evangelizzazione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/evangelizzazione/ Settimanale di informazione regionale Fri, 01 Nov 2024 17:46:13 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg evangelizzazione Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/evangelizzazione/ 32 32 Missione giovani: in 400 hanno partecipato alla catechesi al Teatro Pavone https://www.lavoce.it/quattrocento-giovani-hanno-partecipato-alla-catechesi-al-teatro-pavone/ https://www.lavoce.it/quattrocento-giovani-hanno-partecipato-alla-catechesi-al-teatro-pavone/#respond Thu, 24 Oct 2024 08:00:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78146 Tanti giovani seduti sulle poltronicine del Teatro e sui palchetti, sul palco i frati minori

Di “chiasso”, a Perugia, i cento ragazzi e ragazze della “Missione Giovani 2024” ne stanno facendo nell’annunciare a tanti loro coetanei la gioia e la felicità della vita attraverso il Vangelo. È quanto è avvenuto nelle prime cinque giornate di questa esperienza di fede, di incontro, dialogo e socialità, in svolgimento dal 18 al 27 ottobre, guidata dall’équipe della “Missione ed evangelizzazione” dei Frati Minori dell’Umbria insieme ad altri religiosi e religiose, a sacerdoti diocesani e seminaristi. Un “chiasso” che lo aveva “promesso” fra’ Alfio Vespoli, responsabile della “Missione”, all’arcivescovo Ivan Maffeis, alla celebrazione di avvio, il 18 ottobre: "Faremo un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore dei giovani che incontreremo in città…".

In 400 ad ascoltare la catechesi al Teatro Pavone

Ben 400 di loro hanno accolto l’invito dei coetanei missionari a partecipare alla prima delle catechesi serali (ore 21), al Teatro Pavone (dal 22 al 26 ottobre) a cura dei Frati Minori. Alcuni prendevano appunti come se stessero ad una lezione universitaria, altri concentrati ad ascoltare facendo il gesto di “silenzio” con il dito indice davanti alle labbra ai vicini di posto… Tanti volti dagli sguardi attenti e pochissimi gli occhi assonnati come anche gli sbadigli. "Si è colto un grande interesse e coinvolgimento, oltre le più rosee aspettative...!: è stato il commento, a caldo, dei giovani missionari.

L'adorazione eucaristica in cattedrale

Anche la preghiera dell’adorazione eucaristica in cattedrale, che ha concluso la giornata, ha visto una folta partecipazione di ragazzi e ragazze. Tra questi anche chi non è un assiduo frequentatore di luoghi di culto, come alcuni giovani che non hanno esitato a “confessare” agli amici: "Era da molto tempo che non entravo in chiesa…".

Al Pavone è stato ricordato san Giovanni Paolo II

Ieri è stato un giorno particolare per i giovani, il 22 ottobre la Chiesa fa memoria liturgica di un grande santo, Giovanni Paolo II, il Papa delle Giornate Mondiali della Gioventù (Gmg). A ricordarcelo, a margine della sua catechesi al Pavone, è stato fra’ Mirco Mazzocato, del servizio orientamento giovani dei Minori Francescani di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. "Oggi l’abbiamo pregato ed io ho sentito forte la sua intercessione – ci ha raccontato il frate –. Mi tornano alla mente le sue famosissime parole al Giubileo del 2000, quando disse ai giovani: 'E’ Cristo che cercate quando sognate la felicità'. Mi sembra che i giovani abbiamo desiderio di felicità, una generazione diversa che va molto ascoltata e compresa, ma resta insopprimibile l’anelito di gioia che è nell’uomo. Noi nasciamo per questo e c’è poco da raccontarsi… Siamo creati per essere felici, ma poi sta a noi nell’essere messi nella condizione di ricevere quella Parola che dà volto a Colui che i giovani stanno da sempre cercando anche se spesso non lo sanno".

Fra' Mirko: i giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza

Fra’ Mirco ha dedicato la catechesi sulla “donna emorroissa” del Vangelo di Marco (Mc 5,25), dicendoci, all’uscita dal Pavone: "Abbiamo rivisto per la nostra conversione, che stavamo sopra il palco, di come ancora oggi dentro le sfide della vita tanti giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza. Hanno voglia di toccare il lembo del manto di Gesù… Sento nel cuore di ringraziare i tanti sacerdoti delle parrocchie che continuano a lavorare nella messe, che è il campo della Chiesa, del mondo continuando ad essere strumento e padri per condurre i giovani davanti al Signore. È la prima serata di un percorso di evangelizzazione, restituendo a Dio ogni bene che abbiamo intuito. Continuiamo questo percorso grati al Signore anche perché adesso, in cattedrale, tanti giovani sono inginocchiati davanti al Santissimo Sacramento".

Le tappe percorse dai giovani nei cinque giorni di evangelizzazione

Nelle prime cinque giornate di missione i giovani hanno visitato il Carcere, recitato il rosario nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, fatto tappe al Pala Barton per sostenere la “Sir Safety Perugia”, la squadra campione di volley, al vicino Luna Park, alle facoltà universitarie, ai luoghi e locali del centro storico più frequentati come “Umbro’” (ospitati dall’Arci), non mancando all’appuntamento quotidiano dell’adorazione eucaristica (ore 10.30-0.30), nell’antica chiesa della Misericordia della centralissima piazza Piccinino, a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78213,78214,78215,78216,78217,78218,78219,78220,78221,78222,78223,78224,78225,78226,78227"]]]>
Tanti giovani seduti sulle poltronicine del Teatro e sui palchetti, sul palco i frati minori

Di “chiasso”, a Perugia, i cento ragazzi e ragazze della “Missione Giovani 2024” ne stanno facendo nell’annunciare a tanti loro coetanei la gioia e la felicità della vita attraverso il Vangelo. È quanto è avvenuto nelle prime cinque giornate di questa esperienza di fede, di incontro, dialogo e socialità, in svolgimento dal 18 al 27 ottobre, guidata dall’équipe della “Missione ed evangelizzazione” dei Frati Minori dell’Umbria insieme ad altri religiosi e religiose, a sacerdoti diocesani e seminaristi. Un “chiasso” che lo aveva “promesso” fra’ Alfio Vespoli, responsabile della “Missione”, all’arcivescovo Ivan Maffeis, alla celebrazione di avvio, il 18 ottobre: "Faremo un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore dei giovani che incontreremo in città…".

In 400 ad ascoltare la catechesi al Teatro Pavone

Ben 400 di loro hanno accolto l’invito dei coetanei missionari a partecipare alla prima delle catechesi serali (ore 21), al Teatro Pavone (dal 22 al 26 ottobre) a cura dei Frati Minori. Alcuni prendevano appunti come se stessero ad una lezione universitaria, altri concentrati ad ascoltare facendo il gesto di “silenzio” con il dito indice davanti alle labbra ai vicini di posto… Tanti volti dagli sguardi attenti e pochissimi gli occhi assonnati come anche gli sbadigli. "Si è colto un grande interesse e coinvolgimento, oltre le più rosee aspettative...!: è stato il commento, a caldo, dei giovani missionari.

L'adorazione eucaristica in cattedrale

Anche la preghiera dell’adorazione eucaristica in cattedrale, che ha concluso la giornata, ha visto una folta partecipazione di ragazzi e ragazze. Tra questi anche chi non è un assiduo frequentatore di luoghi di culto, come alcuni giovani che non hanno esitato a “confessare” agli amici: "Era da molto tempo che non entravo in chiesa…".

Al Pavone è stato ricordato san Giovanni Paolo II

Ieri è stato un giorno particolare per i giovani, il 22 ottobre la Chiesa fa memoria liturgica di un grande santo, Giovanni Paolo II, il Papa delle Giornate Mondiali della Gioventù (Gmg). A ricordarcelo, a margine della sua catechesi al Pavone, è stato fra’ Mirco Mazzocato, del servizio orientamento giovani dei Minori Francescani di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. "Oggi l’abbiamo pregato ed io ho sentito forte la sua intercessione – ci ha raccontato il frate –. Mi tornano alla mente le sue famosissime parole al Giubileo del 2000, quando disse ai giovani: 'E’ Cristo che cercate quando sognate la felicità'. Mi sembra che i giovani abbiamo desiderio di felicità, una generazione diversa che va molto ascoltata e compresa, ma resta insopprimibile l’anelito di gioia che è nell’uomo. Noi nasciamo per questo e c’è poco da raccontarsi… Siamo creati per essere felici, ma poi sta a noi nell’essere messi nella condizione di ricevere quella Parola che dà volto a Colui che i giovani stanno da sempre cercando anche se spesso non lo sanno".

Fra' Mirko: i giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza

Fra’ Mirco ha dedicato la catechesi sulla “donna emorroissa” del Vangelo di Marco (Mc 5,25), dicendoci, all’uscita dal Pavone: "Abbiamo rivisto per la nostra conversione, che stavamo sopra il palco, di come ancora oggi dentro le sfide della vita tanti giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza. Hanno voglia di toccare il lembo del manto di Gesù… Sento nel cuore di ringraziare i tanti sacerdoti delle parrocchie che continuano a lavorare nella messe, che è il campo della Chiesa, del mondo continuando ad essere strumento e padri per condurre i giovani davanti al Signore. È la prima serata di un percorso di evangelizzazione, restituendo a Dio ogni bene che abbiamo intuito. Continuiamo questo percorso grati al Signore anche perché adesso, in cattedrale, tanti giovani sono inginocchiati davanti al Santissimo Sacramento".

Le tappe percorse dai giovani nei cinque giorni di evangelizzazione

Nelle prime cinque giornate di missione i giovani hanno visitato il Carcere, recitato il rosario nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, fatto tappe al Pala Barton per sostenere la “Sir Safety Perugia”, la squadra campione di volley, al vicino Luna Park, alle facoltà universitarie, ai luoghi e locali del centro storico più frequentati come “Umbro’” (ospitati dall’Arci), non mancando all’appuntamento quotidiano dell’adorazione eucaristica (ore 10.30-0.30), nell’antica chiesa della Misericordia della centralissima piazza Piccinino, a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78213,78214,78215,78216,78217,78218,78219,78220,78221,78222,78223,78224,78225,78226,78227"]]]>
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Christian music in Umbria: gli One Way Worship https://www.lavoce.it/christian-music-umbria-gli-one-way-worship/ Tue, 07 Nov 2017 11:41:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50472

Continuando il viaggio nel mondo della Christian music umbra (vedi La Voce del 22 settembre), questa settimana incontriamo una delle formazioni più note nella nostra regione, e non solo: gli One Way Worship di Città di Castello. Una band che segue un metodo di lavoro molto particolare, traducendo dall’inglese i pezzi di una formazione australiana che da trent’anni insegna a lodare il Signore con il canto. Ma facciamo un passo indietro. Fino a qualche anno fa si sentiva spesso parlare, anche sulle pagine de La Voce , del gruppo tifernate One Way. Poi la band è scomparsa, ed è rinata aggiungendo “Worship” (in inglese: adorazione) al nome. Come mai? “C’è stata un’evoluzione, oggi ci troviamo in una fase più sperimentale - risponde il responsabile, Fabio Medici . - Gli One Way erano nati nel 2007 all’interno della Pastorale giovanile di Città di Castello, ma circa quattro anni fa si sono sciolti a causa di vari problemi, a cominciare dalla difficoltà di conciliare i diversi impegni. Da tre anni esiste One Way Worship, composto in parte dalle stesse persone, in parte da altri. Siamo sette musicisti, ognuno specializzato in uno strumento; ma il gruppo di lavoro è più ampio, tra amici che danno sostegno, persone che traducono i testi dall’inglese all’italiano, o che si occupano della comunicazione...”. Ecco, traduzione. Ma da quale fonte? E perché non canzoni composte direttamente da loro? “Per ora - prosegue Fabio - non abbiamo intenzione di diventare cantautori. Il metodoworship è nato trent’anni fa da una Chiesa evangelica australiana che ora lo diffonde in tutto il mondo. È un modo per lodare e glorificare Dio attraverso la musica e la testimonianza. Si tratta di testi esplicitamente cristiani, molto diretti, con al massimo un paio di stofe, e bridge [sorta di ripetizioni a canone] molto lunghi. Le serate durano tra i 60 e gli 80 minuti. Dopo i brani iniziali segue untalk , una chiacchierata sul Vangelo, portata avanti da un laico, appartenente al gruppo dei sostenitori. Si conclude con altri canti e invocazioni”. Il fatto che l’origine di questa forma di adorazione sia protestante ogni tanto crea incomprensioni; alcune parrocchie ancora “tirano sù dei muri”, aggiunge l’intervi- stato. In generale, però, gli One Way Worship sono ben inseriti nella pastorale giovanile diocesana. “Con il gruppo allargato di simpatizzanti ci si incontra ogni settimana, di giovedì, per la cena insieme, la preghiera, le prove, le traduzioni, a volte prendendo anche brani di diversi autori. Abbiamo aperto un canale YouTube e stiamo progettando un sito internet. Ci esibiamo un sabato sera al mese nella Cantina del Seminario; le prossime date sono 4 novembre , 2 dicembre , 6 gennaio , sempre alle ore 21. Abbiamo anche cantato in chiesa, sia in Umbria che in altre regioni d’Italia”. Pur non essendo musica liturgica, alcuni pezzi degli One Way Worship sono stati ‘adottati’ per alcune messe. Resta comunque un percorso da approfondire, perché, anche se non si tratta di brani “classici”, ciò non significa che possano essere eseguiti in maniera approssimativa. Si richiede cura musicale, acustica, scelta degli impianti elettronici adeguati, ecc. Una strada, quindi, che al momento è tutta in divenire. Ma i componenti della band sono ben decisi a proseguire perché “questo metodo di preghiera piace a noi per primi. L’importante è portare avanti il discorso con sincerità, con la fiducia che poi la gente avrà stimoli per incontrare Gesù”.  ]]>

