l’amore fraterno, la misericordia, l’umiltà, la povertà, l’accoglienza, la gioia, la pace, la fiducia nella Provvidenza, la preghiera di lode e di ringraziamento. In particolare l’“assisanità”, il servizio ai poveri e ai bisognosi nelle periferie del mondo, la disponibilità alla missione ad gentes, l’amore e la fedeltà alla Chiesa (vedi le nostre Costituzioni, 4,1).

L’assisanità è per noi un valore da vivere: perché Assisi, la tomba di san Francesco e la sua basilica sono i luoghi che hanno ispirato i nostri fondatori. Accanto alla basilica infatti siamo nate, e per duecento anni ci siamo nutrite della spiritualità di tale sacro luogo. Qui le nostre origini: luogo della memoria e sorgente viva del nostro carisma. Di questa città portiamo il nome, che diffondiamo nel mondo. Qui ci incontriamo, provenienti da varie culture e da vari Paesi, per rafforzarci nello spirito e crescere nella “fraternità universale” voluta da san Francesco. Svolgiamo tale missione in collaborazione con i frati minori Conventuali sia in Assisi, in particolare nella basilica di San Francesco e per la pastorale con i giovani, sia nel resto del mondo. In seno alla Chiesa universale, ci sentiamo espressione della Chiesa di Assisi. In essa siamo state generate come congregazione, e in essa continuiamo a offrire il nostro servizio. Nelle parrocchie, nelle comunità Maria – Famiglie del Vangelo, al Sinodo diocesano e all’Oratorio dei pellegrini, mediante l’adorazione eucaristica quotidiana, offriamo la nostra preghiera e un luogo di ristoro spirituale per quanti ogni giorno transitano per le vie della città. Ad Assisi abbiamo anche il Segretariato per le missioni, che collabora con la Caritas diocesana. Diamo infine accoglienza ai pellegrini in foresteria.

Nella nostra casa di preghiera “Eremo della Trinità”, nella campagna di Assisi, offriamo accoglienza per esercizi e ritiri spirituali. E per ricordarci sempre le nostre radici, ad Assisi abbiamo la nostra casa madre e la Curia generale, dove vivono numerose religiose provenienti dai vari Continenti. Da sette anni, superiora generale dell’istituto è madre Juliana Malama, proveniente dallo Zambia (Africa).

]]>
Santa Chiara d’Assisi e le Clarisse https://www.lavoce.it/santa-chiara-dassisi-e-le-clarisse/ Tue, 20 Jan 2015 17:31:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29859 100_0175-(3)-(4)Nel vasto campo della vita religiosa, la figura di santa Chiara, la “pianticella” di san Francesco, e di noi, sue figlie e sorelle, che nei secoli fino a oggi continuiamo a vivere in questa terra umbra, si colloca a prima vista come un piccolo frammento. Piccolo frammento del francescanesimo, piccolo frammento nell’avventura cristiana. Un “piccolo frammento” che in Umbria è comunque piuttosto consistente. Capillare, in tutta la regione, la distribuzione dei 25 monasteri di Clarisse, presenti in tutte le otto diocesi del territorio. Su un totale di 47 monasteri di clausura (Benedettine, Agostiniane, Domenicane, ecc.), i monasteri delle Clarisse sono po’ più della metà, con una presenza di circa 339 claustrali.

Santa Chiara non ha mai pensato di essere una donna speciale, grande, gigante; anzi, tutto il cammino della sua vita è stato non un’ascesa ma un paziente “discendere”, il ritorno a una gratitudine originale, la gratitudine del figlio che benedice il Padre: “‘Va’ secura in pace, però che averai bona scorta: però che Quello che te creò, innanti te santificò; e poi che te creò, mise in te lo Spirito santo e sempre te ha guardata come la madre lo suo figliolo lo quale ama’. Et aggiunse: ‘Tu, Signore, sii benedetto, lo quale me hai creata’” (Proc. 3,20). Un frammento; eppure è entusiasmante guardare questo piccolo frammento sbocciato nel povero monastero di San Damiano alla periferia di Assisi. San Damiano dice molto della vita delle Clarisse: è una chiesetta riparata da Francesco, sono mura di clausura, di silenzio e di povertà.

Icona di “Santa Chiara e delle prime sante dell’ordine”
Icona di “Santa Chiara e delle prime sante dell’ordine”

