Firenze Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/firenze/ Settimanale di informazione regionale Mon, 01 Jul 2024 08:38:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Firenze Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/firenze/ 32 32 Museo della Memoria. Da Assisi a Firenze sui passi di Gino Bartali https://www.lavoce.it/museo-della-memoria-da-assisi-a-firenze-sui-passi-di-gino-bartali/ https://www.lavoce.it/museo-della-memoria-da-assisi-a-firenze-sui-passi-di-gino-bartali/#respond Wed, 26 Jun 2024 08:25:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76821 Foto di gruppo dei ciclisti davanti all'ingresso del vescovado dove si trova il museo della memeoria di Assisi

Grande emozione martedì 25 giugno mattina al Museo della Memoria, Assisi 1943-1944, quando un gruppo di 45 ciclisti della Bartali – Youth Association in Movement, provenienti da 8 paesi diversi (Stati Uniti, Canada, Australia, Germania, Italia, Brasile, Argentina e Israele) è partito in direzione Firenze.

Un pellegrinaggio di pace, amore e speranza

La missione di questo pellegrinaggio, tra Assisi e il capoluogo toscano, è unire le persone attraverso la passione del ciclismo, portando un messaggio di pace, amore e speranza, ispirandosi all'esempio di Gino Bartali, ricordato all'interno del Museo e arrivando a Firenze, proprio a pochi giorni della grande partenza del Tour de France.

Tra i partecipanti alcuni giovani del kibbutz Nachal Oz scampati al massacro del 7 ottobre

I ciclisti, 32 adulti e 13 ragazzi - tra cui 5 giovani tra i 13 e i 17 anni che arrivano dal Kibbutz Nachal Oz, sopravvissuti al massacro del 7 ottobre - percorreranno il tragitto compiuto tante volte da Gino Bartali per trasportare i documenti falsi per salvare gli ebrei. Prima della partenza, accolti e accompagnati dalla ideatrice e curatrice, Marina Rosati, hanno visitato l'esposizione e donato una bicicletta, carrozzata Bartali, al Museo.

Le parole del fondatore dell'associazione Ran Margaliot e del sindaco Stefania Proietti

Ran Margaliot, il fondatore dell'associazione, ha sottolineato come lo sport e questo viaggio in particolare, per i giovani scampati all'attacco terroristico di ottobre, sia un modo per elaborare quanto è accaduto. “Assisi è stata, è e sarà sempre la vostra casa”, il saluto del sindaco Stefania Proietti. “Portate con voi questo messaggio di pace e solidarietà e fratellanza e aiutateci a far diventare sempre più Assisi una città di pace e la città di tutti. Partite da qui portando nel cuore lo spirito di Assisi”.

Il saluto del vicario don jean Claude Hazoumé

A portare il saluto del vescovo monsignor Domenico Sorrentino è stato il vicario generale della diocesi don Jean Claude Hazoumé, che ha ricordato come “Bartali si sia messo al servizio di un bene superiore. Anche voi seguite questi esempi: auguri e buon cammino a tutti”.

Gioia Bartali: Assisi è la mia seconda casa, qui sento vicino mio nonno

Presente anche la nipote di Gino, Gioia Bartali che ha sottolineato che "non c’è un posto come Assisi in cui io senta mio nonno: è la mia seconda casa e qui lo sento vicino. Ogni volta che vi rivedo per me è una grande gioia, a voi mi legano tanti ricordi. In questi anni in cui partecipato a incontri pubblici o a iniziative nelle scuole mi sono resa conto di quanto sia amato mio nonno, innanzitutto come sportivo ma poi, venendo a conoscenza di quello che ha fatto, aumenta l'affetto per l'uomo". Bartali Youth in Movement è una fondazione no-profit fondata dall'ex ciclista israeliano Ran Margaliot. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="76844,76840,76839,76838,76837,76836,76835,76834"]]]>
Foto di gruppo dei ciclisti davanti all'ingresso del vescovado dove si trova il museo della memeoria di Assisi

Grande emozione martedì 25 giugno mattina al Museo della Memoria, Assisi 1943-1944, quando un gruppo di 45 ciclisti della Bartali – Youth Association in Movement, provenienti da 8 paesi diversi (Stati Uniti, Canada, Australia, Germania, Italia, Brasile, Argentina e Israele) è partito in direzione Firenze.