Continuando il viaggio nel mondo della Christian music umbra (vedi La Voce del 22 settembre), questa settimana incontriamo una delle formazioni più note nella nostra regione, e non solo: gli One Way Worship di Città di Castello. Una band che segue un metodo di lavoro molto particolare, traducendo dall’inglese i pezzi di una formazione australiana che da trent’anni insegna a lodare il Signore con il canto. Ma facciamo un passo indietro. Fino a qualche anno fa si sentiva spesso parlare, anche sulle pagine de La Voce , del gruppo tifernate One Way. Poi la band è scomparsa, ed è rinata aggiungendo “Worship” (in inglese: adorazione) al nome. Come mai? “C’è stata un’evoluzione, oggi ci troviamo in una fase più sperimentale - risponde il responsabile, Fabio Medici . - Gli One Way erano nati nel 2007 all’interno della Pastorale giovanile di Città di Castello, ma circa quattro anni fa si sono sciolti a causa di vari problemi, a cominciare dalla difficoltà di conciliare i diversi impegni. Da tre anni esiste One Way Worship, composto in parte dalle stesse persone, in parte da altri. Siamo sette musicisti, ognuno specializzato in uno strumento; ma il gruppo di lavoro è più ampio, tra amici che danno sostegno, persone che traducono i testi dall’inglese all’italiano, o che si occupano della comunicazione...”. Ecco, traduzione. Ma da quale fonte? E perché non canzoni composte direttamente da loro? “Per ora - prosegue Fabio - non abbiamo intenzione di diventare cantautori. Il metodoworship è nato trent’anni fa da una Chiesa evangelica australiana che ora lo diffonde in tutto il mondo. È un modo per lodare e glorificare Dio attraverso la musica e la testimonianza. Si tratta di testi esplicitamente cristiani, molto diretti, con al massimo un paio di stofe, e bridge [sorta di ripetizioni a canone] molto lunghi. Le serate durano tra i 60 e gli 80 minuti. Dopo i brani iniziali segue untalk , una chiacchierata sul Vangelo, portata avanti da un laico, appartenente al gruppo dei sostenitori. Si conclude con altri canti e invocazioni”. Il fatto che l’origine di questa forma di adorazione sia protestante ogni tanto crea incomprensioni; alcune parrocchie ancora “tirano sù dei muri”, aggiunge l’intervi- stato. In generale, però, gli One Way Worship sono ben inseriti nella pastorale giovanile diocesana. “Con il gruppo allargato di simpatizzanti ci si incontra ogni settimana, di giovedì, per la cena insieme, la preghiera, le prove, le traduzioni, a volte prendendo anche brani di diversi autori. Abbiamo aperto un canale YouTube e stiamo progettando un sito internet. Ci esibiamo un sabato sera al mese nella Cantina del Seminario; le prossime date sono 4 novembre , 2 dicembre , 6 gennaio , sempre alle ore 21. Abbiamo anche cantato in chiesa, sia in Umbria che in altre regioni d’Italia”. Pur non essendo musica liturgica, alcuni pezzi degli One Way Worship sono stati ‘adottati’ per alcune messe. Resta comunque un percorso da approfondire, perché, anche se non si tratta di brani “classici”, ciò non significa che possano essere eseguiti in maniera approssimativa. Si richiede cura musicale, acustica, scelta degli impianti elettronici adeguati, ecc. Una strada, quindi, che al momento è tutta in divenire. Ma i componenti della band sono ben decisi a proseguire perché “questo metodo di preghiera piace a noi per primi. L’importante è portare avanti il discorso con sincerità, con la fiducia che poi la gente avrà stimoli per incontrare Gesù”.  ]]>
La parabola della vigna https://www.lavoce.it/la-parabola-della-vigna/ Thu, 05 Oct 2017 16:08:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50088 domenica della parola

“Tu hai fatto tutte le cose, il cielo e la terra e tutte le meraviglie che vi sono racchiuse; tu sei il Signore di tutto l’universo” (Est 4,17b) professa Mardocheo nella preghiera che ascoltiamo nell’antifona d’ingresso, preghiera che lui e la regina Ester rivolgono al Signore perché il loro popolo Israele, la “vigna del Signore”, sta per essere annientato e solo Lui può salvarlo. E la preoccupazione per la comunità è il motivo che ritorna nel “canto della vigna” del profeta Isaia dove il Proprietario presta una cura premurosa per la sua vigna, ne attende i frutti e poi, a causa del fatto che i frutti non vengono prodotti, si trova costretto a prendere la drastica decisione e la vigna “non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni”. Il tema della “vigna” è ripreso dalla pagina evangelica che questa 27ma Domenica del Tempo ordinario conclude il trittico delle “parabole della vigna”, anche se più che la vigna, i veri protagonisti sono i vignaioli che si atteggiano come fossero i veri proprietari della vigna. Gli elementi che descrivono la vigna (siepe, torchio, torre, …) rimandano indiscutibilmente alla pericope di Isaia e, come in essa, anche nella parabola matteana il finale è drammatico e nello specifico anticipa la condanna a morte di Gesù. Come nelle precedenti due parabole, anche qui il messaggio è diretto ai capi del popolo (vigna) perché è introdotta dall’invito ad ascoltare “un’altra parabola”. Il Proprietario pianta una vigna con tutti i migliori accorgimenti e ne affida la gestione a dei contadini. È precisato che al “tempo di raccogliere i frutti” il Proprietario invia dei servi, ma questi vengono uno bastonato, un’altro ucciso e un altro ancora lapidato. Fin qui non c’è nulla di nuovo rispetto all’Antico Testamento perché in numerosi passi dei Libri storici e profetici è ribadita l’attenzione del Signore per la Sua vigna per la quale ha inviato più volte i Suoi servi, i Profeti, ma non sono stati accolti, anzi, in alcuni casi sono stati anche perseguitati. L’elemento nuovo è piuttosto l’inserimento del “figlio” del Proprietario che altrettanto non viene accolto ed è specificato che i contadini lo hanno condotto “fuori dalla vigna” e lo hanno ucciso. A questo punto, alla domanda di Gesù: “cosa farà il proprietario della vigna a quei contadini”, i Suoi uditori rispondono con la legge della “retribuzione”: hanno ucciso, perciò “li farà morire miseramente”. E allora subentra un altro passaggio “nuovo” che va cioè oltre il pensiero dei 1uoi contemporanei perché il “figlio ucciso fuori dalla vigna” è un indiscutibile riferimento a Cristo stesso perché “fuori dalla vigna”, ovvero fuori dalle mura di Gerusalemme, veniva infatti mandato via e quindi sacrificato una volta l’anno un capro che doveva prendere su di sé le colpe commesse dagli israeliti (Lv 16,21-21) e così una volta per tutte “Gesù ha subito la passione fuori della porta della città” (Eb 13,12). A confermare ciò è la citazione del Salmo 118,22-23, citazione che leggiamo anche in altri due brani neotestamentari (At 4,11 e 1Pt 2,7) e che anticipa e sigilla allo stesso tempo il rifiuto di Cristo da parte dei “capi” (la pietra scartata dai costruttori), ma anche il fondamento (pietra angolare) che Cristo sarà della futura comunità cristiana, la “nazione” non da intendere in contrasto, ma in continuità con il popolo dell’antica Alleanza. La storia del popolo biblico è del resto caratterizzata da “pietre scartate”: si pensi a Giuseppe, scartato dai fratelli, ma in terra straniera è stato motivo di salvezza e di sopravvivenza dei suoi familiari. Ricordiamo Davide, non preso in considerazione da Iesse al momento di essere unto da Samuele, poi mandato a chiamare mentre era a pascolare il gregge, per divenire il re secondo il cuore di Dio. Pensiamo ad Ester che per la sua situazione familiare è stata donata al re di un popolo non israelita e che è poi diventata causa di scampato sterminio dei suoi connazionali. Così Cristo, rifiutato, oltraggiato, perseguitato e ucciso brutalmente “fuori” Gerusalemme diviene per quanti lo riconoscono Figlio di Dio centro, fondamento e motivo di vita. La Parola di Dio ci trasmette certamente l’ardua realtà che la “vigna” del Signore necessita di “sacrificio”: Giuseppe, David, Ester ed altri ancora, hanno sofferto la solitudine fuori dalla “vigna”. Cristo ha immolato tutto se stesso pagando anche Lui oltre che con gli oltraggi, con il vuoto interiore del rifiuto e dell’abbandono. Questo accade anche agli uomini di questo mondo che in virtù di una verità combattono contro l’incomprensione. La novità è che con Cristo non esiste rancore o, peggio ancora odio, perché solo “ciò che è virtù e merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 6,8). Inoltre il cristiano è animato dalla consapevolezza che solo Lui sa trasformare gli “scarti” in “pietre angolari”. Ma il messaggio è anche di stare attenti a non scartare mai nessuno: “vorrei che prendessimo tutti il serio impegno di contrastare la cultura dello scarto ... per promuovere una cultura della solidarietà e dell’incontro” (Papa Francesco, 05.06.’13.).   PRIMA LETTURA Dal Libro di Isaia 5,1-7 SALMO RESPONSORIALE Salmo 79 SECONDA LETTURA Dalla Lettera di Paolo ai Filippesi 4,6-9 Commento al Vangelo della XXVII Domenica del tempo ordinario - Anno A Dal Vangelo di Matteo 21,33-43    ]]>
domenica della parola

