Festa della donna Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/festa-della-donna/ Settimanale di informazione regionale Sun, 28 Nov 2021 16:20:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Festa della donna Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/festa-della-donna/ 32 32 Otto marzo. Donna, diventa ciò che davvero sei https://www.lavoce.it/otto-marzo-donna-diventa-cio-che-davvero-sei/ Mon, 08 Mar 2021 13:25:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=59439 Festa della donna 2021. Donna con mascherina in udienza dal Papa

“Donna, diventa ciò che sei” non nel senso nichilistico di Nietzsche, ma nella visione di Ireneo di Lione: “Cristiano, diventa ciò che sei”. Perché, come sostiene Paolo Curtaz: Dio si è fatto uomo perché l’uomo impari a essere uomo.

Nei Vangeli, Gesù ci insegna come la relazione uomo/donna, oltre a essere paritaria, è occasione di edificazione e rivelamento della dignità umana.

Le donne nei Vangeli

Numerosi sono gli episodi nei Vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca) in cui Gesù è accanto alle donne. Le donne lo cercano per la guarigione: la donna malata di emorragia uterina ha il coraggio di toccare il Messia sebbene “impura” (Mt 9,18-26); la donna straniera, greca di origini siro-fenicie, quindi pagana, insiste fino a diventare importuna per la guarigione della figlia, e la ottiene (Mt 15,21-28), e quando viene ospitato da Marta e Maria per amicizia, Gesù non esita a correggere Marta, e non per umiliarla, ma per aiutarla a scoprire la parte migliore (Lc 10,38-42). Nel Vangelo troviamo ancora altri episodi che suscitano stupore e indignazione nei religiosi e uomini dell’epoca, e direi anche contemporanei. La samaritana (Gv 4,52) viene incontrata da Gesù al pozzo di Sichem; lui le rivolge la parola, tanto che anche lei si stupisce. Gesù le si rivela, dandole fiducia e provocando il lei il desiderio dell’annuncio. La donna sorpresa in adulterio: Gesù, oltre che salvarle fisicamente la vita, le ridona la dignità dandole “addirittura la Parola”.

“Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: ‘Donna, dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?’. Ed ella rispose: ‘Nessuno, Signore’. Gesù allora le disse: ‘Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più’” (Gv 8,1-11). Gesù con Maria, la madre, si mostra un figlio vicino ma non invischiato. Sulla croce la affida a Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio” e “figlio, ecco tua madre”(Gv 19,26), mostrando con questo gesto l’affetto e la cura verso la madre.

Proprio alle donne discepole è riservata la prima testimonianza della vittoria di Gesù sulla morte: ciò che umanamente è incredibile è un annuncio affidato alle donne, la cui testimonianza era considerata dagli uomini del tempo giuridicamente non valida. Lui si fa incontrare in una relazione che edifica la dignità della donna, le dà fiducia e spazio, la rende libera. Gesù sembra che dica proprio “donna, diventa ciò che sei”, perché ogni essere umano - uomo o donna che sia - ha bisogno di una relazione per l’edificazione vicendevole. Gregory Bateson dice una mente ha bisogno di un’altra mente per crescere e svilupparsi.

La relazione uomo/donna oggi

Ancora oggi è sempre difficile per una donna conciliare lavoro e famiglia, avere voce nella gerarchia ecclesiastica - anche se con il Sinodo dell’America Latina e Papa Francesco si muove qualche cosa all’interno della Chiesa. La dignità della donna stenta a essere ancora oggi rispettata e considerata; eppure noi nasciamo e cresciamo in un universo fatto di uomini e donne che, malgrado tutto, si curano vicendevolmente, gestiscono, nutrono e interagiscono per tutta la vita, riconoscendo che la vita non è la nostra, altrimenti l’esistenza non potrebbe essere. L’esistenza di molti esseri umani in alcuni casi prevalentemente donne: mi riferisco alla violenza intrafamiliare - viene interrotta in modo violento, barbaro, non umano. Ancora oggi ci sono donne che vengono in terapia dicendo: sono l’ultima ruota del carro, mi sento messa da parte in particolare in famiglia, poco considerata nella coppia. Marito, figli e spesso anche la famiglia di origine di lui svaluta, scredita, sminuisce e denigra le proprie madri / mogli / fidanzate in un modo più o meno sottile e pesante.