Eppure, appena guardiamo un po’ più in profondità, vediamo non un luogo di solitudine bensì quello di una nuova “reclusione fraterna”, dove a essere riparato è il vero Corpo della Chiesa, il cuore di una donna, di un gruppo di donne: il cuore umano, nelle sue divisioni e separazioni, qui è giunto a una luce mirabile di unità e di pace. Queste mura parlano, in definitiva e nel punto più centrale e intimo, di un volto, di una persona: è Gesù, incarnato, povero, crocifisso, risorto. Parlano di quel Volto che Francesco comprese in un attimo, in uno sguardo, in una parola, e che Chiara e le sorelle ebbero bisogno di guardare “attentamente”, come uno specchio, per tutta la loro vita. E in Lui compresero se stesse e tutto ciò che accadeva nel loro cammino: “Guarda ogni giorno questo specchio, o regina e sposa di Gesù Cristo, e in esso scruta continuamente il tuo volto” (4 L Ag, 15). Nei secoli, in quasi tutte le città dell’Umbria è nato un monastero, o più monasteri, di “sorelle povere di santa Chiara”. Ancora oggi, come le sentinelle che per vedere bene l’orizzonte si pongono distanti dalla città e dal popolo che difendono, viviamo in luoghi di silenzio, qualche volta un po’ fuori delle nostre città. Ma per essere sempre vicine – perché amiamo la nostra gente, e perché anche noi non bastiamo a noi stesse -, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, in molti modi. È questa la testimonianza che le sorelle nel processo di canonizzazione rendono su Chiara: “Essendo un’altra volta detto da alcuno alla preditta madonna Chiara che la città de Assisi doveva essere tradita, essa madonna chiamò le sore sue e disse a loro: ‘Molti beni avemo recevuti da questa città, et imperò dovemo pregare Dio che esso la guardi!’” (Proc. 9,3).

I monasteri sono una presenza non immediatamente visibile né rumorosa, come un segno che rimanda a un’altra realtà. Siamo nel mondo, e ne condividiamo tutte le bellezze e tutti i drammi, perché sono i drammi che noi stesse portiamo nel cuore e dobbiamo affrontare. Siamo nel mondo ma apparteniamo a Dio, e siamo un piccolo segno di Lui: anche Lui non grida né si impone con la sua luce e la sua forza, eppure misteriosamente è presente nella vita degli uomini, custodisce nell’amore il loro cammino e il loro destino. In questo Anno della vita consacrata, la nostra preghiera sarà più intensa secondo questa intenzione, senza smettere di pregare per la Chiesa universale e per le Chiese che sono nella nostra amata terra umbra.

]]>
Pellegrini alla tomba di Francesco https://www.lavoce.it/pellegrini-alla-tomba-di-francesco/ Fri, 16 Jan 2015 12:22:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29813 gambetti-mauro“Va’, Francesco, ripara la mia casa!”. Fu questa la missione che Dio affidò otto secoli fa a Francesco di Assisi. Missione che il Santo continua oggi anche attraverso la sua basilica e la comunità dei frati minori Conventuali che la custodiscono ab immemorabili.Fra i santi cui l’Umbria ha dato i natali, il più noto è certamente Francesco. La sua tomba è fra le mete di pellegrinaggio più frequentate dalla cristianità. A essa giungono anche pellegrini di altre religioni, e spesso persone prive di riferimenti religiosi.

In Francesco molti riconoscono un “fratello”, il “fratello universale”, uomo di ideali alti, uomo della pace. I milioni di pellegrini che, provenienti dal mondo, annualmente si recano ad Assisi sono infatti quasi sempre alla ricerca di ispirazione e di ideali atti a guidare la loro vita o a promuovere una convivenza pacifica tra gli uomini. La tomba di san Francesco è luogo che parla al cuore della gente. La stessa missione viene svolta anche dalla maestosa basilica, ricca di storia e di arte, edificata due anni dopo la sua morte (1226), voluta dalla Chiesa quale segno di riconoscenza al Santo per l’opera che aveva compiuto: “riparare” la Chiesa di Cristo. “Va’, Francesco – furono le parole del Crocifisso a San Damiano -, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina!”. Parole che diedero origine a un nuovo e originale carisma che si poneva anzitutto a servizio della Chiesa, ma che poi si sarebbe esteso a servire l’intera umanità. Questo luogo santo, cuore pulsante del francescanesimo, fu voluto da Papa Gregorio IX che lo definì specialis ecclesia e volle che fosse considerato in perpetuo caput et mater dell’Ordine francescano (Is qui Ecclesiam, 22 aprile 1230). La basilica inoltre, nel XVIII secolo, fu insignita da Benedetto XIV del titolo di “basilica patriarcale e cappella papale” (Fidelis Dominus, 25 marzo 1754). La comunità religiosa è detta Sacro Convento: una comunità piuttosto eterogenea – attualmente composta da circa 60 frati che provengono da tutto l’Ordine, originari di una ventina di nazioni –, che al suo interno ospita anche i giovani novizi italiani per l’anno della prova. I frati sono in Assisi per accogliere e porsi a servizio dei pellegrini che giungono dal mondo. Un servizio pastorale ed ecclesiale che rende il pellegrinaggio alla tomba del Santo un proficuo incontro con Dio. Un servizio che viene offerto in piena comunione con la Chiesa locale e in sinergia con gli altri santuari francescani disseminati sul territorio. Alla comunità del Sacro Convento sono unite anche le comunità del santuario di Rivotorto, che custodisce il “sacro tugurio”, e la comunità del Franciscanum.