“Tu hai fatto tutte le cose, il cielo e la terra e tutte le meraviglie che vi sono racchiuse; tu sei il Signore di tutto l’universo” (Est 4,17b) professa Mardocheo nella preghiera che ascoltiamo nell’antifona d’ingresso, preghiera che lui e la regina Ester rivolgono al Signore perché il loro popolo Israele, la “vigna del Signore”, sta per essere annientato e solo Lui può salvarlo. E la preoccupazione per la comunità è il motivo che ritorna nel “canto della vigna” del profeta Isaia dove il Proprietario presta una cura premurosa per la sua vigna, ne attende i frutti e poi, a causa del fatto che i frutti non vengono prodotti, si trova costretto a prendere la drastica decisione e la vigna “non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni”. Il tema della “vigna” è ripreso dalla pagina evangelica che questa 27ma Domenica del Tempo ordinario conclude il trittico delle “parabole della vigna”, anche se più che la vigna, i veri protagonisti sono i vignaioli che si atteggiano come fossero i veri proprietari della vigna. Gli elementi che descrivono la vigna (siepe, torchio, torre, …) rimandano indiscutibilmente alla pericope di Isaia e, come in essa, anche nella parabola matteana il finale è drammatico e nello specifico anticipa la condanna a morte di Gesù. Come nelle precedenti due parabole, anche qui il messaggio è diretto ai capi del popolo (vigna) perché è introdotta dall’invito ad ascoltare “un’altra parabola”. Il Proprietario pianta una vigna con tutti i migliori accorgimenti e ne affida la gestione a dei contadini. È precisato che al “tempo di raccogliere i frutti” il Proprietario invia dei servi, ma questi vengono uno bastonato, un’altro ucciso e un altro ancora lapidato. Fin qui non c’è nulla di nuovo rispetto all’Antico Testamento perché in numerosi passi dei Libri storici e profetici è ribadita l’attenzione del Signore per la Sua vigna per la quale ha inviato più volte i Suoi servi, i Profeti, ma non sono stati accolti, anzi, in alcuni casi sono stati anche perseguitati. L’elemento nuovo è piuttosto l’inserimento del “figlio” del Proprietario che altrettanto non viene accolto ed è specificato che i contadini lo hanno condotto “fuori dalla vigna” e lo hanno ucciso. A questo punto, alla domanda di Gesù: “cosa farà il proprietario della vigna a quei contadini”, i Suoi uditori rispondono con la legge della “retribuzione”: hanno ucciso, perciò “li farà morire miseramente”. E allora subentra un altro passaggio “nuovo” che va cioè oltre il pensiero dei 1uoi contemporanei perché il “figlio ucciso fuori dalla vigna” è un indiscutibile riferimento a Cristo stesso perché “fuori dalla vigna”, ovvero fuori dalle mura di Gerusalemme, veniva infatti mandato via e quindi sacrificato una volta l’anno un capro che doveva prendere su di sé le colpe commesse dagli israeliti (Lv 16,21-21) e così una volta per tutte “Gesù ha subito la passione fuori della porta della città” (Eb 13,12). A confermare ciò è la citazione del Salmo 118,22-23, citazione che leggiamo anche in altri due brani neotestamentari (At 4,11 e 1Pt 2,7) e che anticipa e sigilla allo stesso tempo il rifiuto di Cristo da parte dei “capi” (la pietra scartata dai costruttori), ma anche il fondamento (pietra angolare) che Cristo sarà della futura comunità cristiana, la “nazione” non da intendere in contrasto, ma in continuità con il popolo dell’antica Alleanza. La storia del popolo biblico è del resto caratterizzata da “pietre scartate”: si pensi a Giuseppe, scartato dai fratelli, ma in terra straniera è stato motivo di salvezza e di sopravvivenza dei suoi familiari. Ricordiamo Davide, non preso in considerazione da Iesse al momento di essere unto da Samuele, poi mandato a chiamare mentre era a pascolare il gregge, per divenire il re secondo il cuore di Dio. Pensiamo ad Ester che per la sua situazione familiare è stata donata al re di un popolo non israelita e che è poi diventata causa di scampato sterminio dei suoi connazionali. Così Cristo, rifiutato, oltraggiato, perseguitato e ucciso brutalmente “fuori” Gerusalemme diviene per quanti lo riconoscono Figlio di Dio centro, fondamento e motivo di vita. La Parola di Dio ci trasmette certamente l’ardua realtà che la “vigna” del Signore necessita di “sacrificio”: Giuseppe, David, Ester ed altri ancora, hanno sofferto la solitudine fuori dalla “vigna”. Cristo ha immolato tutto se stesso pagando anche Lui oltre che con gli oltraggi, con il vuoto interiore del rifiuto e dell’abbandono. Questo accade anche agli uomini di questo mondo che in virtù di una verità combattono contro l’incomprensione. La novità è che con Cristo non esiste rancore o, peggio ancora odio, perché solo “ciò che è virtù e merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 6,8). Inoltre il cristiano è animato dalla consapevolezza che solo Lui sa trasformare gli “scarti” in “pietre angolari”. Ma il messaggio è anche di stare attenti a non scartare mai nessuno: “vorrei che prendessimo tutti il serio impegno di contrastare la cultura dello scarto ... per promuovere una cultura della solidarietà e dell’incontro” (Papa Francesco, 05.06.’13.).   PRIMA LETTURA Dal Libro di Isaia 5,1-7 SALMO RESPONSORIALE Salmo 79 SECONDA LETTURA Dalla Lettera di Paolo ai Filippesi 4,6-9 Commento al Vangelo della XXVII Domenica del tempo ordinario - Anno A Dal Vangelo di Matteo 21,33-43    ]]>
Lasciamo che lo Spirito ci contraddica! https://www.lavoce.it/lasciamo-che-lo-spirito-ci-contraddica/ Thu, 03 Aug 2017 08:00:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=49572 Si è  svolta ad Assisi “la più importante esperienza ecumenica d’Italia, e forse d’Europa”. Parole del teologo valdese Paolo Ricca, che non è uno che regala i complimenti. Si trattava della 54a Sessione estiva del Sae (Segretariato attività ecumeniche), concluSAE-luglio-2017---2-CMYKsasi sabato 29 luglio alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli. La parola “Sessione” forse dice poco, e infatti il presidente del Sae, Piero Stefani, confessa di avere la mezza intenzione di sostituirla con “Laboratorio di formazione ecumenica”.

Il tema di quest’anno, 500° anniversario dell’inizio della Riforma luterana, era appunto “Riforma, profezia, tradizione nelle Chiese”, prendendo come testo di riferimento Atti degli apostoli 15,28: “È parso bene allo Spirito santo e a noi…”. Il tema è stato affrontato da vari punti di vista, e soprattutto il rapporto con l’ebraismo, il ruolo della donna, l’aggiornamento della liturgia, l’evangelizzazione.

L’attività che tocca allo “Spirito santo e noi” è stata ben riassunta nella conferenza finale dell’evento, che ha visto protagonisti il sacerdote e teologo cattolico Severino Dianich e il pastore avventista (della Chiesa avventista del Settimo giorno) Davide Romano. Qualcuno ha giustamente chiesto perché al tavolo dei relatori non fosse presente anche un esponente della Chiesa ortodossa. Gli organizzatori hanno spiegato che lo si desiderava, e del resto gli ortodossi erano presenti ai lavori della Sessione, ma per svariati motivi nessuno di loro ha accettato di partecipare alla conferenza finale. Anche durante i lavori dei giorni precedenti, proprio da parte ortodossa erano venute fuori le maggiori perplessità intorno al concetto stesso di “riforma” delle Chiese: se – insistevano – la Chiesa “è” una determinata realtà, non può essere cambiata.

Da questa provocazione ha avuto inizio l’intervento di Dianich, il quale ha affiancato alla “ontologia” della Chiesa la sua “fenomenologia”, ossia il suo sviluppo nella Storia in questo tempo che sta a metà tra l’ascensione di Cristo e il suo ritorno. “La Chiesa è missione – ha detto. – E se il destinatario della missione cambia, anche l’annuncio si deve adeguare”. In particolare, che cosa sta cambiando oggi, quali sono i segni dei tempi? “In Europa assistiamo alla decadenza numerica delle Chiese, sia per l’abbandono della fede da parte dei credenti, sia per l’arrivo di immigrati di diversa religione. È la fine irreversibile del sistema di cristianità che ha plasmato la nostra cultura. In passato erano i Paesi cristiani a mandare evangelizzatori nel resto del mondo; oggi questa divisione del mondo in due parti non ha più senso. Non si tratta di ‘ricristianizzare’ la società, magari con l’imposizione. La riforma di tutte le riforme consiste nell’essere missionari attraverso i rapporti personali nella libertà della comunicazione, inclusa la comunicazione della propria esperienza di credenti”.

Nella pratica della vita ecclesiale, questo implicherà più sinodalità, cioè la partecipazione di tutti alla evangelizzazione; il decentramento dell’autorità; e uno stile di vita il più vicino possibile a quello della Chiesa delle origini.

Davide Romano ha offerto una vivace immagine della sua Chiesa, quella avventista, nata non per una “riforma” ma per un “risveglio”. I seguaci di Lutero, infatti, hanno presto “ingessato” l’insegnamento del fondatore, diventando restii a ulteriori cambiamenti; di qui i nuovi movimenti nati all’interno delle Chiese protestanti. Ha poi citato il teologo cattolico Ernesto Balducci, quando disse che “il dogma [nel senso di dogmatismo, ndr] a volte diventa un bastione per difendere la Chiesa dalle incursioni dello Spirito”. Ci si aggrappa ai propri idoli. Già nella Bibbia, prima della riforma di Giosia (2Re 22-23), c’era addirittura un idolo di Baal dentro il tempio di Gerusalemme!

“Preghiamo – ha detto – perché le culture si lascino istruire e contraddire dallo Spirito santo. L’ecumenismo non deve portare a una omologazione tra le Chiese, bensì alla valorizzazione delle differenze. In passato ci si lamentava delle liti tra teologi, oggi sono diventate una faccenda totalmente innocua… Una controversia, purché fatta non per scopi di competizione, può avere più valore di un dialogo tollerante”. Un argomento su cui le Chiese tacciono troppo è il futuro, “che oggi non gode di molta popolarità, è visto come una minaccia. Le Chiese devono ricordare la cosiddetta ’riserva escatologica’, il fatto che il futuro non è frutto della nostra pianificazione ma dono della promessa divina”.

 

Un vademecum per le celebrazioni ecumeniche

Nella settimana del Sae la liturgia è stata vissuta con celebrazioni confessionali ed ecumeniche realizzate da un gruppo formato da cattolici ed evangelici; con gli ortodossi è stato pregato l’Acàtistos a Gesù davanti alla Porziuncola. È stato inoltre valorizzato lo Shabbat per ribadire il ruolo di fondamento che Israele costituisce per il cristianesimo. Un ulteriore spazio di condivisione e lavoro comune sono stati i gruppi di studio e i laboratori, che – riportano gli organizzatori – “hanno risolto pregiudizi, destato sorprese, valorizzato i doni di ognuno, approfondito la riflessione iniziata nelle plenarie arricchendola dell’apporto di tutti”. Il gruppo “Liturgia tra tradizione e riforme” ha realizzato un Vademecum per le celebrazioni ecumeniche e una Celebrazione per il tempo per il creato. I bambini hanno seguito un loro percorso, mentre i gruppi di studio hanno risposto alle domande di Riccardo Maccioni, caporedattore di Avvenire.

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Servi premurosi del popolo di Dio https://www.lavoce.it/servi-premurosi-del-popolo-di-dio/ Wed, 21 Dec 2016 09:00:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=48115 Mons.-Sigismondi-all'assemblea-diocesana-settembre-2014Se il Canone Romano presenta i ministri ordinati come “peccatori fiduciosi nella infinita misericordia di Dio”, il prefazio della Messa crismale li chiama “servi premurosi del popolo di Dio”. Questo è il profilo che la lex orandi traccia dei ministri ordinati, che hanno la missione di piegare le ginocchia oltre che calzare i sandali, di dilatare il cuore oltre che sottoporre le spalle al peso dell’ufficio pastorale, di porgere l’orecchio oltre che prendere la parola, di tendere le mani oltre che aprire gli occhi, di usare l’aspersorio oltre che il turibolo, di suonare il campanello delle case oltre che le campane. Come c’è una “teologia genuflessa”, così non può mancare una “pastorale genuflessa”. Invano si calzano i sandali se non si piegano le ginocchia, se non si sente il bisogno, ogni giorno, di “soffermarci in preghiera per chiedere al Signore che torni ad affascinarci”. Gesù, alla vista delle folle numerose, non prova agitazione ma sente compassione, spezza i pani per circa cinquemila uomini (cf. Mt 14,13-23), conservando la libertà di salire sul monte, in disparte, per raccogliersi in preghiera, “sorgente inesauribile della consegna di sé al Padre”. L’apostolato del cuore risponde a questa regola: “ciò che non si ama stanca”. Chi si affida al Signore conosce la fatica ma non la stanchezza, che è il salario di chi confida in se stesso. La stanchezza, oltre ad essere causa di affanno pastorale, è sintomo del mancato coinvolgimento del cuore nel portare, “come sigillo impresso sull’anima”, il giogo del gregge caricato sulle spalle. Spendersi senza donarsi, consumarsi senza consegnarsi, è una patologia di cui soffre chiunque ignori che non si può avere la stoffa del buon Pastore senza la lana dell’Agnello immolato. La pastorale dell’orecchio sollecita a “conservare un contatto continuo con le Scritture” e a prestare ascolto ai fratelli senza impazienza e senza fretta.

Papa Francesco afferma che un vero pastore, “avendo accettato di non disporre di sé, non ha un’agenda da difendere, ma consegna ogni mattina al Signore il suo tempo per lasciarsi incontrare dalla gente e farsi incontro”. Frammenta il tempo, trasformandolo in spazio, chi rinuncia a passare dall’irrigazione “a pioggia” delle iniziative pastorali prive di iniziativa a quella “a goccia” della direzione spirituale che avvia processi. L’apostolato delle mani tese sente col cuore quello che vede con gli occhi, esprime nell’abbraccio dello sguardo il battito del cuore, non esitando a fermarsi e chinarsi ovunque ci sia qualcuno che chiede aiuto per rimettersi in piedi. La parabola del buon Samaritano insegna che nulla accade “a caso”, nemmeno negli incontri che avvengono “per caso” (cf. Lc 10,25-37). In ogni strada, per un misterioso accordo di circostanze e di eventi, c’è sempre una corsia che conduce a Dio, che offre alla Provvidenza l’occasione di misericordiosi interventi. La pastorale dell’aspersorio va incontro al popolo di Dio con l’acqua del Battesimo, “fonte dell’umanità nuova”. Chi sa usare l’aspersorio talora è allergico all’incenso, e tuttavia chi maneggia bene il turibolo non sempre prende in mano volentieri il secchiello e le ampolle con gli oli santi. Infonde l’incenso nel turibolo “in spirito e verità” chi non esita a ungere gli infermi, versando sulle loro ferite l’olio della consolazione, e a benedire l’acqua lustrale, mescolando in essa un po’ di sale che, nello sciogliersi, ricorda alla Chiesa la sua funzione risanatrice, quella di mostrare la capacità del Vangelo di umanizzare l’esistenza.

