Eremo di Montecorona Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/eremo-di-montecorona/ Settimanale di informazione regionale Sun, 28 Apr 2024 23:31:44 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Eremo di Montecorona Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/eremo-di-montecorona/ 32 32 E’ tornato alla Casa del Padre don Renzo Piccioni Pignani https://www.lavoce.it/e-tornato-alla-casa-del-padre-don-renzo-piccioni-pignani/ https://www.lavoce.it/e-tornato-alla-casa-del-padre-don-renzo-piccioni-pignani/#respond Fri, 29 Mar 2024 10:49:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75560 Don Renzo Piccioni Pignani

Venerdì Santo 29 marzo, monsignor Renzo Piccioni Pignani, parroco di Montecorona dal 1970, è tornato alla Casa del Padre dopo una grave malattia. Avrebbe compiuto 83 anni domani, 30 marzo, nato a Perugia nel 1941 ed ordinato sacerdote il 27 giugno 1965. Si è spento la notte scorsa presso l’Hospice di Perugia e a darne la notizia è stato l’arcivescovo Ivan Maffeis, accanto a don Renzo nei quasi tre mesi di degenza ospedaliera, esprimendo il profondo cordoglio a nome di tutto il Clero diocesano alla famiglia Piccioni Pignani e alle comunità dei fedeli di Montecorona, Monte Acuto, Pian d’Assino, Colle e Romeggio. Per loro don Renzo era più di una guida spirituale: un “padre”, un “fratello”, un “amico-consigliere”, è il commento, a caldo, di amici e parrocchiani appresa la triste notizia. Don Renzo era legatissimo a queste comunità situate tra i comuni di Perugia e di Umbertide, messe a dura prova poco più di un anno fa dal terremoto che ha interessato l’alta valle del Tevere. Le definiva «piccole e semplici realtà, ma c’è sempre stato un vincolo spirituale e materiale forte, che ci ha fatto vivere con amicizia ed affetto». Don Renzo Piccioni Pignani, insignito del titolo di “monsignore” nel ricevere la nomina di “cappellano di Sua Santità” da parte di Papa Giovanni Paolo II, lascia un grande vuoto in quanti l’hanno conosciuto, stimato ed amato come pastore di anime nell’ascoltare e nell’accogliere tutti, senza distinzioni. Era un curato di campagna dal senso “diplomatico arguto” nel tessere rapporti anche con le Istituzioni e nell’avvicinare-dialogare con i “lontani”. Aveva la passione per il calcio, aiutando a far crescere umanamente e sportivamente tante generazioni di giovani che erano anche il suo orgoglio, oltre ad essere uno dei motivi centrali del suo impegno pastorale e sociale. In occasione dei suoi cinquant’anni di sacerdozio (2015), un suo amico giornalista così lo descrive: «Don Renzo ha scelto di insegnare “sul campo” i valori di un cristianesimo quotidiano, costruito sull’amicizia, sul rispetto, sulla solidarietà, sulla condivisione. In parrocchia come a scuola, dove don Renzo ha insegnato dal 1976… Allora come ora». Lo ricorda con queste parole Giuseppe Mordivoglia, suo ex alunno, oggi seminarista: «Don Renzo è stato il mio professore di Religione in primo e secondo superiore (anni 2000-2001). Oltre al piacevole ricordo che non entrava mai in classe “a mani vuote” (aveva sempre con sé una scatola di cioccolatini da condividere), non ha mai fatto una lezione frontale: alunni/studenti, lui ci riuniva intorno alla cattedra e parlava di argomenti importanti, a volte “scomodi” per la nostra età, per aiutarci a imparare a vivere e soprattutto iniziare a ragionare con la propria testa». Diverse opere e progetti sono stati da lui realizzati come la ristrutturazione-restauro dell’abbazia e basilica minore di San Salvatore, sede della sua parrocchia, le solenni celebrazioni del millenario della costruzione di questa abbazia (1008-2008) ed altre ancora per la crescita sociale e culturale delle comunità affidate alla sua guida pastorale. Anche a livello diocesano si è particolarmente distinto nei suoi diversi e delicati incarichi ricoperti per diversi anni in ambito pastorale ed amministrativo, non da ultimo quello di presidente del Consiglio di amministrazione dell’emittente Umbria Radio InBlu vivendo un’altra bella esperienza con giovani appassionati di media. Le esequie si terranno sabato 30 marzo, alle ore 11.30, nell’abbazia e basilica minore di San Salvatore in Montecorona, presiedute dall’arcivescovo Maffeis. La salma di don Renzo, che riposerà nel cimitero di Umbertide, sarà esposta, a quanti vorranno raccogliersi in preghiera, nella chiesa superiore dell’abbazia di Montecorona, dalle ore 14 di oggi, venerdì 29 marzo.  ]]>
Don Renzo Piccioni Pignani

Venerdì Santo 29 marzo, monsignor Renzo Piccioni Pignani, parroco di Montecorona dal 1970, è tornato alla Casa del Padre dopo una grave malattia. Avrebbe compiuto 83 anni domani, 30 marzo, nato a Perugia nel 1941 ed ordinato sacerdote il 27 giugno 1965. Si è spento la notte scorsa presso l’Hospice di Perugia e a darne la notizia è stato l’arcivescovo Ivan Maffeis, accanto a don Renzo nei quasi tre mesi di degenza ospedaliera, esprimendo il profondo cordoglio a nome di tutto il Clero diocesano alla famiglia Piccioni Pignani e alle comunità dei fedeli di Montecorona, Monte Acuto, Pian d’Assino, Colle e Romeggio. Per loro don Renzo era più di una guida spirituale: un “padre”, un “fratello”, un “amico-consigliere”, è il commento, a caldo, di amici e parrocchiani appresa la triste notizia. Don Renzo era legatissimo a queste comunità situate tra i comuni di Perugia e di Umbertide, messe a dura prova poco più di un anno fa dal terremoto che ha interessato l’alta valle del Tevere. Le definiva «piccole e semplici realtà, ma c’è sempre stato un vincolo spirituale e materiale forte, che ci ha fatto vivere con amicizia ed affetto». Don Renzo Piccioni Pignani, insignito del titolo di “monsignore” nel ricevere la nomina di “cappellano di Sua Santità” da parte di Papa Giovanni Paolo II, lascia un grande vuoto in quanti l’hanno conosciuto, stimato ed amato come pastore di anime nell’ascoltare e nell’accogliere tutti, senza distinzioni. Era un curato di campagna dal senso “diplomatico arguto” nel tessere rapporti anche con le Istituzioni e nell’avvicinare-dialogare con i “lontani”. Aveva la passione per il calcio, aiutando a far crescere umanamente e sportivamente tante generazioni di giovani che erano anche il suo orgoglio, oltre ad essere uno dei motivi centrali del suo impegno pastorale e sociale. In occasione dei suoi cinquant’anni di sacerdozio (2015), un suo amico giornalista così lo descrive: «Don Renzo ha scelto di insegnare “sul campo” i valori di un cristianesimo quotidiano, costruito sull’amicizia, sul rispetto, sulla solidarietà, sulla condivisione. In parrocchia come a scuola, dove don Renzo ha insegnato dal 1976… Allora come ora». Lo ricorda con queste parole Giuseppe Mordivoglia, suo ex alunno, oggi seminarista: «Don Renzo è stato il mio professore di Religione in primo e secondo superiore (anni 2000-2001). Oltre al piacevole ricordo che non entrava mai in classe “a mani vuote” (aveva sempre con sé una scatola di cioccolatini da condividere), non ha mai fatto una lezione frontale: alunni/studenti, lui ci riuniva intorno alla cattedra e parlava di argomenti importanti, a volte “scomodi” per la nostra età, per aiutarci a imparare a vivere e soprattutto iniziare a ragionare con la propria testa». Diverse opere e progetti sono stati da lui realizzati come la ristrutturazione-restauro dell’abbazia e basilica minore di San Salvatore, sede della sua parrocchia, le solenni celebrazioni del millenario della costruzione di questa abbazia (1008-2008) ed altre ancora per la crescita sociale e culturale delle comunità affidate alla sua guida pastorale. Anche a livello diocesano si è particolarmente distinto nei suoi diversi e delicati incarichi ricoperti per diversi anni in ambito pastorale ed amministrativo, non da ultimo quello di presidente del Consiglio di amministrazione dell’emittente Umbria Radio InBlu vivendo un’altra bella esperienza con giovani appassionati di media. Le esequie si terranno sabato 30 marzo, alle ore 11.30, nell’abbazia e basilica minore di San Salvatore in Montecorona, presiedute dall’arcivescovo Maffeis. La salma di don Renzo, che riposerà nel cimitero di Umbertide, sarà esposta, a quanti vorranno raccogliersi in preghiera, nella chiesa superiore dell’abbazia di Montecorona, dalle ore 14 di oggi, venerdì 29 marzo.  ]]>
https://www.lavoce.it/e-tornato-alla-casa-del-padre-don-renzo-piccioni-pignani/feed/ 0
I monaci di Montecorona preoccupati per le famiglie sfollate a causa del terremoto https://www.lavoce.it/i-monaci-di-montecorona-preoccupati-per-le-famiglie-sfollate-a-causa-del-terremoto/ Wed, 22 Mar 2023 12:00:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70905 eremo di montecorona terremoto

"Come tutti, le scosse del terremoto del 9 marzo scorso ci hanno sorpresi e anche impauriti".

A dirlo, in una toccante testimonianza raccolta dall’Ufficio stampa diocesano di Perugia, sono i dodici monaci della Famiglia Monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno che abitano, in clausura, l’Eremo di Montecorona (secolo XVI), nell’Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. È situato sulla sommità di una collina, nella zona dell’Alta Umbria interessata dal sisma di due settimane fa che ha costretto più di  settecento persone a lasciare le proprie abitazioni inagibili e la chiusura di diverse attività produttive, mettendo a dura prova le località di Pierantonio, Pian d’Assino, Badia di Montecorona e Sant’Orfeto, tra i comuni di Perugia ed Umbertide.

I monaci, nel proseguire il loro racconto, esprimono preoccupazione non per il loro monastero, che non ha sofferto danni tali da rendere inagibile l’insieme della struttura.

"Salvo -affermano- tre ambienti che dopo una verifica sono stati considerati per ora inagibili, ma per le tante persone sfollate di Pierantonio e Pian d’Assino che non possono più abitare nelle loro case per il momento, tra cui alcune famiglie a cui siamo legati. La nostra vicinanza si esprime tramite la preghiera quotidiana per gli sfollati. Preghiamo anche per le autorità civili, affinché abbiano la saggezza e la forza per prendere decisioni che tengano conto delle persone in difficoltà e diventino operative in tempi brevi".

Concludendo il racconto, i monaci di Montecorona affidano tutti al Signore nostro Creatore Provvidente e Padre Buono, fondamento saldo su cui ci possiamo appoggiare, affinché ci protegga e mantenga viva in noi la speranza, ricordando quanto scritto nel Salmo 45,1 della Bibbia: Dio è per noi rifugio e forza. Aiuto sempre vicino nelle angosce.

I monaci dell'Eremo di Montecorona

Chi sono i monaci di Betlemme? La loro famiglia monastica è nata come ordine femminile, in Francia, nel 1950, e successivamente riconosciuta dalla Santa Sede. Oggi è presente in diversi Paesi con circa trenta monasteri. Il ramo maschile, costituito nel 1976, anima alcuni monasteri in Francia, Israele e Italia, tra cui quello Montecorona.

I monaci si dedicano all’assiduo ascolto della Parola di Dio e alla preghiera del cuore in una vita di solitudine, di silenzio, di comunione liturgica e fraterna, d’obbedienza e d’umile lavoro (dal Decreto di riconoscimento della Santa Sede). La Regola di vita di questi religiosi si inserisce nell’alveo della tradizione spirituale che fa capo a San Bruno, patriarca dei monaci solitari d’Occidente. Essa prevede, all’interno di una vita di clausura, una forte dimensione di solitudine e di silenzio, unita alla presenza di un intenso vincolo comunitario. Ed è quello che si vive tra le mura dell’Eremo di Montecorona formato da diciotto celle solitarie, una chiesa ed edifici per la vita comunitaria degli stessi monaci.

L’ultima volta che questa comunità monastica ha lasciato la clausura è stato in occasione dell’arrivo a Perugia del nuovo arcivescovo Ivan Maffeis, lo scorso 11 settembre, incontrandolo nella vicina abbazia di San Salvatore in Montecorona.

Monsignor Maffeis, nelle ultime due settimane, non ha fatto mancare la sua presenza e vicinanza alle popolazioni terremotate dell’Alta Umbria, come tutta la Chiesa particolare attraverso la Caritas diocesana.

(Testimonianza raccolta con la collaborazione di Alessandro Minestrini)]]>
eremo di montecorona terremoto

"Come tutti, le scosse del terremoto del 9 marzo scorso ci hanno sorpresi e anche impauriti".

A dirlo, in una toccante testimonianza raccolta dall’Ufficio stampa diocesano di Perugia, sono i dodici monaci della Famiglia Monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno che abitano, in clausura, l’Eremo di Montecorona (secolo XVI), nell’Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. È situato sulla sommità di una collina, nella zona dell’Alta Umbria interessata dal sisma di due settimane fa che ha costretto più di  settecento persone a lasciare le proprie abitazioni inagibili e la chiusura di diverse attività produttive, mettendo a dura prova le località di Pierantonio, Pian d’Assino, Badia di Montecorona e Sant’Orfeto, tra i comuni di Perugia ed Umbertide.

I monaci, nel proseguire il loro racconto, esprimono preoccupazione non per il loro monastero, che non ha sofferto danni tali da rendere inagibile l’insieme della struttura.

"Salvo -affermano- tre ambienti che dopo una verifica sono stati considerati per ora inagibili, ma per le tante persone sfollate di Pierantonio e Pian d’Assino che non possono più abitare nelle loro case per il momento, tra cui alcune famiglie a cui siamo legati. La nostra vicinanza si esprime tramite la preghiera quotidiana per gli sfollati. Preghiamo anche per le autorità civili, affinché abbiano la saggezza e la forza per prendere decisioni che tengano conto delle persone in difficoltà e diventino operative in tempi brevi".

Concludendo il racconto, i monaci di Montecorona affidano tutti al Signore nostro Creatore Provvidente e Padre Buono, fondamento saldo su cui ci possiamo appoggiare, affinché ci protegga e mantenga viva in noi la speranza, ricordando quanto scritto nel Salmo 45,1 della Bibbia: Dio è per noi rifugio e forza. Aiuto sempre vicino nelle angosce.

I monaci dell'Eremo di Montecorona

Chi sono i monaci di Betlemme? La loro famiglia monastica è nata come ordine femminile, in Francia, nel 1950, e successivamente riconosciuta dalla Santa Sede. Oggi è presente in diversi Paesi con circa trenta monasteri. Il ramo maschile, costituito nel 1976, anima alcuni monasteri in Francia, Israele e Italia, tra cui quello Montecorona.

I monaci si dedicano all’assiduo ascolto della Parola di Dio e alla preghiera del cuore in una vita di solitudine, di silenzio, di comunione liturgica e fraterna, d’obbedienza e d’umile lavoro (dal Decreto di riconoscimento della Santa Sede). La Regola di vita di questi religiosi si inserisce nell’alveo della tradizione spirituale che fa capo a San Bruno, patriarca dei monaci solitari d’Occidente. Essa prevede, all’interno di una vita di clausura, una forte dimensione di solitudine e di silenzio, unita alla presenza di un intenso vincolo comunitario. Ed è quello che si vive tra le mura dell’Eremo di Montecorona formato da diciotto celle solitarie, una chiesa ed edifici per la vita comunitaria degli stessi monaci.