piazza-conventoNon solo nei secoli passati, ma anche al nostro tempo, i Papi si sono affidati spesso a san Francesco o si sono fatti pellegrini alla sua tomba per chiedere grazie e luce per il loro ministero papale. San Giovanni Paolo II ripeteva spesso: “Ho bisogno di Assisi, ho bisogno di san Francesco!”. Vi è giunto infatti per ben 6 volte. Storico l’evento del 1986, anno dedicato dall’Onu alla pace, quando convocò in Assisi capi e rappresentanti delle religioni del mondo, invitando tutti a pregare per la pace. Ma ciò che ci ha interpellati ultimamente è stata la scelta di Papa Bergoglio di assumere, primo Papa nella bimillenaria storia della Chiesa, il nome di Francesco, riconoscendo nel Santo un ispiratore: “Egli è per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato” (15 marzo 2013). La nostra comunità pertanto, in questo Anno della vita consacrata, si sente particolarmente sollecitata a rinnovare l’impegno di servire la Chiesa. Molteplice il contributo che possiamo offrire alle Chiese particolari, specialmente a quelle dell’Umbria, e alla Chiesa universale. Innanzi tutto il quotidiano ministero pastorale, ma anche l’evangelizzazione attraverso l’arte, la cultura, il servizio ai poveri, i mezzi della comunicazione, ecc. Ci conceda il Signore di essere fedeli alla particolare vocazione e missione che qui ci è affidata, vivendo l’accoglienza con tutti e recando a tutti il messaggio evangelico di pace e di fraternità!

]]>
Francesco patrono d’Italia. Le celebrazioni del 4 ottobre ad Assisi https://www.lavoce.it/francesco-patrono-ditalia-le-celebrazioni-del-4-ottobre-ad-assisi/ Fri, 03 Oct 2014 12:18:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28283 Assisi-san-francesco03Sarà il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a partecipare alle celebrazioni in onore di san Francesco d’Assisi che si terranno il 4 ottobre a partire dalle ore 10 ad Assisi. In occasione del 75° anniversario della proclamazione di san Francesco patrono d’Italia, dopo la messa e l’accensione della lampada del Santo è previsto un intervento del premier. Il tutto in diretta su Rai Uno, dalle ore 10 fino alle 12.

È il caso di ricordare che la festa del ‘Poverello’ aveva avuto lo scorso anno la presenza di Papa Francesco, che proprio in questa data aveva compiuto un pellegrinaggio nei luoghi che fanno parte della storia del francescanesimo.

Non è la prima volta che un primo ministro italiano partecipa alla festa del 4 ottobre. Lo scorso anno era presente Enrico Letta, mentre nel passato erano intervenuti Romano Prodi (1998), Giulio Andreotti (1977), Amintore Fanfani (1962). Quest’anno è la Regione Lazio a offrire l’olio per la lampada votiva dei Comuni d’Italia che arde sulla tomba di Francesco. Il gesto, di alto valore simbolico, verrà compiuto dal sindaco di Roma, Ignazio Marino. Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, interverrà dalla loggia, mentre a presiedere la solenne celebrazione nella basilica superiore sarà il card. Agostino Vallini, vicario del Papa per la città di Roma.

Intanto alla Camera dei deputati è stato celebrato il 75° anniversario della proclamazione di san Francesco d’Assisi a patrono d’Italia, presenti Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati, mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, e padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi.

Nella giornata del 3 ottobre, che prevede alle ore 17 la cerimonia del Transito alla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli con le delegazioni dei Comuni del Lazio, è in programma un appuntamento di rilievo, sempre alla Porziuncola, ma alle 11: il conferimento “Rosa d’argento Frate Jacopa 2014 – Donne del nostro tempo testimoni di fede, speranza e carità”. Il premio è promosso dalla Fraternità Francescana dei frati minori della Porziuncola in Assisi, insieme al Comune di Assisi, all’associazione “Lo storico cantiere” di Marino (Roma) e alla Pro loco di Santa Maria degli Angeli. Prende spunto dalla figura di donna Jacopa dei Settesoli che, attraverso l’incontro con san Francesco, cambiò radicalmente la propria vita, divenendo testimone di fede e di carità. Il riconoscimento è andato quest’anno alla signora Margherita Caruso Coletta, moglie del brigadiere dei carabinieri Giuseppe Coletta, morto a Nassiriyah il 12 novembre del 2003, e madre di Paolo, scomparso a soli 6 anni per un male incurabile.