L’apostolato del campanello non rinuncia al suono delle campane, ma lo amplifica avvicinandosi alla porta di casa delle famiglie, senza “passare oltre” davanti a chi ha irrimediabilmente spento il fuoco dell’amore coniugale e senza trascurare quanti attendono di rattizzarlo, di ravvivarlo o, addirittura, di farlo divampare. Se non si riparte dalla famiglia, con una pastorale che “non predica ai bambini e benedice gli adulti ma benedice i bambini e predica agli adulti”, l’impegno per l’evangelizzazione sarà sempre una rincorsa affannosa.

“Instancabili nel dono di sé, vigilanti nella preghiera, lieti e accoglienti nel servizio della comunità”: questo è il “protocollo” stabilito dalla lex orandi per i ministri ordinati, chiamati ad essere “servi premurosi del popolo di Dio”.

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Con lo sguardo al futuro https://www.lavoce.it/con-lo-sguardo-al-futuro/ Thu, 24 Sep 2015 09:13:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43492 Da sinistra Pellegrini, Giovagnoli, Truffarelli, Massini, Bassetti, Camaiani
Da sinistra Pellegrini, Giovagnoli, Truffarelli, Massini, Bassetti, Camaiani

Nella cornice dell’elegante Sala Brugnoli del Palazzo della Regione dell’Umbria, l’Azione cattolica diocesana di Perugia-Città della Pieve, nella mattinata di sabato 19 settembre ha concluso i festeggiamenti per il suo Centenario di presenza nel territorio perugino, con un convegno pubblico su “Un impegno di Umanità e Santità. La politica tanto denigrata, è una vocazione altissima” che ha visto coinvolta la Presidenza nazionale di Azione cattolica.

Nel saluto di benvenuto il presidente diocesano di Ac, Alessandro Fratini, ha sottolineato che la scelta di concludere l’anno del centenario con un incontro pubblico su un tema caldo come quello della politica è stata dettata dalla volontà di “essere testimoni coraggiosi e credibili in tutti gli ambiti di vita” secondo le indicazioni di Benedetto XVI, per dare un segno importante di attenzione e d’impegno alla città.

Nel titolo dell’incontro, come ha sottolineato il card. Gualtiero Bassetti nel suo discorso di prolusione, erano già delineate le due figure a cui l’Azione cattolica ha deciso di far riferimento nella sua riflessione storica sull’associazione e sulla Chiesa riguardo alla politica come vocazione: Giorgio La Pira e Papa Francesco.

Il Cardinale ha sottolineato l’emozione di poter parlare di queste due figure a lui molto care perché entrambe conosciute personalmente in tempi diversi della sua vita. Questi due grandi uomini, ha detto Bassetti, hanno in comune la logica del servizio che li ha portati a incarnare il Vangelo nella sua totalità, come diceva don Primo Mazzolari “carità significa non dare qualcosa ma dare tutto. Chi non dà tutto non è nella carità”.

Se per La Pira la vocazione di ciascuno è costruire la città dell’uomo, per farlo adeguatamente bisogna saper pensare, per questo mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia, si è rallegrato di vedere molti giovani tra i partecipanti, perché “oggi abbiamo bisogno che i giovani pensino” e “oggi c’è bisogno di chi ha grandi pensieri, pensa al mondo e ha purezza d’ideali”.

L’Azione cattolica, ha aggiunto, è attenta all’organicità del percorso umano, pregando, pensando e agendo e per questo in questa giornata “prova a dare – ha sottolineato Gigi Massini moderatore dei lavori – qualche coordinata su come amare Dio e l’uomo”. Ad aprire il convegno è stato lo storico Giancarlo Pellegrini, che ha raccontato il fermento associativo in Umbria e le sue relazioni con la storia sociale e politica del nostro Paese. Una storia, quella dell’Ac umbra e perugina in particolare, fatta di tanti nomi, volti e storie di gente che si è spesa al servizio della spiritualità, dell’evangelizzazione e della carità.

Una vera “palestra di santità” in cui si cresce insieme nella fede e ci si rimbocca le maniche per contribuire in diverse forme (educative, culturali, artigianali,…) alla vita sociale. Un luogo umano in cui si è formato un uomo come Vittorio Trancanelli.

Matteo Truffelli, docente presso l’Università degli Studi di Parma e presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana, ha aggiunto tanti altri nomi di rilievo tra cui Giuseppe Toniolo, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giovanni Leone, Oscar Luigi Scalfaro e lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un incontro come questo, ha sottolineato Truffelli, serve “a fare memoria non con gli occhi all’indietro ma con lo sguardo al futuro, per comprendere come l’Ac ha avuto la capacità di rinnovarsi, ripensarsi e riorganizzarsi cercando le forme più efficaci per stare con uno sguardo illuminato dalla fede nel proprio tempo”.

Una storia che ha visto l’Associazione fare una scelta, ancora oggi a volte non compresa e contestata: la “scelta religiosa” con la quale si scelse di stare nel mondo rinunciando ai vantaggi del potere politico ed economico per puntare, disse il presidente Vittorio Bachelet in uno scritto del 1973, a “essere fermento, servizio di carità nella costruzione di una città comune in cui ci siano meno poveri, meno oppressi e meno gente che ha fame”.

Bruna Bocchini Camaiani, dell’Università degli Studi di Firenze, ha continuato su questo tema dei poveri e dell’impegno “politico”a cui i credenti sono chiamati, a partire dall’esperienza di Giorgio La Pira e dal suo testo ancora molto attuale L’attesa della povera gente.

Agostino Giovagnoli, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha evidenziato la relazione tra Chiesa e politica italiana a partire dalla figura di Papa Francesco, un papa non europeo e non italiano e per questo portatore di una visione più globale del mondo. Ripercorrendo la storia del rapporto tra l’Ac e la Democrazia Cristiana, e tra questa e i pontefici che si sono succeduti dopo il Concilio (con il sempre più importante ruolo dato alla Conferenza episcopale italiana dai pontefici non italiani, da Woityla a Bergoglio), si è arrivati a riflettere sul ruolo che i cattolici debbono avere oggi nel contesto ecclesiale e civile.

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Quali “possibili” cambiamenti nella diocesi di Foligno nel prossimo futuro? https://www.lavoce.it/quali-possibili-cambiamenti-nella-diocesi-di-foligno-nel-prossimo-futuro/ Thu, 24 Sep 2015 08:48:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43450 Andrea Riccardi e mons. Gualtiero Sigismondi all'assemblea diocesana
Andrea Riccardi e mons. Gualtiero Sigismondi all’assemblea diocesana

Domenica 20 settembre, a poche ore dalla conclusione dei lavori dell’Assemblea diocesana in quella celebrazione che ne è il naturale completamento liturgico, la festa della Dedicazione della Cattedrale, il vescovo Gualtiero Sigismondi durante l’omelia ha voluto indicare con chiarezza che cosa attende la Chiesa di Foligno nell’imminente futuro.

Dopo aver ricordato che “la Chiesa è fatta non di mattoni ma di pietre vive” e che “il tempio materiale è segno evocativo della Chiesa viva e operante nella storia, cioè di quel tempio spirituale di cui Cristo è la pietra d’angolo”, un tempio il cui cantiere è sempre aperto e si chiama “evangelizzazione”, il vescovo ha indicato tre priorità di lavoro, riprendendo la metafora del ponte, slogan dell’Assemblea e immagine così cara a papa Francesco.

Innanzi tutto il ponte tra “liturgia e vita, tra preghiera e azione, tra gesti e parole” (Andrea Riccardi nella sua relazione aveva detto “tra diaconìa ed eucaristia”). Il vescovo ha chiarito che è un ponte già in piedi, ma che deve essere rinforzato. Non è difficile leggere in questa immagine una vena di preoccupazione per una struttura di servizio ai poveri e ai bisognosi sempre più ampia e attiva, sottoposta tuttavia al duplice rischio di sostituirsi ai servizi pubblici trasformandosi in assistenza sociale e di non riuscire a stimolare le comunità parrocchiali all’esercizio della carità, che appare in certi frangenti come tacitamente delegato agli “specialisti”.

Il vescovo ha poi sottolineato che “il ponte tra ministri ordinati e fedeli laici è interrotto o ridotto a un ponte levatoio”, precisando che l’opera di ricostruzione deve partire dalla semplificazione delle strutture pastorali e dalla “messa a sistema degli organismi di partecipazione”. Sempre pronti a critiche collettive più o meno motivate gli uni verso gli altri, laici e ministri ordinati sono chiamati a convergere al tavolo della corresponsabilità costituito da consigli pastorali e per gli affari economici, sia parrocchiali sia diocesani, superando diffidenze e timori che hanno prodotto un vero e proprio “letargo sinodale”. Ci si prova da anni, per ora con risultati deludenti.

Il terzo ponte, in questo caso in fase di progettazione, è quello della riconfigurazione territoriale della diocesi. Mons. Sigismondi ha lasciato intendere come le opzioni in campo per Foligno siano sostanzialmente due: un’unica diocesi con il territorio di Assisi, o una fusione con l’antica diocesi di Spoleto. Anche se le Chiese non si ritagliano sui dati dei censimenti, perché sono storia di popoli in cammino (lo ha ricordato Riccardi), è ormai chiaro come i tempi siano maturi per un passo verso la semplificazione.

Il vescovo ha voluto preparare la sua gente alla vigilia delle riunioni della Ceu e del Consiglio permanente della Cei che affronteranno questo argomento. In quali tempi accadrà? Prevarranno le considerazioni di “vicinanza” pastorale con la diocesi di Assisi con la quale da anni quella di Foligno collabora e realizza esperienze comuni come la scuola interdiocesana di teologia? E nel frattempo quali semplificazioni attendono gli uffici pastorali? Quali strumenti concreti verranno adottati per rilanciare gli organismi di partecipazione? E come si dovrà operare per rendere più stretto il rapporto tra liturgia e vita nella comunità diocesana?

Tutti i cambiamenti possono generare preoccupazione, ma quella che ci attende è una bella stagione, perché la Chiesa, lo ha ripetuto più volte il vescovo Gualtiero, conosce una sola stagione: la primavera.

 

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I frati del Terzo ordine regolare in Umbria https://www.lavoce.it/i-frati-del-terzo-ordine-regolare-in-umbria/ https://www.lavoce.it/i-frati-del-terzo-ordine-regolare-in-umbria/#comments Wed, 23 Sep 2015 10:57:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43415 Convento annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace a Massa Martana
Convento annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace a Massa Martana

Il Terzo ordine regolare di san Francesco (da non confondersi con l’Ordine francescano secolare), è un Ordine religioso di riconoscimento pontificio. La sua origine avviene attorno agli antichi movimenti o gruppi di penitenti sviluppatisi nel Medioevo. Alcuni di questi gruppi, dopo l’incontro con il carisma di Francesco di Assisi, si sono associati e hanno assunto la consistenza di un vero e proprio Ordine religioso.

Nella Chiesa, l’Ordine è denominato: Terzo ordine regolare di san Francesco (Tor). Oggi è composto da quasi un migliaio di frati sparsi nel mondo, che vivono il carisma della penitenza continua secondo la spiritualità di san Francesco, attraverso varie espressioni di vita fraterna e pastorale. La famiglia religiosa è presente in molte nazioni: in Italia, Spagna, Croazia, Stati Uniti, India, Sudafrica, Sri Lanka, Brasile, Paraguay, Messico, Svezia, Bangladesh, Filippine, Perù.

È costituita dal ramo maschile, di vita attiva, ma anche da quello femminile di vita claustrale. Le attività svolte dall’Ordine vanno dalla vita fraterna per la pastorale nelle parrocchie, alla conduzione di scuole e università, senza tralasciare le attività di impegno prevalentemente assistenziale e caritativo.

In Italia i frati del Terzo ordine sono un centinaio, ripartiti in due province religiose. La provincia di San Francesco, costituita da nove fraternità distribuite tra il Nord e il Centro Italia, comprende le due fraternità umbre di Assisi e Massa Martana. Vi è poi la provincia dei Ss. Gioacchino e Anna che è presente maggiormente in Sicilia.