L’ultima volta che questa comunità monastica ha lasciato la clausura è stato in occasione dell’arrivo a Perugia del nuovo arcivescovo Ivan Maffeis, lo scorso 11 settembre, incontrandolo nella vicina abbazia di San Salvatore in Montecorona.

Monsignor Maffeis, nelle ultime due settimane, non ha fatto mancare la sua presenza e vicinanza alle popolazioni terremotate dell’Alta Umbria, come tutta la Chiesa particolare attraverso la Caritas diocesana.

(Testimonianza raccolta con la collaborazione di Alessandro Minestrini)]]>
Montecorona. La prima tappa della giornata del vescovo eletto Ivan Maffeis https://www.lavoce.it/montecorona-la-prima-tappa-della-giornata-del-vescovo-eletto-ivan-maffeis/ Sun, 11 Sep 2022 08:36:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68341 Montecorona - Ivan Maffeis

La giornata del vescovo eletto di Perugia-Città della Pieve, Ivan Maffeis, è iniziata a Montecorona, la parrocchia ai confini nord della diocesi dove è stato accolto dal vescovo ed amministratore diocesano mons. Marco Salvi, dal sindaco di Umbertide Luca Carizia, dal parroco e rettore dell’abbazia di San Salvatore mons. Renzo Piccioni Pignani, dai dodici Monaci di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di san Bruno dell’Eremo di Montecorona e da numerosi fedeli. “Come ci dice il Santo Padre: pregate per me, pregate gli uni per gli altri” ha detto don Ivan Maffeis nel salutare i fedeli che lo attendevano davanti all’abbazia-basilica minore di San Salvatore di Badia di Montecorona, nel comune di Umbertide. Mons. Ivan ha percorso a piedi, da “umile pellegrino”, un breve tratto di strada. Questa di Montecorona è stata la prima comunità parrocchiale da lui visitata essendo la prima del territorio diocesano che si incontra lungo il percorso che lo conduce in giornata alla chiesa cattedrale perugina dove riceverà l’ordinazione episcopale dal suo predecessore, il cardinale Gualtiero Bassetti. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=fehRx7mq96M&list=PLwh0XSRZlX0CP9aWZVpZVgiTD7hWj-1jr&index=8[/embed] [gallery size="large" td_select_gallery_slide="slide" ids="68354,68355,68349,68352,68347,68351,68360,68361,68346,68350,68348,68353"] Il sindaco lo ha salutato con queste parole: “Ci piace immaginare il suo ministero come un pellegrinaggio, dove tutti noi siamo pronti a sostenerla” (qui il testo del saluto del Sindaco). Nel ringraziare il primo cittadino, mons. Maffeis ha detto: «Spero di essere all’altezza di quanto con generosità mi ha espresso, grazie per lo spirito di collaborazione. Fin da ora le assicuro che da parte mia e della Chiesa di Perugia-Città della Pieve ci sarà impegno per una piena corrispondenza». Ha avuto parole di gratitudine per il parroco don Renzo Piccioni Pignani: “Grazie per il suo generoso servizio e non dico nonostante l’età, ma con l’età”. L’arcivescovo eletto, nell’entrare in basilica, ha compiuto il gesto del bacio del crocifisso, inginocchiandosi. Si è poi raccolto in preghiera davanti al Santissimo Sacramento nella splendida cripta dell’abbazia fondata dai Benedettini nel secolo XI. Anche per i Monaci di Betlemme, che con la loro presenza nel vicino eremo sono punto di riferimento e di continuità dell’originaria spiritualità del monachesimo occidentale, l’Arcivescovo eletto ha avuto parole di incoraggiamento e gratitudine. Sono una comunità di clausura che il prossimo 17 settembre vivranno la giornata annuale “Porte aperte”, aprendosi per un giorno a tutti i fedeli che vorranno fare esperienza di fede con la comunità monastica dell’eremo con visita alle celle, al refettorio e alla biblioteca.
]]>
Montecorona - Ivan Maffeis

La giornata del vescovo eletto di Perugia-Città della Pieve, Ivan Maffeis, è iniziata a Montecorona, la parrocchia ai confini nord della diocesi dove è stato accolto dal vescovo ed amministratore diocesano mons. Marco Salvi, dal sindaco di Umbertide Luca Carizia, dal parroco e rettore dell’abbazia di San Salvatore mons. Renzo Piccioni Pignani, dai dodici Monaci di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di san Bruno dell’Eremo di Montecorona e da numerosi fedeli. “Come ci dice il Santo Padre: pregate per me, pregate gli uni per gli altri” ha detto don Ivan Maffeis nel salutare i fedeli che lo attendevano davanti all’abbazia-basilica minore di San Salvatore di Badia di Montecorona, nel comune di Umbertide. Mons. Ivan ha percorso a piedi, da “umile pellegrino”, un breve tratto di strada. Questa di Montecorona è stata la prima comunità parrocchiale da lui visitata essendo la prima del territorio diocesano che si incontra lungo il percorso che lo conduce in giornata alla chiesa cattedrale perugina dove riceverà l’ordinazione episcopale dal suo predecessore, il cardinale Gualtiero Bassetti. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=fehRx7mq96M&list=PLwh0XSRZlX0CP9aWZVpZVgiTD7hWj-1jr&index=8[/embed] [gallery size="large" td_select_gallery_slide="slide" ids="68354,68355,68349,68352,68347,68351,68360,68361,68346,68350,68348,68353"] Il sindaco lo ha salutato con queste parole: “Ci piace immaginare il suo ministero come un pellegrinaggio, dove tutti noi siamo pronti a sostenerla” (qui il testo del saluto del Sindaco). Nel ringraziare il primo cittadino, mons. Maffeis ha detto: «Spero di essere all’altezza di quanto con generosità mi ha espresso, grazie per lo spirito di collaborazione. Fin da ora le assicuro che da parte mia e della Chiesa di Perugia-Città della Pieve ci sarà impegno per una piena corrispondenza». Ha avuto parole di gratitudine per il parroco don Renzo Piccioni Pignani: “Grazie per il suo generoso servizio e non dico nonostante l’età, ma con l’età”. L’arcivescovo eletto, nell’entrare in basilica, ha compiuto il gesto del bacio del crocifisso, inginocchiandosi. Si è poi raccolto in preghiera davanti al Santissimo Sacramento nella splendida cripta dell’abbazia fondata dai Benedettini nel secolo XI. Anche per i Monaci di Betlemme, che con la loro presenza nel vicino eremo sono punto di riferimento e di continuità dell’originaria spiritualità del monachesimo occidentale, l’Arcivescovo eletto ha avuto parole di incoraggiamento e gratitudine. Sono una comunità di clausura che il prossimo 17 settembre vivranno la giornata annuale “Porte aperte”, aprendosi per un giorno a tutti i fedeli che vorranno fare esperienza di fede con la comunità monastica dell’eremo con visita alle celle, al refettorio e alla biblioteca.
]]>
Partito il Cammino Camaldolese di San Benedetto da Montecorona a Fonte Avellana https://www.lavoce.it/partito-il-cammino-camaldolese-di-san-benedetto-da-montecorona-a-fonte-avellana/ Fri, 26 Aug 2022 11:16:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68083 Cammino Camaldolese di San Benedetto

Arriveranno domani a Fonte Avellana i primi pellegrini che ieri mattina hanno inaugurato il Cammino Camaldolese di San Benedetto che unisce l’Abbazia di Montecorona all'Eremo di Fonte Avellana nelle Marche.

La partenza del "Cammino camaldolese"

Il pellegrinaggio, partito ufficialmente la mattina di giovedì 25 agosto,  è iniziato nella parte superiore dell'Abbazia di Montecorona con il vescovo di Gubbio e di Città di Castello e delegato per i Cammini della Conferenza Episcopale Umbria, monsignor Luciano Paolucci Bedini che ha benedetto e salutato i primi venti partecipanti al pellegrinaggio. Successivamente il sindaco di Umbertide ha consegnato ai pellegrini la credenziali del pellegrinaggio prima di mettersi in cammino insieme a loro per vivere questa importante esperienza. Alla cerimonia hanno preso parte anche il parroco di Montecorona don Renzo Piccioni Pignani e il parroco di Santa Maria della Pietà, padre Marco Freddi. "Oggi nasce un nuovo Cammino -ha affermato monsignor Luciano Paolucci Bedini- Vengono collegate le testimonianze vive e importanti di questo territorio della storia benedettina-camaldolese. I pellegrini portano con loro una tradizione millenaria in cui i pellegrini erano protagonisti di queste strade e dell'accoglienza tipica dell'ordine benedettino e portano anche al desiderio moderno di poter rinverdire questi sentieri e di aprire questi territori a nuove visite e nuove conoscenze. I pellegrini cammineranno per riaprire e offrire a molti altri questo percorso che ha valore storico, culturale e profondamente spirituale". "Questo cammino -ha detto, invece, il sindaco- è una riscoperta da un punto di vista culturale e spirituale attraverso la figura di San Romualdo collegando l'Abbazia di Montecorona con l'Eremo di Fonte Avellana. Abbiamo la fortuna di vivere in luoghi straordinari, pieni di spiritualità e di storia. Si riscoprono radici e significati più profondi. Valorizzando San Romualdo e la sua opera, tutta la storia del monachesimo benedettino l'obiettivo è quello di unire tutte le Abbazie presenti nella zona e di unire in futuro in un nuovo Cammino il Monastero di Camaldoli e l'Eremo di Fonte Avallana passando per l'Abbazia di Montecorona. Un sentito ringraziamento va a tutti coloro che hanno ideato e che si sono impegnati nella realizzazione di questo Cammino".

L'idea e la sua realizzazione

Il Cammino Camaldolese di San Benedetto è stato ideato e più volte percorso da un gruppo di volontari che hanno inteso valorizzare la presenza dei monaci camaldolesi ed in generale benedettini nella zona umbro-marchigiana (Celso Bini, Franca Cecchini, Sergio Clementi, Valentino Palpacelli, Angelo Venturucci); la loro esperienza è stata poi condivisa anche dall’ Associazione Eticamente presieduta da Vincenzo Silvestrelli e dal Comune di Umbertide. In tutto sono circa 80 km suddivisi in quattro tappe da circa 20 km l'una, in una alternanza di paesaggi, piccoli borghi di campagna, parchi naturali, castelli, e monasteri.

Le tappe del Cammino Camaldolese di San Benedetto

Le tappe del cammino sono le seguenti: dall'Abbazia di Montecorona a San Benedetto Vecchio; da San Benedetto Vecchio a Serra di Burano; da Serra di Burano a Chiaserna e infine da Chiaserna a Fonte Avellana. La partecipazione al cammino è libera e totalmente autonoma. È un cammino libero e spontaneo, pronto ad accogliere tutti i pellegrini che potranno organizzarsi autonomamente con i trasferimenti, pranzo al sacco e prenotazioni per il pernottamento. L’idea è quella di dare vita a un’esperienza culturale, ecologica, spirituale, escursionistica, senza porre limiti a chiunque vorrà ritrovarsi in cammino, ma, allo stesso tempo, senza alcun tipo di organizzazione preventiva; la partecipazione è a titolo individuale: ognuno partecipa al pellegrinaggio sotto la propria totale responsabilità.

Lo stemma camaldolese

Lungo il cammino i pellegrini saranno accompagnati dal simbolo blu cielo e dallo Stemma Camaldolese. Quest’ultimo è un calice in campo turchino, al quale bevono due colombe bianche, e sopra di esso vi è una stella codata. Le colombe rappresentano la vita dei monaci eremiti e quella dei monaci cenobiti (che vivono in comunità) che si abbeverano allo stesso calice (il calice rappresenta l’Eucarestia e richiama la Pasqua). La stella simboleggia la stella di Davide, a significare la continuità tra Antico e Nuovo Testamento.

Per informazioni sul Cammino

Per avere informazioni sul tratto del cammino è possibile chiedere ai seguenti numeri: Celso Bini (328 677 53 20), Franca Cecchini (340 666 70 44), Sergio Clementi (331 297 92 38), Valentino Palpacelli (371 31 26 352), Vincenzo Silvestrelli (335 28 12 39), Stefano Tonelli (328 20 37 961), Angelo Venturucci (328 38 25 793). La descrizione del percorso e le possibilità di accoglienza per i pellegrini sono state riportate in un pieghevole, realizzato in formato cartaceo e digitale copia del pieghevole in formato elettronico è disponibile sulla pagina Facebook Cammino Camaldolese di San Benedetto e sul sito www.comune.umbertide.pg.it e sul sito www.camminocamaldolese.org.]]>
Cammino Camaldolese di San Benedetto

Arriveranno domani a Fonte Avellana i primi pellegrini che ieri mattina hanno inaugurato il Cammino Camaldolese di San Benedetto che unisce l’Abbazia di Montecorona all'Eremo di Fonte Avellana nelle Marche.

La partenza del "Cammino camaldolese"

Il pellegrinaggio, partito ufficialmente la mattina di giovedì 25 agosto,  è iniziato nella parte superiore dell'Abbazia di Montecorona con il vescovo di Gubbio e di Città di Castello e delegato per i Cammini della Conferenza Episcopale Umbria, monsignor Luciano Paolucci Bedini che ha benedetto e salutato i primi venti partecipanti al pellegrinaggio. Successivamente il sindaco di Umbertide ha consegnato ai pellegrini la credenziali del pellegrinaggio prima di mettersi in cammino insieme a loro per vivere questa importante esperienza. Alla cerimonia hanno preso parte anche il parroco di Montecorona don Renzo Piccioni Pignani e il parroco di Santa Maria della Pietà, padre Marco Freddi. "Oggi nasce un nuovo Cammino -ha affermato monsignor Luciano Paolucci Bedini- Vengono collegate le testimonianze vive e importanti di questo territorio della storia benedettina-camaldolese. I pellegrini portano con loro una tradizione millenaria in cui i pellegrini erano protagonisti di queste strade e dell'accoglienza tipica dell'ordine benedettino e portano anche al desiderio moderno di poter rinverdire questi sentieri e di aprire questi territori a nuove visite e nuove conoscenze. I pellegrini cammineranno per riaprire e offrire a molti altri questo percorso che ha valore storico, culturale e profondamente spirituale". "Questo cammino -ha detto, invece, il sindaco- è una riscoperta da un punto di vista culturale e spirituale attraverso la figura di San Romualdo collegando l'Abbazia di Montecorona con l'Eremo di Fonte Avellana. Abbiamo la fortuna di vivere in luoghi straordinari, pieni di spiritualità e di storia. Si riscoprono radici e significati più profondi. Valorizzando San Romualdo e la sua opera, tutta la storia del monachesimo benedettino l'obiettivo è quello di unire tutte le Abbazie presenti nella zona e di unire in futuro in un nuovo Cammino il Monastero di Camaldoli e l'Eremo di Fonte Avallana passando per l'Abbazia di Montecorona. Un sentito ringraziamento va a tutti coloro che hanno ideato e che si sono impegnati nella realizzazione di questo Cammino".