A farla da padrone sono il narcisimo e l’insicurezza, con scarsa fiducia in se stessi e nelle proprie capacità e nella dignità dell’altro. Esistono ancora dei pregiudizi patogenici che fondano l’identità di alcune persone, cosicché le relazioni d’amore diventano una dipendenza reciproca.

Quando c'è maltrattamento in famiglia

Colgo l’occasione per aiutare a distinguere tra quando siamo in presenza di maltrattamento all’interno della coppia e conflitto di coppia, che, se ben gestito, può portare a un chiarimento e quindi al prosieguo delle relazioni. Se siamo in presenza di maltrattamento ed è attivo il circolo della violenza: intimidazione, isolamento, svalutazione e/o segregazione, violenza fisica e/o sessuale, l’uomo si può rendere conto, chiedere scusa... ma dura poco (fase della luna di miele), con il ricatto sui figli o ricatti morali ricomincia il circuito. Il maltrattamento è caratterizzato da sopraffazione sistematica, assenza di consenso nella vittima, sottomissione. Il maltrattamento è una strategia per ottenere potere e controllo, che si fonda sulla sottomissione sistematica della vittima da parte di chi agisce tramite comportamenti abusivi, rifiuto del punto di vista altrui, forze impari sia fisiche che psicologiche. Quest’ultimo atteggiamento è basato su calunnie e uso perverso della verità per suscitare sensi di colpa (G. Gifoni).

Conflitto di coppia

A differenza del maltrattamento, il conflitto di coppia è caratterizzato da esito alternato (prevalgono i bisogni dell’uno o dell’altro), rispetto, capacità di immedesimazione, forze pari, consenso da parte di entrambi, assenza di paura, orientamento verso un accordo. È importante dire che in presenza di matrattamento non è possibile fare terapia di coppia, ma ciascuno dei due deve seguire un percorso individuale di consapevolezza.

L’aggressore si deve chiedere se è possibile tollerare la perdita senza che questa significhi annullamento della propria identità. L’uomo ha bisogno di aiuto: ci sono Centri per uomini abusanti che, attraverso percorsi di consapevolezza, ridonano dignità e vita anche in chi “crede di essere nel giusto”. Gli uomini hanno bisogno di aiuto, e deve aumentare in loro la capacità di chiederlo; ci sono professionisti - uomini, e anche donne, se ci si fida - che possono veramente aiutarli a uscire dalla spirale della violenza. Così le donne possono rivolgersi a Centri antiviolenza o professionisti preparati nel territorio, che possono aiutarle a salvarsi. Non ci si può salvare da soli o all’interno di una relazione di dipendenza affettiva, quindi patologica.

Nel caso in cui invece siamo di fronte a un conflitto in cui non c’è violenza fisica né psicologica, si può fare la terapia o mediazione di coppia per una comprensione profonda dell’altro e del senso del proprio legame e/o raggiungere accordi per il benessere dei due, dei figli, e una gestione migliore del patrimonio secondo i bisogni di tutti, in particolare i figli. Quando è necessario, si può fare anche una terapia del divorzio; non per tornare insieme, ma per elaborare il dolore e la delusione conseguente. Quando si vogliono capire le origini della violenza, occorre decisamente abbandonare un modello di causalità individuale (G. Bateson, 1989). Cioè, nel caso della violenza, non siamo di fronte a un raptus, ma è un modello interno alimentato da dinamiche disfunzionali che possono portare a comportamenti dirompenti e nefasti. Chiedere aiuto è la parola d’ordine: singolarmente, se si è in presenza del circolo della violenza; o in maltrattamenti in coppia, se sussistono le caratteristiche descritte.