]]>
Francesco e Assisi, incrocio di tante vie e luoghi francescani in Umbria https://www.lavoce.it/francesco-e-assisi-incrocio-di-tante-vie-e-luoghi-francescani-in-umbria/ Fri, 03 Oct 2014 11:45:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28280 Convento-di-Sant'Angelo-in-Pantanelli
Sant’Angelo in Pantanelli

L’attenzione è concentrata su Francesco d’Assisi e la sua città, ma questo può diventare fuorviante perché egli ha avuto un passato, un presente e anche un futuro. Un passato ben testimoniato ad esempio dal ricco patrimonio monastico, con la sua spiritualità, monumenti e cultura, ma anche la sua famiglia di origine rappresentata dal mercante Pietro di Bernardone che fu padre non solo del più famoso Francesco, ma anche di Angelo il quale ebbe a sua volta figli e quindi una discendenza. Un presente rappresentato non solo dal vescovo Guido o da Chiara, ma soprattutto dai fratelli che dal 1208 circa cominciarono a condividerne la vita secondo la forma del santo Vangelo e divennero l’inizio dell’Ordine dei frati minori. Tra essi emergono alcuni come frate Egidio d’Assisi, frate Elia, frate Leone, ma anche Giovanni da Pian del Carpine o Tommaso da Celano. Un futuro che si propagò in diversi rivoli e continua ancora oggi.

Quindi la vicenda di frate Francesco non è solipsistica, e similmente anche la sua città visse e vive in un incrocio di strade di cui Assisi diventa punto di arrivo o di partenza, e a volte più semplicemente di passaggio. Allora non risulta strano che la vicenda francescana sia più ampia del territorio assisano, e che coinvolga in una crescente apertura la Valle spoletana, l’Umbria, l’Appennino umbro-marchigiano e l’intera Penisola italica, giusto per non andare con gli esempi oltre le Alpi o le coste del Mediterraneo.

Posti poco noti

Solo fermandosi all’attuale regione Umbria, molti sono i luoghi che vantano la presenza di ricordi o tradizioni legate a san Francesco, a cui – come detto – vanno aggiunti i posti che conservano testimonianze della presenza francescana lungo i secoli. Enumerarli tutti, o anche solo i più rappresentativi sarebbe lungo; forse la cosa migliore è menzionarne alcuni meno conosciuti, seppur di notevole importanza.

Partendo dal territorio di Norcia, ben rappresentativo dell’eredità monastica benedettina, nella Valnerina si conserva il lebbrosario di San Lazzaro in Valloncello, frequentato da Francesco stesso e luogo privilegiato per ricordare quanto lui stesso nel Testamento, scritto nel 1226 poco prima di morire, definì come il momento del suo cambiamento di vita: “Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo”. Un vero peccato lo stato di abbandono in cui è lasciato, e il richiamo di Papa Francesco alla misericordia sarebbe una bella occasione per fare un restauro almeno della piccola chiesa!

Continuando la strada ecco che si giunge sotto la cascata delle Marmore che non solo ricorda il Cantico di frate sole in cui l’Assisiate canta: “Laudato si’, mi’ Signore, per sor’acqua, la quale è multo utile et humile e preziosa e casta”, ma anche il film Fratello sole, sorella luna con cui Franco Zeffirelli nel 1972 portò sul grande schermo l’inizio della vicenda francescana. Una delle scene più rappresentative, ossia la permanenza di Francesco con i lebbrosi così come l’inizio della vita penitenziale di Chiara, sono ambientate proprio sotto lo scrosciare dell’acqua del Velino che casca nel Nera. Anche questo ormai è traccia del francescanesimo che, dopo essere stato raffigurato da grandi pittori come Giotto, Cimabue e altri ancora, nella modernità ha attirato l’attenzione dell’arte cinematografica che gli ha dedicato ormai oltre una decina di film.

Giunti nella terra di Terni, la memoria va alla predicazione semplice e coinvolgente dell’Assisiate – tesa a sradicare i vizi e annunciare le virtù -, che proprio in questa parte dell’Umbria meridionale affascinò alcuni i quali lo seguirono nella vita evangelica. Una volta giunti alla Porziuncola e inviati in Marocco, testimonieranno la loro affezione a Cristo fino a morire per esso: saranno i primi Frati minori uccisi per la fede, come testimonia il santuario antoniano dei Protomartiri francescani di Terni che ne conserva le reliquie. Ma la loro testimonianza di sangue – che colpì fortemente il canonico agostiniano Fernando da Lisbona, tanto che abbracciò la vita minoritica divenendo Antonio di Padova – fu solo la prima, a cui ne seguirono tante altre tra cui, per rimanere solo in Umbria, san Massimiliano Kolbe ucciso nel Lager di Auschwitz, e che nell’estate del 1918 trascorse alcune settimane ad Amelia. Prima di lui nel luglio del 1900 in Cina furono uccisi il vescovo francescano mons. Antonino Fantosati da Trevi assieme a Maria della Pace, suora Missionaria Francescana di Maria che crebbe a Bolsena, nella diocesi di Orvieto, entrambi canonizzati nel 2000 da Giovanni Paolo II.

Jacopone e Angela

Risalendo da Orte lungo la valle del Tevere, ecco il convento di Sant’Angelo di Pantanelli dove, secondo la tradizione, frate Jacopone da Todi compose diverse laudi tra cui la famosa Stabat Mater. Montegiove è il paese d’origine della beata Angelina dei Conti di Marsciano che, lasciata la sua famiglia, si trasferì a Foligno dove precedentemente non solo Francesco di Pietro di Bernardone avrebbe venduto stoffe e cavallo, ma sant’Angela divenne riferimento per un vero e proprio cenacolo, tanto che la sua esperienza mistica si diffuse ben presto ed esercitò un influsso spirituale incisivo, come nel Brabante.