L'idea e la sua realizzazione

Il Cammino Camaldolese di San Benedetto è stato ideato e più volte percorso da un gruppo di volontari che hanno inteso valorizzare la presenza dei monaci camaldolesi ed in generale benedettini nella zona umbro-marchigiana (Celso Bini, Franca Cecchini, Sergio Clementi, Valentino Palpacelli, Angelo Venturucci); la loro esperienza è stata poi condivisa anche dall’ Associazione Eticamente presieduta da Vincenzo Silvestrelli e dal Comune di Umbertide. In tutto sono circa 80 km suddivisi in quattro tappe da circa 20 km l'una, in una alternanza di paesaggi, piccoli borghi di campagna, parchi naturali, castelli, e monasteri.

Le tappe del Cammino Camaldolese di San Benedetto

Le tappe del cammino sono le seguenti: dall'Abbazia di Montecorona a San Benedetto Vecchio; da San Benedetto Vecchio a Serra di Burano; da Serra di Burano a Chiaserna e infine da Chiaserna a Fonte Avellana. La partecipazione al cammino è libera e totalmente autonoma. È un cammino libero e spontaneo, pronto ad accogliere tutti i pellegrini che potranno organizzarsi autonomamente con i trasferimenti, pranzo al sacco e prenotazioni per il pernottamento. L’idea è quella di dare vita a un’esperienza culturale, ecologica, spirituale, escursionistica, senza porre limiti a chiunque vorrà ritrovarsi in cammino, ma, allo stesso tempo, senza alcun tipo di organizzazione preventiva; la partecipazione è a titolo individuale: ognuno partecipa al pellegrinaggio sotto la propria totale responsabilità.

Lo stemma camaldolese

Lungo il cammino i pellegrini saranno accompagnati dal simbolo blu cielo e dallo Stemma Camaldolese. Quest’ultimo è un calice in campo turchino, al quale bevono due colombe bianche, e sopra di esso vi è una stella codata. Le colombe rappresentano la vita dei monaci eremiti e quella dei monaci cenobiti (che vivono in comunità) che si abbeverano allo stesso calice (il calice rappresenta l’Eucarestia e richiama la Pasqua). La stella simboleggia la stella di Davide, a significare la continuità tra Antico e Nuovo Testamento.

Per informazioni sul Cammino

Per avere informazioni sul tratto del cammino è possibile chiedere ai seguenti numeri: Celso Bini (328 677 53 20), Franca Cecchini (340 666 70 44), Sergio Clementi (331 297 92 38), Valentino Palpacelli (371 31 26 352), Vincenzo Silvestrelli (335 28 12 39), Stefano Tonelli (328 20 37 961), Angelo Venturucci (328 38 25 793). La descrizione del percorso e le possibilità di accoglienza per i pellegrini sono state riportate in un pieghevole, realizzato in formato cartaceo e digitale copia del pieghevole in formato elettronico è disponibile sulla pagina Facebook Cammino Camaldolese di San Benedetto e sul sito www.comune.umbertide.pg.it e sul sito www.camminocamaldolese.org.]]>
Cammino Camaldolese di San Benedetto: Dall’Abbazia di Montecorona al Monastero di Fonte Avellana https://www.lavoce.it/cammino-camaldolese-di-san-benedetto-dallabbazia-di-montecorona-al-monastero-di-fonte-avellana/ Wed, 17 Aug 2022 13:12:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67995 Cammino Camaldolese di San Benedetto

E' pronto a partire il Cammino Camaldolese di San Benedetto che unisce l’Abbazia di Montecorona all'Eremo di Fonte Avellana. In tutto sono circa ottanta chilometri suddivisi in quattro tappe da circa venti chilometri l'una, in una alternanza di paesaggi, piccoli borghi di campagna, parchi naturali, castelli, e monasteri.
Il pellegrinaggio che inaugura il Cammino partirà dall’Abbazia di Montecorona giovedì 25 agosto alle ore 8: in questa occasione il vescovo di Gubbio e di Città di Castello, Sua Eccellenza Monsignor Luciano Paolucci Bedini saluterà e benedirà i partecipanti mentre il sindaco di Umbertide consegnerà ai partecipanti la patente del pellegrino.
La descrizione del percorso e le possibilità di accoglienza per i pellegrini sono state riportate in un pieghevole, realizzato in formato cartaceo e digitale copia del pieghevole in formato elettronico è disponibile sulla pagina Facebook Cammino Camaldolese di San Benedetto e sul sito www.comune.umbertide.pg.it e sul sito www.camminocamaldolese.org.

Le tappe del Cammino Camaldolese di San Benedetto

Sinteticamente le tappe del cammino sono le seguenti: dall'Abbazia di Montecorona a San Benedetto Vecchio; da San Benedetto Vecchio a Serra di Burano; da Serra di Burano a Chiaserna e infine da Chiaserna a Fonte Avellana.
La partecipazione al cammino è libera e totalmente autonoma. È un cammino libero e spontaneo, pronto ad accogliere tutti i pellegrini che potranno organizzarsi autonomamente con i trasferimenti, pranzo al sacco e prenotazioni per il pernottamento. L’idea è quella di dare vita a un’esperienza culturale, ecologica, spirituale, escursionistica, senza porre limiti a chiunque vorrà ritrovarsi in cammino, ma, allo stesso tempo, senza alcun tipo di organizzazione preventiva; la partecipazione è a titolo individuale: ognuno partecipa al pellegrinaggio sotto la propria totale responsabilità.
Lungo il cammino i pellegrini saranno accompagnati dal simbolo blu cielo e dallo STEMMA CAMALDOLESE. Quest’ultimo è un calice in campo turchino, al quale bevono due colombe bianche, e sopra di esso vi è una stella codata. Le colombe rappresentano la vita dei monaci eremiti e quella dei monaci cenobiti (che vivono in comunità) che si abbeverano allo stesso calice (il calice rappresenta l’Eucarestia e richiama la Pasqua). La stella simboleggia la stella di Davide, a significare la continuità tra Antico e Nuovo Testamento.
Durante le tappe del cammino i partecipanti saranno salutati anche dal sindaco di Gubbio, a Santa Maria di Burano e dal vicepresidente della Regione Marche a Chiaserna.
Per avere informazioni sul tratto del cammino è possibile chiedere ai seguenti numeri: Celso Bini (328 677 53 20), Franca Cecchini (340 666 70 44), Sergio Clementi (331 297 92 38), Valentino Palpacelli (371 31 26 352 ), Vincenzo Silvestrelli (335 28 12 39), Stefano Tonelli (328 20 37 961), Angelo Venturucci (328 38 25 793).
Il Cammino Camaldolese di San Benedetto è stato ideato e più volte percorso da un gruppo di volontari che hanno inteso valorizzare la presenza dei monaci camaldolesi ed in generale benedettini nella zona umbro-marchigiana (Celso Bini, Franca Cecchini, Sergio Clementi, Valentino Palpacelli, Angelo Venturucci); la loro esperienza è stata poi condivisa anche dall’ Associazione Eticamente e dal Comune di Umbertide.
Questa collaborazione ha promosso un convegno che ha approfondito alcuni aspetti del rapporto fra eremi, monasteri e società e che si è svolto lo scorso 23 giugno presso la sala Beniamino Gigli dell’Abbazia di Montecorona. Il convegno ha invitato i partecipanti a riscoprire come i monaci e le strutture da essi costituite abbiano plasmato il paesaggio umbro marchigiano e anche il modo di vivere dei suoi abitanti.
]]>
Cammino Camaldolese di San Benedetto

E' pronto a partire il Cammino Camaldolese di San Benedetto che unisce l’Abbazia di Montecorona all'Eremo di Fonte Avellana. In tutto sono circa ottanta chilometri suddivisi in quattro tappe da circa venti chilometri l'una, in una alternanza di paesaggi, piccoli borghi di campagna, parchi naturali, castelli, e monasteri.
Il pellegrinaggio che inaugura il Cammino partirà dall’Abbazia di Montecorona giovedì 25 agosto alle ore 8: in questa occasione il vescovo di Gubbio e di Città di Castello, Sua Eccellenza Monsignor Luciano Paolucci Bedini saluterà e benedirà i partecipanti mentre il sindaco di Umbertide consegnerà ai partecipanti la patente del pellegrino.
La descrizione del percorso e le possibilità di accoglienza per i pellegrini sono state riportate in un pieghevole, realizzato in formato cartaceo e digitale copia del pieghevole in formato elettronico è disponibile sulla pagina Facebook Cammino Camaldolese di San Benedetto e sul sito www.comune.umbertide.pg.it e sul sito www.camminocamaldolese.org.

Le tappe del Cammino Camaldolese di San Benedetto

Sinteticamente le tappe del cammino sono le seguenti: dall'Abbazia di Montecorona a San Benedetto Vecchio; da San Benedetto Vecchio a Serra di Burano; da Serra di Burano a Chiaserna e infine da Chiaserna a Fonte Avellana.
La partecipazione al cammino è libera e totalmente autonoma. È un cammino libero e spontaneo, pronto ad accogliere tutti i pellegrini che potranno organizzarsi autonomamente con i trasferimenti, pranzo al sacco e prenotazioni per il pernottamento. L’idea è quella di dare vita a un’esperienza culturale, ecologica, spirituale, escursionistica, senza porre limiti a chiunque vorrà ritrovarsi in cammino, ma, allo stesso tempo, senza alcun tipo di organizzazione preventiva; la partecipazione è a titolo individuale: ognuno partecipa al pellegrinaggio sotto la propria totale responsabilità.
Lungo il cammino i pellegrini saranno accompagnati dal simbolo blu cielo e dallo STEMMA CAMALDOLESE. Quest’ultimo è un calice in campo turchino, al quale bevono due colombe bianche, e sopra di esso vi è una stella codata. Le colombe rappresentano la vita dei monaci eremiti e quella dei monaci cenobiti (che vivono in comunità) che si abbeverano allo stesso calice (il calice rappresenta l’Eucarestia e richiama la Pasqua). La stella simboleggia la stella di Davide, a significare la continuità tra Antico e Nuovo Testamento.
Durante le tappe del cammino i partecipanti saranno salutati anche dal sindaco di Gubbio, a Santa Maria di Burano e dal vicepresidente della Regione Marche a Chiaserna.
Per avere informazioni sul tratto del cammino è possibile chiedere ai seguenti numeri: Celso Bini (328 677 53 20), Franca Cecchini (340 666 70 44), Sergio Clementi (331 297 92 38), Valentino Palpacelli (371 31 26 352 ), Vincenzo Silvestrelli (335 28 12 39), Stefano Tonelli (328 20 37 961), Angelo Venturucci (328 38 25 793).
Il Cammino Camaldolese di San Benedetto è stato ideato e più volte percorso da un gruppo di volontari che hanno inteso valorizzare la presenza dei monaci camaldolesi ed in generale benedettini nella zona umbro-marchigiana (Celso Bini, Franca Cecchini, Sergio Clementi, Valentino Palpacelli, Angelo Venturucci); la loro esperienza è stata poi condivisa anche dall’ Associazione Eticamente e dal Comune di Umbertide.
Questa collaborazione ha promosso un convegno che ha approfondito alcuni aspetti del rapporto fra eremi, monasteri e società e che si è svolto lo scorso 23 giugno presso la sala Beniamino Gigli dell’Abbazia di Montecorona. Il convegno ha invitato i partecipanti a riscoprire come i monaci e le strutture da essi costituite abbiano plasmato il paesaggio umbro marchigiano e anche il modo di vivere dei suoi abitanti.
]]>
All’abbazia di Montecorona concerto di beneficenza “Per la pace e la libertà” https://www.lavoce.it/abbazia-montecorona-concerto-pace-e-liberta/ Mon, 18 Apr 2022 14:44:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66275

Si intitola "Per la Pace e la Libertà" ("Za Myr i Svobodu" in lingua ucraina) il concerto di beneficenza, promosso dal Chorus Fractae Ebe Igi e patrocinato dal Comune di Umbertide e dall'Associazione Regionale Cori dell'Umbria (Arcum), che viene prodotto da diverse realtà musicali della città e dal territorio, tutte unite dall'intento di aiutare le vittime della guerra in Ucraina.
Sabato 23 aprile alle 21 all'Abbazia di Montecorona la Banda Città di Umbertide diretta dal maestro Galliano Cerrini, l'orchestra giovanile "I Concertisti" diretta dal maestro Gianfranco Contadini, la soprano Alessandra Benedetti, il Chorus Fractae "Ebe Igi" (promotore dell'evento) e il coro gospel Altotiberino diretti dal maestro Paolo Fiorucci e il coro "Città di Piero-Domenico Stella" di Sansepolcro diretto dai maestri Bruno Sannai e Paolo Fiorucci, daranno vita a un ricco e assortito programma musicale. I tre cori saranno accompagnati al pianoforte e organo digitale dal maestro Lorenzo Tosi.
Sarà un vera e propria riscoperta del lavoro di queste importanti realtà musicali locali che dopo la pandemia tornano a diffondere le loro note armoniose; il tutto si unisce al nobile scopo dell'iniziativa. Infatti saranno raccolte offerte da devolvere al Comitato di Zona della Croce Rossa per supportare le famiglie ucraine presenti nel territorio.
Il concerto vuole portare un grande messaggio di pace, con tanti artisti all'interno dell'Abbazia, che vogliono ricordare l’urgenza di fermare le violenze che da settimane colpiscono la popolazione dell’Ucraina, sensibilizzando tutti al dialogo e alla cooperazione per una costruzione costante della pace.
]]>

Si intitola "Per la Pace e la Libertà" ("Za Myr i Svobodu" in lingua ucraina) il concerto di beneficenza, promosso dal Chorus Fractae Ebe Igi e patrocinato dal Comune di Umbertide e dall'Associazione Regionale Cori dell'Umbria (Arcum), che viene prodotto da diverse realtà musicali della città e dal territorio, tutte unite dall'intento di aiutare le vittime della guerra in Ucraina.
Sabato 23 aprile alle 21 all'Abbazia di Montecorona la Banda Città di Umbertide diretta dal maestro Galliano Cerrini, l'orchestra giovanile "I Concertisti" diretta dal maestro Gianfranco Contadini, la soprano Alessandra Benedetti, il Chorus Fractae "Ebe Igi" (promotore dell'evento) e il coro gospel Altotiberino diretti dal maestro Paolo Fiorucci e il coro "Città di Piero-Domenico Stella" di Sansepolcro diretto dai maestri Bruno Sannai e Paolo Fiorucci, daranno vita a un ricco e assortito programma musicale. I tre cori saranno accompagnati al pianoforte e organo digitale dal maestro Lorenzo Tosi.
Sarà un vera e propria riscoperta del lavoro di queste importanti realtà musicali locali che dopo la pandemia tornano a diffondere le loro note armoniose; il tutto si unisce al nobile scopo dell'iniziativa. Infatti saranno raccolte offerte da devolvere al Comitato di Zona della Croce Rossa per supportare le famiglie ucraine presenti nel territorio.
Il concerto vuole portare un grande messaggio di pace, con tanti artisti all'interno dell'Abbazia, che vogliono ricordare l’urgenza di fermare le violenze che da settimane colpiscono la popolazione dell’Ucraina, sensibilizzando tutti al dialogo e alla cooperazione per una costruzione costante della pace.
]]>
E’ tornato alla Casa del Padre don Lino Burani, per quasi mezzo secolo parroco di Pierantonio https://www.lavoce.it/e-tornato-alla-casa-del-padre-don-lino-burani-per-quasi-mezzo-secolo-parroco-di-pierantonio/ Mon, 25 Jan 2021 10:31:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=59010

PIERANTONIO- E’ ritornato alla Casa del Padre, dopo una grave e lunga malattia, la sera del 23 gennaio, don Lino Burani, parroco emerito di Pierantonio, Sant’Orfeto e La Bruna. Ad esprimere il profondo cordoglio ai familiari, a nome dell’intero Presbiterio diocesano di Perugia-Città della Pieve, è stato il cardinale Gualtiero Bassetti recandosi a far loro visita. Le esequie saranno celebrate lunedì 25 gennaio, alle ore 14, nell’Abbazia di Montecorona, presiedute dal vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi insieme al vicario episcopale della IV Zona pastorale dell’Archidiocesi, monsignor Alberto Veschini, ai parroci di Pierantonio, don Mauro Lironi, e di Badia di Montecorona, monsignor Renzo Piccioni Pignani, e ad altri sacerdoti.