Maria Luisa Tiberini psicologa-psicoterapeuta specialista in terapia familiare

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Festa della donna 2021. Donna con mascherina in udienza dal Papa

“Donna, diventa ciò che sei” non nel senso nichilistico di Nietzsche, ma nella visione di Ireneo di Lione: “Cristiano, diventa ciò che sei”. Perché, come sostiene Paolo Curtaz: Dio si è fatto uomo perché l’uomo impari a essere uomo.

Nei Vangeli, Gesù ci insegna come la relazione uomo/donna, oltre a essere paritaria, è occasione di edificazione e rivelamento della dignità umana.

Le donne nei Vangeli

Numerosi sono gli episodi nei Vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca) in cui Gesù è accanto alle donne. Le donne lo cercano per la guarigione: la donna malata di emorragia uterina ha il coraggio di toccare il Messia sebbene “impura” (Mt 9,18-26); la donna straniera, greca di origini siro-fenicie, quindi pagana, insiste fino a diventare importuna per la guarigione della figlia, e la ottiene (Mt 15,21-28), e quando viene ospitato da Marta e Maria per amicizia, Gesù non esita a correggere Marta, e non per umiliarla, ma per aiutarla a scoprire la parte migliore (Lc 10,38-42). Nel Vangelo troviamo ancora altri episodi che suscitano stupore e indignazione nei religiosi e uomini dell’epoca, e direi anche contemporanei. La samaritana (Gv 4,52) viene incontrata da Gesù al pozzo di Sichem; lui le rivolge la parola, tanto che anche lei si stupisce. Gesù le si rivela, dandole fiducia e provocando il lei il desiderio dell’annuncio. La donna sorpresa in adulterio: Gesù, oltre che salvarle fisicamente la vita, le ridona la dignità dandole “addirittura la Parola”.

“Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: ‘Donna, dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?’. Ed ella rispose: ‘Nessuno, Signore’. Gesù allora le disse: ‘Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più’” (Gv 8,1-11). Gesù con Maria, la madre, si mostra un figlio vicino ma non invischiato. Sulla croce la affida a Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio” e “figlio, ecco tua madre”(Gv 19,26), mostrando con questo gesto l’affetto e la cura verso la madre.

Proprio alle donne discepole è riservata la prima testimonianza della vittoria di Gesù sulla morte: ciò che umanamente è incredibile è un annuncio affidato alle donne, la cui testimonianza era considerata dagli uomini del tempo giuridicamente non valida. Lui si fa incontrare in una relazione che edifica la dignità della donna, le dà fiducia e spazio, la rende libera. Gesù sembra che dica proprio “donna, diventa ciò che sei”, perché ogni essere umano - uomo o donna che sia - ha bisogno di una relazione per l’edificazione vicendevole. Gregory Bateson dice una mente ha bisogno di un’altra mente per crescere e svilupparsi.

La relazione uomo/donna oggi

Ancora oggi è sempre difficile per una donna conciliare lavoro e famiglia, avere voce nella gerarchia ecclesiastica - anche se con il Sinodo dell’America Latina e Papa Francesco si muove qualche cosa all’interno della Chiesa. La dignità della donna stenta a essere ancora oggi rispettata e considerata; eppure noi nasciamo e cresciamo in un universo fatto di uomini e donne che, malgrado tutto, si curano vicendevolmente, gestiscono, nutrono e interagiscono per tutta la vita, riconoscendo che la vita non è la nostra, altrimenti l’esistenza non potrebbe essere. L’esistenza di molti esseri umani in alcuni casi prevalentemente donne: mi riferisco alla violenza intrafamiliare - viene interrotta in modo violento, barbaro, non umano. Ancora oggi ci sono donne che vengono in terapia dicendo: sono l’ultima ruota del carro, mi sento messa da parte in particolare in famiglia, poco considerata nella coppia. Marito, figli e spesso anche la famiglia di origine di lui svaluta, scredita, sminuisce e denigra le proprie madri / mogli / fidanzate in un modo più o meno sottile e pesante.