La vicenda francescana della beata Angelina dei Conti da Marsciano la si coglie nel monastero di Sant’Anna di Foligno in cui, tra l’annessa casa-bottega dell’Alunno e i numerosi dipinti, si può vedere una bella raffigurazione di Maria con la sorella Marta dedita alla cucina, testimonianza di quell’alternanza di vita attiva e contemplativa che caratterizzò l’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi e che fu recuperata dall’Osservanza minoritica che ebbe inizio proprio a Foligno con frate Paoluccio.

I luoghi e le testimonianze francescane di Spello, Assisi, Perugia e Gubbio sono abbastanza conosciute; non altrettanto forse la presenza a Città di Castello di santa Veronica Giuliani, rappresentante non solo della mistica cappuccina, ma anche di quel mondo spirituale tanto particolare quanto ricco che è quello dell’epoca barocca. E pensare che, secondo quanto scrisse più volte lei stessa nel voluminoso Diario, tutto cominciò mentre da piccola coglieva i fiori in giardino e le si presentò Gesù bambino dicendogli che lui era il fiore più bello: da quell’incontro ebbe origine un’affezione per il Signore che l’accompagnerà per tutta la vita.

Molti altri posti si potrebbero aggiungere, ma anche solo questi bastano a testimoniare che l’Umbria è una terra particolare segnata da san Benedetto e altri; da cui frate Francesco attinse, ma anche donò un’autentica testimonianza di vita secondo il Vangelo.

]]>
Celebrato ad Assisi il 75° anniversario della proclamazione del Poverello a patrono d’Italia https://www.lavoce.it/celebrato-ad-assisi-il-75-anniversario-della-proclamazione-del-poverello-a-patrono-ditalia/ Thu, 26 Jun 2014 15:47:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25856 san-francesco-patrono-bnStoria locale e storia nazionale, storia politica e storia religiosa. Questa tessitura, somigliante a un tappeto sapientemente ricamato, è stata distesa e offerta dai relatori – presentati, in qualità di moderatrice, da Anna Mossuto – durante il convegno organizzato dalla diocesi di Assisi-Nocera-Gualdo Tadino in occasione del 75° anniversario della proclamazione di san Francesco a patrono d’Italia. Risale infatti al 18 giugno 1939 il “breve” con il quale Pio XII concesse al Santo di Assisi l’eminente onorificenza, estesa anche a santa Caterina da Siena.

La manifestazione si è svolta presso la sala della Conciliazione, luogo particolarmente adatto, come rimarcato dal sindaco di Assisi Claudio Ricci, in quanto coniugato al desiderio di pacificazione.

“È auspicabile che l’anniversario contribuisca a far maturare i valori più nobili dello spirito”: questo il commento di padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento, che ha dato lettura di una missiva inviata per la circostanza dalla presidente della Camera Laura Boldrini. Francesco e Caterina: “santi dell’accoglienza e della fraternità… figure care a tanti italiani e italiane, credenti o no…”.

Tracciando il quadro storico in cui si è verificata la proclamazione “patronale”, Andrea Riccardi (Comunità di S. Egidio) con la consueta competenza ha ripercorso le interpretazioni date alla figura di san Francesco, recuperata nella sua autenticità, “nonostante approssimazioni”, da Paul Sabatier che lo sottrasse a una cultura puramente ecclesiastica. Riconosciuti i meriti di Arnaldo Fortini che, attraverso vari e validi interlocutori, ampliò la proiezione della figura, proponendo Assisi come luogo francescano per eccellenza, fino a ricevere una delegazione della Società delle nazioni.

Un sobbalzo avrà colto qualcuno dei presenti quando il citato relatore ha ricordato che il “giovane” Benito Mussolini, rivoluzionario e anticlericale, riservava una sua ammirazione al Santo di Assisi. Successivamente la propaganda del regime instaurato dal Duce trasformò il francescanesimo in una espressione culturale a sostegno della espansione coloniale, supportata da un corteggiamento penetrante in settori del mondo cattolico. In cerca di consenso, astutamente e paradossalmente, il Duce si dichiarava “cattolico e anticristiano”: così ha specificato Riccardi, affrontando il tema del lessico francescano nella fase del regime: “Il più italiano dei santi e il più santo degli italiani”, archetipo della patria nonché esempio di obbedienza. La disaffezione cattolica al fascismo si sviluppò dopo le leggi razziali.

Nell’epoca post-fascista, contraddistinta da una svolta e da un netto cambiamento di rotta, ritornò in auge san Francesco poverello, uomo della letizia, della pace, dell’amore.