Don Lino Burani avrebbe compiuto 88 anni il prossimo 19 febbraio, nato a Deruta nel 1933. Era stato ordinato sacerdote il 12 febbraio 1959 dopo aver compiuto gli studi presso il Pontificio Seminario Regionale Pio IX di Assisi

Nel 1962 veniva nominato parroco di Pierantonio, comunità parrocchiale che ha guidato ininterrottamente fino al 2009, dove ha continuato a vivere restando punto di riferimento spirituale per molte persone.

"Era un semplice parroco di campagna come me, che ha amato e si è fatto amare dalla gente -così lo ricorda il suo confratello monsignor Renzo Piccioni Pignani- benvoluto e stimato dai parrocchiani guidandoli e facendoli crescere nella fede per quasi mezzo secolo. Don Lino ha contribuito allo sviluppo sociale, oltre che pastorale, della sua comunità e zone limitrofe; una comunità che ha vissuto, in particolare tra gli anni ’70 e 80, una consistente espansione industriale.

Ricordo don Lino -prosegue don Renzo- anche quando c’era da unire le comunità parrocchiali a lui affidate; un compito arduo ma non impossibile seppur lo preoccupava molto, come accadeva a tanti noi preti con la responsabilità di più parrocchie. Era attento alla crescita umana e cristiana dei giovani, non sempre facile nelle zone di periferia".

Don Lino, che si è ben integrato sin da subito a Pierantonio -conclude monsignor Renzo Piccioni Pignani- è stato anche l’artefice di significativi interventi di consolidamento strutturale e funzionalità del complesso della chiesa parrocchiale, oltre ad essere soprattutto un curato di pietre vive. Conoscendolo avrebbe fatto la sua parte anche nell’aiutare la gente ad affrontare la crisi economica ed occupazionale che ha avuto pesanti ripercussioni nella nostra zona industriale, ma purtroppo l’età era ormai avanzata e a don Lino le forze iniziarono a venir meno".

]]>

PIERANTONIO- E’ ritornato alla Casa del Padre, dopo una grave e lunga malattia, la sera del 23 gennaio, don Lino Burani, parroco emerito di Pierantonio, Sant’Orfeto e La Bruna. Ad esprimere il profondo cordoglio ai familiari, a nome dell’intero Presbiterio diocesano di Perugia-Città della Pieve, è stato il cardinale Gualtiero Bassetti recandosi a far loro visita. Le esequie saranno celebrate lunedì 25 gennaio, alle ore 14, nell’Abbazia di Montecorona, presiedute dal vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi insieme al vicario episcopale della IV Zona pastorale dell’Archidiocesi, monsignor Alberto Veschini, ai parroci di Pierantonio, don Mauro Lironi, e di Badia di Montecorona, monsignor Renzo Piccioni Pignani, e ad altri sacerdoti.

Don Lino Burani avrebbe compiuto 88 anni il prossimo 19 febbraio, nato a Deruta nel 1933. Era stato ordinato sacerdote il 12 febbraio 1959 dopo aver compiuto gli studi presso il Pontificio Seminario Regionale Pio IX di Assisi

Nel 1962 veniva nominato parroco di Pierantonio, comunità parrocchiale che ha guidato ininterrottamente fino al 2009, dove ha continuato a vivere restando punto di riferimento spirituale per molte persone.

"Era un semplice parroco di campagna come me, che ha amato e si è fatto amare dalla gente -così lo ricorda il suo confratello monsignor Renzo Piccioni Pignani- benvoluto e stimato dai parrocchiani guidandoli e facendoli crescere nella fede per quasi mezzo secolo. Don Lino ha contribuito allo sviluppo sociale, oltre che pastorale, della sua comunità e zone limitrofe; una comunità che ha vissuto, in particolare tra gli anni ’70 e 80, una consistente espansione industriale.

Ricordo don Lino -prosegue don Renzo- anche quando c’era da unire le comunità parrocchiali a lui affidate; un compito arduo ma non impossibile seppur lo preoccupava molto, come accadeva a tanti noi preti con la responsabilità di più parrocchie. Era attento alla crescita umana e cristiana dei giovani, non sempre facile nelle zone di periferia".

Don Lino, che si è ben integrato sin da subito a Pierantonio -conclude monsignor Renzo Piccioni Pignani- è stato anche l’artefice di significativi interventi di consolidamento strutturale e funzionalità del complesso della chiesa parrocchiale, oltre ad essere soprattutto un curato di pietre vive. Conoscendolo avrebbe fatto la sua parte anche nell’aiutare la gente ad affrontare la crisi economica ed occupazionale che ha avuto pesanti ripercussioni nella nostra zona industriale, ma purtroppo l’età era ormai avanzata e a don Lino le forze iniziarono a venir meno".

]]>
L’ordinazione di sei nuovi sacerdoti: chi sono e da dove vengono? https://www.lavoce.it/lordinazione-nuovi-sacerdoti-vengono/ Thu, 28 Jun 2018 14:59:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52225

Venerdì 29 giugno (ore 17), solennità dei santi Pietro e Paolo la Chiesa di Perugia - Città della Pieve fa festa per l’ordinazionne di sei sacerdoti. Federico Casini, Nicolò Gaggia, Augusto Martelli, Pietro Squarta, Giovanni Le Yang e Salvatore Mauro Reitano, saranno ordinati presbiteri dal cardinale Gualtiero Bassetti nella cattedrale di San Lorenzo. Nei giorni seguenti ciascuno di loro celebrerà la sua prima messa e da lì inizierà il servizio alla Chiesa locale, ma dove e come non è ancora stato definito. Qui li presentiamo, brevemente, per conoscerli un po’. Le loro storie sono testimonianza della varietà e diversità di esperienze attraverso le quali può manifestarsi la chiamata di Dio. [gallery ids="52231,52230,52229,52228,52227,52226"] DAL DOTTORATO AL SEMINARIO Federico Casini è nato nel 1981 a Perugia ed ha vissuto sempre nella parrocchia di San Valentino della Collina, nel comune di Marsciano. Come molti suoi coetanei, dopo aver ricevuto il sacramento della Confermazione si è allontanato dalla pratica di fede. Nel 2006 ha ottenuto la laurea in ingegneria elettronica e quattro anni dopo il dottorato di ricerca nella stessa disciplina. È stato in questo periodo che il Signore è tornato a bussare alla sua porta, attraverso un pellegrinaggio a Medjugorje nel 2007. In quella occasione Federico racconta di aver scoperto l’amore di Dio per lui, personale, attraverso il sacramento della Riconciliazione. Da lì ha iniziato a collaborare in parrocchia come animatore e catechista e ad approfondire la sua fede attraverso incontri per giovani della diocesi e il corso dei dieci comandamenti. In questo tempo ha avvertito sempre più chiaramente la chiamata di Dio alla sua sequela, sia attraverso alcuni segni che Dio gli donava, sia attraverso la passione per il suo impegno in parrocchia, fino ad entrare nel 2011 all’anno propedeutico del Pontificio seminario regionale umbro, dove ha ricevuto la formazione che lo ha portato fino al presbiterato. VOCAZIONE FIN DALL’INFANZIA Nicolò Gaggia è nato nel 1992 e all’età di sei mesi è stato affidato ai nonni paterni a causa di situazioni di difficoltà dei genitori. Con loro è vissuto nel paese di Sant’Apollinare, frazione del Comune di Marsciano, in un clima sereno fino ai 13 anni, quando decise di entrare nel Pontificio seminario romano minore. “Nel momento in cui attorno a me tutto crollava”, racconta, “perché il papà era morto e la mamma se ne andava, ho sentito una forte vicinanza da parte di Dio, nei limiti in cui un bambino di 4 anni poteva avvertirla. Anni dopo, ascoltando il parroco raccontare dei martiri, ho sentito forte il desiderio di spendere come loro la mia per quel Dio che mi aveva donato gioia nella sofferenza.” Dopo aver concluso il seminario minore nel 2011, Nicolò ha fatto un ulteriore discernimento sulla sua vocazione e deciso di continuare il suo percorso verso il sacerdozio nel Pontificio seminario romano maggiore. LA CHIAMATA CHE RITORNA Giovanni Le Yang è nato a Pechino, in Cina, il 12 giugno 1984, in una famiglia non credente. Dopo un cammino personale nella parrocchia di Santa Maria Immacolata, che è la cattedrale dell’archidiocesi di Pechino, ha ricevuto il battesimo nel 1999. Ha scoperto la sua vocazione durante il servizio come interprete del corso inglese in parrocchia ed ha frequentato il seminario diocesano di Pechino dal 2003 al 2006. Successivamente ha lavorato presso uno studio di architettura a Shanghai, per poi giungere, sempre per motivi di lavoro, a Perugia nel 2009 per frequentare il corso di italiano all’Università per Stranieri. In seguito, nel 2011 ha deciso di riprendere il cammino verso il sacerdozio entrando al seminario regionale di Assisi per la diocesi di Perugia-città della Pieve. PRIMA ATEO, POI EREMITA Augusto Martelli è nato nel 1966 a Perugia. Fino all’età di 35 anni si definiva “radicalmente ateo” e esercitava la professione di medico veterinario in Emilia Romagna. Il suo primo incontro con la fede avviene nel 2001 attraverso un padre francescano di Monteripido, che gli parla di Dio con grande semplicità e lo invita a leggere il Vangelo di Giovanni. La testimonianza di questo sacerdote ed il rapporto che questi aveva con la Parola di Dio lo segnano in profondità, tanto che Augusto racconta di essersi sentito spinto a comprare il suo primo Vangelo e ad iniziare a leggerlo. Durante la lettura di Giovanni 3,8 ha vissuto una esperienza spirituale forte della presenza di Dio nella sua vita, che lo ha portato 3 anni dopo a diventare monaco eremita nel convento di Montecorona. Nel 2014, dopo 10 anni di vita eremitica, ha avvertito il desiderio di diventare sacerdote, e facendo discernimento con i suoi superiori ha chiesto e ottenuto di entrare al seminario regionale di Assisi. OBIETTIVO: FELICITÀ Salvatore Mauro Reitano è nato a Catania nel 1983. Terminati gli studi superiori nella sua città si trasferisce a Roma, per studiare Economia presso l’Università Luiss dove nel 2007 consegue la laurea triennale. Al momento di continuare gli studi sente il desiderio di compiere un discernimento ed entra al tempo propedeutico del Pontificio seminario romano maggiore. “Cercavo senso e felicità: studiavo in vista di un bel lavoro, ma in quello che facevo là mancava felicità, lo avvertivo come arido e tecnico. Così ho sentito il desiderio di riavvicinarmi a Dio.” Dopo il propedeutico ha fatto un pellegrinaggio a Medjugorje dove ha incontrato per la prima volta la Comunità Fratelli di Gesù Misericordioso, verso la quale ha deciso di indirizzare la formazione che lo ha portato fino al presbiterato. La comunità è una associazione pubblica di fedeli eretta nel 2005 a Vilnius dal cardinal Backis e accolta successivamente a Perugia dal cardinal Bassetti, che le ha affidato la custodia del santuario Madonna della Grondici. PASSIONE EDUCATIVA Pietro Squarta è nato a Perugia nel 1992 ed ha mosso i primi passi nella fede nella parrocchia di San Raffaele Arcangelo in Madonna Alta. Ricevuta la prima Comunione, ha iniziato a frequentare il gruppo dell’Azione cattolica, grazie alla quale ha vissuto anni che definisce bellissimi, ricchi di esperienze significative, che lo hanno stimolato ad apprezzare la santa messa e l’adorazione eucaristica. L’esempio e l’amicizia degli educatori lo hanno spinto, una volta ricevuta la Cresima, a chiedere al parroco di allora don Luigi Stella di poter diventare a sua volta educatore in parrocchia, ruolo che ha svolto fino al 2011, anno dell’ingresso al tempo propedeutico del seminario. Il discernimento vocazionale è iniziato grazie alla direzione spirituale di don Riccardo Pascolini, negli ultimi anni delle scuole superiori. Decisivo, un ritiro di esercizi spirituali nella settimana santa della Pasqua del 2011, in cui Pietro ha avvertito la chiamata di Dio, ha fatto luce sulla sua vita e sentito che non c’è modo migliore di spenderla se non per Cristo.]]>