A farla da padrone sono il narcisimo e l’insicurezza, con scarsa fiducia in se stessi e nelle proprie capacità e nella dignità dell’altro. Esistono ancora dei pregiudizi patogenici che fondano l’identità di alcune persone, cosicché le relazioni d’amore diventano una dipendenza reciproca.

Quando c'è maltrattamento in famiglia

Colgo l’occasione per aiutare a distinguere tra quando siamo in presenza di maltrattamento all’interno della coppia e conflitto di coppia, che, se ben gestito, può portare a un chiarimento e quindi al prosieguo delle relazioni. Se siamo in presenza di maltrattamento ed è attivo il circolo della violenza: intimidazione, isolamento, svalutazione e/o segregazione, violenza fisica e/o sessuale, l’uomo si può rendere conto, chiedere scusa... ma dura poco (fase della luna di miele), con il ricatto sui figli o ricatti morali ricomincia il circuito. Il maltrattamento è caratterizzato da sopraffazione sistematica, assenza di consenso nella vittima, sottomissione. Il maltrattamento è una strategia per ottenere potere e controllo, che si fonda sulla sottomissione sistematica della vittima da parte di chi agisce tramite comportamenti abusivi, rifiuto del punto di vista altrui, forze impari sia fisiche che psicologiche. Quest’ultimo atteggiamento è basato su calunnie e uso perverso della verità per suscitare sensi di colpa (G. Gifoni).

Conflitto di coppia

A differenza del maltrattamento, il conflitto di coppia è caratterizzato da esito alternato (prevalgono i bisogni dell’uno o dell’altro), rispetto, capacità di immedesimazione, forze pari, consenso da parte di entrambi, assenza di paura, orientamento verso un accordo. È importante dire che in presenza di matrattamento non è possibile fare terapia di coppia, ma ciascuno dei due deve seguire un percorso individuale di consapevolezza.

L’aggressore si deve chiedere se è possibile tollerare la perdita senza che questa significhi annullamento della propria identità. L’uomo ha bisogno di aiuto: ci sono Centri per uomini abusanti che, attraverso percorsi di consapevolezza, ridonano dignità e vita anche in chi “crede di essere nel giusto”. Gli uomini hanno bisogno di aiuto, e deve aumentare in loro la capacità di chiederlo; ci sono professionisti - uomini, e anche donne, se ci si fida - che possono veramente aiutarli a uscire dalla spirale della violenza. Così le donne possono rivolgersi a Centri antiviolenza o professionisti preparati nel territorio, che possono aiutarle a salvarsi. Non ci si può salvare da soli o all’interno di una relazione di dipendenza affettiva, quindi patologica.

Nel caso in cui invece siamo di fronte a un conflitto in cui non c’è violenza fisica né psicologica, si può fare la terapia o mediazione di coppia per una comprensione profonda dell’altro e del senso del proprio legame e/o raggiungere accordi per il benessere dei due, dei figli, e una gestione migliore del patrimonio secondo i bisogni di tutti, in particolare i figli. Quando è necessario, si può fare anche una terapia del divorzio; non per tornare insieme, ma per elaborare il dolore e la delusione conseguente. Quando si vogliono capire le origini della violenza, occorre decisamente abbandonare un modello di causalità individuale (G. Bateson, 1989). Cioè, nel caso della violenza, non siamo di fronte a un raptus, ma è un modello interno alimentato da dinamiche disfunzionali che possono portare a comportamenti dirompenti e nefasti. Chiedere aiuto è la parola d’ordine: singolarmente, se si è in presenza del circolo della violenza; o in maltrattamenti in coppia, se sussistono le caratteristiche descritte.