L’insediamento dei frati del Terzo ordine regolare di san Francesco in Umbria, e in particolare a Massa Martana, ha origine nel XIV secolo. Questi vivevano inizialmente in forma eremitica presso la località detta “del Busseto” dove, secondo la tradizione, subirono il martirio i santi Fidenzio e Terenzio. Questo luogo costituì il primo nucleo intorno al quale nel secolo XV si svilupparono il convento e la chiesa di S. Antonio Abate di Busseto. Ai frati era affidata, oltre all’officiatura della suddetta chiesa, la cura pastorale dei fedeli nelle chiese limitrofe alla città di Massa Martana. Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo i frati si stabilirono presso la chiesa di S. Maria della Pace e lì costruirono l’annesso convento che ancora oggi abitano.

Padre Mauro Dipalo
Padre Mauro Dipalo

Attualmente il carisma dei frati del Tor a Massa Martana si esprime nel vivere la fede in Cristo custodendo la comunione fraterna attraverso la vita comune, la preghiera, la celebrazione dei sacramenti, l’animazione giovanile e altre opere di evangelizzazione. La fraternità è composta da tre frati che in misura diversa collaborano con il parroco per le attività pastorali cittadine. Il convento inoltre è sede di pastorale giovanile ed è casa di postulantato della stessa provincia religiosa; pertanto la fraternità è spesso coinvolta in attività con gruppi di giovani, soprattutto nel periodo estivo.

Non mancano momenti di incontro per le famiglie, la catechesi per adulti, la formazione su temi di attualità e sui fondamenti della fede cristiana che si svolgono settimanalmente. La comunità è supportata anche da numerosi laici che collaborano con i frati in alcune attività e da una fraternità locale di francescani secolari. Quotidianamente è possibile vivere momenti di condivisione nella preghiera e nel lavoro, oltre alla disponibilità di celebrare l’eucaristia e il sacramento della riconciliazione. Ogni settimana la comunità infine prega per le vocazioni alla vita matrimoniale, sacerdotale e religiosa attraverso l’adorazione eucaristica.

Il desiderio della fraternità è quello di vivere la comunione con Dio e con i fratelli e di condividerla con gli uomini e le donne del nostro tempo. Una seconda fraternità dell’Ordine in Umbria è situata nel cuore della città di Assisi. Si tratta del convento di Sant’Antonio di Padova cui è annessa la chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Chiesa che domina la piazza del Comune con il sontuoso pronao di colonne corinzie, frontespizio di un tempio pagano della fine del I sec. a.C. Tempio che in epoca medievale è stato trasformato in chiesa e dal 1613, anche se non in forma continuativa, affidato alla cura pastorale dei frati del Terzo ordine regolare di san Francesco. Attualmente è sede del ministro provinciale per il Centro e Nord Italia.

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Assemblea diocesana: l’intervento del vescovo mons. Sorrentino https://www.lavoce.it/assemblea-diocesana-lintervento-del-vescovo-mons-sorrentino/ Tue, 15 Sep 2015 13:05:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43239 Mons. Domenico Sorrentino
Mons. Domenico Sorrentino

Dopo la missione negli Stati Uniti per testimoniare la vicinanza a quanti intendono seguire la proposta delle “Famiglie del Vangelo”, dopo il successivo viaggio in Albania per partecipare al convegno organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, giovedì 10 settembre il vescovo Sorrentino ha pronunciato il suo saluto all’Assemblea diocesana raccolta presso la Domus Pacis di S. Maria degli Angeli per confrontarsi sul tema “La Chiesa, oasi di misericordia”.

Queste le sue parole: “Carissimi fratelli e sorelle, con l’Assemblea diocesana diamo inizio al nuovo anno pastorale. Lo scorso 12 agosto, solennità di san Rufino, abbiamo chiuso ufficialmente la fase celebrativa del Sinodo. Appena possibile esaminerò attentamente l’insieme delle proposte per consegnarvi i decreti sinodali”.

Il passaggio dal Sinodo alla sinodalità, ovvero dalle proposizioni già elaborate ai decreti definitivi, esige un’attenta opera di revisione culturale finalizzata a dare una prospettiva e un significato alla Chiesa in cammino. Non è dunque terminato il lavoro dei sinodali né degli operatori pastorali, che con i loro suggerimenti possono ispirare l’arduo compito di sintesi affidato al Vescovo.

È lui stesso a richiedere uno scatto di entusiasmo, “una accelerazione all’impegno sulla base di un progetto condiviso”. Il materiale sinodale è giudicato valido e ricco ma necessita – come si può comprendere – di una linea di insieme che conduca al Libro del Sinodo.

Nel saluto del Vescovo non poteva mancare un riferimento all’enciclica di Papa Francesco Laudato si’ che sprona a custodire le bellezze del creato: “Mettiamo dinanzi al nostro sguardo come maestra di ascolto profondo, meditativo e trasformante Maria, regina di tutto il creato. Ci aiuti lei a guardare questo mondo con occhi più sapienti e a custodire nel cuore la Parola di verità”.

Il Vescovo sa apprezzare la meraviglia panoramica della sua stessa dimora: “Quando l’11 febbraio del 2006 feci il mio ingresso pastorale ad Assisi, rimasi senza fiato di fronte a quel paesaggio che otto secoli prima era stato ammirato dallo sguardo estatico del figlio di Bernardone… Quella distesa di verde trapunta di ulivi, querce e cipressi, che qua e là, in primavera, è interrotta dal giallo-oro del grano e che ogni giorno vedo slargarsi dolcemente dentro una frontiera di miti pendii…”.

L’anno che ci sta davanti – ha rimarcato il presule – è soprattutto segnato dall’evento straordinario del Giubileo della Misericordia. È dunque così inattuale la misericordia, nella condizione di crisi che avvolge la società e pertanto anche la Chiesa? L’argomento è stato affrontato a conclusione dell’Assemblea dal Vescovo che, galvanizzato dalle precedenti, pertinenti esposizioni dei relatori, ha preferito procedere con una impostazione consona a una scelta “geometrica”.

All’apice di un triangolo si pone la crisi dei valori, che reclama la nuova evangelizzazione; su un lato, la crisi delle relazioni che frantuma la società e il nucleo familiare; all’altro lato la crisi della solidarietà che sfocia nell’egoismo, proprio quando permangono e anzi avanzano vecchie e nuove povertà. Tale triangolo si iscrive nel quadrilatero della speranza. Su un lato, Gesù vivo; su un altro lato la formazione del cristiano che deve acquisire i caratteri distintivi della coerenza, della coscienza e della costanza; su un altro, il cristiano in relazione con la famiglia, le piccole comunità, le unità pastorali; infine la missione, l’accoglienza, la solidarietà. Al centro del quadrilatero domina Gesù-eucarestia.

Questo schema logico si pone come fondamento del Piano pastorale (consegna domenica 20 settembre, alle ore 16.30 in cattedrale di San Rufino) il cui perno è la custodia del creato e la misericordia, evocante quest’ultima lo stesso Cantico delle creature.

Scrive in merito il Vescovo nel saggio dedicato alla citata enciclica: “Si apre così, nel Cantico, la prospettiva della tenerezza e della misericordia, quella che scaturisce, per ricordare l’Evangelii gaudium, dalla gioia del Vangelo: retaggio dei credenti ma senza esclusivismo, perché ogni uomo di buona volontà può intuire che tenerezza e misericordia sono il segreto di una umanità che voglia uscire dal vicolo cieco di guerre senza fine e senza gloria”.

Il Vescovo ha inoltre fatto riferimento alle integrazioni e agli avvicendamenti in seno all’organigramma della diocesi accennando ai cambiamenti nelle parrocchie. L’appello alla comprensione e alla responsabilità della comunità è stato dettato dalla consapevolezza o previsione di preoccupazioni, incomprensioni e reazioni, fermo restando lo scopo precipuo – intenzionalmente perseguito dal Vescovo – di una pastorale protesa a una Chiesa ancora più dinamica.

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Perugia. Essere Chiesa che annuncia ed evangelizza https://www.lavoce.it/perugia-essere-chiesa-che-annuncia-ed-evangelizza/ https://www.lavoce.it/perugia-essere-chiesa-che-annuncia-ed-evangelizza/#comments Fri, 11 Sep 2015 13:40:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43209 Perugia-cattedraleInsegnare, santificare, governare, sono funzioni proprie del Vescovo di una diocesi. In quanto “Pastore” si prende cura del gregge e lo fa non in solitudine ma con la collaborazione dei presbiteri, in primis, dei religiosi e dei laici.

Non è sempre stato così. Prima del Concilio Vaticano II i semplici battezzati sembravano quasi non esistere tanto che Papa Giovanni XXIII usò l’immagine di una Chiesa con una grande testa ed un piccolo corpo per descrivere la situazione.

Con la Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II “Lumen gentium” i laici rientrano a pieno titolo in quel “popolo di Dio” al quale i Padri conciliari dedicano il capitolo II del documento, dopo quello dedicato al “Mistero della Chiesa” e prima del capitolo dedicato alla “Costituzione gerarchica della Chiesa e in particolare dell’episcopato”.

Il cambiamento di prospettiva prende anche forme concrete quali sono, per esempio, i consigli pastorali ai quali sono chiamati a partecipare i laici e le assemblee diocesane come quella che vive in questi giorni (11 e 12 settembre) la Chiesa di Perugia – Città della Pieve.

Un cambiamento di mentalità, prima che di strutture, che don Paolo Asolan sottolinea quando gli chiediamo di anticipare a La Voce alcuni temi delle relazioni con cui si apre l’assemblea diocesana.

Don Asolan, sacerdote della diocesi di Treviso docente di teologia pastorale, ha ricevuto le relazioni che le Unità pastorali e le consulte degli uffici pastorali diocesani hanno redatto in preparazione all’assemblea. Le ha lette con attenzione avendo avuto il compito “leggere la situazione” che da queste emerge e proporre piste di riflessione.

Non farà una relazione per dare indicazioni sul da farsi. “Non sono un oracolo – dice – e poi questo sarà il compito dell’assemblea”. È stato fatto un “lavoro ricco e interessante” e leggendo i contributi ne ha ricavato una “buona impressione”, di apertura e di ricerca.

Per esempio la riorganizzazione in Unità pastorali è “ben accolta” nella “consapevolezza che la parrocchia da sola non ce la fa”, anche se, sottolinea, c’è un cambiamento di mentalità che si fatica a fare. “Si tratta di superare 500 anni di parrocchia tridentina”, osserva Asolan. “La parrocchia passa dall’essere luogo di servizi religiosi a soggetto di evangelizzazione” e si tratta di capire “come intendere l’evangelizzazione oggi”.

Su questo cambiamento, che il cardinale Gualtiero Bassetti chiede alla comunità diocesana con la Lettera pastorale “Missione e conversione pastorale”, l’assemblea diocesana dovrà portare proposte per un cammino di rinnovamento rispondendo all’invito a essere una “Chiesa, popolo che annuncia e testimonia Cristo – Vivere e agire da credenti in stile missionario”, come recita il tema dell’assemblea.

Due in particolare le parole fondamentali che don Asolan proporrà all’assemblea: speranza e fraternità da offrire alla gente che non ha uno sguardo sul futuro, immersa in realtà disgregate.

Si tratta, dice don Asolan, di vedere le Unità pastorali come Chiesa situata in un territorio con il quale dialoga, di comprendere la missione in termini di “cultura cristianamente intesa” ovvero far vedere “il rapporto con Gesù come la luce attraverso cui vedere il rapporto con la comunità”, superando il linguaggio a volte troppo sociologico che si ritrova nei contributi elaborati.

Ai gruppi che si riuniranno sabato mattina il compito di elaborare proposte coraggiose per una Chiesa missionaria.

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La casa dei giovani https://www.lavoce.it/la-casa-dei-giovani/ Thu, 10 Sep 2015 08:14:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43137 Alcune delle giovani volontarie al lavoro
Alcune delle giovani volontarie al lavoro

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, questo lo slogan del campo lavoro tenutosi nella casa diocesana di Spagliagrano nei giorni 3-5 settembre scorsi. Una moltitudine di ragazzi, circa settanta nella giornata di sabato, provenienti da diverse zone della diocesi di Orvieto-Todi, ha accettato l’invito rivolto dalle due coppie di sposi Paola e Leonardo, Fabrizio e Mariana con i loro due bambini, che abitano stabilmente la casa da un annetto, e dal seminarista Davide Basili, che ormai abitano stabilmente la casa da circa un anno.