Venerdì 29 giugno (ore 17), solennità dei santi Pietro e Paolo la Chiesa di Perugia - Città della Pieve fa festa per l’ordinazionne di sei sacerdoti. Federico Casini, Nicolò Gaggia, Augusto Martelli, Pietro Squarta, Giovanni Le Yang e Salvatore Mauro Reitano, saranno ordinati presbiteri dal cardinale Gualtiero Bassetti nella cattedrale di San Lorenzo. Nei giorni seguenti ciascuno di loro celebrerà la sua prima messa e da lì inizierà il servizio alla Chiesa locale, ma dove e come non è ancora stato definito. Qui li presentiamo, brevemente, per conoscerli un po’. Le loro storie sono testimonianza della varietà e diversità di esperienze attraverso le quali può manifestarsi la chiamata di Dio. [gallery ids="52231,52230,52229,52228,52227,52226"] DAL DOTTORATO AL SEMINARIO Federico Casini è nato nel 1981 a Perugia ed ha vissuto sempre nella parrocchia di San Valentino della Collina, nel comune di Marsciano. Come molti suoi coetanei, dopo aver ricevuto il sacramento della Confermazione si è allontanato dalla pratica di fede. Nel 2006 ha ottenuto la laurea in ingegneria elettronica e quattro anni dopo il dottorato di ricerca nella stessa disciplina. È stato in questo periodo che il Signore è tornato a bussare alla sua porta, attraverso un pellegrinaggio a Medjugorje nel 2007. In quella occasione Federico racconta di aver scoperto l’amore di Dio per lui, personale, attraverso il sacramento della Riconciliazione. Da lì ha iniziato a collaborare in parrocchia come animatore e catechista e ad approfondire la sua fede attraverso incontri per giovani della diocesi e il corso dei dieci comandamenti. In questo tempo ha avvertito sempre più chiaramente la chiamata di Dio alla sua sequela, sia attraverso alcuni segni che Dio gli donava, sia attraverso la passione per il suo impegno in parrocchia, fino ad entrare nel 2011 all’anno propedeutico del Pontificio seminario regionale umbro, dove ha ricevuto la formazione che lo ha portato fino al presbiterato. VOCAZIONE FIN DALL’INFANZIA Nicolò Gaggia è nato nel 1992 e all’età di sei mesi è stato affidato ai nonni paterni a causa di situazioni di difficoltà dei genitori. Con loro è vissuto nel paese di Sant’Apollinare, frazione del Comune di Marsciano, in un clima sereno fino ai 13 anni, quando decise di entrare nel Pontificio seminario romano minore. “Nel momento in cui attorno a me tutto crollava”, racconta, “perché il papà era morto e la mamma se ne andava, ho sentito una forte vicinanza da parte di Dio, nei limiti in cui un bambino di 4 anni poteva avvertirla. Anni dopo, ascoltando il parroco raccontare dei martiri, ho sentito forte il desiderio di spendere come loro la mia per quel Dio che mi aveva donato gioia nella sofferenza.” Dopo aver concluso il seminario minore nel 2011, Nicolò ha fatto un ulteriore discernimento sulla sua vocazione e deciso di continuare il suo percorso verso il sacerdozio nel Pontificio seminario romano maggiore. LA CHIAMATA CHE RITORNA Giovanni Le Yang è nato a Pechino, in Cina, il 12 giugno 1984, in una famiglia non credente. Dopo un cammino personale nella parrocchia di Santa Maria Immacolata, che è la cattedrale dell’archidiocesi di Pechino, ha ricevuto il battesimo nel 1999. Ha scoperto la sua vocazione durante il servizio come interprete del corso inglese in parrocchia ed ha frequentato il seminario diocesano di Pechino dal 2003 al 2006. Successivamente ha lavorato presso uno studio di architettura a Shanghai, per poi giungere, sempre per motivi di lavoro, a Perugia nel 2009 per frequentare il corso di italiano all’Università per Stranieri. In seguito, nel 2011 ha deciso di riprendere il cammino verso il sacerdozio entrando al seminario regionale di Assisi per la diocesi di Perugia-città della Pieve. PRIMA ATEO, POI EREMITA Augusto Martelli è nato nel 1966 a Perugia. Fino all’età di 35 anni si definiva “radicalmente ateo” e esercitava la professione di medico veterinario in Emilia Romagna. Il suo primo incontro con la fede avviene nel 2001 attraverso un padre francescano di Monteripido, che gli parla di Dio con grande semplicità e lo invita a leggere il Vangelo di Giovanni. La testimonianza di questo sacerdote ed il rapporto che questi aveva con la Parola di Dio lo segnano in profondità, tanto che Augusto racconta di essersi sentito spinto a comprare il suo primo Vangelo e ad iniziare a leggerlo. Durante la lettura di Giovanni 3,8 ha vissuto una esperienza spirituale forte della presenza di Dio nella sua vita, che lo ha portato 3 anni dopo a diventare monaco eremita nel convento di Montecorona. Nel 2014, dopo 10 anni di vita eremitica, ha avvertito il desiderio di diventare sacerdote, e facendo discernimento con i suoi superiori ha chiesto e ottenuto di entrare al seminario regionale di Assisi. OBIETTIVO: FELICITÀ Salvatore Mauro Reitano è nato a Catania nel 1983. Terminati gli studi superiori nella sua città si trasferisce a Roma, per studiare Economia presso l’Università Luiss dove nel 2007 consegue la laurea triennale. Al momento di continuare gli studi sente il desiderio di compiere un discernimento ed entra al tempo propedeutico del Pontificio seminario romano maggiore. “Cercavo senso e felicità: studiavo in vista di un bel lavoro, ma in quello che facevo là mancava felicità, lo avvertivo come arido e tecnico. Così ho sentito il desiderio di riavvicinarmi a Dio.” Dopo il propedeutico ha fatto un pellegrinaggio a Medjugorje dove ha incontrato per la prima volta la Comunità Fratelli di Gesù Misericordioso, verso la quale ha deciso di indirizzare la formazione che lo ha portato fino al presbiterato. La comunità è una associazione pubblica di fedeli eretta nel 2005 a Vilnius dal cardinal Backis e accolta successivamente a Perugia dal cardinal Bassetti, che le ha affidato la custodia del santuario Madonna della Grondici. PASSIONE EDUCATIVA Pietro Squarta è nato a Perugia nel 1992 ed ha mosso i primi passi nella fede nella parrocchia di San Raffaele Arcangelo in Madonna Alta. Ricevuta la prima Comunione, ha iniziato a frequentare il gruppo dell’Azione cattolica, grazie alla quale ha vissuto anni che definisce bellissimi, ricchi di esperienze significative, che lo hanno stimolato ad apprezzare la santa messa e l’adorazione eucaristica. L’esempio e l’amicizia degli educatori lo hanno spinto, una volta ricevuta la Cresima, a chiedere al parroco di allora don Luigi Stella di poter diventare a sua volta educatore in parrocchia, ruolo che ha svolto fino al 2011, anno dell’ingresso al tempo propedeutico del seminario. Il discernimento vocazionale è iniziato grazie alla direzione spirituale di don Riccardo Pascolini, negli ultimi anni delle scuole superiori. Decisivo, un ritiro di esercizi spirituali nella settimana santa della Pasqua del 2011, in cui Pietro ha avvertito la chiamata di Dio, ha fatto luce sulla sua vita e sentito che non c’è modo migliore di spenderla se non per Cristo.]]>
All’Eremo di Montecorona i monaci venuti dalla Francia https://www.lavoce.it/alleremo-di-montecorona-i-monaci-venuti-dalla-francia/ Fri, 22 Jan 2016 12:00:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45109 Eremo di Monte CoronaLa famiglia monastica “di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di san Bruno” è stata fondata il 1° novembre 1950 in piazza San Pietro a Roma, nel momento in cui Papa Pio XII proclamava il dogma dell’Assunzione di Maria.
In quel momento, sette pellegrini sentirono la chiamata a donarsi completamente affinché nella Chiesa nascessero nuove comunità la cui vocazione fosse quella di partecipare alla vita della Madre di Dio presente nel cuore della Trinità, in una vita di adorazione del Padre in Spirito e verità (cfr. Gv 4,23-24). La famiglia monastica cominciò con una prima comunità di donne consacrate che vollero così vivere il “progetto della Vergine Maria”. Il ramo maschile della famiglia monastica è nato nel 1976 a Currière, nella montagna della Certosa in Francia. Monaci e monache vivono in edifici separati, con governi distinti, però formano una sola “famiglia”, uniti dai legami della carità e dalla medesima vocazione alla preghiera di adorazione, nel silenzio e nella solitudine. La famiglia monastica di Betlemme conta oggi circa 700 monache, vivendo in trenta monasteri sparsi nel mondo intero, e 40 monaci suddivisi in tre monasteri (Umbria, Francia e Israele). In Umbria, siamo dieci monaci di questa famiglia monastica a vivere nell’eremo di Montecorona, sito nell’arcidiocesi di Perugia, quasi al confine con le diocesi di Gubbio e Città di Castello.
L’eremo antico fu costruito a partire dal 1530 dai compagni del beato Paolo Giustiniani, che fu all’origine della comunità oggi conosciuta come “congregazione degli eremiti camaldolesi di Montecorona”. L’eremo fu per 330 anni a capo di questa congregazione, finché nel 1861 i monaci ne furono definitivamente espulsi in seguito all’entrata in vigore delle leggi italiane che prevedevano la confisca dei beni ecclesiastici. Passò allora per 120 anni nelle mani di diversi proprietari privati e fu poco a poco abbandonato.
Nel 1981 l’eremo di Montecorona, essendo in uno stato di grande rovina, fu ripreso da una piccola comunità di monache di Betlemme, che con coraggio e soprattutto con grande fede cominciarono un’impossibile opera di restauro.
Nel 1990, mentre l’eremo cominciava a risorgere, le monache lo lasciarono ai loro confratelli monaci di Betlemme e andarono a fondare un nuovo monastero vicino a Gubbio. Dal 1990 i monaci hanno continuato la ristrutturazione, e adesso circa l’80% dell’antico eremo è stato ristrutturato, grazie all’aiuto provvidenziale di tanti volontari e al sostegno di altrettanti benefattori, piccoli e grandi. I monaci vivono una vita semplice alla scuola del Vangelo, tutta dedicata alla preghiera e all’umile lavoro, sia per guadagnare il pane quotidiano che per i vari servizi della comunità.

Spesso ci viene chiesto: “Ma cosa fate sul monte, mentre c’è tanto da fare nel campo della Chiesa e del mondo?”. La prima risposta è che Dio stesso ci ha chiamati a questa vita. Infatti il valore della nostra vita non si misura in termini di efficacia ma piuttosto “serve” a esprimere il valore della gratuità dell’amore di Dio per ogni persona umana, la gratuità della sua chiamata a essere suoi figli adottivi e la gratuità dell’offerta delle nostre vite, come il profumo sparso da Maria ai piedi di Gesù (cfr. Gv 12,3).
D’altronde, la vita e la preghiera dei monaci e delle monache di clausura è fonte di una fecondità misteriosa, invisibile agli occhi degli uomini. Infatti Dio ascolta la preghiera di coloro che gridano a Lui giorno e notte e risponde alla loro supplica, riversando il Suo amore infinito su tutti gli uomini. Diceva san Giovanni Paolo II: “Nella sua orazione, il monaco pronuncia una epìclesi dello Spirito sul mondo, ed è certo che sarà esaudito, perché essa partecipa della stessa preghiera di Cristo. E così egli sente nascere in sé un amore profondo per l’umanità”. E questo dimostrano di averlo percepito coloro che salgono all’eremo di Montecorona ad affidare le loro intenzioni di preghiera nel quaderno della cappellina di Nostra Signora della Consolazione. Chi desidera ritirarsi alcuni giorni nel silenzio e nella solitudine dell’ospitalità dell’eremo è sempre benvenuto.
Può partecipare alla preghiera liturgica con noi, pregare nell’oratorio della propria cella, adorare il Santissimo Sacramento ed essere accompagnato da uno di noi nella lettura orante del Vangelo.

]]>
“Maturare sempre più il senso di comunione” https://www.lavoce.it/maturare-sempre-piu-il-senso-di-comunione/ Thu, 23 Apr 2015 13:40:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31746  

Il card. Bassetti e mons. Giulietti durante l’incontro
Il card. Bassetti e mons. Giulietti durante l’incontro

“Vogliamo essere Chiesa viva, che nasce dalla Croce della Pasqua del Cristo Risorto e resa feconda dalla Carità, annunciatrice del Vangelo”. Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti alla celebrazione dei Vespri, che venerdì scorso hanno aperto l’incontro conclusivo della Visita pastorale alle comunità parrocchiali delle Unità pastorali di Ponte Felcino, Ponte Valleceppi, Ponte Pattoli e Colombella costituenti la IV Zona “Alta Valle Tevere” dell’Archidiocesi. Nella chiesa interparrocchiale “Santa Maria Madre della Chiesa” in Montelaguardia di Perugia, il cardinale ha incontrato fedeli e operatori pastorali della IV Zona ai quali ha chiesto se l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium fosse entrata nelle parrocchie, “altrimenti – ha detto – non possiamo essere Chiesa in ‘uscita’, testimoni di speranza, perché senza la speranza si va poco lontani”.

Le Lettere pastorali alle comunità

Bassetti ha presentato il documento finale, la Lettera pastorale indirizzata a ciascuna delle quattro UP e consegnata ai parroci moderatori, nella quale sono contenute le “indicazioni per il cammino dei prossimi anni”. “La Visita pastorale, nonostante la brevità del tempo trascorso insieme, è stata – ha detto Bassetti – una preziosa occasione di incontro e di condivisione della fede in Cristo. Mi sono fermato con voi, nelle vostre chiese e nelle vostre case, ma anche nelle fabbriche e nelle scuole, per ascoltarvi e per confermarvi nella sequela del Signore, e la vostra numerosa partecipazione è stata per me fonte di gioia”. Dei momenti della Visita il Cardinale ha ricordato “con particolare soddisfazione” l’incontro con i ragazzi delle scuole nel quale, ha detto, “ho potuto apprezzare la cordialità delle vostre relazioni e il reciproco sostegno”.

Cresce la consapevolezza di una “pastorale di Unità” 

Bassetti ha colto con viva soddisfazione “il maturare di un crescente senso di comunione” tra comunità parrocchiali impegnate a dare vita all’Unità pastorale, “attenuando progressivamente il campanilismo”. Questo aspetto è stato anche il “cuore” della stessa Visita pastorale, cioè verificare a che punto è l’attuazione del “progetto di Unità pastorale” nel quale alle parrocchie è chiesto di condividere la vita ecclesiale locale dalla liturgia alla catechesi, alla carità e a tutti gli altri ambiti pastorali (la gioventù, la famiglia…). Al riguardo, dai diversi interventi di sacerdoti e laici, che si sono susseguiti al termine della presentazione delle Lettere specifiche per ciascuna Unità da parte del vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti, è emersa la volontà di proseguire in questo progetto auspicando per la sua buona riuscita un “maggiore coinvolgimento di fedeli laici”. Non sono mancate neppure le perplessità riguardo a “soppressioni” o “fusioni” in ambito “canonico e civile” di piccole parrocchie che la “Riforma delle Unità Pastorali” comporterà nel medio-lungo periodo.

I partecipanti all’incontro
I partecipanti all’incontro

Le “revisioni territoriali” di parrocchie ed Unità pastorali. 

La Visita pastorale è stata anche occasione di verifica della definizione territoriale delle UP per cui, su indicazione anche del clero locale, dei Consigli pastorali parrocchiali e dei fedeli si è proceduto ad alcune “revisioni territoriali”. La parrocchia Bosco lascia l’Unità di Ponte Felcino per passare con quella di Colombella; le parrocchie di Pianello, Pilonico Paterno e Ripa lasciano l’Unita di Colombella e passano con quella di Ponte Valleceppi; Cordigliano si unisce pastoralmente all’Unità di Ponte Pattoli cedendo parte del suo territorio alla parrocchia di Casamanza dell’Unità di Ponte Felcino; Pilonico Paterno e Civitella d’Arna vengono unite pastoralmente alla parrocchia di Ripa in attesa della piena incorporazione canonica e civile, così anche quella di Lidarno unita pastoralmente a Sant’Egidio. Questa riorganizzazione, ha detto Bassetti, ha “lo scopo di favorire la collaborazione tra le parrocchie, portando a coincidere maggiormente il territorio della circoscrizione ecclesiastica con quello antropologico, in modo che i processi di integrazione pastorale si innestino con naturalezza sulle relazioni già esistenti tra le persone, le famiglie e le associazioni di ogni genere”. Insomma, ha detto il cardinale, “non basta cambiare i confini di una Unità pastorale perché questa ‘funzioni’ meglio: è necessaria la convinta ricerca di cooperazione a tutti i livelli del vivere ecclesiale”.