Maria Luisa Tiberini psicologa-psicoterapeuta specialista in terapia familiare

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Donne: nuova cultura e relazioni https://www.lavoce.it/donne-nuova-cultura/ Fri, 08 Mar 2019 12:14:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54148 donne

La Voce di questa settimana esce con la data dell’8 marzo, la Giornata delle Nazioni Unite “per i diritti delle donne e per la pace mondiale”. Intorno a questa data numerose sono le iniziative promosse: dagli incontri culturali ai dibattiti, ai concerti.

Con otto femminicidi registrati in Italia in questi primi due mesi del 2019 la violenza sulle donne resta un tema di tragica attualità al quale l’Onu ha dedicato una giornata, il 25 novembre. Possiamo dire che è la manifestazione più grave ed evidente di come le donne siano la parte debole anche nella nostra società.

Secondo recenti studi, le donne costituiscono il 71 per cento dei 40 milioni di persone che oggi nel mondo vivono le moderne schiavitù. C’è ancora molto da fare per far crescere una cultura e delle relazioni fondate sul rispetto e il riconoscimento della dignità delle donne.

Anche tra i cattolici occorre una presa di coscienza e di iniziativa superando l’indifferenza, se non la diffidenza, verso le iniziative delle donne sulle donne, alle quali gli uomini di solito pensano di non dover partecipare perché non li riguarda, ma così non è.

Questo Papa sta lavorando per una nuova prospettiva sulla donna nella Chiesa e in Vaticano, proprio in vista dell’8 marzo, si è tenuto un incontro dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche per fare il punto sulla condizione della donna. Un segnale, anche questo, di attenzione, un invito ad un impegno che fa bene a tutta la società e alla Chiesa.

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donne

La Voce di questa settimana esce con la data dell’8 marzo, la Giornata delle Nazioni Unite “per i diritti delle donne e per la pace mondiale”. Intorno a questa data numerose sono le iniziative promosse: dagli incontri culturali ai dibattiti, ai concerti.

Con otto femminicidi registrati in Italia in questi primi due mesi del 2019 la violenza sulle donne resta un tema di tragica attualità al quale l’Onu ha dedicato una giornata, il 25 novembre. Possiamo dire che è la manifestazione più grave ed evidente di come le donne siano la parte debole anche nella nostra società.

Secondo recenti studi, le donne costituiscono il 71 per cento dei 40 milioni di persone che oggi nel mondo vivono le moderne schiavitù. C’è ancora molto da fare per far crescere una cultura e delle relazioni fondate sul rispetto e il riconoscimento della dignità delle donne.

Anche tra i cattolici occorre una presa di coscienza e di iniziativa superando l’indifferenza, se non la diffidenza, verso le iniziative delle donne sulle donne, alle quali gli uomini di solito pensano di non dover partecipare perché non li riguarda, ma così non è.

Questo Papa sta lavorando per una nuova prospettiva sulla donna nella Chiesa e in Vaticano, proprio in vista dell’8 marzo, si è tenuto un incontro dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche per fare il punto sulla condizione della donna. Un segnale, anche questo, di attenzione, un invito ad un impegno che fa bene a tutta la società e alla Chiesa.

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Basta! Possiamo dirlo insieme? https://www.lavoce.it/basta-possiamo-dirlo-insieme/ Fri, 16 Mar 2018 07:28:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51416

di Maria Rita Valli

Il 19 marzo sarà la festa del papà e i bambini stanno già preparando il regalo e magari anche la poesia per il loro papà. Un giorno dedicato all’uomo festeggiato pubblicamente nello spazio privato degli affetti. Una bella festa, che arriva poco dopo l’8 marzo, giorno dedicato alla donna festeggiata nello spazio pubblico del lavoro, del sociale, del politico. Poi, a maggio, ci sarà anche la festa della mamma.