La proposta era quella di mettersi in gioco e di sporcarsi concretamente le mani, facendo semplici lavori di ristrutturazione, di pulizia, di verniciatura per rendere la casa un luogo migliore e più accogliente, ma soprattutto per far sì che Spagliagrano possa diventare anche la casa di ogni ragazzo che passa da lì.

La parola-chiave del campo è sicuramente stata “servizio”. Ad aiutare sono stati giovani volontari, dai 14 anni in su, che come ricompensa non hanno avuto altro che la possibilità di vivere, in pienezza e insieme, un’esperienza diversa.

La bellezza del campo lavoro, come è anche emerso nella condivisione fatta la sera finale, è proprio nel donarsi gratuitamente agli altri e per gli altri; è affrontare la fatica e la stanchezza, scoprendo che insieme si dimezzano; è farsi forza e coraggio a vicenda nei momenti in cui si crede di non farcela; è sperimentare la gioia di vedere realizzata e apprezzata una piccola parte del proprio lavoro; è mettersi in gioco scoprendo nuovi talenti e cimentandosi in attività mai svolte prima.

La struttura della giornata era scandita dalla preghiera comunitaria: al mattino le lodi e a fine giornata i vespri, il vero motore spirituale del campo. La sveglia al mattino suonava presto. Immediatamente dopo la preghiera e la colazione, venivano spartiti i ragazzi in gruppi di lavoro, ognuno con un responsabile che coordinava le attività da svolgere fino all’ora di pranzo.

Successivamente, già dal primo pomeriggio si completavano i lavori iniziati la mattina, o se ne aggiungevano altri fino al momento della preghiera del vespro. La sera invece gli organizzatori avevano previsto serate animate e divertenti, con giochi e musica; a eccezione del venerdì sera in cui si è vissuto insieme un momento di preghiera e di adorazione eucaristica in cui i giovani sono stati sollecitati a riflettere su tutti i doni ricevuti nel corso della loro vita e quindi di ringraziare il Signore per essi.

Ad accompagnare i ragazzi non sono stati solo educatori e coloro che abitano già la casa, ma anche i sacerdoti don Riccardo Ceccobelli e don Marco Gasparri, alcuni volontari dell’Operazione Mato Grosso e i ragazzi della comunità Caritas di Villa San Faustino.

In un mondo in cui si evidenzia sempre il lato negativo delle situazioni, in cui i giovani vengono fatti passare tutti come svogliati o irrequieti o ancora più spesso depravati, è invece bello contrapporre una testimonianza di bene vero. Tutti, infatti, dai più piccoli agli adulti, hanno compiuto una scelta nel vivere con responsabilità e freschezza i giorni a Spagliagrano, donandosi e spendendosi non solo per una casa ma per il Signore.

 

Un’estate ricca di iniziative

Uno dei momenti vissuti insieme dai ragazzi e dai sacerdoti del campo lavoro a Spagliagrano è stato la condivisione delle esperienze vissute durante l’estate. Molto sono infatti le iniziative proposte dalla Pastorale giovanile, confacenti a tutte le esigenze di giovani di età e necessità diverse. Oltre ai Grest parrocchiali, che vedono un bacino sempre più ampio di aderenti, vi sono i campeggi. Quest’anno dall’Azione cattolica diocesana è stato organizzato quello a Loreto, “Ecco la vostra Casa!” nel quale giovanissimi ed educatori nei primi giorni si sono messi concretamente in cammino per la via lauretana affidandosi alla generosità e all’ospitalità dei paesi e delle cittadine incontrate lungo il cammino, per poi terminare il campo nel Centro “Giovanni Paolo II” a Loreto. Altri giovani hanno invece partecipato al campo lavoro presso la casa “Aranceto” in Calabria, dove a prevalere sono state la preghiera e il lavoro nei campi. Differente la missione in Albania che la diocesi porta avanti ormai da anni, dove i ragazzi fanno esperienza di evangelizzazione e servizio stando spesso a contatto con persone povere e bambini.

 

 

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Donne nel mondo… per Dio https://www.lavoce.it/donne-nel-mondo-per-dio/ Thu, 03 Sep 2015 10:44:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43021 celebr-conclusiva-ordo-virginum
foto Andrea Coli

03/09/2015 – Sono circa 650 in tutta Italia le donne che hanno scelto di ricevere il rito di consacrazione dell’Ordo virginum. Altre 400 si stanno formando per riceverlo.

In Umbria le consacrate sono 12, distribuite nelle varie diocesi: 6 a Perugia, una a Terni, una ad Orvieto, una a Gubbio e tre ad Assisi. Quattro, invece, quelle in formazione: 3 a Perugia e una a Spoleto.

Le tre della diocesi di Perugia riceveranno il rito proprio il prossimo martedì 8 settembre nella cattedrale di San Lorenzo.

L’Ordo virginum rappresenta il più antico rito di consacrazione della Chiesa, se ne ha memoria già tra le prime comunità cristiane. Si tratta di uno stato di vita consacrata laica rivolto a donne che, pur continuando a vivere nel mondo secondo uno stile di vita ordinario, hanno scelto di dedicarsi al servizio di Dio, della Chiesa e del prossimo.

L’Ordo virginum scomparve tra il III e il IV secolo d. C. per motivi sociali: era impossibile per una donna vivere nel mondo senza avere la protezione e il sostegno economico di un uomo. Si diffusero così le forme religiose di vita consacrata, dove la scelta vocazionale comportava la vita all’interno di un ordine e di un convento e la conseguente protezione della donna in termini sociali ed economici.

È stato il Concilio vaticano II a ripristinare questa forma di consacrazione con la Sacrosantum concilium del 1963 (il nuovo Rito è promulgato nel 1970), che da allora non ha mai smesso di portare nuove vocazioni.

“A riprova – spiega Maddalena Mazzeschi, prima consacrata in Umbria nel 1998, insieme a Simonetta Cesarini – che si tratta di uno stato di vita che risponde alle esigenze attuali delle donne”.

Lo scorso anno l’Ordo virginum ha ricevuto l’ultimo importante tassello di affermazione. “I vescovi italiani – spiega Maddalena – hanno pubblicato una nota pastorale che spiega nel dettaglio caratteristiche, ruoli e modi di questa consacrazione. Prima, non avendo una regola o un carisma univoco a cui richiamarsi, l’Ordo virginum metteva spesso in difficoltà i vescovi, che non sapevano come muoversi di fronte alle singole richieste”.

Le donne che ricevono la consacrazione dell’Ordo virginum hanno, infatti, una vita ordinaria: lavorano nei più svariati ambiti, non portano segni distintivi, non hanno nessun servizio pastorale specifico.

“Abbiamo una proposta di castità – spiega Maddalena -, ma non facciamo voto di povertà e di obbedienza. In realtà, però, abbiamo una sorta di obbedienza nei confronti del nostro vescovo, che è il nostro unico punto di riferimento, è lui che esprime il discernimento in ordine al cammino di ogni singola persona, è con lui che definiamo il nostro servizio pastorale in base allo specifico carisma di ognuna. Si tratta di una grande ricchezza della Chiesa, perché ci permette di essere nel mondo e di portare la Parola di Dio anche nei posti e alle persone più impensabili”.

 

Ordo Virginum, Perugia accoglie tre consacrate

Domenica 8 in Cattedrale il rito pubblico dopo quasi dieci anni di attesa dall’ultima cerimonia. Chi sono le tre donne che hanno fatto questa scelta

Martedì 8 settembre, festa della Natività di Maria, la diocesi di Perugia – Città della Pieve accoglie tre nuove consacrate all’Ordo virginum. Il rito sarà pubblico e si svolgerà nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia alle ore 18. Le tre donne si vanno ad aggiungere alle sei già consacrate di questa diocesi e arrivano al rito a distanza di quasi dieci anni dall’ultima consacrazione (era il 2006), dopo esser state ammesse dal vescovo a seguito di un percorso di formazione durato tre anni.

La prima è Marina Colombini, classe 1963, di professione maestra elementare. Proviene dalla parrocchia di Castel del Piano, dove è impegnata nelle cellule di evangelizzazione e in attività di volontariato. La seconda si chiama Beatrice Boscherini, classe 1967, insegnante di religione cattolica. È attiva nella parrocchia di Petrignano del Lago, dove svolge attività di catechismo e animazione. La terza consacrata è Milena Panimbono, classe 1953, dipendente nella Pubblica Amministrazione. È impegnata nella parrocchia di Santo Spirito in attività di volontariato e gruppi di preghiera.

“Il rito di consacrazione – spiega Simonetta Cesarini, prima consacrata “Ordo Virginum” in Umbria nel 1998, insieme a Maddalena Mazzeschi – è solo l’ultima tappa di un percorso lungo che ha portato le tre donne a scegliere questo tipo di vita consacrata. Tutte provengono non solo da diversi contesti lavorativi, ma sono anche attivamente impegnate in diversi tessuti parrocchiali, dove espletano servizi in linea con il loro carisma personale. Dopo la consacrazione, continueranno a muoversi nei loro specifici contesti, pur avendo con noi momenti comuni di approfondimento e aggiornamento, ma soprattutto illuminate dalla nuova grazia ricevuta”.

 

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Sorrentino alla diocesi: per quest’anno unico impegno: evangelizzazione! https://www.lavoce.it/sorrentino-alla-diocesi-per-questanno-unico-impegno-evangelizzazione/ Thu, 13 Aug 2015 12:39:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42482 La lunetta sopra il portale della cattedrale di San Rufino rappresenta l’iconografia più antica del santo
La lunetta sopra il portale della cattedrale di San Rufino rappresenta l’iconografia più antica del santo

Anche quest’anno la solennità di San Rufino, celebrata mercoledì 12 agosto nella cattedrale di Assisi, è stata incentrata sul Sinodo diocesano ed ha visto la partecipazione delle autorità civili e religiose della diocesi. Nella celebrazione il vescovo mons. Domenico Sorrentino ha posto l’accento di gratitudine e lode in solenne ringraziamento per il Sinodo diocesano, indetto tre anni fa e conclusosi nella sua fase celebrativa.

“Il Sinodo non è finito – ha detto – resta la conclusione, l’aspetto affidato al mio ministero. Sono stati tre anni intensi di cui un anno di sensibilizzazione e preghiera ed un anno di consultazione, di sessioni plenarie precedute dal lavoro delle varie commissioni”.

“Per quest’anno – ha detto Sorrentino – solo le linee operative del Papa, a partire dalla sua ultima enciclica, Laudato sii, che riveste un’importanza fondamentale per noi assisani, e il Giubileo della misericordia. Unica linea da seguire è l’evangelizzazione per un grande scatto nella nostra chiesa diocesana di novità e di vitalità”.

L’omelia si è conclusa con l’esortazione del presule alla disponibilità di tutti e in specie dei preti per questo scatto, per questa novità di vita e un invito alla preghiera, perché ora “toccherà al pastore della diocesi, dopo gli elaborati e le proposizioni suggerite dalle commissioni sinodali, fare discernimento per redigere i decreti sinodali che saranno enunciati a dicembre”. A conclusione della santa messa, affinché tutti siano a conoscenza del lavoro e delle conclusioni emerse nelle sessioni sinodali è stato distribuito a tutti un opuscolo con la sintesi dei lavori sinodali.

Ricordando San Rufino, il vescovo ha affermato che è un “Santo che sta alle origini di questa comunità; Rufino ha gettato qui il seme del Vangelo. Il suo sangue unito a quello di Cristo ha portato grande frutto e da quel sangue sono germogliati santi come san Francesco e santa Chiara”.

Durante la cerimonia sono stati portati sull’altare due cesti, uno contenente i ceri e l’altro una casula bianca offerti dal sindaco di Assisi.

Al termine della celebrazione il vescovo Sorrentino si è recato sulla tomba di mons. Sergio Goretti, già vescovo della diocesi per benedire una stele di Fiorenzo Bacci, per ricordare l’opera e l’episcopato del suo predecessore. La stele nella parte alta raffigura monsignor Goretti che va incontro a Gesù e tra i due si trova raffigurato un ramoscello d’ulivo con la scritta “Pax et bonum”. Nella parte inferiore sono collocati altri elementi che identificano la sua identità e il suo impegno di guida e pastore.

 

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Al cuore del vangelo https://www.lavoce.it/al-cuore-del-vangelo/ Thu, 06 Aug 2015 10:05:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42068 porziuncola
La Porziuncola

“Il Giubileo straordinario della Misericordia ci porta al cuore del Vangelo”. Inizia con queste parole il messaggio dei Vescovi umbri pubblicato – in vista dell’Anno santo – con la data del 2 agosto, festa del Perdono di Assisi.