Un pellegrinaggio di pace, amore e speranza

La missione di questo pellegrinaggio, tra Assisi e il capoluogo toscano, è unire le persone attraverso la passione del ciclismo, portando un messaggio di pace, amore e speranza, ispirandosi all'esempio di Gino Bartali, ricordato all'interno del Museo e arrivando a Firenze, proprio a pochi giorni della grande partenza del Tour de France.

Tra i partecipanti alcuni giovani del kibbutz Nachal Oz scampati al massacro del 7 ottobre

I ciclisti, 32 adulti e 13 ragazzi - tra cui 5 giovani tra i 13 e i 17 anni che arrivano dal Kibbutz Nachal Oz, sopravvissuti al massacro del 7 ottobre - percorreranno il tragitto compiuto tante volte da Gino Bartali per trasportare i documenti falsi per salvare gli ebrei. Prima della partenza, accolti e accompagnati dalla ideatrice e curatrice, Marina Rosati, hanno visitato l'esposizione e donato una bicicletta, carrozzata Bartali, al Museo.

Le parole del fondatore dell'associazione Ran Margaliot e del sindaco Stefania Proietti

Ran Margaliot, il fondatore dell'associazione, ha sottolineato come lo sport e questo viaggio in particolare, per i giovani scampati all'attacco terroristico di ottobre, sia un modo per elaborare quanto è accaduto. “Assisi è stata, è e sarà sempre la vostra casa”, il saluto del sindaco Stefania Proietti. “Portate con voi questo messaggio di pace e solidarietà e fratellanza e aiutateci a far diventare sempre più Assisi una città di pace e la città di tutti. Partite da qui portando nel cuore lo spirito di Assisi”.

Il saluto del vicario don jean Claude Hazoumé

A portare il saluto del vescovo monsignor Domenico Sorrentino è stato il vicario generale della diocesi don Jean Claude Hazoumé, che ha ricordato come “Bartali si sia messo al servizio di un bene superiore. Anche voi seguite questi esempi: auguri e buon cammino a tutti”.

Gioia Bartali: Assisi è la mia seconda casa, qui sento vicino mio nonno

Presente anche la nipote di Gino, Gioia Bartali che ha sottolineato che "non c’è un posto come Assisi in cui io senta mio nonno: è la mia seconda casa e qui lo sento vicino. Ogni volta che vi rivedo per me è una grande gioia, a voi mi legano tanti ricordi. In questi anni in cui partecipato a incontri pubblici o a iniziative nelle scuole mi sono resa conto di quanto sia amato mio nonno, innanzitutto come sportivo ma poi, venendo a conoscenza di quello che ha fatto, aumenta l'affetto per l'uomo". Bartali Youth in Movement è una fondazione no-profit fondata dall'ex ciclista israeliano Ran Margaliot. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="76844,76840,76839,76838,76837,76836,76835,76834"]]]>
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Card. Bassetti, auguri al Papa per una pronta guarigione https://www.lavoce.it/card-bassetti-auguri-papa-pronta-guarigione/ Sun, 27 Feb 2022 10:25:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65219