Ma queste due feste così vicine, l’8 e il 19 marzo, ci ricordano che la donna non è solo madre e che l’uomo è anche padre, che il valore del femminile non si esurisce nella cura dei figli e del marito ma può esprimersi e realizzarsi anche nel lavoro, nell’impegno sociale e politico, nella cultura, nello sport e in tutti i mondi in cui anche le donne vivono. Così come il valore del maschile si esprime e si realizza anche nella cura dei figli e della moglie, anche con quella nota di tenerezza che nell’immagine tradizionale del “maschio” era vista come un attributo non confacente e che invece oggi molti padri sanno vivere senza sentirsi sminuiti né fuori posto.

Queste due feste ci dicono di una trasformazione culturale e sociale non ancora compiuta. La cronaca ci porta davanti agli occhi relazioni uomo /donna che vorremmo definire “malate” e dunque relegate nello spazio della malattia mentale – e alcune lo sono – ma i femminicidi non sono che la punta dell’iceberg dove la parte sommersa è fatta di quotidiana discriminazione – negata spesso anche dalle stesse donne – che porta a dare minore valore alle donne e a ciò che fanno e a spostare la colpa sulla donna violata più che sull’uomo che fa violenza perché in fondo “se l’è cercata”.

L’8 marzo e il 19 marzo, insieme, ci dicono anche che parlare di tutto questo come se fosse una questione di rivendicazioni l’un contro l’altro è profondamente errato e fuorviante. Non è in gioco la vittoria dell’uno sull’altro. È in gioco un nuovo modo di essere uomini e donne che sono e rimangono profondamente diversi tra loro ma hanno la stessa dignità, hanno lo stesso valore. Stiamo vivendo tempi in cui queste parole (diversità, uguaglianza, dignità, valore, rispetto) non godono di grande popolarità. La diversità (sessuale, culturale, religiosa, sociale, etnica, politica) è vista come un pericolo da allontanare, da tenere fuori dalle nostre frontiere e nel caso sia già dentro troviamo rassicurante definirla come un “di meno” di dignità, diritti, valore…

In questo clima di chiusura e di paura gli inviti di Papa Francesco all’accoglienza, al dialogo, alla fiducia, risuonano con forza, come un’eco in un ambiente silenzioso. Chiede a tutti, e più ancora alla sua Chiesa, di abbandonare pregiudizi e chiusure per far respirare l’umanità (e la Chiesa) “a due polmoni”, il maschile e il femminile, per usare un’immagine nata in campo ecumenico per indicare la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente. Ma con tutto quello che accade nel mondo e in casa nostra non sarebbe meglio parlare d’altro? Me lo sono chiesto. Ma proprio ieri ho parlato con una studentessa universitaria al primo anno. Aveva appena dato un esame ben superato ma era amareggiata e disgustata. Perché? Perchè la studentessa che l’ha preceduta non ha fatto un bell’esame e il professore oltre a sottolineare il fatto l’ha invitata a scegliersi un angolo dell’aula “che ti ci inchia***tto”. Con quel professore dovranno dare un secondo esame. Nessuno dovrebbe mai permettersi di apostrofare così nessuno! Vorrei che fossero gli uomini a indignarsi per primi, e dire “tu non ci rappresenti”. E che fossero a fianco delle donne per dire “Basta!”.