In vista dell’inizio del Giubileo indetto da papa Francesco, che inizierà il prossimo 8 dicembre e terminerà il 20 novembre 2016, i Vescovi delineano la “geografia” della Misericordia in Umbria, evidenziando in particolare due grandi poli: la Porziuncola e il santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza.

Il messaggio rimanda spesso alla bolla di indizione dell’Anno santo, Misericordiae vultus, “ricca di preziose indicazioni”.

Tra le altre, il fatto che giustizia e misericordia “non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore” (MV 20).

E ancora: “La misericordia possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa” (MV 41). “Il Papa – commentano i Vescovi umbri – ci porta, con questa affermazione, al grande spazio del dialogo interreligioso, che diventa oggi sempre più necessario, di fronte alle sfide della globalizzazione, della multi-culturalità e della pace. Il dialogo con Israele, con l’islam, con le altre grandi religioni dell’umanità può trovare nel concetto di misericordia un punto di incontro”.

Lineamenti

Il documento traccia quindi alcuni “lineamenti” spirituali del tema. Il primo è che “la misericordia è il cuore stesso del messaggio cristiano e ha il suo ‘volto’ in Gesù. Egli è la rivelazione piena del Dio-Amore”. Un Dio che si rivela pienamente in Cristo ma “si esprime fin dai primordi della creazione, facendo belle tutte le cose e ponendo la Sua immagine nell’uomo, del quale si prende cura anche quando il peccato ne imbratta e sfigura il volto.

È Dio di misericordia quello che si china con viscere materne sul popolo eletto, raccogliendone il gemito nell’oppressione e non rifiutando mai il perdono ai cuori pentiti. La stessa correzione [i ‘castighi’ descritti nell’Antico Testamento, ndr] è usata come pedagogia di misericordia. Ben lo esprimono i Salmi”.

Ma è soprattutto “nei gesti e nelle parole di Gesù, in particolare nella parabola del Padre misericordioso [o del figliol prodigo, ndr], che si coglie la grandezza di questo amore, che sulla croce ha la sua misura piena. Dobbiamo lasciarci avvolgere dalla tenerezza del Padre che getta le braccia al collo del figlio traviato e ‘ritrovato’”.

Sul piano pastorale – proseguono i Vescovi – Papa Francesco “ci invita a far crescere la misericordia non soltanto come perdono offerto e ricevuto nel sacramento della riconciliazione, ma anche come ‘stile’ che caratterizza ogni azione e percorso ecclesiale. È qui il segreto della nuova evangelizzazione”.

 

Collevalenza
Il santuario dell’ Amore Misericordioso di Collevalenza

Linee operative

A seguire, alcune linee operative comuni per le diocesi della regione. “Il Papa – si rammenta – ha proposto un giubileo che, pur prevedendo i tradizionali appuntamenti romani, avrà il suo svolgimento ordinario nelle Chiese locali”.

Ciò varrà anche per le cattedrali umbre. Ma, al di là di aprire le Porte sante, tanto è il lavoro trasversale che si può svolgere. Ad esempio, per approfondire il concetto biblico e teologico di misericordia “si impegnino in modo speciale i due istituti che sono particolarmente qualificati nella formazione teologica della nostra regione: l’Istituto teologico assisano e l’Istituto superiore di scienze religiose di Assisi”.

Occorrerà inoltre “riscoprire su larga scala il sacramento della riconciliazione. In particolare, incoraggiamo iniziative di formazione e di approfondimento per i confessori”.

In terzo luogo, si intende “favorire nuova sensibilità per le opere Caritas diffuse sul territorio regionale”.

Inoltre, “si potrà verificare la possibilità di un pellegrinaggio regionale a Roma, ad Assisi o a Collevalenza”. E infine, si farà in modo di valorizzare al meglio, nel corso del 2016, la felicissima coincidenza con il 30° anniversario dello “spirito di Assisi” del 1986.

La “geografia” della Misericordia

Alla Porziuncola san Francesco plasmò la sua prima comunità sotto lo sguardo materno della Vergine degli angeli. Per questo luogo a lui tanto caro volle ottenere da papa Onorio III il privilegio noto come “perdono di Assisi”, che tra l’1 e il 2 di agosto di ogni anno attira folle di pellegrini desiderosi di abbandonarsi all’amore perdonante di Dio.

A spingere il Santo a questa richiesta fu il desiderio di rendere partecipi tanti fratelli e sorelle della gioia che solo una vita riconciliata e sanata può sperimentare. “Voglio mandarvi tutti in paradiso”, fu la caratteristica espressione con cui ne diede l’annuncio. Di quel dono speciale ricorre il prossimo anno l’ottavo centenario (1216-2016), in una felice coincidenza con l’Anno giubilare della Misericordia. Come non gioire di tale circostanza, vedendola come un’occasione di grazia per tutta la nostra regione?

Il santuario dell’ Amore Misericordioso di Collevalenza, poi, è dono di Dio alla nostra regione attraverso il cuore tenero di Madre Speranza recentemente beatificata. Anche da questo santuario il messaggio e l’esperienza della Misericordia si diffondono nel mondo, ed è bello che le nostre Chiese umbre ne sentano per prime i benefici.

 

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Nuovo ecumenismo https://www.lavoce.it/nuovo-ecumenismo/ Thu, 23 Jul 2015 11:14:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39938 mondovi
Un matrimonio interconfessionale a Mondovì con il pastore e il prete

Si parla fin troppo spesso di “nuova evangelizzazione”, ma finora è rimasto nell’ombra un aspetto concomitante: il nuovo ecumenismo. “In cammino verso un nuovo ecumenismo” è proprio il titolo della 52a Sessione di formazione organizzata dal Sae (Segretariato attività ecumeniche) che si terrà alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli dal 26 luglio al 1° agosto.

“Nuovo” in che senso? “Anzitutto – risponde la presidente del Sae, Marianita Montresor – nel senso del rinnovamento nella potenza dello Spirito santo, che sa sempre trovare le vie più adeguate. Poi, perché tra i cristiani sta maturando una nuova consapevolezza ecumenica di fronte alle sfide da affrontare insieme. Si pensi al tema dell’ospitalità eucaristica [la Comunione data a fedeli di Chiese diverse dalla propria [ndr], che riguarda spesso gli immigrati, ma non solo loro, e con situazioni spesso inedite”.

E ancora: “Ecumenismo nuovo nel saper andare in profondità. Spesso si fa ancora fatica a condividere i doni dello Spirito. Nel caso del Sae, poi, fin dalla fondazione, il discorso del dialogo tra cristiani di diverse confessioni include anche i rapporti con il popolo ebraico. Oggi anche questo aspetto deve essere declinato in modo nuovo, più vincolante. Gesù era ebreo, e resterà ebreo per sempre”.

“Dove sta andando l’ecumenismo?” sarà, non a caso, il titolo del primo incontro di lavoro del Sae ad Assisi. Tra i relatori che si susseguiranno durante la settimana fa capolino qualche presenza ben nota ai lettori: mons. Benedetto Tuzia, che celebrerà la messa martedì 28; Annarita Caponera, presidente del Consiglio delle Chiese di Perugia. Numerosi gli esperti che converranno nella città serafica da tutta Italia, come il saggista Brunetto Salvarani, il teologo cattolico Piero Stefani, il teologo valdese Paolo Ricca. Ampia e qualficata la presenza di esponenti delle Chiese ortodosse e protestanti.

La Sessione comprende anche laboratori e gruppi di studio. Questi ultimi si concentreranno su quattro argomenti, ossia “La ricezione dell’ecumenismo: luci e ombre”, “A 50 anni dalla Nostra aetate: quale dialogo tra ebrei e cristiani?”, “L’ecumenismo oggi: prospettive per il dibattito teologico” e “I matrimoni misti come luogo di ospitalità e di identità”. Per ulteriori informazioni si può consultare il sito www.saenoti- zie.it.

Un traguardo di medio termine – conclude Montresor – sarà il quinto centenario della Riforma luterana nel 2017, per il quale il Sae “auspica una celebrazione comune. In fondo, quello per una perenne riforma è un impegno che tocca tutte le Chiese”.

 

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Con disponibilità e discrezione https://www.lavoce.it/con-disponibilita-e-discrezione/ Thu, 23 Jul 2015 07:54:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39756 Il monastero Ss. Annunziata
Il monastero Ss. Annunziata

Nel borgo antico di Todi, nel cuore dell’Umbria, si trova il monastero Ss. Annunziata, dal 1600 fino alla prima metà del 1900 monastero di clausura delle Serve di Maria, poi trasformato in casa per ferie dalle suore Serve di Maria Riparatrici. Qui attualmente vive e opera una comunità di tre suore, coadiuvate nel servizio di accoglienza da personale laico.

Nel 2010 Papa Benedetto XVI riconosceva le virtù eroiche di madre Maria Elisa Andreoli, fondatrice della congregazione, che, agli inizi del 1900 a Vidor (Treviso) vede realizzata l’ispirazione di vivere al femminile la spiritualità dell’Ordine dei Servi di Maria, di cui Maria ai piedi della croce è l’immagine conduttrice. Con totale fiducia nella divina Provvidenza e attenta ai segni dei tempi nei vari momenti della storia, madre Elisa non esita a rispondere a ogni appello dell’umanità sofferente che richieda la presenza e il servizio delle sue suore.

Profondamente inserita nella Chiesa, la congregazione, composta da una sessantina di comunità religiose, si diffonde dal Nord al Sud dell’Italia e oltre, nei luoghi di missione più bisognosi di aiuto spirituale, morale e materiale: dapprima nell’Acre-Purus (Brasile) poi in Argentina, Bolivia, Portogallo, Albania, Filippine, Costa d’Avorio, Togo, Perù, Messico, dove attualmente tante sorelle svolgono la loro missione a servizio di Dio e dell’uomo, impegnate nell’evangelizzazione e nella promozione umana nelle scuole, con i giovani e le famiglie e, in campo socio-sanitario, tra gli infermi, gli anziani, i carcerati.

Nel carisma dei Servi di Maria, le Serve di Maria hanno accolto la “riparazione mariana” – portata dalla serva di Dio suor Maria Dolores Inglese – che diventa uno degli elementi costitutivi della spiritualità della congregazione. È un ideale a misura di ogni persona interpellata a cooperare all’azione redentiva di Cristo con atteggiamento umile e semplice, ed è un impegno a riparare con la preghiera e l’azione il danno che il peccato reca all’edificazione del Regno; ideale riproposto con rinnovata formulazione nei vari momenti e situazioni della vita per essere accanto alle tante croci di ogni fratello e sorella che soffrono.

Suor M. Sebastiana Posati
Suor M. Sebastiana Posati

Nella seconda metà del secolo scorso, soprattutto nel dopoguerra, il carisma si è posto a servizio degli orfani, delle famiglie, degli ammalati. Oggi si vuole dare risposta ad alcune delle piaghe della nostra società: il recupero di donne sfruttate e in pericolo morale e fisico, o dare sostegno e fiducia ai genitori di giovani con disturbi alimentari in cura presso l’istituto Francisci di Todi, ospiti privilegiati della nostra casa.

L’accoglienza è una caratteristica che in questo luogo ha radici lontane ed è l’attività principale del monastero; è rivolta con disponibilità e discrezione a persone singole, a famiglie, a gruppi per ritiri spirituali, per sessioni di studio e convegni o semplicemente per una sosta nel pellegrinaggio ai tanti “luoghi santi“ della nostra Umbria.

La bellezza paesaggistica della città medievale e della casa, ricca di arte e di storia, aiuta gli ospiti a ritrovare lo spazio e il tempo per la riflessione e la preghiera, in un’atmosfera riposante e di silenzio. Con l’atteggiamento dei servi ai quali Maria santissima, a Cana, ha detto “fate quello che Lui vi dirà”, accogliamo la sollecitazione di Papa Francesco: “Svegliate il mondo”! Voglia il Signore che, come a Cana, la nostra povera acqua si cambi in vino nuovo, per donare gioia e speranza a chi avviciniamo nel nostro quotidiano.

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“Restaurati” da Cristo https://www.lavoce.it/restaurati-da-cristo/ Wed, 22 Jul 2015 13:48:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39836 Un momento del Convegno a Collevalenza
Un momento del Convegno a Collevalenza

Dal 14 al 18 luglio si è svolto a Collevalenza, presso la struttura di accoglienza del santuario dell’Amore Misericordioso, un incontro internazionale di pastorale giovanile e vocazionale.

Padri e Ancelle provenienti da Spagna, Italia, Brasile, Bolivia, Messico, Cile, Romania, Germania hanno riflettuto sul senso di identità e di appartenenza, consapevoli di essere chiamati a essere icona dell’Amore Misericordioso, icona vivente capace di mostrare ai giovani la bellezza dell’Amore Misericordioso.