Le indicazioni pastorali 

Il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti ha evidenziato come i temi maggiormente trattati nelle Lettere pastorali rivolte a ciascuna delle quattro UP riguardino gli ambiti della liturgia, catechesi e carità, ma anche le nomine dei Consigli pastorali interparrocchiali, che dovranno avvenire entro il 2015, “con le modalità indicate dal Sinodo, compresa quella di far eleggere alcuni membri dal popolo”. Così come i “Consigli parrocchiali per gli affari economici, laddove scaduti, andranno rinnovati entro l’anno in corso”. Se nelle parrocchie la Visita del cardinale ha rilevato “un soddisfacente impegno nella pastorale dei ragazzi e dei giovani”, altrettanto non può dirsi per “gli adulti e le famiglie” cogliendo in merito una “scarsità di proposte formative”. Occorre più impegno sul versante dell’evangelizzazione da realizzare unitariamente. Altro aspetto emerso è la vita liturgica, in primis la necessità di “armonizzare” l’orario delle Messe, evitando sovrapposizioni, oltre a promuovere occasioni in cui tutte le comunità parrocchiali dell’Unità pastorale possono ritrovarsi insieme a celebrare. Ma c’è anche la necessità di investire di più sulla formazione degli animatori della liturgia e questo può avvenire a livello di Unità. Non secondario è l’ambito socio-caritativo della Pastorale per il quale viene indicato come non più rinviabile l’organizzazione di Caritas interparrocchiali con servizi di ascolto-accoglienza e sostegno delle situazioni difficili, individuando un luogo che possa servire da punto di riferimento per l’intero territorio, organizzando attorno ad esso volontari formati di tutte le comunità parrocchiali sia nell’opera dell’ascolto che in quella dell’erogazione degli aiuti materiali. Il cardinale Bassetti, nel corso della Visita, ha apprezzato molto e ha altrettanto stimolato il lavoro svolto da operatori e volontari di strutture caritative come il “Villaggio Santa Caterina” in Solfagnano e la “Casa Emmaus” in Lidarno. I mezzi della comunicazione sociale “vanno coraggiosamente ripensati e realizzati a dimensione di Unità”. E l’invito è a lavorare affinché i bollettini cartacei, i siti internet e le newsletter a essi collegati possano diventare strumenti di informazione e di comunione mediante i quali la popolazione può percepire il cambiamento che le Unità pastorali determinano.

Attenzione ai religiosi 

Nelle diverse attività pastorali portate avanti dalle parrocchie sono sempre più coinvolte le comunità religiose sia maschili che femminili, tra le quali quelle dei Frati Minori della Provincia Serafica in Farneto, i Passionisti in Montescosso e le Apostole del Sacro Cuore in Colombella. Non irrilevanti sono le “buone relazioni” con la comunità contemplativa dei Monaci di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno in Montecorona. Anche le Confraternite, le associazioni, i gruppi di preghiera di laici presenti a livello territoriale sono un punto di riferimento umano e spirituale da coltivare in quanto anch’esse preziose per la vita di una comunità intenta a tramandare, anche attraverso la tradizione e la cultura, la propria fede.

 

]]>
Paesaggio plasmato dalle abbazie https://www.lavoce.it/paesaggio-plasmato-dalle-abbazie/ Fri, 10 Oct 2014 11:41:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28380

San Benedetto e la sua Regola nel corso dei secoli hanno dato un contributo fondamentale alla realizzazione dell’Europa. La rete monastica ha profondamente influenzato lo sviluppo spirituale, sociale, economico e culturale del Continente, così come in Italia e in particolare della nostra regione dove il Patrono d’Europa ebbe i natali. Il tema del monachesimo benedettino in Umbria e del suo rapporto con il territorio circostante le abbazie è stato al centro di un convegno che si è tenuto il 26 settembre all’abbazia benedettina di Montelabate in località Ramazzano (Perugia). Tema dell’incontro “Alle radici del paesaggio umbro: le abbazie benedettine”. Nel corso della mattinata è stato presentato il volume Le abbazie benedettine in Umbria.

La pubblicazione “Le abbazie benedettine in Umbria“

A presentare il lavoro i curatori dell’opera, l’abate Giustino Farnedi, vice direttore del Centro storico benedettino; e Nadia Togni dell’Università di Ginevra. La pubblicazione - spiega Togni - è il risultato di un censimento di 90 monasteri e insediamenti benedettini (su 300 esistenti in Umbria, dei quali oggi restano testimoni viventi 3 monasteri maschili e 10 femminili); ed è solo un primo contributo alla storia della diffusione umbra del monachesimo; che cominciò intorno ai primi insediamenti eremitici pre-benedettini sul Monteluco a Spoleto e in Valcastoriana e conobbe l’apice nell’Alto Medioevo con la fondazione di piccoli e grandi monasteri.

La maggior parte dei monasteri sorgevano in aree extraurbane

“Tali monasteri - aggiunge - sono stati selezionati in base a due criteri: la rilevanza storica e artistica dell’istituzione, e la valenza paesaggistica delle fondazioni monastiche. La maggior parte sorgono in zone extraurbane, lungo i fiumi o le antiche vie romane, isolati nella campagna, o in montagna. Grazie a loro molte zone vennero bonificate e rese produttive. Molti sono monasteri maschili, ma ce ne sono anche femminili a cui nel prosieguo dell’indagine dedicheremo particolare attenzione. Nell’elenco vi sono anche alcune abbazie urbane, le più importanti dal punto di vista storico, quali le abbazie di San Pietro a Perugia, ad Assisi, Gubbio, San Ponziano e San Paolo inter vineas di Spoleto.

Monasteri benedettini ceduti ai francescani

Non mancano esempi di monasteri che nel periodo della grande crisi del monachesimo del XIII secolo vennero ceduti ai francescani. Tale repertorio ci aiuterà a completare il Monasticom Umbriae cioè lo studio e la schedatura di tutte le abbazie benedettine esistenti ed esistite sul territorio regionale”. Ogni scheda, tra l’altro, raccoglie informazioni sulla localizzazione del sito, il territorio, la storia, gli elementi artistici, ed è corredata da una bibliografia e da una documentazione fotografica e cartografica.

Abbazie che c’erano, e oggi non più

Il contributo dell’abate Giustino Farnedi al volume sul monachesimo benedettino in Umbria

"Storia del monachesimo in Umbria dalle origini al secolo XXI” è il contributo dato al volume (vedi sopra) da padre Giustino Farnedi, vice direttore del Centro storico benedettino italiano e abate di San Pietro a Perugia. Lo studio ripercorre il succedersi della presenza benedettina nel territorio umbro (che nei secoli dei primi insediamenti ricopriva un’area più vasta) dalle origini fino alle soppressioni da parte del Governo italiano nel 1860, e oltre. Si devono a papa Gregorio Magno - scrive padre Farnedi - e ai suoi Dialoghi (quattro libri scritti negli anni 593-594) le notizie sull’origine e la presenza delle prime comunità monastiche in Umbria, che fiorirono abbondantemente specialmente nell’Italia centrale. A san Benedetto, nativo di Norcia (480 d. C) e alla sua vita, Gregorio dedica tutto il II libro. Per il periodo successivo, altre notizie si devono all’abbazia di Farfa. Il contatto con questa abbazia e con altri monasteri romani e laziali (X secolo) porta a un rinnovato sviluppo monastico, che coincide con il vasto movimento di riforma della Chiesa romana che ebbe il suo culmine in quella avviata da papa Gregorio VII (1073-1085). Una riforma che fu preparata dalla fondazione di numerose abbazie, tra cui quella di San Pietro a Perugia, di Montelabate, Sassovivo, Montecorona (la cui origine, secondo una tradizione, si deve a san Romualdo, fondatore dell’Ordine camaldolese). A metà del sec. XI seguirà la congregazione dei Vallombrosiani; un secolo dopo, l’Ordine dei Cistercensi, a cui seguì quello dei Silvestrini e dei Celestini (inizi XIII sec.). Il XIII secolo è l’anno della grande crisi, nel corso della quale i monasteri sono ancora numerosi ma comincia a diminuire il numero dei monaci; nel corso degli anni seguirà la chiusura di vari monasteri. “Al degrado che colpì il monachesimo - scrive padre Giustino - reagì in Italia la nuova congregazione benedettina di Monte Oliveto, nella diocesi di Siena”. Il periodo rinascimentale per alcune abbazie e monasteri fu caratterizzato da un trionfo di arti plastiche e decorative. Nel Settecento, pur diminuendo le vocazioni e con la chiusura delle grandi abbazie, si assisté a uno sviluppo culturale straordinario, come avvenne ad esempio all’abbazia di San Pietro a Perugia. Dopo le soppressioni decise dal Governo nel 1860, solo pochi monasteri rimarranno attivi. Alcuni di loro oggi sono diventati sedi di istituzioni culturali, ristoranti, agriturismi, musei; alcuni sono stati distrutti, altri completamente abbandonati o ridotti a ruderi.

Il Forum

Il convegno era promosso dall’assessorato all’Ambiente della Regione Umbria e dalla Scuola umbra di amministrazione pubblica nell’ambito del Forum regionale paesaggio - geografia 2014.]]>

San Benedetto e la sua Regola nel corso dei secoli hanno dato un contributo fondamentale alla realizzazione dell’Europa. La rete monastica ha profondamente influenzato lo sviluppo spirituale, sociale, economico e culturale del Continente, così come in Italia e in particolare della nostra regione dove il Patrono d’Europa ebbe i natali. Il tema del monachesimo benedettino in Umbria e del suo rapporto con il territorio circostante le abbazie è stato al centro di un convegno che si è tenuto il 26 settembre all’abbazia benedettina di Montelabate in località Ramazzano (Perugia). Tema dell’incontro “Alle radici del paesaggio umbro: le abbazie benedettine”. Nel corso della mattinata è stato presentato il volume Le abbazie benedettine in Umbria.

La pubblicazione “Le abbazie benedettine in Umbria“

A presentare il lavoro i curatori dell’opera, l’abate Giustino Farnedi, vice direttore del Centro storico benedettino; e Nadia Togni dell’Università di Ginevra. La pubblicazione - spiega Togni - è il risultato di un censimento di 90 monasteri e insediamenti benedettini (su 300 esistenti in Umbria, dei quali oggi restano testimoni viventi 3 monasteri maschili e 10 femminili); ed è solo un primo contributo alla storia della diffusione umbra del monachesimo; che cominciò intorno ai primi insediamenti eremitici pre-benedettini sul Monteluco a Spoleto e in Valcastoriana e conobbe l’apice nell’Alto Medioevo con la fondazione di piccoli e grandi monasteri.

La maggior parte dei monasteri sorgevano in aree extraurbane

“Tali monasteri - aggiunge - sono stati selezionati in base a due criteri: la rilevanza storica e artistica dell’istituzione, e la valenza paesaggistica delle fondazioni monastiche. La maggior parte sorgono in zone extraurbane, lungo i fiumi o le antiche vie romane, isolati nella campagna, o in montagna. Grazie a loro molte zone vennero bonificate e rese produttive. Molti sono monasteri maschili, ma ce ne sono anche femminili a cui nel prosieguo dell’indagine dedicheremo particolare attenzione. Nell’elenco vi sono anche alcune abbazie urbane, le più importanti dal punto di vista storico, quali le abbazie di San Pietro a Perugia, ad Assisi, Gubbio, San Ponziano e San Paolo inter vineas di Spoleto.

Monasteri benedettini ceduti ai francescani

Non mancano esempi di monasteri che nel periodo della grande crisi del monachesimo del XIII secolo vennero ceduti ai francescani. Tale repertorio ci aiuterà a completare il Monasticom Umbriae cioè lo studio e la schedatura di tutte le abbazie benedettine esistenti ed esistite sul territorio regionale”. Ogni scheda, tra l’altro, raccoglie informazioni sulla localizzazione del sito, il territorio, la storia, gli elementi artistici, ed è corredata da una bibliografia e da una documentazione fotografica e cartografica.

Abbazie che c’erano, e oggi non più

Il contributo dell’abate Giustino Farnedi al volume sul monachesimo benedettino in Umbria

"Storia del monachesimo in Umbria dalle origini al secolo XXI” è il contributo dato al volume (vedi sopra) da padre Giustino Farnedi, vice direttore del Centro storico benedettino italiano e abate di San Pietro a Perugia. Lo studio ripercorre il succedersi della presenza benedettina nel territorio umbro (che nei secoli dei primi insediamenti ricopriva un’area più vasta) dalle origini fino alle soppressioni da parte del Governo italiano nel 1860, e oltre. Si devono a papa Gregorio Magno - scrive padre Farnedi - e ai suoi Dialoghi (quattro libri scritti negli anni 593-594) le notizie sull’origine e la presenza delle prime comunità monastiche in Umbria, che fiorirono abbondantemente specialmente nell’Italia centrale. A san Benedetto, nativo di Norcia (480 d. C) e alla sua vita, Gregorio dedica tutto il II libro. Per il periodo successivo, altre notizie si devono all’abbazia di Farfa. Il contatto con questa abbazia e con altri monasteri romani e laziali (X secolo) porta a un rinnovato sviluppo monastico, che coincide con il vasto movimento di riforma della Chiesa romana che ebbe il suo culmine in quella avviata da papa Gregorio VII (1073-1085). Una riforma che fu preparata dalla fondazione di numerose abbazie, tra cui quella di San Pietro a Perugia, di Montelabate, Sassovivo, Montecorona (la cui origine, secondo una tradizione, si deve a san Romualdo, fondatore dell’Ordine camaldolese). A metà del sec. XI seguirà la congregazione dei Vallombrosiani; un secolo dopo, l’Ordine dei Cistercensi, a cui seguì quello dei Silvestrini e dei Celestini (inizi XIII sec.). Il XIII secolo è l’anno della grande crisi, nel corso della quale i monasteri sono ancora numerosi ma comincia a diminuire il numero dei monaci; nel corso degli anni seguirà la chiusura di vari monasteri. “Al degrado che colpì il monachesimo - scrive padre Giustino - reagì in Italia la nuova congregazione benedettina di Monte Oliveto, nella diocesi di Siena”. Il periodo rinascimentale per alcune abbazie e monasteri fu caratterizzato da un trionfo di arti plastiche e decorative. Nel Settecento, pur diminuendo le vocazioni e con la chiusura delle grandi abbazie, si assisté a uno sviluppo culturale straordinario, come avvenne ad esempio all’abbazia di San Pietro a Perugia. Dopo le soppressioni decise dal Governo nel 1860, solo pochi monasteri rimarranno attivi. Alcuni di loro oggi sono diventati sedi di istituzioni culturali, ristoranti, agriturismi, musei; alcuni sono stati distrutti, altri completamente abbandonati o ridotti a ruderi.