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Otto marzo: Coldiretti, aumentate nell’ultimo anno le imprese agricole guidate da donne https://www.lavoce.it/otto-marzo-coldiretti-aumentate-nellultimo-anno-le-imprese-agricole-guidate-donne/ Thu, 08 Mar 2018 10:05:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51375

Sono aumentate del 6,6% nell’ultimo anno le imprese agricole guidate da giovani donne per un totale di 13.887 realtà nel 2017. È quanto emerge da un’elaborazione condotta da Coldiretti in occasione della festa dell’8 marzo sui dati Camera di Commercio di Milano rispetto alla rappresentanza femminile under 35 nei campi, nelle stalle e negli agriturismi. “In pratica – sottolinea la Coldiretti – in agricoltura un’impresa giovanile su quattro viene gestita da ragazze”. “Nella loro attività imprenditoriale – spiega Coldiretti – le agricoltrici italiane hanno dimostrato capacità di coniugare la sfida con il mercato ed il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita, l’attenzione al sociale, a contatto con la natura assieme alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità diventando protagoniste in diversi campi: dalle attività di educazione alimentare ed ambientale con le scuole ai servizi di agritata e agriasilo, dalle fattorie didattiche ai percorsi rurali di pet-therapy, fino agli orti didattici, mercati di Campagna Amica e l’agriturismo”. “Una capacità imprenditoriale – prosegue la nota – che ha dato direttamente lavoro a oltre 15mila persone, senza contare l’occupazione generata dall’indotto”. “Le ragazze nelle campagne – aggiunge Coldiretti – hanno puntato sull’uso quotidiano della tecnologia per gestire sia il lavoro che lo studio”. “Una capacità di innovazione che contagia tutte le aziende agricole giovani che in Italia – spiega Coldiretti – possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”. Per Lorella Ansaloni, responsabile nazionale delle donne imprenditrici della Coldiretti, “le quasi 215mila aziende agricole guidate da donne in Italia sono un patrimonio di tutto il Paese con un peso all’interno del mondo produttivo che non è dato solo dal numero delle titolari, ma anche da una capacità di innovazione che è stata in grado di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla multifunzionalità per le imprese agricole in ambito economico, ambientale e sociale”.]]>

Sono aumentate del 6,6% nell’ultimo anno le imprese agricole guidate da giovani donne per un totale di 13.887 realtà nel 2017. È quanto emerge da un’elaborazione condotta da Coldiretti in occasione della festa dell’8 marzo sui dati Camera di Commercio di Milano rispetto alla rappresentanza femminile under 35 nei campi, nelle stalle e negli agriturismi. “In pratica – sottolinea la Coldiretti – in agricoltura un’impresa giovanile su quattro viene gestita da ragazze”. “Nella loro attività imprenditoriale – spiega Coldiretti – le agricoltrici italiane hanno dimostrato capacità di coniugare la sfida con il mercato ed il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita, l’attenzione al sociale, a contatto con la natura assieme alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità diventando protagoniste in diversi campi: dalle attività di educazione alimentare ed ambientale con le scuole ai servizi di agritata e agriasilo, dalle fattorie didattiche ai percorsi rurali di pet-therapy, fino agli orti didattici, mercati di Campagna Amica e l’agriturismo”. “Una capacità imprenditoriale – prosegue la nota – che ha dato direttamente lavoro a oltre 15mila persone, senza contare l’occupazione generata dall’indotto”. “Le ragazze nelle campagne – aggiunge Coldiretti – hanno puntato sull’uso quotidiano della tecnologia per gestire sia il lavoro che lo studio”. “Una capacità di innovazione che contagia tutte le aziende agricole giovani che in Italia – spiega Coldiretti – possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”. Per Lorella Ansaloni, responsabile nazionale delle donne imprenditrici della Coldiretti, “le quasi 215mila aziende agricole guidate da donne in Italia sono un patrimonio di tutto il Paese con un peso all’interno del mondo produttivo che non è dato solo dal numero delle titolari, ma anche da una capacità di innovazione che è stata in grado di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla multifunzionalità per le imprese agricole in ambito economico, ambientale e sociale”.]]>
8 marzo: “imparità” no ma “disparità” sì https://www.lavoce.it/8-marzo-imparita-no-ma-disparita-si/ https://www.lavoce.it/8-marzo-imparita-no-ma-disparita-si/#comments Thu, 10 Mar 2016 16:49:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45685 don-paolo-giuliettiLa celebrazione dell’8 marzo è stata quest’anno caratterizzata da un dibattito particolarmente vivace, nella società civile e anche nella Chiesa. Alcune ricorrenze – i 70 anni di voto femminile in Italia – e alcuni avvenimenti – le recenti discussioni attorno alla famiglia, ma anche le bandiere a mezz’asta per ricordare le donne uccise – hanno aggiunto motivi di interesse a una ricorrenza che rischia, ormai, di essere un po’ scontata o di prestarsi a inevitabili commercializzazioni. Al risveglio dell’interesse hanno contribuito, sul versante ecclesiale, le recenti rivelazioni circa la profonda amicizia tra san Giovanni Paolo II e Anna Teresa Tymieniecka, come anche le parole pronunciate a più riprese da Papa Francesco sulle donne e sulla dimensione femminile della Chiesa e in Dio.