E oggi? Egli rappresenta un punto di riferimento esistenziale, una presenza con la quale anche chi è lontano dalle spiritualità religiosa, o tale si sente, deve comunque confrontarsi. Continua a camminare nella storia, e in questa si impolvera per risorgere sempre con il suo nitido messaggio profetico.

Stimolante l’intervento di Francesco Santucci che con certificata esperienza ha sondato la documentazione conservata nell’archivio vescovile curato tanti anni fa da don Otello Migliosi.

Con solerte attenzione il relatore ha ricostruito l’iter diplomatico-procedurale sfociato poi nella “proclamazione”, perseguita e preparata con accortezza dal vescovo Giuseppe Placido Nicolini, capace di interpretare l’umore popolare già stimolato dalla ricorrenza del VII centenario della morte del Santo (1926); perspicace nell’intuire l’attenzione del mondo culturale laico e cattolico; sollecito nel recepire l’interesse del contesto politico. Illustrate le fasi del cammino verso l’atto ufficiale di proclamazione – dal documento che mons. Nicolini inviò a tutti i Vescovi italiani alla “petizione” diretta al Pontefice, redatta insieme a padre Ilarino da Milano – ha esposto incomprensioni e divisioni insorte nell’ambito prelatizio tra quanti favorevoli (la maggioranza) a Francesco patrono d’Italia e quanti favorevoli (una significativa minoranza) a Caterina da Siena. Scontata la compattezza entusiastica delle famiglie francescane circa la candidatura del proprio padre spirituale. Non è un caso pertanto se il “breve” promulgato da Pio XII costituì patroni primari d’Italia san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena. Proprio un benedettino, ha rilevato il relatore, si rese protagonista del prestigioso titolo offerto a san Francesco.

All’indomani della emanazione del “breve” il vescovo Nicolini, secondo quanto riportato dallo stesso Santucci, così scriveva: “San Francesco pareva aleggiasse con il suo spirito in tutti i paesi e le città della Patria… la gloria di san Francesco si sarebbe riflessa di conseguenza anche su Assisi”. A conclusione del convegno il vescovo Sorrentino si è premurato di spiegare i motivi che hanno ispirato il 75° anniversario: non una esaltazione celebrativa ma una esigenza di riflessione e di approfondimento storico; un atteggiamento di preghiera coerente al Sinodo diocesano; un “dovere politico” verso la nazione e anzi l’intera umanità ferita da piaghe – come ha evidenziato Papa Francesco durante la sua visita in Assisi, “innestando” registri sconvolgenti nella chiave del Vangelo.

]]>
Bettona, una famiglia di famiglie https://www.lavoce.it/bettona-una-famiglia-di-famiglie/ Fri, 20 Jun 2014 12:11:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25652 Padre Diodato dietro mons. Sorrentino, e le suore
Padre Diodato dietro mons. Sorrentino, e le suore

Dal 1° settembre 2013 il padre francescano Diodato M. Fasano (nato il 7 dicembre 1951 ad Atripalda in provincia di Avellino) ha preso possesso delle due parrocchie di S. Maria Assunta di Bettona e della Madonna del Ponte di Passaggio di Bettona. È giunto pertanto il tempo di un primo bilancio.

Padre Diodato si è licenziato in Teologia con specializzazione in Francescanesimo antico e contemporaneo presso la pontificia facoltà teologica S. Bonaventura – Seraphicum di Roma. Già docente di Dottrina sociale della Chiesa, organizzatore, relatore, animatore, è giornalista pubblicista. Accogliente e cordiale, accetta il colloquio, presente suor Maria Chiara Ventura, “madre e serva” dell’istituto religioso delle Sorelle Povere del Cuore Immacolato di Maria – “Vergine fatta Chiesa”, fondato dallo stesso parroco: una realtà che si va sempre più affermando come prezioso fattore per la vita dell’intera comunità.

 

Comporta disagio gestire due parrocchie?

“Assolutamente no: il discorso delle Unità pastorali che il vescovo Sorrentino sta portando avanti costituisce una grande risorsa nella prospettiva della parrocchia intesa come famiglia di famiglie”.

Sono coinvolti i laici?

“Pienamente, secondo lo spirito del Concilio Vaticano II, che offre una ecclesiologia di comunione e di complementarietà. La frequenza alle celebrazioni liturgiche sarà ottima quando ognuno riscoprirà la bellezza dell’essere cristiano”.

I giovani rispondono alle aspettative?

“Anche loro, ‘primavera della Chiesa’, risentono di una crisi di fede, in verità della crisi di fede della propria famiglia. Con Papa Francesco e il nostro Vescovo, ci stiamo ponendo in una prospettiva di ‘Chiesa in uscita’, protesa ad accogliere le istanze e le attese più profonde del mondo giovanile. Nelle mie due parrocchie, i giovani sono presenti e partecipano a iniziative di fede, come pure di carattere culturale e ricreativo”.

Quale tipo di azione svolgono le Sorelle Povere del Cuore Immacolato che risiedono a Bettona?