Il Papa “non è qui con noi per un forte dolore al ginocchio che Lo costringe a ridurre al minimo le sue attività”: “lo ricordiamo con affetto e gli assicuriamo la nostra vicinanza e il nostro sostegno”. Lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nel suo intervento a conclusione dell’incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo, svoltosi in questi giorni a Firenze due anni dopo l’analogo incontro promosso dalla Cei a Bari. Bassetti ha citato il “messaggio di pace” di Papa Francesco: “Ogni guerra lascia il nostro mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”. “Grazie, Beatissimo Padre, le auguriamo una pronta guarigione”, le parole del presidente della Cei, che ha espresso la sua “sincera e commossa gratitudine per l’impegno profuso e la passione autentica” con cui il sindaco di Firenze, Dario Nardella, “si è speso per la riuscita di questa iniziativa”. “Sento la responsabilità di aver coinvolto e condiviso questo progetto con il pastore della Chiesa di Firenze, il caro cardinale Giuseppe Betori, che ci ha accolti con calore e premura”, l’omaggio del cardinale: “Tuttavia, sento ancora più responsabilità, perché il Santo Padre mi ha affidato il compito di concludere quest’assemblea congiunta”. M. N.
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Il Papa “non è qui con noi per un forte dolore al ginocchio che Lo costringe a ridurre al minimo le sue attività”: “lo ricordiamo con affetto e gli assicuriamo la nostra vicinanza e il nostro sostegno”. Lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nel suo intervento a conclusione dell’incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo, svoltosi in questi giorni a Firenze due anni dopo l’analogo incontro promosso dalla Cei a Bari. Bassetti ha citato il “messaggio di pace” di Papa Francesco: “Ogni guerra lascia il nostro mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”. “Grazie, Beatissimo Padre, le auguriamo una pronta guarigione”, le parole del presidente della Cei, che ha espresso la sua “sincera e commossa gratitudine per l’impegno profuso e la passione autentica” con cui il sindaco di Firenze, Dario Nardella, “si è speso per la riuscita di questa iniziativa”. “Sento la responsabilità di aver coinvolto e condiviso questo progetto con il pastore della Chiesa di Firenze, il caro cardinale Giuseppe Betori, che ci ha accolti con calore e premura”, l’omaggio del cardinale: “Tuttavia, sento ancora più responsabilità, perché il Santo Padre mi ha affidato il compito di concludere quest’assemblea congiunta”. M. N.
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Firenze. L’incontro con il Papa è stato un bell’inizio https://www.lavoce.it/lincontro-con-il-papa-e-stato-un-bellinizio/ Sat, 21 Nov 2015 17:24:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44472 firenze