Del resto il concetto di misericordia evoca la maternità di Dio, con il suo richiamo alle “viscere” femminile, sede di tale sentimento nel linguaggio e nella mentalità semitica. “Il Signore è misericordioso”: questa parola evoca un atteggiamento di tenerezza come di una madre nei confronti del figlio. “L’immagine che suggerisce è quella di un Dio che si commuove e si intenerisce per noi come una madre quando prende in braccio il suo bambino, desiderosa solo di amare, proteggere, aiutare, pronta a donare tutto, anche se stessa. Questa è l’immagine che suggerisce questo termine. Un amore, dunque, che si può definire, in senso buono, viscerale” (udienza generale del 13 gennaio).

Siamo finalmente usciti dall’epoca delle rivendicazioni ed entrati in quella del ripensamento? Nel primo caso, c’erano da affrontare e superare le molteplici situazioni di im-parità tra uomini e donne che affiggevano la nostra società. Nonostante permangano dislivelli a livello quantitativo, dal punto di vista qualitativo – legislativo, culturale, sociale – moltissime barriere sono cadute. Ciò che oggi siamo sollecitati a compiere è allora un ripensamento, mettendo a fuoco il significato delle ineliminabili dis-parità, legate a ciò che è – e resta – irriducibile del maschile e del femminile.

Può ben spiegarlo una metafora musicale: oggi nessuno parla più di strumenti “maschili” o “femminili”; se certamente sono più comuni i percussionisti e le arpiste, i contrabbassisti e le flautiste, capita di imbattersi anche negli strumentisti di sesso opposto. Anche tra i direttori d’orchestra si fanno largo le donne. L’im-parità è dunque sostanzialmente superata. Rimane la dis-parità, laddove le caratteristiche del corpo maschile e di quello femminile giocano un ruolo centrale: la voce e il canto. Lì la questione non è più quella di rivendicare una medesima possibilità, ma di mettere in campo la differenza come valore, in chiave di reciprocità.

Quest’ultima sfida è culturalmente assai più intrigante, ma anche più complessa. Non si gioca sul terreno delle pari opportunità, dei servizi o delle rivendicazioni. Richiede invece un’investigazione intelligente, libera da pregiudizi, ma anche da massimalismi, di ciò che significano per l’umano il maschile e il femminile, in sé e nel loro essere orientati l’uno all’altro. Nel loro essere determinati dalla corporeità, ma anche nel loro attingere a ciò che la cultura e le civiltà hanno depositato, come una sorta di potente Dna, nel modo di concepire se stessi e l’altro. Nel loro essere costitutivamente orientati alla procreazione, ma anche nella loro irriducibilità a questa – pur decisiva – funzione. Nel loro essere diversi, ma anche nel loro essere uguali, abitati ciascuno da qualcosa dell’altro. Riflessione ardua e necessaria, per condurre al superamento di ruoli preconcetti e a una dis-parità autenticamente reciproca. Anche nella Chiesa.

 

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