“Un’attività dinamica. È sotto gli occhi di tutti il loro grande impegno e la loro ardente dedizione a servizio delle due parrocchie verso bambini, giovani, adulti, anziani, ammalati e famiglie”.

Con altre parrocchie vengono tenuti particolari legami?

“Va precisato che le parrocchie non sono compartimenti stagni. Ogni parrocchia è in comunione vitale con tutte le altre. Poiché crediamo fortemente alla visione di Chiesa come famiglia di famiglie, stiamo costruendo la nostra parrocchia secondo il criterio evangelico delle prime comunità cristiane, che erano un cuor solo e un’anima sola”.

]]>
In tanti vanno da Francesco https://www.lavoce.it/in-tanti-vanno-da-francesco/ Thu, 13 Mar 2014 14:38:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23612 Mikhail Gorbaciov, accompagnato da padre Enzo Fortunato (a sinistra) durante la visita al Sacro Convento di Assisi il 15 marzo del 2008
Mikhail Gorbaciov, accompagnato da padre Enzo Fortunato (a sinistra) durante la visita al Sacro Convento di Assisi il 15 marzo del 2008

Un libro “fortunato” come l’autore, e perfino dovuto, che risponde all’esigenza non solo e non tanto di fare informazione seria e documentata, ma di rendere testimonianza di quella singolare grazia del luogo e della persona che risponde alla tomba di san Francesco d’Assisi.

Parliamo del libro di Enzo Fortunato, frate minore conventuale, portavoce e direttore dell’ufficio stampa del Sacro Convento. La più ampia ed evidente testimonianza è data dalle folle che ininterrottamente affluiscono ad Assisi.

Tra le tante tracce della presenza di Francesco e le innumerevoli sensazioni di bellezza e sacralità, i pellegrini percepiscono alla fine che il cuore di tutto sta proprio lì, in quella roccia che racchiude i poveri resti mortali del più povero tra i servi dell’ “onnipotente bon Signore”. Ed è proprio lì che si svelano i segreti dei cuori anche dei ricchi, famosi e potenti personaggi raccontati in questo libro. Lì si scoprono più veri e sinceri anche a se stessi, e forse alcuni per la prima volta. Basta leggere qualcuna delle testimonianze riportate per rendersi conto della forza emotiva ed evocativa che i luoghi di Francesco rescono a produrre.

Nella narrazione delle persone, delle visite e dei dialoghi, degli incontri di fraternità e convivialità si intrecciano riflessioni ricordi tratti dalle Fonti francescane, progetti di vita e di impegno umanitario, e soprattutto costante e insistito è il tema della pace. Il volume pertanto è una piccola summa di francescanesimo vissuto, percepito nell’atmosfera della attualità culturale e anche politica, con un segno di apertura a tutto campo sulla dimensione del cuore umano e delle sue profonde risonanze spirituali.

Il titolo del libro, Vado da Francesco, sta a indicare il desiderio diffuso, si potrebbe dire universale, di recarsi là dove quell’uomo è nato, è vissuto ed è morto, e dove è custodito, oltre al suo corpo, anche il suo spirito, lo “spirito di Assisi”, che Giovanni Paolo II ha voluto che si esprimesse e si diffondesse nel mondo. Il sottotitolo “Uomini e donne, poveri e potenti, pellegrini al Sacro Convento di Assisi” sta a indicare un luogo preciso e una specifica cura non solo del grandioso complesso sorto sul colle del Paradiso ma di ciò che esso rappresenta, oggi più che mai, per l’intera umanità.

Il libro si può dire aperto e chiuso dalla visita di due Pontefici quali Giovanni XXIII (4 ottobre 1962) e Francesco (4 ottobre 2013), ma le visite riportate sono di uomini e donne di ogni fede religiosa e senza fede, uniti solo dalla comune attrazione verso il Santo di Assisi. Si potrebbe dire con Dante, citato per la visita di Gorbaciov (p. 20): “… la gente poverella crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe” (Parad. 11, 94 ss).

La presentazione con la scrittrice e il Cardinale

Il libro Vado da Francesco di Enzo Fortunato (Mondadori) viene presentato sabato 15 marzo, alle ore 18, al Sacro Convento di Assisi. Saluti di mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino. Introduce padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi. Ne parleranno con l’autore Susanna Tamaro e il card. Gualtiero Bassetti. Testimonianza di Carmine Forino. Evento organizzato in collaborazione con l’associazione Oicos.