"Forse è stato il convegno più bello della Chiesa italiana”. Il cardinale Gualtiero Bassetti, fiorentino d’adozione, certamente ha vissuto come un tornare a casa i giorni del Convegno ecclesiale di Firenze, ma non è solo questo a muovere le sue parole. Anche lui ha partecipato ai “tavoli” delle cinque vie, con sacerdoti, laici e religiosi. “Li avevano fatti bene quei ‘tavoli’ - dice Bassetti - c’era uno scambio alla pari, diciamo così, da fratelli nella fede, ed è stato molto bello! I vescovi cominciano ad abituarsi a non essere sempre i primi della classe in tutto. Certo, hanno il loro ruolo, ma lo hanno anche gli sposi, i religiosi …”. Cosa l’ha colpita di questi giorni di Firenze? “Direi il clima bello del Convegno, c’era un clima dove il Papa era riuscito a creare. Ho parlato con tanti vescovi e tanta gente trovando questa unanimità nel dire questo è un momento bello di Chiesa, cioè forse questo è stato uno dei Convegni migliori, perché pur nelle diversità, che grazie a Dio sono ricchezza, si respirava questa unanimità alla quale sicuramente ha contribuito al Papa”. Papa Francesco è venuto all’inizio del convegno. È stata una novità… “Lui ha scelto di venire all’inizio. Ha detto o vengo all’inizio o non vengo. In un certo senso l’ha fatto lui il Convegno e io ho respirato questo clima bello. Pareva quasi d’essere fuori un po’ dai nostri problemi, dalle nostre beghe quotidiane…”. Nel discorso fatto ai delegati del convegno, nel duomo di Firenze, Papa Francesco ha detto “io non sono venuto per dirvi cosa dovete fare”. “Questa sottolineatura il Papa la fa continuamente. La prima volta che s’è presentato alla Cei ha detto ‘io vi dico quali sono i vostri compiti, ma poi siete voi che li dovete fare, delle questioni della nazione non si interessa la Segreteria di Stato ma vi interessate voi, valorizzate la collegialità soprattutto a livello regionale e ci son troppe diocesi’. Disse questo. Non ha detto altro alla Chiesa italiana come consegna iniziale, però dopo che aveva parlato mezz’ora... perché il Papa parte sempre dalla sostanza. Nel discorso in Duomo ha parlato di Cristo, del volto di Cristo, della misericordia e le beatitudini”. In questo suo modo di rapportarsi anche coni vescovi influisce il suo essere un gesuita? “Il Papa in definitiva rispetta il suo ruolo di direttore spirituale. I gesuiti sono formati per confessare e per essere direttori spirituali, per fare discernimento. E il discernimento è proprio nella struttura della sua impostazione, che non è un discernimento sociologico, ma è evangelico perché parte dalla Parola di Dio. Ti fa fare l’esame di coscienza. Anche alla Chiesa italiana!”. Se le chiedessero di dire di cosa si è occupato questo convegno ecclesiale da dove inizierebbe? “Il Convegno di Firenze si è basato sui cinque punti che il Papa ci ha proposto nella sua Lettera apostolica Evangelii Gaudium, e il discorso del Papa direi che pur esaminando il contenuto, appunto di questi punti, li ha ribaltati perché è partito dal ‘Trasfigurare’, che nell’ordine del Convegno è l’ultimo”. Ad un certo punto del discorso ha guardato in alto e indicato il Cristo Giudice dipinto nella cupola del duomo per far notare che ha un volto pieno di misericordia e la spada è appoggiata da una parte. Ha parlato di umiltà, di beatitudini e di servizio ed anche se non ha citato l’immagine della Chiesa a ‘piramide rovesciata’ l’ha spiegata punto per punto, ricordando che la nostra autorità è quella di Cristo, e chi ha autorità nella Chiesa la esercita secondo il mandato di Cristo, quello del lavare i piedi e mettersi all’ultimo posto per servire”. Ha sorpreso un po’ tutti quando parlando dei preti ha citato Guareschi… “Parlando del modello del prete ha citato don Camillo che sta in mezzo alla gente, il prete che cura la pecora ferita, le difende. Ha parlato poi della Chiesa ospedale da campo e ha colpito molto anche quell’immagine bella della Chiesa come una mamma che genera i figli, li allatta, li nutre, e non li dimentica mai e non dispera di poterli un giorno ritrovare. Papa Francesco ci ha ricordato che la vita cristiana è un accompagnamento, chi ha autorità è chiamato ad accompagnare”. A Firenze ci si è confrontati sul “nuovo umanesimo” in Cristo. Un tema apparentemente lontano dalla vita di ogni giorno, ma in realtà non lo è… “Mi hanno detto ‘lei che è un vescovo e sta con la gente, ci faccia un esempio di come applicare il Vangelo alla vita’. Mi sono venuti, così all’impronta, quattro episodi del Vangelo. Gesù che dice a Zaccheo “scendi in fretta che ho bisogno di parlarti, e voglio venire a casa tua”, e quindi l’ambito della casa, della famiglia, dei rapporti... Poi l’incontro di Gesù con la samaritana. Nel racconto c’è un pozzo, c’è una donna, c’è mezz’ora d’un colloquio e Dio attendeva quella donna dall’eternità. Era necessario quel pozzo luogo umile della vita di tutti i giorni. Poi, ancora, il racconto di Gesù, risorto, che si unisce ai discepoli, che non lo riconoscono, sulla strada verso Emmaus. Ecco l’evangelizzazione della strada, di Dio che ci cammina accanto”. Cosa dicono alla Chiesa di oggi questi episodi narrati nei vangeli? “Che Gesù parte sempre dal concreto, dalla vita. Come anche quando, risorto, va sulla spiaggia mentre Pietro e gli altri erano andati a pescare. L’avevano visto, salutato, era apparso, credevano che era risorto, ma in fondo credevano che fosse finito tutto lì: una bella esperienza, una bella avventura, aveva insegnato delle cose meravigliose, aveva insegnato a credere, però ora … dovevano tornare a lavorare. E Gesù lì appare, non si manifesta con i segni della sua resurrezione, ma come il pellegrino occasionale nella strada di Emmaus. Cosa gli dice? ‘Figlioli, avete qualcosa da mangiare?’. Ma tu pensa: dopo il dramma della passione, dopo la resurrezione, il Cristo glorioso chiede qualcosa da mangiare… Ecco questo è il metodo di Cristo, è il metodo anche del Papa. E quelli gli rispondono quasi a sfida ‘Ma noi abbiamo lavorato tutta la notte, non abbiamo preso nulla’. E lui gli dice ‘andate e gettate le reti’. Lì comincia a nascere qualche cosa dentro, perché quel discorso di andare al largo e di gettare le reti sulla parte destra, l’avevano già sentito. Ed ecco che a quel punto fanno la pesca meravigliosa, gettano la rete. Qualche cosa c’era perché già si fidano, e quel misterioso pescatore arriva... è il Signore. E poi c’è l’incontro con Pietro che l’aveva rinnegato tre volte. Pietro era come noi e si sarà detto ‘ma qui dove ricomincio?’. E poi avrà pensato ‘prima o poi qualcosa mi dice’. Infatti è Gesù che gli parla e gli chiede ‘Pietro mi ami più di costoro?’. Gesù che si inserisce continuamente nei contesti della vita. Ma è bellissimo questo!”.]]>
firenze