Il Forum

Il convegno era promosso dall’assessorato all’Ambiente della Regione Umbria e dalla Scuola umbra di amministrazione pubblica nell’ambito del Forum regionale paesaggio - geografia 2014.]]>
Engjell, diacono per la Chiesa di Perugia https://www.lavoce.it/engjell-diacono-per-la-chiesa-di-perugia/ Thu, 28 Oct 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8854 Sono sedici i ragazzi chiamati al sacerdozio nella diocesi di Perugia – Città della Pieve. Si stanno formando al Seminario regionale di Assisi, tranne Nicolò Gaggia e Matteo Rubechini che sono al Seminario Romano. Il più vicino all’ordinazione presbiterale è Engjell Pitaqi che riceverà l’ordinazione diaconale domenica pomeriggio nella chiesa di Ponte San Giovanni, la parrocchia in cui vive la sua formazione “sul campo” collaborando con i parroci. Tutti i parrocchiani, e in particolare i giovani, della zona pastorale e della diocesi tutta, sono invitati a partecipare all’ordinazione diaconale di Engjell domenica 31 ottobre alle 17.30. Lui si prepara all’appuntamento con una settimana di preghiera e silenzio all’eremo di Montecorona, mentre la parrocchia lo accompagna con la preghiera nella veglia vocazionale di sabato sera alle ore 21. Don Engjell, lo dice il nome, non è italiano ma viene dal Kosovo dove è nato il 22 luglio 1981 nel paese di Novosella in Gjakova. Vive in Italia dal 2000 dopo aver conosciuto mons. Riccardo Fontana l’allora arcivescovo di Spoleto. Il viaggio aveva una meta, il seminario. Vi ha trascorso un anno ma poi è uscito. Non era ancora il momento. Nel 2002 ha conosciuto don Lucio Gatti ed ha vissuto per tre anni nelle case Caritas. “Per me è stato molto importante l’anno che ho vissuto a Foligno accanto a mons. Giuseppe Burdisso. Da lui ho ricevuto molto” racconta Engjell. In quei tre anni ha maturato la sua vocazione e nel 2005 è tornato in Seminario dove ha seguito studi e formazione fino al passaggio del diaconato, l’ultimo prima dell’ordinazione presbiterale. Angjell è cresciuto in una famiglia cattolica, in un piccolo paese dove tutti erano cattolici. “Mi hanno dato una educazione cristiana e mi hanno insegnato il rispetto per la famiglia e per il prossimo. Io – racconta Angjell – ho quattro fratelli e una sorella, e ci saranno anche loro domenica, accanto a me”. Angjell ha frequentato le superiori in una città vicina e nella sua classe erano cattolici lui e un suo amico. Tutti gli altri musulmani. “Avevamo un buon rapporto, eravamo amici, perchè erano molto aperti. Quasi tutti venivano da famiglie in cui i nonni o i bisnonni erano cattolici convertiti all’islam alla fine dell’Ottocento per ragioni sociali o economiche”. Ora il clima è cambiato dopo la guerrra del ’99, ma Angjell torna ogni anno a fare visita ai suoi, ama sempre la sua terra e la sua gente anche se il Signore lo ha chiamato a servirlo in questa Chiesa perugina. L’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti ha chiesto di celebrare i passaggi che scandiscono il cammino formativo dei seminaristi (lettorato accolitato, ecc.) nelle parrocchie d’origine, o dove prestano servizio, piuttosto che in cattedrale. Una scelta che gli consente di incontrare tanta gente e tanti giovani così che la celebrazione diventa un’occasione di preghiera e un appello per le vocazioni sacerdotali. Celebrare in parrocchia per riaffermare che il Seminario, i seminaristi, non è affare di vescovo o di preti ma riguarda tutta la comunità dei battezzati che per loro, i preti presenti e futuri, devono pregare, perchè “le vocazioni appartengono alla Chiesa locale, i preti vengono dalle parrocchie e alle parrocchie sono destinati”. “Matrimonio e sacerdozio – commenta mons. Bassetti – sono vocazioni di servizio di amore”, l’una nella famiglia, l’altra nella comunità e per l’edificazione della comunità. Maria Rita ValliPitaqi, uno dei sedici giovani che si preparano al sacerdozioTutti i seminaristi MARCO CAPPELLATOOra è al terzo anno di teologia e nel fine settimana è nella parrocchia di Castiglione del Lago. È nato il 15 luglio 1976 a Monza (Mi) ed è arrivato in Umbria nel 2004. Per 4 anni ha vissuto nelle case diocesane della Caritas, seguite da don Lucio Gatti, poi è entrato in seminario. GIUSEPPE DI RUBBAUltimo di cinque figli è nato il 25 giugno 1985 a Figline Valdarno (Fi). Anche lui è al terzo anno ed anche lui ha vissuto dieci anni nelle realtà della Caritas in Umbria e in Kosovo dove ha maturato la decisione di entrare in seminario. Fa servizio nella parrocchia dei SS. Biagio e Savino. LORENZO MARAZZANIÈ di Trevi, dove è nato il 18 ottobre del 1967. È al II anno di teologia e fa servizio nella parrocchia di San Sisto. La vocazione lo ha colto da adulto, dopo un cammino di riavvicinamento alla Chiesa passato per l’esperienza dei “Dieci Comandamenti” e del Cammino Neocatecumenale. GIOVANNI MARCONINato il 20 luglio 1982 a Lugo (Ra) la sua vocazione è passata per il Perù dove ha vissuto con i poveri. Ora è al V anno di teologia e fa servizio nella parrochia di Santo Spirito e San Barnaba. LORENZO PERRIÈ perugino, cresciuto nella parrocchia di Santo Spirito. Già durante il liceo, all’età di 16 anni, ha capito che avrebbe scelto la vita sacerdotale. Nato il 2 maggio 1989 a Perugia, ora è al secondo anno di teologia e fa servizio nella parrocchia di San Raffaele Arcangelo. MARCO PEZZANERAAl III anno di teologia Marco fa servizio nella parrocchia di Marsciano dove è nato il 5 settembre 1978. È entrato in seminario dopo aver cominciato gli studi in giurisprudenza e aver lavorato per alcuni anni. DANIELE RIPICCINIViene dalla parrocchia di San Michele Arcangelo Santa Maria Assunta in Papiano, la stessa dove ora fa servizio. Daniele è nato a Marsciano il 17 aprile 1971, è al II anno di teologia ed è entrato in Seminario dopo aver lavorato come Artigiano vasaio. ALESSANDRO SEGANTINCresce nella sua parrocchia milanese poi a 18 anni fa alcune esperienze con i Saveriani e le suore di madre Teresa. Poi incontra la Caritas umbra e vive nelle case in Kosovo e a Foligno finchè nel 2005 entra in seminario. Nato il 17 settembre 1981 a Desio (Mi) è al V anno di teologia e fa servizio nella parrocchia di San Bartolomeo a Ponte S. Giovanni. FRANCESCO VERZINIÈ nato il 9 agosto 1986 a Perugia e cresce nella parrocchia diVilla Pitignano facendo tutto ciò che si poteva fare in una parrocchia. Si è diplomato perito agrario e specializzato in “esperto in valutazione dei danni da parte di agenti atmosferici nelle colture”. Ma il Signore lo ha chiamato ed ora è al V anno di teologia e fa servizio a Monteluce. Hanno appena iniziato il cammino di preparazione nel Seminario regionale: MARCO BRIZIARELLI, di Castel del Piano, nato il 29 setembre 1980; SIMONE PASCAROSA di San Biagio e Savino, nato il 24 novembre 1984; MARCO PIGONI, di Modena, nato il 6 novembre 1975. Al propedeutico (l’anno che precede l’ingresso in seminario) quest’anno è entrato GIAMPIERO MORETTINI. Studiano a Roma: NICOLÒ GAGGIA, di Sant’Apollinare, ora al terzo liceo classico presso il Seminario romano minore e MATTEO RUBECCHINI di Passignano sul Trasimeno, ora al Terzo anno di teologia al Seminario Romano Maggiore.

]]>
Arriva il nuovo vescovo https://www.lavoce.it/arriva-il-nuovo-vescovo/ Fri, 25 Sep 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7861 La diocesi di Perugia Città della Pieve attende la venuta del suo nuovo arcivescovo. Sente ormai vicina la data del 4 ottobre, festa del transito di san Francesco, una domenica pomeriggio, quando mons Gualtiero Bassetti prenderà possesso della sua diocesi. L’ingresso di un pastore nella sua diocesi, con quella che è e sarà la sua gente, è un avvenimento solenne e storico che coinvolge una popolazione intera, le sue autorità civili, militari e naturalmente tutti i quadri della Chiesa particolare che è in questo territorio. Nessuno deve essere escluso e nessuno può mancare. L’incontro avverrà già lungo il percorso, a Montecorona, quando entrerà in territorio diocesano, poi a Ponte San Giovanni, a Fontenuovo, poi nella grande piazza IV Novembre, accanto alla artistica fontana medievale che ha avuto già modo di ammirare e, finalmente, l’incontro di comunione nella cattedrale dove celebrerà per la prima volta e presiederà l’eucaristia. Lì si suggella il patto di comunione gerarchica tra il Pastore e il suo gregge. Perché questo evento oltre ad essere occasione di gioia e di prima vicendevole conoscenza tra Gualtiero Bassetti e Perugia, sia anche un’occasione di grazia, il capitolo della cattedrale ha pensato bene di preparalo con un triduo nel duomo di San Lorenzo. Giovedì, venerdì e sabato, nell’orario solito delle ore 18, sarà celebrata l’eucaristia presieduta da tre vescovi, rispettvamente mons. Mario Ceccobelli di Gubbio, mons. Gualtiero Sigismondi di Foligno, e mons. Domenico Cancian, di Città di Castello. Il vescovo di Gubbio tratterà del vescovo come “successore degli Apostoli”, mons. Sigismondi sul vescovo come “costruttore della comunità ecclesiale” e mons. Cancian del vescovo come “maestro di fede”. Sono tre momenti di preghiera e di riflessione offerti a tutta la comunità diocesana, che è invitata, tra l’altro, a pregare per il nuovo vescovo. Domenica 4 ottobre mons. Bassetti viene a Perugia portandosi dietro una esperienza episcopale maturata in due precedenti diocesi, specialmente nella grande chiesa di Arezzo, comprendente anche Sansepolcro e Cortona. Per far meglio conoscere il nuovo pastore La Voce ha preparato, per la prossima settimana, un supplemento con articoli su mons. Bassetti e notizie sulla giornata dell’ingresso e sulla diocesi che lo accoglie.

]]>
Mille anni intensi https://www.lavoce.it/mille-anni-intensi/ Thu, 25 Jun 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7644 Si sono concluse domenica scorsa, 21 giugno, le celebrazioni per il millenario dell’abbazia di Montecorona. A solennizzare l’evento presso la chiesa di San Salvatore in Montecorona si è svolta una messa concelebrata dai vescovi di Perugia – Città della Pieve e di Gubbio, mons. Giuseppe Chiaretti e mons. Mario Ceccobelli, insieme al vescovo emerito di Gubbio mons. Pietro Bottaccioli e i sacerdoti della zona. Don Renzo Piccioni Pignani, parroco di Badia di Montecorona, promotore del millenario insieme all’associazione culturale ‘Leone XIII’, ha voluto ringraziare tutti per quanto fatto in quest’anno di celebrazioni. Celebrazioni che hanno permesso di ripercorrere, attraverso studi più approfonditi, le origini e la storia dell’antica abbazia, di recente riconosciuta dal Vaticano come basilica minore. Grande soddisfazione è stata espressa soprattutto per i risultati raggiunti dal convegno di studi che si è svolto il 18 e il 19 giugno presso l’abbazia, e che ha visto impegnati storici e studiosi di università perugine e non, di varie discipline. ‘Attraverso la lettura di documenti duecenteschi giunti a noi in copie del ‘600 – spiega Nicolangelo D’Acunto, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a cui è stata affidata, insiema a Mirko Santanicchia dell’Università di Perugia, la cura dell’intero convegno – abbiamo avuto modo di rimettere in discussione l’origine camaldolese del complesso abbaziale e la tradizione che vuole che sia stato fondato da Romualdo di Ravenna. Un’attribuzione sostenuta senza offrire però alcun appiglio documentario, perché in realtà anche nella documentazione camaldolese questo monastero non c’è mai. Mentre per la data di fondazione sembra attendibile quella proveniente dalla tradizione: il 1008’. È dunque ormai certo che in origine non fosse un complesso camaldolese ma – prosegue – ‘si trattava di una grande abbazia, in particolare di un cenobio di estrema importanza per tutta la storia religiosa dell’Umbria, al pari di quella di Sassovivo di Foligno e San Pietro di Perugia, proprio perché attorno ad essa crescono tutta una serie di dipendenze che si irraggiano sia in questo territorio per arrivare a Todi, al lago Trasimeno fino ad Arezzo. Un monastero autocefalo tra i più importanti, tanto è vero che quando si costituisce il Comune di Perugia, l’imperatore Enrico VI autorizza i perugini ad espandersi nel contado, ma tra le terre dove non possono espandersi inserisce quelle che dipendono dal monastero di San Salvatore di Monte Acuto’. Per quanto attiene alla questione della dipendenza dal monastero di Fonte Avellana, è stato chiarito che non c’è mai stata e che fino ad oggi era stata avvalorata solo dalla visita che Pier Damiani fece, provenendo da Fonte Avellana, al monastero. ‘Ma in realtà Damiani – prosegue D’Acunto – ha avuto rapporti anche con monasteri che non sono legati a Fonte Avellana, a volte per conoscenze di tipo personale’. Tante le questioni chiarite anche sotto l’aspetto storico artistico. Molto ancora ci sarebbe da studiare, tanto da avere materiale per un altro convegno, afferma Mirko Santanicchia. ‘Donatella Scortecci ha finalmente precisato la datazione del ciborio conservato all’interno della chiesa: fine dell’VIII sec. Ha poi approfondito anche la questione degli spostamenti ma soprattutto l’afferenza originale al contesto della chiesa. La presenza di un ciborio si intreccia infatti con la cripta, presente al di sotto della chiesa, realizzata con materiale di riutilizzo romano e altomedievale, tra cui capitelli, che fanno pensare all’esistenza sotto di essa di strutture più antiche’. Recenti indagini con il georadar effettuate sotto la cripta, le cui immagini sono state mostrate nel corso del convegno, darebbero qualche valore a queste supposizioni. Supposizioni e ipotesi che ha avanzato anche il parroco don Renzo. Per saperne di più bisognerebbe scavare. Intanto si pensa alla pubblicazione degli Atti.

]]>
Eremo dai mille anni https://www.lavoce.it/eremo-dai-mille-anni/ Thu, 12 Jun 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6728 La chiesa di San Salvatore a Badia Montecorona (Umbertide) vivrà dal prossimo 22 giugno fino al 21 giugno 2009 un momento storico: il millenario della sua consacrazione. Questo luogo rappresenta il documento più alto della storia religiosa, culturale e civile del territorio dell’Alta Valle del Tevere, nonché un vanto artistico dell’Umbria e dell’Italia. Nei secoli si sono avvicendate tra le sue mura figure di grande rilievo quali san Romualdo – che ne fu il fondatore -, san Pier Damiani, il beato Paolo Giustiniani e tanti altri che vi hanno trasfuso tratti della loro profonda spiritualità. È quindi intenzione della parrocchia, dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve e dell’associazione culturale Leone XIII promuovere una solenne celebrazione di questa ricorrenza. Le celebrazioni millenarie inizieranno il 22 giugno alle ore 17 con una concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve mons. Giuseppe Chiaretti e con un concerto di musica sacra alle ore 21 del coro ‘Armoniosoincanto’, che animerà anche la messa. Il 14 settembre 2008, alle ore 15, si terrà la visita del complesso monastico, ove sono attualmente ospiti una ventina di giovani monaci appartenenti alla congregazione dei Monaci di Betlemme dell’Assunzione della Vergine Maria e di san Bruno. Il 19 settembre a Perugia, presso il monastero di Sant’Agnese, si svolgerà un convegno su ‘La spiritualità contemplativa’ e la sua attualità. Infine, nei giorni 18-19 giugno 2009, in coincidenza con la festa di san Romualdo, a Badia Montecorona si terrà un grande convegno di carattere storico, con la partecipazione di insigni docenti. L’abbazia risale all’XI secolo; si ritiene che il grande riformatore della vita religiosa, san Romualdo, l’abbia fondata appunto nel 1008, addirittura prima del monastero di Camaldoli. La chiesa superiore è stata realizzata in due tempi. All’inizio, essa coincideva con la parte che si trova attualmente sopra la cripta; a consacrarla fu il santo vescovo eugubino Giovanni da Lodi. Era dedicata a santa Sofia che – più che una figura femminile – è la santa sapienza (sofia, in greco) di Dio, cardine della meditazione monastica orientale. Nel XVI secolo, dopo la costruzione dell’eremo, la chiesa venne prolungata in avanti, destinando la navata ai fedeli e il coro ai monaci. La cripta, a sua volta, è una vera e propria chiesa, ricca di colonne di tipo diverso e con decorazioni in stile bizantino.