Dopo il messaggio introduttivo su “il senso di appartenenza come fondamento della pastorale giovanile e vocazionale” reso da m. Speranza Montecchiani, superiora generale delle Ancelle, e da p. Aurelio Perez, superiore generale dei Fam, i partecipanti all’incontro hanno ascoltato le relazione di don Fabio Attard, salesiano, consigliere generale per la pastorale giovanile, di p. Francesco Piloni, ofm, responsabile del servizio orientamento giovani di Assisi, e di p. Andrea Arvalli, ofm conv, responsabile del progetto “Portico francescano”.

Don Fabio Attard ha tracciato un dettagliato e prezioso quadro di riferimento della pastorale giovanile a livello internazionale. Padre Piloni ha illustrato il metodo che i Frati minori hanno sperimentato in più di trent’anni e la cui idea centrale è “lasciarsi restaurare da Gesù Cristo”: il mandato di Gesù a Francesco d’Assisi perché riparasse la sua Chiesa.

Per la famiglia dell’Amore Misericordioso può essere centrale un cammino di riconciliazione con Dio, Padre buono e misericordioso che arde di amore per tutti gli uomini. Ecco alcuni suggerimenti di padre Francesco per i responsabili del settore: l’importanza della prima evangelizzazione (infatti non ci sono vocazioni senza evangelizzazione, senza annunciare la Pasqua del Cristo); proporre ai giovani una meta alta, la prospettiva di legare la propria vita a Qualcuno; offrire ai giovani il “sogno di Dio”, il Suo progetto d’amore; suscitare in loro domande fondamentali come “Chi ti abita? A chi obbedisci? Da dove vieni, dove sei, dove vai, per quale strada passi?”.

In questo senso – ha ribadito Piloni – la strada passa per i personaggi biblici, che permettono ai giovani di vivere processi di identificazione positivi e una vera propria scuola di amore.

Soltanto la sacra Scrittura può suscitare nel cuore dei ragazzi le domande giuste e, nell’epoca delle passioni tristi, ristabilire l’ordine dei quattro desideri, quelli dell’uomo e quelli di Dio per ogni uomo/donna: diventare uomo (donna), essere figlio (figlia), sposo (sposa) e padre (madre).

Ciò che fa la differenza è la possibilità di accompagnare i giovani verso la purificazione delle loro storie, stando loro accanto senza fare gli “amiconi” ma in virtù dell’autorevolezza di animatori dal cuore grande e libero, attenti a curare una formazione a tutto campo, per comprendere il linguaggio delle nuove generazioni, parlando il linguaggio di Dio e indicando la misura alta della vita.

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Benedetta accoglienza https://www.lavoce.it/benedetta-accoglienza/ Thu, 09 Jul 2015 09:57:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=38073 A chi vive la propria vita come storia non solo personale, ma anche nella dimensione collettiva, guardando anche al “vicino di casa”, quello che crea problemi e fa più rumore e che in Europa oggi è soprattutto la Grecia, crea un forte disagio riflettervi sopra in modo attento, alla vigilia della festa di san Benedetto patrono d’Europa (11 luglio).

Ne abbiamo accennato nel numero precedente – Europa “benedettina” – ma non è sufficiente. In questi anni la crisi economica ha fatto salire a livelli sempre più alti, nei singoli Stati, la difesa dei propri interessi immediati. Una difesa a tutti i costi contro tutti. In Europa, mentre da Sarajevo Papa Francesco ammoniva a “costruire ponti”, in realtà si stanno ergendo muri.

Chi ne rimane maggiormente danneggiato sono profughi ed esiliati, i quali, costretti a fuggire da casa propria, cercano altrove un rifugio e una possibilità di vita nuova. Oggi questi esodi, diversamente caratterizzati, hanno una carica di pressione politica ed economica che porta divisione e forti contrasti all’interno degli schieramenti politici, tra chi è aperto all’accoglienza e chi – come si diceva – rafforza le difese con muri sempre più alti, respinge, e non sente ragioni. Non è da credere che questo sia un fatto nuovo. Con alterne vicende e con numeri di migranti diversi a seconda dei periodi, il fenomeno si può dire strutturale nella vita delle popolazioni umane.

In Europa questo fenomeno ha avuto il suo posto nella meditazione dei Benedettini e nella prassi dei loro monasteri a partire dalle norme scritte nella Regola di san Benedetto al cap. 53. In verità, lì non si tratta di migranti o profughi, ma di semplici ospiti, i quali devono essere accolti come Cristo ha insegnato: “Ero forestiero e mi avete ospitato”.

Questo capitolo della Regola è da considerare, in un certo senso, rivoluzionario. Rappresenta un rovesciamento della concezione dell’altro: non più come nemico e pericolo, ma come un amico, soprattutto se condivide la stessa fede. Per verificare questo, l’abate e i monaci che accolgono il forestiero lo invitano a pregare insieme per evitare ogni inganno e ogni equivoco. A parte il modo dell’accoglienza che ha il carattere di un vero e proprio rito, il significato di questa norma benedettina è da considerare una “rivoluzione” – parola ripetuta più volte dal Papa, e che ha in America Latina una risonanza particolare. Una rivoluzione sempre in atto, e che deve fare molti passi in avanti per determinare una concreta trasformazione della società.

Tra le mille parole, tutte proposte con intensità e convinzione alle folle dell’Ecuador da Papa Francesco, in queste giornate storiche che si ripeteranno nei giorni prossimi in Bolivia e Paraguay, i Paesi più poveri dell’America Latina, l’idea di fondo non è solo l’accoglienza del forestiero o del migrante, ma una regola generale di accoglienza gli uni degli altri, soprattutto dei poveri.

Nel discorso sull’unità, che rappresenta un manifesto ecumenico e cristologico di grande portata, afferma la necessità di lottare per “l’inclusione a tutti i livelli, evitando egoismi, promuovendo la comunicazione, il dialogo, incentivando la collaborazione. Bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze. Affidarsi all’altro è qualcosa di artigianale, la pace è artigianale” (omelia della messa a Quito, 7 luglio).

Il discorso sull’unità non dimentica la dimensione più specifica dell’unità del popolo di Dio, nella sua accezione ecclesiologica e in quella socio-politica, la dimensione nazionale e mondiale, nella sua interezza, senza dimenticare le questioni care al movimento ecumenico che riguardano le diversità riconciliate e la condanna del proselitismo come “caricatura” dell’evangelizzazione.

Da san Benedetto da Norcia a Papa Bergoglio, il messaggio cristiano e l’azione della Chiesa sono sempre rivolti alla riconciliazione, all’accoglienza, alla fraternità tra le persone, le famiglie e i popoli.

 

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Il card. Antonelli pubblica un libro per rendere più visibile l’Invisibile https://www.lavoce.it/il-card-antonelli-pubblica-un-libro-per-rendere-piu-visibile-linvisibile/ Thu, 09 Jul 2015 09:01:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=38049 Il cardinale Ennio Antonelli
Il cardinale Ennio Antonelli

“Evangelizzare è più che istruire; è vivere una storia di relazioni con Dio e con gli uomini, una storia di azioni e parole, di gioie e sofferenze”. Parola del card. Ennio Antonelli , di cui è appena uscito il libro Visibilità dell’Invisibile. Dio con noi nella storia (ed. Ares). Lo abbiamo intervistato.

Tra Dio e l’uomo – come emerge dal libro – c’è un’infinita differenza. Allora come possono incontrarsi?

“L’infinita differenza non esclude la somiglianza. Le creature, specialmente l’uomo e il suo linguaggio, possono veicolare un riflesso di Dio, anche se debole e imperfetto.

Noi comunichiamo reciprocamente i nostri mondi interiori attraverso segni sensibili in un processo di auto-testimonianza, interpretazione e fiduciosa adesione.

Anche Dio si esprime mediante una storia di eventi e parole, complementari tra loro, che ha al centro Gesù di Nazareth, uomo concreto, ma straordinario, incomparabile.

Nella sua personalità singolarissima si compongono armoniosamente qualità antinomiche, che di solito non si trovano insieme in una sola persona. La singolarità paradossale di quest’uomo lascia trasparire la presenza e l’amore di Dio”.

Quali paradossi della figura di Gesù considera più significativi per costruire un nuovo umanesimo?

“Gesù vive, muore e risorge per una sola causa: la causa del regno di Dio, che è anche la causa dell’Uomo e della sua salvezza integrale. Cristo è santo, perfettamente unito al Padre nella preghiera e nell’obbedienza alla Sua volontà; nello stesso tempo è amico dei peccatori, pieno di misericordia verso di loro, fino a prendere su di sé il peso tremendo di tutti i peccati.

È libero e distaccato nei confronti delle realtà terrene e, nello stesso tempo, è impegnato a purificarle e valorizzarle, specie il matrimonio e la famiglia, il lavoro e l’economia.

Lotta contro la sofferenza e, nello stesso tempo, l’assume in prima persona, per renderla preziosa. Parla e agisce con autorità assoluta e, nello stesso tempo, si pone a servizio con totale dedizione.

Muore sulla croce come abbandonato da Dio e rifiutato dagli uomini, ma risorge il terzo giorno come Signore e Salvatore, che apre a tutti un futuro pieno di speranza nella storia e nell’eternità”.

Da Piero della Francesca a Raffaello a Caravaggio, da Van Gogh a Cézanne: qual è il messaggio delle immagini scelte a corredo dell’opera?

“Con una varietà di linguaggi si espone la stessa visione teologica. Nel corso della trattazione, segnalo a più riprese la complementarietà – per l’esperienza religiosa – dei due linguaggi fondamentali, quello simbolico e quello concettuale.

Il primo, intuitivo e affettivo, prevale nella preghiera e nella testimonianza, come del resto nelle relazioni interpersonali, nella poesia e nell’arte. Il secondo, preciso e riflesso, prevale nella teologia scientifica, come del resto nel sapere critico in genere”.

 

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“Siate testimoni coraggiosi” https://www.lavoce.it/siate-testimoni-coraggiosi/ Thu, 02 Jul 2015 10:07:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=37146 La celebrazione Eucaristica presieduta da Papa Francesco
La celebrazione Eucaristica presieduta da Papa Francesco

Come tradizione, il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, il Papa ha presieduto nella basilica di San Pietro in Vaticano la celebrazione in cui ha benedetto i “pallii” destinati ai 46 Arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’anno.

La giornata in tempi recenti ha assunto anche valore ecumenico. All’Angelus dello stesso giorno, ha infatti ricordato la presenza di una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli alla liturgia; delegazione “venuta a Roma a nome del Patriarca ecumenico, il carissimo fratello Bartolomeo I, per partecipare, come ogni anno, alla festa. Anche questa presenza è segno dei fraterni legami esistenti tra le nostre Chiese”.

Con una “coda” legata all’attualità: “La nostra preghiera oggi è soprattutto per la città di Roma, per il suo benessere spirituale e materiale”.

“La lettura tratta dagli Atti degli apostoli – aveva detto Papa Bergoglio all’omelia della messa – ci parla della prima comunità cristiana assediata dalla persecuzione… Tuttavia non vorrei soffermarmi sulle atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni, purtroppo ancora oggi presenti in tante parti del mondo, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti. Vorrei invece oggi venerare il coraggio degli apostoli e della prima comunità cristiana; il coraggio di portare avanti l’opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio, nel contesto sociale di un Impero pagano; venerare la loro vita cristiana che per noi credenti di oggi è un forte richiamo alla preghiera, alla fede e alla testimonianza”.

Nel prosieguo dell’omelia rivolta ai Vescovi presenti, il pensiero è andato al Santo umbro per eccellenza: “La Chiesa vi vuole uomini di testimonianza. Diceva san Francesco ai suoi frati: ‘Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole!’ (cfr Fonti francescane, 43)”.

Poi, echeggiando una nota espressione di Paolo VI: “Oggi non c’è tanto bisogno di maestri, ma di testimoni coraggiosi, convinti e convincenti; testimoni che non si vergognano del nome di Cristo e della sua croce né di fronte ai leoni ruggenti né davanti alle potenze di questo mondo.

Sull’esempio di Pietro e di Paolo e di tanti altri testimoni lungo tutta la storia della Chiesa, testimoni che, pur appartenendo a diverse confessioni cristiane, hanno contribuito a manifestare e a far crescere l’unico Corpo di Cristo. E questo mi piace sottolinearlo alla presenza, sempre molto gradita, della delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli”.

Per concludere: “La testimonianza più efficace e più autentica è quella di non contraddire, con il comportamento e con la vita, quanto si predica con la parola e quanto si insegna agli altri. Cari fratelli, insegnate la preghiera pregando; annunciate la fede credendo; date testimonianza vivendo!”.

 

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