"Forse è stato il convegno più bello della Chiesa italiana”. Il cardinale Gualtiero Bassetti, fiorentino d’adozione, certamente ha vissuto come un tornare a casa i giorni del Convegno ecclesiale di Firenze, ma non è solo questo a muovere le sue parole. Anche lui ha partecipato ai “tavoli” delle cinque vie, con sacerdoti, laici e religiosi. “Li avevano fatti bene quei ‘tavoli’ - dice Bassetti - c’era uno scambio alla pari, diciamo così, da fratelli nella fede, ed è stato molto bello! I vescovi cominciano ad abituarsi a non essere sempre i primi della classe in tutto. Certo, hanno il loro ruolo, ma lo hanno anche gli sposi, i religiosi …”. Cosa l’ha colpita di questi giorni di Firenze? “Direi il clima bello del Convegno, c’era un clima dove il Papa era riuscito a creare. Ho parlato con tanti vescovi e tanta gente trovando questa unanimità nel dire questo è un momento bello di Chiesa, cioè forse questo è stato uno dei Convegni migliori, perché pur nelle diversità, che grazie a Dio sono ricchezza, si respirava questa unanimità alla quale sicuramente ha contribuito al Papa”. Papa Francesco è venuto all’inizio del convegno. È stata una novità… “Lui ha scelto di venire all’inizio. Ha detto o vengo all’inizio o non vengo. In un certo senso l’ha fatto lui il Convegno e io ho respirato questo clima bello. Pareva quasi d’essere fuori un po’ dai nostri problemi, dalle nostre beghe quotidiane…”. Nel discorso fatto ai delegati del convegno, nel duomo di Firenze, Papa Francesco ha detto “io non sono venuto per dirvi cosa dovete fare”. “Questa sottolineatura il Papa la fa continuamente. La prima volta che s’è presentato alla Cei ha detto ‘io vi dico quali sono i vostri compiti, ma poi siete voi che li dovete fare, delle questioni della nazione non si interessa la Segreteria di Stato ma vi interessate voi, valorizzate la collegialità soprattutto a livello regionale e ci son troppe diocesi’. Disse questo. Non ha detto altro alla Chiesa italiana come consegna iniziale, però dopo che aveva parlato mezz’ora... perché il Papa parte sempre dalla sostanza. Nel discorso in Duomo ha parlato di Cristo, del volto di Cristo, della misericordia e le beatitudini”. In questo suo modo di rapportarsi anche coni vescovi influisce il suo essere un gesuita? “Il Papa in definitiva rispetta il suo ruolo di direttore spirituale. I gesuiti sono formati per confessare e per essere direttori spirituali, per fare discernimento. E il discernimento è proprio nella struttura della sua impostazione, che non è un discernimento sociologico, ma è evangelico perché parte dalla Parola di Dio. Ti fa fare l’esame di coscienza. Anche alla Chiesa italiana!”. Se le chiedessero di dire di cosa si è occupato questo convegno ecclesiale da dove inizierebbe? “Il Convegno di Firenze si è basato sui cinque punti che il Papa ci ha proposto nella sua Lettera apostolica Evangelii Gaudium, e il discorso del Papa direi che pur esaminando il contenuto, appunto di questi punti, li ha ribaltati perché è partito dal ‘Trasfigurare’, che nell’ordine del Convegno è l’ultimo”. Ad un certo punto del discorso ha guardato in alto e indicato il Cristo Giudice dipinto nella cupola del duomo per far notare che ha un volto pieno di misericordia e la spada è appoggiata da una parte. Ha parlato di umiltà, di beatitudini e di servizio ed anche se non ha citato l’immagine della Chiesa a ‘piramide rovesciata’ l’ha spiegata punto per punto, ricordando che la nostra autorità è quella di Cristo, e chi ha autorità nella Chiesa la esercita secondo il mandato di Cristo, quello del lavare i piedi e mettersi all’ultimo posto per servire”. Ha sorpreso un po’ tutti quando parlando dei preti ha citato Guareschi… “Parlando del modello del prete ha citato don Camillo che sta in mezzo alla gente, il prete che cura la pecora ferita, le difende. Ha parlato poi della Chiesa ospedale da campo e ha colpito molto anche quell’immagine bella della Chiesa come una mamma che genera i figli, li allatta, li nutre, e non li dimentica mai e non dispera di poterli un giorno ritrovare. Papa Francesco ci ha ricordato che la vita cristiana è un accompagnamento, chi ha autorità è chiamato ad accompagnare”. A Firenze ci si è confrontati sul “nuovo umanesimo” in Cristo. Un tema apparentemente lontano dalla vita di ogni giorno, ma in realtà non lo è… “Mi hanno detto ‘lei che è un vescovo e sta con la gente, ci faccia un esempio di come applicare il Vangelo alla vita’. Mi sono venuti, così all’impronta, quattro episodi del Vangelo. Gesù che dice a Zaccheo “scendi in fretta che ho bisogno di parlarti, e voglio venire a casa tua”, e quindi l’ambito della casa, della famiglia, dei rapporti... Poi l’incontro di Gesù con la samaritana. Nel racconto c’è un pozzo, c’è una donna, c’è mezz’ora d’un colloquio e Dio attendeva quella donna dall’eternità. Era necessario quel pozzo luogo umile della vita di tutti i giorni. Poi, ancora, il racconto di Gesù, risorto, che si unisce ai discepoli, che non lo riconoscono, sulla strada verso Emmaus. Ecco l’evangelizzazione della strada, di Dio che ci cammina accanto”. Cosa dicono alla Chiesa di oggi questi episodi narrati nei vangeli? “Che Gesù parte sempre dal concreto, dalla vita. Come anche quando, risorto, va sulla spiaggia mentre Pietro e gli altri erano andati a pescare. L’avevano visto, salutato, era apparso, credevano che era risorto, ma in fondo credevano che fosse finito tutto lì: una bella esperienza, una bella avventura, aveva insegnato delle cose meravigliose, aveva insegnato a credere, però ora … dovevano tornare a lavorare. E Gesù lì appare, non si manifesta con i segni della sua resurrezione, ma come il pellegrino occasionale nella strada di Emmaus. Cosa gli dice? ‘Figlioli, avete qualcosa da mangiare?’. Ma tu pensa: dopo il dramma della passione, dopo la resurrezione, il Cristo glorioso chiede qualcosa da mangiare… Ecco questo è il metodo di Cristo, è il metodo anche del Papa. E quelli gli rispondono quasi a sfida ‘Ma noi abbiamo lavorato tutta la notte, non abbiamo preso nulla’. E lui gli dice ‘andate e gettate le reti’. Lì comincia a nascere qualche cosa dentro, perché quel discorso di andare al largo e di gettare le reti sulla parte destra, l’avevano già sentito. Ed ecco che a quel punto fanno la pesca meravigliosa, gettano la rete. Qualche cosa c’era perché già si fidano, e quel misterioso pescatore arriva... è il Signore. E poi c’è l’incontro con Pietro che l’aveva rinnegato tre volte. Pietro era come noi e si sarà detto ‘ma qui dove ricomincio?’. E poi avrà pensato ‘prima o poi qualcosa mi dice’. Infatti è Gesù che gli parla e gli chiede ‘Pietro mi ami più di costoro?’. Gesù che si inserisce continuamente nei contesti della vita. Ma è bellissimo questo!”.]]>