]]>
La porpora a Bassetti esalta l’Umbria francescana https://www.lavoce.it/la-porpora-a-bassetti-esalta-lumbria-francescana/ Thu, 16 Jan 2014 15:17:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21598 Cardinale-Bassetti-1A sorpresa l’arcivescovo di Perugia Città della Pieve, mons. Gualtiero Bassetti, è stato elevato alla dignità cardinalizia e riceverà l’investitura il prossimo 22 febbraio nel corso del Concistoro dei cardinali. Anche se la notizia circolava da qualche giorno, all’annuncio fatto dal Papa all’Angelus di domenica 12 gennaio vi è stato un sobbalzo di gioia e di stupore. Lo stesso Bassetti, impegnato in una parrocchia a contatto con tantissimi giovani e le loro famiglie, ha dovuto superare la propria incredulità e ha espresso gratitudine al Papa per la fiducia che con questo straordinario gesto gli ha manifestato. Ha chiarito successivamente, in un familiare incontro con la stampa, il suo stato d’animo affidandosi ad un ricordo: quando il card. Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze, uomo molto umile, fu nominato cardinale, disse che la porpora “per avvicinarsi a Dio non serve, però avvicina al Papa”. “Ora – ha commentato Bassetti – se questo gesto del Santo Padre mi avvicina di più a lui per aiutarlo in questo rinnovamento pastorale che egli vuole imprimere a tutta la Chiesa, io l’accetto volentieri nonostante che riconosca la pochezza della mia persona”. Alla sorpresa ha avuto seguito la ricerca delle ragioni di questa scelta. Lo stesso Bassetti ha voluto legare questa sua elevazione al massimo grado di dignità ecclesiastica alla vicinanza e sintonia di Papa Francesco con la spiritualità francescana e quanto questa arricchisca la Chiesa intera. L’Umbra terra di tanti santi a cominciare da Benedetto e Francesco, Chiara, Rita e Angela da Foligno è stata posta al centro dell’attenzione, quasi regione-simbolo della spiritualità e santità dell’Italia. Ma oltre a ciò, a riflettere bene, in questa scelta brilla la libertà di spirito di Bergoglio, che non si lascia irretire da schemi prefissati e non teme di percorrere strade diverse da quelle segnate nel passato, puntando gli occhi direttamente sulle persone, valutate per quello che rappresentano, per le loro scelte di vita. Risuonano alla mente le parole del Papa a proposito dei Pastori che non devono essere dei funzionari, ma appunto dei pastori che hanno “l’odore delle pecore”. Ebbene, Bassetti è uno di questi, certamente non l’unico, ma uno che ha fatto emergere quest’aspetto nelle sedi in cui ha svolto il suo ministero. Si può aggiungere che l’Arcivescovo di Perugia ha fatto proprio fin da subito l’impegno esplicito e convinto di seguire il cammino di Francesco vescovo di Roma nella sua proposta di una “conversione pastorale” da attuare per tutta la Chiesa. Su tale argomento Bassetti ha più volte parlato al suo clero e ha promesso una lettera pastorale. La porpora cardinalizia a un vescovo di una piccola regione ecclesiastica può anche significare il desiderio di Francesco di far giungere la sua azione pastorale rinnovatrice nelle realtà anche piccole e in quelle periferie che troppo spesso sono trascurate o non valutate appieno. Non si deve neppure dimenticare che Bassetti, da quando era rettore del Seminario di Firenze, ha svolto il ruolo di visitatore apostolico dei seminari d’Italia e, da vescovo, è divenuto ed è tuttora membro della Pontificia commissione per l’unione dei cristiani, e recentemente è stato nominato membro della Congregazione vaticana per la nomina dei vescovi. In questi ambiti ha reso un servizio alla Chiesa italiana e universale con diligenza e generosità, aggiungendo alla fatica pastorale propria dell’episcopato territoriale fatiche non indifferenti. È stato fatto un paragone con un personaggio lontano nella storia, ma vicino e attuale nelle scelte che fece nella seconda metà dell’Ottocento, Gioacchino Pecci, poi Leone XIII (1878-1903) che fu vescovo per 33 anni di Perugia ed ebbe la porpora cardinalizia dal 1853. Qui maturò la sua sensibilità verso il mondo operaio, nel contatto con la gente semplice della diocesi, formulando quei principi di etica sociale cristiana contenuti nell’enciclica Rerum novarum (1891) che sta all’origine della dottrina sociale cristiana. In Umbria e in tutta l’Italia francescana c’è corale soddisfazione, senza eccezioni, per questa nomina, che richiede anche un impegno maggiore da parte di tutti nel solco dell’insegnamento di Francesco.

I vescovi umbri: “Vivissime congratulazioni”

“I Vescovi dell’Umbria si rallegrano per l’elevazione alla dignità cardinalizia dell’Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve mons. Gualtiero Bassetti e ringraziano il Santo Padre per questo segno di benevolenza e di apprezzamento nei confronti del Presidente della loro conferenza episcopale. Esprimono nel contempo vivissime congratulazioni al novello Cardinale, del quale hanno potuto esperimentare la ricca umanità, la fraterna compagnia, la sapienza e la passione pastorale, la lunga e generosa dedizione al popolo di Dio. La presenza di un Cardinale nella nostra regione rafforza i legami delle nostre Chiese diocesane con la Sede del Vescovo di Roma, che presiede nella carità, ed impegna tutti noi a rinnovare il proposito di testimonianza cristiana e di attenzione e servizio agli uomini e alle donne del nostro tempo”.

]]>