]]>
Monte Corona, storia di un eremo secolare e di un monastero ricco di fascino e di storia https://www.lavoce.it/monte-corona-storia-di-un-eremo-secolare-e-di-un-monastero-ricco-di-fascino-e-di-storia/ Thu, 20 Jan 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4259 Questa settimana vi proponiamo una visita a Badia di Montecorona, nella valle del Tevere, ai piedi del monte Acuto, dove troviamo un monastero di grande importanza storica, l’abbazia di San Salvatore, ed un antico romitaggio, ricco di fascino: l’eremo di Monte Corona. Per arrivare, seguite le indicazioni per Umbertide e, dopo 1,8 Km, trovate le indicazioni per Badia di Montecorona. Le vicende dell’eremo di Monte Corona sono strettamente legate a quelle dell’abbazia di San Salvatore, già sede dei camaldolesi e dei coronesi. Quest’ultima sarebbe stata fondata, secondo la tradizione, da san Romualdo poco dopo l’anno Mille, prima dell’eremo di Camaldoli. San Pier Damiano ne fu capo nel 1050. San Salvatore fu un monastero di grande importanza: nella seconda metà del ‘200 ebbe nella sua giurisdizione 21 chiese. A fianco della chiesa si nota il caratteristico campanile a pianta ottagonale, che anticamente aveva funzione di torre di difesa. La chiesa superiore, consacrata nel 1105 da Giovanni da Lodi, è a tre navate e contiene affreschi trecenteschi di scuola umbra. L’abbazia fu concessa nel 1234 da papa Gregorio IX all’ordine dei monaci cistercensi, e dopo varie vicissitudini i camaldolesi ne ripresero possesso un secolo più tardi. Nel 1523 il ramo camaldolese fondato da Paolo Giustiniani venne riconosciuto da Clemente VII: nacque così la ‘Compagnia di San Romualdo’ cui vennero concessi ampi benefici tra cui l’abbazia di San Salvatore. Più recente, invece. la storia dell’eremo edificato sul sovrastante monte Corona. Giustiniano da Bergamo, che viene considerato il secondo padre dei coronesi, propose al Capitolo generale l’erezione di un eremo a somiglianza di quello di Camaldoli, che fosse a capo di tutta la Congregazione. Dopo molte proposte fu stabilito di fabbricarlo sulla vetta del monte Corona, per la vicinanza all’oratorio di San Savino e all’abbazia di San Salvatore. Nel 1530, quando furono iniziati i lavori per la costruzione dell’Eremo, la chiesa dell’Abbazia era quasi diroccata, tanto che gli eremiti chiesero al papa Clemente XII la facoltà di demolirla ed usare i materiali recuperati per la costruzione del nuovo edificio sulla vetta del monte. Il papa concesse l’autorizzazione, ma proibì di demolire l’antica cripta. L’Abbazia di San Salvatore e l’eremo nel XVI secolo vennero uniti da una strada, ‘la mattonata’, costruita con blocchi di pietra arenaria. Per molti anni l’eremo di Monte Corona fu il centro di quarantacinque cenobi, che si erano però ridotti, nel 1840, ad appena dodici. Con l’entrata in vigore delle leggi sulla confisca dei beni ecclesiastici, i coronesi dovettero lasciare l’eremo e l’abbazia di San Salvatore nel 1863. Nel 1938 l’eremo fu acquistato dal tenore Beniamino Gigli. Questi, al profilarsi della seconda guerra mondiale, rivendette all’Ifi, istituto finanziario della Fiat di Torino, che passò poi i beni alla Sai, gruppo finanziario della famiglia Agnelli. Nel 1979 la Sai entrò a far parte del gruppo Ursini ed oggi l’azienda di Monte Corona è chiamata ‘Sai Agricola S.p.a’. Nel 1975 la comunità benedettina di Perugia tentò di occupare l’Eremo e di rimettere un pò d’ordine dopo anni di abbandono; l’esiguità delle forze impegnate rese però vano il tentativo. Dal 1977 al 1980 l’Eremo fu affittato da un guru indiano. Così nel luogo, che per secoli era stato centro di meditazione filosofica e religiosa per eremiti e monaci camaldolesi, coronesi, si ricreò una intensa attività religiosa. Il 9 luglio 1981 fu poi acquistato dalla Comunità delle piccole sorelle monache di Betlemme. Il primo gruppo di suore (sei o sette) è giunto all’Eremo nel 1981 per continuarvi la tradizione dei monaci che qui sono vissuti. Dal 1991 si sono insediati qui i monaci di Betlemme, con una comunità che vive in modo eremitico.

]]>
Luogo ricreativo o dove fare catechesi? https://www.lavoce.it/luogo-ricreativo-o-dove-fare-catechesi/ Thu, 01 Jul 2004 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3891 Che l’oratorio sia uno strumento utile è ormai riconosciuto da tutti gli addetti ai lavori. Resta da stabilire se si tratti più di un luogo di ritrovo e divertimento controllato per i giovani oppure, trattandosi di un’emanazione della parrocchia, non costituisca più una splendida opportunità pastorale ‘per l’evangelizzazione e la promozione umana dei giovani’, come ha ricordato mons. Giuseppe Chiaretti. In poche parole: l’oratorio è quel luogo dove i ragazzi si danno appuntamento per giocare a biliardino o è quel luogo dove pensare attività importanti, dove formare gli animatori e strutturare una catechesi giovanile diversa? ‘Non c’è dubbio che il sogno è quello di unire i due aspetti, l’intrattenimento e la catechesi ‘ afferma don Raffaele Zampella, responsabile della Pastorale giovanile ‘ e fare sogni importanti, cercare di volare alto con i progetti è stato lo stimolo di don Massimiliano Sabbadini, presidente del Forum degli oratori, al recente convegno pastorale diocesano’. Uno stimolo a promuovere negli oratori il catechismo per i bambini, accanto alle attività educative e formative per giovani, senza dimenticare le iniziative sportive e ricreative. ‘Alla parola ‘oratorio’ va dato un senso allargato, comprendente tutte le attività che si compiono con i ragazzi: campi scuola, ritiri, uscite ‘ riprende don Raffaele ‘ al contempo, però, visto che si tratta di un’espressione della parrocchia, gli oratori possono e devono svolgere un ruolo maggiore nella evangelizzazione della comunità cristiana locale’. Attualmente nel territorio della diocesi perugino-pievese sono attivi gli oratori di Città della Pieve, Castiglion del Lago, Ferro di Cavallo, Santo Spirito, Prepo, Ponte della Pietra, San Faustino, San Sisto, Pila, Ponte San Giovanni e San Martino in Campo. ‘Un panorama vario, ma molto nutrito che, pur non coprendo tutte le parrocchie, offre la possibilità di coprire tutti i vicariati ‘ conclude don Raffaele ‘ in futuro e sulla spinta del convegno pastorale si pensa di riuscire a creare una struttura per ogni unità pastorale’. Con l’avanzare dell’estate, inoltre, l’oratorio si propone come punto aggregante per i giovani che, terminata la scuola e non ancora in vacanza, vogliano occupare il proprio tempo in maniera diversa. L’oratorio ‘don Renato Fressoia’, di Castiglion del Lago, ad esempio, propone ‘Estate giovane’, un progetto rivolto ai ragazzi da 6 a 12 anni che vogliono ‘trascorrere le vacanze estive giocando, mangiando, viaggiando e pregando insieme’. Sabato prossimo, alle ore 16, inaugurazione dell’attività estiva, che proseguirà tutti i giorni (domenica esclusa) dalle 9 alle 17.30. La quota di partecipazione è di 60 euro, comprensiva di pranzo e merenda. Due settimane all’oratorio Don Bosco tra sport, attività manuali e gite in bicicletta promosse dalla parrocchia di S. Martino in Colle e in CampoDue settimane di sport, attività manuali, gite in bicicletta, escursioni a piedi, impegno, preghiera e pazienza per oltre 100 ragazzi e 20 adulti che hanno dato vita alla prima edizione di ‘Grest Estate all’oratorio’, rivolta ai bambini e ragazzi dai 6 ai 13 anni (nella foto). Un modo diverso di trascorrere queste calde giornate in compagnia di coetanei, animatori e sacerdoti, presso l’oratorio Don Bosco di San Martino in Colle. Nell’iniziativa, che si conclude domenica con la celebrazione eucaristica, confluiscono le esperienze degli animatori dei campi estivi della parrocchia di San Martino in Colle e quella dell’oratorio di San Martino in Campo. Tutto sotto la supervisione del parroco delle due comunità, don Roberto Di Mauro. ‘Il lunedì, il martedì, il giovedì ed il sabato sono stati dedicati allo sport e alle attività manuali, mentre il mercoledì sono state effettuate delle gite in bicicletta sfruttando strade di campagne dove non transitano auto ‘ racconta don Roberto Di Mauro – le mete sono state il santuario di Madonna dei Bagni a Casalina e il piccolo borgo di Papiano. Grazie alla Ferrovia centrale umbra, invece, abbiamo potuto raggiungere Cesi e l’abbazia di Montecorona’. La formula del ‘Grest’ è piaciuta molto e i dati parlano chiaro: la partecipazione giornaliera è stata di 100 ragazzi nella prima settimana, di 80 nella seconda, con un totale di contatti di circa 150 ragazzi. ‘Per realizzare tutto ciò ha lavorato una folta schiera di volontari (ragazzi, nonni, mamme, papà) sin da quest’inverno, con la pianificazione delle attività, uscite, cucina ‘ riprende don Roberto ‘ con il solo scopo di creare una vera e propria sinergia tra persone appartenenti ad età diverse intorno ai ragazzi, e realizzare un luogo per i giovani che risiedono in un territorio che non offre molto alle loro necessità’. Un’esperienza servita per prendere le misure di un futuro progetto di apertura quotidiana dell’oratorio di tutto il territorio. Un progetto che ha bisogno di tutta la comunità parrocchiale, delle istituzioni e dell’imprenditoria locale.

]]>
Vita di comunità e di parrocchia due ‘spazi’ per lo stesso Vangelo https://www.lavoce.it/vita-di-comunita-e-di-parrocchia-due-spazi-per-lo-stesso-vangelo/ Fri, 19 Apr 2002 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2344 Li conosciamo per il loro prezioso servizio all’anima ed al corpo. Li chiamiamo genericamente frati e suore o monache, ma capita che ci correggano per spiegare che non sono esattamente quello che noi (semplici fedeli o cittadini) pensiamo che siano. E non lo fanno per pignoleria ma per ricordare al mondo e a se stessi il motivo profondo che li ha portati a vivere il Vangelo in quella famiglia o congregazione piuttosto che in un’altra. Così uguali nella loro scelta radicale di servire il Cristo e il suo Vangelo eppure così diversi nel vivere la medesima scelta i religiosi e le religiose dell’Umbria si ritrovano insieme per una giornata di spiritualità dopo una interruzione di due anni. Si sono dati appuntamento per sabato 20 aprile a S. Maria degli Angeli, per la Giornata della Vita consacrata in Umbria dove ascolteranno la meditazione del carmelitano padre Antonio Sicari “Vita consacrata: profezia per un mondo che cambia” e parteciperanno all’eucarestia presieduta da mons. Pietro Bottaccioli, Vescovo di Gubbio e delegato Ceu per la Vita consacrata vede come segno positivo la ripresa degli appuntamenti annuali dei religiosi che esprime “il fraterno rapporto spirituale e la mutua collaborazione fra i diversi istituti di Vita consacrata e le società di Vita apostolica che alimentano lo spirito ecclesiale di comunione”. La Giornata non può eludere, nell’approfondimento del tema generale, quello della presenza della Vita consacrata nelle chiese particolari. Ne convengono mons.Bottaccioli e padre Giancarlo Sibilia, presidente della Conferenza dei Superiori maggiori dell’Umbria. “La vocazione dei religiosi non è ‘diocesana’ – commenta p. Sibilia – anche se suppliamo a tante richieste”. Si tratta di trovare il punto d’incontro tra le esigenze pastorali delle diocesi e le esigenze della vita religiosa, soprattutto nel caso siano affidate a religiosi delle parrocchie. Ed è il caso di padre Sibilia, con la sua comunità Jesus Caritas, e della maggior parte dei sacerdoti religiosi che faticano spesso a conciliare il loro essere vita di fraternità, di preghiera e di frontiera, con la routine e le necessità delle parrocchie e delle diocesi. Forse una via da percorrere, suggerisce padre Sibilia, potrebbe essere quella di “dare alle parrocchie la fisionomia, il tono, delle comunità cui sono affidate” che consentirebbe di valorizzare il carisma della comunità religiosa. Diversa, in certa misura, è la situazione delle religiose, molto più impegnate in opere caritative ma non per questo esonerate dal servizio pastorale in parrocchia. Sono forse il “volto” più familiare alla gente, con la loro presenza in scuole materne, case per anziani, assistenza in ospedali, nel catechismo o in chiesa. Le donne sono la maggioranza dei religiosi di vita attiva e sono loro che resistono nella preghiera della clausura, una forma di vita che al maschile è vissuta solo dai monaci di Montecorona. Il rapporto Chiesa locale – religiosi è, dunque, di nuovo a tema. “Si era notata una certa disattenzione nei riguardi delle chiese particolari forse a causa di nuove problematiche interne degli istituti: progressivo invecchiamento dei membri, crisi vocazionale, necessario ridimensionamento, rapporto con il laicato affine o vicino al carisma degli istituti” – nota mons.Bottaccioli per il quale “l’urgenza della “nuova evangelizzazione” impone una sempre più piena prassi comunionale nei programmi pastorali delle diocesi. Nel prossimo anno si celebrerà il XXV anniversario del documento “Mutuae relations”: un’occasione che impone di rivedere la collaborazione nella vita diocesana anche alla luce degli sviluppi apparsi sulla Esortazione apostolica sulla Vita consacrata”. Tra i problemi dunque la diminuzione delle vocazioni e l’aumento dell’età che portano anche alla chiusura non solo di comunità ma anche di opere, una situazione che preoccupa tutti, religiosi e diocesi. La Giornata della Vita consacrata cade proprio alla vigilia della XXIX Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. “Mentre per i consacrati risuona il monito del Messaggio del Papa: “Non dimentichino che nell’amore alla contemplazione, nella gioia di servire i fratelli, nella castità vissuta per il Regno dei Cieli sta la forza di ogni proposta vocazionale”, – ricorda mons.Bottaccioli – per tutto il popolo cristiano la Giornata mondiale deve ravvivare la coscienza che le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono essenziali per la vita e la santità della Chiesa e che, pertanto, devono essere al centro dell’azione pastorale e della preghiera dei fedeli”.

]]>